Il PENALISTA risponde...

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Ettore Iannace
00giovedì 30 agosto 2012 11:30
Qui potrete porre tutte le vostre domande e dubbi riguardanti le materie penaliste o anche qualche situazione che vi è poco chiara.
Attiliogiuseppe
00giovedì 27 settembre 2012 10:58
Re: Nozioni
Ettore Iannace, 30/08/2012 11.30:

Qui potrete porre tutte le vostre domande e dubbi riguardanti le materie penaliste o anche qualche situazione che vi è poco chiara.




Un in bocca al lupo a tutti coloro che si accingono ad aprire, per la prima volta, un testo di di diritto penale: la materia è alquanto complessa (soprattutto a causa dei molteplici orientamenti dottrinari e giurisprudenziali), ma (al contempo) decisamente affascinante e coinvolgente!

Iniziamo, pertanto, con l'elemento basilare: le nozioni di "diritto penale", "reato" e "sanzione criminale"!

Il diritto penale è quella branca del diritto pubblico che si compone di tutte quelle norme (giuridiche) che l' ordinamento prevede in vista dell' applicazione di una misura sanzionatoria di carattere giuridico-penale (sanzione criminale) nei confronti di un determinato soggetto, come conseguenza di un suo specifico comportamento criminoso, che prende il nome di reato: è reato, dunque, il fatto dell’ uomo, per la cui realizzazione la legge prevede, come conseguenza, l’ applicazione di una pena criminale.
Questa definizione del reato la ritroviamo in realtà espressa nell' art. 1 c.p. vigente, il quale infatti stabilisce che "Nessuno può essere punito per un fatto che non sia preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite".
Il binomio reato-pena non esaurisce, però, l’ ambito del diritto penale, dato che il nostro ordinamento giuridico prevede (agli artt. 199 e ss. c.p. e 25, co. 3 Cost.) anche la possibilità di applicare, come conseguenza della commissione di un fatto preveduto dalla legge come reato, determinate misure di sicurezza, come mezzo per prevenire l’ ulteriore commissione di reati da parte del soggetto.
Non solo: negli ultimi decenni hanno acquistato molta importanza anche le cd. misure di prevenzione, la cui applicazione prescinde dall’ accertamento dell’ effettiva commissione di un reato, ma si ricollega ad una particolare connotazione di pericolosità sociale del soggetto colpito (ed è questo il motivo per il quale le si definisce anche misure ante delictum).
Attiliogiuseppe
00giovedì 4 ottobre 2012 10:26
Bene giuridico (oggetto di tutela), necessarietà e sussidiarietà dell'intervento penale


Cos'è il BENE GIURIDICO?

Il diritto penale, in virtù del principio di extrema ratio, ha l'obbligo di assicurare specifica tutela a quelle entità che il legislatore (in un dato momento storico) considera socialmente più rilevanti: tali entità prendono, più precisamente, il nome di "beni giuridici".
Beninteso, il diritto penale deve circoscrivere il suo intervento alla sfera di quei beni giuridici che si percepiscono come maggiormente rilevanti per la vita della collettività (si pensi, ad es., alla vita, all'incolumità ed alla libertà personale).

NECESSARIETA' E SUSSIDIARIETA' dell' intervento penale

L’ intervento del diritto penale deve configurarsi come necessario per la salvaguardia dei beni giuridici tutelati: ciò significa che il ricorso alla minaccia penale deve apparire inevitabile (dunque, necessario), nel senso che non devono esservi altri mezzi (giuridici) adeguati al raggiungimento dell' obiettivo (salvaguardare il bene giuridico).
Ed è proprio in questa prospettiva che la dottrina attribuisce al diritto penale carattere di sussidiarietà (cioè, di ultima ratio) rispetto agli altri rami dell’ ordinamento.
Attiliogiuseppe
00sabato 6 ottobre 2012 11:10
IL PRINCIPIO DI LEGALITA' IN MATERIA PENALE


L’ art. 1 c.p. vigente, stabilendo che nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto dalla legge come reato, né con pene che non siano da essa stabilite, codifica il cd. principio di legalità dei reati e delle pene, che, come detto, trova riconoscimento e garanzia anche all’ interno della Costituzione italiana, all’ art. 25, co. 2 (nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso): ciò significa che sia il fatto costituente reato, sia la relativa sanzione devono essere previsti dalla legge.
La portata del principio di legalità, nel nostro ordinamento, si articola nell’ enunciazione di quattro regole fondamentali:
• la cd. riserva di legge in materia penale;
• la regola della tassatività e determinatezza della fattispecie;
• il divieto di applicazione analogica e l’ irretroattività della legge penale.
Attiliogiuseppe
00giovedì 11 ottobre 2012 11:34
Gli schemi di analisi del reato (estratto dai sunti del testo "Diritto penale - Parte generale, Fiore 2008: contatto fb Riassunti giuridico penali)
L’ analisi del reato è stata storicamente condotta secondo tre diverse metodologie:
• un primo schema di analisi scompone il fatto delittuoso in due elementi: quello oggettivo (o della fisicità), e cioè l’ accadere visibile nel mondo esterno; e quello soggettivo (o psicologico), rappresentato, invece, dall’ atteggiamento interiore che sostiene la condotta dell’ autore: questo schema è senz’ altro caratteristico della Scuola classica di carrariana memoria, la quale infatti distingueva tra forza fisica e forza morale.
• Il modello di dottrina elaborato, invece, in Germania e condiviso anche in Italia si caratterizza per un diverso approccio al problema, in quanto i vari elementi che compongono il reato vengono ricavati dal collegamento che si instaura tra il fatto vietato e l’ ordinamento giuridico. Questo procedimento di analisi, poiché dà luogo a tre elementi costitutivi del reato, prende il nome di concezione tripartita del reato: ora, il primo e fondamentale elemento di questo schema concerne la conformità del fatto alla descrizione normativa di un reato e prende il nome di tipicità.
La conformità del fatto alla descrizione normativa di un reato da sola, tuttavia, non implica anche la contrarietà del fatto tipico con l’ intero ordinamento giuridico: quest’ ultima, infatti, potrà essere affermata solo in assenza di particolari condizioni di liceità della condotta e, più precisamente, in assenza di cause di giustificazione.
L’ ulteriore figura di qualificazione concerne, infine, la verifica dei presupposti di ordine soggettivo, i quali vanno ad integrare il cd. giudizio di colpevolezza: ad essa, originariamente, si assegnava il contenuto psichico dell’ azione (cioè il dolo e la colpa), mentre nell’ evoluzione della dottrina del reato ci si è andati man mano orientando verso una concezione normativa di colpevolezza, nella cui prospettiva ciò che viene in rilievo è la verifica dei presupposti della normalità e della maturità psichica, da cui dipende l’ imputabilità del soggetto.
Tipicità, antigiuridicità e colpevolezza costituiscono, quindi, i predicati dell’ azione penalmente rilevante nello schema tripartito.
• Alla concezione tripartita si è sempre contrapposta un’ articolazione bipartita degli elementi costitutivi del reato, secondo la quale l’ antigiuridicità non costituirebbe un autonomo elemento del reato, ma ne rappresenterebbe l’ essenza. La fattispecie del reato verrebbe, in tal modo, a configurarsi come antigiuridicità tipizzata, dal momento che il carattere tipico dell’ azione sarebbe dato dalla sua antigiuridicità: di conseguenza, la mancanza di cause di giustificazione rientrerebbe nel carattere della tipicità e, per converso, la loro presenza dovrebbe configurarsi come una causa di esclusione dello stesso fatto tipico (per tale ragione, a quest’ orientamento dogmatico si dà anche il nome di dottrina degli elementi negativi del fatto).
Parte della dottrina, però, ha giustamente sottolineato che, attraverso l’ inclusione nella fattispecie legale del reato di momenti cd. negativi (corrispondenti alle ipotesi delle cause di giustificazione), la fattispecie incriminatrice viene, così, privata della sua funzione di tipicizzazione, perché in essa si fanno rientrare elementi che, in realtà, sono fuori dalla descrizione legale del reato; del resto, bisogna tener presente che la distinzione tra tipicità ed antigiuridicità corrisponde a precise differenze di valore giuridico, che non possono essere assolutamente disconosciute: mentre, infatti, la tipicità rappresenta la cd. materia del divieto (attraverso di essa, cioè, il legislatore ci fornisce il quid del divieto, descrivendo concretamente cos’ è proibito dal diritto penale), l’ antigiuridicità rappresenta, invece, un semplice giudizio di relazione tra il fatto, penalmente sanzionato, e l’ intero ordinamento giuridico. Essa, quindi, non limita o modifica la materia del divieto (cioè il fatto tipico), ma elimina semplicemente l’ obbligo di osservare il divieto, in presenza di particolari circostanze giustificanti: si pensi, ad es., all’ uccisione di un uomo (azione penalmente sanzionata attraverso l’ art. 575 c.p.), che sia compiuta per difendersi da un’ aggressione ingiusta (art. 52 c.p.).
Attiliogiuseppe
00lunedì 22 ottobre 2012 10:13
I reati aggravati dall'evento (estratto dai sunti del testo "Diritto penale - Parte generale, Fiore 2008: contatto fb Riassunti giuridico penali)
Si parla di reati aggravati dall’ evento nei casi in cui il verificarsi di un evento, cagionato dalla condotta dell’ agente, comporta l’ applicazione di una pena più grave di quella prevista per la realizzazione della medesima condotta in assenza dell’ evento o in presenza di un evento meno grave: così, ad es., l’ art. 571 c.p., mentre punisce con la reclusione fino a 6 mesi chi abusa dei mezzi di correzione, quando ne derivi il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, prevede l’ applicazione di pene sensibilmente più severe quando ne derivi una lesione personale o addirittura la morte (identica condotta - evento diverso).
A ben vedere, però, la categoria dei reati aggravati dall’ evento dà luogo, nel nostro ordinamento, ad una grave anomalia, perché essa si sostanzia nell’ imputazione di una circostanza (che, poi, corrisponde all’ evento del reato) sulla base di un criterio puramente oggettivo (non a caso, la figura del reato aggravato dall’ evento costituisce una classica ipotesi di responsabilità oggettiva).
È importante precisare, in ogni caso, che con la problematica relativa ai reati aggravati dall’ evento non hanno nulla a che vedere quelle ipotesi in cui la legge, incriminando le condotte volutamente dirette a cagionare un determinato evento, preveda l’ applicazione di pene più severe nel caso in cui il risultato voluto dall’ agente si materializzi (per essere più chiari si propone il seguente esempio: l’ art. 243 c.p., mentre al co. 1 punisce, con la reclusione non inferiore a 10 anni, chi tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova guerra contro lo Stato italiano, al co. 2 stabilisce che se la guerra segue si applica l’ ergastolo: ora, come si può notare, a differenza del reato aggravato dall’ evento, qui la condotta dell’ agente è fin dall’ inizio diretta a realizzare l’ evento in questione, per cui, qualora lo stesso dovesse verificarsi, l’ agente ne risponderà, avendolo cagionato intenzionalmente).
Da quanto detto si intuisce, quindi, che è soltanto al di fuori delle ipotesi su menzionate (delle quali l’ art. 243 c.p. costituisce un valido esempio) che l’ evento più grave, cagionato dalla condotta del soggetto agente, potrà configurarsi come circostanza del reato (reato aggravato dall' evento) ed il relativo regime giuridico sarà quello stabilito dal nuovo co. 2 dell’ art. 59 c.p.: ciò significa, in altri termini, che la circostanza aggravante, costituita dall’ evento, sarà imputabile all’ autore solo nel caso in cui egli se la sia rappresentata o avrebbe dovuto rappresentarsela come possibile conseguenza della propria condotta.
cadutadalcielo85
00venerdì 2 novembre 2012 10:16
Non riesco a capire il rapporto che c'è tra connessione e riunione :(...sono due istituti diversi o la riunione è una conseguenza della connessione?il Tonini dice che perchè si abbia la riunione è necessario,tra le altre cose ,che i procedimenti siano di competenza dello stesso giudice...non riesco proprio a capire :(U [SM=g6797]
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