Il figlio della luna (Slam dunk)

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Akane Tendo86
00lunedì 26 aprile 2004 19:40



INTRODUZIONE
Sedici anni, orfano di padre, un fratellino da accudire: Hanamichi sembra un ragazzo come tanti, eppure ha qualcosa di speciale, un sesto senso che gli permette di sentire l'avvicinarsi di uan disgrazia o di un avvenimento insolito. I suoi poteri, ancora incertie grezzi, gli saranno di grande aiuto quando il fratellino Hiroshi cadrà mistreriosamente ammalato; per salvarlo, Hanamichi dovrà svilupparli e affinarli, diventando col l'aiuto del suo nuovo amico Kaede, di sua madre e sua nonna, un'autentica STREGA!(Nno crediate che abbia sbagliato è scritto prorpio strega leggete e capirete!!!)

ATTENZIONE AU E YAOI

ELENCO CAPITOLI

1-La premonizione

2-Shinichi Wazusa

in proseguimento

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[Modificato da Akane Tendo86 26/04/2004 19.43]

[Modificato da Akane Tendo86 01/06/2004 11.35]

Akane Tendo86
00lunedì 26 aprile 2004 19:46
Capitolo 1-La premonizione
Sulla divisa da basket c’era scritto “ Michael Jordan”, ma poi sull’etichetta la verità veniva a galla sotto forma di noticina in caratteri minuti che precisava : “Prodotto in Giappone - Laboratori Osawaka-Kanagawa”.

Così si spense subito il sogno fugace che aveva avuto Hanamichi di giocare non solo negli Stati Uniti, ma addirittura di giocare come il mitico Michael Jordan, a questo punto non aveva più voglia di comprare quella divisa.

In fondo non avrebbe mai potuto illudersi di poter diventare un’altra persona, pronto a vivere una mattina totalmente diversa. Ma comunque aveva bisogno di comprare uan divisa nuova per l’allenamento, la sua l’aveva strappata e così era andato nel negozio con la madre e il fratellino prima di scuola

_ Allora, caro, hai deciso quale prendere?_

Hanamichi posò la divisa di Jordan e prese alcune divise di poco prezzo che erano poco distanti da li

_ Devo ancora vedere come mi stanno_ e così dicendo prese una divisa rossa e un’altra blu e si diresse verso i camerini di prova. Indossò prima la divisa rossa. Gli stava davvero bene ed era delle stesso colore dei suoi capelli. Si i suoi capelli. L’unica cosa che lo distingueva dalla massa…oltre all’altezza si capisce

_ Cominci a piacere alle ragazze, Hana-chan, se non fosse per quei capelli_ gli aveva detto il suo migliore amico Mito

Ma ad Hanamichi non interessava, se le ragazze lo volevano dovevano accettarlo per quello che era

_ Allora Hanamichi_

_ Eccomi, ora esco_

_ Sta per succedere_ disse una voce

_ Che cosa sta per succedere?_ domandò Hanamichi prima di accorgersi che quella voce aveva parlato dentro di lui, non in un qualche punto del camerino.

“ È una premonizione” pensò Hanamichi con un tuffo al cuore. Già gli era capitato di averne: non spesso, ma così intense da non potersele più dimenticare. E ogni volta, ricevuta una tale premonizione, si era illuso di poter fare qualcosa per modificare o scongiurare lo sviluppo degli eventi: ogni volta, invece le cose si erano rivelate incontrollabili. La premonizione si limitava ad avvertirlo, come se volesse prepararlo a farsi forza per un futuro, imprecisato accadimento. Comunque facendosi forza uscì dal camerino

_ Sei bellissimo Hanamichi, sembri un vero giocatore_

_ IO SONO UN VERO GIOCATORE!!! Io sono il Genio del Basket!!!_

_ Lo so figliolo,ma adesso va a cambiarti che dobbiamo andare a scuola_

_ Ok_

Hanamichi si infilò nuovamente nel camerino e si guardò per un’ultima volta allo specchio

_ Non sono poi così male_ si disse sforzandosi di pensare ad altro, nella speranza che la premonizione si arrendesse e filasse via. Ma l’immagine che compariva allo specchio non lo soccorse affatto. Anzi guardandola Hanamichi fu scosso da un’inquietante terrore. Certe piccole alterazioni sono più inquietanti di quelle vistose.Se gli avessero chiesto come faceva a sapere che quel riflesso nello specchio non era il suo, non avrebbe saputo indicare alcun dettaglio estraneo ai suoi lineamenti; i capelli erano i suoi, ed anche gli occhi. Eppure malgrado tutto, quella faccia non era la sua faccia, poiché sapeva cose che lui ignorava: se ne stava lì a ricambiargli sguardo, come fissandolo da chissà quale luogo misterioso, brulicante di paure e di piaceri, che lui non era in grado di riconoscere completamente. Non aveva dubbi. Era il futuro, quello: e non solo lo preavvertiva, ma al tempo stesso cercava di adescarlo e lusingarlo

_ Piantala_ disse ad alta voce, perché era spaventato, e quand’era spaventato spesso diventava aggressivo. Sbatté le palpebre più volte e scosse la testa, e quando tornò a guardare, eccolo di nuovo normale: capelli rosso fuoco, occhi grandi e nocciola, pelle scura, tutti aspetti che lo distinguevano dalla madre e dal fratellino che avevano occhi e capelli scuri e pelli diafana. Finì velocemente di vestirsi e uscito diede al divisa da comprare alla commessa che si allontanò verso il bancone. Hanamichi allora si avvicinò alla madre e…

_ Mamma, ho avuto una premonizione! E guarda che parlo sul serio, una vera premonizione_

_ Che vuoi dire?_

_ Mi sono guardato allo specchio, e di colpo la mia immagine è diventata più vecchia_

_ Aspetta di avere la mia età,e ti succederà tutte le mattine_

Hiroshi si attaccò ai vestiti della mamma stringendo tra le mani il suo Fuji (uno straccetto di coperta simile a quello di Linus di Snoopy) li guardava con occhi sgranati, come se la madre e il fratello stessero eseguendo un numero da circo per il suo esclusivo divertimento

_ C’è qualcosa che non va mamma: qualcosa di strano!_ insisté Hanamichi in tono patetico _ Credo che sarebbe meglio per me che non uscissi oggi. Vorrei starmene a casa al sicuro_

_ Il casa di Giovedì!_ gridò la signora Sakuragi facendo girare quasi tutto il negozio_ Ma ti da di volta il cervello, Hana-chan? Mi serve troppo il tuo aiuto, oggi. È il giorno in cui il negozio chiude tardi, e chi ci penserebbe a prendere Hiroshi dalla baby-sitter, portarlo a casa, dargli la cena e leggergli una fiaba per farlo addormentare? Oggi vai a scuola ma salti gli allenamenti come al solito, il giovedì mi servi!_

_ Ma io non poso scegliermi il giorno_ la voce di Hanamichi cominciava ad inclinarsi _ È il giorno a scegliere me!_

_ Il giovedì non ha il permesso di sceglierti_ dichiarò con fermezza Aya Sakuragi , come se potesse controllare il destino semplicemente rifiutando di accettare i lati più assurdi _ Cerca solo distare molto attento, non ti serve altro. Guarda bene a destra e a sinistra prima di attraversare la strada. E tieniti alla larga teppisti!!!_

_ O mamma non è così semplice_ protestò il rossino_ È uan premonizione che riguarda qualcosa di grave. Tu non sai com’è!_

_ Me lo dirai più tardi_ e così dicendo la signora Sakuragi pagò la divisa ed uscirono tutti e tre da qual negozio.

Hanamichi sapeva che non gliel’avrebbe più spiegato. Era una condizione che non si poteva descrivere. Gli altri dovevano fidarsi di lui anche s forse era chiedere troppo.

_ Dov’è il tuo cestino Hiroshi?_ domandò Aya, e Hiroshi corse a prenderlo nel negozio, lo aveva dimenticato dentro: conteneva un maglioncino pulito, un ricambio di mutandine, gli album, i libri della biblioteca, il suo speciale fumetto sulle tigri e Rosebud, un sorridente coccodrillo di feltro, tutto rosa. Scrupolosamente pregò Fuji e lo adagiò su questi suoi preziosi averi

_ Andiamo!_ disse Aya _ pronti a dare il nostro consueto spettacolo stradale? Mi auguro che tu stia bene in forze Hana-chan, perché sento che la macchina avrà qualche difficoltà ad avviarsi stamattina_

_ Tanto per cambiare?_ domandò Hanamichi con educato sarcasmo, perché la macchina esibiva difficoltà ad avviarsi tutte le sacrosante mattine, senza eccezioni

_ Ha la batteria scarica: dovrei farla ricaricare. Ma probabilmente ne serve una nuova_ spiegò Aya _ E come faccio? Costano un occhio_ digrignò i denti in una fitta dolore finanziario _ Niente paura! Una volta avviata, marcia che è un piacere. Pensa a Hiroshi, Hana-chan. Non vorrei che si infilasse chissà dove_

Hanamichi ammirava l’eroismo con cui Aya si presentava in strada ogni mattina e appoggiava tutto il suo peso allo sportello socchiuso della macchina, costringendosi a spostarsi centimetro dopo centimetro : anche spingendo un’automobile Aya riusciva a conservare un aspetto elegante e aggraziato, con quel suo sorriso orgoglioso e i neri capelli che le ribollivano attorno alla testa. Il breve tratto di strada che portava allo Shohoku era in leggera pendenza: dapprima impercettibile e poi via via più accentuata. Il trucco stava nel far muovere la macchina, saltarci dentro a volo e ingranare la marcia nel punto più ripido, cosa che Aya eseguì puntualmente, come aveva fatto molte volte.

_ Tutto regolare!_ disse Aya _ L’ ho fatto tante di quelle volte!_

_ Ma non in un giorno con la premonizione!_ gridò Hanamichi _ Per un attimo ho pensato che potessi cadere sotto le ruote e finire spiaccicata!_

_ Tu e le tue premonizioni!_ Aya parlava con affetto, ma in una sorta di vezzeggiamento scherzoso, come se si rivolgesse ad Hiroshi e non ad Hanamichi, che aveva sedici anni e meritava un tono decisamente diverso

_ Benissimo! Non credermi!_ ribatté Hanamichi_ Non te ne faccio una colpa, intendiamoci, ma sappi che è vero, punto e basta. È come se nella mia mente si accendesse tutto. Le premonizioni tu non hai idea di come si presentano. Per prima cosa è come se tutto cambiasse aspetto…le cose smettono di fluire e agganciarsi tra di loro e restano separate: un po’ ridicole magari, ma fanno una paura tremenda. Il mondo diventa tutto fortuito, tutto è affidato al caso…È come avere una casa che ti sembrava stare in piedi perché poggiava su qualcosa, e di colpo ti accorgi che non c’è niente che la tocca, da nessuna parte: tutta disgregata, senza puntelli, senza niente che la tenga insieme_ Abbassò la voce_ Quel sabato in cui papà ci ha lasciati…beh anche allora avevo avuto una premonizione_

_ Non avresti potuto far nulla lo stesso Hana-chan, non ci sarebbe stato comunque il tempo_

_ E un’altra premonizione, l’ ho avuta quando ho conosciuto Kaede Rukawa_

_ Kaede Rukawa!_ esclamò Aya, scoppiando in una risatina divertita_ Cosa mai ci sarà, in quel povero ragazzo, che esige una premonizione? È come essere messi in guardia da Cappuccetto Rosso invece che dal lupo… Non è lo studente più amato della scuola? Ordinato tranquillo, inappuntabile, silenzioso, sempre in giro con quel pallone da basket. Un tantino noioso se proprio vogliamo…_

Aya era ingiusta con lui, o quanto meno poco caritatevole, ma in fondo non era colpa sua: poteva basarsi solo sulle informazioni che le dava Hanamichi.

Kaede Rukawa si era trasferito a Kanagawa poco più di un anno e mezzo fa, sebbene sua madre abitasse nella zona fin dall’infanzia. Anzi, faceva parte della storia locale: la sua famiglia stava lì ancora prima che il nome Kanagawa comparisse sulla mappa del Giappone; prima che la città si espandesse a macchia d’olio, fino ad insinuarsi tra i contrafforti della catena di colline.

Gli amici che conoscevano da anni la famiglia dicevano che Hiyuki Rukawa non si era mai sposata, e non si spiegavano la presenza di Kaede se non per dire che era suo figlio, aveva diciassette anni, gli piaceva studiare e giocava in una squadra professionistica di Basket. In classe si comportava bene, era sempre silenzioso, o meglio dormiva sempre, ma quando era sveglio non sapeva trattenersi da dare risposte ironiche o addirittura impertinenti: ma non era certo uan cosa impensierire Hanamichi, che con lui aveva scambiato si e no uan mezza dozzina di parole. Una cosa però era impossibile da descrivere: lo straordinario sorriso con cui accompagnava le sue parole, un sorriso rivolto soltanto a lui. (lo so che stavolta ho esagerato con la fantasia Kaede non sorriderà mai nella realtà ma questa è un’ AU e quindi può succedere tutto NDAkane). Quando parlava di Kaede con la madre, Hanamichi non aveva mai accennato a questo sorriso né alla ragione per cui sorrideva così.

Anche adesso esitava a parlargliene e approfittando della pausa, Aya si sentì in dovere di aggiungere:

_ Se non c’è nulla di più allarmante di Kaede Rukawa, nelle tue premonizioni, non vedo perché mai tu debba preoccuparti_

Via via che Hanamichi e Aya si avvicinavano alla scuola, vedevano marciapiedi sempre più brulicanti di uniformi scolastiche, tutte orientate nella stessa direzione. Hanamichi sapeva che un mucchi di persone disdegnavano quel quartiere, ma lui ci si era affezionato e certe volte l’amava proprio per le cose che gli altri contestavano: perché era nuovo e grezzo allo stesso tempo, aspro e pieno di vandali che con le bombolette di vernice spray imbrattavano i muri delle più bizzarre scritte. Di notte le strade si facevano pericolose, ma spesso a lui piaceva quel sottile, tagliente confine di rischio come in agguato dietro la rassicurante porta di casa. Tutte queste cose gli scorrevano nella mente in fulminea successione, mentre si preparava ad informare sua madre di uan cosa che sapeva da tempo, ma che non aveva mai detto a nessuno

_ Kaede Rukawa è una strega!_ disse_ Non lo sa nessuno a parte me_

Aya non scoppiò a ridere né disse di non fare lo sciocco. Sapeva riconoscere le cose serie, anche mentre era impegnata a circumnavigare i bidoni di nafta, ritti come un anello magico nel bel mezzo della strada

_ Hana-chan, neanche a pensarci tutto il giorno non so se potresti venirtene fuori con una strega più improbabile del povero Kaede Rukawa_ disse infine_ Tanto per cominciare è del sesso sbagliato, anche se in questi giorni non-sessisti la cosa non dovrebbe contare poi molto; ma da quanto riesco riesco a capire è una dei ragazzi più corretti e noiosi della scuola, mi sembra che sia anche un “prefetto”, se ricordo bene, ( per chi non sapesse cosa sia un “prefetto”, è uno degli studenti Anziani cui si da l’autorità di mantenere l’ordine e la disciplina nell’istituto NDAkane)…Naturalmente_ aggiunse con una nota di entusiasmo nella voce_ se mi avessi menzionato sua nonna Azusa, o anche la madre…beh, la storia cambierebbe. Potrebbero benissimo essere delle streghe, ma diciamo che hanno quel tipo di stravaganza che dà loro la classe. Intendiamoci_ aggiunse prima che Hanamichi potesse intervenire_ proprio non riesco ad immaginarmele a tirar su un ragazzo di diciassette anni…La vecchia Azusa diventa ogni giorno più matta e Hiyuki vaga con lo sguardo perduto nel vuoto, come se vedesse solo l’indomani o il dopodomani e il presente non esistesse. Ma il ragazzo mi sembra normale, come il resto di voi…_

_ Hai finito?_ chiese Hanamichi_ Sta a sentire…io so tutto di Kaede Rukawa! Nessuno se ne accorge, a parte me. Mamma, ma proprio non vedi che è come un annuncio pubblicitario della TV, fatto per adeguarsi all’idea che la gente ha in testa e non alla vita reale? Anche quando fa qualcosa di sbagliato, pare quasi che lo stia spuntando su una specie di diario scolastico_ “20 novembre. Nota bene: pensare a qualcosa di sbagliato!”. E nessuno se ne accorge, a parte me. Ma lui sa che ho capito tutto, sia ben chiaro!_

_ Non mi hai accennato a niente del genere, prima di d’ora_ disse Aya_ Non puoi darmi colpa, se ho dei dubbi_

_ L’ ho sempre saputo!_ continuò Hanamichi_ Ma so anche che non ha intenzioni maligne. Si nasconde, ecco cosa fa. Vuole semplicemente essere lasciato in pace. Non ha mai esercitato le sue arti magiche. Vuole starsene in pace. È uno che è, non uno che agisce_

Aya non era certo il tipo che si lasciva confondere da dichiarazioni come queste. Qualche volta le faceva pure lei

_ Ricordo di averlo visto un giorno in negozio, a comprare due romanzetti d’amore_ disse pensosamente_ Se n’è rimasto per un po’ a leggere i finali, con aria piuttosto perplessa, e poi li ha comprati entrambi_

_ A quanto pare ne va matto!_ annuì Hanamichi in tono sprezzante. Come poteva un ragazzo leggere quella roba_ L’ ho visto uan volta mentre ne leggeva uno sulla terrazza. Non si comporta da strega, ma so che lo è_

C’erano molte altre cose che non disse, sul conto di Kaede Rukawa, perché erano troppo incerte da descrivere, incluso il fatto che talvolta, sapendosi riconosciuto, gli lasciava intravedere un’altra faccia di se: non la mite, gentile faccia di tutti i giorni, ma un’altra, che lui trovava eccitante perché appariva pericolosa

_ So che cavalca una moto, non una scopa!_ osservò Aya, increspando le labbra in un sorrisetto ironico

_ Una Vespa!_ confermò Hanamichi, sospirando_ Lo sapevo che non mi avresti creduto!_

_ Hana-chan come faccio?_ chiese Aya, fermando l’auto al cancello della scuola_ Non le ho mai capite le tue premonizioni…devi essere onesto… finora me ne hai parlato solo dopo che era accaduto qualcosa, non prima. Ma una cosa la so per certo: devo assolutamente spicciarmi, se no arrivo tardi al lavoro, e non vorrei trovarmi il signor Yushiko sulla soglia, tutto nervoso. Bene… Hanamichi, mi raccomando, sta attento a te stasera, e attento a Hiroshi…non si sa mai…

Si congedò con un rapido bacio affettuoso e se ne andò. Sakuragi si ritrovò tutto solo, ad affrontare il giorno che gli ansimava addosso con una pesantezza rancida e dolciastra, con un vago sentore di menta vecchia che gli fece venir voglia di vomitare sul ciglio del marciapiede, ma strinse le labbra e continuò il cammino

_ Sbrigati Sakuragi_ disse il “prefetto”, al cancello. Era Kaede Rukawa in persona a controllare che chi entrava in bicicletta lo facesse in maniera sobria senza sterzare inutilmente, o invadere il sentiero_ Ha già suonatola prima campana!_

Aveva occhi blu Kaede, con la curiosa caratteristica di vietare neri se li guardavi di profilo. A molti parevano del tutto affidabili, ma secondo Hanamichi non davano la minima sicurezza: erano occhi insidiosi, ingannevoli e sotto la loro superficie blu profondo celavano gallerie, scalinate, labirinti di specchi, nessuno dei quali conduceva in luoghi che si potessero riconoscere.

E ora Kaede e Hanamichi si scambiarono uno sguardo, sorridendo ma non per amicizia. Sorridevano per una sorta di astuzia reciproca e il segreto condiviso da entrambi guizzò come un lampo dall’uno all’altro occhio. Poi Hanamichi varcò il cancello, gettandosi coraggiosamente nella bocca del giorno, in quelle sue fauci spalancate dove doveva entrare malgrado tutte le premonizioni. Senti lo schiocco delle fauci su di lei e seppe di essere stata inghiottita. Con occhi spalancati guardò il giorno che gli allargava davanti la sua stranezza e poi piano piano affondava, mentre il suo orrore si faceva più esile e piumoso. Il mondo tornava di nuovo a fluire e la premonizione divenne una memoria, fervidamente dimenticata perché era inutile ricordarla. La premonizione era venuta. Lui l’aveva ignorata. Non c’era altro da dire.



Ho finito finalmente il primo capitolo e sono stanca morta non credevo venisse così lungo…spero vi sia piaciuta questa trasfigurazione di Hanamichi e Rukawa…devo avvertire i lettori che questa opera non è solo frutto della mia santa manina e del mio pazzo cervello ho preso spunto da un libro che lessi quando era molto piccolo cioè quando avevo 8 anni

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Akane Tendo86
00lunedì 26 aprile 2004 19:48
Capitolo 2- Shinichi Wasuza

Ogni sera Aya, domandava al figlio: _ Allora, cos’è successo oggi, a scuola? _ e di solito Hanamichi rispondeva: _ Nulla!_ intendendo nulla che valesse la pena di raccontare. C’erano sempre le lezioni, naturalmente che toglievano tempo a cose ben più importanti come il basket, e poi c’era il suo amico Mito, che adesso stava con la ragazza, che credeva di amare poco prima che scoprisse di essere gay, Haruko Akagi, la sorella del gorilla, il suo capitano. Takenori Akagi da quando Hanamichi aveva fatto la sua dichiarazione sulla sua sessualità, si sentiva molto più sollevato da un lato, poiché non potava sopportare che stesse dietro la sorella, ma dall’altro, “temeva” per se e i suoi compagni, anche se Hanamichi non aveva mai dato segni , di essere innamorato di uno di loro, o di sbirciarli sotto le docce, anzi da quel giorno, era sempre l’ultimo ad andarsene dalla palestra proprio per evitare di creare problemi ai suoi compagni. In quel momento Mito stava cercando di tirarlo su di morale…

_ Hai un po’ la testa tra le nuvole, mi pare_ gli disse Yohei durante l’intervallo _ su con la vita, campione!_

_ È giovedì, capisci, giovedì! I negozi chiudono tardi oggi!_ disse Hanamichi _ È il giorno di mia responsabilità domestica, così dovrò saltare gli allenamenti e il lavoro. Da un po’ di tempo a questa parte Hanamichi infatti era riuscito a trovare un lavoretto par time; lavorava nel locale di un amico della madre(a insaputa di quest’ultima che credeva consegnasse le pizze), come barman. È vero che aveva solo 16 anni, ma Sakuragi sembrava molto più grande della sua età, e sapeva reggere l’alcol meglio di chiunque adulto…così nessuno degli avventori del locale, si era mai insospettito. Ma la cosa che più lo turbava non era saltare il lavoro, poiché il suo capo sapeva che il giovedì aveva da fare a casa, ma gli allenamenti, poiché la squadra non era informata della sua vita privata, e credevano tutti che giovedì Hanamichi se ne andasse a fare bisboccia

_ Akagi se la prende sempre male il giovedì_

_ Infatti, crede che mi prenda il giovedì di festa, e non si rende conto che è come se lavorassi…avrei tanta voglia di andarmene di qui…voglio diventare davvero quel genio del basket, che mi vanto continuamente di essere, così da guadagnare un sacco di soldi e vivere da re con la mia famiglia…ma questo purtroppo e solo un sogno_

_ Io non credo, sai Hanamichi, in questi pochi mesi sei diventato davvero bravo per essere solo una matricola che gioca da soli 3 mesi, secondo me, datti tempo un paio d’anni e sarai un grandissimo giocatore, e forse anche a te daranno un posto in una squadra professionistica come a Kaede Rukawa_

_ Forse_

_ Dai Hanamichi, questo non è da te, a quest’ora avresti già detto : “Kaede chi? Sono io il genio del basket ah ah ah ”_

_ Hai ragione ho bisogno di una svegliata_ e così dicendo diede una delle sue sonore testate al muro

_ Adesso mi sento meglio ah ah ah_

Mito lo guardava sconcertato con una piccola gocciolina sulla testa.



Così dopo scuola, Si ritrovò solo a camminare verso la casa della baby-sitter di Hiroshi; solo e guardingo, pronto a schizzar via da eventuali macchine che rischiassero di sfuggire al controllo del guidatore e irrompessero sul marciapiede a caccia di pedoni impotenti, e pronto anche a menare il conducente subito dopo. Quel particolare pomeriggio trovò la signora, che faceva da baby-sitter a Hiroshi, mentre infieriva sulle bordure del prato con i suoi strumenti di tortura botanica, lo scalino d’ingresso pareva un tavolo operatorio, gremito com’era di falcetti, forbici, cesoie dai lunghi manici e lame ricurve che parevano il becco di un pappagallo, nonché palette e secchiello d’acciaio inossidabile. Vicino a questo terrificante spiegamento di attrezzi era seduto Hiroshi, Rosebud prudentemente avvolto nel suo Fuji. Non appena vide arrivare Hanamichi gli corse incontro : ma più che correre, il suo era un rimbalzare a piccoli salti, come fosse stato di gomma e qualcuno l’avesse lanciato sull’erba in direzione del cancello. Per prima cosa gli diede un bacio sulla guancia, e poi fece finta di ringhiare e dargli un morso.

_ Abbiamo avuto un’altra buona giornata_ disse la baby-sitter_ fa piacere averlo intorno, quel marmocchio. Può anche essere un vero diavoletto, ma non fa mai capricci o birbonate .immagino che tua madre verrà qui domani vero? Con i…_

Pronunciava questa frasetta ogni giovedì, e non la concludeva mai, perché le piaceva far finta di badare a Hiroshi per pura gentilezza d’animo, anche se era ben contenta di guadagnare un po’ di soldi senza dover uscire dai confini della sua siepe

_ deve essere dura per voi due , il giovedì, con vostra madre che lavora fino a tardi_ aggiunse_ intendiamoci, io approvo questa idea di tenere aperti i negozi fino a tarda ora il giovedì. A Tokio questo orario ce l’ hanno il venerdì, e molta gente viene qui a fare i suoi acquisti, portando un po’ di movimento al quartiere. Ma chissà che fame, poverini, ad aspettare che i negozi chiudano…_ Sapeva che Hanamichi era infastidito da ogni critica , più o meno implicita, mossa nei riguardi della madre, e aveva appreso a dissimularla sotto forma di comportamento, tutt’altro che richiesto, peraltro.

_ Porto a casa Hiroshi e gli do la cena , e più tardi la mamma viene con una vaschetta di frittura di pesce e patatine_ spiegò Hanamichi_ non c’è nessun problema : anzi è un divertimento_

Stava ancora fissando Hiroshi : l’incantava sempre, anche se gli era così familiare. Quel marmocchio era tutto ciò che Hanamichi avrebbe voluto essere…un bambino che riusciva in tutto quello che faceva, da un’intelligenza straordinaria e di una bellezza inimmaginabile. Hanamichi si era sempre sentito un diverso, oltre che per la sua sessualità, anche per il suo aspetto fisico…era molto più alto della maggior parte dei ragazzi della sua età e molto più forte…decisamente più forte …aveva i capelli rosso fuoco e la pelle di bronzo…dove si poteva trovare un altro giapponese come lui?

_ Sarai una massa di brufoli, se mangi troppa roba unta! Fai attenzione Hanamichi. Hai l’età giusta , per queste cose, e poi con la faccia piena di brufoli nessuna ragazza ti verrà dietro_ Hanamichi stava già per saltarle addosso e urlarle in faccia “ Zitta, brutta vecchiaccia, rinsecchita”, ma si trattenne per quieto vivere , mostrando un sorriso forzato, intanto che Hiroshi andava a recuperare il cestino.

_ Mangiamo verdura per il resto della settimana_ mentì congedandosi_ arrivederci al prossimo giovedì, signora!_ e si incamminò verso il Centro Commerciale, col fratellino per mano.

Per Hanamichi e Hiroshi la prima tappa fu la biblioteca e una volta dentro, Hanamichi mise da parte le cautele perché dava per scontato che la biblioteca fosse un luogo privo di pericoli.Si concentrò sul libro che doveva prendere a prestito , per scuola e sui tre che voleva Hiroshi. Questa era un’altra cosa che lo distingueva dal fratellino. Nonostante Hiroshi fosse molto piccolo, amava leggere a differenza di Hanamichi che non apriva un libro se non per studiare ( e a volte neanche per quel motivo). Lui era un ragazzo che agiva, Hiroshi era un bambino che pensava…

Il piccolo insisteva sempre per farsi dare un libro di cui possedeva una copia a casa: così era convinto di avere un libro uguale a quello che gli piaceva, ma al tempo stesso reso diverso da chissà quali meravigliose varianti. Hanamichi diede una controllata alla cassa dei libri vecchi che la biblioteca cancellava periodicamente dagli schedari e vendeva per 20 yen l’uno: a volte trovavano dei veri tesori (come il fumetto delle tigri che Hiroshi amava tanto), ma quel giorno non c’era niente e Hanamichi ebbe un sospiro di sollievo, perché quella non era la settimana di paga né per Aya, né per lui, e dunque era una settimana di povertà per la famiglia. Mentre Hanamichi si faceva timbrare il suo libro al bancone principale, Hiroshi aspettava al banco dei bambini che gli venissero rilasciai i suoi

_ Un bollino per favore!_ gridò, e la bibliotecaria gli appiccicò sul dorso della mano un autoadesivo con l’effige di Topolino.

_ Tutti e due per favore!_ la pregò perché aveva adocchiato sul banco un’altro bollo che raffigurava Paperino.

Nel frattempo alle sue spalle si era formata una piccola coda , e la bibliotecaria pensò di soprassedere _ Te ne metterò due la prossima settimana_ promise

_ Due la prossima volta_ spiegò al fratello, lasciando con riluttanza il suo posto e uscendo dalla biblioteca

_ La prossima volta_ ripeté Hanamichi, pilotandolo ansiosamente dall’altra parte della strada , benché il traffico fosse abbastanza tranquillo.

Di fronte a loro c’era il negozietto più piccolo del mondo , poco più di un grosso armadio, con una minuscola vetrina ad angolo e un ridottissimo banco. A Hiroshi piaceva molto perché lo crede gestito da un bambino per altri bambini, ricco di giocattoli e con cianfrusaglie varie

_ Oh, dai entriamo! Entriamoci_ suggerì Hiroshi, in preda a un incontenibile entusiasmo. E naturalmente entrarono.

APERTO TUTTI I GIOVEDì SERA. VENDENDOSI E ACQUISTANDOSI OGGETTI DI ANTIQUARIATO E CHINCAGLIERIA VARIA diceva un cartello appeso all’interno della vetrina .

Chissà quante cose bizzarre si potevano trovare in questo affascinante negozio: ci si poteva aspettare di tutto probabilmente. E tuttavia , non appena entrò, Hanamichi ebbe l’impulso immediato di scappar via: perché vi aleggiava quell’odore rancido e dolciastro, intriso di menta, che l’aveva assalito la mattina. Un odore di maligno, incapace di occultare la sua malignità.

Eccolo dunque, ecco precipitarsi su di lui quel momento temuto e rimosso, quel momento che aspettava e temeva fin dal mattino. E ora…ora…sentì che si sarebbe di nuovo diviso in mille frammenti, staccato dal mondo, isolato da tutto. Già cominciava a disegnarsi la prima crepa, tra gli occhi, e nessuno se ne sarebbe accorto, se non lui.

_ Vieni via_ gridò ad Hiroshi_ Non c’è nessuno qua dentro_

Ma in quell’attimo, come se la sua voce avesse spezzato un sigillo di silenzio, un uomo sorse all’improvviso da dietro al bancone , dove presumibilmente era chino a riporre delle cose, senza fare il minimo rumore. Sorrideva, mostrando denti troppo grandi perché le sue sottili labbra gommose potessero coprirli. Anzi tutta la faccia pareva per così dire raggrinzirsi intorno a quel sorriso. Sembrava un burattino, un fantoccio ghignante. Era quasi completamente calvo, e quel po’ di capelli superstiti erano tagliati molto corti, e aveva, sulle guance e sul collo, delle macchie scure che parevano quasi , ma non proprio, dei lividi.

_ Oh!_ gridò, nel vedere Hiroshi_ Un bebè!_ esclamò con voce stridula, esalando un lungo respiro e l’aria fu impregnata di menta rancida

_ Ha tre anni_ disse Hanamichi _ Non è un bebè!_

_ Oh, ma per me lo è, lo è!_ disse l’uomo con una raffica di risatine_ Anzi, se proprio vogliamo, siete tutti dei bebè, per me! Sono estremamente vecchio sai, migliaia di anni…non si vede?_ disse e Hanamichi pensò che si vedeva e come

_ Cattivo ragazzo!_ gridò lui, in tono scherzoso rimbrottò_ Non dovresti far capire che sei d’accordo con me… Ma che deliziosa bestiolina di bimbo è il tuo amichetto… è il tuo fratellino? Appare così pieno di vita, non credi anche tu? Un bene così raro, alla mia età…tempus fugit…eccetera….eccetera…

capisci…Ma ha tutta l’aria di avere vita a sufficienza per due! Lo si direbbe capace di vedere colori che il resto di noi non sa più distinguere, o di sentire scherzi che noi non afferriamo più…_

Ad Hanamichi piacevano questi elogi rivolti al fratello, ma, mentre parlava, l’uomo si protese in avanti e il suo orribile odore lo investì come uno schiaffo: un odore che dava un’idea di muffa, di materassi bagnati, di stanze mai aperte, di sudore stantio, di tristi libri con le pagine umide e illeggibili, un odore…si ecco cos’era …l’odore stesso della putrefazione. Doveva essere l’uomo a puzzare così, perché sebbene fossero circondati da tante cianfrusaglie del passato, non c’era nient’altro che potesse emanare quell’odore.

_ Non sembra essere molto entusiasta di me, vero?_ osservò l’uomo ridacchiando_ Non gli piaccio proprio, eh? Neanche un pochettino…Oh, non è giusto, perché io invece penso che lui è una meraviglia!_

Uscì da dietro il bancone, malgrado il suo odore orrendo, vestiva impeccabilmente un’immacolata camicia rosa pallido e un elegantissimo completo color prugna

_ Cose si chiama?_ chiese

_ Hiroshi_ disse Hanamichi, e subito pensò: “Perché cavolo glielo dico? Non devo mica rispondere a tutte le sue domande!”

La mano dell’uomo era protesa verso Hiroshi e sotto il suo lindo polsino s’intravedeva un’altra macchia sbiadita. Sembrava che cominciasse a guastarsi, ed andare a male.

_ Bene stavamo appunto per uscire_ disse Hanamichi _ non abbiamo un soldo_

_ Io mi chiamo Shinichi Wasuza_ continuò l’uomo, come se lui non avesse parlato

_ Dobbiamo proprio andare_ ripeté Hanamichi, domandandosi perché mai fosse così difficile congedarsi da qualcuno che ti parla , anche se non si alcuna voglia di ascoltarlo_ Volevamo solo dare un’occhiata_

_ Ma certo fa pure, accomodati!_ gridò Shinichi Wasuza, con minacciosa generosità _ Intanto io mi occuperò del tuo fratellino…Oh ma cosa vedo? Un bel bollino sulla zampetta destra… che ne dici di un altro sulla sinistra?_

Hiroshi se ne stava appiccicato ad Hanamichi, con inconsueta timidezza, ma lo allettava l’idea del bollino, e già aveva mezzo allungata la mano

_ Su porgimi la zampina come si deve, piccolo mio. Offrimela, o non potrò timbrarla chiaramente_ ordinò Wasuza . Hiroshi protese la mano. Hanamichi si trovò ad allungare la sua per fermarlo, ma con uno scatto agilissimo Shinichi Wasuza già si era avventato su di lui, come una vecchia mantide su di un innocente moscerino. Incredibilmente, aveva in mano un piccolo francobollo, appena afferrato dal bancone, o forse materializzatosi dal nulla, e lo premette sul dorso della mano di Hiroshi con aria trionfante, come se da lungo tempo lavorasse per arrivare a quel momento.

_ Guarda che bel ritrattino!_ ridacchio il signor Wasuza, ma Hiroshi prese a strillare come se si fosse scottato e l’uomo balzò indietro, sempre ridacchiando

_ Oh povero me! Non è proprio il mio giorno, vero? Mi auguro di non sortire quest’effetto su tutti i miei clienti…

Hanamichi prese in braccio il bambino, sbigottito dal suo pianto

_ A tutti i bambini piacciono i bollini, in genere_ disse il signor Wasuza, attraverso il suo sorriso .

Da sopra le spalle di Hiroshi, scosse dai singhiozzi, Hanamichi lo fissò negli occhi, e vi colse qualcosa di estremamente vecchio, un qualcosa di trionfante ma anche implacabile e inappagato. E subito quegli occhi rotondi di uccello, ma torbidi e leggermente infiammati distolsero lo sguardo.

_ Forse sarà meglio salutarci, per il momento, hmmmmmmm?_ continuò l’uomo, indicando la porta : e un attimo dopo, sempre con Hiroshi in braccio, Hanamichi si ritrovò sul marciapiede, stupito della propria arrendevolezza e con la sensazione di avere il cervello incancellabilmente impregnato di quell’odore di menta rancida. Anche gli abiti ne parevano intrisi. Lui e Hiroshi erano stati adescati da quelle piccole cose graziose, e poi in qualche modo storditi, e infine brutalmente ricacciati fuori, dopo essere serviti a chissà quale inimmaginabile scopo.

Hanamichi era ben felice di trovarsi fuori dal negozio, ma al tempo stesso gli dispiaceva di non essere fuggito grazie a un qualche suo colpo di GENIO.

_ Toglilo!_ singhiozzava Hiroshi, raschiandosi la mano_ Toglilo via! No le piace! A questa mano non piace!

Hanamichi si rovistò le tasche e le maniche alla ricerca di fazzoletti nascosti. Cominciò a strofinare il dorso della mano di Hiroshi. Si distinguevano nitidamente i lunghi denti e i tondi occhi da uccello e le sottili labbra gommose. Non solo, ma il bollino non dava segno di volersi staccare, sembrava inserito sotto la pelle, non incollato sopra, e sorrideva, sorrideva sapendo che per toglierlo non sarebbe bastato uno sputo di saliva umana, ne un semplice fazzoletto. Hanamichi non aveva mai visto un bollino così dettagliato. Sembrava una vera faccia, uan faccia in tre dimensioni, che sbirciava da uan finestrella di pelle umana

_ Non mi piace Hana-chan_ piagnucolava Hiroshi, appoggiandosi a lui

_ Glielo faccio togliere a lui, per la miseria_ dichiarò Hanamichi.

Sudava un poco, colto da un improvviso, profondo terrore, ma quando si volse a guardare la porta del negozio, la trovò chiusa Il signor Wasuza ne era sgattagliolato fuori furtivamente, mentre loro non guardavano, e aveva appeso alla maniglia un cartello : TORNO SUBITO

_ Che tipo strambo!_ disse Hanamichi_ ci vuole del sapone, sai Hiroshi? Sapone e acqua calda!_ e Hiroshi parve rincuorarsi.

Proseguirono il cammino raggiungendo il viale che li avrebbe portati al negozio, Hiroshi aveva smesso di piangere, ma non sorrideva come di consueto.Anche Hanamichi era stranamente silenzioso, perché temeva in cuor suo che ci volesse be altro che sapone e acqua calda per cancellare il sorriso di Shinichi Wasuza dalla mano del fratellino.



Fine secondo capitolo


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Akane Tendo86
00lunedì 13 settembre 2004 13:36
Capitolo 3- Un ospite a cena


Dopo che il padre di Hanamichi era morto, Aya si era trovata un impiego come assistente in una libreria, e successivamente le era stata affidata, in veste di “direttrice”, la gestione di una nuova succursale appena aperta nel quartiere di Kanagawa, anche se il privilegio di questo suo più prestigioso titolo non le aveva procurato alcun aumento di stipendio.

“ Facciamo girare un po’ le cose, mai cara, e vediamo come se la cava” le aveva detto il suo principale; ma un anno dopo le cose stavano ancora girando e lui stava ancora vedendo come se la cavava.

_ Non c’è da preoccuparsi!_ dichiarava Aya _ Aspettiamo che abbia finito il mio corso da libraio, e a quel punto dovrà per forza aumentarmi lo stipendio, perbacco, o gliene dirò di tutti i colori!_

Ogni sera, seduta al tavolo del soggiorno, Aya si preparava assiduamente a questo suo esame da libraio, mentre Hanamichi studiava, all’altro lato del tavolo. Aya disponeva di una piccola calcolatrice tascabile, sulla quale elaborava una sua misteriosa contabilità,e talvolta Hanamichi aveva il permesso di usarla, in quanto la matematica per lui era un opinione, ogni numero aveva per lui un recondito segreto che lui non riusciva a conoscere. Ad Hana piacevano immensamente queste serate: era simpatico lavorare con qualcuno vicino, e soprattutto avere un po’ più di tempo a tu per tu con Aya, una volta che Hiroshi era messo a letto. Rimanevano alzati fino a tardi e certe volte Aya appariva stanca e decisamente vecchia: ma rimaneva pur sempre molto bella, nel suo semplicissimo modo, con i luminosi capelli neri e le lunghe labbra increspate in un sorriso così affascinate che Hanamichi rimaneva sempre abbagliato.

In libreria, con i suoi occhialetti tondi (i suoi occhiali da intellettuale li chiamava), Aya riusciva ad apparire elegantissima, anche se indossava abiti tutt’altro che nuovi. In genere coglieva di sorpresa la clientela, perché quasi nessuno si aspettava di trovare in lei un acuta e appassionata lettrice, come se la lettura fosse un’attività in cui potessero impegnarsi solo le persone particolarmente bruttine. Aya adorava parlare di libri e ascoltava volentieri chiunque descrivesse le proprie letture preferite.

Ogni sera Hanamichi le chiedeva notizie sull’incasso della giornata per confrontarlo con quello corrispondente, della settima o mese prima: gli incrementi venivano sempre festeggiati, e quando invece si registrava un calo nelle vendite, Aya si preoccupava e cominciava a chiedersi se fosse il caso di cambiare l’esposizione dei libri in vetrina, o di mettere magari un piccolo annuncio pubblicitario sul giornale locale.

La libreria si trovava tra una vetrina zeppa di borse e valigie per chi voleva viaggiare con eleganza, e una boutique d’abbigliamento per le “taglie più”, con la sua schiera di ampi e discreti vestiti.

Ignorando entrambi i negozi, Hanamichi e Hiroshi irruppero nella libreria, col bambino che già protendeva la mano e indirizzava alla madre ansiosissime strida. C’era solo un cliente, un uomo alto, che compensava il fatto di essere leggermente calvo sul davanti, portando capelli piuttosto larghi sulla nuca, leggeva un libro, ma cupamente, e con tutta l’aria di non volerlo comprare.

_ Guarda mamma!_ disse Hanamichi, tenendo sollevata la manina di Hiroshi, come se fosse un indizio vitale in un enigma poliziesco _ Il negozio vicino ai videogiochi ha di nuovo aperto, e dentro c’è un uomo assolutamente orribile, che ha spaventato Hiroshi!_ si rendeva conto, parlando, di come le sue parole riducessero ad un semplice piagnucolio infantile quella loro esperienza, senza rivelarne la vera natura.

_ Questa mano vuole essere lavata!_ implorava a sua volta Hiroshi _ Non le piace!_

I due fratelli parlavano insieme, e le rispettive parole si intrecciavano tra loro in uno scombinato duetto di spiegazioni e lagnanze

_ Oh santo cielo!_ esclamò Aya con voce nervosa, am tutto sommato materna _ Ma guarda che bravi! Con che cosa salterete fuori al prossima volta? Qua Hiro-chan, fammi un po’ vedere. Eh si, capisco il tuo spavento. Tesoro, adesso non posso farci nulla, ma quando torno a casa prendo la spazzola e ti striglio per benino, eh? O magari lo farà Hana-chan. E vedrai che in un attimo avrai la mano bella pulita e rosa come prima!

Durante il lavoro Aya mostrava sempre un certo nervosismo sul fatto di esibire sentimenti materni, come se di colpo fosse diventato illegale amare apertamente i propri figli. Anche adesso che c’era un unico cliente, che per di più sembrava poco propenso a fare acquisti, Aya sapeva di appartenere anima e corpo al negozio fino alle venti e trenta e non si sentiva libera di staccare un diabolico bollino dalla mano di Hiroshi.

_ D’accordo. Allora noi andiamo_ disse Hanamichi_ E non dimenticarti le F&C, mi raccomando!_

_ Quando mai le ho dimenticate?_ rispose la signora Sakuragi

Le Fish & Chips erano la specialità della pescheria Kimizu, certe volte riuscivano a meraviglia, certe altre erano deludenti, e in questa incertezza stava appunto l’avventura, per così dire. Mentre si avviavano verso casa, Hanamichi, prese il piccolo Hiroshi sulle sue spalle. Al fratellino piaceva tanto poter vedere il mondo dalle grandi spalle di quel gigante rosso, ma quel giorno Hiroshi, si appoggiava sulla sua testa come un cane stanco.

_ Non ho potuto farci nulla_ disse Hanamichi al fratellino, che continuava a scrutare il bollino e a sfregarsi la mano. _ La premonizione l’avevo avuta, ma non ci ho fatto caso. Me ne sono rimasto lì, come uno scemo, lasciando che accadesse. Eppure lo sapevo che doveva succedere, non appena sono arrivato ai cancelli della scuola!_

In generale gli piaceva quel tratto di strada che percorreva con Hiroshi sulle spalle. Certe volte gli pareva che una parte di se entrasse nelle case o si soffermasse sui pali del telefono che si snodavano lungo il percorso, come se fosse una goccia di vernice gettata su una carta umida e continuasse al allargarsi e a tingere il mondo con lievi tracce del proprio colore, ricevendo a sua volta calore dal mondo.

Cercava di immedesimarsi nelle cose che via via scorrevano davanti al suo sguardo, come per provare quello che si sentiva ad avere quelle forme, quelle dimensioni, quei colori. Ritto su una gamba sola, ogni pali del telefono raccoglieva i fili e li agganciava alle sue rachitiche braccia, ed Hanamichi pareva diventare anche lui un palo del telefono, oppure un tetto che saliva su su fino alla linea di spiovente, tutto solo e raccolto su se stesso.

_ Non strofinarti o si infiammerà!_ disse a Hiroshi _ Ci penseranno acqua e sapone a toglierlo vedrai!_ Ma lui continuò a grattarsi il dorso della mano come se volesse strappar via la carne dalle ossa.

_ Fai finta che sia una puntura di zanzara, e lasciala in pace_

Lo spaventoso bollino sembrava sprofondargli nella mano: era ancora visibile, ma si inabissava irrevocabilmente, come una moneta gettata nell’acqua fonda che riflette la luce prima di svanire per sempre

_ Sono stanco di stare quassù, portami in braccio_ disse il piccolo Hiroshi

Hanamichi sorpreso da queste parole non obiettò e fece quello che aveva detto il fratellino. In braccio ad Hana-chan, il piccolo Hiroshi appoggiò la testa sul collo, sospirando, e lui si sentì strisciare nelle vene un improvviso fremito caldo, come una vampata d’orrore: gli era parso di avvertire un lieve soffio di menta rancida, quasi che attraverso Hiroshi, chissà come, esalasse il respiro di Shinichi Wasuza

_ Ecco Brown_ disse, indicandolo con un senso di sollievo, più per distrarre se stesso che non Hiroshi. Brown era un malinconico cagnone color ruggine, una loro vecchia conoscenza, che gironzolava a fiutare le cunette lungo il marciapiede, accigliato e deluso del loro contenuto estivo: involucri di gelati, lattine di bibite… Hiroshi lo guardò un attimo e poi volte la testa

_ Non era simpatico_ disse_ Quell’uomo non era simpatico, vero Hana-chan?_

_ Non pensarci_ disse Hanamichi, ma neppure lui poteva smettere di pensare a Shinichi Wasuza

Quando arrivarono a casa, erano ragionevolmente sereni. Hanamichi si occupò di preparare una cenetta per il fratellino, a base di uova strapazzate; poi, generosamente gli divise l’arancia in spicchi e tagliò le fette di pane in 4 piccoli triangoli, come i tramezzini che vendevano alla sala da tè, a tre negozi dalla libreria di Aya.

Dopo cena Hiroshi andò docilmente a letto, con enorme sorpresa di Sakuragi, perché il più delle volte era una fatica convincerlo. Di solito insisteva per rimanere alzato fino al ritorno della madre, dedicandosi alle più energiche attività, come correre in giro per la casa, giocare con la palla da basket di Hanamichi o nascondersi sotto il letto e farsi trascinare fuori per una gamba, col pigiama tutto sgualcito e grigio di quel tipo di polvere che ad ogni buon letto piace nascondere sotto di se. In casa loro, poi, lo spazio sotto il letto ne accumulava in particolari quantità, e tendeva ad ingoiare golosamente tazze piattini e libri. Ma quella sera Hiroshi s’infilò quietamente tra le lenzuola, ascoltando in silenzio il fratellone che gli descriveva le sue prodezze sportive, esagerando anche un po’; lo guardava fiducioso, con la mano sinistra nascosta sotto il cuscino.

Naturalmente Hanamichi aveva cercato di lavarla, ma bollino faceva parte di lui, adesso, più di un tatuaggio: una sorta di parassita che si scavava un cunicolo sempre più profondo, nutrendosi via via della sua carne

“Ugh! Che pensieri” si disse Sakuragi “Cresci, ragazzo mio! Quand’è che diventi maturo?”

Alle venti e trenta udì dei passi lungo il vialetto d’ingresso.

“Ha fatto alla svelta” pensò con sollievo e non senza sorpresa, perché in genere Aya evitava di chiudere il negozio prima del normale orario, neppure se la strada era deserta, caso mai dovesse capitare di lì il proprietario della libreria e trovarla già via. Infatti non era Aya. Era Yoei, leggermente infastidito per aver dovuto interrompere un “interessante” telefonata con la sua ragazza Haruko. La signora Sakuragi aveva infatti telefonato sul cellulare della madre di Yoei, per avvertire che sarebbe tornata un po’ più tardi. Riferito il messaggio, l’amico invitò Hanamichi ad andare a fare un po’ di baldoria in giro con l’armata Sakuragi, ma Hanamichi gli fece notare che se Hiroshi si fosse svegliato e non avesse trovato nessuno, sicuramente si sarebbe spaventato. Il ritardo di Aya lo preoccupava,e un pochino l’offendeva anche. “Chissà” pensò “ Forse la macchina avrà fatto di nuovo capricci”.

Quella sera Aya arrivò con tre quarti d’ora di ritardo, e non venne sola: l’accompagnatore era l’uomo dai capelli lunghi, quell’unico cliente che si trovava in libreria, a leggere e non a comprare.

_ Abbiamo un ospite!_ annunciò, anche se non era affatto necessario dirlo. Hanamichi la guardò con tanto d’occhi, perché aveva un aria vagamente sbarazzina, e ben più vivace e allegra di quanto apparisse normalmente il giovedì sera. Invece di sbattere via le scarpe con un calcio e lasciarsi crollare su una sedia, i gomiti puntellati sul tavolo, svolse la vaschetta di F&C dal suo involucro di carta di giornale col gesto pomposo di un cameriere che scopre la specialità della casa.

_ Roba di alta classe, eh?_ gridò_ Hana-chan, penso che stasera saranno una delizia!_

L’uomo si chiamava Hisashi Yamamoto

_ Sicché tua madre ed io ci siamo messi a parlare di libri, e contando su un tema così promettente l’ho portata fuori a prendere un aperitivo; ma siccome non potevo convincerla a cenare con me, mi sono astutamente convinto a cenare con lei. Ho dichiarato una passione sviscerata per le Fish & Chips, e devo riconoscere che queste sono ottime_

_ Ma non sono sempre così_ disse Aya _ Questa è una sera fortunata_

_ Fortunata per me in ogni caso_ disse Hisashi Yamamoto _ Spero che non ti disturbi avere un ospite a cena Hanamichi_

_ Ma no!_ dichiarò il rossino,e invece lo disturbava, eccome. Da quando suo padre era morto, Aya non era uscita con nessun uomo, e pareva appagata di passare il suo tempo libero con Hiroshi e Hanamichi; anche per questo, l’anno appena trascorso anche se molto triste da un lato, era stato dall’altro molto felice per il rossino.

I pomeriggi più belli erano quelli durante i quali Aya andava alle partite di suo figlio e subito dopo li portava in un fast food per festeggiare i miglioramenti di Hanamichi.

E il pensiero che uan serata F&C (particolarmente riuscite, per giunta) andasse condivisa con un estraneo che faceva del suo meglio per essergli simpatico perché interessato ad Aya, gli riempiva il cuore di ansiosa scontentezza

_ Come sta Hiroshi?_ domandò improvvisamente Aya_ Sapevo che c’era qualcosa che avevo scordato di chiedere_

_ Adesso dorme. Ma ha qualcosa che non va, mamma. Non credo che stia bene_

_ Noi non ci ammaliamo!_ dichiarò fermamente Aya _ Nessuno di noi può permettersi il lusso di non essere sano come un pesce. E Hiroshi è robusto!_

Gli getto un’occhiata che sapeva vagamente di sfida, am al tempo stesso pareva chiedergli un favore, anche se di quale favore si trattasse Hanamichi non aveva la più pallida idea.

Sedette in silenzio, ascoltando sua madre e Hisashi che giocavano a trovare quali libri, fra tutti i libri del mondo avessero entrambi letto e apprezzato. Concordavano su molti titoli ( un segno minaccioso) e quando non erano d’accordo ne discutevano come due vecchi amici, criticando i rispettivi gusti letterari con la più disinvolta familiarità. Ad un certo punto Hanamichi si alzò e annunciò che andava a letto

_ Dammi un bacio _ ordinò Aya

_ Potrebbe dare un rischioso esempio_ disse Hanamichi, riducendo ad uan battuta quello che era stato un pensiero serio

_ Questa è un impertinenza bella e buona!_ commentò Aya, ma tuttavia non sembrava particolarmente risentita

_ E perspicace, fra l’altro_ convenne Yamamoto

_ Te en darò due domani_ disse Hanamichi, cercando di essere amichevole ma riservato. Sentiva che sorridevano di lui, entrambi felicemente ripiegati in un mondo adulto dove non poteva seguirli, anche se stava diventando quel tipo di ragazzo che poteva piacere alle ragazzine, sia pure da lontano, anche se non erano le ragazzine che gli interessavano, ma i ragazzi. Così, con un sorriso educato, in cui si sforzò di mettere al massimo della sincerità, Hanamichi lasciò il soggiorno, ben sapendo che dopotutto non avevano bisogno di lui.

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