I predecessori del nobile Guglielmo, con sforzi e sacrifici, erano riusciti nell'occupazione di parte delle terre degli infedeli. La nobile stirpe Normanna ora governava parte della berbera Ifirqija e parte della Libia abitata solo da allevatori di cammelli.
Le uniche città degne di nota in questo gran territorio erano Mahdia
ove governator era Riccardo della nobile casata Drengot
e Tripoli di Libia, che retta era dal giovane Roberto III Drengot
In queste afriche terre tuttavia, il saggio Re non aveva gran comando, forse perché, li governatori, pensando che il mar creasse gran distanza, sentivano quelle terre come proprie.
Le missive del buon Re arrivarono, ma i governatori di quelle terre, accamparono scuse, disperando la scarsità di uomini e mercanzie.
In realtà questo sol in parte era il vero. Pochi uomini c'erano, ma le risorse non erano sfruttate. Quindi fece grandi pressioni affinché almeno nella regione di Tripoli venisse costruito un molo, mentre, non appena venne a sapere che nella regione di Mahdia pochissimi erano i giusti, fece arrivar da Tripoli il santo cardinal Romualdo
nella speranza che con al sua beata predicazione portasse sulla retta Via un gran numero di infedeli.
Mentre il Re e la sua corte venivano occupati dalle afriche faccende, i prodi comandanti Maione e Boemondo si prepararono ad assediar la Respublica picena. L'esercito che ducevano era in vero assai esiguo,
in confronto a quello piceno,
tuttavia Maione volle partire immediatamente, dicendo che la forza di Dio avrebbe permesso loro di sterminare quanti più nemici possibili.
In realtà Maione non era uno stolto. Egli sapeva di non aver forze per assaltar la città, ma era convinto che quegli incoscienti marinai, visto l'esiguo esercito, avrebbero attaccato al più presto. E così fu.
Boemondo in realtà non approvava il progetto del suo pari, ma poichè egli era stato nominato comandante supremo, da buon soldato si attenne agli ordini.
Subito la pugna parve aspra.
I marinai avevano addestrato buone truppe, e il lor comandante non era affatto un vile.
Maione, notata l'esiguità dei suoi armati, li fece arretrare di qualche centinaia di passi dalla città, per poter meglio utilizzare la sua devastante cavalleria.
Nel mentre che egli caricava il general nemico,
il canuto Boemondo faceva stragi dei lancieri nemici
Ma il general sapeva che non poteva a lungo scontrarsi con questi, perchè, si pari di forza, solo l?onnipotente sapeva chi sarebbe prevalso.
Decise quindi di utilizzar l'astuzia. Si ritirò e il general nemico lo inseguì, finendo proprio contro i baldi sergentes, ne seguì una mischia furibonda
Il general piceno appariva un demonio per come combatteva, mientendo uomini su uomini, ma le sue truppe non erano alla sua altezza.
Dopo aver sterminato gran parte de i nemici, i due cavalieri attaccarono da tergo il comandante avversario, chiudendolo in una morsa di morte.
Dopo almeno un'ora di strenua resistenza il valoroso generale cadde
I suoi uomini, ormai privi di ogni guida, incominciarono a fuggire.
E Maione cavalcò trionfante verso la città.
Chiunque si arrese fu risparmiato e la città non fu saccheggiata. Anzi, a chiunque avesse usato violenza di qualunque tipo sarebbe spettata la morte.
I nobili piceni, vista questa gran dimostrazione di cavalleria, appoggiarono in massa i due vittoriosi Generali, allo stesso modo inneggiati dal popolino.
La notizia portò grande gioa al Re, molto indignato per l'arroganza dei rampolli Drengot.
Il Re avrebbe voluto i due valorosi a corte, per poterli omaggiare in maniera a lor adatta, ma Maione rifiutò l'onore. Egli aveva già messo gli occhi sulla città di Bologna, e per questo vi aveva mandato la sua fidata spia.
Nel mentre il Re non si era di certo fermato nel regolare le relazioni con gli stati esterni:
poco tempo prima aveva mandato l'acuto Matteo Ajello a parlamentare con gli infedeli moreschi, con i quali aveva conseguito vantaggiosi accordi commerciali e scambi di mappe.
Il concilio de Grandi del Regno aveva proposto al re di conseguire un'alleanza con i fidi marinai pisani, che già da lungo tempo rifornivano i nostri magazzini con ottima merce.
Dunque il Re inviò istruzioni al fidato Tiziano che subito trovò il giusto accordo con la Respublica pisana.
I nobili erano sì entusiasti che arrivarono a offrire come dono ben 1000 bisanti alla Corona. Dono quanto mai gradito in questo periodo di strettezze.
Poco dopo venne firmata un'alleanza con le genti della pianura padana. In realtà il Re non provava alcun affetto per questi popoli, ma aveva bisogno di una stabile situazione per potersi espandersi e consolidare la propria potenza nel Nord Italia.
La riforma economica continuava. Già le maestranze avevano costruito moli nelle città di Tripoli, Reggio e Rossano,
ma il regno tutto sembrava un enorme cantiere, dove venivano applicate le arti più avanzate, frutto del confronto con Saraceni e Greci, tanto che nessun altro Regno poté dirsi più colto e avanzato di quello Normanno.
PS
RINNOVO LA RICHIESTA DI CORREZIONE DEL TITOLO E DEL PRIMO BANNER DA PARTE DI UN MODERATORE
Grazie