FERMARE LA RIFORMA CASTELLI NON E' URGENTE?

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INES TABUSSO
00mercoledì 7 giugno 2006 18:37

CORRIERE DELLA SERA
7 giugno 2006
Dal 18 giugno i primi effetti nelle Procure. Il giorno dopo parte il codice disciplinare per le toghe
Riforma Castelli, no allo stop per decreto
Incontro Napolitano-Mastella. Il governo sceglie la linea «morbida» del disegno di legge

ROMA - Il governo rinuncia al decreto legge che avrebbe dovuto congelare con effetto immediato la riforma Castelli sull’ordinamento giudiziario e sceglie, anche dopo aver sondato gli orientamenti del capo dello Stato, la strada più soft del disegno di legge e del confronto parlamentare. Troppi pericoli, troppe insidie soprattutto al Senato, dove l’Unione ha una maggioranza risicata, avrebbero fatto scegliere al premier e al Guardasigilli la strada di un possibile dialogo con la Cdl anche se così si scontentano le aspettative dell’Associazione nazionale magistrati che sabato 10 attende al varco il ministro in una «giornata di studi» convocata in Cassazione. Il capo dello Stato, che ieri ha ricevuto al Quirinale il ministro Mastella, domani sarà a Palazzo dei marescialli per il suo debutto al consiglio superiore della magistratura di cui è presidente. In questa prima uscita pubblica davanti al plenum dell’organo di autogoverno delle toghe, Giorgio Napolitano ascolterà il vicepresidente Virginio Rognoni e poi si limiterà a pronunciare un breve discorso di saluto visto che questo Csm scade a luglio: tuttavia, assicurano al Quirinale, Napolitano dirà che, soprattutto sui tempi della giustizia, ci vuole dialogo e concordia senza provocare strappi o fughe in avanti. E ieri sera, nella ricognizione ad ampio raggio avuta con il ministro Mastella, il presidente della Repubblica avrebbe sottolineato l’esigenza di procedere su questa strada nel momento in cui si affronteranno i nodi della riforma Castelli, dell’amnistia-indulto e dell’eterno problema dei processi lenti sulla scia di quanto denunciato da Ciampi in occasione del suo ultimo discorso al Csm.
I tempi sono ristrettissimi per l’entrata in vigore delle parti fondamentali della riforma Castelli: il 18 giugno partono le norme sulla gerarchizzazione delle procure (solo il procuratore capo è il titolare dell’azione penale e gli atti che incidono sulla libertà personale devono essere assunti con il suo preventivo consenso e solo lui potrà avere rapporti con i giornalisti); il 19 giugno diventa obbligatoria l’azione disciplinare per i magistrati che viene necessariamente esercitata, secondo la nuova tipizzazione degli illeciti, dal Procuratore generale della Cassazione. Infine il 21 giugno, scattano i tre mesi al termine dei quali tutti i magistrati italiani dovranno scegliere la funzione, giudicante o requirente, secondo una più rigida separazione delle funzioni introdotta dal governo Berlusconi.
Tutto questo, come chiedeva l’Anm, avrebbe dovuto essere bloccato per un anno con un decreto legge di un solo articolo. Invece, dopo il conclave umbro di San Martino in campo, ieri si sono tenute una serie di riunioni infinite tra Mastella e i sottosegretari (Scotti, Manconi, Maritati, Li Gotti, Melchiorre) e alla fine è prevalsa una linea più in sintonia con il Quirinale e con Palazzo Chigi.
I timori di Prodi, infatti, non sono da trascurare: un eventuale decreto legge deve passare il vaglio parlamentare per i requisiti di necessità e urgenza e, soprattutto, deve essere convertito in legge entro 60 giorni: per cui l’opposizione ne avrebbe certamente approfittato per scatenare la «guerriglia» del numero legale al Senato. Meglio, dunque, un ddl ad hoc oppure «annacquare» lo stop alla riforma Castelli un emendamento al vecchio decreto che proroga alcuni atti regolamentari varato dal governo Berlusconi. Scadenza prevista 12 luglio quando, lamentano i magistrati, sarà troppo tardi per arginare l’effetto catena innescato dalla riforma Castelli.
Dino Martirano


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