Il contributo dei Pontefici alla nascita dell'egittologia scientifica nella prima metà dell'Ottocento

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S_Daniele
00lunedì 19 ottobre 2009 18:33



Il contributo dei Pontefici alla nascita dell'egittologia scientifica nella prima metà dell'Ottocento

Faraoni alla corte dei Papi


Pubblichiamo una sintesi della lezione tenuta dalla curatrice del Reparto per le antichità egizie e del Vicino Oriente dei Musei Vaticani nell'ambito dell'iniziative delle aperture notturne dei musei.

di Alessia Amenta

La corte dei Papi si lega indissolubilmente alla nascita dell'egittologia scientifica, che si data ufficialmente al 1822, anno in cui si celebra la decifrazione della scrittura geroglifica grazie al francese Jean-Francois Champollion. Da allora l'antica civiltà del Nilo da muta cominciò a parlare.

Roma, fin dall'antichità, ha parlato anch'essa egiziano attraverso gli imponenti obelischi (la città conta ben tredici obelischi, più di quanti ce ne siano ancora sul suolo egiziano!) e monumenti diversi, sia di fattura egizia sia di imitazione. E alla corte dei Papi, già dal Cinquecento, erano cominciate a confluire opere egizie, tra le quali la maestosa e celeberrima statua del Nilo.

Champollion, letteralmente a caccia di conferme per le sue teorie, si fermò inevitabilmente anche a Roma, nel 1825 e 1826. Papa Leone XII lo ricevette con tutti gli onori in udienza privata. L'insigne studioso ebbe modo di consultare anche l'importante collezione di papiri della Biblioteca Apostolica Vaticana, il cui primo nucleo risaliva al 1818.

Qualche anno più tardi, nel 1833, arrivò a Roma anche il pisano Ippolito Rosellini, il fondatore dell'egittologia italiana, amico e seguace delle teorie dello Champollion. Fu proprio questi a segnalare la figura di un insigne studioso - che era stato anche suo stesso allievo - padre Luigi Ungarelli, come curatore del nascente museo egizio in Vaticano.

Il 2 aprile 1838 Papa Gregorio XVI ordina dunque al Camerlengato "di non comprare più oggetti né etruschi, né greci, né romani; ma solamente egizi". Il Papa dispone inoltre che confluiscano in Vaticano tutte le antichità egizie e di imitazione presenti nello Stato. Qualche tempo dopo - il 27 luglio 1838 - il Camerlengo stende la "Relazione alla Santità di N.S. Gregorio Papa XVI sulla compera di oggetti egizi a fornimento del nuovo Museo", che può considerarsi il vero atto costitutivo del Museo Gregoriano Egizio.

A Gregorio XVI si devono di fatto tre musei:  l'Etrusco nel 1837, l'Egizio nel 1839 e il Profano Lateranense, inaugurato nel 1844. Salito al soglio pontificio nel 1831 - in un periodo di grande fermento archeologico, non solo in Grecia, ma anche in Asia Minore, Siria, Palestina, Persia, Egitto, Magna Grecia e in Italia. Benedettino - era entrato tra i camaldolesi di Murano e si era chiuso in religioso studio, acquisendo una solida preparazione. Fu uno studioso al passo coi tempi, uomo di ampia cultura e grande intuito. Il Museo Gregoriano Egizio venne allestito in dieci sale ricavate dall'ex appartamento di ritiro di Pio iv al Belvedere, dove già erano esposti - in quello che era chiamato il Museo Attico - i monumenti egizi raccolti da Pio VII e Leone XII insieme alle altre antichità romane.

La collezione vaticana nasce proprio negli stessi anni di "egittomania" e fermento che vedono la formazione delle due altre grandi raccolte di antichità egizie in Italia, quella del Museo Egizio di Torino e quella del Museo Egizio di Firenze, entrambe datate al 1824. Non è un caso dunque che un'importante stele lignea, datata alla XXII dinastia (945-712 prima dell'era cristiana), in questo periodo di intensi trasporti di antichità dalla Valle del Nilo verso l'Italia (e l'Europa), sia andata divisa tra la collezione vaticana e quella torinese. Uno dei tanti episodi di "membra disperse" che caratterizzano le collezioni egizie di tutto il mondo. La stele venne ricomposta soltanto  nel 1929,  poco  dopo la firma dei Patti Lateranensi, e per questo è stata chiamata "la stele della conciliazione". A Torino fu inviata in cambio una base di naoforo dall'Iseo Campense.

Il grande interesse e la particolare attenzione che lo Stato Pontificio ebbe nei confronti della civiltà egizia antica fece sì che il Museo Gregoriano Egizio avesse l'onore di ricevere in dono un calco della famosa "Stele di Rosetta" dal British Museum. Il calco fu imbarcato sulla nave Italia diretta a Livorno, dove arrivò nel settembre 1844. Fatto alquanto curioso che si lega a questi avvenimenti è che, pur se arrivata nel 1844, già soli tre anni dopo se ne persero le tracce, come dimostrerebbe la proposta, da parte dell'archeologo Melchiade Fossati a Pio IX - che accetta - di acquistare un calco della stele. È verosimilmente quest'ultima dunque quella che Orazio Marucchi, allora direttore del Museo Gregoriano Egizio, descrive nel catalogo del museo come esposta nella sala III.


(©L'Osservatore Romano - 19-20 ottobre 2009)
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