Gesù e le tentazioni

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Emmaus@
00sabato 10 febbraio 2007 15:06
Dopo il battesimo, Gesù affrontò un periodo di prove e tentazioni. Il vangelo di Marco, racconta questo avvenimento con le seguenti parole: “Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto; e nel deserto rimase per quaranta giorni, tentato da Satana. Stava tra le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”.

Questo episodio diede dimostrazione dell’umanità di Gesù e della propria volontà nel resistere alle prove, a differenza di Adamo, il quale, di fronte alla prima tentazione, fallì, cedendo inesorabilmente al desiderio carnale di divenire simile a Dio.
Entrambi, benché umani, erano perfetti, e davanti alle tentazioni, ebbero l’opportunità di dimostrare la propria integrità, ubbidienza e lealtà a Dio, o l’aspirazione per se stessi all’autonomia, all’indipendenza. ‘Il Figlio di Dio, opta fin dal principio per l’ubbidienza alla parola divina’.

Vediamo, dunque, in che modo Gesù si mostrò all’altezza della situazione, resistendo con forza e volontà, ai diversi attacchi del demonio.

Gesù trascorse quaranta giorni nel deserto della Giudea, un territorio selvaggio, desolato, arido, con grotte scavate nei rilievi montagnosi, nelle quali trovavano riparo banditi, predoni e ribelli. (Lc 10, 30) La fame e la sete che si provano, stando in un posto del genere, sono tali, da far venire le allucinazioni. Ma su Gesù, vegliavano gli angeli, e lo servivano. Sì, Dio non abbandonò del tutto il suo diletto Figlio nella prova, perché ha visto in lui la determinazione a rimanerGli leale. In quel contesto, davanti alle fatiche e alle sofferenze che la circostanza imponeva, e soprattutto dopo un digiuno durato quaranta giorni e quaranta notti, Gesù ebbe fame.
A quel punto il diavolo entrò in scena e, per la prima volta, tentò Gesù. Certo, il luogo in cui il tentatore scelse di mettere alla prova il Figlio di Dio, era già emblematico: il deserto infatti, era un posto dove Israele affrontò non poche tentazioni durante l’esodo, mentre si dirigevano verso quella Terra dove scorre latte e miele, che Dio aveva promesso a Mosè e al suo popolo. Adesso era la volta di Gesù!

Ed ecco com’è che Matteo racconta quella prima tentazione:
“E il tentatore, avvicinatosi, gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pani». Ma egli rispose: «Sta scritto: ‘Non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio’! ».
Il diavolo invitò Gesù ad usare per se stesso la potenza che Dio gli aveva dato, per trasformare le pietre del deserto in pagnotte di pane, così da placare quella fame che gli torceva gli intestini. Gesù, nonostante la debolezza fisica dovuta al suo digiuno, mostrò forza nello spirito, e rispose al tentatore citando dalla Torah le parole di Deuteronomio 8, 3 (NR): “Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provar la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per insegnarti che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che vive di tutto quello che procede dalla bocca del Signore”.
Anche davanti a prove che misero a repentaglio la sua stessa vita, Gesù si lasciò guidare dalle Scritture, mostrando in esse piena fiducia e ubbidienza fino alla morte.

Dopo questa prima tentazione, il diavolo portò Gesù dal deserto fin sopra il parapetto del tempio di Gerusalemme, e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; poiché sta scritto: ‘Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo, ed essi ti porteranno sulle loro mani, perché tu non urti con il piede contro una pietra’. Gesù gli rispose: ‘E’ altresì scritto: Non tentare il Signore Dio tuo’”.
Questa volta è il diavolo a citare una Scrittura, e per l’esattezza il Salmo 91, 11-12, suggerendogli così di dimostrare la propria fiducia in Dio, gettandosi giù dal parapetto, nella certezza che, come promesso dalle Scritture, Dio sarebbe intervenuto inviando i suoi angeli per prenderlo sulle loro ali.

Naturalmente, l’uso che il diavolo fece delle Scritture fu improprio, infatti Gesù respinse subito la sua proposta, e gli rispose con la citazione di un altro verso biblico, quello di Deuteronomio 6,16, che dice: «Non tenterete il Signore, il vostro Dio, come lo tentaste a Massa». Con questa citazione Gesù faceva riferimento all’esperienza degli Israeliti nel deserto, quando lamentavano a Mosè di avere sete e, com’è scritto in Esodo 17, 2: Mosè fu costretto a rispondere loro: “Perché protestate contro di me? Perché tentate il Signore? ”.

Nonostante la ferma posizione di Gesù, Satana fece un ulteriore tentativo, con la speranza di corrompere l’integrità di Cristo. Così, lo condusse sopra un alto monte, e dopo avergli mostrato tutti i regni del mondo e la loro magnificenza, gli disse: “Tutte queste cose ti darò, se tu ti prostri e mi adori”.

E’ ovvio che la sovranità su tutta la terra appartiene a Dio, ‘ma per il momento, prima che si realizzi la venuta del regno di Dio alla fine dei tempi, è sottinteso che tutto questo appartiene al diavolo. Luca lo spiega: «Ti darò tutta questa potenza e le ricchezze di questi regni, perché a me sono stati dati e io li do a chi voglio». (Lc 4, 6). I regni di questo mondo appartengono a Cesare e ai suoi vassalli, i quali governano in nome del diavolo che, chiedendo a Gesù di prostrarsi davanti a lui e di adorarlo, gli propone di assumere una funzione politica nella società che egli regge’.
Non c’è dubbio che, se Gesù avesse accettato tale proposta, sarebbe diventato suo complice, dal momento che regno, potenza e autorità li avrebbe ricevuti proprio dal diavolo.
Ma Gesù guardava oltre, e ciò a cui era davvero interessato non era né il governo né le ricchezze di questo mondo, perché Gesù sapeva bene che tutte queste cose erano solo temporanee. Ciò a cui Gesù mirava, e per la quale trovò tutta la forza e il coraggio di opporsi alle tentazioni del diavolo, era il fare la volontà di Colui che lo aveva mandato e compiere la sua opera. (Gv 4, 34)

Gesù sapeva bene che il progetto di Dio prevedeva per lui qualcosa di molto più mirabile. Quindi Gesù aveva ogni interesse per rifiutare l’offerta del diavolo, anche se questo avrebbe significato per lui una fine dolorosa e straziante.
Per la gioia che gli era posta dinanzi, egli fu disposto a sopportare la morte e l’infamia, nella certezza che avrebbe occupato un posto fondamentale, al fianco di Dio. (Ebr 12, 2) Fedeltà e lealtà sino alla fine, erano indispensabili, perché Dio gli concedesse potere, autorità e regno, sia in cielo che in terra. (Mt 28, 1[SM=g27989]

E’ per questo che Gesù, quale testimone fedele e leale, rispose al tentatore, dicendogli: “Vattene, Satana, poiché sta scritto: ‘Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi il culto’ ”. Gesù citò a Satana il primo comandamento della Legge data a Mosè, dimostrando in tal modo di essere un adoratore del vero Dio, e di non voler peccare di idolatria, rivolgendo l’adorazione a un altro che non fosse il suo unico Dio!

Naturalmente, questo deve farci riflettere, poiché: se Gesù asserì di voler adorare solamente Dio, non poteva egli stesso essere Dio! Inoltre, il fatto stesso che il diavolo decise di tentare Gesù, è una chiara prova che Egli non poteva essere Dio in terra, né contemporaneamente Uomo-Dio, altrimenti non avrebbe avuto alcun senso questa triplice tentazione, in quanto Satana sapeva bene che “Dio non può essere tentato dal male”. (Gc 1, 13)

Dunque, se il diavolo decise di passare all’attacco contro Gesù, creandogli quelle tre occasioni per indurlo a peccare, è perchè sapeva che, mettendolo sottopressione, probabilmente sarebbe riuscito a compromettere la sua lealtà a Dio. Del resto, era già riuscito a corrompere Adamo, figlio perfetto di Dio!
‘Quando veniamo tentati, siamo obbligati a scegliere tra peccato ed obbedienza a Dio (e spesso decidiamo di disobbedire a Dio). Cristo si trovò di fronte allo stesso dilemma ma scelse sempre di obbedire. Quindi egli ebbe la possibilità di peccare, pur non cedendo mai alla tentazione’.
Gesù, con la sua fedeltà e la sua determinazione, scelse di accogliere l’appello che Dio rivolse a tutti i sostenitori della sua sovranità: “Figlio mio, sii saggio e rallegrami il cuore, così potrò rispondere a chi mi offende”. (Pr 27, 11)

Con la sua integrità, fino al punto di cedere la propria vita, Gesù seppe dare uno schiaffo morale a colui che offende e biasima Dio, e nello stesso tempo, diede a Dio motivo di rallegrarsi per il Figlio fedele e leale, che Cristo Gesù mostrò d’essere!
‘La gioia di Dio per la volontaria obbedienza di Cristo non avrebbe senso se Gesù fosse Dio, sceso sotto le sembianze di uomo peccatore (Mt 3, 17; 12, 18; 17, 5). Queste testimonianze della felicità del Padre per l’obbedienza del figlio provano inoltre che Cristo ebbe la possibilità di disobbedire, ma scelse consapevolmente di essere obbediente.’

Emmaus@
andreiu2
00lunedì 12 febbraio 2007 11:37
Re:

Scritto da: Emmaus@ 10/02/2007 15.06
E’ per questo che Gesù, quale testimone fedele e leale, rispose al tentatore, dicendogli: “Vattene, Satana, poiché sta scritto: ‘Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi il culto’ ”. Gesù citò a Satana il primo comandamento della Legge data a Mosè, dimostrando in tal modo di essere un adoratore del vero Dio, e di non voler peccare di idolatria, rivolgendo l’adorazione a un altro che non fosse il suo unico Dio!



Nei Vangeli non troviamo esplicitamente che Gesù adorava Suo Padre, bensì che Lo pregava. La ripetizione del primo comandamento, altro non era che un ricordare a Satana chi veramente deve essere adorato[SM=g27987]io.


Naturalmente, questo deve farci riflettere, poiché: se Gesù asserì di voler adorare solamente Dio, non poteva egli stesso essere Dio!



Ignori tutte quelle volte in cui il Signore Gesù viene adorato in modo esplicito (un solo esempio tra i tanti > Mt 28:9, 17).


Inoltre, il fatto stesso che il diavolo decise di tentare Gesù, è una chiara prova che Egli non poteva essere Dio in terra, né contemporaneamente Uomo-Dio, altrimenti non avrebbe avuto alcun senso questa triplice tentazione, in quanto Satana sapeva bene che “Dio non può essere tentato dal male”.

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Eppure troviamo scritto "Tentarono Dio in cuor loro,
chiedendo cibo secondo le proprie voglie...quando i vostri padri mi tentarono,
mi misero alla prova sebbene avessero visto le mie opere...1Corinzi 10:9 Non tentiamo il Signore, come alcuni di loro lo tentarono, e perirono, morsi dai serpenti..."

Il passo da te segnalato indica che Dio non può essere vinto dalla tentazione. Inoltre lo scopo per cui Gesù fu tentato non era per Se stesso, ma per noi. Leggi Ebrei 4:15 "Ebrei 4:15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato."


[SM=g27985]


Emmaus@
00lunedì 12 febbraio 2007 15:16
Re: Re:

Scritto da: andreiu2 12/02/2007 11.37
Ignori tutte quelle volte in cui il Signore Gesù viene adorato in modo esplicito (un solo esempio tra i tanti > Mt 28:9, 17).



La questione dell'adorazione a Gesù, sollevata da andreiu, mi riporta ad un altro passo sempre del vangelo di Matteo, riguardante i re magi.
Lì si legge: “Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: ‘Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo”. (Mt 2,1-2)

La parola greca che traduce ‘adorazione’ è “proskýnesis”, la stessa usata dai Magi, con riferimento a Gesù. Se “adorare” fosse l’unica traduzione possibile del verbo greco “proskynéo”, questa scrittura attesterebbe che Gesù è, o farebbe parte, del solo vero Dio a cui rivolgere la nostra adorazione. Uno sguardo attento al significato etimologico del termine, ci aiuterà a capire le ragioni per cui a Gesù viene rivolto l’atto di “proskýnesis”. Vediamo di seguito, cosa dicono alcune fonti enciclopediche, al riguardo:

“Il significato fondamentale di proskynéo è, secondo la maggior parte degli studiosi, baciare. … Oltre l’atto esteriore del prosternarsi e dell’adorare, proskynéo può indicare anche l’atteggiamento interiore corrispondente della venerazione e dell’umiltà”.

“Come il piegare o incrociare le mani e le braccia indica il raccoglimento dell’orante, come l’elevarle al cielo esprime la domanda, così l’atto di piegarsi è espressione della disponibilità a sottomettersi al volere di colui al quale ci si rivolge con questo gesto. Quando proskynéo è riferito a persone, si tratta sempre di persone di rango più elevato, dotate di un potere superiore, alle quali è indirizzato quest’atto di omaggio e venerazione”.

“In At 10, 25s; Ap 19, 10; 22, 8s viene stabilito espressamente che l’adorazione spetta solo a Dio e a nessun altro, neppure a un apostolo né a un essere angelico. Perciò, quando proskýnesis viene prestata a Gesù, è sempre sottinteso che egli è considerato re (Mt 2, 2), signore (Mt 8, 2), figlio di Dio (Mt 14, 33) che può agire con potenza divina (per es. Mt 14, 33; Mc 5, 6; 15, 19)”.

Il Dizionario da cui sono tratte queste parole(Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento, pag. 1390, 1391), non esclude che l’adorazione possa essere rivolta anche a Gesù, tuttavia, al di là dell’interpretazione teologia, ciò che risalta è che proskýnesis non significa solo “adorazione”, ma come abbiamo visto, può voler esprimere: venerazione, umiltà, sottomissione e rendere omaggio.

Emmaus@
Emmaus@
00lunedì 12 febbraio 2007 15:27
Re: Re:

Scritto da: andreiu2 12/02/2007 11.37
Leggi Ebrei 4:15 "Ebrei 4:15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato."



Su questa scrittura e il sacerdozio di Cristo, mi sono già espresso qui: http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=101864&idd=52

Emmaus@ [SM=g27988]
andreiu2
00mercoledì 14 febbraio 2007 12:21
Re: Re: Re:

Scritto da: Emmaus@ 12/02/2007 15.16


La parola greca che traduce ‘adorazione’ è “proskýnesis”, la stessa usata dai Magi, con riferimento a Gesù. Se “adorare” fosse l’unica traduzione possibile del verbo greco “proskynéo”, questa scrittura attesterebbe che Gesù è, o farebbe parte, del solo vero Dio a cui rivolgere la nostra adorazione. Uno sguardo attento al significato etimologico del termine, ci aiuterà a capire le ragioni per cui a Gesù viene rivolto l’atto di “proskýnesis”. Vediamo di seguito, cosa dicono alcune fonti enciclopediche, al riguardo:

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Nessuno ha mai detto che il verbo greco "proskyneo" ha come attestazione solo il verbo "adorare", ma mi pare francamente parziale e riduttivo il rivolgere questo verbo solo al Padre ed indicare nei confronti del Signore Gesù soltanto un formale atto di omaggio.


“Il significato fondamentale di proskynéo è, secondo la maggior parte degli studiosi, baciare. … Oltre l’atto esteriore del prosternarsi e dell’adorare, proskynéo può indicare anche l’atteggiamento interiore corrispondente della venerazione e dell’umiltà”.

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In realtà viene evidenziato l'atto del cane (kyion) che lecca la mano del padrone. Baciare è una giusta attestazione.


“Come il piegare o incrociare le mani e le braccia indica il raccoglimento dell’orante, come l’elevarle al cielo esprime la domanda, così l’atto di piegarsi è espressione della disponibilità a sottomettersi al volere di colui al quale ci si rivolge con questo gesto. Quando proskynéo è riferito a persone, si tratta sempre di persone di rango più elevato, dotate di un potere superiore, alle quali è indirizzato quest’atto di omaggio e venerazione”.

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Ma il Signore aveva ordinato di non prostrarsi dinanzi a nessuno, vedi l'atteggiamento degli amici di Daniele quando Nebcucadnesar erige una statua in suo onore e loro non si prostrano. Che il re o il sovrano fosse degno di omaggio e con questo lo si manifestava con la prostrazione sono d'accordo, ma dai contesti dei Vangeli e dei brani in cui è scritto che Gesù venne adorato, mi pare impensabile che si pensi ad un semplice omaggio e basta.



“In At 10, 25s; Ap 19, 10; 22, 8s viene stabilito espressamente che l’adorazione spetta solo a Dio e a nessun altro, neppure a un apostolo né a un essere angelico. Perciò, quando proskýnesis viene prestata a Gesù, è sempre sottinteso che egli è considerato re (Mt 2, 2), signore (Mt 8, 2), figlio di Dio (Mt 14, 33) che può agire con potenza divina (per es. Mt 14, 33; Mc 5, 6; 15, 19)”.

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Essendo per i trinitari "Gesù Dio", l'adorazione è rivolta anche a Lui.

[SM=g27985]
Vincent27
00sabato 9 luglio 2011 16:48
Capisco che chi è legato a certi concetti come quello della trinità non riesca ad ammettere ciò che è evidente.
Comunque bisogna essere onesti con se stessi e con gli altri e ammettere che certe tesi sono insostenibili (parlo dell'idea che Gesù sia stato adorato quand'era sulla terra, solo per il fatto che alcuni trovano difficile ammettere che la dottrina della trinità è non solo inaccettabile perché è assurda e inspiegabile da qualsiasi punto di vista ma è anche contraria a tutto ciò che la Bibbia insegna intorno a Dio e Gesù Cristo, oltre ad essere un insegnamento di origine pagana adottato dalla cristianità secoli dopo la venuta di Gesù).
E' così evidente che Gesù non poteva essere Dio che per sostenere una cosa del genere bisogna ricorrere a ragionamenti complicati e filosofici che non portano a nulla e che lasciano la persona che li ascolta nella confusione più totale.
Come diceva Emmaus, Gesù quand'era sulla terra diede una straordinaria prova di integrità e di ubbidienza a suo Padre che dimostrò una volta per tutte che il perfetto uomo Adamo poteva rimanere leale a Dio nella prova.
Rimanendo leale a suo Padre, fino a sacrificare volontariamente la sua vita, Gesù ha riscattato l'umanità ubbidiente e gli ha dato la possibilità di ricevere quelle benedizioni che il progenitore Adamo non seppe apprezzare.
Se Gesù fosse stato Dio in terra tutto questo non avrebbe avuto alcun senso perché il suo sacrificio doveva essere equivalente ad Adamo (un uomo perfetto ma pur sempre e solo un uomo); non poteva essere un uomo-dio o addirittura l'Iddio Onnipotente stesso (anche perché Gesù ammise spesso che non faceva nulla di propria iniziativa ma solo quello che il Padre gli aveva comandato)
Non dimentichiamo mai che Dio è geloso dell'adorazione che spetta solo a Lui come dice Esodo al cap. 20 v. 5 e che non è disposto a dividere la gloria che spetta solo a Lui (Isaia cap. 42 v. 8)
speculator
00giovedì 30 maggio 2013 16:11
In quella situazione Gesù, al cospetto degli angeli e demoni, ordinò a Satana di andarsene, poichè Gesù doveva restare lì e non poteva allonatanarsi;

inoltre doveva esprimere pubblicamente il suo disaccordo e le ragioni sue (oppositore) come pubblica era stata la oscena proposta.
Perciò disse chiaramente "va via Satana (oppositore)"

Una volta Satana allontanato, disse il resto "poichè sta scritto...."
Che senso avrebbe avuto ordinare a Satana di andarsene e prima che se ne andasse cominciare con lui una discussione sulle scritture, o meglio sulla scrittura principale.

La scrittura dice " da queste persone allontanati...."
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