E' morto Ingmar Bergman

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Prof V
00lunedì 30 luglio 2007 18:53
Il celebre regista Ingmar Bergman e' morto all'eta' di 89 anni nella sua abitazione sull'isola svedese di Faaro. Lo ha rerso noto la sorella Eva all'agenzia stampa TT. Bergman ha diretto nel corso della sua lunga carriera oltre quaranta film, nei quali, con una visione spesso tragica, ha sondato la complessita' dei rapporti tra uomini e donne.
Nato a Uppsala il 14 luglio 1918, figlio di un pastore protestante, Bergman e' stato molto segnato dalla sua educazione religiosa, severa e austera.
Ha studiato all'universita' di Stoccolma e ha imparato la messa in scena a teatro, allestendo alcune piece di Strindberg e Shakespeare.
A partire dal 1944, e' stato impegnato simultaneamente nella carriera teatrale e in quella cinematografica. Ha allestito una cinquantina di piece e ha scritto una decina di sceneggiature.
Inizialmente aiuto regista, Bergman ha diretto il suo primo film, ''Crisi'', nel 1945. Tra gli oltre quaranta film girati in seguito, ricordiamo ''Il posto delle fragole'' (1957), ''Sussurri e grida'' (1972), ''Scene di vita coniugale'' (1974) e ''Sinfonia d'autunno'' (1978).
Andato a vivere in Germania nel 1976 a causa di problemi con il fisco svedese, ha diretto ''L'uovo del serpente'', un film sull'ascesa del nazismo.
Tornato in Svezia, ha girato nel 1982 ''Fanny e Alexander'', una sontuosa opera testamento sulla sua infanzia e il suo amore per il cinema, premiata con quattro Oscar.
E la Svezia rende il doveroso omaggio ad uno dei suoi figli piu' illustri: ''Credo che sia difficile comprendere l'enorme contributo che Bergman ha lasciato al cinema e al teatro svedese, in Svezia, come all'estero'', ha dichiarato il Primo ministro svedese Frederik Reinfeldt. ''Le sue opere sono immortali'', ha aggiunto il Premier svedese.
Una vita intensa quella di Bergman, quasi da film, come quelli che lui stesso dirigeva. Nel gennaio 1976, infatti, il regista, al culmine della gloria internazionale, viene arrestato con l'accusa di frode fiscale. Mentre e' in scena al Teatro reale di Stoccolma, la danza della morte di Strindberg, due poliziotti lo arrestano per evasione fiscale legata alla sua casa di produzione, la Personafilm, con sede in Svizzara.
Bergman e' frastornato ''mi trema la mano, non riesco a respirare'' racconta nel suo libro di memorie ''Lanterna magica'', dove dedica 30 pagine all' episodio.''Una catastrofe, la catastrofe della mia vita'' sottolinea il regista nel libro riguardo l'accaduto.
La notizia dell'arresto del cineasta fa il giro del mondo.
Bergman cade in depressione, in preda ad istinti suicidi, passa tre settimane in un ospedale psichiatrico.
Infine, scappa dalla Svezia con sua moglie Ingrid von Rosen e si stabilisce in Germania, a Monaco. Riabilitato nel 1979, dopo un condono fiscale, ritornera' in Svezia nel 1981 per girare Fanny e Alexander, ma si ristabilira' definitivamente nel suo Paese solo nel 1988. Nove anni di esilio che lo segneranno profondamente.
''In tutta questa storia, posso riconoscermi colpevole solo di una cosa - scrive in Lanterna magica - di aver firmato delle carte senza leggerle''.
Le bandiere davanti alla casa del cinema di Stoccolma sono state abbassate a mezz'asta, in segno di lutto. ''Non c'e' giorno in cui i film di Bergman non siano programmati nei festival in tutto il mondo'', ha sottolineato Cissi Elwin, la direttrice della cinemateca svedese.

@asca.it
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00lunedì 30 luglio 2007 18:54
WOODY ALLEN: ''FU UN AMICO. IL MIGLIORE DEI REGISTI''
Il regista e attore americano Woody Allen, ha ricordato Ingmar Bergman, morto oggi all'eta' di 89 anni, come ''un amico'', ed ''il migliore regista'' che lui abbia mai visto.
La grande ammirazione di Allen per Bergman era universalmente nota. Per il settantesimo compleanno del regista svedese, nel 1988, Allen aveva dichiarato che il regista svedese era ''probabilmente il miglior artista cinematografico,(...)dall' invenzione della cinepresa''.
Nel 1978 Allen aveva realizzato ''Interiors'', il suo primo film drammatico fortemente ispirato ai temi e allo stile bergmaniano. ''Interiors'' e' anche il primo film di Allen in cui il regista americano non compare come attore e costituisce un esplicito omaggio al cinema di Bergman

@asca.it
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00lunedì 30 luglio 2007 18:56
MEMORIA E ANGOSCIA IN 40 FILM


Insieme a quelli di Chaplin, Ford, Kurosawa, Fellini e pochi altri, il nome di Ingmar Bergman é uno di quelli che si accosta per antonomasia al Cinema con la C maiuscola, anche se da circa dieci anni il maestro svedese aveva abbandonato il grande schermo per il teatro e, in misura minore, la tv.

Dopo "Fanny e Alexander" (1985), cinque ore per la tv ridotte a tre per il cinema e con il quale ha vinto il suo terzo Oscar, Bergman si era ritirato nella sua casa di Karlaplan, in una delle zone più eleganti di Stoccolma, dove leggeva e scriveva per il teatro, con la sola eccezione della sceneggiatura di "Con le migliori intenzioni" diretto da Bille August e vincitore della Palma d' oro a Cannes. L' esordio nel cinema, dopo un' importante esperienza teatrale come regista al Teatro Reale dell' Opera di Stoccolma, avviene con la sceneggiatura di "Spasimo" di Alf Sjoberg (1944). Dell' anno successivo è la sua prima regia, "Crisi".

I film dei primi dieci anni di attività, da "Crisi" a "Sorrisi di una notte d' estate" (1955), benché in parte già anticipatori dei temi che lo renderanno celebre (la memoria famigliare, l' angoscia, la morte, i valori religiosi, i fallimenti esistenziali), sono caratterizzati da una vena malinconica e melodrammatica. Si tratta di "Nave per l' India", "Musica nelle tenebre", entrambi del 1947, "Prigione" (1948),"Estate d' amore" (1950), "Una vampata d' amore" (1953), "Una lezione d' amore" (1954), "Sogni di donna" (1954), fino a "Sorrisi di una notte d' estate".

Il primo capolavoro è "Il settimo sigillo" (1956), cui segue "Il posto delle fragole" (1957, tra i più premiati del regista) e "Il volto" (1958). Dopo "La fontana della vergine" (1959, primo Oscar), inizia la trilogia su uno dei temi a lui più cari, quello dell' incomunicabilità: a "Come in uno specchio" (1961, secondo Oscar) seguono "Luci d' inverno" (1962) e "Il silenzio" (1963).

Dopo film che alternano sperimentalismo e realismo ("Persona", del 1966 o "La vergogna", del 1968) è la volta di un altro capolavoro riconosciuto internazionalmente, "Sussurri e grida" (1972), cui segue "Scene da un matrimonio" (1973), realizzato per la tv e poi adattato per il cinema. Nel 1974 realizza il sogno di adattare per il cinema "Il flauto magico" e, dopo un poco convincente "L' uovo del serpente" (1977), è la volta del riuscito duetto famigliare "Sinfonia d' autunno" (1978).

Prima di "Fanny e Alexander" ha realizzato ancora un film a sfondo psicanalitico: "Un mondo di marionette" (1980). Al Festival di Cannes ha vinto un premio alla regia nel 1958 per "Alle soglie della vita". Ha scritto una discussa autobiografia, "Lanterna magica".

@ansa.it
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00lunedì 30 luglio 2007 18:57
TRE OSCAR PER MAESTRO DI SILENZI E SIMBOLI
(di Ettore Zocaro)

Ingmar Bergman era figlio di un pastore della corte reale svedese. Forse per questo la sua opera di sommo regista, drammaturgo, sceneggiatore e scrittore è stata un intenso dialogo con le profondità dell'anima, segnato da un oscuro senso di colpa. Lo stile limpido del suo cinema ha illuminato un'opera ampia (40 film, quasi tutti scritti da lui) problematica e ricca di contenuti interiori che lo ha portato anche a vincere tre Oscar (con La fontana della vergine, 1959, Come in uno specchio, 1961, e Fanny e Alexander, 1985).

Era nato il 14 luglio 1918 ed esordì mettendo in scena numerosi drammi a Goteborg e a Stoccolma. Solo in un secondo tempo si dedicò al cinema, che gli diede fama internazionale. Ma il teatro restò al centro dei suoi interessi. Prima di arrivare alla macchina da presa era stato sceneggiatore di registi importanti, come Sjoberg e Molander. Poi, fin dai film degli anni '40 ('Crisì, 'Prigione') fu dominato dall'angoscia di esistere, problematicizzata alla luce della 'morte di Dio'. Su questa strada negli anni '50 mise a fuoco varie tematiche: dall'arte ('Verso la felicità) all' amore sensuale ('Sorrisi di una notte d'estaté). Con 'Il settimo sigillo', una delle sue opere più note, ripropose il divino come elemento centrale della vita. Poi piegò verso l'amarezza esistenziale, con 'Il posto delle fragole' e 'Il volto'.

Negli anni '60 il simbolismo cosmico e spirituale cedette il posto ai duri contrasti uomo-donna caratteristici del prediletto August Strindberg, del quale diresse in teatro molte opere. In questa luce vanno letti film indimenticabili, come 'Luci d'invernò, dove si parla di un 'Dio-tappabuchi'; 'Il silenzio', che rappresentò la 'discesa agli inferi' di un'umanità abbandonata dallo spirito; 'Persona', che fu l'approdo ad un nichilismo cupo e insondabile; e ancora 'La vergogna' e 'Il rito'. Negli anni '70 prevalgono i temi della famiglia, vista come luogo di scontro e crudelta' reciproca (sentimenti che disse di aver avvertito nella sua famiglia di origine), da 'Passione' a 'L'adulterà, 'Sussurri e grida', 'Immagine allo specchio', fino a 'Scene da un matrimonio' scritto più volte per il teatro, il cinema e la tv.

Intanto, mentre cresceva la fama internazionale si formava anche il mito della sua misoginia, della determinazione con cui difendeva la sua privacy segnata da sei mogli (fra le quali l'attrice Liv Ullman) e sei figli. Fece scalpore, così, quando per il suo ottantesimo compleanno, volutamente passato in solitudine senza celebrazioni ufficiali, a sorpresa, ruppe il silenzio con un intervista tv.

All'amico regista Jorn Donner, con cui aveva condiviso l'amore per l'attrice Harriet Andersson, Bergman parlò di sé. Parlò dell'amore-odio verso il suo paese, culminato nel 1976 in un diverbio con il fisco,tanto duro che se ne andò per qualche anno in Germania, tornando in patria solo per ritirarsi in volontario esilio a Faaro, poco più di uno scoglio battuto dai venti più freddi d'Europa. "Mi metterò a tavola con il fucile carico e se qualcuno si avvicina per farmi gli auguri, sparo!" disse per scoraggiare qualsiasi visita da parte delle autorità svedesi.

"Mi sveglio alle sei - disse raccontando la sua giornata - faccio colazione, poi ascolto musica, tranquillamente, da solo. Non parlo con nessuno. E del resto sull'isola non c' è nessuno con cui parlare. Poi scrivo fino a pranzo: dormo fino alle tre. Quindi mi metto a vedere qualche vecchio film nel mio cinema privato". Già nel 1982 aveva detto addio alla regia cinematografica con 'Fanny e Alexander'. Poi, morta l' ultima moglie, Ingrid von Rosen, nel 1995, annunciò che non avrebbe fatto più nemmeno teatro (ma diresse ancora 'I cineasti' 1998).

Raro caso di cineasta-maestro ha trasmesso alla 'bottega' dei suoi fedelissimi i precetti della sua eredità spirituale. Nel 1978 affidò al suo attore-feticcio Erland Josephson e al suo direttore della fotografia Sven Nykvist il soggetto di 'Noi due una coppia' che vedeva in scena le crisi esistenziali di una pittrice (Ingrid Thulin), di suo cugino e del suo ex compagno. Dieci anno dopo è stato Max Von Sydow a farsi regista per tradurre il mondo minimalista bergmaniano in 'Katinka'. Nel 1992 consegnato al grande regista Bille August il copione autobiografico 'Con le migliori intenzioni'; Liv Ullman ha diretto 'Confessioni private' dal romanzo di Bergman nel '97 e due anni dopo 'Infedelé da una sua sceneggiatura.

@ansa.it
Igor_Mortis
00lunedì 30 luglio 2007 19:05
Non il mio autore preferito,ma di certo un'importante colonna del cinema pessimistico.
skagpaul
00lunedì 30 luglio 2007 20:20
Se ne va uno dei più grandi della settima arte, uno dei grandi Maestri del Novecento(di cinema ma non solo).
Che tristezza...
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00mercoledì 5 settembre 2007 00:49
Ho recentemente rivisto il capolavoro Fanny e Alexander e sarei molto curioso di leggere le interpretazioni di un noto bergmaniano catanese...
Hanns
00mercoledì 5 settembre 2007 01:41
Fanny e Alexander è un film sconvolgente.
Un altro aggettivo sarebbe pleonastico.
I film, si sa, alcuni li si ama alla follia. Si rivedono decine di volte e ogni volta è meglio della precedente. I film sono i doni che ci fanno o ci hanno lasciato i nostri padri, i registi. Padri per elezione.
Welles si stima. Truffaut si ama. Cimino si stima. Bergman si ama.
Se i fiumi di parole sono insufficienti per spiegare ad un marziano cosa sia un monumento come "Citizen Kane" (la Gioconda del cinema), per Bergman la questione appare più semplice: Sublime Reticenza.
Posso solo dire che Fanny e Alezander, al pari di Les 400 coups, è Educazione Sentimentale.
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00mercoledì 5 settembre 2007 12:45
Re:
Hanns, 05/09/2007 01.41:

Fanny e Alexander è un film sconvolgente.
Un altro aggettivo sarebbe pleonastico.
I film, si sa, alcuni li si ama alla follia. Si rivedono decine di volte e ogni volta è meglio della precedente. I film sono i doni che ci fanno o ci hanno lasciato i nostri padri, i registi. Padri per elezione.
Welles si stima. Truffaut si ama. Cimino si stima. Bergman si ama.
Se i fiumi di parole sono insufficienti per spiegare ad un marziano cosa sia un monumento come "Citizen Kane" (la Gioconda del cinema), per Bergman la questione appare più semplice: Sublime Reticenza.
Posso solo dire che Fanny e Alezander, al pari di Les 400 coups, è Educazione Sentimentale.



Grazie Alessio.


Igor_Mortis
00giovedì 6 settembre 2007 21:10
E secondo te, delicatissimo Hans, la sua morte potrà essere fonte di rinnovamento, oppure ulteriore sale sparso su questi già claudicanti campi?
Per come la vedo io la morte di personaggi come Antonioni e Bergman, non puo essere rinascita, ma puo solo lasciare dietro di se detriti.
Perchè sono monumenti e come tali il loro crollo li rende insostituibili.
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