Giacomo: il dono della comicità

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00lunedì 10 aprile 2006 16:42


Anche la comicità è una questione di fiducia, parola di Giacomo Poretti, il comico che, con Aldo e Giovanni, forma il popolare trio dello risata. Ne ha parlato, lo scorso 22 marzo, con il professor Francesco Casetti, di fronte agli studenti del corso in pragmatica della comunicazione. Il tema della lezione era il dono di sé, analizzato attraverso le scene del film Io ti salverò di Alfred Hitchcock. Un Giacomo esperto di cinema, quello che ha interagito con gli studenti. Il maestro del thriller lo affascina per l'uso geniale dell'immagine e per la psicologia dei personaggi. «Ho invitato Giacomo un po' per la sua cinefilia, un po' per la sua capacità di interrogarsi e di andare in profondità su certi temi» - spiega il professor Casetti.


La discussione è partita dal film: dalla relazione comunicativa che si instaura tra i protagonisti, dal loro docile e incondizionato donarsi reciprocamente. Per arrivare poi alle relazioni interne al Trio e alle dinamiche comunicative che li hanno portati al successo. «Il dono? Fa parte del nostro modo di lavorare» - spiega Giacomo. Una tecnica che i tre hanno appreso sin dalla formazione del trio, quando la domenica pomeriggio si ritrovavano nel locale di un amico comune per decidere cosa proporre al pubblico la sera. «Io all'epoca facevo l'infermiere, lavoravamo tutti e tre durante la settimana - ricorda - e così, buttati lì sul palco, senza formazione né tempo per fare un progetto cosa potevamo fare? Solo improvvisare».

E l'improvvisazione per Aldo, Giovanni e Giacomo è diventata un'occasione imperdibile per regalare emozioni. «Il dono di sé era una necessità: lo spettacolo era costruito sulla reciproca volontà di stupire e regalare emozioni - racconta Giacomo - e questa è stata la nostra salvezza, il nostro entusiasmo deriva di lì». Anche oggi che lo spettacolo è quasi interamente costruito, spiega Giacomo, «una percentuale di improvvisazione per noi è vitale. È una questione di sopravvivenza psicologica: non ce la faremmo, altrimenti, a reggere 70 repliche consecutive dello stesso spettacolo». Il dono, quindi, come sorpresa, come violazione temporanea di regole, che comunque sono indispensabili. «Il canovaccio è essenziale per improvvisare - puntualizza Giacomo -. Tu puoi fare quel che vuoi, allargarti come vuoi, ma non escludere gli altri. Certe regole devono rimanere, altrimenti la relazione tra noi non funziona e il pubblico se ne accorge».
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