Dolce Fado

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erikaluna
00mercoledì 20 luglio 2005 09:03
Ivonne lo trovò fuori, ad accoglierla.
Un brivido dai seni alle gambe come corrente di un alcova.
Lasciarsi andare: non pensare alla strada da fare, al posto dove fermarsi, dove sarebbero arrivati, lasciarsi andare perché adesso c’era lui, e lui ci avrebbe pensato. Esserci insieme. Niente chimere.
Mesi che non accadeva, forse anzi anni.
In viaggio insieme, passando tre stati diversi in poche ore, frontiere, monete e lingue ancor più numerose, e Ivonne con gli occhi che brillano nel sentire Alain parlare in diversi idiomi senza mutare dolcezza. Veramente “ che strano cammino ho dovuto percorrere per arrivare fino a te”.
Fra il ritrovarsi, l’aspettarsi, il disegnarsi nei versi, l’avvinghiarsi di voci, il perdono, il guardarsi.
Fra le cinture e i finestrini leggermente aperti, cantare insieme canzoni della comune adolescenza, così vicina anche se lontana, così infondo come adesso e sorridere sui monologhi politicamente corretti che inframezzano la musica, immaginarlo così mentre guida come adesso come quando la sera tornando a casa la chiama.
Ivonne non ha detto “ Portami via” ma Alain lo ha fatto per due giorni, e non ricordava quanto si potesse stare bene.
Gli asciugò il viso dal torrido caldo con una salvietta umida e profumata di fresco, dolcemente, scambiarsi poi piccole e rapide umidità di baci.
Non vergognarsi di niente, nemmeno di essere leggeri, a Ivonne piaceva stupirsi nello scoprire Alain intento a studiare le sue mosse, le sue smorfie.
Passeggiare in un paese minuscolo dove son tutti artisti e musicisti, immaginare sul suono del violinista che testardo dalla finestra in alto studia un pezzo difficile le dita di Alain pizzicare le corde più tese, ridere di se stessi, tra uno scatto e l’altro.
Essere nei rispettivi occhi, e prendersi per mano da dentro l’anima, senza bisogno di parole, spiegazioni, annedoti.
Annodare i passi insieme e sentirsi così “normali” in un tavolo con un caldo pazzesco, acqua frizzante leggermente salata, carne di cui non so pronunciare il nome.
Raccontarsi, così come viene, con tutto lo splendido gusto della “normalità”.
Invitarsi al viaggio con i piedi nelle onde di un mare verde selvaggio che a Ivonne ricorda altre terre, ma con Alain tutto ha il sapore nuovo di angoli dimenticati o non abbastanza appresi.
Si, invitarlo nelle onde, e sorridergli e vedere che gli piace da impazzire quando sorride, sporcarsi di sabbia, raccoglierla, pulirla, inseguire un gabbiano, e finire nella notte dei suoi occhi.
Disegnare nella memoria la mappa geografica della sua pelle.
Fermarsi di botto su un asfalto insanguinato, sentirsi vicini nel dolore altrui, imprimere nella memoria il sangue di corpi disfatti e il sorriso disperato di bambine bionde che non parlano italiano.
Smussare lo spavento davanti a un succo di mela che sa di nettare, a una sigaretta clandestina e consolarsi.
Ivonne che scatta sempre troppo presto, Alain che pazientemente e con ardore la prende sempre in fuga.
Alain che le sa stare vicino, che non mi hai perso di vista nemmeno un attimo, nemmeno quando era altrove, che sa farla felice, senza male.
“Non piangere Alain, non bagnarti gli occhi.”
Ivonne pensa senza dire: Mi stai entrando dentro come un dolce fado.
Ancora il profumo sulla pelle, ancora labbra fugaci, ancora.
Ancora una pizza troppo rimandata.
Ancora massaggiargli il collo le spalle con le dita, il dorso della mano che preme sui tendini e sentirlo così fra le mani, per un attimo e timidamente osare nel desiderarlo di più.
Attimi che legherà al collo in una collana senza scioglierla mai.
Respirarsi.
Guardarsi.
Sfiorarsi.
Passeggiare insieme.
Fermarsi.
Mangiare.
Guidare.
Esserci dentro, Alain che è il tesoro, fra il collo e il mare.
In un bacio vero.
Istanti che legano, senza strozzare, nodi indissolubili.
Non chiedersi perché, non chiedersi niente.
Sembra tutto perfetto, tutto voluto, desiderato. Dolce fado, è il mio viaggio con Alain, fra accordi lievemente blu e risonanze malinconiche.
“Dolce fado, tu sei musica, sei parola, sei me, sei mare che trabocca sulla mia riva.
E adesso resta sulla mia pelle il tempo del tuo respiro.”
Soffia Ivonne, perché nessun tempo sia mai troppo difficile.

Eri
beren erchamion
00sabato 23 luglio 2005 00:50
bello rileggerti erika...luna , leggo in altri post che sei anche dottoressa :) complimenti, per la laurea ,per come scrivi e per essere tornata
erikaluna
00sabato 23 luglio 2005 07:33
...
ciao beren caro ;)

grazie per...tutte queste cose...

:)
Un abbraccio
eri
Heartless-
00sabato 23 luglio 2005 10:47
letto tutto d'un fiato...



e il sorriso che si apre nel viso.

E' sempre molto bello leggerti.


Massisenzacuore.
erikaluna
00sabato 23 luglio 2005 11:09
Re: letto tutto d'un fiato...

Scritto da: Heartless- 23/07/2005 10.47



e il sorriso che si apre nel viso.

E' sempre molto bello leggerti.


Massisenzacuore.



sai che non dimentico niente...

proprio per questo viaggio

molti mesi fa, quasi un anno
mi avevi detto buon viaggio...

ho fatto quel viaggio...

ho aspettato tanto...
ma è stato bello[SM=g27811]

grazie massi...

un bacio
eri
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