Il giorno del ricordo

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basettun
00mercoledì 10 febbraio 2010 16:52
ROMA - 10 febbraio 1947: nel giorno dei Trattati di Parigi l'Italia, uscita sconfitta dal conflitto mondiale, oltre a restituire tutti i territori occupati dalle sue truppe nel corso della guerra si impegnava a cedere alla Jugoslavia la città di Fiume, il territorio di Zara, le isole Pelagosa e Lagosta, parte dell'Istria, del Carso triestino e goriziano e dell'alta valle dell'Isonzo. Gli italiani furono costretti a lasciare le loro case. E in molti lasciarono anche il ricordo di quanti non c'erano più, vittime dell'odio etnico e in molti casi uccisi dai partigiani di Tito nel modo forse più spietato: l'abbandono nelle foibe, profonde fratture carsiche dove un numero ancora imprecisato di italiani e di oppositori ai comunisti yugoslavi ha trovato la morte dopo un volo di centinaia di metri e una lunga agonia tra atroci sofferenze. Per questo motivo il 10 febbraio è diventato il «giorno del ricordo» e oggi le massime autorità italiane, a partire dal capo dello Stato, hanno voluto commemorare i caduti e i profughi di quei giorni.

Fonte: Il Corriere della Sera on line

Gabriella.75
00mercoledì 10 febbraio 2010 17:19
Quando avvenne e perché
Alla fine della prima guerra mondiale l’Italia, che era tra i vincitori, ottenne non solo Trento e Trieste, ma anche l’intera penisola istriana. Circa 500.000 slavi diventarono di colpo italiani senza averlo mai chiesto, e l’arrivo degli italiani, visti come invasori, suscitò subito malumori e malcontento fra la popolazione locale. Il governo italiano, per di più, portò con sé una cattiva amministrazione. Durante la seconda guerra mondiale questa situazione peggiorò perchè i partigiani slavi presero le armi sia contro i tedeschi che contro gli italiani (all’epoca alleati). Verso la fine della guerra una parte di italiani scappò dall’Istria, per timore; in questo modo evitarono di finire nelle foibe.
Gli infoibamenti avvennero in due fasi: la prima nel 1943 e la seconda nel 1945.
Nel 1943, dopo l’armistizio (quando cioè l’Italia smise di combattere a fianco dei Tedeschi nella seconda guerra mondiale) i soldati italiani abbandonarono l’Istria. Questa terra rimase quindi senza controllo militare; fu allora che i partigiani e i contadini slavi fucilarono e buttarono nelle foibe o in mare circa mille italiani, visti come “nemici del popolo”.
Nel 1945, con la fine della guerra, i primi ad occupare la zona di Trieste furono i soldati jugoslavi di Tito il 1° maggio. Gli ordini di Tito erano chiari: bisognava togliere di mezzo gli italiani, anche con la violenza se necessario. Cominciò così una vera e propria caccia all’italiano che coinvolse tutti, non solo i capi fascisti, ma anche i soldati, i poliziotti, i carabinieri, gli industriali, gli impiegati, la gente comune.
Il massacro
Gli italiani venivano arrestati, spesso nella notte; venivano deportati nei campi di concentramento jugoslavi, dove spesso morivano di fame. Gli altri venivano processati e condannati. Dopo essere stati torturati a lungo, venivano portati nei pressi di una foiba; a quel punto i loro torturatori legavano i loro polsi e i loro piedi col filo di ferro e sempre col filo di ferro legavano spesso gli uni agli altri. Quindi sparavano al primo del gruppo, che cadendo nella foiba trascinava con sé gli altri, ancora vivi. A volte, per finire gli eventuali sopravvissuti e anche per chiudere la foiba per sempre, vi venivano lanciate dentro delle bombe. Altri italiani vennero buttati in mare, con una pietra al collo.
Il massacro finì il 9 giugno quando fu tracciata la linea Morgan, che divideva le due zone di occupazione: la A (praticamente quella che poi diventò la provincia di Trieste), controllata dai soldati inglesi e americani, e la B, controllata dalla Jugoslavia. Se però gli omicidi di massa terminarono, per molti anni in Istria vi furono casi di arresti e sparizioni di italiani; questo creò il terrore fra gli italiani rimasti, che abbandonarono tutti l’Istria.
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