Il battesimo nello Spirito Santo

pedrodiaz
00sabato 13 dicembre 2008 20:21
di R. Bracco

Ed io pregherò..."

di Roberto Bracco



«
Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti. E io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Consolatore... » (Giov. 14 :15-16).


Nello studio della dottrina dello Spirito e specialmente quando vogliamo approfondire il soggetto «battesimo con lo Spirito Santo» non dobbiamo trascurare un passo scritturale come questo; le parole di Gesù chiariscono l’argomento e stabiliscono un fondamento sul quale la dottrina stessa deve saldamente poggiare.

Il battesimo con lo Spirito Santo è uno degli aspetti sublimi della comunione con Cristo; la «comunione» come è stato ripetuto spesso, corrisponde all’avere «cose in comune». Gesù illustra questo concetto anche con le solenni parole dell’Apocalisse:

« ...Io cenerò con lui, ed egli cenerà con me...» (Apocalisse 3 :20).

Gesù vuole quello che noi possiamo dare, ma è anche pronto a darci quello che soltanto Lui possiede e ci può dare. La comunione non deve mai essere concepita come « scambio di valori uguali »; quello che noi possiamo dare rappresenta semplicemente l’offerta di una «disponibilità» ad accettare i beni preziosi che sono e rimangono favori immeritati.

E’ necessario avere un concetto illuminato di questa verità per non cadere in quella religiosità orgogliosa ed ipocrita che si concentra intorno all’io e di conseguenza distrae da Dio. I nostri meriti, la nostra giustizia sono semplicemente atti dovuti, non possono servire per «comprare» le benedizioni divine, anzi quando noi operiamo con questo pensiero «profano» essi diventano «panni sporchi» agli occhi di Dio.

Quindi Gesù aspetta il nostro amore, ma il nostro amore è, lo ripetiamo, semplicemente il rispetto di una condizione che è necessaria per ottenere quello che Egli ci vuol dare. Il Maestro però nel parlarci dell’amore non trascura di caratterizzarlo; Egli sa bene che questa parola è troppo usata ed abusata per essere lasciata senza una precisazione, altrove dirà : «Chi ha i miei comandamenti e li osserva esso è quel che mi ama...» Qui precisa: «Se voi mi amate osserverete i miei comandamenti».

«Se…»; un condizionale che ritorna frequentemente nella Scrittura e che vuol sempre segnare una linea di confine fra coloro che «vivono» e coloro che «dicono di vivere» nell’ambito delle esperienze spirituali; un condizionale che ci obbliga a compiere la più onesta, la più umile e severa verifica della nostra vita.

Se mi amate «osserverete»; le parole da sole non bastano, possono essere poetiche, alate o possono essere, come diceva Paolo le lingue, tutte le lingue degli uomini e degli angeli, ma senza amore sono soltanto il suono di un cembalo o di un rame, un «rumore che si perde a valle».

Non basta la conoscenza e il: «...se sapete queste cose siete beati se le fate» ritorna a proposito per confermare questa severa verità.

I teorici del cristianesimo che in questi giorni sono in continua crescita numerica sono posti a disagio da queste parole, ma in fondo devono convenire che sono espresse anche per la loro salute perché se non vogliono vedere crollare l’edificio costruito, quando questo sarà investito dalla pioggia, dal vento, dal torrente devono preoccuparsi non soltanto di « sapere », ma anche ed anzi prima di tutto «fare»quello che è stato ordinato dal Maestro.

« I miei comandamenti ». Gesù pone i discepoli di fronte alla perfezione cristiana; la legge è stata assorbita dalla rivelazione del Figlio venuto per completarla: « ...avete udito che fu detto dagli antichi.., ma io vi dico... »(Matteo 5:21-48).

« I miei comandamenti » sono espressi da quei diversi « Io vi dico », come erano stati espressi dalle beatitudini e come in seguito saranno da tutte le lezioni del Maestro. Essi hanno una precisa finalità quella di condurre verso la perfezione che è in Dio (Matteo 5:48). I comandamenti di Cristo riguardano la vita in tutti i suoi aspetti e nell’osservanza di essi c’è la perfetta realizzazione della santità, dell’amore, dell’umiltà della mansuetudine. Rappresentano disciplina del pensiero, del sentimento, dei sensi e di tutti, tutti i comportamenti umani; si può dire che essi fanno del credente un cristiano in maniera visibile, in modo attivo, un cristiano che assolve il compito di testimonio fedele..

«Soltanto» dopo questo impegno onesto e sincero da parte del credente, Cristo promette la Sua intercessione:

«Ed Io pregherò il Padre». Noi crediamo anche all’intercessione dei credenti, ma non è ardito affermare che nessuna intercessione può sostituire quella di Gesù, anzi « invano si affaticano gli edificatori, se il Signore non edifica la casa» (Salmo 127 :1); invano pregano i santi se Gesù non intercede per noi. E’ vero che Pietro e Giovanni pregarono con successo per i samaritani, ma certamente la loro preghiera serviva proprio per eccitare quella di Gesù.

Non possiamo assolutamente credere che ci siano ministri, evangelisti o pastori, capaci di superare le condizioni da parte del Maestro; coloro che «pretendono» far realizzare l’esperienza del battesimo con lo Spirito Santo indipendentemente dall’amore, dall’ubbidienza, dall’intercessione del Cristo possono soltanto illudere e ingannare. Con questo non vogliamo negare che il «dono divino» deve essere accettato per fede, non vogliamo neanche mettere in dubbio che si può ottenere in breve tempo; no, vogliamo semplicemente dire che assieme al desiderio, alla fede deve esserci anche quella condizione di fedeltà, di ubbidienza (Atti 5 :32) che si può anche raggiungere in un istante, mediante un profondo e sincero atto di consacrazione, ma che è condizione indispensabile per essere riempiti della gloria celeste.

«Ed Egli vi darà un altro Consolatore ». Forse fra i tanti passi scritturali relativi allo Spirito Santo, questo è quello che chiarisce in maniera più esauriente il soggetto del battesimo celeste.

«Egli vi darà». Ritorna l’affermazione che «solo Dio» da, solo Dio può dare; l’affermazione che deve renderci se non diffidenti, almeno prudenti per rifiutare coloro che sembrano voler dare, quello che dobbiamo ricevere dalle mani di Dio. «Un altro Consolatore». Il parallelo proposto da Gesù oltre a dichiarare esplicitamente la «personalità» dello Spirito, ne anticipa anche gli attributi ed il ministero. «Un altro» che prenda il posto di chi già è stato un Consolatore.

In seguito Gesù dirà addirittura:

...è utile che io me ne vada: perché se non me ne vado, il Consolatore non verrà a voi... » (Giovanni 16:7).

Il Maestro annunciava semplicemente la conclusione di un ministero, quello dell’incarnazione, e l’inizio di un altro ministero quello che doveva essere assolto dallo Spirito; al lungo periodo del Padre, aveva fatto seguito quello del Figlio, a quello del Figlio stava per far seguito quello dello Spirito; la trinità sempre presente nella Sua Unità, saviamente manifestata nelle Sue persone, ma perennemente unita nel piano divino.

Non vogliamo però fermarci ad approfondire la dottrina della Trinità perché la breve parentesi vuole semplicemente dare evidenza al significato delle parole di Gesù: Egli ha annunziato «una Persona», Egli ha precisato il compito divino di questa Persona.

Una persona non soltanto si differenzia da «una forza inconscia ». ma si distingue chiaramente da tutti quei fenomeni che possono produrre emozioni o sensazioni più o meno durature.

Prendiamo, per esempio, come punto di riferimento il primo segno evidenziale dell’ingresso del Consolatore nella vita del Credente: « nuovi linguaggi» (Marco 16:17).

Se noi crediamo che il Consolatore

è una Persona, non possiamo attribuirgli quel balbettio confuso e ripetuto meccanicamente che vuol fare, di due o tre monosillabili sempre uguali, una lingua. Lo Spirito Santo può esprimersi anche soltanto con «sospiri ineffabili», ma quando parla, usa una vera lingua e si può riconoscere come Persona che sa parlare.

Il Consolatore sa parlare e sa guidare, sa illuminare e dimostra chiaramente queste capacità nel credente ed attraverso il credente.

Indugiamo per un momento a considerare lo scopo del battesimo pentecostale cioè del ministero dello Spirito nel credente attraverso «questa» esperienza.

Il ministero del Consolatore è espresso esplicitamente nel Suo nome; senza voler fare erudizione è necessario ricordare che nel testo originale del Vangelo di Giovanni il termine è «Paracletos» che era poi il nome che i greci davano all’avvocato di difesa il quale aveva il compito, allora come oggi, di «consolare», «consigliare» e «difendere» il suo assistito. Questa riflessione saldata con la precedente ci fa comprendere meglio le parole di Gesù: «Voi riceverete potenza» (Atti 1:8) e le altre: «Esso vi guiderà»(Giovanni 16:13).

Lo Spirito Santo, persona divina, quando prende possesso della nostra vita non esaurisce il Suo compito nell’allegrezza euforica di un giorno ma si manifesta in noi e attraverso noi elevando la personalità del credente ad una sfera di sublimazione celestiale che fa esperimentare guida, consiglio, consolazione. Queste autentiche benedizioni non possono rimanere nelle pieghe nascoste della coscienza perché «esplodono». devono esplodere come fenomeno di potenza soprannaturale.

Non possiamo non fermarci ancora una volta per fare una mesta considerazione: perché oggi si vogliono accettare come veri «battesimi con lo Spirito Santo», quelle manifestazioni di eccitazione che sono fine a se stesse e che quasi mai sono seguite dalla profonda trasfigurazione o potenziamento di coloro che esperimentano questi fenomeni?

L’esperienza del risveglio pentecostale si trova in armonia con pagine luminose di storia cristiana; l’una e le altre ci parlano di giovani, giovanette, donne, umili popolani che battezzati con lo Spirito Santo non sono stati più uguali a se stessi poiché tutti hanno acquistato una nuova dimensione capace di far superare le limitazioni e le carenze che erano naturali alle loro condizioni.

Crediamo che quanti si sono trovati giovani nel risveglio pentecostale ed oggi hanno raggiunto la canutezza ricordano distintamente i tanti episodi che illustrano questa realtà. Giovani o addirittura adolescenti che hanno reso testimonianza e parlato del «cielo che era entrato nel loro cuore» e che hanno dimostrato di possedere una realtà che non solo li ha estraniati dalle cose frivole che sono proprie dell’età, ma li ha resi testimoni eloquenti e convincenti del Maestro Divino.

Non vogliamo fare del puritanesimo a buon mercato, ma ci sia concesso di dire che quando oggi si incontra lo spettacolo, d’altronde frequente, di una gioventù che non rinuncia a nessuno dei diversivi offerti dal «presente secolo», anzi riesce ad imporre una dialettica capace di conciliare e quindi saldare la conclusione di una riunione di preghiera pentecostale, con l’inizio di una serie di passatempi o giochi che voler chiamare profani significa ancora essere generosi, quando, ripetiamo si incontra uno spettacolo di questo genere e lo si confronta con esperienze del passato, si rimane perplessi.

La perplessità aumenta ulteriormente quando allontanandoci anche da questi spettacoli, si osserva la vita di quei credenti che dopo aver affermato enfaticamente di aver realizzato l’esperienza del battesimo pentecostale continuano a trascinare la loro grigia esistenza condizionata da tutte le debolezze e da tutte le limitazioni che dovrebbero essere assorbite dal Consolatore Divino.

Nessuno osa dire che il battesimo con lo Spirito Santo rende perfetto od infallibile il cristiano, ma se questa esperienza non lo modifica sostanzialmente in senso positivo; se non esalta la sua consacrazione, se non illumina la sua conoscenza, se non potenzia il suo servizio, se non arricchisce la sua esperienza, allora vuol dire che la promessa del Maestro non si è realmente adempiuta.

Purtroppo dobbiamo proprio pensare che in molti casi la «Pentecoste» sia un distintivo che non è legittimato da una vera esperienza. Forse c’è stata una esuberante emozione raggiunta attraverso il sentiero dell’entusiasmo o forse c’è stata la gioiosa adesione ad una affettuosa pressione esercitata dall’ambiente o dai fratelli, ma è mancato l’ingresso del Consolatore nel cuore.

Ma perché fare queste tristi considerazioni anche se espresse con il più profondo e sincero amore cristiano?

Crediamo che sia più facile per noi e più gradito per chi legge ricordare semplicemente le parole del Maestro:

dobbiamo amarLo, dobbiamo essere suoi discepoli nel rispetto costante ed impegnato dei suoi comandamenti, dobbiamo aver fiducia nella sua intercessione, dobbiamo desiderare ed essere pronti a ricevere il Consolatore e dobbiamo infine arrendere la nostra vita all’azione benefica dello Spirito.

Quando abbiamo ricordato tutto ciò, abbiamo sbarazzato il passo all’invadenza di un’illusione che vorrebbe farci possedere ed esercitare un amore apparente, un cristianesimo teorico o entrare in possesso di sensazioni od emozioni che possiamo accettare in sostituzione di esperienze autentiche. La Pentecoste di ieri deve riapparire con le medesime caratteristiche e con la medesima potenza oggi e se torniamo insistentemente su questa affermazione è proprio perché dobbiamo sinceramente impegnarci a conservare ed alimentare la gloria del risveglio pentecostale che, per la grazia di Dio abbiamo partecipato in questo ventesimo secolo.

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