L'opera
I sette piloni, in acciaio e cemento, sorreggono a 240 metri d’altezza una lastra d’acciaio di 2.460 metri, su cui corrono quattro corsie nei due sensi. Sono state costruite apposta macchine di sollevamento a pompa, dei muscoli d’acciaio che hanno permesso di fissare 1.500 tonnellate di cavi d’acciaio e tenere insieme 36 mila tonnellate di acciaio e le 242 mila tonnellate di materiali e cemento che costituiscono il peso complessivo del ponte.
Il diffuso impiego di computer e le tecniche più avanzate di costruzione hanno ridotto a zero gli incidenti e previsto ogni tipo di rischio per i prossimi cento anni: infiltrazioni, cambiamenti atmosferici, caldo e freddo, sismicità, elasticità con un livello di espansione massima di circa tre metri. Eppure, nella sua imponenza, l’opera risulta d’incredibile leggerezza, davvero sospesa fra le nuvole che spesso si abbassano attraverso il «canyon», realizzando in pieno quella che era l’ambizione di Foster: «Il ponte deve dare la sensazione di volare in automobile», ha detto, passeggiando sul viadotto durante le prove di collaudo.
L’intuizione più geniale di Foster è stata quella di non tracciare una linea retta sulle due sponde della vallata, ma di realizzare il ponte con una leggera curva discendente. In questo modo, l’automobilista, anziché il brivido del vuoto, incontra tutta la prospettiva del viadotto e lo attraversa come sulla tuga di una nave, con piloni che sembrano vele e cavi d’acciaio che sembrano sartie.