IL TREDICESIMO APOSTOLO e la Chiesa, l’opinione di monsignor Paglia

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Cristianalibera
00mercoledì 18 gennaio 2012 14:50



È di gran moda il conflitto fede-ragione. E su Canale 5 la serie mystery «Il tredicesimo apostolo – Il prescelto» con Claudio Gioè e Claudia Pandolfi, che tenta di dare una spiegazione scientifica a fenomeni apparentemente inspiegabili, registra ascolti «paranormali». Sorrisi ha allora chiesto un parere a monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni – Narni – Amelia, tra i fondatori della Comunità di Sant’Egidio, protagonista nel dialogo ecumenico e interreligioso, definito dai trasteverini “Er mejo vescovo der monno”. E anche per il vescovo il giudizio su «Il tredicesimo apostolo» è positivo: «Quando un lavoro è ben strutturato la gente apprezza. Il successo arriva quando c’è la qualità. E gli attori aiutano la comunicazione».

Monsignor Paglia, quale chiave ha aperto la curiosità della gente?
«In una società che ci abitua a ripiegarci su noi stessi o a dare un primato assoluto a ciò che è materiale, è facile che esploda, improvviso, anche il bisogno di un “oltre”. In verità, l’andare oltre se stesso è congenita al cristianesimo e alla stessa dimensione umana. Quell’“oltre” è la ragione dell’esistenza e anche la sostanza della felicità. Da soli, senza l’“oltre”, si sta male. La solitudine è la malattia peggiore. In questo senso si capisce il perché di questo scardinamento dell’oltre che cerca di abbattere la porta della solitudine».

Crede faccia bene alla Chiesa parlare in tv del mondo spirituale?
Tv e cinema hanno un linguaggio straordinario, sono un ottimo strumento di comunicazione. Riescono a dire cose che non si possono esprimere in altri modi. È molto importante che si parli di questo tema con intelligenza. Altrimenti si è portati a essere creduloni e ad accettare qualsiasi notizia miracolistica. È importante che l’argomento venga dibattuto, per evitare i due opposti: fideismo o razionalismo. Il mistero accomuna tutti. Norberto Bobbio asseriva: “Il credente e il non credente si ritrovano insieme sulla soglia del mistero, dell’oltre”».

Che cosa risponde a chi afferma: «Finché non vedo non credo»?
«Che si chiude nel proprio orizzonte e fa coincidere il mondo con se stesso, mettendosi al posto di Dio».

Che cosa risponde a chi afferma: «Finché non vedo non credo»?
«Che si chiude nel proprio orizzonte e fa coincidere il mondo con se stesso, mettendosi al posto di Dio».

Quanto è sottile il filo che separa la fede dalla ragione?
«La fede senza la ragione rischia la creduloneria e la ragione senza la fede rischia la chiusura in se stessi. Ragione e fede devono andare a braccetto: sono come due ali che aiutano l’uomo a volare nel cielo della Verità».

C’è una spiegazione ai miracoli?
«Esistono fenomeni e interventi straordinari che non riusciamo a comprendere. E questo accade anche nell’ambito della ragione. Quante cose nell’universo non riusciamo a capire e andiamo avanti per ipotesi! L’oltre deve far parte anche dell’aldiqua. Una terra senza cielo è morta e un cielo senza terra è vuoto! Il mistero Gesù è la chiave di volta della comprensione del mondo, perché unisce il cielo alla terra».

Nella serie tv si parla anche di esorcismi e possessioni…
«Oggi vi è la tentazione di non rendersi conto della presenza del male, che è materia e spirito. Per i credenti il principe del male è il diavolo. La lotta contro questo spirito maligno, che ci avvolge e soggioga la società attraverso la violenza, deve essere risoluta. Non si tratta di intraprendere la via delle pozioni o delle magie, ma di abituarsi a rinunciare all’egoismo oppure ricorrere all’esorcismo».

Si parla di reincarnazione. Il passato può far capolino nel presente?

«La reincarnazione, a mio avviso, risponde a un bisogno profondo dell’uomo, che non vuole perdere i propri cari. Ebbene, la fede cristiana offre una risposta straordinaria a questo desiderio: crediamo nella vita eterna. La morte non ci separa dai nostri cari; restiamo in contatto anche nell’altra dimensione. Quando io amo una persona l’amo eternamente».

Il «Tredicesimo apostolo» della fiction dovrebbe salvare la Chiesa, che oggi vive un momento difficile: come pensa debba rinnovarsi?

«C’è urgente bisogno che si risvegli la fede. Dobbiamo riportare Gesù al centro della nostra vita, vivere e testimoniare il vero amore. È tempo che i sacerdoti diventino fontane di amore che riescono a dissetare i cuori. La grande sfida è realizzare il sogno di Gesù: che tutti siano felici. La Chiesa ha aperto un dialogo tra le religioni, esortando tutti a essere insieme pellegrini verso la verità. Non c’è pace tra le nazioni senza pace tra le religioni».

Cosa pensa del moltiplicarsi di credenze, misticismi e movimenti spirituali dedicati alla Madonna, come «IVI» e «Anima Universale», animate da preghiere gioiose?
«Mostra il bisogno di andare oltre la banalità che ci sta travolgendo. Questo richiamo alla Madonna attraversa tanti popoli. Di fronte a una società matrigna emerge il bisogno di una madre. Bella è la preghiera di Gesù nell’ultima cena: che tutti siano una cosa sola! C’è un solo Padre, che protegge la sua famiglia, quella di tutti i popoli della terra. È questo il sogno di cui abbiamo bisogno oggi, in un mondo globalizzato».

La parola a Claudio Gioè: «Chi osa è premiato»

Claudio Gioè, protagonista della fiction nei panni del gesuita Gabriel, è raggiante per il successo. «Un risultato che ci riempie di gioia e ci stimola a fare sempre meglio» commenta. «Il pubblico è diventato esigente, attento, critico ed espertissimo e ha premiato la qualità della fiction, che unisce evasione e temi importanti come fede e ragione. Per strada la gente mi fa i complimenti per i superpoteri del mio personaggio. C’è stato un piccolo calo fisiologico di ascolti nella seconda puntata, dovuto anche alla forte concorrenza sulle altre reti, ma è un ottimo risultato; è stata premiata la volontà di chi osa e sperimenta strade nuove». L’attore non si professa religioso: «Ho un profondo rispetto per chi crede, ma non seguo nessuna religione; ho il senso del sacro, che si può identificare anche con Dio, che mi proviene da uno spirito razionale e scientifico, che non impedisce di vedere la sacralità della vita». Claudio Gioè non ha seguito la fiction in tv: «Sono in tournée teatrale con “Eretici e corsari”, con Neri Marcorè nei panni di Giorgio Gaber e io in quelli di Pier Paolo Pasolini, tra poesie, canzoni, scritti, interviste e monologhi».
The Red baron
00mercoledì 18 gennaio 2012 17:48

Mi piace come Film

pensare che la prima volta avevo letto il 13° Apostata
Cristianalibera
00giovedì 19 gennaio 2012 10:08
Re:
The Red baron, 18/01/2012 17.48:


Mi piace come Film

pensare che la prima volta avevo letto il 13° Apostata




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Comunque Claudio Gioè è un un gran bel figo come attore, e si vede che con la Pandolfi ci sta bene.


Cristianalibera
00mercoledì 8 febbraio 2012 20:10
Ieri sera mi sarei quasi quasi perso la puntata,... tu l'hai vista RED?
Pensavo sin dall'inizio che l'infiltrato era lo Zio di Gabriel e non affatto Isaia. [SM=g28002]
Dicevo io che sono una depositaria... [SM=g7350]
Cristianalibera
00mercoledì 8 febbraio 2012 20:16
A parte che il film è pura fantasia , ma in quella storia viene associato Giordano Bruno alla massoneria esoterica:





Non deve sembrare arbitrario ed azzardato l’accostamento di Giordano Bruno alla Massoneria o, più correttamente, della Massoneria a Giordano Bruno, dal momento che la Massoneria è sicuramente debitrice a Bruno per quanto concerne alcuni contenuti iniziatici e la metodologia della ricerca interiore.
I Giordanisti
Bruno, senza dubbio, è l’espressione più alta di quel Rinascimento caldo – come scrive Matteo D’Amico nel Giordano Bruno - che dopo di lui si smarrisce e lentamente si dilegua, scomparendo nelle tenebre della storia, perciò in Bruno per l’ultima volta con tanta forza e coerenza si leva una visione qualitativa della vita, della natura, del Cosmo stesso, che proprio per questo diventano i luoghi ove è possibile un dionisiaco abbandono al Tutto in cui ogni cosa aspira a risolversi.
D’altro canto, la sua attività a sfondo iniziatico e politico lo porta alla fondazione di una setta d’iniziati, chiamati Giordanisti, che si radica in Germania e poi anche in Inghilterra, e che forse è una delle radici del movimento seicentesco dei Rosacroce. Del resto, non si può escludere che la Massoneria derivi proprio da questi circoli di Giordanisti, almeno per quanto riguarda, come abbiamo già detto, i contenuti.
Contro ogni autoritarismo
Occorre, inoltre, rammentare – come osserva la profonda studiosa inglese Frances A. Yates in Giordano Bruno e la tradizione ermetica – che Bruno venne alla ribalta verso la fine del XVI secolo, di quel secolo che vide terribili manifestazioni d’intolleranza religiosa e nel quale si cercò nell’ermetismo religioso un rifugio di tolleranza, una via – come continua la studiosa inglese – che portasse all’unione delle varie sette in lotta tra di loro. Nel sottofondo spirituale dell’epoca si muoveva, quindi, una contestazione contro tutte le imposizioni, le schiavitù della ragione, gli osanna delle fedi, per alimentare una rivolta, incruenta, contro ogni autorità che, degenerando in autoritarismo, tendeva a soggiogare la dignità e la libertà. Tale contestazione ideologica ebbe riflessi nell’evoluzione della Massoneria che dalla fase originaria detta operativa s’intrecciò con quella accettata, preludio a quella speculativa del 1717.
Il fenomeno dell’accettazione
L’accettazione di membri estranei all’arte della costruzione, espressione di ceti socialmente elevati e culturalmente e politicamente impegnati, determinò la rottura di quell’isolamento dal contesto sociale che era stato caratteristico delle Corporazioni, sin dal Medioevo. Si ridusse, in pratica, lo scarto tra corporazioni e società, in modo che la Massoneria non fu più tanto chiusa da non risentire i contraccolpi delle situazioni politiche, sociali, intellettuali e religiose e, d’altronde, le ideologie portate all’interno dai membri accettati non potevano rimanere a sé stanti, inerti, ma dovevano, bensì, fruttificare all’esterno, scontrandosi anche con alcune correnti di pensiero e con alcune leve di potere. L’accettazione, tuttavia, permise, da un lato, l’arricchimento del contenuto ideologico della Massoneria e, dall’altro, la verifica della propria validità iniziatica e contribuì a ricomporre le scomposte manifestazioni d’intolleranza religiosa e politica attraverso l’auspicato ripristino di un ordine sociale e morale meno corrotto e malvagio.
Il ruolo di Bruno
Ebbene, Giordano Bruno giunge in Inghilterra quando maggiori sono le inquietudini delle anime ed il marasma politico – siamo nel 1583 – e prende, subito, incondizionatamente, come base l’ermetismo magico egiziano, profetizza un ritorno alla tradizione egiziana grazie al quale le difficoltà religiose si comporranno in una soluzione nuova, propugna, infine, anche una riforma morale, accentuando l’importanza di buone opere sociali, di un’etica rispondente a criteri d’utilità sociale (Yates, op. cit.). A questo punto domandiamoci con la Yates: Dove mai si ritrova una simile sintesi religiosa, di solidarietà psicologica con il passato, di esaltazione delle buone opere, di adesione entusiastica alla religione ed al simbolismo degli egiziani? La risposta più immediata, la più ovvia, per la studiosa inglese non può essere che questa : Nella Massoneria, con il suo mitico collegamento coi muratori medievali, con la sua tolleranza, la sua filantropia ed il suo simbolismo egizio.
Siamo agli inizi del XVII secolo
La Massoneria, come istituzione ben caratterizzata, non appare, in realtà, che agli inizi del XVII secolo, ma certamente essa ebbe precedenti e tradizioni che risalgono molto indietro nel tempo. D’altro canto, il simbolismo e la tradizione egiziana si riferiscono in particolare ad Ermete Trismegisto e alla tradizione ermetico-alchemica, che sono alla base del contenuto iniziatico della Massoneria. Si può, quindi, ritenere che la dottrina e l’influenza di Bruno preparano ed elaborano i contenuti della Massoneria, avendo suscitato, con la sua opera svolta in Inghilterra (1583-1586 e 1586-1591) e in Germania (1586-1588), quegli impulsi attraverso i quali l’ermetismo rinascimentale, collegatosi ai “prisci theologi”, e tra questi soprattutto ad Ermete Trismegisto, confluì nei canali sotterranei delle società esoteriche.
Il pensiero del Nolano e la Massoneria
Giordano Bruno diviene, in tal modo, il fulcro della Massoneria cosiddetta moderna che poggia il suo messaggio su questi tre insegnamenti, che, conseguentemente, la riallaccia alla Philosophia perennis:
1) La rivalutazione ed il miglioramento dell’uomo.
2) La ricerca della Verità che risiede all’interno dell’uomo.
3) La glorificazione, attraverso un incessante travaglio interiore, del Grande Architetto dell’Universo, che i massoni chiamano G.A.D.U., ma non è altro che Dio.
Queste tre componenti dobbiamo ritrovare nell’opera di Bruno, se vogliamo che tale accostamento non sia una semplice ed opinabile interpretazione. Non è così, perché proprio dagli scritti di Bruno emerge, in modo chiaro e netto l’importanza, ad esempio, della ricerca interiore, che Bruno chiama potere interiore e che pone l’uomo al centro della conoscenza e dell’esperienza. Infatti, nel De imaginum composition” scrive il Nolano: Perché, dico io, così pochi comprendono ed apprendono il potere interiore?.. Colui che vede in sé stesso tutte le cose è, al tempo stesso, tutte le cose. Queste espressioni necessitano di una spiegazione, e per meglio comprenderle, anche per impadronirsi già del pensiero di Bruno, è utile riportare altri due passi: uno, tratto da Lo spaccio de la bestia trionfante : Iddio tutto è in tutte le cose. E l’altro da De la causa, principio e uno : Il sommo bene, il sommo appetibile, la somma perfezione, la somma beatitudine consiste nell’unità che complica il tutto... voglio che notiate essere una e medesima scala per la quale la natura descende alla produzione delle cose, e l’intelletto ascende alla cognizione di quelle; e che l’una e l’altra da l’unità procede all’unità passando per la moltitudine di mezzi. Se fermiamo l’attenzione su questi tre passi, possiamo comprendere in cosa consista per Bruno il potere interiore, che è correlato all’unità di tutte le cose, anticipando quasi la visione ecologica che è oggi al centro della conoscenza e della scienza.
Correlazione tra Dio, Uomo e Natura
Il rapporto tra Dio e Uomo e Natura non è di dipendenza né di subordinazione in senso stretto ma appunto di correlazione, sino a giungere, in particolari condizioni di risveglio interiore, alla’identificazione, alla somiglianza, collegandosi, questa volta, alla spiritualità orientale, upanishadica e all’omòiosis tò theò del Corpus Hermeticum.
La rivalutazione dell’uomo, pertanto, non può essere sganciata dalla relazione con il divino e proprio questo rapporto ne amplia la dimensione. Sebbene molti studiosi ritengano che nel Rinascimento vi sia stata un’emarginazione della divinità, o addirittura la negazione della trascendenza divina, non si può, tuttavia, disconoscere che la dignità ed il valore dell’uomo possono avere un senso se riferiti e proiettati verso un Ente Supremo, inteso quest’ultimo non tanto come un Dio personale ma come Principio, conformemente a quanto sostiene Pico della Mirandola, quando dichiara: Reditus uniuscuisque rei ad suum principum.
Divinità, come traguardo finale della Conoscenza,
Tale concetto rimane sempre valido, si vuole solo riportare il divino da un piano trascendente ad uno immanente, divinizzando uomo e natura, così com’è scritto nel Corpus Hermeticum ed affermato nella tradizione alchemica. Questo rapporto Dio-Uomo-Natura può prefigurare, a prima vista, una forma di panteismo (questa fu l’accusa lanciata contro Bruno ed anche contro Cusano); si tratta piuttosto – come abbiamo già detto – di un tipo di immanentismo in cui il principio eterno è riportato non ad un’entità esterna e al di fuori del mondo ma immerso, celato all’interno dell’uomo e delle cose, come sostiene appunto Bruno nella Cena delle ceneri : Già avendola contratta in sé non era necessario cercar fuori di sé la divinità.
Krause
Questa posizione di Bruno, approfondendola, sembra anticipare di alcuni secoli la concezione formulata da Krause nel 1800 e che va sotto il nome di Panenteismo, la cui definizione è questa:
Dottrina che, senza confondere il mondo con Dio come fa il panteismo, non lo vuole tuttavia separato dalla sostanza divina. Dio non si esaurisce nel mondo, che n' è l’estrinsecazione empirica, ma è in tutto, immanente e trascendente nello stesso tempo. La concezione panenteistica, tipica, tra l’altro, di tutta la spiritualità orientale, ed upanishadica in particolare, riconduce la speculazione filosofica rinascimentale nell’alveo della Tradizione che sempre ha privilegiato l'aspetto interioristico, per cui il Dio/Verità è dentro l’uomo e solo là va ricercato. E’ questo primato dell’interiorità che giustifica la ricerca interiore, permettendo di comprendere ed assimilare l’Unità del Tutto.
Il Deus Naturaque di Bruno
Nell’Uno/Tutto, che Bruno chiama Deus Naturaque, non vi è dualità e - quindi – distinzione sostanziale tra soggetto ed oggetto, in quanto Tutto è sì l’oggetto dell’Uno, ma non è Altro rispetto all’Uno; è un po’ il concetto del G.A.D.U., del Grande Architetto dell’Universo, della Massoneria, in cui il Grande Architetto è Uno e l’Universo è il Tutto e tra l’uno e l’altro, grazie alla magia geometrica dell’architettura, vi è una splendida reciprocità. Il Deus Naturaque diviene, così, la raffigurazione simbolica del G.A.D.U., il simbolo iniziatico della Realizzazione, in quanto riafferma, come punto d’arrivo della Conoscenza, la risoluzione degli opposti, l’androginia della Verità. Nel Tutto vi è, pertanto, il riflesso dell’Uno, in quanto – scrive Bruno ne Gli eroici furori - tutto è pieno di divinità, verità, entità, bontà, e continua ancora [...] dalla monade che è la divinitate procede questa monade, che è la natura, l’universo, il mondo. Tra l’infinito divino e l’infinito della natura non vi è, dunque, opposizione, ma un’armonica unità, in modo che tutta la realtà può essere compresa, appunto, nel Deus Naturaque, nella cui intima struttura si ha la già proclamata risoluzione di ogni contrario, perché in esso: [...] si contempla l’armonia e la consonanza de tutte le sfere, intelligenze, muse e instrumenti, dove il cielo, il moto de’ mondi, l’opre della natura, il discorso de gli intelletti, la contemplazione de la mente, il decreto della divina provvidenza, tutti d’accordo celebrano l’alta e magnifica vicissitudine, che agguaglia l’acqui inferiori a le superiori, cangia la notte con il giorno e il giorno con la notte, a fin che la divinità sia in tutto nel mondo con cui tutto è capace di tutto, e l’infinita bontà infinitamente si communiche secondo tutta la capacità de le cose.
Il pensiero ermetico
Il Deus Naturaque di Bruno, orbene, con la diversità risolta nell’unità e con l’analogia tra macro e microcosmo richiama, anche, la Tavola di smeraldo di Ermete Trismegisto: Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per il miracolo della Cosa Una. Se, quindi, la concezione unitaria di Bruno si sovrappone a quella ermetica, che in realtà è stata il punto di partenza, non diverso deve essere il punto d’arrivo che, nella concezione ermetica, si rende concreto nella trasfigurazione dell’Anima e, pertanto, in una via iniziatica di trasformazione interiore.
Conosci te stesso
L’uomo, in altri termini, deve cercare di trovare in se stesso gli intimi legami con l’Uno-Tutto attraverso una profonda conoscenza di se stesso: ecco il potere interiore di cui parla Bruno, che trova riscontro nella impietosa indagine coscienziale che ogni massone deve compiere per ritrovare, nei meandri più riposti del proprio essere, l’occultum lapidem. V.I.T.R.I.O.L., visita interiora terrae rectificandoque invenies occultum lapidem, questo è il travaglio del massone, che sembra davvero il retaggio del viaggio di Bruno, che non è né semplice né facile, ma deve in ogni caso avere la consapevolezza della sua divinità, della divinità – dice Bruno – che risiede in noi per forza del riformato intelletto e voluntate.
L’uomo, cioè, deve unificarsi, reintegrarsi nel Principio, che è proprio dentro di lui stesso, liberandosi della zavorra della sua componente fisico-psichica.
Ernesto Laudicina

fonte
principessac
00mercoledì 8 febbraio 2012 20:43
la chiesa pur di far parlare di se tira in ballo pure un telefilm di fantasia [SM=g7352] [SM=x2630433]
The Red baron
00mercoledì 8 febbraio 2012 21:20
Re:
Cristianalibera, 08/02/2012 20.10:

Ieri sera mi sarei quasi quasi perso la puntata,... tu l'hai vista RED?
Pensavo sin dall'inizio che l'infiltrato era lo Zio di Gabriel e non affatto Isaia. [SM=g28002]
Dicevo io che sono una depositaria... [SM=g7350]




Si visto,

tirando le somme la trovo una serie riuscita

8 come voto finale
Cristianalibera
00giovedì 9 febbraio 2012 20:01
Re: Re:
The Red baron, 08/02/2012 21.20:




Si visto,

tirando le somme la trovo una serie riuscita

8 come voto finale



www.social.mediaset.it/2012/02/09/il-tredicesimo-apostolo-la-seconda-serie-si-fara-grande-successo-in-tv-su-facebook-e-su-...


Il Tredicesimo Apostolo: la seconda serie si farà! Grande successo in tv, su Facebook e su Twitter




Il pubblico ha premiato questa fiction dal sapore innovativo, dove il soprannaturale si fonde con il mistero, la fede e la ragione. L’ultima puntata è stata seguita da oltre 6 milioni di telespettatori.
Un successo che ha varcato i confini della tv e ha travolto anche la Rete: per la prima volta una serie tv ha aperto un profilo su Twitter e la pagina Facebook ha raggiunto in 6 settimane ben 30mila fan e un bacino complessivo di oltre 6 milioni di utenti.
Forti di questi numeri, ha annunciato Giancarlo Scheri, Direttore Fiction Mediaset, “Abbiamo già dato il via alla seconda serie, sempre firmata Taodue”.
Non ci resta che aspettare il ritorno di padre Gabriel e Claudia!

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Secondo me se la guardano pure gli atei... [SM=g2490071] [SM=g2490071] [SM=g2490071] [SM=g2490071]



Cristianalibera
00venerdì 10 febbraio 2012 18:23
Re:
principessac, 08/02/2012 20.43:

la chiesa pur di far parlare di se tira in ballo pure un telefilm di fantasia [SM=g7352] [SM=x2630433]



Dietro ogni fantasia può esserci anche del vero. [SM=g28004]


Cristianalibera
00venerdì 10 febbraio 2012 18:41
Nel film si gira tutto un po' su una misteriosa edizione speciale della commedia teatrale di Giordano Bruno, "il Candelaio" che costituirebbe l'anti-evangelo, che però nulla ha che fare con il suo originale.

Ma il candelaio cos'è?

"Il Candelaio”, la summa dell’arte e della filosofia di Giordano Bruno "




Nato in Campania, a Nola, nel 1548 e morto tragicamente a Roma il 17 febbraio del 1600, quando fu arso vivo sulla piazza di Campo dei Fiori, Giordano Bruno è una delle personalità più forti, ingombranti e carismatiche del XVI secolo.

Frate dell’ordine dei Domenicani, filosofo dall’acuto ingegno e scrittore, Bruno è divenuto un simbolo universale, martire della libertà di pensiero. Fu condotto al rogo con la lingua imprigionata in una morsa, perchè non potesse parlare, estremo segno della negazione alla libertà di parola. Ci piace pensare che, se così non fosse stato, Giordano Bruno avrebbe gridato fino all’ultimo istante di vita la sua verità, troppo relativa e relativistica per essere accettata da quei tempi.

Una parte di quella rivoluzionaria visione, presente in gran parte nei trattati in lingua latina e nei dialoghi cosmologici e morali, permea anche le pagine de Il Candelaio, commedia in volgare scritta e pubblicata a Parigi nel 1582. Il filosofo nolano adopera la scrittura drammaturgica come strumento per analizzare la varietà dei comportamenti, lente d’ingrandimento per mettere a fuoco vizi e follie della società.

Il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si muta, nulla s’annichila

È un aforisma dell’opera, che ben mette in luce il senso del pensiero dell’autore: nulla è fisso e assoluto, il mondo è dominato dalla necessità della mutazione. Gli schemi classici della commedia, canonizzati da Aristotele, vengono completamente sconvolti. Ad uno sviluppo lineare, basato su una sola vicenda, si sostituisce un intreccio di tre storie parallele; le unità di luogo e di tempo non esistono più.

La commedia ruota attorno alle avventure di Bonifacio (è lui il “candelaio” per esplicite abitudini omosessuali!), che trascura la moglie Carubina per dedicare le proprie attenzioni alla cortigiana Vittoria; di Bartolomeo, alchimista tutto preso dalla passione per i metalli e dall’illusione di trasformarli in oro; e di Manfurio, pedante maestro di grammatica che vive in una realtà tutta sua. Su tutti si erge la figura di Gioan Bernardo, il pittore che organizza le beffe ai danni dei tre personaggi.

La follia dei personaggi della commedia si sprigiona con una forza, misto di cinico e grottesco, rara nella storia del teatro italiano. Di fronte a questo mondo senza ordine, in continua mutazione, la scrittura di Giordano Bruno reagisce con un risata sarcastica che contiene in sè la consapevolezza della fragilità dei confini tra realtà e finzione, ragione e pazzia. E sembra, in definitiva, riconoscere la necessità della violenza cieca che regna sulle cose e che ben si palesa nel lessico, molto materiale, spesso “crudo”, ma che ha indubbiamente contribuito alla fama imperitura della commedia.


Articolo

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Vorrei spendere solo due parole in più sulla frase grassettata di Bruno:

Il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si muta, nulla s’annichila

Con questa frase Giordano Bruno secondo me voleva esprimere una concezione che vede nel tempo e dell'eterno mutamento-circolazione delle cose un giudice che tutto toglie e tutto dà.
Ed è a questo giudice che Bruno affida anche la sua storia, ed infatti è cosi, da eretico diverrà martire del libero pensiero, non s’annichila ma si muta lui stesso.















Cristianalibera
00martedì 4 settembre 2012 15:01
Il tredicesimo apostolo 2 stagione: a Giugno cominciano le riprese




www.blogapuntate.it/post/22009/il-tredicesimo-apostolo-2-stagione-a-giugno-cominciano-le...



Cristianalibera
00giovedì 11 luglio 2013 12:40
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