Economia: disastro imminente?

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Gian1976
00venerdì 22 aprile 2005 13:44
A cura di Maurizio Blondet

Pubblicato dalla casa editrice Effedieffe www.effedieffe.com


La caduta di tutte le Borse asiatiche – a cominciare da Tokio – e di tutte le Borse europee annuncia l’apocalisse del capitalismo finanziario?
Certo è che la fuga dalle azioni denuncia una improvvisa “avversione al rischio”, per non dire panico, fra speculatori e investitori. Tale fuga ha provocato persino un incredibile (e temporaneo) rialzo del dollaro rispetto alle valute asiatiche, perché la speculazione ha svenduto azioni in Asia e ha comprato in massa Buoni del Tesoro americani: nell’illusione che siano più sicuri. Illusione a tutti nota, perché nessuno ignora che gli Usa sono il Paese più indebitato della storia, e virtualmente insolvente.
Ma dove mettere al sicuro il denaro rovente della speculazione? Non nell’euro: difatti la domanda di euro è caduta con le Borse asiatiche e non è strano, viste le previsioni di crescita zero per l’Europa, esangue e anemica. Almeno, i Bot del superdebitore mondiale, gli Usa, sono comparativamente più alti dei tisici interessi europei. Ma un indebitato che offre interessi alti rivela che il denaro altrui ormai gli necessita come una droga, e che la sua reputazione è scossa.
La grande finanza globale si trova di colpo a barcollare senza appigli, senza punti fermi. Il fatto che si rifugi nei dollari è solo l’indice paradossale del suo terrore.

E non è il solo paradosso, in questa imminente resa dei conti.
A Tokio, sono cadute tragicamente proprio le azioni di tutte le imprese di navigazione, acciaio, trasporti e viaggi che stanno avvantaggiandosi dell’impetuoso boom economico della Cina. Nippon Steel è caduta del 3,9%, Toyota del 2,8 %, Sony del 5%; Kinki Nippon Tourist (grande agenzia di viaggi) è scesa del 6.3 %, la Taiyo Yuden Co. (componenti elettronici) del 5,2%, e via precipitando.
Ma perché se queste imprese vanno bene, e se il loro cliente, la Cina, chiede sempre più materie prime, componenti semilavorati, trasporti, servizi, merci finite?
Il fatto è che la Cina prospera, perché vende soprattutto le sue carabattole agli Stati Uniti. E finché riuscirà a rifilargliele. Ma il deficit commerciale americano, ormai al ritmo di 60 miliardi di dollari al mese, ha toccato record mai visti.
Gli Usa comprano a credito, perché gli americani non hanno soldi da parte. E chi glieli presta?
La Cina, acquistando Bot americani col suo surplus di dollari. La Cina ha un avanzo commerciale verso gli Usa che tocca 167 miliardi di dollari. L’America un deficit commerciale che tocca ormai i 720 miliardi di dollari.

“La più ineguale relazione commerciale della storia umana”, dice un esperto di commercio estero, Charles McMillion. Non può durare.
E infatti, è bastato un rallentamento dei consumi americani a scatenare il panico, la fuga folle dalle azioni di aziende di successo. Perché ormai, nella patologica economia Usa, sono i consumi delle famiglie americane a contare per i due terzi del prodotto interno lordo. Non la produzione di merci e servizi, non l’esportazione, la vendita, la manifattura: il puro e semplice consumo. L’America non fabbrica nulla e importa tutto, persino le scarpe dei soldati che spedisce nelle sue guerre nel mondo sono Made in Cina. A credito, per di più.
E’ il capolinea dell’ideologia del libero mercato planetario, delle frontiere aperte a capitali e merci, dell’abolizione dei dazi in tutto il mondo, del calcolo dei profitti in termini puramente monetari, la “finanziarizzazione” dell’economia.
La dottrina di Adam Smith ( “Anziché produrre le proprie merci, acquistatele dai paesi che le producono a prezzo inferiore”) rivela la sua faccia feroce: la rovina globale dietro l’angolo, l’alluvione di merci destinate a Paesi il cui potere d’acquisto cala, per cui finiranno per restare invendute.
Che l’assenza di dazi crei prosperità si sta rivelando il grande falso del secolo.

L’America crebbe del 4% l’anno per 50 anni continui quando, sotto le presidenze da Lincoln a Teddy Roosevelt, imponeva dazi medi del 40% sulle merci importate dall’estero; oggi l’America declina in regime di commercio ultralibero.
La Germania dal 1870 al 1914 è cresciuta sana e forte in regime protezionista, così come il Giappone dal 1950 al 1990.
Non a torto, oggi Hillary Clinton propone dazi del 27 % sulle merci cinesi.
L’ortodossia ideologica liberista sta per essere rovesciata. Come accade nella grandi rovinose crisi, si cambia binario: ma dopo aver pagato il prezzo del disastro.
Chi e come lo pagherà?
In teoria, ciò che ci attende dovrebbe essere la deflazione: prezzi in calo di tutto, perché le merci cinesi sono troppo abbondanti per il nostro potere d’acquisto di occidentali, in calo epocale.
Ma in questi anni e ancor più negli ultimi mesi e giorni, la Banca Centrale Usa ha stampato trilioni di dollari per pagare i debiti americani: carta svalutata, la gigantesca molla di una inflazione esplosiva.
Da una parte, il rischio di un oceano di merci invendute. Dall’altra, il pericolo di un’alluvione di dollari, oggi in mano a cinesi e paesi petroliferi, che possono – al minimo accenno di calo – proiettarsi in Usa per fare man bassa, a qualsiasi prezzo, di qualsiasi merce disponibile, perché ogni merce è più sicura di pacchi di dollari-carta senza valore.

Rischio di deflazione estrema, o di estrema inflazione. Impossibile dire quale prevarrà, perché è la prima volta che una simile patologia si presenta nella storia, grazie al “libero mercato globale” e alla sottrazione di ogni aggancio reale (oro) alle valute. I due fenomeni, concettualmente opposti, potrebbero persino sommarsi e presentarsi assieme. In fondo è già quello che avviene: la benzina e il cibo rincarano, i telefonini e computer calano di prezzo.
La sola cosa certa è che il punto di rottura è imminente.
In Italia, l’occhio esercitato coglie già le prime fratture.
Solo due dati: gli ingenui neoricchi brianzoli e del nord-est, che sono corsi a comprarsi i SUV (“sport utility vehicle”) – tipicamente la Porsche Cayenne da 110 mila euro – stanno rivendendoli al concessionario Bepi Koelliker, perché non ce la fanno a mantenerli (bollo, benzina, assicurazione).
Koelliker ricompra le Porsche Cayenne a 35 mila euro e non ci fa un affare, perché è dubbio che troverà altri fessi cui rivenderla. Secondo dato: un numero enorme di mutui-casa, si dice il 60% di quelli accesi in Italia, è in ritardo di pagamenti. In teoria, le banche possono rivalersi reclamando la proprietà della casa del debitore insolvente, ipotecata dal mutuo.
Esitano a farlo, perché dovrebbero poi mettere in vendita quelle case – decine di migliaia – facendo crollare il mercato immobiliare oggi fantasticamente inflazionato. Così, prolungano il credito ai poveri insolventi, sperando che rientrino.
Ma molti non rientreranno: stiamo tutti sperimentando il calo di potere d’acquisto. Fra poco, molte case pignorate saranno messe in vendita, a prezzi più che convenienti. Troveranno compratori?
Sono segni premonitori di deflazione. Sono segni di apocalisse imminente.

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Dio esiste e paga in dollari (per ora)

di Simone Santini - tratto da www.clarissa.it


Alcuni segnali di politica economica testimoniano che è in corso uno scontro di grado altissimo a livello planetario, e le grandi manovre che si stanno svolgendo, benché sotterranee, definiranno i modelli di vita e di sviluppo per i prossimi decenni. Due notizie su tutte, passate piuttosto inosservate, sono il riflesso di queste dinamiche.
Da un lato la decisione della Banca centrale russa di aumentare del 10% il peso dell’euro nel calcolo del tasso nominale di scambio del rublo, portandolo al 20%, a danno del dollaro. La Banca di Russia avrebbe altresì intenzione di aumentare progressivamente il peso dell’euro fino ad ottenere un tasso di cambio in linea coi movimenti di mercato. Si allude cioè, e in maniera nemmeno troppo velata, alla possibilità che in un prossimo futuro gli scambi economici tra Russia e Ue (specialmente nel settore energetico) potranno avvenire in euro, divisa che soppianterebbe l’attuale dollaro (fonte: www.times.spb.ru/index.htm).
Per altro verso si è assistito, da parte del presidente americano Bush, alla designazione di Paul Wolfowitz, numero due del Pentagono nella precedente amministrazione, alla presidenza della Banca Mondiale. Tale designazione ha destato stupore negli ambienti economici e politici soprattutto europei, e smentisce il preteso nuovo corso di Bush in senso più multilaterale. Un falco come Wolfowitz, infatti, il massimo propugnatore della teoria della “guerra preventiva e unilaterale” dichiara platealmente con quale prospettiva gli Stati Uniti vogliano condurre la loro politica economica nel prossimo quadriennio, e segue tra l’altro la nomina di altri due “falchi” in posti chiave per la politica Usa, ovvero John Bolton come ambasciatore all’Onu, e soprattutto John Negroponte (l’organizzatore delle “squadre della morte” in Centro-America negli anni ’80) quale coordinatore di tutti i servizi di sicurezza americani (per un ritratto della figura di Wolfowitz rimandiamo all’articolo “Mr. Wolfowitz, I suppose..” consultabile nell’archivio del nostro sito nello “speciale guerra e globalizzazione”).

Ma su quale situazione si innestano queste due notizie? Lo scenario di fondo è quello cupo di una gravissima crisi economica che sta attanagliando gli Stati Uniti. Sempre più spesso gli analisti prospettano scenari molto preoccupati per l’andamento economico americano, tali da paventare una crisi epocale che farebbe impallidire quella storica di Wall Street nel ’29. In sintesi, i fattori principali di questa crisi sarebbero i seguenti (per un’analisi più attenta si veda il seguente articolo pubblicato su www.comedonhisciotte.org).
Primo: il deficit degli Stati Uniti ha raggiunto un livello abnorme (oltre i 40 triliardi di dollari, cioè siamo nell’ordine di grandezza di milioni di miliardi di vecchie lire) e sarebbe in continua espansione, pressoché incontrollata.
Secondo: sempre più gli Stati Uniti si stanno trasformando da produttori in consumatori. L’economia americana produce sempre meno beni, in virtù delle varie massicce delocalizzazioni e della sopranazionalità del capitale finanziario, ma al tempo stesso i cittadini acquistano sempre più beni, necessariamente dall’estero. Questo fa sì che gli Usa si stiano sempre più indebitando.
Terzo: uno dei maggiori creditori degli Stati Uniti è (udite, udite) la Cina, ovvero il suo massimo competitore potenziale per il dominio globale.

Per comprendere appieno la situazione riferiamo un passaggio di un articolo di Daniele Scalea sulle ragioni dell’intervento di Iraq apparso su Nuovi Mondi Media, e che ci pare particolarmente significativo:
“Nel 1971 il presidente Nixon tolse la valuta statunitense dal sistema monetario aureo, cioè interruppe unilateralmente la convertibilità della moneta in oro. Da quel momento, la fornitura mondiale di petrolio è trattata in dollari a corso forzoso. Oltre ad essere la moneta di scambio energetico, è anche la valuta richiesta dal FMI per estinguere eventuali debiti. Questo fa sì che tutti i paesi del mondo necessitino d'ingenti riserve di dollari, e questi si possono ottenere solo dagli Stati Uniti. Posta l'indipendenza della valuta dall'oro, il dollaro non è altro che carta, pura carta scarabocchiata dal costo di produzione infimo, che gli USA cedono però al mondo al loro prezzo nominale. In breve, tutti i paesi del mondo forniscono agli Stati Uniti energia, merci e quant'altro, in cambio di pezzi di carta che quelli possono stampare a proprio piacimento. Non è difficile capire come, in effetti, l'egemonia mondiale statunitense debba moltissimo a questo sistema di truffa generalizzata ch'è riuscito ad imporre per il mondo. Ma se l'euro riuscisse a scalzare il dollaro dalla sua posizione privilegiata di moneta di scambio internazionale, forse tutto il castello di carte eretto dagli Stati Uniti crollerebbe miseramente. Sostiene il giornalista William Clark che "uno dei piccoli sporchi segreti dell’ordinamento internazionale odierno è che il resto del globo potrebbe rovesciare gli Stati Uniti dalla loro posizione egemonica, se solo volessero, con l’abbandono concertato del regime monetario basato sul dollaro. Questo è il principale e ineluttabile tallone di Achille dell’America".

Ma, a fronte di tale situazione disastrosa, gli americani detengono alcuni strumenti di sperimentata efficacia che ne fanno ancora l’unica superpotenza imperiale: l’utilizzo dell’economia di guerra, che da quella di secessione del XIX secolo, passando per i due conflitti mondiali, fino all’11 settembre, è sempre stata un volano rivitalizzante per ogni ciclico periodo di recessione; quindi la detenzione e lo sfoggio della potenza militare a scopo “intimidatorio”.
Questo secondo aspetto merita di essere sottolineato con attenzione. Prendiamo come esempio la considerazione già svolta dell’indebitamento Usa nei confronti della Cina. Qualunque persona comune riterrebbe, secondo logica, che se un soggetto A (gli Stati Uniti) fosse debitore di un soggetto B (la Cina), al punto da dipendere da questi, il vero detentore del potere sarebbe B e non A. Eppure allo stato attuale delle cose non è così, o quanto meno non lo è ancora. Com’è possibile?
Il fatto è che il sistema dell’indebitamento è un’arma a doppio taglio che si può considerare sotto due diverse angolazioni. Certo, la richiesta di onorare un debito così enorme può suonare come una terribile minaccia per chiunque, ma, al contempo, se il debitore dichiarasse di non voler più onorare il suo debito e nessuno avesse la potenza necessaria per ordinargli di farlo, ecco che improvvisamente la situazione si ribalterebbe: il creditore si ritroverebbe con un pugno di mosche in mano e finanziariamente esposto per una cifra spaventosa. Appare evidente che in queste situazioni internazionali ciò che conta, in ultima analisi, sono i rapporti di forza.

Tali rapporti sono a tutto vantaggio, fino ad ora, degli Stati Uniti, e non sorprende quindi che lo sforzo imperiale attuale sia tutto incentrato verso il tentativo di mantenere inalterata questa superiorità. Nella fattispecie, impedire ad ogni costo il passaggio nelle transizioni commerciali dal dollaro ad un’altra divisa, come avviene sempre più frequentemente a favore dell’euro, soprattutto nella compra-vendita dei combustibili. Il segnale della Russia è per Washington inquietante, così come lo è la decisione dell’Iran di convertire metà delle proprie riserve valutarie in euro, o le tentazioni in tal senso che, sembra, serpeggino sempre più insistentemente in seno ai paesi dell’Opec o alla stessa Cina. La caduta del regime degli ayatollah iraniani diventa la chiave di volta di un sistema mondiale egemonizzato dagli americani: una volta normalizzato quel paese, centrale per il definitivo controllo dell’eldorado del Caspio, la Cina non potrà più pretendere velleità egemoniche, se non regionali; la Russia sarà costretta a rivedere i suoi piani e continuare a vendere agli europei il suo petrolio e il suo gas in dollari; gli europei continueranno a dipendere dalle decisioni della Banca centrale americana per il loro sviluppo. L’Impero avrebbe definitivamente vinto.
Quando l’evangelico rinato George W. Bush si rivolge a Dio al termine di ogni suo discorso pubblico, probabilmente si rivolge al dio-dollaro, e l’invocazione “God bless America” probabilmente si riferisce all’eventualità che il dio-dollaro mai venga spodestato dall’euro o da qualche altra divinità minore.

Fonte: www.disinformazione.it
nic.73
00sabato 23 aprile 2005 08:19
Qualcosa di vero effettivamente c'è. Purtroppo però, così come l'informazione di parte propinata dai mezzi d'informazione di massa è poco attendibile, altrettanto lo è la disinformazione di massa.
Certo che l'America è ultraindebitata. E' vero che il 50% del debito pubblico americano è in mano ai cinesi. E' vero che alcune banche centrali utilizzano euro oltre a dollari.
Eppure situazioni simili si sono già verificate.
1980-1986: Grande Boom Nipponico. Il Giappone stava conquistando (economicamente l'America). E dov'è oggi il Giappone?
Quello che conta veramente e che bisogna chiedersi è: chi ha in mano il bandolo della matassa? Oggi l'America alza i tassi perchè l'economia, seppure basandosi sui consumi, continua a crescere. L'Europa è ferma. Non cresce l'economia, l'inflazione è stata nascosta. I tassi sono bassi, ma il ciclo economico non riparte. Siamo sicuri che, con i tassi più alti, fatti due conti in tasca, le banche centrali non preferiranno continuare a comprare bond in dollari?
Quello che tutti questi GRANDI economisti catastrofisti non riescono a capire è che questa merda di Europa sarà la tomba della nostra economia. Tutti troppo stupidi ed arroganti per rendersi conto che il prezzo per il nuovo boom americano lo pagheremo noi. Tutti troppo incapaci e troppo legati ad assurde logiche di partito, incapaci di muoversi, incapaci di intervenire. Davvero qualcuno crede che quando l'economia europea passerà in recessione, qualcuno comprerà ancora euro?
Cosa rappresenta dopotutto l'euro? Carta stampata dalla Banca centrale europea anzichè dalla Banca Americana. Per di più stampata con coloranti cancerogeni.
l'Argentina saremo noi, non l'America. E dovremo dire grazie a tutti i grandi economisti che ci hanno portato in Europa.
.:roberto:.
00sabato 23 aprile 2005 12:39
Mha ... io parlo di una catastrofe finanziaria ancor prima di sapere dell'inflazione del dollaro, dei debiti con la cina ecc... secondo me basta analizzare il potere di acquisto del contribuente medio e come si è modificata la sua vita da 4/5 anni a questa parte per supporre che manca poco al punto di non ritorno.
E considerando il sistema capitalistico un metodo basato sull'accumulo e il consumo e considerando queste due logiche non regolamentate ma esponenziali, non è solo normale arrivare a un punto di non ritorno ma è più che ovvio !
Ho sempre pensato che il punto di non ritorno causerà "macelli" a non finire, ma ho anche considerato che più si prolunga il tempo del "macello" e più questo sarà di più grandi dimensioni !
Ho l'unico dubbio che quando questa situazione si verificherà in maniera spietata e palese gli stati non istaurino un regime militare molto restrittivo e scagli l'esercito come il pastore i cani per farci entrare tutti nell'ovile una volta svolte le mansioni quotidiane.
Ma anche a questo dò una durata definita, anche se l'uomo ha un grado di sopportazione legato alla vita molto anzi troppo grande credo che non ci sono più persone che possono genoflettersi come lo hanno fatto le generazioni sotto la prima o la seconda guerra.
Cosa vedo per un prossimo futuro ... il caos, dove Mad Max sarà una favoletta a confronto e dopo il caos ai superstiti rimane la possibilità di una vita totalmente diversa da ora, non esisterà nessuno dei valori fantasma creati per farci lavorare e le tecnologie saranno un ricordo lontano, ma la differenza non sarà tanto sul piano pratico ma quanto sul piano mentale, e sarà talmente grande che è come riprendere a vivere una seconda vita.
Ciao
Roberto
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