FanFict Fantasy

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=Ereandil=
00martedì 7 novembre 2006 14:18


Potrebbe sembrare dalle prime battute, una storia totalmente normale,
con persone normale, luoghi normali (non specificamente scritto, ma medioevali),
con sentimenti e modi di fare davvero normali..
Ma non è così. Nulla è come appare.
E si scoprirà man mano andando avanti.
Chiedo scusa a chi avrà la decenza di leggerlo, per la storia strana
e piuttosto confusionaria che si troverà davanti, ma è la mia PRIMA FF Fantasy..
Siate clementi.. e se fa proprio schifo, ditemelo che la censuro!Anzi, la cancello! [SM=g27811]
Cominciamo con il primo capitolo...











Il Giorno che non c'è



Ricordo d'infanzia

Come vivresti tu dopo un’intera vita passata a credere nella fiducia riposta nel tuo migliore amico, credendo di conoscerlo, per poi scoprire che, alla fine, non conosci nemmeno te stesso?

[Dieci anni prima]

- Yuta, vieni, dobbiamo andare ad aiutare Ruka nella serra.
- Fossi matto! Siamo dei maschi, perché dobbiamo aiutare una ragazza? Non ci metto piede tra i fiori io.
- Dai, Yuta, mia madre lo ha chiesto come piacere personale.
- E in cambio?
- Ci farà mangiare il coniglio che ha catturato sei giorni fa! – sorrise allegro Shuta.
- Va bene, allora. Ci sto.
- Dai andiamo! Chi arriva primo si mangia la parte più grossa del coniglio!
- Credi di farmi paura? Vincerò io, vedrai!

- Yuta! Dove sei? – gridò mia madre dalla soglia di casa.
- Shuta! Vieni fuori, dove ti sei cacciato? Shuta! – gridò la madre di Shuta dall’orticello davanti alla loro casa.
- Eccoci, mamma. – ci presentammo dinanzi alla casa di Shuta, assieme a Ruka, con due cesti di fiori recisi.
- Ruka, Shuta, è pronta la cena. Yuta, caro, grazie per aver dato una mano. Vuoi fermarti a cena con noi?
- Ma mamma, Koto lo starà cercando. – rispose Ruka, riferendosi a mia madre.
- Si, hai ragione. – rispose la madre di Shuta. Poi mi guardò. – Sarà per un’altra volta, allora.
- Oh… - dissi deluso.
- No, mamma, Yuta rimane con noi a mangiare. Gliel’ho promesso. – replicò Shuta.
- Smettila di fare i capricci. – lo rimproverò Ruka, sua sorella maggiore. – Piuttosto, aiutami a sistemare i fiori.
- No! Se Yuta non rimane, non rimango a cena nemmeno io! – disse con risentimento e, prendendomi per un braccio, mi trascinò via correndo da casa sua, fino ad arrivare al fiume.
Arrivati lì, prima dell’imbrunire, ci mettemmo a pescare e cenammo con il pesce che cucinammo sul fuoco acceso con rami e foglie secche, alla riva del fiume.

- Che assurdità non poter cenare mai assieme! – disse Shuta con malinconia.
- A me non importa di cosa non facciamo insieme. Mi importa di quel che riusciamo a fare. – gli strizzai l’occhio.
- La fai semplice tu. Non capisco perché mia sorella non vuole che restiamo mai assieme dopo il tramonto.
- Avrà anche un caratterino dominante, ma la trovo davvero bellissima. – dissi, confidandomi per la prima volta.
- Che cavolo dici? Ti sei bevuto il cervello? – mi chiese Shuta, ma senza capire cosa intendessi dire io.
- Shuta, tu hai mai pensato a una ragazza?
- Cioè? – domandò, sdraiato sull’erba, con le braccia incrociate dietro la testa, assorto.
- Come cioè? Ti sei mai innamorato?
- Ma no, cosa dici?! Che vuol dire innamorato? Baciare una ragazza? – mi chiese, ingenuamente.
- Beh, credo di sì. – risposi, ma pensando dentro me che fosse qualcosa di più di un semplice bacio.
- A me non passa nemmeno per idea questa cosa. Puah! – sputò a terra, schifato.

Lo guardai stupito, convinto che ormai a undici anni fosse normale pensare di baciare una ragazza. A me Ruka piaceva davvero molto, anche se era più grande di noi. Pensavo molto a lei e la sognavo spesso.

- Bisogna tornare a casa. – disse Shuta. – Ormai le nostre famiglie saranno in pensiero. – si alzò dall’erba.
- Sì, hai ragione. Mio padre sarà furibondo. Non sa nemmeno che sono qui. Tua madre e tua sorella almeno sanno che sei con me a mangiare al fiume, o per lo meno, lo immagineranno.
- Ma vedrai, anche i tuoi genitori lo immagineranno. – mi confortò Shuta. – Andiamo.

Quando tornai a casa, mio padre mi stava aspettando davanti alle stalle. Mi picchiò per la mia negligenza e mi fece lavorare nelle stalle fino a mezzanotte.

- Yuta, che ti è successo? – chiese Shuta il giorno dopo, quando ci trovammo per andare da Suor Fana.
- Niente, non è successo niente. – risposi seccato.
- Come no? Hai il faccione gonfio. Cavolo, ti hanno pestato! Dimmi chi è stato!
- Smettila, Shu! E’ stato mio padre ieri sera.
- Ah. Che delusione. Contro di lui non posso aiutarti.
- Fa niente. – gli sorrisi. – Sbrighiamoci o Suor Fana ci metterà di nuovo in punizione per aver fatto tardi.

Suor Fana era la suora, insegnante, del nostro piccolo paese. Ci insegnava tutto ciò che dovevamo sapere sulla lettura e sulle eroiche imprese di antichi personaggi di leggende inverosimili.

- Yuta, mi prometti una cosa? – chiese Shuta all’improvviso, al ritorno dalla lezione di Suor Fana.
- Che vuoi? – chiesi, fingendomi indifferente.
- Qualunque cosa accada, noi resteremo sempre amici. Prometti?
- Sei scemo o cosa? – lo guardai inarcando un sopracciglio. Per me era ovvio e non serviva prometterlo.
- Guarda che ci conto! – mi disse seriamente. Poi sorrise e se ne andò via di corsa verso casa.



...Continua...


[Modificato da =Ereandil= 09/11/2006 14.42]

=Ereandil=
00mercoledì 8 novembre 2006 21:31



La scomparsa di Shuta


Il giorno seguente, corse a casa mia Shuta, urlando forte il mio nome. Ero ad aiutare mio padre nell’arare i campi e sentii a mala pena le sue urla, anche se non capivo cosa. Più si avvicinava, più era chiara la figura di Shuta che mi veniva incontro con un braccio alzato, in segno di saluto, ma anche di richiamo importante.

- Yuta, Yuta! – mi si avvicinò con affanno.
- Che c’è? Respira! – risposi, lanciando un’occhiata furtiva a mio padre che, se mi avesse visto parlare mentre lavoravo, me le avrebbe date di santa ragione.
- Non importa ora…. Non importa il respiro… - diceva con fatica.
- Ma che succede? – non capii l’urgenza della sua visita, dato che ci saremmo rivisti nel pomeriggio.
- Ruka. Si tratta di mia sorella… si sposa… si è fidanzata… - cercò di dire, mentre riprendeva fiato.
- Cosa hai detto? – domandai, sgranando gli occhi.
- E’ stata promessa in sposa…. A un ricco conte… uno della casata giù a valle. Ha tanti terreni .. mio padre da giovane lavorava per lui… e ora vuole sposare mia sorella.
- Co…. Io … - Shuta era sconvolto, ma io più di lui.

Sapevo che Ruka era perfetta come nobildonna, ma nel mio cuore, la speranza di crescere e di diventare per lei un marito ideale, non mi aveva mai abbandonato. Fino a quel momento.
Così, Ruka si sposò un anno più tardi e se ne andò dalla casa dove aveva vissuto per diciannove anni.
Da quel giorno, Shuta non lo rividi mai più.
Mi volevano far credere che era morto, schiacciato da un cavallo impazzito.
Non era possibile. Nessuno mi aveva invitato al suo funerale e io ero il suo migliore amico.
Perché quella menzogna? Perché Shuta era sparito? Cosa si nascondeva dietro queste immonde bugie?
Per un po’ cercai la verità con tutte le mie forze, ma quando capii che era tutto inutile, non mi restò che arrendermi all’evidenza e per dire addio a Shuta, cosparsi un cerchio di sassi vicino alla sponda del fiume, nostro rifugio abituale dai grandi e, all’interno, posai un fiore rubato dalla serra di Ruka, che ormai non se ne poteva più occupare.
Ero sicuro che un giorno Shuta sarebbe tornato e avrebbe capito quel simbolo, perché il suo nome significava "cerchio di pietre". Ovviamente, non avendo le pietre, dovetti accontentarmi di piccoli sassi. Per me era un gesto significativo.

Trascorsero così dieci anni. Io vivevo ancora nel piccolo paese di Shiinato, poco conosciuto, sulle colline a nord di Kyushu. Lavoravo nei campi al posto di mio padre, ormai vecchio e malandato. Mia madre ci aveva lasciati da due mesi. Tossiva spesso e sputava sangue. Il medico le aveva diagnosticato ancora una settimana di vita, ma lei riuscì a resistere in quello stato per due mesi, dopo di ché, il suo cuore si arrestò durante il sonno.

Un giorno che avevo finito tutto il lavoro nei campi, decisi di passare un po’ di tempo al fiume, anche per accertarmi che il piccolo simbolo di addio a Shuta fosse ancora in ordine, essendo circa due mesi che non mi dirigevo al fiume.
Con grande stupore, quando raggiunsi il nostro fanciullesco rifugio, vidi una ragazza vestita con abiti sgargianti e un ombrellino da sole, china sul cerchio di pietre. Mi avvicinai piano per non farmi sentire. Un ramoscello secco però scricchiolò sotto la mia scarpa, lei udì il suono e si spaventò, alzandosi di scatto, per poi voltarsi verso di me e indietreggiare di qualche passo.

- Perdonate, non volevo mettervi paura. – dissi, con brusco tono di scuse, che non erano la mia specialità.
- Yu.. – sembrò volermi dire qualcosa, mentre mi fissava con sguardo attonito.
- Come dite? Non ho capito, abbiate pazienza. – risposi, avvicinandomi al cerchio di sassi e notando che il fiore al suo interno era stato cambiato. – E questo cos’è? – chiesi, accigliato, mentre mi chinavo a prendere il fiore tra le mani per esaminarlo meglio.
- Ah… quello è… è un fiore finto… - rispose timidamente la ragazza, un poco più in disparte.
- Questo lo vedo. – dissi, scorbutico. – Ma che ci fa qui? E’ vostro? – mi voltai a osservarla malamente.
- Ecco… - indietreggiò un poco. Mi guardava tremando, con quegli occhi blu come l’acqua del fiume. – Sì.
- Ma davvero? E perché mai avete fatto cambio? Chi ve lo ha detto? – chiesi, digrignando i denti e stringendo nel pugno chiuso il suo fiore finto.
- No … nes.. nessuno… - sembrò gridare aiuto, spaventata com’era dalla mia reazione. – Volevo solo…
- Un corno! – gridai furioso. – Questo è un simbolo di grande importanza per me! Vedete di girare al largo!
- Ma… il .. il fiore… - cercò di ribadire.
- Non avete sentito bene? Devo forse ripetermi? Non sono affari vostri. Chi siete voi? – domandai, ma senza voler sentire realmente la risposta.
- Come? – chiese lei, stupita. – Oh, non pensavo voleste… conoscere… il mio nome… - disse, per poi continuare. – Io mi … mi chiamo .. Mana. Sono… sono spiacente per il fiore. Quello che c’era prima era secco e così…
- Che cavolo dite? – chiesi, inarcando il sopracciglio. – Non me ne frega nulla del vostro nome e delle vostre intenzioni. Riprendetevi questo scempio! – le lanciai il fiore stritolato ai piedi e la osservai con astìo.
- Oh… - portò una mano al petto, spaventata forse più per il gesto che per il mio modo di parlare. Osservò il fiore con sguardo incredulo, incapace di chinarsi a raccoglierlo.
- Mana! Mana, dove sei, cara? – una voce stava avvicinandosi al fiume. Una voce femminile.
- Ma chi … - ero sorpreso di vedere il luogo solitamente solitario, così pieno di visite in breve tempo.
- Oh… - vidi un’espressione di sgomento negli occhi della ragazza, probabilmente ricordatasi di qualcosa.
- Mana! Vieni fuori, avanti! Non abbiamo tempo da perdere. – disse la voce sempre più vicina.
- Vi stanno cercando a quanto pare. Meglio che ve ne andiate. – la spronai, con voce un po’ più calma, ma cupa.
- Ah… sì… io … - mi fissò, forse per dirmi qualcosa. Ma scrollò il capo e, dopo un inchino aggraziato, sparì.

Non ero sicuro di averla mai vista, ma mi ricordava vagamente qualcuno. E non capivo perché si trovasse proprio al fiume, chinata sul simbolo di addio, di cui Shuta poteva comprendere il significato, se mai lo avesse visto, un giorno. Ma avevo smesso di sperare. Da quando Ruka si sposò con qualcuno che non ero io, smisi di sognare, di costruire castelli in aria fatti di illusioni. E poi, Shuta che scomparve e il mio cuore ancora si domandava perché.
Non credevo a nessuna storiella patetica. Shuta non era morto. Ma qualcosa era successo. Qualcosa che io non potevo certo capire.
Mi chinai sul cerchio di sassi e lasciai che all’interno crescesse l’erbetta. Non mi importava più ormai di farla vedere a qualcuno che non sarebbe tornato con il suo sorriso e la sua allegria per dire addio di persona.
Mi rialzai dunque e tornai nei campi a cercare di impegnare il mio tempo fino a sera.




...Continua...




Dal prossimo sottotitolo potrete godere di immagini,
come se si trattasse di un reale libro illustrato (o fumetto),
che a ogni nuovo capitolo vanta di immagini che illustrano la storia.
Ancora vorrei capire se vi piace o meno...
Ma credo non l'abbia letta nessuno fino adesso.
Spero un giorno di poter avere il parere di un esperto.
Ma ancora è troppo presto, credo. La storia deve arrivare al punto migliore,
alla svolta, al capovolgimento totale. Tra poco... tra poco... ^^
Buona lettura, a chi interessato! [SM=g27822]
Intanto vado avanti a scrivere il dodicesimo capitolo a cui sono arrivata ora...




[Modificato da =Ereandil= 08/11/2006 21.33]

[Modificato da =Ereandil= 08/11/2006 23.20]

=Ereandil=
00giovedì 9 novembre 2006 14:57







La ragazza misteriosa


- Perdonatemi signore. – sentii una vocina esile alle mie spalle.
- Sì? – mi voltai con aria interrogativa, ma sempre con la mia faccia da burbero.
- Suo padre mi manda a darvi questa. – rispose la voce di una anziana signora, ben vestita, con un pomposo cappello sulla testa e due guance ormai rugose e penzolanti.
- Mio padre? – chiesi con stupore, mentre prendevo la lettera che la vecchietta mi porgeva.
- Esatto, suo padre. Ora devo andare. Arrivederci. – disse con voce tremolante e proseguì il suo cammino.

Strano mio padre scrivesse delle lettere, visto che abitavamo sotto lo stesso tetto. La aprii dunque e la lessi con calma.

- Cosa? – urlai incredulo, da solo, come un pazzo, sul ciglio della strada che costeggiava casa mia.

Lessi e rilessi la lettera più volte, ma il significato era chiaro. C’era scritta la mia vera storia. Io non ero figlio legittimo del padre e della madre che mi hanno cresciuto. Ero stato trovato nei campi, una mattina di primavera. Piangevo nudo come un verme, avvolto solo da un misero straccio bianco, su cui era scritto il mio nome, Yuta.
Anni dopo, la mia vera madre venne a far visita ai miei genitori, ma io non la vidi che per pochi attimi, prima che se ne andasse e non feci domande su chi fosse e chi non fosse. Voleva sincerarsi delle mie condizioni. Era una nobile donna, dall’aspetto elegante e prosperoso. Non mi dissero niente, perché lei non voleva che io lo scoprissi. Ero nato da una relazione prematrimoniale con un uomo che poco centrava nella sua vita, poiché era già stato scelto colui con cui avrebbe dovuto condividere beni e averi per il resto dei suoi giorni.
Ma il patto che fecero con questa donna si doveva rompere, ora che mio padre mi avrebbe dovuto lasciare e voleva che io sapessi la verità per tempo. Ero a conoscenza del fatto che ormai la sua malattia peggiorava di giorno in giorno e sapevo che prima o poi mi avrebbe dovuto dire addio. Ma ero pronto ad accettarlo. Se tutto fosse rimasto così, ero pronto ad accettarlo. Invece, quella lettera mi spiazzò totalmente.
Io, figlio illegittimo di una nobile donna. Come potevo rintracciarla? Come potevo scoprire chi fosse? E poi, se anche ci avessi provato, non era troppo tardi? E non sarebbe stato pericoloso esporsi, sapendo che ero nato da una relazione peccaminosa? Mentre pensavo a come salvare ciò che restava della mia vita, ponendomi mille più quesiti, la ragazza del giorno precedente che incontrai al fiume, si rivelò a pochi passi da me e, sgranando gli occhi per lo stupore, arrestò il passo, osservandomi perplessa.

- Che c’è da guardare? Io abito qui. – indicai la casa alle mie spalle. – Quindi, girate al largo.
- Sc..scu…scusate… - disse, cercando di farsi forza. – Posso … posso parlarvi? – chiese, garbata.
- Che volete da me? – il mio tono non si smentiva, brusco come al solito.
- Io… ecco…
- Per favore, arrivate al dunque e poi lasciatemi stare. Ho molte cose da fare.
- Si… si, certo… perdonatemi. – chinò il capo, per poi tornare a osservarmi. – Ecco… potreste accompagnarmi al fiume? – chiese, come favore. – Vorrei poterci tornare.. ma … non se voi la prendete a male.

La osservai senza capire. Si mostrava gentile con me, nonostante i miei modi bruschi e il tono aspro della voce.
Non dissi una parola. Riposi la lettera nella busta, la chiusi, la misi in tasca e, solo con un cenno, feci capire a quella misteriosa ragazza di seguirmi e lei, come fosse un cagnolino, mi seguì in silenzio.
Arrivati al fiume, mi ringraziò, molto garbatamente, ma io non risposi. Mi avvicinai alla sponda e immersi i piedi nelle fresche acque mattutine.

- Che bello. Sembra divertente. Posso farlo anche io? – mi chiese, per nulla intimorita dalla mia presenza.
- Nessuno ve lo vieta. O sbaglio? – risposi secco.

Lei annuì e si tolse le scarpe per poi sedersi accanto a me e immerse i pedi nell’acqua.

- Brrrrrrr … com’è fredda! – disse, ma sorrideva, come se le piacesse quella sensazione.
- E’ normale che lo sia. – sempre brusco era il mio tono.
- Voi venite qui tutti i giorni? – chiese, tralasciando il mio puntiglioso sarcasmo.
- Che c’entra adesso? – risposi malamente, non avendo voglia di parlare.
- Non lo so. Era così per dire. – disse, con un lieve sorriso. – Brrrr .. non riesco a stare dentro ancora. E’ molto fredda! Voi come fate? – domandò, nel vedere che io riuscivo a tenere i piedi ancora a bagno.
- Per me è questione di abitudine. – risposi senza tanti convenevoli.
- Mi parlate un po’ di voi? – chiese, ormai senza più timore nello starmi vicino.
- No. – brusca fu la risposta.
- Dovreste presentarvi, per essere educato e ricambiare il fatto che ieri mi sono presentata a voi. – disse tranquilla.
- Ascoltatemi bene! – tuonai. – Non ho la minima intenzione di essere educato e tanto meno di presentarmi a voi!
- Oh…. – restò per un attimo attonita, ma poi tornò a fissare il fiume, in cui non era più immersa con i piedi e non aggiunse altro, come a farmi sentire in colpa per averle risposto male.

Ma io non volevo sentirmi in colpa. Perché avrei dovuto? Quella ragazza mi aveva sottratto dal mio lavoro nei campi per portarmi al fiume senza una ragione e ora voleva fare conversazione. Che cos’aveva in testa? Era normale?
Eppure questo non significava che io dovevo per forza trattarla male. Anzi, non avrei proprio dovuto e un po’, anche se non lo ammettevo a me stesso, mi sentivo in colpa.

- Deve avere avuto un significato davvero grande per voi, quel fiore che io ho scambiato. – disse, a un tratto.
- Hei ma.. – avrei voluto intimarla a zittirsi, però notai due occhi blu notte che mi fissavano curiosi.
- Perdonatemi se ho osato mettere il mio fiore finto. – continuò, senza aspettare che io finissi la frase.
- Bah! – mi voltai di nuovo verso il fiume, scocciato.
- Vi va se facciamo pace? – chiese con un sorriso limpido e pacato.
- Come? – chiesi, fissandola come se avesse la lebbra.

Lei fece una risatina sommessa e mi prese un braccio, appoggiandovi la testa sopra, restando seduta al mio fianco. Anche se cominciai a sentire freddo, non tolsi i piedi dall’acqua per non allontanare quella misteriosa ragazza da me.
In verità non mi sarebbe dovuto importare molto, anzi, avrei dovuto essere contento di scrollarmela di dosso, invece sentii un battito insolito nel petto. Uno strano turbamento invase i miei pensieri.

- Penso che sia ora di tornare indietro. – disse, con occhi chiusi e la testa ancora appoggiata al mio braccio.

Non risposi. Levai i piedi dall’acqua e mi alzai, lasciandola seduta al suolo. Gocciolavo acqua dalla base del mio corpo e lei mi fissava dalla sua posizione seduta con aria interrogativa.
Senza comprenderne il motivo, le porsi una mano e l’aiutai così a rialzarsi. Ci rimettemmo le scarpe e cominciammo a incamminarci sulla via del ritorno, e questa volta lei restò attaccata al mio braccio.

- Vi prego, rispondete almeno a una domanda.. – disse, con volto supplichevole.
- Cioè? – chiesi, burbero come al solito, tenendo lo sguardo fisso davanti a me.
- Per chi è quel cerchio di sassi che contornavano un fiore secco? – domandò ingenuamente curiosa.
- Un ricordo. – dissi solo.
- Oh…. Allora doveva essere una persona speciale. – azzardò in giudizio.
- Bah! – risposi rude.
- Sì, ne sono certa. – sorrise, stringendosi ancora un poco al mio braccio, lasciandomi senza parole.

Sapeva leggermi dentro il cuore per caso? Non tremava più, nonostante il giorno prima mi ero comportato in modo pessimo e ancora lo stavo facendo. Inoltre, sembrò comprendere la bontà che tenevo chiusa in me, da anni.
Io invece ancora non ero riuscito a capire nulla di lei. Chi era? Da dove veniva? Perché si era così appiccicata a me?
Perché voleva passare del tempo al fiume in mia compagnia? Perché mi faceva sentire debole?

- Ora… ora è meglio che vada… - disse, appena arrivammo davanti a casa mia.
- Sì. Addio! – risposi bruscamente, diretto poi alla stalla.
- Ah, però…. Prima, volevo… volevo ringraziarvi per avermi permesso di tornare al fiume.
- Non importa. – le feci segno di andarsene con la mano, in malo modo.
- Invece per me ha importanza! – replicò seria, prendendo la mano e strattonandomi verso di lei per posare le sue labbra morbide e vellutate sulla mia guancia ruvida per via della ricrescita della barba.

Senza parole la osservai, scostandomi da lei immediatamente. Anche lei mi guardava senza dire nulla e senza espressione che potesse farmi capire cosa pensava. Poi sorrise. Un sorriso dolcissimo e innocente. Mi salutò e andò via.
Rimasi impalato a guardare la sua figura allontanarsi, incredulo, sfiorandomi la guancia con la mano.
Ma che le era venuto in mente di fare? E perché poi? Quella ragazza era davvero misteriosa e imprevedibile.
Sparii così nelle stalle, pensando di stare in allerta verso il mio cuore, che batteva a ritmo stranamente irregolare.




...Continua...



=Ereandil=
00lunedì 13 novembre 2006 09:19

PAUSA...

Purtroppo mi tocca sospendere questo scritto per un po'..
Mi è andato in tilt il computer ieri sera e non avevo salvato gli altri capitoli del manoscritto...mi toccherà rifarlo,
quindi ci metterò un pochetto...
Spero mi venga bene come la prima volta..
Uff.. che disgraziata che sono [SM=g27813]


[SM=x132391]
°.Naif.°
00martedì 14 novembre 2006 10:05

Ereandil ma sei troppo brava! Ho letto anche "L'amore in sogno" e mi è piaciuto da morire! Sono sicura che sarà bello anche questo che stai scrivendo. Le immagini almeno sono stupende. La storia si vede che deve ancora evolversi ma dalle prime battute non è per niente brutta. Vabbè che io mi intendo poco di fan fict perchè se mi metto a scrivere qualcosa mi sparo, visto i voti che prendo nei temi a scuola [SM=x132395] [SM=x132374]
Brava! Continua così! Dacci dentro! [SM=g27811]
Ancora non ho letto "La libertà di amare" perchè è più lungo ma un pochino ho letto la prima parte. E' ambientato in epoche passate vero? Perchè danno del voi. [SM=g27833]
Vabbè, ciao! E scrivi ancora eh! [SM=g27828]


°.NaIf.°
=Ereandil=
00domenica 19 novembre 2006 10:44
Re:

Scritto da: °.Naif.° 14/11/2006 10.05

Ereandil ma sei troppo brava! Ho letto anche "L'amore in sogno" e mi è piaciuto da morire! Sono sicura che sarà bello anche questo che stai scrivendo. Le immagini almeno sono stupende. La storia si vede che deve ancora evolversi ma dalle prime battute non è per niente brutta. Vabbè che io mi intendo poco di fan fict perchè se mi metto a scrivere qualcosa mi sparo, visto i voti che prendo nei temi a scuola [SM=x132395] [SM=x132374]
Brava! Continua così! Dacci dentro! [SM=g27811]
Ancora non ho letto "La libertà di amare" perchè è più lungo ma un pochino ho letto la prima parte. E' ambientato in epoche passate vero? Perchè danno del voi. [SM=g27833]
Vabbè, ciao! E scrivi ancora eh! [SM=g27828]


°.NaIf.°




Ciaooooooooooooooo (Naif, ma sei come il prezzemolo tu?? [SM=g27820]: ) Ebbene, grande notizia!!! Ho ritrovato i capitoli che avevo scritto!!! [SM=g27837]

Temevo fossero andati perduti per sempre, invece, mentre stavo salvando delle cose che avevo messo su word, mi si è aperta l'ultima pag. di word che non avevo salvato, ovvero i restanti capitoli della FF Fantasy [SM=x132376]
L'ho ovvimente salvato all'istante!!! E ora posso continuare a postare..
[SM=x132434]


Ovviamente, devo ancora concluderla [SM=g27828]


Grazie NAif per aver esposto i tuoi pareri [SM=g27811]

=Ereandil=
00mercoledì 22 novembre 2006 21:48





La vecchia col bastone


- Cosa fate? – mi investì una domanda a pochi metri dal luogo in cui mi trovavo.

Mi raddrizzai, essendo chino sulle erbacce, lavorando la terra a pochi passi dal ciglio della strada. Mi voltai verso la voce che mi parve di riconoscere e, quando la vidi, ogni sospetto fu fondato. La ragazza misteriosa era venuta a trovarmi anche oggi.

- Bah! – il mio tono brusco non riuscivo proprio ad addolcirlo in sua presenza.
- Posso aiutarvi? – chiese e, senza attender risposta, prese a camminare tra le spighe alte del campo.
- Cosa vi salta in mente, sciocca! Via, restate al vostro posto! – cercai di cacciarla puntando verso lei la falce che avevo in mano, ma era lontana da me e non riuscii a impressionarla.
- Perché non posso? Mi sembra così bello qui. Le piante sono più alte di me. – sorrise, avanzando verso di me.
- Vi ho detto di andarvene. Queste non sono piante, sono spighe! Sciò! Mi rovinate il campo!
- Suvvia, non sarà mica il mio passo a rovinare il campo, non credete? – ribadì, ingenua, raggiungendomi.
- Siete impossibile! Ve lo hanno mai detto? – la rimproverai tenendo la falce a distanza da lei per non farle male.
- Oh, sì, continuamente, quando ero più piccola. Ero un tale maschiaccio…. – portò una mano davanti alla bocca per coprire un sorriso divertito.

Inarcai un sopracciglio e la guardai senza rispondere. Pensai che il mio sguardo potesse già valere molto. Ma non riuscii a intimarla, così prese a camminarmi intorno per poi tornare dove era prima, a guardarmi negli occhi.

- Dite, cosa posso fare per voi? – chiese, seriamente motivata.
- Sparite! – le risposi freddo come il ghiaccio.
- Ma prima vorrei almeno potervi aiutare… - ribadì.
- Impossibile! Non è posto per voi questo. – mi girai così dall’altra parte e continuai a lavorare, sperando che capisse di doversi allontanare. Ma non fu così semplice.
- Potrei provare anche io? – domandò, indicando la falce.
- Siete forse diventata matta? – mi fermai e la osservai con sguardo interrogativo e serio.
- Ma è solo per provare… se sbaglio mi correggete. – sembrò supplicare.
- Non sono qui per perdere tempo. Non ve lo chiederò di nuovo. Sparite!
- No! Non posso farlo! – rispose a tono, con sguardo fiero, come a volermi sfidare.

La osservai senza capire più le sue intenzioni. Era davvero caparbia. Impossibile riuscire a farle cambiare idea se non si usavano bruschi modi di agire. E così feci. Stanco di ripetermi, abbandonai la falce e la presi per un braccio, trascinandola con forza verso l’uscita dal mio terreno.

- Che fate? Lasciatemi! Non voglio … lasciatemi! – gridava, cercando di divincolarsi il più possibile.
- Tacete! – le risposi bruscamente, come sempre, essendo più forte di lei e riuscendo a portarla sulla strada.

Quando facemmo capolino dal campo si spighe, vidi la signora anziana della mattina precedente, lì in mezzo alla via, che ci osservava attonita, tra il divertito e l’interrogativo. Chissà cosa stava pensando a causa degli urli che emetteva quella ragazza così insistente. Mollai così di colpo il braccio di lei e mi avvicinai alla vecchia, cercando di nasconderle il mio imbarazzo.

- Che volete ancora? – chiesi, sempre con molta delicatezza, ovviamente.
- Scusate se vi ho disturbati. – alluse lei guardando verso la ragazza che si metteva a posto il vestito, equivocamente.
- Non diciamo sciocchezze!! Venite al dunque, per cortesia. – ero piuttosto seccato.
- Non mi offrite un tè? – chiese. – Sapete com’è, non sono più giovincella e sedermi non potrebbe che farmi bene.
- Sì, sì, ho capito. Accomodatevi pure. – dissi, tagliando corto, aprendole la porta di casa. Poi mi voltai verso la sciagurata e le feci cenno di entrare, sparendo all’interno della casa. Così, anche la ragazza entrò e chiuse la porta.
- Sedetevi. E sbrigatevi a dirmi che volete. Oggi ho già oziato abbastanza. – mi rivolsi alla vecchia col bastone.
- Devo raccontarvi una storia davvero sconvolgente, giovanotto. Meglio che vi sediate. – rispose serenamente.
- Che bella casetta… - apostrofò con ammirazione la ragazza misteriosa, guardandosi attorno.
- Siete pronti a partire? – chiese la vecchia.
- Partire? Ma di che parlate? – mi lasciò di stucco e pensai fosse pazza.
- Per catturare il giorno che non c’è! – rispose lei, con un guizzo negli occhi e il tono misterioso.
- Che? – chiesi, inarcando il solito sopracciglio.
- Di cosa parlate nonnina? – intervenne la ragazza, curiosa dal racconto della vecchia.
- Parlo di un mondo fatato, dove vivono sirene, folletti, fate, gnomi e tante altre creature fantastiche. Ma dovete sapere che questo luogo è ambientato in piena notte e solo ogni mille anni viene raggiunto dal sole, che porta il giorno in questo mondo così buio.
- Ma siete forse pazza? – tuonai, infine, battendo i pugni sul tavolo. – Che cavolo volete da noi? Prima mi mandate quella lettera, poi mi venite a raccontare questa storia ai limiti della fantasia. Dico, ma chi cavolo siete?
- Io sono PeroPoroGusha, la maga più antica di Buyo, il mondo magico di cui vi ho parlato.
- Piantatela, vecchia pazza che non siete altro! – gridai, osservandola con ira.
- No, Yuta! – urlò a un tratto la ragazza, correndomi incontro per placare la mia collera.
- Cosa…? – sentii cingermi la vita con le sue braccia esili e la osservai incredulo. – Ma tu… - non riuscii a parlare.
- Yuta. – richiamò la mia attenzione la vecchia. – Ancora non capite chi è lei? – mi chiese con un sorriso.
- Che? – ormai mi sembrò di essere diventato pazzo. Non potei far altro che ascoltare quel delirio di parole.
- Mana, presentati a Yuta come si deve. E’ giunto il momento. – ordinò la vecchia alla ragazza.
- Sì… - rispose sommessa la ragazza, dopo un lieve attimo di stupore. Quindi mi lasciò e si portò un poco distante, mi porse un inchino rispettoso e si rivelò. – Yuta, io sono Mana. Sono lo spirito di Shuta, un bambino di dieci anni, pieno di vita e amante delle corse nei prati.
- Cosa hai detto? – domandai, incredulo, riconoscendo finalmente in lei i lineamenti esatti di Shuta, comprendendo perché la trovai familiare.
- Bene. Ora che lo sapete, Yuta, in realtà Mana è una ninfa di Buyo, il nostro mondo privo di luce diurna.
- Una … una ninfa? – la guardai bene, poi osservai la vecchia e nuovamente guardai la ragazza.
- Esatto. Yuta, mi dispiace, io…. Volevo dirtelo da quando eravamo piccoli, ma… mi avevano chiesto di mantenere il segreto con chiunque e così…
- Ma… non capisco! Allora… Shuta… e .. e Ruka? E tu… dove sei stata per tutto questo tempo? – le domande uscivano spontanee una dopo l’altra, come getti d’acqua.
- Sono venuta qui per cercarti. Tutte le persone che ricordi sono reali, sono umane, appartengono a questo mondo. Anche Shuta vi apparteneva, prima che…
- Bene, Mana. Può bastare per adesso. – rispose la vecchia.
- Come, può bastare? – replicai. - No, voglio sapere! Ho il diritto a delle spiegazioni!
- Certamente. Avete tutti i diritti del mondo, Yuta. Ma prima di conoscere la storia intera, devo sapere se siete disposto a partire assieme a noi per Buyo e catturare il giorno che non c’è.
- Cosa? Ma io … - non sapevo che dire. Era tutto così incredibile e irreale. Mi massaggiai le tempie e, dopo aver chiuso gli occhi, li riaprii cercando di mantenere la calma.
- Yuta. Stai bene? – chiese Mana, preoccupata.
- Si, Mana, non preoccuparti. Sono sicura ora il tuo Yuta ci risponderà. Devi capire che era ancora molto piccolo quando fu strappato dai suoi veri genitori e la memoria non gli tornerà alla mente in così breve tempo, ma pian piano vedrai che si ricorderà e allora tutto cambierà come previsto.
- Come previsto? Ma di cosa parlate? Mi state facendo ammattire. Che cosa dovrei ricordare? – ormai ero sconcertato.

Ero in uno stato di totale confusione. Non capivo cosa stesse accadendo. Avevo vissuto ventuno anni credendo di essere figlio di persone a cui non appartenevo neanche lontanamente e ora, quando ero già troppo cresciuto per credere nelle favole, questa storia pazzesca aveva preso il via nella mia esistenza. Chi era quella vecchia? Cos’era questo mondo privo di luce solare e pino di creature fatate? E perché io ero coinvolto mio malgrado in tutto questo?
Ogni domanda era priva di risposta concreta. Dovevo dare io una risposta alla vecchia. Andare a Buyo e aiutarla in questa ricerca di cui non comprendevo la necessità o rifiutare? Ma se accettavo, cosa avrei dovuto fare esattamente? E se mi rifiutavo, cosa sarebbe successo? Troppe domande esigevano risposta. E riuscivo solo a fissare incredulo la giovane Mana e la vecchia PeroPoroGusha che sorrideva osservandomi, come se leggesse nei miei pensieri.



...Continua...


=Ereandil=
00venerdì 8 dicembre 2006 13:54





Il magico mondo notturno


- Dovete darmi una risposta, Yuta. – insistette la vecchia.
- Non so ancora di cosa cavolo parlate e non capisco se dite sul serio o se è uno scherzo. – risposi duramente.
- Sta tornando in voi il caratterino solito di tutte le creature simili alla vostra. – sorrise compiaciuta la vecchia,
- guardandomi. – Ebbene, sarò disposta a rispondere alle domande che avete da porre, a condizione che poi accettiate di partire per Buyo. – disse, mettendomi con le spalle al muro. – Avanti, chiedete pure.
- Nonnina, siete sicura che… - Mana cercò di dire qualcosa, ma la vecchia la interruppe, alzando una mano per ordinarle di fermare le parole e così fece. Poi mi guardò, impensierita.
- D’accordo, dunque. – accettai. Infondo mi stavano dando l’occasione di poter fare domande. – Per prima cosa, perché sta capitando tutto questo? E’ reale o finzione? – chiesi.
- E’ tutto vero, ragazzo mio. – rispose la vecchia chiudendo gli occhi. – E capita nel momento più opportuno. Aspettavamo solo che voi aveste l’età adeguata per intraprendere tale missione e tra tre soli giorni, a Buyo, apparirà il sole e verrà giorno. In quell’occasione, dovrà essere catturato.
- Già. Dunque cos’è questa storia del giorno che non c’è? – incapace di capire.
- A Buyo è sorto un incantesimo più di sette mila anni fa. Ogni mille anni avviene una nuova incoronazione per comandare sul magico mondo del sonno. In questo mondo prevalevano giornate di buio assoluto, dove si potevano ammirare le stelle, la luna, i riflessi del mare e delle pinne delle sirene. Le fate, da noi chiamate Tunny, cospargevano di polvere magica questo mondo incantato, per donare pace e serenità a ogni abitante. Noi maghette, le PeroPoro, aiutavamo in questa missione le fatine, viaggiando tra il mondo di Buyo e il mondo degli umani, per permettere a tutti i bambini di sognare questo magico posto incantato. Ma quando avvenne il momento di una nuova incoronazione, fu prescelta Kafuha, la più bella tra le ninfe del mare, ma anche la più tenebrosa, nata da una ninfetta e da un elfo del Sud. Al momento dell’incoronazione, Kafuha espresse un desiderio, come vuole la tradizione. Se il desiderio, che deve essere espresso per il bene di Buyo, appare di beneficio alla terra e a tutti i magici abitanti, la persona che è stata scelta per ricoprire la carica di regnante per mille anni, viene trasformata in una stella e potrà vivere in eterno, portando sogni e gioia con il suo bagliore. Ma se il desiderio che si esprime, non ha alcun beneficio per il mondo di Buyo, il nuovo regnante sarà risucchiato dall’oscurità degli abissi e costretto a perire, diventando acqua di mare. Kafuha desiderò che a Buyo non ci fossero più giorni pieni di luce, che già erano così rari e preziosi per tutti noi, apparendo solo ogni cento anni. Fu così che la perfida ninfa diventò acqua salata e ci ritrovammo a vivere nell’oscurità per mille anni. Fino a che, al momento di un’altra incoronazione, la luce del giorno torna a regalarci emozioni, anche se per brevi ore. Questo incantesimo dura da ormai sette mila anni e ogni mille anni solamente, la luce del sole torna a scaldarci. Purtroppo, per spezzare l’incantesimo, non serve che il nuovo regnante desideri di far apparire la luce del giorno come molto tempo fa, poiché non ne ha la facoltà. Può spezzare i desideri maligni espressi dagli antichi regnanti, solo il figlio legittimo di un Elfo che fu Re e un’Elfa che fu Regina di Buyo. Nessun altro può. E voi, Yuta, appartenete alla nobile stirpe dei Morlah, gli elfi leggendari, che un tempo furono incoronati per regnare a Buyo e, con i loro desideri pacifici, ci permisero di vantare di questo mondo incantato. I vostri genitori, Yuta, sono divenuti le stelle più belle che si possano vedere a Buyo e hanno un posto di grande importanza, vicino alla luna piena.
- Non è fantastico, Liho? – mi chiese Mana, guardandomi meravigliata, dopo aver ascoltato assieme a me il racconto più bizzarro che avessi mai sentito.
- Liho? – chiesi, sempre più confuso e pieno di domande.
- E’ il vostro nome elfico. – rispose la vecchia maga.
- Il mio… cosa…? – ormai la testa mi scoppiava e le tempie pulsavano forte. Mi toccai la nuca a un lato e sentii qualcosa di lungo e appuntito sull’orecchio. – Che cavolo….? – percorsi con le dita quella strana cosa e mi stupii, nel comprendere che era un tutt’uno con il mio orecchio. Era un orecchio lungo e appuntito. Ero un elfo!
- Ora ci credete? – chiese la vecchia, sorridendo come se mi avesse offerto un cioccolatino.
- Non facciamo scherzi! Rivoglio il mio orecchio! – urlai, allontanando la mano da quell’affare appuntito.
- Liho… - mi guardò Mana, con dolcezza. – Non preoccuparti, è normale all’inizio. Pian piano, quando i ricordi riaffioreranno, tutto sarà più facile anche per te. – disse avvicinandosi e toccandomi le punte delle orecchie.
- Esatto, Mana, hai proprio ragione. – affermò la vecchia, alzandosi in piedi, puntandoci contro il suo bastone.
- Che cosa volete fare ora? – domandai, perplesso.
- Partire per Buyo, naturalmente. – sorrise e dal bastone partì una strana luce azzurra che illuminò interamente la stanza, così forte da farmi coprire gli occhi con un braccio.

Quando li riaprii, la luce era sparita. Ma anche la stanza era sparita. Tutto attorno era immerso in un luogo naturale.
Davanti a me c’era un laghetto pieno di foglie grandi e fiori deliziosi. Le ranocchie saltavano di qua e di là.
Al mio fianco c’era Mana, ora vestita solo di uno strascico bianco luminoso, con lunghi capelli ramati che arrivavano ai piedi scalzi. Sul braccio sinistro, poco sotto la spalla, aveva un grosso simbolo circolare, come un enorme bracciale d’oro. I suoi occhioni blu mi scrutavano allegramente. Eravamo totalmente avvolti dalla notte.

- Come sei bello, Liho. – mi disse con sguardo pieno di ammirazione.
- Come? Io? – la guardai sconcertato, poi mi guardai addosso. Avevo degli abiti che nemmeno per una festa mascherata avrei mai pensato di mettere.

Una camicia bianca, dalle ampie maniche, mi copriva il busto, assieme a un gilet blu scuro, di velluto, con i bottoni dorati sul davanti. Lunghi pantaloni attillati, in camoscio, anche questi blu scuro e gli stivali di camoscio nero.
Ero dotato anche di un enorme cinturone di cuoio dotata di fodero a un lato, in cui era infilata una spada.
Mi toccai di istinto per capire se era tutto vero. Come era possibile che mi fossi cambiato d’abito? E da dove saltavano fuori quegli indumenti ambigui? Ero abituato ad abiti semplici e stracciati. E poi, dov’ero finito? Era quello il mondo di Buyo? E come ci ero finito? Troppe domande affollavano la mia mente. Ed ecco che apparve davanti a noi una figura che vantava di un’aura azzurra fatata.

- Finalmente a casa, Liho. – disse questa figura, esile e longilinea, vestita di un lungo abito celeste, dello stesso colore dei capelli e dell’aura che emanava. Solo gli occhi erano grigi.
- Cosa? – chiesi, incantato.
- Non mi riconosci? – sorrise e notai solo ora che tra le mani, dalle lunghissime unghie blu, spuntava un bastone.
- Ma …. Ma tu sei…. – la guardai attonito.
- Esatto. Sono io, PeroPoroGusha, la maga. – rispose cordiale.
- Ma no! Com’è possibile? Non eri vecchia? – chiesi senza pensare.
- Ho solo cento mila anni di vita. Sono ancora in buono stato, direi. – rise e si guardò per poi riportare su di me l’attenzione. – In questo luogo nulla è come sembra, Liho e te ne accorgerai presto.

Sparì, esattamente come era apparsa, nel modo più misterioso che avessi mai visto. Infondo era normale, per una maga, ma non ero abituato ad avvenimenti simili.

- Liho. – mi chiamò con lieve tono di voce Mana. La guardai con aria interrogativa e lei continuò. – Vieni, ti farò conoscere la mia famiglia. – disse, prendendomi per mano.
- La.. la tua famiglia? – chiesi, sconcertato e notai che le sue orecchie erano appuntite come le mie, ma di forma lievemente diversa, più fini e allungate.
- Certo. Sono ansiose di conoscerti.
- Ma chi? – domandai con non poca curiosità e timore.

Mana non rispose, e mi trascinò delicatamente per mano.
Giungemmo così dinanzi a una cascata, nel mezzo del bosco. Tante piccole fatine volavano sopra le rocce e l’acqua, illuminando il posto, graziose e leggiadre.

- Eccoci arrivati. – disse Mana, indicandomi la cascata. – Qui è dove veniamo a radunarci abitualmente noi ninfe.
- Ah… capisco. – risposi affascinato dal luogo.
- Mana, finalmente. – alle nostre spalle si materializzò una ninfa dall’abito ancora più lucente di quello di Mana e dai capelli rossi, vivi, la pelle lattea e gli occhi allungati, di un unico colore : blu.
- Utahe! – esclamò Mana con gioia, voltandosi verso la splendida creatura.
- Lui deve essere quello della leggenda. – l’amica di Mana mi guardò, con sereno sorriso.
- Sì, Utahe. Ti presento Liho. – rispose, indicandomi con lo sguardo.
- Molto lieto. – senza nemmeno pensare, mi ritrovai genuflesso dinanzi alla creatura.
- Alzatevi, portatore di luce. – mi ordinò lei. – Siete il benvenuto. Sarà Mana a prendersi cura di voi.
- Davvero potrò? – chiese Mana con entusiasmo.
- Certamente. – le rispose amorevole la creatura.
- Utahe, grazie! Hai sentito Liho? – mi chiese piena di felicità nello sguardo.
- Sì .. – risposi, sconcertato da quella sua allegria.

[Liho, avete visto lo sguardo di Mana?] sentii domandare nella mia testa.
[Ma cosa…?] risposi dentro me.
[Sono io, Liho. Sono la ninfa che ti appare ora davanti.] rispose la voce. Era Utahe che mi parlava col pensiero.
[Ma come è possibile?] chiesi, sbalordito sia perché riuscivo a sentirla, sia perché lei riusciva a sentire me.
[Sono diventata tutt’uno con i vostri pensieri. Noi ninfe possiamo farlo. Con chiunque.] spiegò lei.
[Incredibile…]riuscii a dire solamente.
[Ebbene, Liho. Abbiate sempre ricordo di quello sguardo sul volto di mia figlia.]
[Vostra figlia? Mana?] chiesi con stupore.
[Qui a Buyo, tutte le ninfe sono miei figlie. Le ho generate io e ne sono particolarmente affezionata. Mana è la mia ultima creazione. Di lei sono davvero orgogliosa. Abbiatene cura, durante il cammino che vi porterà a compiere il dovere per cui giunto fino a qui. Lei sarà la vostra guida]
[Aspetta un attimo. Non capisco. Tu sai perché io sono qui?]
[Io so molte più cose di quanto voi crediate.]
[Allora potreste spiegarmi perché esattamente sono finito in questo posto?]
[Perché siete il prescelto.]
[Ma per cosa?]
[Per portare la luce del giorno in questo luogo notturno.]
[Ma come posso farlo, io?]
[Solo chi ha tale compito, può trovare in sé le risposte che cerca.]
[Ma io … io non lo so!]
[Allora non vi resta che cercarle.]
[E dove? Dove posso cercarle?]
[Nel cuore.] rispose con una calma inesauribile a tutte le mie domande.

- Liho! – mi scrollò per un braccio Mana. – Ti sei incantato? Vieni, devo farti conoscere le altre mie sorelle! – disse.

La guardai, annuendo, dopo un istante di sgomento. Poi tornai a osservare dritto davanti a me, ed ecco che la ninfa, madre di tutte le altre creature simili a Mana, era scomparsa.





...Continua...


[Modificato da =Ereandil= 08/12/2006 14.11]

=Ereandil=
00domenica 31 dicembre 2006 14:03




I genitori di Liho


- [Liho!] sentii chiamare il mio nuovo nome nella mia testa. [Liho, rispondimi.]
- [Chi è che parla?] aprii gli occhi e mi ritrovai vicino alla cascata in mezzo al bosco.
- [Sono io.] rispose la voce nella mia testa e davanti a me apparve PeroPoroGusha.
- [Tu? Come è possibile? Sei una maga, oppure…?]
- [Sì, Liho, sono una maga. Non potrei parlare nei tuoi pensieri se fossimo in circostanze normali, ma qui posso farlo, perché questo è un sogno. E’ il tuo sogno. E nei sogni sei tu che decidi.]
- [Cosa?] domandai, attonito.
- [E’ così, Liho. Il tuo corpo ora sta dormendo, ma la tua mente no. Stai sognando, o meglio, gli umani sognano. Qui a Buyo, i sogni non sono altro che vite parallele. Viaggi compiuti dalla mente e non dal corpo.]
- [Com’è tutto complicato qui.]
- [All’inizio potrebbe apparire così, ma non è proprio complicato come pensi. Ti è mai capitato di sognare quando vivevi la tua vita da umano?]
- [Sì, certo.]
- [E quando sognavi, non era forse vero che il tuo corpo riposava, mentre la tua mente continuava a compiere viaggi?]
- [Sì, penso di sì.]
- [Qui a Buyo accade esattamente la stessa cosa. Però i sogni sono reali. Ciò che nei tuoi sogni accade, accade davvero. Anche se nei sogni si possono modificare molte cose, come ad esempio, il fatto che parliamo con il pensiero. Mi hai chiamata tu qui. Sei tu che mi stai sognando.]
- [E perché sto sognando proprio te?]
- [Purtroppo, questo solo tu puoi saperlo. E’ un tuo desiderio inconscio. Forse, vuoi chiedermi qualcosa.]
- [Sì, probabilmente è per questo.]
- [Allora comincia, ti ascolto.]
- [Cos’è esattamente Buyo? Voglio dire… com’è nato? Oggi ho incontrato la madre di tutte le ninfe. Dice che le altre simili a Mana e Mana stessa, le ha create lei. Ma com’è possibile? E lei da chi è stata creata?]
- [Troppe domande sono sempre pericolose, Liho. Perché richiedono molte risposte. E dietro le risposte, si nascondo altre domande.]
- [Cosa vuoi dire?]
- [Il mondo di Buyo è complicato. Proprio perché è un mondo magico. Tu non sei nato qui, Liho. Sei nato nel mondo degli elfi, così come io sono nata nel mondo delle streghe e le ninfe, sono nate in un mondo che apparteneva solo a loro.]
- [E cosa è successo?]
- [Vedi Liho, chi ha creato tutti questi mondi, come anche il mondo degli umani, è stato uno solo. Uno solo ha dato vita a tutti noi, elfi, fate, ninfe, maghi, sirene, umani, e così via. Ha creato i nostri mondi e per lungo tempo ci ha fatto vivere tutti separati, ognuno con la propria stirpe, e ognuno con le proprie regole di vita. Come ad esempio, le ninfe. Creature di sesso solo femminile, che possono rigenerarsi stando a contatto con la natura e che diventano parte di essa al termine della loro longeva esistenza. Oppure le sirene, creature dotate di coda di pesce, che possono sopravvivere solo se bagnate dall’acqua del mare. Noi streghe, dotate di poteri magici, curativi e talvolta distruttivi, che dobbiamo usare con molta sapienza. Gli umani, coloro che si limitano ad usare il cuore nelle proprie scelte e che devono lottare per vivere al meglio la loro breve vita. Siamo tutti diversi e tutti noi abbiamo diverse regole esistenziali.]
- [E’ tutto così vago. Chi è questo essere che ha creato tutto ciò?]
- [Nessuno lo sa. E’ un’entità suprema. E’ uno spirito che vaga in ogni luogo. Nessuno lo ha mai visto, nessuno mai potrà vederlo, ma tutti sanno della sua esistenza. E’ un istinto naturale.]
- [Tutti?]
- [Esatto. Chiunque vedi a Buyo, è concio dell’esistenza di questo spirito supremo, che ci ha creati. Solo l’uomo vacilla a tal pensiero. Alcuni esseri umani ci credono, altri dicono di crederci, ma non con il cuore e altri invece ammettono di non crederci affatto.]
- [Stai parlando per caso di Dio?]
- [Dio, sì. O almeno così lo nominano gli esseri umani. Coloro che dicono di credere in questa entità, che le danno persino un nome, ma che non sanno minimamente ciò che dicono e ciò che fanno e così peccano. Per questo gli esseri umani non sanno dell’esistenza di Buyo. E qui nessuno di loro potrà mai vivere.]
- [Ma perché? E voi perché siete qui, se vivevate in mondi diversi?]
- [Come ti ho detto prima, Liho, noi tutti siamo creature che per istinto credono fermamente in questo essere supremo che ci ha dato vita. A differenza delle creature che abitano la terra, schiave dei loro pensieri egoistici. Per questo noi creature differenti, siamo state radunate tutte in un unico mondo, Buyo, premiate dal fatto che siamo immuni all’egoismo, all’egocentrismo, alla voglia di dominare gli altri, al desiderio di fare del male, alla sete di potere. Siamo creature semplici, che vivono la loro vita a beneficio proprio e degli altri. Anche tu sei così, Liho.]
- [Io? Sono una creatura che può fare parte di questo mondo anche io?]
- [Certamente. Sei un elfo. Appartieni inoltre alla più nobile delle stirpi elfiche…]
- [Sì, me lo hai già detto, i Morlah.]
- [Hai un’ottima memoria.] sorrise la maga.
- [Adesso, finalmente, ci sono cose che appaiono più chiare. Ma ancora molte domande turbano i miei pensieri.]
- [Lo so, Liho. Ma ogni risposta arriverà al momento più opportuno, vedrai.]
- [Mi fido di te, PeroPoroGusha.]
- [Fidati solo del tuo cuore, Liho.] rispose dolcemente. [Ed ora, è giunto il momento che io ti mostri una cosa.]
- [Che cosa?]
- [Lo sai bene anche tu di cosa si tratta. Rammenta che questo è il tuo sogno e tu vuoi che io esaudisca un tuo desiderio che tieni nascosto da quando ti ho raccontato la storia di Buyo, nel mondo degli umani.]
- [Allora, tu…]
- [Esaudirò questo tuo desiderio.]

In piedi davanti a me, con la sua aurea azzurra, i capelli e l’abito celesti, gli occhi grigi e le lunghissime unghie blu, alzò lo sguardo al cielo stellato e portò le braccia tese verso l’alto. Un forte vento cominciò a soffiare in modo circolare attorno a lei e attorno a me. Rimasi sbalordito, osservandomi attorno. Stavo volando, sollevato dal vento che veloce mi soffiava attorno al corpo. In pochi istanti, mi ritrovai assieme a PeroPoroGusha, seduto su una nuvoletta.

- [Che te ne pare del viaggio?] chiese la maga, ancora parlandomi col pensiero.
- [Viaggio? Quale viaggio?]
- [Prova a guardare giù.]

E così feci, vedendo che sotto milioni di metri da me, c’era un’enorme macchia blu scura dalla forma irregolare.

- Liho! – sentii rimbombare una voce femminile nello spazio attorno a me.
- Liho? Sei davvero tu? – ora prese forma una voce maschile.
- Ma chi….? – mi guardai attorno ma non riuscivo a capire chi fosse, allora PeroPoroGusha indicò davanti a noi.

Due stelle che, viste da vicino, sembravano grandi come una casa, erano munite di occhi, naso e bocca.

- Liho, figlio caro… - la stella femminile versò alcune lacrime.
- E’ una gioia rivederti. Sei cresciuto molto e sei davvero bello. – disse la stella maschile.
- Padre, Madre.. siete davvero voi? – chiesi, incredulo.
- Sì, tesoro. Ci sei mancato molto. – rispose mia madre.
- Allora è vero che siete diventati delle stelle. – dissi, cominciando a convincermi.
- Esatto, figliolo. Quando eravamo ancora a Buyo, io e tua madre siamo stati eletti regnanti, poco dopo il tuo concepimento. Avevi appena un anno piccolo mio. Non sapevi ancora camminare, né parlare.
- Un anno? – mi sorpresi. – Ma a un anno non si è poi così piccoli!
- Ricorda che non siamo nel mondo degli umani, Liho. – rispose PeroPoroGusha, seduta accanto a me. – Qui gli anni trascorrono in modo diverso da come sei abituato tu. Ogni anno per noi, equivalgono a due mesi di vita umana.
- Esatto. Eri ancora molto piccolo, tesoro mio. – disse mia madre.
- Solo due mesi? Avevo solo due mesi di vita umana? – domandai, perplesso.
- Ancora devi imparare molte cose che riguardano Buyo, ma non temere figliolo, piano piano imparerai.
- Tuo padre ha ragione. Sei stato lontano da questo mondo da tutta una vita. Sei come un neonato che deve muovere i suoi primi passi. Ma non temere, PeroPoroGusha sarà al tuo fianco, come è sempre stata, dopo che noi siamo divenuti puntini dorati nell’universo.
- Madre… è bello essere qui ora. – risposi. – Padre… potrò mai tornare a trovarvi? – chiesi.
- Figliolo, purtroppo non sta a noi decidere. Solo tu potrai. Questo è un tuo sogno. Di conseguenza, è stato un tuo desiderio e se sei qui è perché lo ha voluto tu.
- Quindi, solo nei miei sogni potrò rivedervi e parlare ancora con voi?
- Purtroppo sì, tesoro. – rispose mia madre. – Solo attraverso i sogni, a Buya, è possibile realizzare i propri desideri.
- Capisco. Ebbene, appena il mio cuore si troverà nuovamente a voler corrispondere i desideri della mia mente, vi rivedrò ancora. Sono contento di avervi conosciuto. – dissi, commosso e pieno di affetto.
- Puoi abbracciarli se vuoi. – mi rivelò PeroPoroGusha.
- Posso? – chiesi stupito. – Ma le stelle non emanano calore? E se mi brucio?
- Qui tu puoi fare tutto. Te l’ho detto, no? Nei sogni la realtà viene modificata a tuo piacimento. – rispose la maga.

Sorrisi felice e, senza pensare ancora, scesi dalla nuvola per avvolgermi dell’abbraccio caldo e spugnoso di mia madre e mio padre. Almeno, sentii questo effetto sulla pelle.

Aprii gli occhi, guardandomi attorno. Ero sdraiato sull’erba, o meglio, su un largo mantello depositato sull’erba, col volto rivolto verso il cielo stellato. La luna parve sorridermi per un istante, ma sbattei forte le palpebre e ogni immaginazione svanì. Sentivo il petto pesante e guardai in quella direzione. Mana dormiva accanto a me, con la testa su un lato del mio petto. Sorrideva beata, quindi non la svegliai e rimasi sdraiato a terra, ad osservare il cielo e le stelle al fianco della luna : mio padre e mia madre. Sorrisi e un brillìo vivace emisero quelle due stelle. Capii che avevano visto il mio sorriso e mi stavano rispondendo.




...Continua...


[Modificato da =Ereandil= 31/12/2006 14.04]

=Ereandil=
00venerdì 5 gennaio 2007 18:23





La guerra dell’elfo

- Kanju, sei pronto a partire? – chiese l’elfo del Sud.
- Luaah! Non disturbarmi mentre mi alleno! – rispose il fratello.
- Kanju, Luaah, allora dovete proprio partire? – chiese la piccola elfa, sorella minore dei due menzionati.
- Vanya, non preoccuparti per noi. – rispose Luaah, poggiando sul proprio petto la testa della sorella, accarezzandola.
- Luaah, smetti di coccolarla sempre. Se è viziata la colpa è solo tua! – lo incalzò Kanju, il maggiore.
- Io non sono viziata! – si difese Vanya.
- Non abbiamo tempo da perdere. Dobbiamo andare. – disse Kanju ignorando la sorella e rinfoderando la spada.

I due partirono al galoppo poco dopo, muniti due archi con relative faretre e le spade alla cintola.
Erano diretti alla Valle delle Ninfe, dove era ospite Liho. Ignari dell’esistenza di costui, i due elfi del sud erano pronti a battersi nella più grande guerra esistente, come vuole la leggenda di Buyo, per poter essere incoronati e riportare la luce del giorno regolarmente ogni cento anni.

- Liho, vieni! – mi fece gesto con la mano Mana per raggiungerla. Era affacciata a un contorno di enormi massi.
- Eccomi, eccomi. – la raggiunsi. – Ma non è pericoloso se ti sporgi troppo? – chiesi.
- Ti preoccupi per me? – mi guardò incredula.
- Beh… io … - mi accorsi per la prima volta di aver mutato carattere. Ero molto meno duro con lei.
- Sei gentile, grazie, ma non devi preoccuparti. Guarda. – indicò un punto sotto l’acqua.

Vidi la sagoma di una sirena nuotare verso di noi. Osservai con occhi sgranati. Pensai si trattasse di una sirena, perché aveva la coda di pesce, ma il busto simile a quello di una ragazza umana. Non ne avevo mai vista una.

- Liho, guarda, che bello! – esclamò Mana estasiata, quando la sirena emerse con un guizzo per poi rientrare in acqua, proprio come fanno i pesci quando giocano.
- Caspita! Che brava. – ammirai. Sembrava davvero un pesce, se non fosse che la metà del suo corpo era perfettamente simile al corpo della donna umana, a parte per le orecchie, simili ad archi squamosi e le dita unite da spessa cartilagine, ed era dotata di una lunga chioma dorata e lucente.
- E’ felice. – mi disse Mana, osservando il punto dell’acqua da cui era emersa la sirena. – Ha capito chi sei, ed è al corrente del motivo che ti porta qui.
- Già. Tutti voi lo siete. Mentre io…. – non terminai la frase e guardai lontano, all’orizzonte.
- Liho… - Mana mi prese una mano e l’accarezzò, guardandomi malinconica. – Non temere. Ci sono io qui a sostenerti. Sono sicura che presto capirai.
- Grazie Mana. – le sorrisi, forse per la prima volta, dopo tanti anni, riuscii a sorridere a qualcuno e si trattava di Mana, non di Shuta che ormai era scomparso, assieme al mondo degli esseri umani. E una domanda mi giunse spontanea. – Ma voi ninfe potere innamorarvi? Potete sposarvi e avere dei figli?
- Come? – Mana parve sorpresa. Poi, mi sorrise dolcemente. – Non tutte possono procreare. – rispose, abbassando lo sguardo e tornando a portarlo in direzione del mare.
- Ah, no? Come mai? – chiesi, curioso di conoscere le leggi del mondo delle ninfe.
- Solo Utahe può far nascere altre creature simili a noi. Lei ha il dono. Noi ninfe di Buyo siamo tutte figlie sue. Solo quando la sua esistenza terminerà, prima di congiungersi alla natura per sempre, deciderà chi, tra noi, potrà essere in grado di procreare e diventare così la nuova Ninfa Madre.
- Quindi per ora solo Utahe ha questo potere?
- Sì. Per il momento lei è l’unica in grado di dare vita a nuove ninfe.
- E come avviene questo processo? – chiesi, curioso di sapere come le ninfe potessero far nascere altre ninfe.
- Per la verità non l’ho mai visto, essendo stata l’ultima delle ninfe nata grazie a Utahe. Però, so che deve accadere in un luogo bagnato dalla rugiada, illuminato interamente dalla luna e la Ninfa Madre deve scegliere un punto preciso del luogo, disporre alcune foglie fresche in cerchio, portarsi all’interno e calarsi in una danza evocatrice, senza mai uscire dal cerchio, fino a che una nuova ninfa brillerà di luce dinanzi a lei e le dovrà dare un nome.
- Dev’essere una sensazione bellissima assistere a questo momento. – risposi, affascinato dal racconto. – E il tuo nome, Mana, ha un qualche significato?
- Si. Ogni nome che possediamo ha un significato. Utahe è il nome che noi ninfe usiamo per indicare la fertilità. Utahe, infatti, nacque poco prima che la Ninfa Madre prima di lei, potesse esaurire la sua esistenza vitale. La chiamò Utahe, per ricordarsi della sua ultima creatura. Il mio nome, invece, è stato scelto più per te, che per me.
- Cosa vuoi dire? – domandai, senza capire.
- Mana per noi ninfe è la guerra.
- La guerra? – mi stupii.
- Esatto. Sono stata creata per il leggendario elfo del Sud, che avrebbe riportato la luce del giorno in questo mondo.
- Sei nata per me? Perché? Non ha senso.
- Ancora non sai… - disse, sospirando, mantenendo però il suo dolce sorriso. – Se sono nata, c’è un senso ben preciso, Liho.
- Ti prego, Mana, spiegami la leggenda in cosa consiste. – supplicai, quasi.
- Mana! – la chiamò una voce proveniente alle mie spalle. Mi voltai e vidi materializzarsi la figura di Utahe.
- Utahe… - Mana si alzò e andò a lei incontro.
- Liho, conosco bene il vostro desiderio di conoscenza, ma Mana è qui per volere mio. Se avete delle domande da porre, potete rivolgervi a me. Voi sapete come. – mi rimproverò, ma con garbo.
- Si, certo, chiedo scusa. – dissi, rammaricato.
- Liho, venite con me. – mi invitò Utahe a seguirla. – Mana, puoi restare a giocare con le sirene se vuoi.
- Certo, Utahe. Grazie. – Mana sorrise, salutando con un cenno le nostre due figure voltate di spalle, allontanarsi.

Ormai inoltrati nella foresta di Buyo, Utahe prese a parlare assieme a me, nei pensieri della mia mente. Mi stava spigando per filo e per segno il metodo che eseguiva ogni volta che faceva nascere una nuova ninfa, fino a che non giungemmo alla cascata che vidi anche il giorno precedente, poco dopo che ero arrivato a Buyo.

- [Liho, il vostro nome significa Eletto in lingua elfica. Voi siete per certo colui che ci riporterà agli antichi splendori, donandoci il giorno che non c’è. Questa è la leggenda che tanto bramate di conoscere.]
- [Utahe, potresti spiegarmi meglio?]
- [La leggenda di Buyo parla di voi da antichissimo tempo. Un elfo del Sud ci avrebbe riportate il giorno che, a causa di un desiderio malefico, ci sarebbe stato tolto.]
- [Ma come è possibile che sia proprio io quell’elfo?]
- [Al momento in cui il giorno sorgerà a Buyo, dopo mille anni, apparirà un segno sulla schiena dell’eletto, a contatto con la luce del sole. Questo segno dovrà raffigurare un drago rosso, dalla criniera infuocata sulla testa.]
- [Un drago? Perché un drago?]
- [Esatto, Liho. Un drago rosso dalla criniera infuocata. Vi apparirà sulla schiena e prenderà forma davanti a voi. Farà il possibile per uccidervi e per impedirvi nell’impresa di far splendere il giorno a Buyo ogni cento anni.]
- [Cosa mi stai dicendo?]
- [Vi sto dicendo che dovrete combattere e dovrete vincere contro il drago dalla criniera di fuoco.]
- [Ma questo è impossibile Utahe! Como posso combattere contro un drago e sconfiggerlo?] chiesi, incredulo.
- [Siete l’eletto, Liho. Solo voi potrete farcela.]
- [Ma in che modo? Aiutami a capire. Sto impazzendo!]
- [Sacrificando l’esistenza di Mana.] rispose pacata la ninfa.



...Continua...
=Ereandil=
00domenica 21 gennaio 2007 20:22





La leggenda si ripete


- [Sacrificare Mana?] pietrificato, mi trovavo al limite della razionalità dei miei pensieri.
- [Voi non dovreste pensare a lei come a un essere vivente in carne e ossa. Mana è una ninfa, ovvero uno spirito della natura, creata per mio volere, perché potesse aiutarvi come vuole la leggenda.]
- [Allora non è finita! Cos’altro nasconde la leggenda?]
- [Nulla, Liho. Tutto ciò che dovevate sapere sulla leggenda, ora lo sapete.]
- [Ma non mi avete detto perché dovrei sacrificare Mana!]
- [PeroPoroGusha non vi ha raccontato di Kafuha, nata dall’amore tra un elfo del sud e una ninfetta?]
- [Sì, me ne ha parlato.]
- [Traete dunque le vostre conclusioni.] mi disse, con garbo.
- [Ma … non capisco. Un elfo del Sud e una ninfetta?] ripetei, e allora mi balenò alla mente qualcosa.
- [Perché parliamo di ninfetta e non di ninfa è presto detto. La ninfa è appieno lo spirito nato e destinato a congiungersi con la natura al termine della sua esistenza. La ninfetta nasce sì come ninfa, ma se viene scelta per regnare su Buyo, non ha più le doti naturali della ninfa, ovvero, non è più uno spirito, ma diventa in carne e ossa, capace di innamorarsi e avere dei figli normalmente. Questo accadde sette mila anni orsono e la ninfetta che regnò su Buyo per mille anni, si innamorò di un elfo del Sud e dalla loro unione nacque Kafuha, partorita tra le acque del mare, con l’aiuto delle sirene. Per porre quindi fine al desiderio che dura da ormai troppo tempo, l’eletto elfo del Sud, grazie alla ninfa creata apposta per affiancarlo nella lotta con il drago, dovrà affrontarlo e vincere.]
- [Solo perché i genitori della malefica Kafuha erano un elfo del Sud e una ninfetta. E’ così?]
- [Questa è la leggenda di Buyo. Se viene scelto un regnante che esprimerà un desiderio malvagio, si dovrà attendere che giunga un eletto, proveniente dalla stirpe del padre del regnante e per questo, verrà creata una nuova forma di vita a Buyo, con le sembianze della madre del regnante.]
- [Tutto ciò che sta accadendo a me, è mai accaduto prima?]
- [Solo una volta. Moltissimi anni fa. Io non ero ancora stata creata. Ma PeroPoroGusha sa cosa accadde. E’ stata lei a raccontarmelo. Di certo, se chiederete a lei, avrete maggiori informazioni.]

- Kanju, siamo arrivati. – disse Luaah, arrestando il cavallo. Dinanzi a lui si estendevano le colline della Valle delle Ninfe, dove erano diretti.
- Lasciamo qui i cavalli e proseguiamo a piedi. Le creature che vivono in questa zona di Buyo, hanno paura delle altre specie viventi che non hanno mai visto. – rispose sapientemente Kanju, scendendo dal nero destriero.
- Conosci qualche ninfa? – chiese il fratello minore.
- Sono a conoscenza solo del nome di una di loro. Ohgraa, la maga elfica, mi ha parlato di lei. La cercheremo e le diremo che siamo qui per tenere fede alla leggenda.
- Così sia. – ammiccò Luaah, scendendo da cavallo e, assieme al fratello, legò i destrieri a un albero per poi incamminarsi verso il luogo appartenente alle ninfe.

Stavo camminando verso il mare, per tornare da Mana, sicuramente impegnata a giocare con le sirene, come le aveva permesso Utahe, prima di portarmi alla cascata nel bosco. La mia mente ripensava a tutto il discorso tenuto con la Ninfa Madre, sconcertato per aver saputo a quale destino sarebbe dovuta andare incontro Mana.
In quel momento desiderai con tutto il cuore di non essere un elfo del Sud, portatore di disgrazie per la ninfa, che non aveva colpa alcuna, se non fosse stato per la crudele Kafuha, figlia di una ninfetta. Stavo covando grande risentimento per una creatura che era stata ormai punita e provavo molta pena per la dolce Mana, creata apposta per affiancarmi nella battaglia contro il drago. Una cosa che aveva davvero dell’incredibile.
Quando ero quasi vicino al mare, vidi Mana danzare vicino alla sporgenza degli scogli e una sirena la stava imitando, volteggiando nell’acqua ed eseguendo delle capriole di tanto in tanto, guizzando fuori veloce per poi rituffarsi.
Mi parve così tranquilla, la giovane ninfa, eppure sapeva perché era stata creata, sapeva a cosa sarebbe andata incontro e sapeva che stava per esaurirsi la sua esistenza. Ancora un giorno di pace e tranquillità e, all’arrivo del sole, lei avrebbe dovuto cominciare la battaglia al mio fianco e poi sparire per sempre.
La guardai, senza che lei se ne accorse. Strinsi i pugni e provai rabbia per l’intera vicenda.
Non c’era un altro modo per sconfiggere il drago? Perché sacrificare la vita di una creatura innocente? Perché non sacrificare la mia, essendo io l’eletto? Ma poi, ero davvero io l’eletto? Il mio nome, Liho, significa questo. Ma può il significato di un nome, dare un senso alla vita di chi lo porta? Mana, che significava guerra, poteva davvero aiutarmi a vincere la battaglia contro il drago? Ma come poteva farlo?
Solo una persona lo sapeva, una persona che aveva già visto avverarsi tutto questo. E, senza farmi vedere dalla ninfa che danzava serena, tornai sui miei passi, diretto da PeroPoroGusha.

- Kanju, sei sicuro sia questo il luogo? E’ tutto troppo tranquillo, non ti pare?
- Taci! Dobbiamo stare allerta.
- Sì… certo… come se ci fosse qualcosa di cui avere paur…aaaaaaaaah! – gridò infine Luaah.
- Luaah! – il fratello tornò indietro, verso di lui, correndo. – Che succede? – poi vide una figura quasi spettrale a poca distanza da loro, nella direzione in cui Luaah guardava terrorizzato.
- [Benvenuti, elfi del Sud.]
- Chi sei? – chiese Kanju alla ninfa.
- Hai sentito anche tu questa voce, Kanju? – chiese, terrorizzato, Luaah.
- [Io sono Utahe, la Ninfa Madre.]
- Utahe? Non ho mai sentito parlare di te. – disse Kanju, voltandosi poi verso il fratello. – E’ tutto a posto, Luaah. Questa ninfa è lo spirito superiore di questo luogo. E’ lei che parla nella nostra mente.
- Che? Nella mente? – chiese Luaah, ancora impaurito.
- [Siete qui per Mana, lo so bene, non per me. Ma non potrete incontrarla, per ora.]
- Lo so che leggi nel pensiero, mentre comunichi con noi. Perché non possiamo vedere la ninfa?
- Mana? Chi è Mana? – domandò Luaah ancora ignaro di tutto.
- [Al momento si trova in un altro luogo e sta passando il suo tempo pacifica. Preferirei che non la cercaste. Avrà ancora poco tempo a sua disposizione.]
- Conosco la leggenda. E mi dispiace contraddirti ma Mana ci serve per compiere la vendetta, vincendo il drago.
- Vendetta? Drago? Ma di che parli, Kanju? – Luaah era completamente all’oscuro su tutto.
- [Perché siete venuti qui? Anche se uno di voi è un elfo del Sud, non è detto si tratti dell’eletto.]
- Come sarebbe a dire, uno di noi è un elfo del Sud?
- L’eletto? Uno di noi?
- [Kanju, voi non avete lo stesso sangue che vi accomuna a Luaah.]
- Cosa hai detto?
- Ma… che cosa vuol dire?
- [Siete nati da padri diversi. Voi, Kanju, siete nato dalla relazione di vostra madre, un’elfa del Sud, con un mezz’elfo che ha incontrato in sogno e di cui si è innamorata. Rimase così incinta, perché, come tu sai, i sogni di Buyo sono desideri che si esprimono e non sono altro che un mondo parallelo alla realtà. Poi, vostra madre fu costretta a sposarsi normalmente e, dalla relazione con questo elfo del Sud, nasceste voi, Luaah, e vostra sorella minore, Vanya.]
- Sei pazza! – gridò Kanju appena la ninfa terminò il suo racconto.
- Io e Vanya… - Luaah parve ormai perso nel racconto della ninfa.
- [Kanju, siete venuto qui invano. Se proprio tra voi si nasconde l’eletto, potrebbe trattarsi solo di Luaah.]

- So perché sei qui. – disse PeroPoroGusha, quando raggiunsi il luogo delle maghe dove ero sicuro trovarla.
- Lo sai? – domandai incredulo.
- Le ninfe possono mandare messaggi telepatici a chiunque. – mi guardò con un sorriso malizioso.
- Capisco. Quindi sapevi che ti avrei raggiunto. – sospirai.
- Esatto. Dunque, cosa vuoi sapere esattamente?
- Voglio essere sicuro che non ci sia nemmeno lontanamente un modo per far sì che Mana non debba sacrificare la sua esistenza per me!
- Che presuntuoso. – sorrise. – Mana non sacrificherà la sua vita per te, ma per tutta Buyo .
- Questo non fa alcuna differenza! Perché non posso essere io a sacrificarmi da solo?
- Perché i figli si fanno in due, Liho. – rispose seria PeroPoroGusha.




...Continua...


[Modificato da =Ereandil= 21/01/2007 20.24]

=Ereandil=
00mercoledì 31 gennaio 2007 14:57






L’importanza dei genitori


- Cosa vuol dire, ciò che hai appena detto?
- Io, l’eletto? – Luaah stava per avere un mancamento.
- [Kanju, in realtà siete il frutto di un sogno. Il vostro nome, significa proprio sogno. Vostra madre è stata chiara quando vi ha dato alla luce. Anche se vantate di orecchie appuntite e biondi capelli, non avete purosangue elfico.]
- Quindi io non posso essere l’eletto… - Kanju si convinse infine della realtà dei fatti, restandone rammaricato.
- Kanju… - Luaah lo osservava tristemente, sapendo quanto il fratello aveva sperato di poter diventare l’eletto.
- [Potete rimanere fino a domani, se lo gradite. Così potremmo scoprire se voi, Luaah, siete stato creato per vincere la battaglia contro il drago dalla criniera di fuoco e riportare il giorno che non c’è, qui a Buyo.]

- Cosa vuol dire ciò che mi hai appena detto?
- Liho, sai bene anche tu cosa vuol dire. Non farti dire per forza ciò che capisci da te e che sai che fa male.
- Perché Kafuha ha espresso quel desiderio malvagio? Perché ha voluto che qualcuno, a causa sua, soffrisse? Perché non è finito tutto con lei, con la sua punizione? – gridai, inginocchiandomi a terra, distrutto.
- Sei troppo emotivo. – disse PeroPoroGusha, avvicinandosi a me e chinandosi per carezzarmi i capelli e, nonostante le sue lunghissime unghie, non sentii dolore. – Devi sapere che questa non è la prima volta che capita qualcosa di simile. E’ successo ancora, ottanta mila anni fa, qui a Buyo. Una Tunny si era innamorata di un piccolo folletto che si era perso nei boschi a nord. Lei gli offrì aiuto e protezione per diverso tempo, finché un giorno si scoprirono innamorati e concepirono un figlio, una creatura simile a loro, ma priva di ali, piccola come il tuo pollice. Sembrava una ninfa in miniatura. Mille anni dopo, fu scelta da tutte le creature di Buyo per diventare regina. Nessuno si capacitò del motivo per cui lo fece, fatto sta che espresse il desiderio che tutte le creature alate di Buyo venissero storpiate delle loro ali e vivessero la loro esistenza come tutti quelli che ne erano privi. Inutile dire che la neo regnante fu punita e venne tramutata in fungo velenoso fino a che appassì. Il desiderio suo però, nel frattempo si avverò, come la tradizione vuole e per sette mila anni, tutte le creature alate furono private della loro magia, fino a che una piccola creatura, in tutto e per tutto somigliante a quella che espresse il malvagio desiderio, anche se di sesso opposto, nacque dal rapporto tra un folletto e una fata e divenne l’eletto. Il giorno prima della battaglia che si sarebbe dovuta tenere con il drago, conobbe la fatina che lo avrebbe aiutato a vincere e a porre fine all’assurdo desiderio. Così fu. L’eletto si servì della fatina che, con la sua magia, spense la criniera di fuoco del dragone e il giovane folletto ne approfittò per tagliargli la gola, ottenendo così la vittoria e liberando dal malvagio incantesimo tutte le creature alate di Buyo.
- E la fatina morì, non è vero? – chiesi, pieno di tristezza.
- Liho, la fatina si tramutò in polvere magica, quella usata dalle fate tuttora per cospargere di sogni pacifici il nostro magico mondo.
- Si è sacrificata anche lei.
- Lo ha fatto per i suoi simili, per salvarli da una crudele realtà.
- E l’eletto? – chiesi, ormai profondamente malinconico.
- L’eletto diventò automaticamente il nuovo regnante e poté esprimere il suo desiderio pacifico.
- Cosa espresse? – domandai, ritrovando la curiosità, nonostante la grande tristezza che provavo.
- I desideri espressi nel passato, se sono serviti per il bene di Buyo, non si possono rivelare o perderanno la loro efficacia. Ti basti sapere che è un desiderio che dura anche oggi, a distanza di moltissimi anni.
- Però, Mana… - non riuscii a fare altro che pensare a lei, alla sua sorte.
- Liho, non sentirti così male per lei. Mana è felice di poter essere d’aiuto. Dovresti gioirne anche tu.
- Dimmi, PeroPoroGusha, perché l’eletto e la sua aiutante, devono avere le sembianze dei genitori che hanno dato alla luce la creatura scelta per regnare e che ha espresso un desiderio malvagio?
- Temevo non me lo avresti più chiesto. – sorrise, rialzandosi dritta, in piedi e riportando in posizione eretta anche me. – E’ per questo che ti ho detto che i figli si fanno in due. Ovviamente i genitori sono una figura importante nella vita del figlio e sono figure importanti anche per Buyo, perché due persone di sesso opposto, che si uniscono e concepiscono un erede, aiutano ad accrescere il mondo magico. Lo stesso vale ovviamente per le ninfe, nonostante loro possono creare i loro simili mediante la Ninfa Madre e la natura stessa.
- Quindi i genitori sono in qualche modo responsabili?
- Sono più che altro la speranza di Buyo. Se tra due genitori nasce una creatura che esprimerà desideri malvagi, bisognerà attendere che, a distanza di tempo, nascano due persone simili a loro, di cui, colui che somiglierà al padre sarà riconosciuto come l’eletto, e la creatura somigliante alla madre, sarà colei che si sacrificherà per porre fine al desiderio malvagio su Buyo, così che l’eletto possa poi esprimere il suo desiderio di pace.
- Ecco perché proprio io devo essere l’eletto.
- Questo non è detto.
- Non è detto? – chiesi, con massimo stupore.
- Il tuo nome, Liho, ha questo significato, ma non è detto che tu sia realmente il nostro salvatore, anche se è l’ipotesi più ovvia, viste le circostanze.
- Quindi, c’è una remota possibilità che io sia inutile? – domandai, sollevato.
- Non illuderti, Liho. Solo domani potrai accertartene. Fino ad allora, ti consiglio di pensare bene a quale desiderio vorresti si esaudisse per il bene di Buyo, una volta battuto il dragone rosso.

Perché non è ancora tornato? fu il pensiero di Mana, che aveva terminato di giocare con la sirena e l’aveva lasciata tornare sul fondo degli abissi a riposare. Aveva uno sguardo cupo ora, senza qualcuno al suo fianco che la confortasse o semplicemente passasse il tempo con lei. Era infondo una ninfa bambina, nonostante le sue forme più che adulte e le piaceva divertirsi, danzare, scherzare, parlare, giocare.
- [Mana, torna da me.] disse una voce nella sua testa.
- [Utahe! Cosa è successo? Dov’è Liho?] chiese la ninfa.
- [Liho è andato a parlare di cose importante con PeroPoroGusha. Non stare sola. Sento la tua malinconia. Torna qui alla cascata. Ci sono ospiti.]
- [Ospiti?] si chiese tra sé Mana, ma non attese risposta. [Certo, Utahe, torno subito.] ubbidì e si allontanò.

- Kanju, vorrei che tutto quello che ci ha detto la ninfa fosse una bugia. Lo vorrei davvero. – disse Luaah
- Lasciami in pace! – rispose rude il fratello.
- Ma Kanju, non capisci? Siamo comunque fratelli. Per me questo è importante. – continuò Luaah.
- Fratelli? – si voltò in uno scatto d’ira Kanju. – Come possiamo considerarci tali, se io addirittura sono frutto dell’amore nato da un sogno? Non sono vero! Sono l’illusione di una donna! Sono … sono … Non so nemmeno cosa, accidenti! – urlò in faccia a Luaah.
- Sei mio fratello. Questo è tutto ciò che mi basta sapere. – rispose Luaah, mantenendo la calma, mentre osservava gli occhi infuriati di Kanju, poi si voltò e si inoltrò nel bosco attorno, per lasciarlo meditare da solo.

- PeroPoroGgusha, mi spieghi una cosa? – chiesi.
- Non c’è bisogno di tanti convenevoli. – rispose, sorridendo. – Tu chiedimela e basta.
- Dimmi, allora… Perché sono stato mandato nel mondo degli esseri umani, se sono un elfo di Buyo?
- Fu un desiderio che ti portò laggiù.
- Un desiderio? E di chi?
- Di tua madre. – disse, puntando lo sguardo al cielo. Una stella brillò, come in risposta al sorriso della maga.
- Mia madre desiderò questo? Ma perché?
- Sì, fu il suo desiderio per Buyo. – disse, tornando a guardarmi con quegli occhi grigi e penetranti. – Voleva che suo figlio potesse crescere in un luogo dove alle fate, alle sirene, alle ninfe e a noi maghe, non era permesso andare, se prima di noi nessuno vi aveva messo piede. Lei desiderò che tu crescessi in quelle terre, cullato sia dai nostri pensieri, sia dall’amore degli uomini, che tanto hanno da donare. In questo modo, ci fece il dono di poter viaggiare nel tempo e nello spazio per conoscere anche altri luoghi e vedere come vivevano le altre specie differenti, quelle che a Buyo non potranno mai essere ammesse per motivi che già conosci. Ci affidò le tue cure, pur lasciandoti sperimentare un mondo diverso, sapendo quanto noi, creature di Buyo, desiderassimo avere uno scopo per visitare il mondo degli umani.
- Dunque, fui un pretesto per farvi conoscere il mondo degli uomini.
- Più che un pretesto, lo definirei un dono. - sorrise. – Perché tutto è cominciato venti mila lune orsono. Con il tuo abbandono temporaneo da Buyo, ci hai permesso di studiare i comportamenti di creature differenti da noi. Non lo chiamerei un pretesto, bensì un dono. Ti pare?
- Mettila come vuoi. E il desiderio di mio padre, è dato saperlo? – chiesi.
- Certamente. I desideri espressi dai tuoi genitori, se ti riguardano da vicino, è giusto che tu li conosca. – annuì.
- Anche mio padre espresse un desiderio che riguardava me?
- Esatto. Vieni con me. – mi fece segno di seguirla.

Arrivammo a un viale spoglio. La luna e le stelle si potevano vedere chiaramente. Davanti a noi si estendeva una grande vallata collinosa e noi eravamo a un bivio. La maga proseguì per il sentiero alla nostra destra e la seguii. Poco dopo, ci trovammo dinanzi a uno specchio d’acqua circolare, profondo circa un metro, nel mezzo della vallata, contornato di sole pietre a forma di denti canini con la punta rivolta verso l’alto.

- Questa è la sorgente della vita. – mi spiegò PeroPoroGusha.
- Sono nato qui? – chiesi.
- Qui sei stato concepito. – rivelò, sorridendomi.
- Concepito qui? – guardai la fonte attonito.
- I tuoi genitori si sono sposati in questo punto e qui si congiunsero per farti nascere.
- Ma… e la sorgente?
- Ancora non era stata creata. In ricordo dell’amore che tuo padre provava per tua madre, quando fu scelto a regnare, desiderò che in questo punto preciso, potesse nascere una sorgente, dove chiunque può concepire la propria creatura, sia essa elfica, o una ninfa, o una fata, o una sirena, e così via… - spiegò. – E’ il luogo delle nascite.
- E’ qui allora che la Ninfa Madre viene a procreare? – chiesi.
- Esatto. Compone un cerchio di foglie accanto alla sorgente, entra nel cerchio e compie tre giri al suo interno, tenendo gli occhi chiusi e le braccia rivolte al cielo. Poi si arresta. Tiene ancora gli occhi chiusi e congiunge le mani al cuore. Lascia passare alcuni attimi, in cui pensa al nome della creatura che nascerà e, una volta deciso, quando riapre gli occhi, dalla sorgente apparirà una luce che poco a poco prenderà forma e diverrà una ninfa.
- Tutto ciò è miracoloso. – dissi, affascinato.
- Ogni cosa qui lo è, caro Liho. – sorrise, compiaciuta.




...Continua...

=Ereandil=
00giovedì 24 maggio 2007 15:13


Acciderboluzza.... l'ho lasciato in sospeso!!!! [SM=x132406]

Eh, no! Presto tornerò a mettere il seguito! Peccato non poterlo fare ora,
ma l'ho salvato in un altro pc e non l'ho messo su floppy [SM=x132405]

Ma non mi coglierete più così impreparata... ho solo avuto molto da fare.
Abbiate pazienza e, nel frattempo, magari cominciate a leggerlo...
Perchè poi voglio un vostro parere! La storia è breve.
Manca poco alla fine!!!
[SM=g27822]


[SM=x132411]


sintakil
00giovedì 14 giugno 2007 19:03
scrivi bene! quando continui?

hai scritto anche altre fanfict?
=Ereandil=
00sabato 4 agosto 2007 19:03




La verità sul passato


- E Mana? – chiesi senza aggiungere altro.
- Mana nacque qui, come tutte le altre ninfe. – rispose PeroPoroGusha.
- Ma un tempo viveva con me sulla terra. Era Shuta. Era un bambino umano.
- In verità, Shuta e Mana sono due persone diverse. Colui che tu hai conosciuto da bambino, era Shuta. Morì schiacciato da una carrozza, vicino all’abitazione del conte che sposò Ruka, sua sorella. Lo spirito di Shuta si staccò dal corpo e nacque sotto forma di Ninfa nel nostro mondo, ovvero Mana.
- Shuta… è morto? – chiesi, con le lacrime agli occhi.
- E’ vivo. Mana custodisce i suoi pensieri e lei sa perfettamente chi sei e come eri da piccolo. Per questo è la ninfa che abbiamo deciso di affiancarti perché si compia la leggenda.
- Devo andare subito da lei! – dissi, con il cuore che palpitava forte e corsi via dal luogo delle maghe.

- Chi… chi… chi sei tu? – Luaah era impietrito per la visione di un nuovo spirito che gli era apparso innanzi.
- Non temete, non vi farò nulla. Io sono Mana, la ninfa di questo bosco. Ci vivo assieme a tutte le altre ninfe, mie sorelle. Voi siete un elfo del Sud, vero? Avete i tipici tratti che contraddistinguono questa stirpe. – sorrise.
- Ah… io … sì. Sì, sono un elfo. Mi.. mi chiamo… - ma prima che potesse dire il suo nome, qualcuno lo gridò.
- Luaah! – era Kanju, che lo stesso Luaah aveva lasciato solo a riflettere.
- Oh… non siete solo, dunque. – disse Mana, sentendo la voce.
- Kanju, sono qui! – urlò Luaah in risposta verso una sagoma lontana. Poi tornò a osservare Mana. – No, sono venuto assieme a mio fratello. Lui voleva diventare l’eletto…
- Come? – Mana sgranò gli occhi.
- Luaah! Eccoti, finalmente. – disse Kanju avvicinatosi al fratello. – Ho preso una decisione : torniamo a casa e spieghiamo la situazione a Vanya e … poi… - ma arrestò il suo dire nel vedere dinanzi a loro la ninfa.
- Benvenuto. – lo guardò Mana con un sorriso.
- Ah…Kanju lei è… - cercò di spiegare Luaah, ma fu interrotto dal fratello.
- Mana… - disse quasi in bisbiglio, affascinato dalla visione e avanzando il passo verso lei.
- Ci conosciamo? – chiese la ninfa.
- Io vi conosco. – rispose Kanju. – Siete colei che cercavo.
- Ebbene, mi avete trovata. Ditemi, vi ascolto. – sorrise.
- No. Non è più importante ormai. – distolse lo sguardo dalla ninfa. – Luaah, torniamo indietro.
- Ma…Kanju…
- Aspettare, vi prego. Di sicuro avrete dovuto affrontare un viaggio per raggiungere questo luogo. Sentitevi quindi i benvenuti. Potete restare quanto gradite. – li accolse Mana.
- G…grazie… - rispose Luaah.
- Non possiamo restare! Ma grazie ugualmente. – disse Kanju voltato di spalle. – Luaah, vieni o ti lascio qui!

Mana restò a fissarli mentre bisticciavano a voce bassa, diretti al luogo dove avevano lasciato i cavalli. Si chiese come mai dovettero ripartire subito, essendo riusciti finalmente a trovare lei, la ninfa che cercavano. Ma tal pensiero fu interrotto dalla mia voce, mentre tornavo dal luogo delle maghe.

- Mana! – la guardai. – Pensavo di trovarti al luogo delle sirene.
- Bentornato Liho. – sorrise. – Utahe mi ha richiamata qui e sono tornata indietro.
- Capisco. Scusa se ho fatto tardi. Avrei voluto poter giocare con te e con la sirena. – dissi rammaricato.
- Non fa niente, sono contenta che tu possa parlare con altri per conoscere il tuo passato.
- Mana… - la guardai con sincero affetto, ma anche tanta amarezza, sapendo che lei non sarebbe rimasta per sempre e che la fine della sua esistenza era ormai prossima. Le presi così una mano e la trascinai con me. – Vieni!
- Ma…Liho…? – cercò di domandare qualcosa, poi restò in silenzio e mi seguì.

Portai Mana alla sorgente della vita, dov’ero stato poco prima con PeroPoroGusha. Le spiegai esattamente come le ninfe nascono e le dissi che avevo scoperto che in lei viveva lo spirito di Shuta. Mi sorrise e una lacrima vidi scendere sul suo volto. Gliela asciugai con dolcezza, posandole una mano sulla guancia. Poi mi chinai in un punto del terreno, misi alcuni sassolini in cerchio e vi posai all’interno un fiore strappato da una radice accanto. Era ciò che avevo fatto anche per Shuta, anni prima, quando sparì. Lo consideravo un saluto eterno. La guardai dal basso e le dissi:

- Questo è per mantenere sempre vivo il tuo ricordo.

- [Dove state fuggendo?] chiese Utahe, nei pensieri di Kanju e Luaah.
- Lasciaci stare, ninfa! Non fuggiamo. Semplicemente questo non è il nostro posto! – rispose Kanju.
- [Sbagliate a pensare ciò. Luaah potrebbe essere l’eletto. E per averne la conferma, dovreste restare.]
- Luaah non è nessuno, non prendiamoci in giro! Tanto meno io potrò mai esserlo!
- Ma.. Kanju…- Luaah osservava il fratello con dispiacere.
- [Kanju, Luaah, dovete dirmi perché siete qui. Dovete dirmi il vero motivo. Solo così potrò capire.]
- Non è difficile per te capirlo, se sai scrutare nei pensieri altrui! Ero certo di poter essere l’eletto… ma ora…
- [Luaah, ditemi, perché siete qui? Il desiderio che ha portato vostro fratello da noi ninfe, non è lo stesso desiderio vostro, non è così? Parlate, dunque. La verità è saggezza.]
- Io… - Luaah ebbe un momento di incertezza, ma poi si fece coraggio. – Io sono qui perché volevo accompagnare mio fratello in quest’avventura, per potergli essere vicino se mai avesse avuto bisogno. Ma non pensavo che…
- [Kanju, Luaah vi vuole molto bene. So per certo che ciò che ha appena detto è vero. Lui non pensava affatto di diventare l’eletto e nemmeno conosce la verità in proposito. Ha deciso di partire con voi, solo per poter essere d’aiuto in qualche modo a una persona cara, per non lasciarvi ad affrontare ciò che speravate di dover affrontare.]
- Perché mi stai facendo questo, ninfa? – chiese Kanju, interdetto tra cuore e mente e diversi sentimenti.
- [Perché so quale desiderio avete nel cuore. Volete partire per riportare vostro fratello sano e salvo a casa e lasciarlo alle cure della vostra sorella minore. Poi, con un pugnale, porrete fine all’angoscia che ora vi sovrasta.]
- No! Kanju, no! Dimmi che non è vero! – urlò Luaah al fratello, impossibilitato a credere alle parole appena udite.
- [Kanju, la sofferenza è un male comune. Ma più malvagio della sofferenza è l’orgoglio, che ci impedisce di essere ragionevoli e ci induce a compiere atti simili.]
- Voi non capite! Non potete capire! Nessuno può capirmi! Nessuno! – gridò, poi spalancò gli occhi e cadde al suolo.
- Kanju! Oh, no! Che hai? – Luaah corse verso il corpo senza vita del fratello e prese la testa sua tra le mani.
- [E’ solo in uno stato di morte apparente.] rispose Utahe.
- Sei stata tu? – chiese Luaah, incredulo, tenendo il corpo del fratello tra le braccia.
- [L’ho fatto per il suo bene. E per il vostro. Non potete partire ora. Voi potreste essere l’eletto e vostro fratello potrebbe avere ancora intenzione di farsi del male.]
- Ma… cosa faremo nel frattempo?
- [Aspetterete che il giorno sorga e al sorgere del sole, quando vostro fratello si risveglierà, voi scoprirete quale sarà il destino che vi attende. E solo allora potete prendere una decisione.]
- Come farò a capirlo? Come riuscirò a capire se sono io l’eletto?
- [A contatto con la luce solare, dovrà apparire sulla vostra schiena il simbolo di un dragone rosso, dalla criniera di fuoco, che prenderà vita e cercherà di uccidervi per non farvi portare a buon fine la missione.]
- Un dragone rosso? Vorrà uccidermi? La missione? – Luaah parve sconvolto.
- [E’ la leggenda di Buyo. Il dragone rosso è il marchio del male, che appare su chi deriva dalla stirpe, il cui regnante ha espresso il desiderio malvagio. L’eletto dovrà liberare la stirpe dal marchio del male, o soccomberà mediante lui.]

Ora Luaah comprese il vero significato della leggenda, ed ebbe veramente paura per sé e per suo fratello.
Nel frattempo, PeroPoroGusha, ebbe una visione che riguardava Luaah e Liho, sul loro futuro.



...Continua...

=Ereandil=
00sabato 4 agosto 2007 19:07


Grazie Sintakil!!! [SM=g27817] Come vedi sono tornata!

Non mancherà molto al finale, ma adesso sarò un po' più presente.
Comunque si, ho scritto anche un'altra FanFict su Ranma 1/2.
Se la posterò però, sarà più avanti...


[SM=g27811]

=Ereandil=
00mercoledì 5 settembre 2007 14:25





Il dragone rosso


- [Ne sei proprio certa?] chiese Utahe a PeroPoroGusha, entrambe vicino alla cascata nel bosco delle ninfe che parlavano con molta serietà, una di fronte all’altra.
- [Ne ho avuto la visione, purtroppo. Non è Liho l’eletto. Un altro elfo del Sud sarà in grado di battersi contro il dragone rosso della leggenda e donarci la luce del giorno ogni cento anni.] rispose la maga, con tono cupo.
- [Ma allora, la visione che hai avuto su Liho, che significato ha potuto avere?] chiese la Ninfa Madre, pensierosa.
- [Ho avuto una nuova visione riguardante il futuro di Liho. Quando il drago rosso sarà sconfitto, il corpo di Liho sarà investito da un fascio di luce abbagliante e inghiottito da questo. Ma, non so come, lui non morirà. Sentivo la sua voce che mi parlava e vedevo tutti noi abitanti di Buyo con il volto rivolto in un’unica direzione, sbalorditi.]
- [Questo hai visto? E null’altro?]
- [Purtroppo la mia visione termina qui, e ho cercato di semplificarne il racconto, poiché è stata più complessa di molte altre visioni che io abbia mai percepito.]
- [Capisco. Dunque non conosci cosa esattamente possa accadere a Liho.]
- [Non sono sicura, ma sento provenire da lui qualcosa di veramente forte. Come un’aura.]
- [Che sia una creatura di cui non conosciamo l’esistenza, mutata in elfo del Sud, ma dalle reali sembianze diverse?]
- [Ciò che mi chiedi è impossibile dirlo con certezza, ma la tua ipotesi potrebbe non essere del tutto sbagliata.]
- [Allora non ci resta che aspettare il momento, ormai vicino.] concluse Utahe.
- [Ma non sappiamo ancora chi possa essere l’eletto. Dovremmo cercarlo, non credi? Forse in questo momento dorme tranquillo, ignaro della missione che dovrà compiere. E’ nostro dovere informarlo prima che sia tardi.]
- [Lui è già qui, Gusha. Ed è a conoscenza della leggenda.] rispose tranquillamente Utahe.
- [Lui è qui?] chiese la maga.
- [Forse non è apparso nella tua visione il suo luogo di dimora, ma è giunto ieri, assieme al fratello. Ora riposano entrambi nel bosco. Sono certa che è lui, sia per la descrizione che mi hai fornito in base al racconto della tua visione, sia per la forza che ho percepito in lui, quando mi è apparso davanti, ieri.]
- [Qual è il suo nome?]
- [Luaah.]

Un volto mi apparve innanzi, al pronunciare quel nome e, in un lampo fulmineo, aprii gli occhi. Mi trovavo ancora alla sorgente della vita, sdraiato al suolo, sopra il solito telo dove avevo già dormito assieme a Mana e lei era seduta accanto al cerchio di pietre con il fiore all’interno. La notai, quando mi rialzai e mi guardai attorno.

- Mana… non hai riposato? – chiesi alla dolce ninfa dal sorriso sereno.
- Non si può riposare prima della battaglia. – disse serenamente, con pacifico tono.
- Mana… - la guardai con tristezza e mi avvicinai a lei. – Come vorrei che non dovessi sacrificarti così.
- Liho. Ma cosa dici? – chiese stupita.
- Vorrei essere solo io a dovermi sacrificare. Non trovo giusto che tu termini ora la tua esistenza.
- Sono nata per questo, Liho. – sorrise. – Non ho paura, né timore, né rammarico. Sono pronta.
- Ma io no! – le presi una mano e la strinsi forte. Poi la guardai. Era bellissima. – Non sono pronto a perderti.
- Liho… - osservò il mio volto turbato e mi accarezzò una guancia con la mano libera. – Non mi perderai. Non potrò esistere come ninfa, ma sarò parte integrante di Buyo. Diventerò uno spirito della natura. Un fiore, una pianta di mare, una pianta di terra… Qualunque cosa diventerò, sarò felice. Non sei felice per me, Liho? – chiese.
- Felice? Si.. si certo, sono felice. Ma questa cosa dovrebbe avvenire nel tempo. Prima dovresti diventare una Ninfa Madre, capace di generare altre creature simili a te. Di questo sarei più felice. – dissi, sincero.
- Sei molto caro, Liho. – si alzò da terra, lasciandomi lì al posto suo e, avvicinandosi alla sorgente, vi si immerse.


Luaah aprì gli occhi. Si trovava disteso su un morbido panno, adagiato sopra una collinetta di paglia, all’interno di un casolare in legno. Accanto a lui giaceva Kanju ancora dormiente. Da una piccola finestra alle loro spalle, una luce sconosciuta cominciava a intravedersi.
Luaah si alzò dal giaciglio per vedere da vicino di cosa si trattasse. In quel preciso istante venne travolto dal bagliore di alcuni raggi del sole e Kanju aprì gli occhi con uno scatto. Suo fratello si mise a urlare, dinanzi alla finestra, portando a coprirsi il volto con le mani, ma ormai era troppo tardi. La sua camicia si lacerò e sulla schiena apparve il disegno di un drago rosso dentro un cerchio di fuoco. Kanju osservò la scena incredulo, rimanendo immobile nel suo giaciglio. Il disegno cominciò a prendere forma, partendo prima dalla coda, attorcigliata nello spazio circolare. Luaah provava dolore ancor più grande, sentendo come se la pelle si staccasse dal suo corpo, provocandogli bruciore intenso, ma non era così. Il dragone si stava solo risvegliando.
Dalla sorgente, Mana sentì nella sua mente le grida di Luaah e il suo corpo lievitò, pronto a raggiungere l’elfo per compiere la leggenda.
Liho la fissò allibito. Vide i raggi del sole in lontananza che lievi cominciavano a sfiorarlo, ma nessuna mutazione avvertì in lui, mentre la sua ninfa sembrava stesse già preparandosi alla battaglia.

- Mana! Che succede? - chiesi alla ninfa fluttuante nell’aria, sopra la sorgente.
- Io … non lo so. Il dragone rosso si sta risvegliando, credo. Sento delle grida nella mia testa. Sto per essere richiamata al fianco dell’eletto. – rispose Mana confusa.
- Ma questo non è possibile! L’eletto sono io! Così mi avete sempre detto! - esclamai.
- Liho non so più cosa succede. Il mio corpo… si sta dissolvendo… - disse Mana, scomparendo a poco a poco.
- No! Mana! Dimmi almeno dove sei diretta! Parlami, Mana! Non lasciarmi qui senza una spiegazione! – la scongiurai, tendendo una mano verso di lei.
- Liho… non lo so… perdonami, ma devo andare. – rispose un attimo prima di scomparire definitivamente dalla mia vista, lasciandomi incredulo a osservare il vuoto.

Il dragone rosso prese forma sotto gli occhi stupefatti e terrorizzati di Kanju.
Luaah cadde a terrà svenuto e dinanzi al dragone si materializzò Mana, con sguardo da guerriera.

- Tu devi essere la ninfa chiamata a combattere contro di me. – risuonò una voce grossa e roca, proveniente dal dragone.
- Sono qui per sconfiggerti e riportare la luce su Buyo ogni 100 anni come è stato stabilito al momento della sua nascita. E perché questo avvenga, sono pronta a battermi con ogni mezzo che possiedo! – rispose la ninfa in tono di sfida.
- Molto bene – rise il dragone, lasciando sorpreso Kanju che osservava la scena da pochi metri di distanza. – Allora cominciamo pure. Sono certo mi divertirò molto con te, piccola illusa.
- Sono pronta. Non mi fai paura! – brillò Mana con una potente aura di coraggio e fierezza.




Continua...


=Ereandil=
00giovedì 6 settembre 2007 20:39





Il giorno che torna


Corsi. Corsi a perdifiato per la vallata, fino a raggiungere la Cascata nel bosco. Alcune ninfe erano visibilmente in agitazione e assieme a loro apparvero Utahe e PeroPoroGusha, e proprio la Ninfa Madre stavo cercando. Le corsi così incontro, con la faccia che dovette apparire sconvolta, vista l’espressione incredula che le ninfe fecero nel vedermi.

- Utahe! Cosa succede? Dov’è Mana? – chiesi, cercando di parlare con il poco fiato che mi era rimasto.
- Liho, sei qui anche tu, dunque. – mi rispose PeroPoroGusha con un sorriso di circostanza.
- Cosa sta succedendo? Voi lo sapete non è vero? Non sono io l’eletto, è così? Vi ho sentite parlare nel sonno! Stavate confidandovi su una visione di PeroPoroGusha. Sarò investito da un fascio di luce ma non morirò. Posso sapere cosa significa?
- Liho. Tu ci hai sentite parlare mentre dormivi? – chiese sgranando gli occhi la maga e, accanto a lei, anche Utahe si meravigliò per la mia dichiarazione.
- Si. Vi ho sognate… ma cosa vuol dire…? – cominciai a calmarmi e ad avere timore.
- [Liho, probabilmente voi non siete l’eletto, ma possedete un’aura molto forte. Stavamo parlando di questo io e PeroPoroGusha poche ore fa nel momento in cui ci hai sognate.] intervenne Utahe [Questo non so cosa significhi, ma probabilmente il vostro potere è quello di sentire attraverso i sogni, ciò che turba gli abitanti di Buyo. Questo non sarebbe strano, poiché anche voi siete parte di questo mondo e ognuno qui ha un potere che lo rende unico. Ma ciò che non capiamo è il motivo per cui siete stato chiamato ora, se non siete l’eletto della leggenda.]
- Quindi non sapete aiutarmi… è così? – chiesi, sconcertato.
- Purtroppo la mia visione si interrompe senza che io possa conoscere il seguito. Luaah, un elfo diretto della tua stessa stirpe, combatterà al fianco di Mana tra pochi istanti. Ma anche tu avrai una parte fondamentale nella lotta. Purtroppo non mi è dato sapere di preciso come, ma appena Mana scaglierà la sua forza contro il dragone, ovunque ella si trovi, ti materializzerai dinanzi a lei e distrarrai il dragone con la tua presenza, così Luaah gli potrà infliggere un colpo di spada. Ma questo non basterà a farlo sparire. Solo quando sarai presente a tale scena, saprai cosa fare.
- Ma se l’eletto non sono io, perché dovrei comunque prendere parte alla lotta? Non capisco.
- [Questo punto è oscuro anche a noi, Liho. Dovete solo portare pazienza e presto vi sarà chiara ogni cosa.]

In quell’istante Mana scagliò una potente luce azzurra contro le fiamme sputate dal grande dragone rosso e tale luce, non solo spense le fiamme, ma imprigionò la creatura, rendendola inerme. Sentii il mio corpo abbandonare la terra ferma poi, in un istante, mi ritrovai al cospetto di Mana, dando le spalle al dragone rosso. Nel frattempo, Luaah che era rinvenuto da un po’, si scagliò contro di esso a spada tratta e lo trafisse nel basso ventre, ma nulla accadde all’enorme drago, anzi, grazie a quel gesto, la potente aura azzurra che lo immobilizzava, si dissolse ed esso rise con la sua voce grossa e roca. Io osservavo Mana come se la stessi vedendo per la prima volta. Poi, a quella risata insulsa, mi voltai di scatto, appena in tempo per prendere Mana e scaraventarci al suolo nel tentativo di proteggerla da altre fiamme che il drago ci aveva sputato contro mentre eravamo distratti.

- Mana! Mana, stai bene? – le chiesi, rialzandomi subito da terra.
- Benissimo. Non ho nemmeno un graffio. – mi sorrise – Ma perché tu sei qui? Non sei l’eletto! Sei apparso dal nulla. Come hai fatto? – mi chiese, mentre l’aiutavo a rialzarsi.
- Non lo so, Mana. Pare che io sia stato richiamato qui non appena tu hai gettato la tua fiamma azzurra contro il drago.
- Davvero? – domandò, incredula.
- Già. Ma ora non è tempo di pensare a questo. Dobbiamo sconfiggere quel coso!
- Illusi! – tuonò il dragone dalla sua postazione con fare beffardo. – Questa volta non vi sarà possibile sconfiggermi!
- Illuso sei tu! – gridò Luaah da dietro la sua schiena. – Conosciamo il tuo punto debole e tu sparirai! – urlò alla creatura e, con un agile salto, balzò sulla ruvida schiena del drago, percorrendola fino al collo e lì tentò di affondare la lama della sua spada per tagliargli la gola. Ma fu inutile. La lama si spezzò e il drago ne uscì indenne, scaraventando il povero Luaah al suolo.
- Ve lo avevo detto, sciocchi! – rise il drago a nostro discapito. – Questa volta non potrete vincermi perché ho acquistato molta più forza e voi siete solo dei pivelli.
- Taci! – gridò contro di lui Mana con una forza di volontà incredibile. – E’ ancora tutto da vedere!
- Mana! Che vuoi fare? – le chiesi preoccupato.
- Sei una sciocca. Hai già sprecato la tua magia. Contro di me la stessa magia non funziona due volte! Morirete perché è questo il vostro destino! – ringhiò con soddisfazione lo spregevole demone.
- Sarai tu a morire! Fosse anche l’ultima cosa che sono costretto a fare, ti ucciderò! – tornò all’attacco Luaah dopo essersi ripreso dalla caduta.
- Illuso! – fu l’ultima parola che gli rivolse il dragone, prima di scaraventargli contro una raffica di palle infuocate.
- No! – Mana corse verso l’elfo in difficoltà, nel tentativo di respingere i fuochi, ma finì col bruciarsi e cadere a terra stremata e dolorante.
- Mana! – le andai subito incontro, provando una grande angoscia. – Mana, stai bene? – le chiesi appena la presi tra le braccia per accertarmi delle sue condizioni.
- Liho… - mi sorrise, rispondendo con flebile voce.
- Tu chi sei? – mi chiese a quel punto Luaah, accortosi probabilmente per la prima volta della mia presenza.
- E ora… morirete tutti e spazzerò via questo mondo, facendolo inghiottire nelle tenebre per l’eternità! – disse con troppa sicurezza il dragone, rivolgendosi a noi tre e senza troppe cerimonie, sputò dalla bocca una potente scia di fuoco che in meno di un attimo ci avrebbe inghiottiti.

A quel punto, lasciai andare Mana e mi portai avanti a lei e a Luaah, incrociai le braccia dinanzi al volto e guardai il fuoco diretto a noi con una tale rabbia che avrei potuto incenerirlo solo con lo sguardo. Poi, una colonna di luce mi inghiottì e fece scomparire le fiamme e, con esse, anche il malefico dragone rosso.
Il mondo di Buyo fu invaso da un’enorme luce abbagliante per un brevissimo istante, mediante il quale il sole spuntò alto nel cielo e Mana si librò in aria, di fronte a me, con gli occhi chiusi e l’aura di ninfa che scompariva poco a poco.
La luce si affievolì e solo io rimasi immerso nel fascio di luce. Tutte le creature di Buyo stavano assistendo a questo spettacolo, attirate dalla forza misteriosa che la mia strana aura trasmetteva all’intero habitat.
Ancora Mana si trovava di fronte a me, con occhi sempre chiusi e il suo aspetto di ninfa stava tramutandosi.

- Utahe, vedi anche tu quello che vedo io? – chiese PeroPoroGusha alla Ninfa Madre, ed entrambe osservarono incredule il fascio di luce al cui interno ero presente io e la ninfa dinanzi a me con le sembianze mutate.

- Luaah… stai bene, fratello? – chiese Kanju, trovando il coraggio per avvicinarsi a lui solo ora, mentre osservava con stupore ciò che stava accadendo sopra le loro teste.

Mana prese sembianze diverse. Le sue orecchie non erano più appuntite. I suoi capelli, pur restando color rame, si accorciarono sino alle spalle. La sua pelle da candida, divenne rosata. La sua veste, pur essendo originaria di Buyo, quindi piuttosto ambigua, non era più un lungo abito bianco luminescente. E, quando atterrò con grazia, aprì gli occhi, mostrando a tutti che possedeva delle iridi normali. Il suo volto era identico a quello di Shuta, il mio amico morto anni prima nel mondo degli esseri umani e il suo aspetto fisico era esattamente quello di una ragazza umana.
Dalla colonna di luce, la mia voce si espanse a ogni creatura presente in quel luogo, non più formata da alberi e casette di legno com’era poco prima che il drago fosse sconfitto. Un’enorme vallata accolse la mia voce rivolta agli spettatori.

- Cari abitanti di Buyo, il vostro peggior nemico è stato sconfitto. Ma non solo. Egli non farà più ritorno in questo mondo e nessun altro desiderio malvagio verrà più espresso poiché non ci saranno più votazioni tra di voi per decidere chi regnerà ogni mille anni. Da questo momento in avanti, avrete un solo regnante e a lui dovrete obbedire. Fino a che io stesso non tornerò da voi a rinnovare tale legge. Io, Entità Suprema in cui voi avete sempre riposto la massima fede, sarò al vostro fianco in ogni momento. Tramite Liho, l’elfo discendente della dinastia dei Morlah. Lui sarà vostro regnante e, da oggi, anche gli esseri umani potranno vivere a Buyo, se predestinati. Mana sarà la prima ad averne l’onore. Vivrà la sua normale vita da ninfa, sotto spoglie umane, perché questo è stato il desiderio di Liho per Buyo secondo cui gli esseri umani che meriteranno di vivere in questo mondo, potranno godere della longevità della vita di una ninfa, pur mantenendo le proprie sembianze e, al momento della fine della loro esistenza, diverranno parte della natura. Questo il suo desiderio e così sia.

Il fascio di luce scomparve e io riapparsi agli occhi di tutti, nelle mie sembianze elfiche, incredulo e felice allo stesso tempo, mentre Mana mi corse incontro e mi abbracciò con veemenza.



Continua....

=Ereandil=
00giovedì 6 settembre 2007 20:43






A new life


- Liho! – vidi il sorriso fiero sul volto di PeroPoroGusha, mentre si avvicinava a me e a Mana.
- Viva Liho! Viva Liho! Viva il nostro eroe! – si levò un grido dinanzi a me, Mana, PeroPoroGusha, Utahe e Luaah.
- Che succede? – chiesi senza capire.
- Queste sono tutte le creatura di Buyo riunite in questo nuovo luogo creato dall’Entità Suprema che ti ha trattenuto nel fascio di luce. Stanno festeggiando la nascita di una nuova vita.
- Si, Liho. Con te come nostra guida, questo mondo è rinato. – disse Mana, prendendomi per mano e regalandomi un sorriso meraviglioso, che mai avevo visto sul suo volto.
- Congratulazioni, eletto. – disse con gioia velata la cara Gusha.
- Io senza di voi non sarei mai riuscito a farcela. Il merito di tutto questo è solo vostro. – dissi, imbarazzato.
- Non essere sciocco. Tu sei l’eletto, ora ne abbiamo la certezza. Il significato del tuo nome era chiaro dall’inizio. Non eravamo consci di quello che saresti divenuto, ma ora è inutile essere vaghi. Adesso è noto a tutti che tu sei Liho, la guida di Buyo. Probabilmente per i prossimi cento mila anni. – mi dichiarò Utahe, finalmente parlandomi normalmente.
- Come mai non usi la telepatia? – le chiesi.
- Ormai non ce n’è più bisogno. Hai desiderato la pace per Buyo per l’eternità. Hai desiderato che per me, per Gusha e per Mana ci fosse un posto speciale da occupare e hai desiderato che il sole ci potesse riscaldare ogni cinquant’anni, invece che cento, per permettere alla terra maggiore fertilità. Infine, hai desiderato che il nostro mondo e quello degli esseri umani potesse finalmente coincidere. Addirittura Mana è divenuta umana per tuo volere, così da darle una seconda vita e permettere in un certo senso al tuo amico di infanzia, Shuta, di rivivere tramite lei. Nessuno aveva mai fatto così tanti desideri positivi per Buyo e nessuno poteva. Solo l’eletto. Solo tu.
- Esatto, Liho. – riprese PeroPoroGusha. – Tu ci hai reso un’altra vita, più bella, più magica, più serena. L’Entità Suprema ha accolto le tue richieste e mediante te, saremo sempre in contatto stretto con lui, così potremmo esprimere tutti dei desideri e potremmo essere assecondati.
- Ci hai regalato un mondo migliore. Grazie, Liho San. – mi rese inchino Luaah, seguito da Kanju, al suo fianco e da tutti gli abitanti di Buyo riuniti in quella vallata che pareva infinita.

Mi sentii cullare dolcemente da mani morbide e delicate e, lentamente, aprii gli occhi.
- Finalmente ti sei svegliato, Liho San. – mi sorrise Mana, ora diventata una bellissima ragazza dalle sembianze umane. – Luaah e Kanju ti stanno aspettando. Volevano salutarti prima di andare via e presentarti la madre e la sorella.
- Oh… d’accordo. – dissi, ancora un poco assonnato, uscendo dal letto. – Ma toglimi una curiosità. Perché da ieri mi chiamate tutti Liho San?
- Perché ora sei la guida di Buyo. San è l’appellativo che viene dopo il nome di chi è stato scelto o destinato a regnare su Buyo. In pratica, significa Guida, quindi, il tuo nome significa l’Eletto Guida e così sarai chiamato per sempre da ognuno di noi, tranne che dalla tua consorte e dalla tua prole. – mi sorrise Mana con dolcezza.
- Oh… capisco. – dissi, ammirando il mio nuovo abito di colore bianco avorio, simile in tutto e per tutto come tessuto all’abito che indossavo fino al giorno precedente, prima di divenire la Guida di Buyo.
- Ora andiamo. Tra meno di un’ora Luaah e la sua famiglia devono riprendere il cammino per le terre elfiche.
- Sì, andiamo. – acconsentii e la precedetti verso la Cascata nel bosco.
- Liho San! – mi salutò con il braccio teso in aria, l’elfo che aveva tentato di combattere con Mana contro il dragone rosso il giorno ormai terminato.
- Ciao. – sorrisi da lontano e, appena mi avvicinai, baciai lieve il dorso della mano della Signora degli Elfi, madre di Luaah e Kanju e il dorso della mano della fanciulla al suo fianco, sorella degli stessi. – Piacere di conoscervi.
- Liho San, loro sono Kalhua, mia madre e Vanya, mia sorella. Sono state attratte anche loro dal fascio di luce di ieri e in meno di un attimo si sono ritrovate nella vallata. Non appena le ho viste abbiamo parlato a lungo. Sai, abbiamo scoperto che Kanju non è nostro fratello di sangue. Volevamo chiarire la faccenda e ci siamo trattenuti. Ma oggi dobbiamo ripartire. Non senza salutarti prima. – mi sorrise con rispetto.
- Sarete sempre i benvenuti. Non dovrete far altro che tornare ogni volta che lo desidererete. Vi aspetteremo sempre.
- Grazie, Liho San. – rispose Kanju, finalmente sereno. – Grazie per tutto ciò che avete fatto per noi. Vi saremo sempre devoti e quando avrete bisogno di noi, non dovrete che chiamarci a vostro cospetto.
- Non essere così formale, Kanju, non v’è bisogno. Sono un elfo esattamente come voi, in fin dei conti.
- Grazie. – mi sorrise. La voce strozzata dall’emozione e nei suoi occhi una profonda riconoscenza potei leggere.

Luaah e la sua famiglia tornarono nel proprio villaggio. Ma il mio pensiero era rivolto ancora a loro quella sera e, durante la cena, chiesi a PeroPoroGusha :
- Cosa è accaduto a Kanju e Luaah? Oggi mi hanno parlato di un chiarimento con la loro madre. A che si riferivano?
- Luaah e Vanya sono figli diretti della dinastia Morlah, ma Kanju è nato dalla relazione della loro madre con un mezzo sangue elfico, che le era apparso in sogno. Rimase in cinta ma non poteva parlarne con nessuno. Poi, venne presa in moglie a un elfo come te, che venne a conoscenza del suo segreto e, quando partorì Kanju, riconobbe quel bambino come suo e non ne fecero mai parola con nessuno. Ma Utahe sapeva la verità. Siccome Kanju venne nella Valle delle Ninfe per scoprire se era l’eletto che avrebbe sconfitto il dragone, Utahe dovette spiegargli che lui non lo sarebbe mai potuto divenire, poiché non aveva alcun legame di sangue con la stirpe dei Morlah.
- Però sbagliai a rivelarglielo, poiché desiderò mettere fine alla sua esistenza, credendo di non essere altro che frutto di un sogno, quindi succube di una vita che non gli apparteneva. – continuò a raccontare Utahe. – Ma lo addormentai, impedendogli di commettere tale gesto. Così, ieri, quando tutte le creature di Buyo si unirono attorno al tuo cospetto, ebbe l’occasione di parlare con sua madre. Gli rivelò che lei sognava un principe azzurro ogni notte che potesse somigliare a un elfo, ma che non lo fosse realmente. Non desiderava divenire la sposa di qualcuno che non conoscesse. Così i suoi sogni, la sua vita parallela, prese maggiore importanza della vita reale e nei suoi sogni ebbe una relazione con il mezzo elfo di cui si era innamorata. Ma dopo il suo matrimonio, non ebbe più occasione di rivederlo. Scoprì con il tempo il motivo. Si era innamorata di un altro. Non di uno qualunque, ma di colui che era divenuto suo marito. Lo scoprì quando nacque Kanju, trovando in suo marito un alleato e un complice nel mantenere il suo segreto e riconobbe il figlio come suo.
- Che storia incredibile! – rivelò Mana con occhi sognanti.
- E non è tutto. – riprese Utahe. Dopo che nacque il secondogenito, Luaah, fu chiaro che l’elfo con cui si era sposata, altri non era che il mezzo elfo dei suoi sogni. Il mezzo elfo esisteva realmente a Buyo, non viveva solo nei sogni della Signora degli Elfi. Ma lei non ne era al corrente. Lo capì notando che, anno dopo anno, Luaah era simile a Kanju e al marito. Questo era molto strano. Ne parlò con il suo consorte e, a quel punto, lui non poté tenere nascosta la sua reale identità. Durante uno dei suoi sogni in cui non incontrò la sua amata, desiderò poterla sposare nella vita di ogni giorno e coronare nella realtà il loro sogno.
- E, dal momento che a Buyo i sogni sono desideri che si realizzano, lui prese le spoglie del predestinato con cui si sarebbe dovuta sposare la sua amata, così ha potuto vivere al suo fianco fino a oggi e Kanju è per metà un Morlah. – terminai il racconto a parole mie.
- Non per nascita, ma per amore. Esattamente, Liho San. Complimenti. Finalmente sei riuscito ad ambientarti. – sorrise PeroPoroGusha compiaciuta.
- Ha fatto molti progressi da quando è giunto qui. – rivelò Mana, osservandomi con muta ammirazione.
- Temo che presto assisteremo a un matrimonio tra i più belli mai visti a Buyo. – azzardò la maga, fingendosi disinteressata, facendo arrossire Mana e lasciando me confuso.

- Liho San?
- Sì, Mana?
- Come ti senti a essere l’eletto guida?
- Non saprei. – sorrisi per la domanda così spontanea di Mana.
- Puoi desiderare tutto ciò che vuoi e sarai esaudito dall’Entità Suprema. Non è fantastico?
- In verità, non tutto quello che voglio, ma quello che desiderano gli abitanti di Buyo.
- Perché hai desiderato che fossi io a divenire umana e a cominciare la tradizione di far vivere anche gli umani a Buyo e non hai espresso il desiderio di far tornare in vita Shuta in questo mondo e cominciare con lui? Credevo ti mancasse molto e che fossi infelice senza di lui…
- E’ così. Senza lui mi sentivo perso. Ma poi sei venuta tu. Ho imparato a volerti bene e mi sono affezionato a te. Ricordi cosa ti dissi prima che tu sparissi per raggiungere il dragone? Che avrei preferito morire solo io, piuttosto che sacrificare la tua esistenza, anche se era per il bene di Buyo.
- Si, me lo ricordo… sei stato così dolce… - sorrise, osservando il cielo stellato, percorrendo a ritroso il tempo con la memoria fino a quel nostro momento di intimità.
- In realtà non volevo perderti. Non volevo che tu morissi e non volevo morire neppure io.
- Liho San…. – si voltò verso di me, sussurrando il mio nome accompagnato dal mio appellativo, con sguardo incredulo e un poco malinconico.
- Ho capito che per me sei importante, tanto che se ti avessi persa ora che ho finalmente imparato ad amarti, mi sarei pentito per il resto della mia vita di non esserti stato accanto come avrei voluto.
- Che cosa vuoi dire? Liho San… io….

La zittii posandole un dito delicatamente sulla bocca. Lei mi fissò con stupore e una grande felicità nel cuore, data dalle mie parole. Sentii i battiti nel suo petto che acceleravano ogni attimo, divenendo più forti e ritmati.
La osservai, bella e meravigliosa illuminata dal pallore della luna che si rifletteva nei suoi occhi sognanti.
Le sorrisi, prendendole una mano. La sinistra. Le infilai un anello a forma di foglia nel dito apposito, come è di rito ormai ovunque nell’intero universo. Lei sorrise tra le lacrime e capii che nulla al mondo mi avrebbe reso più felice di avere Mana al mio fianco per tutto il tempo in cui saremmo vissuti.






THE END



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