articolo del 5 luglio 2011
La nostra
aurora.69 mi ha segnalato questo articolo, dove il nostro rabbino preferito fa una disamina della situazione della stampa scandalistica in Gran Bretagna, condivisibile direi, e ovviamente ci incastra anche MJ...
Questa è la traduzione completa
Ho visto quello che i tabloid hanno fatto a Michael Jackson. Ora sta accadendo alla Gran Bretagna
La Gran Bretagna ha scambiato la credibilità per la celebrità. Come rabbino di Michael Jackson, ho visto quanto può essere pericolosa la forza della fama
Dieci anni fa ho cercato di tirare fuori Michael Jackson dall'inferno di una vita nei tabloid. Niente lo feriva di più che essere indicato come Wacko Jacko, un nomignolo che mi disse era stato coniato dai tabloid britannici. Ed è degno di nota, ora che abbiamo commemorato il secondo anniversario della sua morte, che la montagna di pillole che ingeriva regolarmente e che alla fine lo ha ucciso erano uno sforzo, più che altro, per acquietare il dolore di essere trattato come uno zimbello.
Michael pensava di avere un messaggio serio da condividere, che i bambini erano speciali e innocenti e il mondo aveva la responsabilità di dar loro la priorità e preservare la loro bontà. Ma aveva anche capito che, con i due ragazzi che sostenevano che aveva agito in modo indecente anche se non è mai stato condannato, la sua credibilità era andata irrimediabilmente in frantumi. Era quindi condannato ad una vita di vuota celebrità imprigionata mentre, in verità, lui voleva così tanto dedicare la sua fama ad una causa più grande di lui. Questa lezione - che la fama è bella, ma la credibilità è tutto - ha forte risonanza per la moderna Inghilterra, un paese dove sono arrivato all'età di 22 anni, dove ho trascorso 11 anni della mia vita, e dove sono nati sei dei miei nove figli.
Quando vivevo in Gran Bretagna ed ero il rabbino degli studenti dell'Università di Oxford, lentamente notavo un cambiamento in atto. Ricordo ancora il giorno del 1994 in cui la Oxford Union - una volta il più celebre circolo di dibattiti al mondo - invitò Kermit la Rana come oratore. Questo è successo prima che la Gran Bretagna diventasse sinonimo dell'origine dei reality televisivi. E' stato prima che le storie di John Terry, Wayne Rooney, Ashley Cole e Ryan Giggs superassero i reportage dei lodevoli sforzi della Gran Bretagna in Libia. Quando vivevo nel Regno Unito, i giornali seri non erano ancora pubblicati come tabloid e una linea rigorosa separava il giornalismo ponderato dalla saturazione degli scandali.
Questo sembra essere cambiato. Mi sedevo in soggezione guardando giovani studenti di Oxford e politici britannici ai dibattiti sventrarsi l'un l'altro con una padronanza di linguaggio che aveva poca similitudine con tutto quello che avevo visto negli Stati Uniti. E mi ha spinto a parlare e scrivere meglio. Ma sono stato, purtroppo, non molto sorpreso quando ho chiesto a un neolaureato di Oxford chi fosse l'oratore più memorabile che aveva sentito a Oxford nel corso degli ultimi anni e lui ha risposto: "Martin Sheen".
Sì, noi americani abbiamo TV spazzatura e i nostri scandali legati alle celebrità. Abbiamo politici che si autodistruggono e tabloid da supermercato che ci assicurano che Elvis è ancora vivo ed è sposato con la principessa Diana. Ma quel mondo sembra ancora delimitato - per la maggior parte - dal New York Times, dal Wall Street Journal, Harvard e Yale. Il Regno Unito, tuttavia, ha permesso ad alcune delle sue principali istituzioni di trasformarsi in tabloid ed essere ossessionati dal sensazionalismo.
La Gran Bretagna era la nazione più seria, altamente istruita ed influente. Ha dato al mondo la Magna Carta e la democrazia parlamentare, William Shakespeare e Sir Isaac Newton. Ha liberato i suoi schiavi decenni prima dell'America e ha guidato la carica per salvare il mondo da Hitler. Ora ha scambiato la serietà e la credibilità per la celebrità fuori controllo. Avendo a volte nella mia vita fatto l'errore di apprezzare il riconoscimento più della solennità, io non sono qui per giudicare. Il Signore lo sa, sono stato il rabbino di Michael Jackson e ho ruotato intorno, a volte, alla società delle celebrità; ho sperimentato quanto sia bello sentirsi famosi. Ma vedendo quello i tabloid hanno fatto a Michael, ora la scanso come la peste.
www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/jul/05/michael-jackson-rabbi-tabl...