Franchigie e diritti di esposizione

lucallo78
00martedì 28 marzo 2017 22:38
Buonasera a tutti...

vi sottopongo un quesito, riguardante una spinosa questione, che negli ultimi gg ha fatto sobbalzare parecchi appassionati di posta militare...

vi condenso le voci che mi sono giunte :

sembrerebbe che le cartoline militari (franchigie), in quanto di proprietà dell esercito, non possano essere esposte, se non addirittura conservate/collezionate...

fin ora ho considerato tali "voci" come chiacchere "da bar", ma la questione si è presentate prepotentemente in occasione dell organizzazione di una mostra (proprio di tali articoli). Il proprietario della notevole collezione, tentenna nel mettere a disposizione il suo cospicuo "malloppo", proprio per la paura che tali voci siano fondate e per evitare di incorrere in sanzioni o critiche, essendo lui persona piuttosto esposta (il parroco del paese...)

sembrerebbe addiritura che ne abbian parlato in tv...


non so che pesci pigliare, dovendo fornire conferma o smentita di tale strana notizia...


Kranebet
00mercoledì 29 marzo 2017 08:52
L'Italia ... Paese di santi, navigatori, e ... ciarlatani ...
Spinosa questione ... sobbalzare ... sembra addirittura in tv ...
Ti rigiro la frittata, Luca, sfidandoti a reperire - quale "argumentum a contrariis", come direbbero i latini - una qualunque normativa, circolare o interpretazione (che abbia valore giuridico, beninteso) in cui si parli delle cartoline in franchigia come "bene tutelato".
Ebbene, non trovi alcunché.
E sai perchè? Perchè al momento non sussiste neppure alcuna dichiarazione di interesse culturale, nè alcun provvedimento formale che riconosca a tali "beni" la sussistenza di un interesse artistico o storico, in grado conseguentemente di "vincolarli".
Il tuo collezionista può pertanto dormire sonni tranquilli.
Poiché a tutti gli effetti ne è, di queste cartoline in franchigia, il proprietario, non essendo intervenuta alcuna modifica dello "status" di detti beni.

Dplay3
00mercoledì 29 marzo 2017 10:44
Ciao Luca & Alberto,

da quanto ne so, l'unica cosa che potrebbe essere 'problematica' è la riproduzione delle stesse, indipendentmente se parliamo di franchigie tradizionali oppure illustrate (tipo quelle del Cascella per la Corce Rossa), nel caso in cui fossero coperte da copyright. In ogni caso la legge dice che i diritti su di un opera scadono dopo 70 anni dalla data di prima esposizione, esecuzione o creazione della stessa, perciò, a meno che qualche altro ne abbia acquistato i diritti in modo esclusivo, non dovrebbero esserci problemi.
Per quanto riguarda l'esposizione, essendo le stesse di proprietà dell'espositore non vedo come un entità qualsiasi possa avvalersi di alcun diritto. Sarebbe come proibire ad un privato di esporre in una mostra un quadro di sua proprietà.

Voglio però estendere l'argomento. Se in una cartolina o lettera si parla in modo inequivocabile di una persona, il pubblicarne il testo in un libro richiede l'autorizzazione degli eredi anche nel caso in cui fossero passati i famosi 70 anni?

ciao
Daniele
Kranebet
00mercoledì 29 marzo 2017 11:13
Dplay3, 29/03/2017 10.44:

Voglio però estendere l'argomento. Se in una cartolina o lettera si parla in modo inequivocabile di una persona, il pubblicarne il testo in un libro richiede l'autorizzazione degli eredi anche nel caso in cui fossero passati i famosi 70 anni?



Laddove rintracciabili, mi sentirei di dirti di sì.
In ogni caso. Come liberatoria.

lucallo78
00mercoledì 29 marzo 2017 12:27
Nell era della comunicazione di massa, ogni alito di vento diventa tormenta...

Concordo appieno con quanto sostenete...

Ricapitolando :

1_Copiright "scaduti

2_Norme di tutela specifiche inesistenti

Credo che bastino come argomentazioni... o me ne suggerite una terza ??


Kranebet
00mercoledì 29 marzo 2017 12:50
... basta e avanza ...
lucallo78
00mercoledì 29 marzo 2017 21:29
grazie grazie...

le prove provanti han sbloccato la situazione...

inaugurazione 19 maggio... ma questa è un altra storia...

[SM=g2579694] [SM=g2579694]
M falco
10mercoledì 29 marzo 2017 22:27
Buonasera,
non vorrei rovinarvi il sonno, ma non è proprio così semplice come dite. Anch'io come collezionista filatelico sono rimasto perplesso per quanto sta avvenendo. La notizia è quella di una sentenza del Tribunale di Torino depositata lo scorso 22 febbraio che condanna un commerciante di francobolli per possesso di "documenti indirizzati ad ente pubblico". Il tutto parte da un D.L. del 1928 ed arriva ad oggi dopo inutili chiarimenti istituzionali.
Per evitare errori di narrazione Vi invito ad andare al sito

www.ilpostalista.it/editoriali/editoriali_86.htm

dove trovate l'articolo sulla sentenza, la normativa del 1928, il comunicato stampa del Presidente dell'A.N.P.F. e l'interpellanza fatta al Ministro dei Beni Culturali da parte di alcuni senatori ( ed è qui che parla anche della posta della Prima Guerra Mondiale).

A questo punto come rispondere all'amico collezionista per l'esposizione della sua collezione? Mi viene solo da dire di pregare (visto anche il suo ruolo) e sperare nel "Buon Senso" delle persone.

Buonanotte, Corrado

Kranebet
00giovedì 30 marzo 2017 08:19
Ciao Corrado. Ben ritrovato.

I sonni son tranquilli da questo punto di vista, dal momento che è lo stesso Ufficio legislativo del Dicastero per i Beni e le attività culturali che con una propria circolare afferma che la mera circostanza che un documento sia indirizzato ad una Pubblica amministrazione, non può “per sé sola considerata, fondare una presunzione di attuale proprietà pubblica della cosa” e, ancora prima, non può neppure “far presumere che la cosa sia effettivamente stata inclusa in una pubblica raccolta archivistica alla quale sia stata illecitamente sottratta”. Occorre “il concorso di ulteriori elementi concordanti, idonei a dimostrare l’effettiva e attuale appartenenza allo Stato”.

Non solo. Nella medesima circolare viene spiegato, fra l’altro, che “i documenti presenti negli archivi dello Stato e degli Enti territoriali hanno acquisito natura demaniale soltanto a seguito dell’entrata in vigore del Codice civile del 1942”.


Non è quindi possibile trarre un principio generale, ma bisogna valutare il caso concreto, “alla luce della conoscenza della storia di ciascun archivio e della sua formazione”. Perché -conclude l’ufficio legislativo del Mibac- “deve ritenersi possibile l’esistenza di carte e documenti indirizzati a soggetti pubblici, sia risalenti all’epoca del Regno d’Italia che a quella degli Stati italiani preunitari, legittimamente possedute da soggetti privati, poiché è astrattamente plausibile: a) che tali carte siano state ritenute irrilevanti già al momento del loro utilizzo per l’attività corrente (circostanza certamente non inverosimile, ad esempio, con riguardo alle buste); b) che, ove ritenute irrilevanti in momenti successivi, a seguito di operazioni più o meno accorte di selezione e di scarto, non siano state destinate alla distruzione; c) che siano state disperse o sottratte in un momento diverso, ma antecedente all’entrata in vigore del Codice civile (quindi 1942, ndr), che ha attribuito alle raccolte archivistiche degli enti territoriali carattere demaniale, così sottraendole all’ordinario regime dell’usucapione”.

Il Tribunale di Torino cosa ha fatto invece? Ha rovesciato il ragionamento: se i "documenti" appartengono ad un ente pubblico, nel caso entrino nel mercato privato occorre rechino con sè una sorta di pezza d’appoggio, ossia il documento di «spoglio» che certifica il non-trafugamento. «L’esistenza delle procedure di “sdemanializzazione” non può, di per sé, essere invocata a decisiva giustificazione del possesso in capo ai privati... per effetto di una sorta di presunzione d’avvenuto scarto». Se il privato non è in grado di esibire la pezza d’appoggio, «deve concludersi che il documento è stato illecitamente sottratto».

Bene. Ammesso e non concesso che tale ragionamento abbia un proprio valore giuridico in senso assoluto - ma già di per sè questo è opinabile - è lo stesso giudice che afferma che «la questione dell’inquadramento giuridico è particolarmente controversa... non può prescindere da una specifica e mirata analisi di ciascun singolo documento».  

A quel commerciante di Rivoli è stato sequestrato l’intero stock in deposito. Ai carabinieri del Nucleo Tutela patrimonio culturale il compito di identificarli uno per uno, e stabilire in quale Archivio vadano collocati.

Ma tutto ciò, Corrado, presuppone l'esistenza di un Archivio, documentato, catalogato, certificato.

E gli Archivi pubblici che detengano collezioni di cartoline in franchigia, ammesso che ve ne siano, debbono altresì provvedere alla relativa catalogazione e certificazione.

Diversamente, non può venire data prova di sottrazione. Quindi nè di ricettazione da una parte, nè di incauto acquisto dall'altra. Proprio per la presunzione di "non demanialità" del bene.

Su tutto aleggia e governa in ogni caso in buon senso ... e quello stesso giudice di Torino se ne è accorto, dando mandato al Nucleo Tutela patrimonio culturale di verificare "caso per caso".

Ci vediamo ad Asiago. E salutami Emma.
M falco
00giovedì 30 marzo 2017 17:45
Grazie Alberto,

non potevamo avere un chiarimento migliore dall'Ufficio Legale di C&T [SM=g7348]

Ricambiamo i saluti
curtsachs
00giovedì 30 marzo 2017 21:33
Ciao, anche io sono rimasto perplesso circa la sentenza e ho letto con interesse il post. Però le franchigie non sono indirizzate a una pubblica amministrazione, ma a privati, quindi a mio parere non c'entrano. Non credo neanche che fossero di proprietà dello stato, esistono cartoline normali trasformate in franchigie con una semplice scritta. Franchigia dovrebbe solo significare che non si paga l'affrancatura. Dal momento che l'esercito le distribuiva a un militare per spedirle a parenti privati il proprietario finale non poteva che essere quest'ultimo. Il quale essendo tale non aveva nessun obbligo di protocollarla, conservarla o quant'altro.. Il tribunale parla di lettere spedite alla pubblica amministrazione e non di quelle spedite dalla pubblica amministrazione a privati.
Detto questo a me è capitato di vedere in mercatini degli stati di servizio .... che magari dovevano stare in un archivio.
Per quanto riguarda gli eventuali eredi, a parte magari una questione di cortesia, non credo che abbiano voce in capitolo. A meno che il materiale non sia stato rubato, o il proprietario o gli eredi se ne sono disfatti a suo tempo e quindi non ne hanno più la proprietà.
Ciao
Claudio
mito65
00venerdì 31 marzo 2017 07:19
Re:
M falco, 30/03/2017 17.45:

Grazie Alberto,

non potevamo avere un chiarimento migliore dall'Ufficio Legale di C&T




Non dovevi dirgli così, guarda che è mezzo bresciano, adesso ci manderà la parcella! [SM=g7346]







lucallo78
00martedì 4 aprile 2017 17:08
credo che quella sentenza sia quella che ha come sottolinea Falco, sia stata la miccia che ha innescato la "bomba" mediatica...

esaurientissimo l approffondiemtno di Kranebet [SM=g2467360]

mi viene un ragionamento semplice :

- le "franchigie", e piu in generale la corrispondenza dei militari con la famiglia, non rientrano nelle casistiche interessate dai citati provvedimenti o indagini.

lo "stato" poteva anche esser proprietario in origine del "pezzo di carta" non scritto, ma poi lo ha ceduto a un militare perchè lo usasse per corrispondere... quindi già allora lo stato se ne è "liberato" cedendolo al milite che ha scritto ai suoi cari

magari potrebbe esser diverso se la stessa cartolina fosse stata scritta
a un qualsivoglia ente pubblico o militare ( che avrebbe dovuto conservarlo, alienarlo, archiviarlo, ecc ecc) ma qui entra in gioco l arringa di kranebet...
M falco
00martedì 4 aprile 2017 21:44
lucallo78, 04/04/2017 17.08:


- le "franchigie", e piu in generale la corrispondenza dei militari con la famiglia, non rientrano nelle casistiche interessate dai citati provvedimenti o indagini.



Condivido anch'io il Tuo pensiero, visto che trattasi di documenti tra "privati" , e quindi ognuno poi decide cosa fare dei suoi beni.

Saluti, Corrado
Kranebet
00mercoledì 5 aprile 2017 08:44
Mi fa piacere che siate giunti alle mie stesse conclusioni.
Le cartoline in franchigia, proprio in quanto corrispondenza intercorsa tra militari e famiglia, non rientrano nelle casistiche interessate dai citati provvedimenti o indagini.
Ne', aggiungo, allo stato possono rientrare.
Proprio per i ragionamenti di cui sopra.
Riallacciandomi a quanto diceva Michele nella sua veste di membro del C.D., la parcella va spedita a Venezia o alla succursale di Brescia? [SM=g7346]
O preferiamo sanare tutto con una bella birra? [SM=g2467366]
FlorianDimai
00mercoledì 5 aprile 2017 10:20
Quando basterebbe il buon senso ...

lucallo78
00giovedì 6 aprile 2017 20:15
Birra!!!
birra!!!
birra!!

Al Corbin porto na cassa

[SM=g2467411]
curtsachs
00giovedì 6 aprile 2017 22:31
[SM=g2467366] [SM=g2467366] [SM=g2467366]
Kranebet
00venerdì 14 aprile 2017 19:10
Voglio sperare che la birra sia di marca "bresciana".
Per questioni di ospitalità..
lucallo78
00domenica 7 maggio 2017 08:54
la discussa vicenda, si è ben risolta....
curtsachs
00domenica 7 maggio 2017 10:31
[SM=g7372] [SM=g7372]
M falco
00lunedì 8 maggio 2017 21:36
[SM=g2467360] [SM=g2467360]
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