Eutanasia

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Tex Willer66
00giovedì 28 settembre 2006 14:24
Oggi su Repubblica ho letto due bellissime lettere su questo tema; una, di una persona con seri problemi di salute, che si dichiara favorevole. L'altra, di una persona credente, contrario. Come ha detto Augias, le due posizioni sono entrambe rispettabili, ed espriomono una diversa visione della vita: ma perchè una delle due deve imporre i propri valori all'altra?
Dati e Fatti
00giovedì 28 settembre 2006 14:50
Re:

Scritto da: Tex Willer66 28/09/2006 14.24
Oggi su Repubblica ho letto due bellissime lettere su questo tema; una, di una persona con seri problemi di salute, che si dichiara favorevole. L'altra, di una persona credente, contrario. Come ha detto Augias, le due posizioni sono entrambe rispettabili, ed espriomono una diversa visione della vita: ma perchè una delle due deve imporre i propri valori all'altra?



Sai, Tex, su questo argomento doloroso, le mie ferite non sono ancora del tutto rimarginate.
Puoi immaginare in questo frattempo quante volte mi sia interrogato sull'argomento.

Io credo che, se si parte da posizioni solo ideologiche, non si vada da nessuna parte (un po' come per l'aborto: era eccessivo sostenere l'aborto come pura battaglia femminista, era eccessivo bollarlo come "omicidio e basta").

Credo che la Bonino dica bene, quando afferma che nessuno può imporre la morte a un altro, ma neppure una vita senza speranza, piena di sofferenze inutili.
Credo allo stesso modo che sia capzioso, da parte cattolica, trincerarsi dietro la vita "cone insindacabile dono di Dio":
perché se Dio fosse l'unico proprietario e decisore legittimo sulla vita, lo dovrebbe essere anche sulla morte. E pertanto chi saremmo noi, per opporci al Suo volere, cercando di salvare qualcuno che sta morendo?

Trovo ben più fondate le obiezioni laiche, sui possibili abusi che potrebbero derivare da una normativa eccessivamente permissiva (pensiamo a un congiunto che aspiri all'eredità, con l'infermo incapace d'intendere e di volere..., per non parlare un domani di possibili abusi eugenetici o egoistici, per cui chi è infermo non deve vivere perché ostacola la felicità altrui).

Ma questo individua il vero problema, dal quale mi pare sfuggano un po' tutti. Qui, non si parla di termini. Non impicchiamoci a una questione puramente lessicale.
La questione è a quale livello di speranza, o di non-speranza, sia lecito "staccare la spina" (se staccare la spina, o fare un'iniezione letale, sia diverso, in certi casi mi pare una distinzione un po' pretestuosa).

Vuoi una risposta?
Io, che pure ho vissuto questa esperienza terribile, di augurarmi la fine delle sofferenze di qualcuna che mi era cara, e al più presto possibile, onestamente rispondere non so.
So soltanto che, fin quando si continua a disquisire se in astratto il principio sia o no lecito, non si va da nessuna parte.
Tex Willer66
00giovedì 28 settembre 2006 15:17
Il punto è che si dovrebbe cercare di definire, a mio avviso, il termine accanimento terapeutico. La medicina ha compiuto enormi progressi; ed in qualche caso il rischio è che questi progressi servano solo a protrarre nel tempo le sofferenze dell'ammalato. Questo è un tema delicato che ci tocca, chi più chi meno, tutti da vicino. Proprio per questo sarebbe necessario cercare soluzioni non ideologiche ed assolute, ma pragmatiche e comunque rispettose della vita.
ConteZero.Trapani (TP)
00giovedì 28 settembre 2006 17:23
Questa è una questione di comodo.
L'eutanasia si è sempre praticata , nel passato, come mezzo per lenire le sofferenze; forse è stato un modo di fare barbaro, ma ha permesso allora di evitare inutili sofferenze a chi soffriva.
Civilmente, e parlo di civiltà, è più umano permettere ad un uomo che soffre di decidere il suo destino piuttosto che tenerlo in vita artificialmente contro la sua volontà.
Se c'è un problema, ed un problema c'è, è di applicazione, di "modi" in cui ammettere e di procedimenti da utilizzare.
Chi è contrario all'eutanasia arriva a dire "e se un giorno scoprissero la cura a quella malattia", "e se chi decide non è in grado di decidere chiaramente"; questi sono interrogativi a cui deve rispondere un sistema che impedisca a chi soffre di prendere la decisione "a cuor leggero".
Ma non è pensabile vietare un atto di pietà perchè non si ritiene giusto, specie quando a soffrire è un altro.

Io lo trovo sadico.
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