Droghe leggere e pesanti e i loro effetti

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AliYe
00venerdì 29 agosto 2014 13:45
Buonsalve a tutti!
Non ero certa su dove postare la discussione, ma mi è sembrato giusto inserirla in questa sezione.
Come dice il titolo, vorrei informarmi sulle droghe più comuni, dalle più "leggere", come la marijuana, a quelle più pesanti, quali eroina, cocaina, LSD, i funghetti...
Le informazioni mi servirebbero per una storia in cui uno dei protagonisti è tossicodipendente - no, non mi sto informando per uso personale ;)
Sarebbero utili anche informazioni sulle varie conseguenze, dagli effetti più immediati (come ci si sente; ho cercato sul web, ma i dati che ho ottenuto sono insufficienti) a quelli che i vari stupefacenti hanno sull'organismo, sino ad arrivare all'overdose.
Vado di fretta e non rileggo il post, spero che possiate aiutarmi.
Grazie in anticipo,
AliYe.
DorotheaBrooke
00venerdì 29 agosto 2014 21:36
Trovo utili le informazioni riportate dalla Treccani:

BarbituriciI barbiturici sono sostanze molto pericolose che danno tolleranza, dipendenza e sono molto tossici per l’SNC, portando facilmente a coma e morte. Essi agiscono aprendo i recettoricanale GABAA e provocando un’iperpolarizzazione dei neuroni che diventano difficilmente eccitabili. La sensazione di ansiolisi e di parziale ubriacatura e sonnolenza con diminuito controllo delle funzioni motorie sembra dia in alcuni individui una particolare impressione di piacere. La perdita di senso critico e di memoria a breve fa venir meno la cognizione di quante dosi di barbiturico si siano prese e quindi si va facilmente incontro a overdose. Se i barbiturici sono assunti assieme alle benzodiazepine o all’alcol la loro tossicità viene fortemente potenziata e può portare alla morte. Narcotici. A questa famiglia appartengono l’oppio, le sostanze estratte dall’oppio e le loro ulteriori modificazioni chimiche, come morfina, eroina, codeina, denominati in genere oppiacei L’industria farmaceutica ha prodotto molti oppiacei per uso terapeutico (fentanil, buprenorfina, estromotamide, metadone) e alcuni di essi sono anche oggetto di abuso. Gli oppiacei sono farmaci analgesici molto potenti e ancora oggi insostituibili nella terapia del dolore (➔). Essi danno facilmente tolleranza e dipendenza; oltre all’effetto analgesico, provocano effetti sull’umore con intensa euforia iniziale alla quale segue uno stato di tranquillità e sedazione. Dosi alte producono blocco respiratorio, forte depressione, coma e morte. Questi farmaci agiscono come stimolatori dei diversi tipi di recettori oppioidi endogeni (μ, κ, δ) responsabili del controllo del dolore ma anche del controllo dell’umore. Morfina ed eroina. Nel secolo scorso la morfina è stata la prima d. diffusasi in Occidente. Essa era iniettata endovena ed era utilizzata soprattutto dai medici e dagli strati più alti della società. Ben presto è stata soppiantata dall’eroina, sostanza molto più liposolubile che passa con facilità la barriera ematoencefalica e che quindi raggiunge il cervello molto più rapidamente. Questa proprietà modifica in parte anche gli effetti sull’organismo: la prima euforia è molto intensa, si raggiunge in pochi minuti e dura circa 45 minuti, mimando in qualche modo le sensazioni dell’orgasmo. Dopo l’euforia, per 3÷5 ore compare sedazione e tranquillità. Anche il carattere è modificato, infatti coloro che dipendono da eroina sono in genere docili ma molto irritabili e aggressivi quando sono vicini alla crisi di astinenza e solitamente poco produttivi sul lavoro. L’eroina produce facilmente tolleranza, e si tende ad aumentarne molto e rapidamente le dosi fino a raggiungere tossicità e dipendenza. La sindrome da astinenza è molto grave, mai letale, e si manifesta con craving (ricerca spasmodica della sostanza), irrequietezza, ansia, insonnia, crampi, dolori muscolari, nausea, piloerezione, sudorazione, tachicardia. L’assunzione cronica di oppiacei non è pericolosa di per sé quoad vitam ma gli eroinomani hanno una mortalità elevata in conseguenza di incidenti criminali, sovradosaggi, trasmissione di malattie attraverso siringhe infette, specialmente epatite e AIDS. L’intossicazione acuta da oppiacei si risolve attraverso la somministrazione di naloxone, un antagonista dei recettori oppiacei. La terapia di disintossicazione da oppiacei. La disintossicazione si basa sull’astinenza, ottenuta sopprimendo la d. improvvisamente o per gradi, e su terapie comportamentali associate o meno a farmaci, come la clonidina, per diminuire i sintomi della sindrome da astinenza. La terapia per la risoluzione della tossicodipendenza è lunga e delicata poiché il trattamento con oppiacei induce modificazioni durature comportamentali e fisiche dell’SNC che spingono il paziente a ricadere nell’uso della droga. Le terapie comportamentali sono condotte in luogo protetto, le comunità, che hanno lo scopo di reinserire l’individuo lentamente nella società e di allontanarlo per il periodo di convalescenza dall’ambiente e dagli stimoli che rinforzano l’uso di eroina. La sostituzione dell’eroina con il metadone per via orale, oppiaceo a lunga durata d’azione che provoca modeste sensazioni di euforia, è un comodo cortocircuito per evitare la sindrome di astinenza e per aiutare l’eroinomane a non assumere droga. Dopo le prime esperienze positive, nelle quali la terapia metadonica era sostenuta da appropriato supporto psicologico, c’è ora un ripensamento critico su questa prassi terapeutica; i risultati non sono infatti quelli sperati: il supporto psicologico nei servizi pubblici per tossicodipendenti (SERT) è scarso o nullo, e i soggetti assumono nella quasi totalità metadone e contemporaneamente altre d., in quantità minore per la contemporanea, comoda e gratuita assunzione dell’oppiaceo per bocca.
droghe
Sostanze stimolanti l’SNC
A questa categoria appartengono le d. che aumentano, con diversi meccanismi, la funzionalità della via dopamminergica mesolimbica, la via che fisiologicamente controlla la sensazione del piacere. Esse modificano quindi una zona assai rilevante del cervello evolutivamente più antico e responsabile delle sensazioni basilari per la vita. I principali composti di questa categoria sono la cocaina, le amfetamine e i loro derivati di sintesi, la nicotina. CocainaLa cocaina, una volta utilizzata come anestetico locale, inibisce il trasportatore della dopammina e, a dosi maggiori, anche quelli per la noradrenalina e per la serotonina, e aumenta la liberazione della dopammina aumentando la disponibilità dei neurotrasmettitori nelle sinapsi, che rimangono quindi più attive. Essa è disponibile come base da fumare e come polvere da inalare (‘sniffare’) o da iniettare endovena. È forse la d. più usata tra la popolazione attiva, senza differenze tra i ceti sociali. La disintossicazione non richiede uso di farmaci ma solo di una terapia comportamentale di supporto. Amfetamine. Amfetamine e amfetaminici (destroamfetamina, metamfetamina, fenmetrazina, metilfenidato, dietilpropione, metil-diossi-amfetamina, conosciuta come MDMA o ecstasy, ecc.), agiscono liberando dopammina e, a dosi maggiori, anche noradrenalina, adrenalina e serotonina. Gli effetti comportamentali sono simili a quelli della cocaina, meno intensi all’inizio ma più durevoli. Il metilfenidato, unica sostanza usata in terapia nei bambini affetti da iperattività, è stato proposto recentemente, anche su riviste scientifiche accreditate, come mezzo utile per aumentare la resa scolastica in bambini sani e con normale sviluppo dell’apprendimento: si tratta comunque di un doping del cervello in individui nei quali l’SNC è in via di formazione ed è perciò improponibile eticamente e probabilmente dannoso per il futuro degli individui trattati. Derivati della cannabisL’uso della canapa (o marijuana) per usi medicinali e psicoattivi si perde nei secoli. In Europa compare agli inizi del Novecento ed è attualmente la d. forse più diffusa nel mondo. Viene utilizzata fumando le foglie o altre parti della pianta. A dosi elevate può dare episodi di panico, ansia, allucinazioni o psicosi. Gli utilizzatori cronici lamentano una sindrome amotivazionale, con perdita di interessi, ambizione, attenzione ridotta, distraibilità, minor capacità di giudizio e di decisione. Spesso questa d. è assunta assieme ad altre, complicando il quadro clinico, e costituisce la porta d’entrata all’uso di d. più ‘pesanti’. Secondo evidenze epidemiologiche l’uso cronico della marijuana comporta un aumento del rischio di sviluppare sindromi schizofreniche. La marijuana produce tolleranza ed è per questo che sul mercato illegale le concentrazioni di principi attivi presenti nelle d. stanno aumentando pericolosamente, con corrispondente aumento di fenomeni tossici. È stato dibattuto per molto tempo se la marijuana dia dipendenza e sindrome da astinenza. Nell’uomo non è ancora dimostrato, ma negli animali si induce facilmente la sindrome da astinenza da deprivazione acuta. Da un punto di vista sociale la marijuana è più tollerata di altre d., forse per i minori effetti sull’organismo e per la minore dipendenza. Nicotina. Il fumo di tabacco è una delle prime cause di morte prevenibile. Solo negli USA si stima che nel 2005 ci siano state 400.000 morti dovute a fumo di sigaretta, con una spesa complessiva di 50 miliardi di dollari in costi sanitari. Le complicazioni del fumo di sigaretta sono l’infarto, il tumore polmonare e l’invecchiamento cutaneo. Nel fumo ci sono circa 3.000 componenti attivi e tra questi la nicotina, ossia la sostanza che dà tossicodipendenza. La dipendenza indotta è molto forte e sostenuta anche da rinforzi condizionanti collaterali di tipo sociale e di costume. Il 25% dei fumatori adolescenti diviene dipendente in pochi mesi. Solo il 10÷20% dei fumatori riesce a smettere, pur utilizzando il supporto di farmaci. L’uso cronico della nicotina produce complesse modifiche plastiche dell’SNC ed è per questo che può essere ancora più pericolosa nell’adolescente. La nicotina agisce stimolando la liberazione di dopammina nel circuito mesolimbico del piacere. Essa ha notevoli effetti sull’SNC: aumenta l’attenzione e la memoria breve, diminuisce la fatica e la percezione del rischio. Ci sono evidenze epidemiologiche che essa protegge dalla degenerazione delle cellule nervose, ritardando la comparsa delle malattie di Alzheimer e di Parkinson. La terapia per la disintossicazione è poco efficace e fa leva su terapie comportamentali e sull’uso di farmaci adiuvanti, come l’ansiolitico buspirone, e di agenti attivi sui recettori nicotinici, come la veraniclidina.
Allucinogeni o psichedelici
Gli allucinogeni sono sostanze che producono alterazioni della percezione del pensiero e dell’umore e, alcuni di essi, allucinazioni. Possono essere raggruppati in due categorie: le indolammine (dietilammide dell’acido lisergico o LSD, fenilciclidina, psilocibina, N,N-dimetiltriptammina) e le feniletilammine (mescalina, dimetossimetilamfetamina o MDMA, e metilendiossiamfetamina o MDA).
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Queste sostanze agiscono interferendo con il sistema serotoninergico e in partic. con i recettori 5-HT2A. L’LSD è l’allucinogeno più potente: 25÷50 mg sono sufficienti per un ‘viaggio’. Molto in voga negli ambienti underground degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, viene assunto per via orale, produce distorsioni percettive, soprattutto visive, con immagini vivamente colorate e distorte spesso sollecitate da stimoli auditivi, irritabilità, ansia, paranoia o depressione; inoltre induce ipertensione, vasodilatazione, tachicardia, iperriflessia e lacrimazione. In alcune persone la sensazione provocata è di grande ansietà, depressione e pensieri di suicidio (‘viaggio cattivo’). Inoltre nei consumatori abituali si può manifestare, anche molto tempo dopo la sospensione dell’assunzione, la sindrome da disordine percettivo persistente da allucinogeni, che consiste in alterazione della percezione, pseudoallucinazioni, lampi di colori, secondo una specie di rivisitazione degli effetti a suo tempo provati durante un viaggio con la droga. L’LSD è di solito utilizzato saltuariamente a causa dell’intensità delle sensazioni prodotte e, quindi, raramente dà origine a tossicodipendenza. L’MDMA e l’MDA sono allucinogeni solo ad alte dosi e normalmente vengono utilizzate per il loro effetto stimolante. L’MDA sembra avere anche un particolare effetto afrodisiaco. Tutti questi composti producono molto facilmente tolleranza.
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