IL FALLIMENTO DELLO STATO

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.Antisocial.
00mercoledì 7 febbraio 2007 10:40


A tre giorni dalla tragica morte dell'ispettore raciti alcune considerazioni s'impongono.
Leggiamo che il governo, spinto dalla comprensibile emozione suscitata dai fatti di Catania, s'appresta ad adottare misure repressive volte ad arginare la violenza negli stadi.
Serviranno a qualcosa ?
C'é da dubitarne.
Poniamoci infatti questa elementare domanda: l'ambiente dello stadio e dei c.d. ultras è forse un corpo separato ed estraneo alla società in cui viviamo? Provengono forse dal pianeta Marte i frequentatori più scatenati delle gradinate ?
Evidentemente no.
Ed allora occorre chiedersi il perchè di questo rabbioso scatenarsi di violenza contro le polizia e carabinieri.
Scriveva Antoine de Rivarol, il più raffinato cronista francese all'epoca della rivoluzione giacobina: i popoli che cessano di stimare cessano d'obbedire.
Non viene in mente a nessuno dei sociologi d'accatto che hanno riempito coi loro bla-bla gli spazi giornalistici e televisivi che la violenza e la ribellione contro le forze dell'ordine altro non sono che la manifestazione acuta ed estrema dell'insofferenza deille persone nei confronti dello Strato, delle istituzioni o di ciò che é ritenuto tale ?
I commentatori hanno ricollegato i fatti di Catania ad asserite condizioni di disagio sociale giovanile quasi che le violenze fossero motivate da un disagio economico. Balle; oggi sappiamo - ma era intuibile - che molti arrestati provengono da famiglie di professionisti. Ed allora non temiamo la verità e diciamola chiaramente: le rivolte contro la polizia così come le ormai generalizzate elusioni alle regole amministrative (da quelle più importanti quali quelle fiscali e civili fino alle più elementari norme sul traffico) o la violazione delle più semplici regole di educazione e di civismo in ogni ambiente, a cominciare dalla scuole e dalle famiglie costituiscono - giustificate, pretestuose o teppistiche che siano queste condotte - molteplici, differenziati ma univoci aspetti d'una generale insofferenza - se non di vero e proprio odio - nei confronti di chi, secondo la massima di Rivarol, non può più essere obbedito perchè non é più stimato, ossia lo Stato e il sistema di regole ch'esso ha creato e che ne costituisce la più evidente manifestazione.
Chi evade le tasse, chi lancia sassi o petardi contro la polizia, chi non rispetta le regole, comunali o statali,chi cerca di sfuggire a controlli ed imposizioni da chiunque sanciti certamente cerca di realizzare un proprio fine individualistico (tenersi i soldi in tasca, fare il proprio comodo, soddisfare una rabbia repressa) ma con altrettanta certezza ciò compie perché vede nello Stato ed in ciò che lo manifesta o lo rappresenta un nemico, un intruso, capace solo di chiedere ma che non dà nulla.
Lo Stato oggi è visto come quiello che ti sfila i soldi dalle tasche, che ti manda le bollette da pagare, che ti spia le telefonate, che ti controlla ogni volta che ti metti al volante, che ti crea, colla sua farraginosa burocrazia, lacci ed intralci ad ogni attività che s'intende intraprendere e che, però, non é capace di far funzionare decentemente ospedali, tribunali, scuole, treni, sistemi pensionistici.
Quello stesso Stato che, ormai da tempo immemorabile, ha abdicato al suo primario ed irrinunciabile dovere, quello della difesa del principio d'autorità, a cominciare dalla sua.
Che ne è rimasto di questo sacrosanto principio, pilastro d' ordine e d'etica, nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi di lavoro ?
E quale senso "autorità" - e dunque d'obbedienza - può oramai ispirare uno Stato i cui governanti, per decenni, hanno di tutto fatto per essere spernacchiati, disprezzati, sputtanati ?
E che stima ed "autorità" possono mai suscitare i c.d. rappresentanti del popolo, quei c.d. "onorevoli" che, da qualunque gruppo provengano, si distinguono solo per apparizioni in programmi televisivi cretini, per uso di droghe, per auto-aumenti di emolumenti, per assenteismo nei dibattiti delle aule parlamentari, senza contare clientele e corruzioni ?
Quale rispetto, quale stima, quale senso di obbedienza possono mai suscitare simili classi dirigenti ?
Quale senso civico può aver mai radicato negl'italiani una ormai quarantennale politica di criminale dissuasione al rispetto, all'esercizio dell'autorità, alla gerarchia, al merito ?
Intere generazioni sono state abituate alla desponsabilizzazione della coscienza, fin dai primi passi nella vita: l'abolizione dei voti a partire dalle scuole inferiori, l'abolizione d'ogni punizione, anche simbolica, nelle famiglie e nelle scuole costituiscono un fenomeno del tutto analogo - e dagli stessi nocivi effetti - a quello della sostanziale inapplicabilità della pena a chi delinque, della sostanziale impunità di chi viola le regole amministrative e civili.
Tutto ciò ha determinato nell'animo degl'italiani un sentimento di banalizzazione dell'autorità che ha costituito il primo passo verso la disistima e il disprezzo delle istituzioni.
Disprezzo e disistima del tutto meritati ma che persone innocenti sono costrette a pagare.
Non sappiamo se chi ha scagliato la bomba carta o la pietra contro il povero ispettore di polizia voleva uccidere, la morale della storia non cambierebbe molto.
E' certo però che ciò che ha innescato quell'arma è una mefitica combinazione di canagliesca viltà e di cialtronesca insipienza che intere classi di governanti hanno espresso in questi ultimi decenni.
Questo governo adotti pure tutte le misure che crede; non otterrà nulla. Il sistema - ci ripugna anche chiamarlo "Stato" - che oggi il governo Prodi cerca di gestire ha già da tempo perduto ogni stima e nessuno ormai gli obbedisce e gli obbedirà più.

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IL FALLIMENTO DELLO STATO

A tre giorni dalla tragica morte dell'ispettore raciti alcune considerazioni s'impongono.
Leggiamo che il governo, spinto dalla comprensibile emozione suscitata dai fatti di Catania, s'appresta ad adottare misure repressive volte ad arginare la violenza negli stadi.
Serviranno a qualcosa ?
C'é da dubitarne.
Poniamoci infatti questa elementare domanda: l'ambiente dello stadio e dei c.d. ultras è forse un corpo separato ed estraneo alla società in cui viviamo? Provengono forse dal pianeta Marte i frequentatori più scatenati delle gradinate ?
Evidentemente no.
Ed allora occorre chiedersi il perchè di questo rabbioso scatenarsi di violenza contro le polizia e carabinieri.
Scriveva Antoine de Rivarol, il più raffinato cronista francese all'epoca della rivoluzione giacobina: i popoli che cessano di stimare cessano d'obbedire.
Non viene in mente a nessuno dei sociologi d'accatto che hanno riempito coi loro bla-bla gli spazi giornalistici e televisivi che la violenza e la ribellione contro le forze dell'ordine altro non sono che la manifestazione acuta ed estrema dell'insofferenza deille persone nei confronti dello Strato, delle istituzioni o di ciò che é ritenuto tale ?
I commentatori hanno ricollegato i fatti di Catania ad asserite condizioni di disagio sociale giovanile quasi che le violenze fossero motivate da un disagio economico. Balle; oggi sappiamo - ma era intuibile - che molti arrestati provengono da famiglie di professionisti. Ed allora non temiamo la verità e diciamola chiaramente: le rivolte contro la polizia così come le ormai generalizzate elusioni alle regole amministrative (da quelle più importanti quali quelle fiscali e civili fino alle più elementari norme sul traffico) o la violazione delle più semplici regole di educazione e di civismo in ogni ambiente, a cominciare dalla scuole e dalle famiglie costituiscono - giustificate, pretestuose o teppistiche che siano queste condotte - molteplici, differenziati ma univoci aspetti d'una generale insofferenza - se non di vero e proprio odio - nei confronti di chi, secondo la massima di Rivarol, non può più essere obbedito perchè non é più stimato, ossia lo Stato e il sistema di regole ch'esso ha creato e che ne costituisce la più evidente manifestazione.
Chi evade le tasse, chi lancia sassi o petardi contro la polizia, chi non rispetta le regole, comunali o statali,chi cerca di sfuggire a controlli ed imposizioni da chiunque sanciti certamente cerca di realizzare un proprio fine individualistico (tenersi i soldi in tasca, fare il proprio comodo, soddisfare una rabbia repressa) ma con altrettanta certezza ciò compie perché vede nello Stato ed in ciò che lo manifesta o lo rappresenta un nemico, un intruso, capace solo di chiedere ma che non dà nulla.
Lo Stato oggi è visto come quiello che ti sfila i soldi dalle tasche, che ti manda le bollette da pagare, che ti spia le telefonate, che ti controlla ogni volta che ti metti al volante, che ti crea, colla sua farraginosa burocrazia, lacci ed intralci ad ogni attività che s'intende intraprendere e che, però, non é capace di far funzionare decentemente ospedali, tribunali, scuole, treni, sistemi pensionistici.
Quello stesso Stato che, ormai da tempo immemorabile, ha abdicato al suo primario ed irrinunciabile dovere, quello della difesa del principio d'autorità, a cominciare dalla sua.
Che ne è rimasto di questo sacrosanto principio, pilastro d' ordine e d'etica, nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi di lavoro ?
E quale senso "autorità" - e dunque d'obbedienza - può oramai ispirare uno Stato i cui governanti, per decenni, hanno di tutto fatto per essere spernacchiati, disprezzati, sputtanati ?
E che stima ed "autorità" possono mai suscitare i c.d. rappresentanti del popolo, quei c.d. "onorevoli" che, da qualunque gruppo provengano, si distinguono solo per apparizioni in programmi televisivi cretini, per uso di droghe, per auto-aumenti di emolumenti, per assenteismo nei dibattiti delle aule parlamentari, senza contare clientele e corruzioni ?
Quale rispetto, quale stima, quale senso di obbedienza possono mai suscitare simili classi dirigenti ?
Quale senso civico può aver mai radicato negl'italiani una ormai quarantennale politica di criminale dissuasione al rispetto, all'esercizio dell'autorità, alla gerarchia, al merito ?
Intere generazioni sono state abituate alla desponsabilizzazione della coscienza, fin dai primi passi nella vita: l'abolizione dei voti a partire dalle scuole inferiori, l'abolizione d'ogni punizione, anche simbolica, nelle famiglie e nelle scuole costituiscono un fenomeno del tutto analogo - e dagli stessi nocivi effetti - a quello della sostanziale inapplicabilità della pena a chi delinque, della sostanziale impunità di chi viola le regole amministrative e civili.
Tutto ciò ha determinato nell'animo degl'italiani un sentimento di banalizzazione dell'autorità che ha costituito il primo passo verso la disistima e il disprezzo delle istituzioni.
Disprezzo e disistima del tutto meritati ma che persone innocenti sono costrette a pagare.
Non sappiamo se chi ha scagliato la bomba carta o la pietra contro il povero ispettore di polizia voleva uccidere, la morale della storia non cambierebbe molto.
E' certo però che ciò che ha innescato quell'arma è una mefitica combinazione di canagliesca viltà e di cialtronesca insipienza che intere classi di governanti hanno espresso in questi ultimi decenni.
Questo governo adotti pure tutte le misure che crede; non otterrà nulla. Il sistema - ci ripugna anche chiamarlo "Stato" - che oggi il governo Prodi cerca di gestire ha già da tempo perduto ogni stima e nessuno ormai gli obbedisce e gli obbedirà più.



Avv. Gianni Correggiari






[Modificato da .Antisocial. 07/02/2007 12.16]

pollicinonelbosco
00mercoledì 7 febbraio 2007 11:54
sicuramente in parte è cosi', ma di chi è l'articolo? non c'è il nome.
.Antisocial.
00mercoledì 7 febbraio 2007 12:17
soddisfatto? [SM=g27829]
pollicinonelbosco
00mercoledì 7 febbraio 2007 13:54
Re:

Scritto da: .Antisocial. 07/02/2007 12.17
soddisfatto? [SM=g27829]



SI MA NON LO CONOSCO....comunque dice cose condivisibili e acute-
.Antisocial.
00mercoledì 7 febbraio 2007 14:01
e che ce posso fa io se non lo conosci
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