Guccini e i libri

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sergio.T
00lunedì 28 luglio 2008 12:03
Guccini e i libri
Nella sua attività quasi ventennale di scrittore ha pubblicato diversi libri; ha collaborato alla stesura, assieme ad altri autori, di scritti di saggistica e narrativa, interessandosi a svariate tematiche, fra cui quelle relative ai diritti civili (occupandosi del caso di Silvia Baraldini[76]) e all'arte del fumetto, firmando la sceneggiatura di Storie Dello Spazio Profondo,[77] disegnate dall'amico Bonvi, pubblicate a partire dal 1969 sulla rivista Psyco e in seguito ristampate dalla Mondadori e da altri editori. Guccini si è prestato con buoni riscontri allo "scibile cartaceo" in tutte le sue forme, con degli interessanti excursus nel genere Noir (con Loriano Macchiavelli ha creato il personaggio del maresciallo Benedetto Santovito), oltre a una trilogia di scritti autobiografici, ove spiccano le sue capacità di etimologo, glottologo e lessicografo.[78]

Croniche Epafaniche, pubblicata da Feltrinelli nel 1989, è stata una delle sue opere più importanti. Il romanzo, pur non essendo una biografia dell'autore, diventa autobiografico per la tendenza di Guccini a volersi riappropriare le sue radici. Caratterizzato da un buon successo di critica e di vendite,[78] il romanzo è ambientato in montagna e riprende una cultura di contadini ormai in via di sparizione.

Sono stati dei best seller anche i suoi due romanzi successivi, Vacca d'un cane e Cittanova blues, entrambi riguardanti i diversi periodi della sua esistenza.

Se infatti Croniche Epafaniche racconta l'infanzia di Guccini, il periodo bucolico e lo «stupore degli anni puri», l'utopia della bella Pavàna alienata da qualunque contesto cronotopico, lontana dalle realtà infernali della seconda guerra mondiale, Vacca d'un cane narra del periodo successivo, quello in cui un Guccini adolescente ormai stabilmente a Modena (città da lui mai veramente amata) scoprì di non essere "uno tra tanti", ma contemporaneamente diventò cosciente di come la provincialità della sua città natale massacrata dalla guerra, sarebbe stata un ostacolo per la sua crescita intellettuale. Infatti si trasferì presto a Bologna, che rappresentò la scoperta del mondo, l'illusoria utopia, il sogno americano. Ed è quest'ultimo capitolo che è narrato nelle vicende di Cittanòva Blues, che va a chiudere la trilogia autobiografica.

« Non sono libri facili, i romanzi di Guccini, anche se, naturalmente, essendo libri profondamente legati al suo modo di raccontare, al suo mondo poetico, anche di primo acchito sono pur sempre libri appassionanti non solo perché imprevedibili nelle soluzioni linguistiche e stilistiche, ma più ancora perché questi romanzi sono profondamente legati tematicamente al nostro passato prossimo di ex contadini e miserabili neo-urbani, legati dunque al tempo antico, e in qualche modo fiabesco, dei nostri genitori e più ancora dei nostri nonni... »


Nel 1998 Guccini pubblica il Dizionario del dialetto di Pàvana, la città della sua infanzia, nel quale si può notare tutta la sua capacità di dialettologo e traduttore.

Diverse altre opere sono successivamente venute alla luce in collaborazione con Machiavelli. I gialli scritti con lui a quattro mani narrano principalmente delle storie del maresciallo Santovito, diventato un personaggio di punta del giallo italiano, e acquistano dall'affermato giallista i toni classici di questo tipo di opera. L'influenza di Guccini si nota invece per quanto riguarda la forma della narrazione, la capacità di creare una raffinata costruzione nell'ambientazione storica, le peculiarità linguistiche che ne hanno decretato il successo anche nel mondo della narrativa.

sergio.T
00lunedì 28 luglio 2008 12:06
Icaro, il volo di Francesco Guccini
di Matteo Chiavarone

Francesco Guccini nuovamente in libreria con "Icaro" (Mondadori, 2008), un libro dai toni soffusi e malinconici che ricordano le tematiche e i colori di molte sue canzoni. Sette racconti scritti in un arco di tempo molto vasto, quarant'anni, come da sua stessa ammissione, ma che danno un'impressione di immediatezza, agilità, bisogno di raccontare. C'è molta narrativa americana, la stessa narrativa che ispirò soprattutto i primi album, per la concisione cercata e voluta, per l'immaginazione universale, per i dialoghi serrati e nient'affatto ultraterreni. Un Guccini americano sì, un Guccini che fa il verso a Faulkner e a Carver, ma un Guccini profondamente radicato nel suo ambiente, non distante a quello di sempre, perso nelle sue domande alla ricerca delle proprie radici. Perso, o meglio profondamente protetto, dalla sua Pavana, dai suoi ricordi, dalla routine dei suoi gesti.



Icaro, il racconto che dà il titolo al volume, è la storia di un ragazzino che si rapporta con un adulto, una sorta di riedizione moderna de Il vecchio e il bambino, un adulto che si appresta a spiccare il volo con delle ali costruite artificialmente. Una prova di volo insomma agli occhi del ragazzo, una prova che termina con la disfatta, con mille rottami di ferro sparsi tutti attorno e un corpo sfracellato sul greto. La morte quindi, una morte che ritorna altre volte all'interno del libro.



Muore José Pasculli, vecchio immigrato in un'Argentina lontana di vent'anni, malato di cuore, inserito in una quotidianità sempre uguale, ripetitiva ma piena di purezza, dopo una partita di calcio nel mitico stadio del River Plate, dopo la prima partita della sua vita. E muore Sirio, bloccando la sua giovinezza in un racconto molto suggestivo, L'ànana, forse tra i più belli dell'intero volume. Senso di morte ma anche un senso fortissimo di vita, un senso radicato nel gusto stesso della parola, dell'incontro dei ricordi personali con la storia, con il presente, con il futuro.



La lotta partigiana vista attraverso gli occhi di due ragazzi che aspettano la fine della guerra è ridotta in un grido di liberazione, un Arriva la libertà pieno di speranze. Un grido che dà il titolo al racconto, un titolo bellissimo, una libertà che si aspetta, come qualcosa di palpabile, ricercato, agognato. E poi il presente, osservato con ironia e anche un po' di tristezza, preso in giro nel racconto La scimmia . Due coppie di italiani, ipocriti e qualunquisti, alle Mauritius gabbati da un indigeno furbo che giocherà con il loro senso di superiorità.



Un luogo esotico per parlare di personaggi italiani, vicini come vicini sono i personaggi degli altri racconti anche se inseriti i contesti lontani: Argentina, Brasile, Mauritius appunto. Tutti i personaggi non sono altro che forme, diverse o diversificate, dello Gnurri, anima di una Sicilia popolare e antica. Perché è proprio nella tradizione popolare, appenninica siciliana italiana, che Guccini trova il suo serbatoio letterario e immaginifico. Insieme naturalmente a quella gioia di scrivere impressa all'inizio del libro dai meravigliosi versi di di Wislawa Szymbroska: La gioia di scrivere. Il potere di perpetrare. La vendetta di una mano mortale.


Gentilmente ragalatomi da Tiziano.
sergio.T
00lunedì 28 luglio 2008 12:10
Lo spirito e altri briganti
Un animale misterioso si aggira per i boschi. E nelle tenebre, tra lugubri lamenti, scivola un fantasma. Sono molti i misteri custoditi dall'Appennino, monti aspri che il maresciallo Santovito ha imparato a rispettare e amare da quando, sul finire degli anni Trenta, vi si è trasferito. Col tempo è diventato uno del posto, ormai è uno dei vecchi, e ha visto cambiare più volte il paese. Soprattutto ha sentito e raccontato tante storie di banditi e briganti. E ora, memoria storica e narratore, rievoca spaziando tra gli anni e le epoche quelle storie "gialle" e le investigazioni "anomale".
sergio.T
00venerdì 19 settembre 2008 10:39
Icaro non e' niente di piu' che una lettura di passaggio.
sergio.T
00martedì 7 aprile 2009 14:33
Leggiamoci lo Spirito e altri briganti.
Un romanzo che immagino che abbia qualcosa di antico
sergio.T
00mercoledì 8 aprile 2009 09:44
sono antichi episodi di storie di montagna.
Benedetto Santovito commissario dei carabinieri viene trasferito in questo piccolo paesino degli Appennini: immancabilmente se ne innamorera'.
Usi, tradizioni, storie, persone, luoghi, montagne, sentieri, cascine, boschi. Un universo diversissimo da Bologna.
E i montanari: gente seria, di poche parole, che va' per le spicce.

"Un padre che in alcune occasioni non sa picchiare un figlio e' un padre che non sa farsi rispettare" detto montanaro, tanto per intenderci.
sergio.T
00mercoledì 8 aprile 2009 09:48
Guccini riporta lo spirito di montagna e cosi' Loriano Macchiavelli. Conoscono bene - e si vede - la gente di montagna.
Chiusa; diffidente; che tiene la distanza; pratica; di poche parole; che si da' da fare da sola; che si alza la mattina alle 5 anche d'inverno; che lavora e non parla; che alla sera si raccoglie intorno al fuoco in trattoria; che mangia sano e beve sano; che va' per le spicce; che non si perde in parole e in discorsi; che si fa' i fatti suoi; che e' violenta quando ci vuole; che tira fuori il fucile senza pensarci due volte.
Gente di razza superiore, insomma.
sergio.T
00mercoledì 8 aprile 2009 09:59
Ieri sera leggendo mi sono ricordato di una discussione invernale su' in montagna con tre vecchietti ( si fa per dire) con due mani ciascuno da assomigliare a badili: " ue', milanesi, voi venite qui a fare discorsi, a parlare, a noi che da sempre siamo rimasti da soli quassu' in montagna. Noi che siamo cresciuti a bere acqua dalla grundera, a noi che d'inverno conoscevamo il fuoco. E adesso venite qui a dire questo e quello, a dire che le cose stanno in questo modo e non nell'altro, a dire quello che noi qui in montagna dobbiamo fare.
Si venite a casa nostra a dircelo che tiriamo fuori il fucile"

Ecco la traduzione piu' o meno dal dialetto e' questa; e anche il senso e' questo.
Il senso di come queste comunita' sono ancora le uniche isole non omologate da questo sistema. Il senso di gente che non ne vuole sapere di lavaggi del cervello, di modernita', di un mondo fondato sull'arte della parola. Sulle chiecchere inutili e imbroglione.
Questa e' gente che va' per le spicce, lo si vede immediatamente.
sergio.T
00giovedì 9 aprile 2009 09:06
Non si dimentica
Il racconto del Posto Regina finisce nel modo che meglio non poteva finire.
Sintesi: un giovane montanaro si reca a Bologna per alcuni studi. Il giorno prima di partire per casa viene assalito da due delinquenti ed accoltellato.
Si salva, esce dopo la degenza in ospedale e viene accompagnato da Sarti Antonio ( l'altro grande commissario di Macchiavelli) in stazione per prendere il treno che lo riportera' sui monti.
Il commissario si scusa per non avere potuto fare nulla per arrestare i delinquenti, ma dice che tutto nella vita passa.
Il ragazzo lo saluta ma poi- non a caso - perde il treno e di giorno in giorno gironzola per Bologna.
Non bisogna dimenticare che il ragazzo e' un montanaro e i montanari hanno un personalissimo senso della giustizia.
sergio.T
00martedì 14 aprile 2009 16:35
Finito lo Spirito e altri Briganti.
Il prossimo di Guccini sara' Tango e gli altri?
mujer
00lunedì 20 luglio 2009 09:09
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