I grandi passi di Adriana, dal silenzio alla poesia

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vanni-merlin
00venerdì 3 febbraio 2006 00:23
I grandi passi di Adriana, dal silenzio alla poesia

Adriana è cerebrolesa e non parla, ma grazie alla “comunicazione facilitata” promossa dalla Provincia di Roma ha un canale per far passare pensieri e parole. I suoi versi, scritti con tastiera e mouse, premiati ad un concorso di poesia regionale

da: www.superabile.it/Superabile/Societa/senza+parole.htm



ROMA - "Dopo l'immensa fatica ad accettare la disabilità, una diagnosi spesso del tutto negativa, è sconvolgente rimettersi in discussione e capire che il proprio figlio è intelligente". Inizia così il racconto di una mamma che ha visto rinascere una figlia che, a causa di una cerebrolesione, oltre alle gravi difficoltà motorie era priva di ogni linguaggio e semplicemente sembrava non capire. Adriana, questo il nome della ragazza, fino a 14 anni non ha pronunciato una parola. Oggi, grazie al sostegno di una facilitatrice alla comunicazione, formata al "Centro studi e ricerca neuroriabilitazione" di Roma, riesce a digitare su una tastiera portatile con un piccolo monitor, quello che vuole dire. All'età di 22 anni frequenta il secondo anno di un istituto superiore per grafici pubblicitari a Roma, seguendo il normale curriculum di studi e lo scorso anno ha vinto un concorso regionale di poesia, destando la sorpresa della giuria, quando chi le aveva assegnato il premio ha scoperto che il testo era stato scritto da una ragazza che non poteva parlare né muoversi, ma che ciononostante pensava e provava sentimenti in rima baciata con i versi premiati.



Maria Romano, la madre di Adriana, è orgogliosa dei passi in avanti della figlia e racconta: "Dalla nascita Adriana non parlava, né indicava, si faceva capire magari piangendo e noi interpretavamo quei pianti per capire se voleva mangiare, dormire, o se aveva sete. Dopo molte terapie riabilitative all'età di 14 anni abbiamo incontrato il metodo della facilitazione della comunicazione della dottoressa Benassi, grazie ad un passaparola tra genitori".



L'inizio non è stato facile, Adriana non riusciva a muovere nemmeno l'indice per digitare le lettere e i genitori erano alquanto scettici. Racconta Maria: "Ha impiegato un anno e mezzo per indicare le lettere. La facilitatrice le teneva tutto il braccio e il dito. Eravamo increduli. Quando andavamo a scrivere, così dicevamo noi, io chiedevo ad Adriana cose che poteva sapere solo lei, in modo che la facilitatrice non poteva influenzare le risposte. Chiedevo ad esempio cosa aveva fatto a scuola, dove c'era solamente l'insegnante di sostegno e lei, non c'ero né io né la dottoressa Benassi, e quando ci dava le risposte erano veritiere. Mano mano ci siamo ricreduti: Adriana pensava realmente le cose che scriveva".



Accettare l'intelligenza di un figlio con disturbi generalizzati dello sviluppo è tutt'altro che automatico e la madre di Adriana ne parla addirittura come di un passaggio sconvolgente: "Dopo l'immensa fatica ad accettare la disabilità, una diagnosi spesso del tutto negativa, è sconvolgente rimettersi in discussione e capire che il proprio figlio è intelligente". La stessa incredulità era inizialmente diffusa tra le insegnanti della scuola media quando cercarono di inserire in classe il metodo della dottoressa Benassi, la quale spiega: "Prima della nostra sperimentazione sembravano persone che non capivano, che non avevano un sistema simbolico formato, quindi sembrava impossibile che potessero comprendere il linguaggio che tutti noi utilizziamo, il linguaggio scritto, in alternativa al linguaggio verbale che non hanno mai potuto sviluppare".



Negli anni Adriana ha fatto enormi progressi. Inizialmente la facilitatrice le spostava anche il dito sulla tastiera, oggi le tiene soltanto una mano dietro il collo e Adriana scrive in autonomia i suoi pensieri. Antonietta Monfalchetto e Fulvia Russiello sono le sue insegnanti di sostegno e si dicono soddisfatte dei risultati, dovuti anche alla loro assidua presenza in classe, 12 ore settimanali cui si aggiungono le 18 della facilitatrice.



Antonietta nota come "sono diminuiti i comportamenti problematici che i ragazzi come Adriana presentano, dovuti non tanto ad una problematica del ragazzo ma all'impossibilità di relazionare. Quando le ore di sostegno erano inferiori, qualche docente non riusciva a gestirla, non perché lei non fosse in grado a stare in classe, ma perché era impossibilitata a comunicare e quindi si ribellava. Oggi non solo comunica ma relaziona, è più autocritica, accetta il voto basso all'interrogazione, si mette in discussione".



Per l'altra insegnante, Fulvia, "i ragazzi come Adriana che non comunicano verbalmente e hanno difficoltà motorie, hanno nella conoscenza la loro strada principale per il futuro, una collocazione lavorativa è a volte inimmaginabile. E in questo percorso si inserisce l'intervento della scuola, che ha dato loro uno strumento per comunicare e ha contribuito ad usare quello strumento per comunicare".



Probabilmente Adriana non troverà un lavoro anche se nel giro di due anni conseguirà il titolo di grafica pubblicitaria, ma quello che conta, conclude la madre Maria, è che "continua a fare una vita più normale possibile tra i suoi compagni. Lei comunica, ci racconta quello che vuole, ci dice quello che non vuole, i suoi pensieri, i suoi sentimenti, lei è viva".


(Gabriele Del Grande)
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