Il «Padre nostro»

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00giovedì 21 aprile 2011 21:40

Il «Padre nostro»

Il Messaggero Cristiano - Il Buon Seme (Luglio 2008)



«Voi dunque pregate così:
"Padre nostro che sei nei cieli, sia san­tificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra, come è fatta in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano; rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori; e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno"».
Matteo 6:9-13

«Gesù era stato in disparte a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli". Egli disse loro: "Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano; e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo a ogni nostro debitore; e non ci esporre alla tentazione"». Luca 11:1-4

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00giovedì 21 aprile 2011 21:41
. «Padre nostro che sei nei cieli...»

«Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spiri­tuale nei luoghi celesti in Cristo». Efesini 1:3

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In risposta alla loro domanda, Gesù ha dato ai suoi discepoli un modello di preghiera chiamata il «Padre nostro». Non per ripeterla meccanicamente, senza fede né fervore, ma perché il suo contenuto orientasse la loro vita di preghiera.

Il «Padre nostro» si divide in due parti. La prima si riferisce a Dio, al suo nome, al suo regno, alla sua volontà. La seconda riguarda i nostri bisogni: il pane, il perdono, la protezione. Quest'ordine è importante. Dio deve occupare il primo posto nei nostri pensieri e nei nostri desideri.

Gesù incomincia invitando i suoi discepoli a chiamare Dio «Padre nostro». Non è più conosciuto soltanto come l'Eterno, il Dio del popolo d'Israele. È il Padre, il protettore celeste di quelli che seguono Gesù. Ancora di più, è colui che ci chiama suoi figli. Ognuno di noi può gustare il privilegio di avvicinarsi a Dio in completa libertà e fiducia. Possiamo godere della misericordia del Padre (Luca 6:36)(i), del suo perdono (Marco 11:25)(ii), delle sue cure (Matteo 6:32)(iii) e della sua benefica disciplina (Ebrei 12:5-6)(iv).

Il nostro Padre è nei cieli. Il Dio che, per mezzo di Gesù, è venuto fino a noi, rimane infinitamente al di sopra di noi. Infine, tutti i poteri, tutti gli avvenimenti sono nella sua mano. E questo Dio tanto grande è nostro Padre. È a lui che possiamo parlare. Che privilegio!

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(i) Luca 6:36: «Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro».
(ii) Marco 11:25: «Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate; affinché il Padre vostro, che è nei cieli vi perdoni le vostre colpe».
(iii) Matteo 6:32: «Il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose».
(iv) Ebrei 12:5-6: «Avete dimenticato l'esortazione rivolta a voi come a figli: "Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d'animo quando sei da lui ripreso; perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli"».

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00giovedì 21 aprile 2011 21:42

2. «Sia santificato il tuo nome...»

«Gesù disse queste cose: "Padre... io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l'amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro"». Giovanni 17:1,26
«Quelli che conoscono il tuo nome con­fideranno in te, perché, o Eterno, tu non abbandoni quelli che ti cercano». Salmo 9:10

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Pronunciando il nome di Dio dobbiamo subito pensare al supremo onore che gli è dovuto. Nessuno ha esaltato il nome di Dio meglio di Gesù. Egli l'ha fatto conoscere sia attraverso le sue parole sia con le sue azioni, con la sua vita come con la sua morte. Ha rivelato Dio con la sua santità, il suo amore, la sua giustizia. E ha fatto risplendere la sua gloria al momento della risurrezione.

Santificare il nome di Dio è riconoscerlo come santo, completamente diverso da tutto ciò che caratterizza l'uomo. È dargli il posto che gli è dovuto in tutta la nostra vita, i nostri pensieri, le nostre scelte e le nostre parole.

Nel mondo in cui viviamo, il nome di Dio è tut­t'altro che santificato. Invece di essere rispettato, è sovente bestemmiato. Questo manifesta il deca­dimento morale degli uomini, che cercano la pro­pria gloria e vogliono farsi un nome sulla terra senza tener conto del loro Creatore (Genesi 11:4) .

Anche tra i cosiddetti cristiani, il nome di Dio è sovente disonorato. Che possiamo fare nostra questa commovente preghiera di un monaco sconosciuto, trovata in un vecchio manoscritto: "Padre diletto, sia il tuo nome santificato in me! Riconosco di aver spesso profanato il tuo nome e che, con il mio orgoglio, travolto dalla preoccupa­zione per il mio onore e la mia reputazione, ho disonorato il tuo santo nome. Soccorrimi con la tua grazia e che in me non ci sia altro che il tuo nome e la tua gloria."

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(i) Genesi 11:4: «Poi dissero: "Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo; acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra"».
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00giovedì 21 aprile 2011 21:42

3. «Venga il tuo regno...»

«Il regno di Dio non consiste in vivan­da né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo». Romani 14:17
«Alleluia! Perché il Signore, nostro Dio, l'Onnipotente, ha stabilito il suo regno. Rallegriamoci ed esultiamo e diamo a lui la gloria, perché sono giunte le nozze dell'Agnello». Apocalisse 19:6-7

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Sì, Signore, venga il tuo regno! Questa preghiera sale spontaneamente dai nostri cuori, quando sentiamo parlare di guerra e di oppressione. Aspiriamo alla venuta del regno di Dio che porterà la giustizia, la pace, la prosperità!

Tuttavia, non illudiamoci; questo non capiterà prima che sia giudicata l'umanità che ancora oggi è contro Dio. Ciò significa che questa pre­ghiera sia solo per il futuro? No, ha già una por­tata presente. Chi si sottomette a Cristo entra, fin da ora, in un campo morale nuovo, nel regno di Dio, e ne gusta le benedizioni: «Giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo» (Romani 14:17).

Entrare nel regno di Dio è rinunciare alla pro­pria indipendenza. È un atto difficile, perché l'autorità del Signore fa andare in frantumi il trono del nostro "io", e infrange il nostro tenace desiderio di governarci senza di lui. Ma è anche un atto vitale. Invece di vivere per noi stessi, sempre insoddisfatti, si gusta la gioia di vivere per il Signore Gesù. E non saremo più preoccu­pati, poiché Egli dirige la nostra vita con saggez­za e amore.

Cristiani, desideriamo che il Signore ci guidi? Glielo chiediamo ogni giorno? Allora il suo Spi­rito ci farà conoscere ed apprezzare le sante leggi del regno di Dio contenute nella sua Paro­la, e ci renderà capaci di metterle in pratica.

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00giovedì 21 aprile 2011 21:44

4. «Sia fatta la tua volontà...»

«Anche noi... non cessiamo di pregare per voi e di domandare che siate ricolmi della profonda conoscenza della volontà di Dio». Colossesi 1:9

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«Sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo» (Matteo 6:10). Questa domanda sottintende che noi desideriamo quello che Dio vuole. Nel cielo, la volontà di Dio si com­pie, senza ostacolo né dilazione. Sulla terra, questa volontà è in un certo senso legata a quella dell'uomo. Dio accetta che il proprio agire dipenda da lui, che Egli stesso conside­ra libero e responsabile.

Ma l'uomo si ostina ad opporsi a Dio, e lo fa in modo aperto o subdolo. E una ribellione che è incominciata molto tempo fa, e s'inten­sifica a mano a mano che la creatura si inor­goglisce per il progresso della tecnica e crede di essere indipendente dal suo Creatore.

Eppure, la volontà di Dio è «buona, gradita e perfetta» (Romani 12:2). Anche per noi cri­stiani non è sempre così facile desiderarla veramente. Questo a causa della nostra volontà indipendente, che non riusciamo a mettere da parte. Abbiamo la tendenza a fare soltanto parzialmente la volontà di Dio, e così la nostra vita diventa mediocre.

Seguiamo l'esempio del Signore Gesù che trovava piacere nel fare la volontà di suo Padre. Possa la nostra felicità consistere nel porre la volontà del nostro Padre prima della nostra! Potremo allora vivere in comunione con Dio, sia nei momenti di preghiera che in tutte le altre attività della giornata.

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00giovedì 21 aprile 2011 21:45

5. «Dacci oggi il nostro pane quotidiano...»

«Dividi il tuo pane con chi ha fame». Isaia 58:7

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Quando iniziamo a guadagnarci da vivere, crediamo che questo avvenga grazie ai nostri propri sforzi, al nostro lavoro; pensiamo di averlo meritato. Ma non dobbiamo dimenti­care che tutto ciò che abbiamo è un dono di Dio. Non solo è lui che dà la salute e le forze per lavorare e nutrirsi, ma dà fertilità alla terra. L'uomo può seminare e innaffiare, ma è Dio che fa crescere (1 Corinzi 3:6) .

Chiediamo dunque a Dio di sovvenire ogni giorno ai bisogni dei nostri corpi. E non dimentichiamo di ringraziarlo per quello che ci dà. È un Padre benevolo, fedele alle sue promesse. Perché essere inquieti? Un bambino non si preoccupa per il suo nutrimento; sa che i genitori gli daranno ciò di cui ha bisogno. Dobbiamo contare sul nostro Dio con la stessa fiducia. Per quanto possano essere difficili le condizioni della nostra esistenza, un giorno potremo dire come Davide: «Io sono stato giovane e sono anche diventato vecchio, ma non ho mai visto il giusto abbandonato» (Salmo 37:25). Allora loderemo Dio per la sua fedeltà, lui che ha cura dei suoi con tutte le loro necessi­tà, fisiche e spirituali.

Ma nessuno può chiedere il nutrimento per sé, dimenticando quelli che non l'hanno. Il Signore, nella sua saggezza e nella sua grazia, ci renda capaci di chiedere, di ricevere e di condividere il «nostro pane quotidiano».

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(i) 1 Corinzi 3:6: «Io (Paolo) ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere».

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00giovedì 21 aprile 2011 21:45

6. «Perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo a ogni nostro debitore...»

«Perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo». Efesini 4:32
«Cristo ha sofferto per voi... Oltrag­giato, non rendeva gli oltraggi». 1 Pietro 2:21-23

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Abbiamo tanto bisogno di perdono per le nostre anime, quanto di cibo per i nostri corpi. Ricordando la preghiera citata sopra, come chiediamo a Dio di non farci portare le conseguenze dei nostri peccati, così noi stes­si dobbiamo perdonare a quelli che ci hanno fatto dei torti.

Ebbene, noi che siamo tanto sensibili alle offese, pensiamo a quelle che facciamo a Dio. Esse lo disonorano e ci impediscono di gode­re del suo amore. Il peso della nostra colpe­volezza, anche se la respingiamo, grava sulla coscienza, ed è sorgente di tante sofferenze. Ma ecco il messaggio essenziale del Vangelo: Gesù Cristo ha pagato il debito delle nostre offese! Ma non basta supplicare per ottenere il perdono; dobbiamo riconoscere le nostre colpe e andare al Signore, così come siamo.

Quando gustiamo il perdono di Dio, diventa anche chiaro che dobbiamo perdonare quelli che ci hanno fatto dei torti. Ma come rispon­dere a un'offesa? Non possiamo negare ciò che è avvenuto, e neppure riconciliarci a buon mercato senza trattare a fondo il problema. Che fare? Andare da quelli che ci hanno offeso, con uno spirito umile, pronti anche a ricono­scere i nostri stessi torti. Questo procedimen­to non è facile, ma permette la guarigione. Portare il perdono è imitare Gesù e rendere quello di cui noi stessi abbiamo beneficiato.

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00giovedì 21 aprile 2011 21:46

7. «Non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno».

«Chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere... Dio è fedele e non per­metterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscirne, affinché la possiate sopportare». 1 Corinzi 10:12-13

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Gustare il perdono di Dio non ci rende noncu­ranti nei confronti del peccato. Anzi, più siamo coscienti della grazia di Dio, più dobbiamo temere di disonorarlo. Per questo Gesù ci inse­gna ad implorare la protezione divina per non essere vinti dalle tentazioni.

Sorgono tentazioni quando vi sono circostanze avverse: la malattia, la povertà, l'umiliazione. Corriamo il rischio di indurirci, di dubitare della bontà di Dio. Ma le tentazioni sono in agguato anche quando la vita ci sorride. Allora grande è il pericolo di cadere nell'orgoglio e nell'egoismo.

Effettivamente, la tentazione ci pone di fronte a una scelta: o facciamo la nostra volontà, o ci confidiamo in Dio per ubbidirgli, costi quel che costi. Ognuno si sente fragile in presenza di tale scelta. Per questo motivo chiediamo umilmen­te a Dio di non essere esposti alla tentazione, di non essere coinvolti in situazioni in cui corre­remmo il rischio di essere dominati dal male. Così cercheremo noi stessi di evitare tali occa­sioni, conoscendo la nostra debolezza.

Ma talvolta Dio permette la prova per fortificare la nostra fede. Pertanto aggiungiamo alla nostra preghiera: «Liberaci dal male». Questa domanda non è solo ispirata dalla gravità del pericolo; essa sgorga dal cuore animato da una fede vit­toriosa. Infatti, chiediamo un beneficio che è a nostra portata, grazie alla vittoria di Gesù. Vitto­ria sul male, sul tentatore, sul mondo.

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