Historia Messenia: De magnitudo et potentia Regni Siciliae

Keirosophos
00venerdì 7 ottobre 2011 16:38
AAR Normanna per BC 6.2 con recruiment mod e nomi in alfabeto greco difficoltà m/m
(ai fini della narrazione ho inventato un documento, appunto il titolo della AAR, scritto a messina da un certo Rufo di Milazzo, buona lettura)




Questa mia piccola historia ha la presunzione di narrare l'incredibili gesta, l'immane forza, i grandi ardori, le schiaccianti vittorie e le tremende sconfitte dei gloriosi Re di Sicilia, Duchi di Puglia e Principi di Capua.
Io, Rufo da Milazzo, storico e conoscitore delle vicende di questo glorioso regno, di qui in poi narrerò la più lucente delle storie.




Sedeva, nei tempi in cui ancora gli infedeli Saraceni osavano insidiare la Cristianità, Guglielmo, della nobile casata normanna Altavilla, primo del suo nome, sul trono di Palermo.
Egli era alto e di bella presenza, colto tra i colti, rispettato dai sudditi e ammirato e temuto dai nemici.




Governava su territori assai ampi, comprendenti il Ducato di Capua e tutta la Campania, tutto l'Abruzzo, il Ducato di Puglia, ove erano ancor presenti simpatizzanti dell'Imperatore greco, l'imponente castello di Rossano, la città di Reggio e tutta la Sicilia. Inoltre gli sforzi dei suoi predecessori gli avevano assicurato parte dell'araba Ifriqija, dalla città di Mahidia a quella libica di Tripoli.
Tuttavia le condizioni del regno non erano ormai floride come un tempo: le città erano lasciate in mano ad amministratori incapaci, che avevano solo ricercato il proprio profitto, senza puntare sullo sviluppo cittadino.
Per cui, con una serie di missive, decise di nominare conti e marchesi del regno gli esponenti più importanti delle maggiori casate nobiliari del regno di origine normanna: Altavilla, Bassavilla e Drengot.
Quindi al nobile Roberto II, della dinastia Drengot, concesse il titolo di Conte di Siracusa, ponendolo a capo della fortezza più importante dell'intero regno.



Nominò Andrea drengot, cugino di Roberto, Giustiziere di Reggio



Roberto II Bassavilla divenne governatore di Rossano e Conte di Calabria



Al fidato Maione di bari, soprattutto per contrastare l'ostilità dei nobili pugliesi, affidò il titolo di Catepano di Puglia



Mentre fu ben felice di riconfermare il nobile, e attempato, Boemondo di Tarsia Conte di Chieti, l'importante castello che difendeva l'accesso al Regno



Inoltre affidò il governo di Napoli e di tutta la Campania a suo nipote ed erede Tancredi, che dopo la morte del padre di costui, era per il Re come un figlio






Immediatamente diede ordine di potenziare l'apparato economico, di città e castelli, promuovendo la deforestazione delle terre e la costruzione di porti.
Inoltre all'interno del regno erano presenti molte minoranze religiose, forse fin troppe. Pur continuando ad attuare una politica di convivenza pacifica con queste, il Re diede ordine di cercare di convertire più infedeli possibili.
All'appello regio risposero due giovani ed energici ecclesiastici, pronti ad operare in Sicilia e in Puglia.





Diede un salvacondotto reale ad un nobile mercante, di nome Nuvolone Albrici, con l'ordine di recarsi nel Nord Italia e commerciare quanti più lucrosi beni riuscisse.



Nel frattempo inviò l'emissario di corte Tiziano Grifeo di Partanna



a proporre una solida alleanza al Vicario di San Pietro, di cui i re normanni erano anche formali vassalli e protettori, che venne prontamente accettata.

Le basi per la ripresa economica e sociale erano state gettate, ma tuttavia ben altri pensieri affollavano la mente arguta del sovrano...
+ Mather +
00venerdì 7 ottobre 2011 17:41
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Bross91
00venerdì 7 ottobre 2011 19:38
Posso farti un piccolissimo appunto? il titolo corretto sarebbe "De magnitudine et potentia..."

Per il resto ben scritta, bravo [SM=x1140440]
Romolo Augustolo
00venerdì 7 ottobre 2011 20:35
ho sempre odiato i Drengot, sono TROPPI ARGGG... cmq bella, continua!
Keirosophos
00venerdì 7 ottobre 2011 21:38
Re:
Bross91, 07/10/2011 19.38:

Posso farti un piccolissimo appunto? il titolo corretto sarebbe "De magnitudine et potentia..."

Per il resto ben scritta, bravo [SM=x1140440]




Santo Cielo c'hai ragione! E dire che ho 9 a latino -.-"""
Perdonate questo errore posto il banner rifatto e se magari un moderatore può sostituire il banner e correggere il titolo [SM=g27964]
Che vergogna [SM=g27974]



Ecco il banner, se qualche moderatore può essere così gentile da effettuare correzione e cambio :)


Esta me gusta :D


Si sentiva davvero troppo la mancanza di una cronaca normanna, dovevo rimediare [SM=g27964]
Keirosophos
00venerdì 7 ottobre 2011 23:18
Grazie a tutti per i commenti! [SM=x1140512]



Una buona economia è la base dei una grande potenza, e questo di sicuro non poteva sfuggire all'acuto Guglielmo, tuttavia i suoi pensieri poco sostavano su questi materiali argomenti, dato che il suo stesso sangue chiedeva le armi.
I Re di Sicilia, tra i tanti affronti, tolerar non poterono che, a suo tempo, il normanno Boemondo, partito per la Casa si Nostro Signore, creò un suo personal dominio,in precedenza sottoposto all'Imperatore greco, ora addirittura vassallo del Regno di Gerusalemme! Quale infamia aveva coperto, tempo addietro, la nobile stirpe. Ancora oggi l'infamia macchiava la nobile gente, tuttavia il buon Re ben capiva che non aveva ancor la forza per poter riprender ciò che era suo. Di conseguenza, attorniato dai suoi consiglieri e dai più grandi generali annunciò, con un gran discorso, quali sarebbero stati i prossimi obbiettivi dell'espansion normanna.
In Italia in virtù dell'alleanza con il Santo Padre, era possibile un'unica via d'espansion: ripercorre il sabbioso litorale adriatico e schiacciare la superbia di Ancona, che credeva tutto suo quel mar.
Affinchè de l'opera si potessero cantar gesta, il sovrano affidò un congiunto comando ai nobili Maione e Boemondo, che, seppur anziano, era più che mai volenteroso di servir fedelmente il Re.
Guglielmo lasciò loro completa autonomia, affichè, data la loro esperienza sul campo, potessero decidere quale tattica adottare contro i marinai piceni.
Maione, non appena ebbe ricevuto la missiva del sovrano, si precipitò, forse con troppa audacia, verso la rocca di Chieti, dove l'aspettava il canuto Boemondo, accompagnato solo dalla sua guardia personale.
Tuttavia, quando arrivò sul limitare delle terre pugliesi, passando per il villaggio di Montenero, i popolani locali, vedendo quale gran generale passava di lì con i suoi fulgidi cavalieri, lo implorarono di difenderli dagli attacchi di un certo Roberto, un nobile decaduto che, passato al soldo dei Greci, razziava le campagne circostanti.



Il nobile Catepano non potè assolutamente rifiutare questa richiesta d'aiuto da parte della sua gente, e dunque s'apprestò a dar battaglia a questo traditore. Tuttavia l'ardor dei paesani dev'essere stato assai grande, perchè molti di loro, tra uomini e ragazzi, i più avezzi alle armi, si misero agli ordini del generale.
I ribelli avevano schierato uomini doppi rispetto a quelli di cui poteva disporre Maione, tra i quali figurava il traditore Roberto e la sua guardia di infidi cavalieri. Subito si comprese che non sarebbe stata una facile pugna.



Il nobile Cavalier fece subito schierar le sue lance su di una parva altura, avendo così il tempo di poter ragionar su come ingannar e sterminar i nemici.
I ribelli, non appena videro schierati gli uomini, si lanciarono immediatamente in un attacco disordinato e senza genio, mentre l'infido capitano si limitava al passo.
Così Maione ebbe l'occasione di travolgere dei villici lancieri, attirati sicuramente dalla promessa di bisanti sonanti, che non fu difficile per lui travolgere con il suo nobile seguito.



A quel punto il traditor finalmente si mosse, caricando il nobile generale. L'inganno era scattato: subito Maione si ritirò all'ultimo momento dietro le sue lance, facendo far la fine della quaglia a molti cavalier ribelli.



Nel frattempo i numerosi lancieri nemici, questi addestrati ed esperti stavano arrivando. Maione facilmente si portò sull'ala sinistra, pronto a caricar quei ribelli, quando vide che il capitano nemico s'era disimpegnato. Subito allor partì alla carica contro costui. Per quanto coraggioso, il traditore e i suoi presunti cavalieri non poterono niente contro la forza della carica del Generale, tanto che egli stesso di suo pugno l'uccise.



Mentre il nobile Maione faceva mordere il terreno al ribelle, le sue lance, dimostrando grande coraggio, reggevano, sole, l'urto di tre reparti. I cavalieri allora si riorganizzarono e caricarono alle spalle quei traditori, facendo crollare la forza nei loro cuori.
La battaglia era vinta!
Maione non dimostrò alcuna pietà verso di loro, stermindoli finchè
n'ebbe la forza.





Per ringraziar quei valorosi uomini, il generale concesse loro 900 dei 1900 bisanti del tesoro nemico, per poter riparare alle devastazioni causate dai briganti, trattenendo la restante parte con l'intenzione di offrirla al re.



Dopo quella vittoria, che riportò la pace sul Ducato di Puglia, l'ammiraglio e ambasciator Giorgio d'Antiochia , avendo saputo del successo di Maione, decise di affiancarlo nella sua campagna



La vittoria fece il giro del regno e il Re si prefissò di ricompensarlo a campagna finita.
Nel lasso di tempo trascorso il canuto Boemondo non rimase di certo inattivo. Infatti fece infiltrare il suo miglior informatore, Matteo Bonello, nella città marinara.



Egli scoprì che era ben difesa e che aveva buone possibilità di riuscire ad aprire le porte in caso di attacco.



In vista dell'attacco Boemondo diede l'ordine di addestramento per due unità di valenti lanceri, i Targhieri e i Sergentes.
Ormai si aspettava solo l'arrivo di Maione per l'attacco
Keirosophos
00lunedì 10 ottobre 2011 22:42


I predecessori del nobile Guglielmo, con sforzi e sacrifici, erano riusciti nell'occupazione di parte delle terre degli infedeli. La nobile stirpe Normanna ora governava parte della berbera Ifirqija e parte della Libia abitata solo da allevatori di cammelli.
Le uniche città degne di nota in questo gran territorio erano Mahdia
ove governator era Riccardo della nobile casata Drengot


e Tripoli di Libia, che retta era dal giovane Roberto III Drengot


In queste afriche terre tuttavia, il saggio Re non aveva gran comando, forse perché, li governatori, pensando che il mar creasse gran distanza, sentivano quelle terre come proprie.
Le missive del buon Re arrivarono, ma i governatori di quelle terre, accamparono scuse, disperando la scarsità di uomini e mercanzie.
In realtà questo sol in parte era il vero. Pochi uomini c'erano, ma le risorse non erano sfruttate. Quindi fece grandi pressioni affinché almeno nella regione di Tripoli venisse costruito un molo, mentre, non appena venne a sapere che nella regione di Mahdia pochissimi erano i giusti, fece arrivar da Tripoli il santo cardinal Romualdo


nella speranza che con al sua beata predicazione portasse sulla retta Via un gran numero di infedeli.



Mentre il Re e la sua corte venivano occupati dalle afriche faccende, i prodi comandanti Maione e Boemondo si prepararono ad assediar la Respublica picena. L'esercito che ducevano era in vero assai esiguo,


in confronto a quello piceno,


tuttavia Maione volle partire immediatamente, dicendo che la forza di Dio avrebbe permesso loro di sterminare quanti più nemici possibili.


In realtà Maione non era uno stolto. Egli sapeva di non aver forze per assaltar la città, ma era convinto che quegli incoscienti marinai, visto l'esiguo esercito, avrebbero attaccato al più presto. E così fu.
Boemondo in realtà non approvava il progetto del suo pari, ma poichè egli era stato nominato comandante supremo, da buon soldato si attenne agli ordini.
Subito la pugna parve aspra.


I marinai avevano addestrato buone truppe, e il lor comandante non era affatto un vile.
Maione, notata l'esiguità dei suoi armati, li fece arretrare di qualche centinaia di passi dalla città, per poter meglio utilizzare la sua devastante cavalleria.
Nel mentre che egli caricava il general nemico,


il canuto Boemondo faceva stragi dei lancieri nemici


Ma il general sapeva che non poteva a lungo scontrarsi con questi, perchè, si pari di forza, solo l?onnipotente sapeva chi sarebbe prevalso.
Decise quindi di utilizzar l'astuzia. Si ritirò e il general nemico lo inseguì, finendo proprio contro i baldi sergentes, ne seguì una mischia furibonda


Il general piceno appariva un demonio per come combatteva, mientendo uomini su uomini, ma le sue truppe non erano alla sua altezza.
Dopo aver sterminato gran parte de i nemici, i due cavalieri attaccarono da tergo il comandante avversario, chiudendolo in una morsa di morte.


Dopo almeno un'ora di strenua resistenza il valoroso generale cadde


I suoi uomini, ormai privi di ogni guida, incominciarono a fuggire.
E Maione cavalcò trionfante verso la città.
Chiunque si arrese fu risparmiato e la città non fu saccheggiata. Anzi, a chiunque avesse usato violenza di qualunque tipo sarebbe spettata la morte.
I nobili piceni, vista questa gran dimostrazione di cavalleria, appoggiarono in massa i due vittoriosi Generali, allo stesso modo inneggiati dal popolino.


La notizia portò grande gioa al Re, molto indignato per l'arroganza dei rampolli Drengot.
Il Re avrebbe voluto i due valorosi a corte, per poterli omaggiare in maniera a lor adatta, ma Maione rifiutò l'onore. Egli aveva già messo gli occhi sulla città di Bologna, e per questo vi aveva mandato la sua fidata spia.


Nel mentre il Re non si era di certo fermato nel regolare le relazioni con gli stati esterni:
poco tempo prima aveva mandato l'acuto Matteo Ajello a parlamentare con gli infedeli moreschi, con i quali aveva conseguito vantaggiosi accordi commerciali e scambi di mappe.
Il concilio de Grandi del Regno aveva proposto al re di conseguire un'alleanza con i fidi marinai pisani, che già da lungo tempo rifornivano i nostri magazzini con ottima merce.


Dunque il Re inviò istruzioni al fidato Tiziano che subito trovò il giusto accordo con la Respublica pisana.


I nobili erano sì entusiasti che arrivarono a offrire come dono ben 1000 bisanti alla Corona. Dono quanto mai gradito in questo periodo di strettezze.


Poco dopo venne firmata un'alleanza con le genti della pianura padana. In realtà il Re non provava alcun affetto per questi popoli, ma aveva bisogno di una stabile situazione per potersi espandersi e consolidare la propria potenza nel Nord Italia.



La riforma economica continuava. Già le maestranze avevano costruito moli nelle città di Tripoli, Reggio e Rossano,


ma il regno tutto sembrava un enorme cantiere, dove venivano applicate le arti più avanzate, frutto del confronto con Saraceni e Greci, tanto che nessun altro Regno poté dirsi più colto e avanzato di quello Normanno.



PS RINNOVO LA RICHIESTA DI CORREZIONE DEL TITOLO E DEL PRIMO BANNER DA PARTE DI UN MODERATORE
Grazie [SM=x1140430] [SM=x1140430]
Keirosophos
00martedì 11 ottobre 2011 15:03
Scusate ho dimenticato di mettere l'immagine della vittoria, se si può mettere dopo lo screen della morte del generale ne sarei davvero grato [SM=g27959]


Hlodowig.
00martedì 11 ottobre 2011 15:31
Quindi il nobile Maione si è fermato a Montenero... spero che nella sua lunga marcia si sia fermato anche nel mio paese, a Petacciato, sarebbe un grande onore!!

Cmq bella historia normanna :)
Keirosophos
00martedì 11 ottobre 2011 22:51
Re:
Hlodowig., 11/10/2011 15.31:

Quindi il nobile Maione si è fermato a Montenero... spero che nella sua lunga marcia si sia fermato anche nel mio paese, a Petacciato, sarebbe un grande onore!!

Cmq bella historia normanna :)




[SM=x1140430] [SM=x1140430]
Sicuramente si sarà fermato allora, è sulla strada [SM=g27964]
A breve il prossimo capitolo
UnequivocalMr.Crow
00mercoledì 12 ottobre 2011 10:39
bella...veramente bella...

quando ho visto il nome Maione di Bari, mi sono pisciato addosso dalle ristate perchè al politecnico di bari abbiamo un prof che si chiama proprio così...lol...
Keirosophos
00mercoledì 19 ottobre 2011 22:21
Re:
UnequivocalMr.Crow, 12/10/2011 10.39:

bella...veramente bella...




[SM=x1140430] [SM=x1140430]

UnequivocalMr.Crow, 12/10/2011 10.39:



quando ho visto il nome Maione di Bari, mi sono pisciato addosso dalle ristate perchè al politecnico di bari abbiamo un prof che si chiama proprio così...lol...


[SM=x1140476] [SM=x1140476] INCREDIBILE
Procedo con un piccolo aggiornamento



Ancona era solo una meta, non di certo l'arrivo. Nei piani dell'acuto Re, la Langobardia tutta doveva piar il ginocchio. Tra le maggiori città d i quella grande pianura, più grande e ricca era Bologna lungamente. Ivi era la più grande e importante università degli studi dello diritto. Tuttavia, e per lor sfortuna, essi non voller sottostar all'autorità del gran Guglielmo, di cui il nobile Maione ne faceva figura. Essi risposero che avrebber preferito sottostar all'autorità della vicina Milano, che piegar le ginocchia ad un re amico dei saraceni.
Maione non poté far altro che cinger la città con le sue scarne, ma veterane, milizie.



I Bolognesi, come fecero i piceni tempo prima, sottovalutando il poco numero de l'uomini de Maione, attacarono in forze, certi di sbaragliar per sempre quella ridicola armata.
Essi erano comandati da un certo Guido da Sasso di Reggio, ma quanto mai costui ne poteva saper di quell'ars militaris che tanto il bravo Maione aveva dimostrato?


Infatti i Bolognesi confusamente attaccarono, e facile fu per Maione e il canuto generale colpire ai fianchi de l'armata e far strage d'arcieri e lancieri


Il general nemico, pensando di spezzar le linee normanne, caricò i prodi lancieri. Ma questi non erano uomini da farsi intimorire da un uomo del genere. Resistettero eroicamente all'urto, mantenendo la posizione


Il falso comandante capì che quegli uomini l'avrebbero sopraffatto, così si disimpegnò. Ma i nobili cavalieri, non appena videro costui ritirarsi, subito l'attaccarono, generando una furiosa pugna.


Nel contempo, i bravi lancieri distruggevano le poco addestrate milizie bolognesi


Dopo ben poca resistenza il comandante nemico perì.
I suoi uomini direttamente s'arresero, e così la città tutta.


Come fu in Ancona, anche in Bologna Maione ordinò che la città non fosse toccata, in modo da acquisirne in fretta la fedeltà. Costei sarebbe stata il baluardo del regno.


Per consolidar le conquiste fatte vennero stipulate alleanze con la Respublica Veneta, al fin de migliorar i commerci con la ricca Venezia


E con il Sacro Imperator.



Il Re certamente non aveva dimenticato i suoi doveri verso il popolo. Innanzi tutto doveva garantir loro la possibilità della Salvezza, e per questo bisognava riportar gli infedeli in seno alla Chiesa.
Il Re s'adoperava per conseguire l'opera di conversion all'unica vera fede, appoggiato dal Papa


Egli fu ben felice di realizzare il desiderio del Papa, e lo fece con tanto zelo e devozione che neanche pochi mesi dopo un terzo dell'araba popolazion di Mahdia era tra i giusti.
_siculo_
00mercoledì 19 ottobre 2011 22:39
evvai, i miei amati siculi ;) ;)
Keirosophos
00mercoledì 19 ottobre 2011 23:18
Re:
_siculo_, 19/10/2011 22.39:

evvai, i miei amati siculi ;) ;)




Ho in servo un bel po' di roba, solo che era troppo da scrivere in una volta [SM=g27964]
_siculo_
00giovedì 20 ottobre 2011 16:12
Re: Re:
Keirosophos, 19/10/2011 23.18:




Ho in servo un bel po' di roba, solo che era troppo da scrivere in una volta [SM=g27964]




[SM=x1140523] [SM=x1140523]
Romolo Augustolo
00giovedì 20 ottobre 2011 22:05
ma TRANQUILLO! SCRIVI PURE! :D
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