Il discorso di Benedetto XVI al patriarca di Antiochia dei Siri

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Cattolico_Romano
00sabato 20 giugno 2009 16:54
Il discorso di Benedetto XVI al patriarca di Antiochia dei Siri

Pace per i cristiani iracheni e per tutto il Medio Oriente


Il Papa prega "costantemente per la pace in Medio Oriente, in particolare per i cristiani che vivono nell'amata nazione irachena":  lo ha assicurato durante l'udienza di venerdì mattina, 19 giugno, al patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssef III Younan.




Beatitudine,
la visita che compie a Roma per venerare le tombe degli Apostoli e incontrare il Successore di Pietro è per me motivo di grande gioia. Oggi rinnovo con affetto sincero e fraterno il saluto e il bacio di pace in Cristo che all'inizio dell'anno ho scambiato con lei, all'indomani della sua elezione a Patriarca di Antiochia dei Siri. La ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome della sua Chiesa Patriarcale. Desidero altresì esprimere la mia riconoscenza alle loro Beatitudini il Cardinale Ignace Moussa Daoud, Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, e Ignace Pierre Abdel Ahad, Patriarchi emeriti della sua Chiesa, e anche a tutti i membri del Sinodo episcopale. I miei ringraziamenti divengono preghiera, in particolare per lei, Beatitudine, nuovo Patriarca, mentre accompagno con solidarietà fraterna i primi passi del suo servizio ecclesiale.

Beatitudine, la Provvidenza divina ci ha costituiti ministri di Cristo e Pastori del suo unico gregge. Manteniamo dunque lo sguardo del cuore fisso su di Lui, sommo Pastore e Vescovo delle nostre anime, sicuri che, dopo avere messo sulle nostre spalle il munus episcopale, non ci abbandonerà mai. È Cristo stesso, nostro Signore, che ha stabilito l'Apostolo Pietro come la "roccia" sulla quale poggia l'edificio spirituale della Chiesa, chiedendo ai suoi discepoli di procedere in piena unità con lui, sotto la sua guida sicura e sotto quella dei suoi Successori. Nel corso della vostra storia più che millenaria, la comunione con il Vescovo di Roma è sempre andata di pari passo con la fedeltà alla tradizione spirituale dell'Oriente cristiano, e tutte e due formano gli aspetti complementari di quell'unico patrimonio di fede che la sua venerabile Chiesa professa. Insieme, professiamo questa stessa fede cattolica, unendo la nostra voce a quella degli Apostoli, dei martiri e dei santi che ci hanno preceduti, elevando a Dio Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, l'inno di lode e di azione di rendimento di grazie per l'immensa ricchezza di questo dono che è affidato alle nostre fragili mani.



Cari Fratelli della Chiesa siro-cattolica, ho pensato in particolare a voi durante la solenne Celebrazione eucaristica della festa del Corpus Domini. Nell'omelia, che ho pronunciato sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano, ho citato il grande Dottore sant'Efrem il Siro, che afferma:  "Durante la cena Gesù immolò se stesso:  sulla croce Egli fu immolato dagli altri". Questa interessante annotazione mi permette di sottolineare l'origine eucaristica della ecclesiastica communio che le ho concesso, Beatitudine, al momento dell'elezione sinodale. In modo molto opportuno, lei ha voluto mostrare, con un segno pubblico, questo vincolo molto stretto che la unisce al Vescovo di Roma e alla Chiesa universale, nel corso dell'Eucaristia che ha celebrato ieri, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, alla quale ha partecipato il mio rappresentante con mandato speciale, il Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il signor Cardinale Leonardo Sandri. In effetti, è l'Eucaristia che fonda le nostre diverse tradizioni nell'unità dell'unico Spirito, facendo di esse una ricchezza per l'intero popolo di Dio.

Che la celebrazione dell'Eucaristia, fonte e culmine della vita ecclesiale, vi mantenga ancorati all'antica tradizione siriaca, che rivendica di possedere la lingua stessa del Signore Gesù e, allo stesso tempo, schiuda dinanzi a voi l'orizzonte dell'universalità ecclesiale! Che vi renda sempre attenti a quello che lo Spirito suggerisce alle Chiese; che apra gli occhi del vostro cuore affinché possiate scrutare i segni dei tempi alla luce del Vangelo e sappiate accogliere le attese e le speranze dell'umanità, rispondendo generosamente ai bisogni di quanti vivono in gravi condizioni di povertà. L'Eucaristia è il Pane della Vita che nutre le vostre comunità e le fa crescere tutte nell'unità e nella carità. Sappiate dunque attingere dall'Eucaristia, Sacramento dell'unità e della comunione, la forza per superare le difficoltà che la vostra Chiesa ha conosciuto in questi ultimi anni, al fine di ritrovare il cammino del perdono, della riconciliazione e della comunione.

Cari Fratelli, ancora grazie per la vostra visita che mi permette di esprimervi la mia profonda sollecitudine nei confronti delle vostre problematiche ecclesiali. Seguo con soddisfazione la piena ripresa del funzionamento del vostro Sinodo e incoraggio gli sforzi volti a favorire l'unità, la comprensione e il perdono, che dovrete sempre considerare come doveri prioritari per l'edificazione della Chiesa di Dio. Inoltre, prego costantemente per la pace in Medio Oriente, in particolare per i cristiani che vivono nell'amata nazione irachena, dei quali presento ogni giorno al Signore le sofferenze nel corso del Sacrificio eucaristico.

Desidero infine condividere con voi un'altra delle mie preoccupazioni principali:  quella della vita spirituale dei sacerdoti. Proprio oggi, nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù, giornata di santificazione sacerdotale, avrò l'immensa gioia di aprire l'Anno Sacerdotale, in ricordo del 150º anniversario della morte del santo Curato d'Ars. Credo che questo anno giubilare speciale, che inizia quando termina l'Anno Paolino, sarà un'opportunità feconda, offerta a tutta la Chiesa. Sul Calvario, Maria era con l'Apostolo Giovanni ai piedi della Croce. Oggi, anche noi ci rechiamo spiritualmente ai piedi della Croce, con tutti i vostri sacerdoti, per volgere il nostro sguardo verso Colui che è stato trafitto e dal quale riceviamo la pienezza di ogni grazia. Che Maria, Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa, vegli su di lei, Beatitudine, sul Sinodo e su tutta la Chiesa siro-cattolica! Quanto a me, l'assicuro di accompagnarla con la mia preghiera e le imparto la Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i fedeli della sua venerabile Chiesa, che si trovano nelle diverse nazioni del mondo.


(©L'Osservatore Romano - 20 giugno 2009)
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00sabato 20 giugno 2009 16:55
Il saluto rivolto al Papa dal patriarca Ignace Youssef III Younan

Giustizia e rispetto dei diritti di tutti gli uomini


"Siamo venuti a Roma per salutarla quale Successore di Pietro e vivere un momento molto significativo della tradizione della Chiesa universale, quello di scambiare la comunione ecclesiale fra le nostre due Sedi Apostoliche, quella di Roma che "presiede nella carità" (sant'Ignazio d'Antiochia) e quella di Antiochia dove i discepoli di Cristo furono chiamati per la prima volta "cristiani"". Con queste parole il patriarca Ignace Youssef III Younan si è rivolto a Benedetto XVI, in occasione dell'incontro svoltosi nel Palazzo apostolico venerdì mattina, 19 giugno.

"Ieri - ha ricordato - nel giorno dedicato alla memoria di sant'Efrem il Siro, patrono della nostra Chiesa, soprannominato l'"arpa dello Spirito Santo", abbiamo vissuto, con gioia e profonda gratitudine, l'espressione sacramentale di questa comunione, concelebrando la Divina Liturgia secondo il rito siriaco di Antiochia, con il suo rappresentante, il Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali".

Il patriarca ha poi fatto riferimento al primo sinodo ordinario svoltosi dopo la propria elezione alla sede patriarcale di Antiochia. "In questo sinodo - ha detto - grazie alle sue preghiere e alle sue direttive paterne, ci siamo impegnati a vivere la collegialità episcopale in uno spirito di comunione fraterna, assumendo la nostra responsabilità di pastori verso la nostra amata Chiesa".

Poi un pensiero al recente pellegrinaggio del Pontefice in Terra Santa, durante il quale - ha spiegato il patriarca - Benedetto XVI "ha trasmesso un messaggio di pace, di tolleranza e di riconciliazione a tutte le comunità di questa regione, straziate e divise da conflitti ingiusti e senza fine. Santità - ha aggiunto - lei conosce bene la natura e le cause delle nostre inquietudini, come quelle delle altre comunità cristiane del Medio Oriente. La nostra vocazione è di essere i testimoni di Dio, buono e misericordioso verso tutti gli uomini, vivendo al contempo il suo messaggio di amore. Per questo, siamo venuti a trarre coraggio da lei, Santità, per poter restare fedeli alla nostra missione plurisecolare".

Ecco allora l'assicurazione che la Chiesa di Antiochia dei Siri continuerà a pregare affinché il Pontefice "possa convincere i potenti di questa terra a ricercare la pace basata sulla giustizia e sul rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, in tutti i Paesi del mondo, e in modo particolare in alcuni Paesi del nostro Medio Oriente, come l'Iraq, il Libano e la Palestina".

Sua Beatitudine ha poi rievocato le parole di Benedetto XVI "che esprimono con inequivocabile chiarezza e molto affetto, la sua sollecitudine paterna per le comunità cristiane e le Chiese orientali di origine apostolica", pronunciate nella cattedrale melkita di San Giorgio ad Amman, in Giordania, con un'insistenza convincente:  "L'antico tesoro vivente delle tradizioni delle Chiese Orientali arricchisce la Chiesa universale e non deve mai essere inteso semplicemente come oggetto da custodire passivamente".

Quindi ha ringraziato il Papa che "non smette di incoraggiarci a continuare a rendere testimonianza della nostra fede, nella fedeltà alle nostre tradizioni secolari risalenti alle prime comunità della Chiesa, vivendo al contempo l'annuncio della Buona Novella nel nostro ambito".

Successivamente il patriarca siro ha sottolineato la coincidenza dell'incontro con il Papa nel giorno di inizio dell'anno sacerdotale, e infine ha giurato "fedeltà e attaccamento incrollabile alla Sede di Pietro".


(©L'Osservatore Romano - 20 giugno 2009)
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00sabato 20 giugno 2009 16:57
Il cardinale Sandri delegato del Pontefice alla celebrazione per la comunione ecclesiastica con il patriarca di
Antiochia dei Siri

Fatica e grazia della sinodalità delle Chiese orientali


Nel corso della divina liturgia in rito siro-antiocheno celebrata giovedì 18 giugno, nella basilica liberiana, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha pronunciato l'omelia che pubblichiamo di seguito.

Beatitudine,
la accolgo con grande gioia a nome del sommo Pontefice Benedetto XVI, vescovo di Roma e pastore della Chiesa cattolica. Benvenuto a Roma, venerato patriarca, ripeto anch'io, dopo il saluto che il Santo Padre, nell'udienza generale di ieri, ha rivolto con affetto paterno a lei e alla delegazione che la accompagna. Il mio ossequio cordiale va a sua beatitudine eminentissima il cardinale Daoud, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, qui presente, e a sua beatitudine Abdel Ahad, a noi spiritualmente unito, patriarchi emeriti della vostra Chiesa. Ed esprimo la più fervida gratitudine a sua eminenza reverendissima il cardinale Law, arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore, che ci ospita sempre benevolmente.

Questo tempio è il porto sicuro romano tanto amato dagli orientali in comunione  con  il  Papa:   qui  si  sentono sotto lo sguardo della Madre di Dio e la contemplano avvolta nella gloria della Santissima Trinità, intercedente grazia su grazia dal Cuore di Cristo.
Domenica scorsa abbiamo partecipato in questa basilica alla chirotonia episcopale del nuovo arcivescovo segretario della nostra Congregazione, monsignor Cyril Vasil'. Ho allora anticipato la preghiera per vostra beatitudine e per la Chiesa siro-cattolica, che ora rinnovo di gran cuore.

Beatitudine,
ho oggi l'alto onore di rappresentare il sommo Pontefice nello scambio delle sacre specie eucaristiche. Sono colmo di gratitudine verso il Santo Padre per questo incarico accompagnato dalla sua augusta lettera.

Il successore di Pietro le rinnova, per il mio tramite, la garanzia della comunione con Cristo Pastore e col suo gregge santo. Altamente significativo è lo scambio vicendevole del corpo sacratissimo del Signore e del suo preziosissimo sangue tra il rappresentante del vescovo di Roma e il patriarca di Antiochia.

Tutto il mistero cristiano, infatti, ha il  suo  principio  e  il  suo  fluire  perenne nel donarsi di Cristo. Il nostro essere Chiesa è sempre un ricevere Cristo e un lasciare che il suo Spirito faccia di noi un dono per Dio e per i fratelli. La Chiesa nasce e cresce dal mistero eucaristico, memoriale della Pasqua. Non si edifica da sé, bensì dal donarsi di Cristo. Scaturisce dal fianco del suo Sposo crocifisso e risorto. È come generata dal suo Cuore trafitto. La Chiesa, dunque, riceve se stessa dal suo Signore, il quale la impegna a donarsi perché possa rimanere se stessa, ossia il corpo di Cristo. Da questo donarsi di Cristo sgorga perennemente la comunione interecclesiale. E poiché il Signore ha detto a Pietro e ai suoi successori:  su di te edificherò la mia Chiesa, quanti ricevono la comunione dal successore di Pietro hanno certezza del venire di Cristo capo e pastore nella loro vita e nella loro comunità; hanno certezza di essere radicati nell'unità e di anticipare nella fraternità il compimento della comunione universale con Dio.

Rendiamo grazie a Dio per tutti i suoi benefici e oggi, particolarmente, per il carisma petrino che continua nel Pontefice romano, come per i doni che riceviamo dalla persona stessa di sua santità Benedetto XVI.
Rendiamo grazie per quanto il Signore ci offre attraverso il servizio patriarcale di vostra beatitudine e per il generoso impegno pastorale dei suoi fratelli vescovi.

Rendiamo grazie a Dio per la presenza in seno alla Chiesa cattolica della Chiesa sira, portatrice di una feconda tradizione spirituale, che risale agli apostoli ed è stata illustrata mirabilmente da santi quali Ignazio, vescovo di Antiochia, ed Efrem, diacono e dottore, arpa dello Spirito Santo. Rimanete fedeli, venerati pastori e cari fratelli e sorelle, al patrimonio antiocheno e alla radicazione romana che i vostri padri hanno onorato non raramente fino al martirio.

Ci aiutino la Vergine Maria e i santi tutti di Dio a compiere il rendimento di grazie col cuore e a confermarlo con la vita.

Beatitudine,
la sua elezione è avvenuta a Roma ed ella ha già scambiato col Santo Padre l'abbraccio di pace in Cristo. Ma come nuovo patriarca ha voluto compiere la prima visita ufficiale col sinodo e con una folta rappresentanza di fedeli per rinnovare i profondi legami di fede e di carità che vi uniscono alla Chiesa fondata dagli apostoli Pietro e Paolo.

Ne sono molto lieto e col pensiero torno volentieri alla santa Eucaristia che ha preceduto il sinodo elettivo nel gennaio scorso. Insieme, avevamo implorato l'unità dei cuori e delle volontà per esercitare la grave responsabilità di scegliere il padre e capo della Chiesa siro-cattolica.
L'elezione del patriarca è atto molto impegnativo, perché deve essere motivato soltanto dalla legge suprema, che è la salute delle anime.

Ci aveva guidati in quella circostanza la parola pronunciata da Maria alle nozze di Cana, allorché, indicando il Cristo suo Figlio, disse:  "Fate quello che lui vi dirà".

La Santa Madre ripete oggi lo stesso invito. Cristo nel Vangelo si presenta come il buon Pastore. Con la fede di Maria vogliamo seguire la parola del Maestro e riconoscerlo come nostra guida. Egli dà la vita e dice ad ogni pastore di fare altrettanto:  l'amore con cui ama Cristo è quello del Padre. Egli non nasconde sbagli e debolezze dei suoi figli. Indica chiaramente l'errore, ma sempre cerca di rialzare chi sbaglia e di avvicinarlo alla misericordia divina. Cristo, medico celeste, ci ha portato la medicina della misericordia:  da essa ogni buon ministro di Cristo trae la capacità di correggere fratelli e figli senza mai scoraggiare e piuttosto aprendo sempre alla fiducia e alla speranza.

Anche lei, come padre e capo, a questo amore misericordioso saprà senz'altro attingere pazienza, bontà e sapienza da offrire al suo popolo, il quale imparerà dal proprio patriarca la fedeltà al Pastore sommo ed eterno e alla Chiesa, l'amore a Dio inscindibile dall'amore del prossimo, l'annuncio del regno di Cristo per rendere migliore la storia, volgendo però lo sguardo ai beni invisibili. Il patriarca, che contempla il buon Pastore, sa indicare i pascoli eterni, che giustificano le croci e le sofferenze, le rinunce e i sacrifici della vita dei pastori e dei fedeli. Fatica e grazia sarà anche la sinodalità propria delle Chiese orientali, che ella è chiamato a seguire come via ordinaria nelle relazioni ecclesiali, favorendo la partecipazione dei vescovi secondo i sacri canoni, dei presbiteri, dei religiosi e delle religiose, e dei laici, particolarmente delle famiglie, perché tutto concorra all'edificazione della comunità e di quella pace per la quale soffrono tanti siro-cattolici, soprattutto in Medio Oriente. Il Papa aprirà domani l'Anno sacerdotale:  auguro ai presbiteri siro-cattolici di essere, con l'aiuto del loro patriarca, autentici servitori di Dio e dei fratelli secondo il Cuore di Cristo.

Perciò le auguriamo, beatitudine, di imitare sempre il Pastore buono. San Pietro, che fu vescovo di Antiochia, e san Paolo, di cui si compie il giubileo per i duemila anni della nascita, sostengano l'augurio con la loro preghiera. Nella lettera ai romani, l'apostolo assicura che "l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito". Il patriarca, col dono dello Spirito di Cristo Pastore, potrà essere uomo spirituale e ricondurre tutto nel suo servizio alla misura della fede e della speranza, tutto attendendo dalla carità che non avrà mai fine.


(©L'Osservatore Romano - 20 giugno 2009)
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