Il nuovo mistero dietro alla Gioconda

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LestatNotturno
00giovedì 12 novembre 2009 20:02


La donna dipinta da Leonardo nel quadro simbolo del Louvre non veste gli abiti della moglie del fiorentino Francesco del Giocondo, Monna Lisa. Una tesi già diffusa la identifica con un´altra dama. E adesso l´ipotesi trova conferma nello studio di uno storico italiano, Roberto Zapperi. Il ritratto incarnerebbe il ricordo che Giuliano de´ Medici, il committente, aveva di una sua amante di Urbino che nel 1511 gli diede un erede, Ippolito, prima di morire. Non Monna Lisa, dunque. Ma l´adultera Pacifica Brandani. Niente bellezza sensuale per evocare con i colori taglienti l´amata del padrone del quadro (come nella Dama con l´ermellino in cui raffigurò la Gallerani, concubina di Ludovico Sforza). Ma la dolcezza di una donna "joconda" capace, grazie allo sfumato e allo straordinario naturalismo di Leonardo, di consolare l´orfano, «facendogli credere che la mamma era viva come il dipinto».
È la tesi del libro che Zapperi pubblicherà a gennaio con l´editore C. H. Beck. Ma anticipata lunedì in una conferenza a Monaco di Baviera, ripresa ieri dalla Süddeutsche Zeitung. Spiega lo storico: «Vasari nelle Vite del 1550 scrive "prese Leonardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie e quattro anni penatovi, lo lasciò imperfecto". Io credo invece che, come aveva notato Carlo Pedretti nel 1957, il capolavoro del Louvre vada identificato con uno dei tre dipinti visti nel 1517 da Antonio de´ Beatis nello studio di Leonardo in Francia e descritto come "una certa donna fiorentina fatta al naturale ad instantia del quondam (del fu) magnifico Juliano de´ Medici"».
Zapperi si è messo così alla ricerca di una dama nell´entourage del figlio di Lorenzo il Magnifico. E incrociando le lettere tra Pietro Bembo e Bernardo da Bibbiena sulle gesta galanti del rampollo mediceo, cacciato da Firenze e a Urbino tra 1505 e 1506, lo storico ha trovato la donna del dipinto. «Giuliano era un Don Giovanni. Fece strage tra le dame della corte di Elisabetta Gonzaga e Guidobaldo da Montefeltro. E conquistò anche Pacifica, una donna sposata che Baldassare Castiglione cita come "La Brandana". Poi lei rimase incinta. Ma, al parto, portò il piccolo alla ruota degli esposti». Giuliano aveva preso intanto il volo. Ma quando nel 1511 Elisabetta Gonzaga gli scrive per avvertirlo che Pacifica è morta e che l´orfanello è frutto del suo seme, si precipita a Urbino. «Riconobbe il bambino che avevano chiamato Pasqualino, essendo nato il 23 aprile, e gli diede il nome di Ippolito, come il protagonista della Fedra di Seneca» sottolinea Zapperi.
La storia racconta poi che Ippolito raggiunse il padre e lo zio, papa Leone X, a Roma. E le lettere del tempo ricordano come chiedesse sempre della madre: "Dov´è? Perché non c´è?". Il padre nel 1515 sposò a Torino Filiberta di Savoia: "È andato a prendere mamma" si illudeva il piccolo. «Io credo - sostiene Zapperi - che Giuliano commissionò a Leonardo il ritratto di Pacifica di cui però non possedeva immagini. La descrisse, certo. Ma fu il pittore a dare corpo liberamente all´immagine della maternità». Giuliano morì nel 1516 e Leonardo partì portandosi dietro il quadro dipinto nel 1515 circa (la critica ha pensato al 1503-05, tranne Alexander Perrig che nel 1980 ipotizzò una datazione agli anni Dieci). Lo comprò re Francesco I ed è rimasto da allora in Francia: oggetto di venerazione, foto e trame da svelare.

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