E poi si rimane soli

E poi si rimane soli.
l’ultimo vagito del carro davanti casa, un’ultima occhiata all’orologio “ed è subito sera”.
Si rimane soli con le inquietudini di sempre, soli con la solitudine che osteggia il primo passo verso il silenzio, la quiete, il borgo della domenica notte. Soli nella luce fioca della lampada d’emergenza, quelle che ti spia in continuazione e ti sorprende ogni volta che s’accende con la sua vivacità, la sua irruenza; poi t’acquieti dentro le tue pantofole costellate di fughe e rientri, di voli pindarici sopra i tetti delle tue notti, sopra il futuro che realizzi come parola priva di un significato preciso.
Si rimane soli quando le coperte diventano pesanti come i pensieri che ti porti appresso, come le parole che diventano un ricordo nei silenzi dei quaderni scarabocchiati, come questa scrivania sempre troppo piatta e brulicante d’ozio.
Si rimane soli quando t’accorgi che la tastiera diventa molliccia, che i tasti si invertono solo per compiacerti, quando il lume s’affievolisce assieme alla speranza e l’abbandono rimane l’unica via d’uscita.
Partirò. Partirò domani o forse dopo, conoscerò l’oceano, mi piace il senso di solitudine che infonde; siamo simili io e l’oceano abbiamo tanto spazio dentro, ma la maggior parte è acqua e da qualche parte abbiamo gli abissi.