E Hugh Grant, star del reality show fece a pezzi il sogno americano

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vanni-merlin
00venerdì 9 giugno 2006 13:35
Esce "American Dreamz", commedia acida su un programma tv trash
Tra stelline sexy, kamikaze e un presidente Usa sempre più svanito

E Hugh Grant, star del reality show
fece a pezzi il sogno americano

Il divo inglese si diverte nei panni del laido conduttore televisivo
"Adoro questo tipo di tramissioni, così squisitamente repellenti..."

di CLAUDIA MORGOGLIONE


ROMA - Dimenticate gli eterni miti a stelle e strisce: lo spirito dei padri pellegrini, la frontiera del West, lo sbarco in Normandia. Perché quel che resta del sogno americano, a inizio Millennio, è solo un incubo televisivo, un reality show patinatissimo che divora tutto e tutti. Capace di catturare, con la forza del suo trash trionfante, un'audience davvero globale: dagli spettatori di uno sperduto paesino nell'Ohio ai mujahiddin addestrati tra i monti dell'Afganistan. Fino a un capo della Casa Bianca talmente stupido, nonché ostaggio del suo staff guerrafondaio, da accettare un ruolo nello spettacolo, pur di riguadagnare consensi.

Per raccontare una realtà così, su grande schermo, si potevano utilizzare due registri: uno catastrofista, apocalittico; l'altro da commedia cattiva, acida. Per fortuna, il divo Hugh Grant e il regista Paul Weitz hanno scelto la seconda opzione: perché American dreamz, da venerdì nelle nostre sale con distribuzione Uip, è uno di quei film che riescono a catturare questa sorta di medioevo mediatico con leggerezza. Mostrando cose - e persone - terribili, ma senza mai prendersi troppo sul serio.

Un'operazione difficile, almeno sulla carta. Riuscita anche grazie al cast d'eccezione, e a una galleria di personaggi a loro modo indimenticabili. A partire, appunto, dal protagonista interpretato da Grant, il laido conduttore del reality show American dreamz. Programma che sceglie una serie di aspiranti stelle dello spettacolo assai eccentriche, mettendole le une contro le altre. Fino alla proclamazione del vincitore assoluto. Il tutto, naturalmente, attraverso i voti del pubblico: proprio come accade in una trasmissione statunitense "vera", American Idol, che tiene davvero col fiato sospeso decine di milioni di spettatori.

E il film comincia proprio alla vigilia di una nuova stagione di American dreamz. Col conduttore che, pur di superare gli astronomici ascolti della precedente edizione, spinge sempre più l'acceleratore sul trash, sui casi umani: selezionando, tra gli altri, una biondina proletaria dell'Ohio decisa a tutto pur di sfondare (Mandy Moore), con fidanzato buono ma imbecille al seguito (Chris Klein), sia un iracheno (Sam Golzari) la cui madre è morta a Bagdad, sotto le bombe Usa.

Proprio questi due concorrenti - l'ipocrita e carina fidanzatina d'America, il mediorientale che sembra il ragazzo della porta accanto - arrivano in finale. Solo che l'iracheno, Omer, in realtà è un terrorista. Che si presenta all'ultima puntata dello show, col sempre più basito presidente Usa (Dennis Quaid) come ospite d'onore, con cintura esplosiva al seguito...

Scoppierà, l'ordigno del kamikaze? E quale sarà la reazione del pubblico televisivo che segue il programma da tutto il mondo (compresi i campi guerriglieri dell'Afghanistan), di fronte a eventi sicuramente imprevisti? Meglio non rivelarlo, per lasciare al pubblico il piacere di scoprirlo. Piacere, si fa per dire: perché, al di là del divertimento e del paradosso, il finale lascia in bocca un forte retrogusto acido.

Insomma, un senso dell'umorismo politicamente scorretto, corrosivo. Che Hugh Grant avrà forse accolto con un senso di liberazione: lui, il volto più british delle commedie da grande schermo, chiamato a interpretare l'incarnazione del peggio della cultura (diciamo così) a stelle e strisce. Un ruolo assai diverso da quello che lo stesso Paul Weitz gli aveva offerto, nel simpatico ma certamente più buonista About a boy. "Ho mandato il copione di American dreamz a Hugh - ha raccontato il regista - credo che lui sia stato turbato nel leggerlo, ma anche intrigato. Hugh ha un senso dell'umorismo molto cinico e acido, e in questo film lo esprime in tutto il suo splendore". Interpretazione confermata da Grant: "Paul Weitz è sempre stato in sintonia con la parte più oscura di me. Mi ha detto di avere messo un bel po' di questa oscurità e di questa angoscia esistenziale nel ruolo".

Quanto a lui, il divo bello e un po' impacciato di tanti film romantici, ha ammesso di avere un debole per i programmi tv stile American dreamz: "Non voglio sapere se queste trasmissioni siano in qualche modo preparate, finte, purché restino squisitamente repellenti. Penso che se avessi la possibilità di scegliere se andare a cena con una star di un reality, o con una regina di Hollywood, sceglierei la star del reality. E' più interessante". E se lo dice lui, che Hollywood la conosce bene, viene quasi da credergli.

Più difficile è credere all'altra stella del film, Dennis Quaid, quando dichiara che per il presidente americano - ex bevitore, un po' impasticcato, ignorante, abituato a non leggere i giornali, con una moglie (Marcia Gay Harden) pettinata proprio come la vera first lady - non si è ispirato a George W. Bush: "In lui c'è anche un po' di Reagan e di Clinton". Sarà...

(6 giugno 2006)


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