Il FAI contro il "piano casa"

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-Giona-
00martedì 21 luglio 2009 09:03
www.corriere.it/cronache/09_luglio_20/paolo_conti_svendono_l_italia_per_far_cassa_fe2155ea-74f0-11de-95fa-00144f02aa...

L’intervista La presidente del Fai: spero che Bondi mantenga la parola
«Svendono l’Italia solo per fare cassa»
Giulia Maria Crespi: il piano casa, rovina irreversibile

ROMA—«Stanno svendendo l’Italia solo per ricavare un utile immediato. Sul paesaggio, sul territorio italiani non c’è più da nutrire preoccupazione: ma autentica disperazione. Sarà una rovina irreversibile di cui soffriranno le nuove generazioni. E poi ne risentiranno il turismo, che abbandonerà il nostro Paese, e già sta avvenendo. Poi la salute, l’identità, le radici stesse degli italiani». Giulia Maria Crespi parla dalla sua casa in Sardegna, ma è in continuo collegamento con gli uffici del Fai, il Fondo ambiente italiano, trust privato che negli anni è riuscito a sottrarre straordinari beni culturali italiani alla speculazione e alla scomparsa. Un’esperienza citata in Europa come un modello di tutela in mano ai privati.
Qual è la ragione del suo allarme, signora Crespi?
«Prima di tutto la sorte del Codice dei Beni culturali, varato dal ministro Giuliano Urbani, in mezzo a mille difficoltà, sotto il precedente governo Berlusconi e concluso da Francesco Rutelli. Sandro Bondi mi aveva dato la sua parola d’onore davanti a quattro testimoni che la parte relativa al paesaggio sarebbe entrata in vigore a gennaio scorso, poi a giugno di quest’anno. Infine lo slittamento alla fine di dicembre... ».
Parla dell’articolo 146 che attribuisce ai soprintendenti il potere di esprimere un parere obbligatorio e vincolante sugli interventi nelle aree protette e che non è ancora andato in vigore? C’è un regime di proroga...
«Penso proprio a quel problema. I soprintendenti calano di numero e hanno sempre meno mezzi a disposizione. Ora c’è questa proroga che consente ai soprintendenti di pronunciarsi solo a cose fatte, a progetto varato. Intanto le regioni stanno approntando i loro piani. Il Veneto prevede la possibilità di intervenire nel 40% del territorio. La Lombardia nel 35% con la possibilità di intervenire anche nei parchi regionali. Allucinante. L’Umbria le sta seguendo. Altra tragedia: ora i comuni permettono ai costruttori di autocertificarsi l’idoneità del progetto. Sono insegnamenti che definirei di gravissimo scadimento morale dell’intero sistema italiano».
Bondi ha assicurato che la proroga finirà a dicembre...
«Spero. Anche se non ci credo più. Senza il Codice completo, il Piano Casa potrà avere effetti devastanti, purtroppo irreversibili sul paesaggio».
Dice però Berlusconi: con le nuove regole del Piano Casa verranno rimessi in circolazione tra i 70 e i 150 miliardi di euro ora inoperosi nelle banche. Non temete di apparire come ostacoli alla ripresa dell’economia?
«Questo è quello che dice Berlusconi, poi bisogna vedere se gli effetti economici saranno davvero quelli... Ma io guardo al futuro. Il Piano Casa prevede la possibilità di abbattere vecchi edifici, di aumentarne la cubatura, di stravolgere insomma interi panorami. Unico Paese in Europa: guardiamo cosa avviene in Francia o altrove. Ma qui non c’è solo il Piano Casa. È tutto un sistema... ».
A cosa si riferisce in particolare, signora Crespi?
«Ho tanti altri esempi che addolorano solo al pensarli. In Lombardia, nel cuore del parco del Curone, cioè della Brianza ancora ben conservata, un meraviglioso parco di 2.700 ettari, è pronto uno studio di fattibilità per permettere alla società australiana Australian Po Valley, per il 50% di proprietà Edison, di estrarre petrolio. Petrolio lì! Con conseguente emissione di acido solforico che avrà un’azione intossicante nell’arco di dieci chilometri, col problema dello smaltimento dei fanghi. Tutti i 21 comuni, di qualunque colore, e la provincia di Lecco protestano ma non hanno potere di bloccare il piano perché è stato dichiarato di pubblica utilità! Come si può solo immaginare tutto questo?».
Altri esempi che la preoccupano?
«Ho ancora un esempio legato alla Lombardia che, nel suo piano prevede la possibilità di intervenire addirittura nelle aree protette. Per esempio nel meraviglioso Parco Agricolo Sud: 47 mila ettari! Altro massacro che resterà indelebile che distruggerà un’area ricca di fontanili antichi, terreno ad alta fertilità, piena di antiche abbazie e cascine forzesche. Un polmone verde per i milanesi».

Se la prende con questo governo?
«Io credo che ormai circoli un ragionamento trasversale: fare soldi subito. E poi, dopo di me il diluvio. Lo disse Luigi XV, ma dopo ci fu la Rivoluzione francese. E dopo, per noi, ci sarà solo un territorio devastato per sempre. E qui nessuno è più sensibile. Non lo è la destra. Ma non lo è nemmeno la sinistra: neanche l’attuale opposizione colloca l’ambiente tra le sue priorità. Anzi, se ne disinteressa totalmente. Guardiamo cosa sta avvenendo in Toscana e presto in Umbria... Rimaniamo solo noi associazioni: Fai, Italia Nostra, Lipu, Wwf. Siamo visti da tutti come scomodi cretini. Poi, un giorno, forse qualcuno dirà che quegli scomodi cretini avevano ragione. Ma sarà troppo tardi. Un padre non svende la figlia per far cassa. Qui, lo ripeto, stanno svendendo la nostra Italia davanti all’indignazione del resto d’Europa».
Paolo Conti
20 luglio 2009
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Per me l'unica cosa positiva del piano casa è che dà la possibilità di demolire vecchi edifici: anzi, nei comuni che hanno da tempo una decrescita demografica come il mio, darei la possibilità di costruirne di nuovi solo a patto di demolirne di vecchi. Per il resto, sono del parere che bisogni porre un freno alla proliferazione edilizia, con la Pianura Padana che si sta trasformando in un'immensa villettopoli e le strade statali che passano tra file ininterrotte di capannoni.
Lux-86
00martedì 21 luglio 2009 09:13


Per me l'unica cosa positiva del piano casa è che dà la possibilità di demolire vecchi edifici: anzi, nei comuni che hanno da tempo una decrescita demografica come il mio, darei la possibilità di costruirne di nuovi solo a patto di demolirne di vecchi. Per il resto, sono del parere che bisogni porre un freno alla proliferazione edilizia, con la Pianura Padana che si sta trasformando in un'immensa villettopoli e le strade statali che passano tra file ininterrotte di capannoni.



Sono d'accordo, anch'io avevo notato la possibilità di abbattere vecchi edifici. Per il resto potrebbe avere effetti devastanti.
DarkWalker
00martedì 21 luglio 2009 09:13
come non quotarti?
Anzi secondo me persino nei paesini le case vecchie, del nucleo storico, non dovrebbero essere toccate.
-Giona-
00mercoledì 22 luglio 2009 13:23
Ieri è arrivata una "mezza smentita" da Bondi, che mi auguro sia veritiera:

www.corriere.it/politica/09_luglio_21/bondi_codice_ambiente_fai_71f8fc26-75d1-11de-95fa-00144f02aa...

La presidente del Fai aveva attaccato duramente il piano casa del governo
Bondi: «Codice dell'ambiente, manterrò la promessa»
Il ministro dei benu culturali replica a Giulia Maria Crespi: sarà in vigore dal 2010

ROMA — Il suo è stato un vero e proprio grido d’allar­me per l’ambiente, per il pae­saggio, per i centri storici, per le coste. Per l’Italia. Dalle colonne del Corriere Giulia Maria Crespi, presidente del Fai, ieri ha fatto un’accusa precisa al Governo: «Stanno svendendo l’Italia soltanto per far cassa». E in una lunga intervista ha spiegato, ad una ad una, le sue preoccupazio­ni. La prima: la sorte del Codi­ce dei Beni Culturali varato da Giuliano Urbani. In parti­colare la parte relativa al pae­saggio: è stata prorogata e an­cora prorogata. E adesso? «Adesso, con l’inizio del 2010, la disciplina del proce­dimento autorizzatorio potrà entrare in vigore».

Sandro Bondi, ministro dei Beni cul­turali, prende l’impegno so­lenne. Secondo la signora Crespi lo aveva già preso davanti a quattro testimoni, ma adesso, nero su bianco, garantisce: «I prossimi cinque mesi dovrebbero essere sufficienti a definire le verifiche di adegua­tezza per il manteni­mento della subdele­ga ai Comuni. Ma en­tro la fine del 2009 le ammini­strazioni preposte alla tutela paesaggistica potranno an­che contare sul regolamento per gli interventi di lievi enti­tà». Ma sulle altre preoccupa­zioni? Il grido di allarme della signora del Fai si concentrava sul piano casa, senza esitazio­ne: «È una rovina irreversibi­le». Ma non solo: «È tutto un sistema che non funziona e che ci fa sfigurare, soprattut­to nei confronti del resto d’Europa». Il ministro Bondi, in qualche modo concorda. Dice, infatti: «La distruzione del paesaggio italiano è per tutti uno scandalo alla luce del sole». Ma il ministro dei Beni Culturali non fa riferi­mento al piano casa. Bondi preferisce riferirsi agli scempi perpetuati negli anni passati e dà la colpa agli amministratori precedenti: «Troppo impetuosa negli ulti­mi anni è stata la gestione del territorio, troppo gravi sono stati gli squilibri e le brutture perpetrate dai nostri prede­cessori».

Il piano casa ha scatenato e continua a scatenare le prote­ste di un po’ tutto il mondo degli ambientalisti e dei re­sponsabili di associazioni di beni culturali e Giulia Maria Crespi ha così sintetizzato il problema: «Il fatto è che il pia­no Casa non ha regole. Preve­de la possibilità di abbattere vecchi edifici, aumentarne la cubatura, stravolgere interi panorami». Il ministro Sandro Bondi preferisce parlare del suo im­pegno nella delicata questio­ne dell’Agro Romano. Dice, infatti: «La città di Roma e l’Agro Romano rappresenta­no le vestigia della nostra an­tichissima civiltà». Per que­sto Bondi non ha esitato ad aprire un tavolo di confronto: «Voglio spiegare il perché di «quel vincolo paesaggistico posto su 54 mila ettari del­l’Agro romano: a dire dei suoi critici avrebbe bloccato il pia­no regolatore generale appro­vato dal sindaco Veltroni in scadenza di mandato. Ma se­condo noi non è così».

Alessandra Arachi
21 luglio 2009
___________________

Non ho ben capito la questione dell'Agro Romano, ma per me bisognerebbe vietare di costruirvi anche solo un garage, dopo la folle speculazione edilizia degli ultimi decenni.
-Giona-
00mercoledì 22 luglio 2009 13:24
Re:
DarkWalker, 21/07/2009 9.13:

come non quotarti?
Anzi secondo me persino nei paesini le case vecchie, del nucleo storico, non dovrebbero essere toccate.


Ma non eri tu lo scettico sul recupero del centro storico dell'Aquila, che prospettava la ricostruzione della città a base di villette?

DarkWalker
00mercoledì 22 luglio 2009 15:03
Re: Re:
-Giona-, 22/07/2009 13.24:


Ma non eri tu lo scettico sul recupero del centro storico dell'Aquila, che prospettava la ricostruzione della città a base di villette?





ma qua non c'è una spesa in più, al massimo un mancato guadagno, tra l'altro per dei privati e solo di riflesso per il pubblico.
Riccardo.cuordileone
00venerdì 24 luglio 2009 10:36
Ma sopratutto perchè costruire nuove case quando gli italiani continuano a diminuire?? Per gli immigrati??? [SM=x751559]
-Kaname-chan
00venerdì 24 luglio 2009 22:28
Re:
Riccardo.cuordileone, 24/07/2009 10.36:

Ma sopratutto perchè costruire nuove case quando gli italiani continuano a diminuire?? Per gli immigrati??? [SM=x751559]



A Riccà ma ti rendi conto di ciò che dici? Non so se tu vivi da solo o no. Ma se vivi da solo prima di fare il grande passo avrai dovuto comprare o affittare una nuova casa o no? [SM=x751545]
Lux-86
00venerdì 24 luglio 2009 23:56
però, se non sbaglio, ci sono migliaia (se non milioni) di case invendute in Italia. Costruirne altre aumenterà solo il fallimento degli edili quando crolleranno i prezzi.
C'è poi un intero patrimonio di case "abbandonate" o per incuria dei proprietari che magari sono emigrati o non sono rintracciabili, o per liti fra gli eredi. Ci vorrebbe una legge che dia la possibilità ai comuni di riscattare queste case, farle ristrutturare e rivenderle.
-Giona-
00giovedì 6 agosto 2009 13:21
Sullo stesso tema
www.corriere.it/cronache/09_agosto_04/anno_cemento_indagine_999b1b8e-8106-11de-87b4-00144f02aa...

I dati in un dossier del Wwf e dell'Università dell'Aquila
In 15 anni il cemento ha ricoperto un'area grande come Lazio e Abruzzo
Dal 1990 al 2005 consumata dall'urbanizzazione una superficie agricola che equivale alla superficie del Veneto
Al ragazzo della via Gluck, quello di Celentano che nella Milano degli anni '60 si immalinconiva perché "là dove c'era l'erba ora c'è una città", oggi verrebbe un infarto: dal 1956 al 2001 la superficie urbanizzata del nostro paese è aumentata del 500%. Si tratta di un'impresa di distruzione di territori boschivi e agricoli unica nel suo genere, in particolare se si tiene conto che l'Italia è un paese montuoso, che vede presenti anche significative superfici occupate da laghi, fiumi e zone umide. Nell’ultimo quindicennio il consumo di suolo, e quindi di paesaggio, ha viaggiato in Italia al ritmo di 244mila ettari all’anno. Secondo i censimenti dell’Istituto Centrale di Statistica, dal 1990 al 2005 abbiamo consumato 3 milioni e 663 mila ettari di superficie libera, cioè un'area più grande del Lazio e dell’Abruzzo messi assieme. Fra questi ci sono 2 milioni di terreno agricolo fertile che oggi è stato coperto da capannoni, case, strade: una superficie paragonabile al territorio di tutto il Veneto. E' quindi a pieno titolo che l'Italia vanta il primato di essere il primo produttore e consumatore di cemento in Europa: buona parte è stato e continua ad essere riversato sulle aree più importanti per la biodiversità (coste, fiumi, aree agricole). Questi dati, e le osservazioni relative, sono contenuti in un nuovo dossier intitolato "2009, l'anno del Cemento", curato dal Wwf in collaborazione con un gruppo di ricercatori della Facoltà di Ingegneria Ambiente e Territorio e Scienze Ambientali dell'Università dell'Aquila, coordinati dal prof. Bernardino Romano. Sono dati gravi, basti pensare che sono già almeno 100 i Comuni sono riusciti a urbanizzare oltre il 50% delle aree di loro appartenenza.



LA SCOMPARSA DEI LUOGHI ISOLATI - La controprova di questa effetto blob del cemento nel paese è dato da un esame sui luoghi rimasti isolati. Il prof. Romano ha ricercato siti dai quali le costruzioni più vicine distassero almeno 5 km, in grado quindi di produrre un cerchio con un diametro di 10 km senza niente all’interno. Il risultato è chiaro: ormai solamente il 14% del nostro territorio risponde a questa caratteristica. Questa diffusione a macchia del cemento, in parte determinata dall’incapacità di programmare lo sviluppo edilizio - ad oltre 8.000 Comuni corrispondono oltre 8.000 piani regolatori - porta con sé la necessità di connettere questi immobili attraverso strutture viarie. E’ così che, stando ai dati Istat, la nostra rete stradale si sviluppa per oltre 200mila km, producendo una pesante segmentazione del territorio ed interrompendo ovunque quella continuità che, in modo molto più esteso, è facilmente visibile in molti altri Paesi, anche europei.
CASE SU CASE - In passato la crescita delle città era unicamente collegata all'aumento della popolazione urbana. Al contrario, oggi, in tutta Europa, dove la crescita demografica è molto ridotto o addirittura assente, l'urbanizzazione è un fattore totalmente fuori controllo, guidato dalla ricerca di un "benessere" che si misura sulle seconde case, sugli investimenti immobiliari e su una componente speculativa e finanziaria che ha fatto impazzire il meccanismo, facendo scempio del territorio e della qualità della vita di chi abita spazi dove non si sono più "vuoti" ma soltanto "pieni". Dal 1950 a oggi in Europa le città hanno subito una crescita del 78% contro un aumento della popolazione che raggiunge a malapena il 33%. La sola città di Palermo, per fare un esempio, di fronte a un aumento della popolazione del 50% è corrisposto un aumento dell'urbanizzazione del 200%. Allo stesso tempo in molte regioni italiane ad un decremento della popolazione corrisponde un increscioso aumento del territorio urbanizzato. Un aspetto interessante inoltre è come la crescita straordinaria dell’edilizia privata (+21%) vada a braccetto con un crollo dell’edilizia pubblica e sociale. Case quindi per profitto e investimento e non certo per le nuove coppie, per i poveri o per chi richiede un alloggio in cui vivere. Secondo i dati diffusi dall’Ance, cioè l’associazione dei costruttori, risulta che dal 1999 al 2007 l’intero comparto delle costruzioni è cresciuto del 27,1%. Se si considera che nello stesso periodo il nostro prodotto interno lordo è cresciuto del + 13,5% ci si rende conto che lo sviluppo di settore è stato percentualmente il doppio rispetto a quello complessivo del Paese.
CONDONI E PIANI CASA - In questo contesto, secondo l'analisi contenuta nel dossier del Wwf, si inserisce una consistente quota di edilizia selvaggia, che ha fatto scempio di zone particolarmente preziose del nostro paese: ad esempio tra il 1990 e il 2000 la tendenza di urbanizzazione costiera è proceduta del 30% più velocemente dell’urbanizzazione dell’entroterra. E hanno quindi un suono particolarmente sinistro le tre leggi emanate su condoni che hanno prodotto un numero imprecisato (nessuno lo sa con esattezza) di abusi sanati e centinaia di migliaia di pratiche ancora giacenti (molte di queste da oltre 20 anni) presso i Comuni di tutt’Italia, in particolare del centro e del sud. E quindi i nuovi piani casa arrivano in una situazione indefinita ed aggiungono volumetria in un contesto dove non c’è certezza di quanto è legale o illegale, di quanto è sanabile, di quanto dev’essere necessariamente respinto e abbattuto.
La maggior parte delle forme di consumo del suolo sono irreversibili, ovvero non esistono forme di recupero: una volta fatto il danno, che siano case o capannoni, ce lo si tiene. E il dossier denuncia che l’attività edilizia (non solamente quella abitativa) e quella legata alle opere pubbliche, arricchisce di solito chi già possiede finanze da investire e distrugge irreversibilmente quel “capitale” pubblico collettivo costituito dalla natura e dalla biodiversità, unica concreta assicurazione per il nostro futuro. C'è di che meditare su quella massima secondo la quale «se non si costruisce, non c’è progresso economico».
Stefano Rodi
04 agosto 2009(ultima modifica: 06 agosto 2009)
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