Due statuine, il mito più antico dell'umanità

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gildo.persone
00giovedì 9 settembre 2004 09:18
L'Arena
Martedì 3 Agosto 2004

Su «Newton» la scoperta di una missione italiana in Turkmenistan
Due statuine, il mito più antico dell'umanità

Due statuine di terracotta, alte 20 centimetri e risalenti a 4500 anni fa: sono
la prima testimonianza del mito più antico dell'umanità e sono state scoperte in
Turkmenistan da una missione archeologica italiana. Lo annuncia il mensile di
scienza Newton (Rcs Periodici), in edicola oggi , con la storia e le immagini di
questa scoperta.

Le statuine sono state trovate da Gabriele Rossi-Osmida, che da 15 anni è
impegnato in una missione in Turkmenistan per conto del Centro Studi Ligabue di
Venezia. Raffigurano divinità maschili e «rappresentano - ha detto l'archeologo
- quel curioso " passaggio di consegn e" dalla Dea madre, che nelle culture più
antiche impersonava l'origine di tutto, a una divinità maschile, che poi nelle
diverse culture asiatiche si sarebbe incarnata nel capostipite di tutti gli
eroi. E avrebbe ispirato anche il più antico poema della storia, l'epopea di
Gilgamesh». Nello stesso tempo, i reperti testimoniano il passaggio dall'antica
società matriarcale, tipica ancora oggi delle civiltà nomadi, a una civiltà
stanziale a guida maschile.

Le statuine presentate nel servizio di Newton hanno particolari sorprendenti e
curiosi. Spiega Rossi-Osmida: «I loro tratti rispecchiano i canoni divinizzati
dell'epoca. L'uomo rappresentato è infatti nudo, ma con la cintura, simbolo di
grande dignità. Le figure sono provviste di gambe ben tornite e calzano sandali
infradito che confermano la dignità della raffigurazione perchè le scarpe erano
indossate solo dai re».

Ma a conferire un tratto quasi extraterrestre alle figure sono gli occhi, che
assomigliano a chicchi di caff è . «Un vero enigma - dice Rossi-Osmida - perch é
a ispirarli non fu certo un chicco di caffè, impossibile da trovarsi all'epoca
in questi luoghi. A quanto risulta, presenterebbero analogie con reperti simili
rinvenuti tra l ' Egeo e il Mar Nero. Probabilmente la fonte di ispirazione fu
una conchiglia cauri, di quelle, per intenderci, ovali e perfettamente levigate.
Dal Paleolitico questa conchiglia esercitò un grande fascino tra i popoli, che
la associavano al concetto di fecondità e, di riflesso, a quello di rinascita.
L'impiego della cauri per imitare gli occhi fu adottato, per esempio, dalle
popolazioni neolitiche di Gerico che inserivano le conchiglie nelle orbite dei
defunti. In seguito, a Gerico e nella Palestina, nel tardo neolitico, apparvero
le prime statuette con occhi a cauri, da collegare in qualche modo a questo
rito».

Gli scavi del Centro Studi Ligabue in Turkmenistan stanno portando alla luce
testimonianze preziose che ridisegnano il ruolo avuto da questi popoli e da
questo territorio nell unire le due metà del mondo, l'Europa e l'Asia, tra 4000
e 5000 anni fa. Vale a dire tremila anni prima di Marco Polo e della Via della
Seta. Si tratta di quella che è stata battezzata la Civiltà delle Oasi e che
sempre più si svela come il quinto centro di irradiamento culturale del mondo
antico, accanto a Mesopotamia, India, Egitto e Cina.
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