Il perchè dall'astensionismo!!

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cane...sciolto
00giovedì 29 giugno 2006 21:17
Principi del comunismo e "cretinismo parlamentare".

La nostra politica internazionalista contro la passività elettorale.

Veniamo da mesi in cui l' Italia politica è rimasta totalmente immersa nelle acque limacciose del parlamentarismo. Solo ora, dopo una lunga e noiosa campagna elettorale e quasi a un mese e mezzo dal voto ha visto la luce il nuovo governo Prodi. Un processo lungo e travagliato, per la verità non del tutto finito vista la coda delle amministrative e del referendum costituzionale. Per mesi i giornali e gli obiettivi delle televisioni sono rimasti fissi sulla ribalta elettorale. solo ora, sul finire della rappresentazione, lo spazio è rubato dallo scandalo del calcio. Fenomeno non privo di interesse, visto il coinvolgimento diretto di alcuni grandi gruppi, la FIAT in primis, e senza dubbio con un' audience superiore a qualsiasi dibattito parlamentare.

Il nostro astensionismo.
Non è la prima campagna elettorale sulla quale siamo chiamati ad intervenire: il nostro inflessibile astensionismo non ci ha mai impedito di studiare con grande attenzione questi momenti essenziali per la politica borghese. Momenti in cui i grandi gruppi economico finanziari operano per determinare la composizione dell' assemblea parlamentare e dell' esecutivo, del loro comitato d' affari, in grado di rappresentare gli interessi generali. Arrigo Cervetto affronta l' argomento in un articolo del lontano novembre 1960 ("La tattica dell' apertura a sinistra") : un' analisi delle elezioni amministrazione caricate di significato dagli scontri di piazza del 30 giugno a Genova, dai morti di Reggio Emilia e dalle piazze siciliane. L' incipit è significativo: "La frenesia elettorale è passata, svanita la vendita di fumo, i problemi sono rimasti. Oggi si può fare un bilancio certo dei risultati elettorali e delle tandenze che esprimono". Considerazione indicativa dell' atteggiamento nostro rispetto al momento elettorale. Le elezioni non risolvono i problemi, come non determinano ma al massimo registrano delle tendenze che al di là della "vendita di fumo", occorre studiare.

L' analisi di Cervetto sul "mercato elettorale".
Srive Cervetto: "La classe dirigente attraverso la consultazione elettorale fa una specie di "ricerca di mercato" da cui trae indicazioni". Un sondaggio attraverso i partiti, che "sono le macchine -non solo permesse ma finanziate- che organizzano questi canali d' informazione". Partiti che nel loro insieme rappresentano "il ventaglio di tutte le soluzioni possibili per la conservazione del sistema sociale ch' essi, in un modo o nell' altro, accettano e difendono". Nel 1987 nello scritto "I tempi del mercato elettorale" ritorna sull' argomento. Ancora una volta significativa l' apertura "La secolare battaglia dei comunisti contro l' illusione e l' inganno del parlamentarismo e delle sue parate elettorali non ha impedito al marxismo di sviluppare l' analisi più puntuale e chiarificatrice dello stesso fenomeno elettorale". A distanza di più di un quarto di secolo è ripreso proprio l' articolo del 1960: "Le elezioni sono dunque viste come un sondaggio degli umori e delle aspirazioni degli strati profondi". L' obiettivo di quel sondaggio di mercato è in fondo "l' elaborazione di una tattica e di una forma governativa capace di garantire il dominio più efficacie sulla classe operaia ed il controllo degli strati intermedi" ed esprime così nella forma più equilibrata possibile gli interessi generali della classe dominante.

Lenin sui partiti della borghesia.
Il concetto di mercato elettorale affonda le sue radici nell' elaborazione leninista dei primi anni del secolo scorso. Nel 1912, con l' approssimarsi delle elezioni per la Duma, Lenin osserva come tutti i partiti intensifichino la loro agitazione "per far eleggere il più gran numero di deputati del "loro" partito". Osserva come si svolga "un' inpudente pubblicità elettorale" in cui tutti "decantano i loro partiti, proprio come ogni capitalista decanta le sue merci". E aggiunge: "Guardate in un giornale qualsiasi gli annunci commerciali, e vedrete che i capitalisti inventano per le loro merci i nomi più "sensazionali", più sonori, più moderni e le vantano senza alcun ritegno, senza arrestarsi davanti a nessuna menzogna e invenzione". E' quanto accade sul mercato elettorale, con una differenza, osserva Lenin in quel lontano 1912: che il pubblico si è ormai assuefatto alla pubblicità commerciale mentre quella elettorale trae in inganno un buon numero di persone. Persino "i nomi dei partiti, in Europa e da noi, vengono talvolta scelti a semplice scopo pubblicitario; i loro "programmi" vengono quasi sempre redatti esclusivamente per abbindolare il pubblico". Una prerogativa questa che non è delle situazioni politicamente arretrate, anzi: "Piu grandi sono le libertà politichein un paese capitalista, più grande è la democrazia [...] più sfrenata diventa spesso la pubblicità che si fanno i partiti"

La passività della democrazia televisiva.
Una grande verifica nelle passate settimane di questi assunti anche per quanto riguarda il nome dei partiti: quercie, ulivi, margherite, rose, il sole ovviamente sorridente, cui si rispondeva con incitamenti da tifoserie calcistiche al Bel paese. Con un elemento di grande novità rispetto quelle elezini della Duma: l' irrizione sempre più massiccia del mezzo televisivo legata alla putrescenza imperialista. Quello che è accaduto con la pubblicità commerciale è stato per la pubblicità dei partiti, che vede ormai dominante il grande business del piccolo schermo. Per settimane siamo stati bombardati da messaggi, dibattiti, interviste, talk show, faccia a faccia, trasmissioni che spingono sempre più l' elettore nell' angolo del divano di casa, spettatore passivo di questa sfrenata pubblicità televisiva. Non solo, seguendo quelle trasmissioni si aveva l' impressione, per non dire la certezza, che tutto dipendesse da quei palazzi, che il mondo intero ruotasse attorno a Montecitorio e gli altri colli romani. Manifestazione questa di un altro fenomeno tipico di parlamentarismo ben noto alla nostra scuola: il "cretinismo parlamentare" aggiornato all' epoca attuale, ossia in visione televisiva.

La diagnosi di Marx nel "18 brumaio".
Abbiamo già osservato che non si tratta di un'invettiva. Piuttosto è la definizione di una malattia che afflisse le assemblee parlamentari sin dalla nascita. Una malattia individuata da Marx nel corso della rivoluzione del 1848 in Germania e che colpì tanto l'assemblea nazionale di Francoforte quanto quella di Berlino. Successivamente Marx la diagnosticò nel "18 Brumaio di Luigi Buonaparte" anche per l'assemblea francese,definendola come "una particolare malattia che a partire dal 1848 ha infierito in tutto il continente". F. Engels si inaricò di dettagliarne i sintomi e la gravità, decretandone l'incurabilità, nel 1852.
Lo scritto in questione fa parte di una serie di articoli redatti da Engels, spesso letti e rivisti da Marx, pubblicati tra il 1851 e il 1852 sulla "New York Daily Tribune" a firma Karl Marx. Si tratta di articoli di bilancio "sull'uragano del 1848" in Germania che è anche una riflessione sulla sconfitta. "E' difficile immaginarsi una disfatta più decisiva di quella subita su tutti i punti del fronte del partito rivoluzionario, o meglio dei partiti rivoluzionari, sul continente". Questa serie di articoli saranno poi raccolti in volume a cura di Eleanor Marx nel 1896 e pubblicati in inglese sotto il titolo "Rivoluzione e controrivoluzione in Germania", che solo nel 1913 fu possibile attribuire a Engels, attraverso il carteggio.

Il referto di Engels.
Nell'articolo "Il trionfo della Prussia" Engels, a proposito della sinistra dell'assemblea a Francoforte "che si considerava l'élite e l'orgoglio della Germania rivoluzionaria", scrive: "Dal principio della loro carriera legislativa erano stati più di qualsiasi altra frazione dell'Assemblea contaminati dall'incurabile malattia del cretinismo parlamentare, infermità che riempe gli sfortunati che ne sono vittime della convinzione solenne che tutto il mondo, la sua storia e il suo avvenire, sono retti e determinati dalla maggioranza dei voti di quel particolare consesso rappresentativo che ha l'onore di annoverare tra i suoi membri e che qualsiasi cosa accada fuori dalle pareti di questo edificio -guerre, rivoluzioni, costruzioni di ferrovie, colonizzazione di interi continenti, scoperta dell'oro in California, canali dell'America centrale, eserciti russi e tutto quanto può in qualsiasi modo pretendere di esercitare un'influenza sui destini dell'umanità -non conta nulla in confronto con gli eventi incommensurabili legati all'importante questione, qualunque essa sia, che in quel momento occupa l'attenzione dell'onorevole loro assemblea".

Uno spettacolo tragicomico.
Impareggiabile Engels nel descrivere sintomi e gravità di un morbo giunto sino a noi nella forma mutata del cretinismo parlamentare televisivo, che ha in Italia una variante particolarmente virulenta. Molteplici le testimonianze in questi mesi. Dai faccia a faccia televisivi, dove le sorti del paese parevano dipendere da un sorriso, una risposta, una battuta, per arrivare alla rappresentazione televisiva dei risultati del voto. Quel lungo e tragicomico lunedì in cui il centrosinistra, vincitore a man bassa nel primo pomeriggio, era quasi sconfitto in serata per ritrovarsi in nottata mezzo vincitore e mezzo sconfitto al pari del centrodestra. Per non parlare dello spettacolo offerto dalle televisioni, per chi ha resistito, dalla Camera alta della Repubblica.
L'assemblea dei senatoti riunita con solennità per eleggere la seconda carica dello Stato, e... rimasta ore in sospeso per deliberare se Francesco era Franco oppure no.

Il comunismo è la vera politica.
Abbiamo giustamente scritto che se la politica fosse questa non ne varrebbe la pena. Ma non è così. Abbiamo affrontato questa lunga tornata elettorale come sempre a partire dal nostro astensionismo strategico incontrando attenzioni crescenti.
Posizione che non è motivata da un rifiuto moralistico e di principio del mercato elettorale, della sua pubblicità con l'inevitabile corruzione, né dalle manifestazioni del cretinismo parlamentare che pure abbondano. Un astensionismo che affonda le sue radici nella prospettiva strategica della lotta storica per il comunismo, dove sono messe definitivamente in discussione la possibilità e l'opportunità stessa dell'utilizzo rivoluzionario della tribuna parlamentare nell'epoca della democrazia imperialista.
E' la loro politica che si ostina ad avere come riferimento ultimo il perlamentarismo. E' la loro politica che vede i giovani, i lavoratori, i pensionati, i disoccupati come elettettori, spettatori passivi davanti alle televisioni. Non sono più neppure necessari tanti comizi, manifesti, volantini, o i bigliettini con le preferenze, ormai abolite. Pensa a tutto la televisione. E' sufficiente guardarla, magari in pantofole dalla poltrona di casa, e fare lo sforzo, una volta ogni qualche anno, di recarsi sino al seggio elettorale per deporre la scheda nell'urna. La nostra politica comunista è irrimediabilmente diversa. Sotto il pungolo acuminato del nostro astensionismo, richiede impegno militante, grande passione, attivismo politico quotidiano, presenza in prima persona tra le masse per radicale l'internazionalismo. Una politica che pretende sforzo, studio, elaborazione, per poter continuamente collegare la lotta per la difesa degli interessi immediati dei lavoratori, i fatti della vita quotidiana degli strati profondi delle grandi masse, con la prospettiva storica del comunismo, della società senza classi dove ognuno possa dare secondo le sue capacità e ricevere secondo le sue esigenze.

Renato Pastorino da Lotta Comunista, maggio 2006
.Lev.
00giovedì 17 agosto 2006 19:23
per nulla condivisibile.
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