Dalla mia panchina di RENATO CARETTONI 07.11.2007.

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00giovedì 8 novembre 2007 14:08



R. CARETTONI



DA MILANO AL TICINO, POLEMICHE E MAGAGNE DEL GIOCO DEL BASKET.

di

RENATO CARETTONI.





La stagione è appena iniziata e ci sono già i primi responsi, dappertutto, in tutti gli sport e a tutti i livelli. Si parlava della squadra di Milano che lo scorso anno aveva festeggiato i 70 anni: è il club di basket più titolato d’ Italia e, con il Real Madrid, d’ Europa; un mito che ha contribuito ad alimentare la passione per il ba­sket vero in ex-giovani come chi vi scrive. Ogni domenica si andava in Italia ed ammirare le ge­sta dei grandi campioni di questa squadra che, con Cantù e Varese, offriva il meglio del basket d’ Europa a un tiro di schioppo da casa nostra. Anche da noi non si scherzava, il livello era as­solutamente migliore di quello attuale, ma la dif­ferenza era veramente abissale: era comunque un altro mondo. Ebbene, questo club, dal 1936 al 1997 ha vinto tanti scudetti e tante coppe in­ternazionali da perdere il conto, con soli 9 alle­natori in totale e senza nessun esonero. I nomi sono da far rabbrividire in quanto rappresenta­no il meglio in fatto di coach della storia del ba­sket: cito i miti Rubini, Peterson, D’ Antoni e Tan­jevic, e non dimentico Casalini che ha allenato anche da noi a Vacallo. E poi? E poi 10 anni con 11 allenatori, fra cui non mancano quelli di va­lore come Marcelletti, Bianchini e l’ultimo eso­nerato Zare Markovski, anche lui fra i recenti protagonisti del basket di ca­sa nostra con il grande Lu­gano, quello che rappresen­ta la miglior squadra svizze­ra di tutti i tempi (e che non si offenda nessuno perché è una verità evidente e incon­futabile).
Cosa significa tutto questo? Beh, forse un po’ semplicisti­camente che la serietà e la competenza dei dirigenti è fondamentale e che nel lungo periodo il cambio di allenatore, salvo eccezioni, non serve a niente se non a dare po­tere e alibi ai giocatori. Non mi sembra che ne­gli ultimi 10 anni a Milano abbiano vinto qual­cosa, anzi, hanno rischiato un paio di volte di sparire dalla scena e anche rischiato la retroces­sione. È vero che Milano è una città difficile per uno sport come il basket che è sempre stato oscu­rato dal calcio e che ha sempre avuto problemi di seguito anche nei periodi di maggior fulgore, però un limite al peggio sarebbe anche bello che ci fosse perché la situazione attuale è di una tri­stezza assoluta. Tornando a casa nostra sono diverse le persone che mi dicono che le mie previsioni di inizio sta­gione erano un po’ avventate, avevo anche scrit­to che mi sarei cosparso il capo di cenere se fos­se stato il caso! Questo momento non è ancora arrivato e, anzi, credo di poter e dover rincara­re la dose! Infatti il Vacallo è un’ottima squadra che è solo alle prese con qualche problema di sa­lute in diversi giocatori importanti come lo so­no gli stranieri. Le sconfitte sin qui patite devo­no preoccupare, come ogni sconfitta, ma non al­larmare. Il Vacallo ha il miglior parco di gioca­tori svizzeri del campionato e quando questo par­co giocatori sarà sostenuto da stranieri sani e forti non vorrei essere quella squadra che affron­terà il Vacallo quando conta. Stesso discorso per il Lugano che, in mezzo a mille scuse del tipo che manca il lungo, che la squadra è corta e chi più ne ha più ne metta, ha poi perso solo una volta in più del trio Friburgo, Monthey, Basilea che conducono una classifica cortissima e che dopo 5 partite ha già cancellato tutti gli zeri: non c’è più nessuna squadra imbattuta come non c’è ne più una che non abbia ancora vinto.
Il livellamento? Sarebbe bello riconoscere che questo livellamento è decisamente verso il basso e non verso l’alto se escludiamo il Friburgo che sembra si sia dato una struttura per affrontare le insidie dal basket europeo. La vera tristezza è comunque il constatare come in un basket po­verissimo di valore tecnico i giocatori svizzeri (con il Vacallo lodevole eccezione) non riescano a trovare spazio in campo e che la scena sia lo­ro «rubata» da stranieri di valore molto discuti­bile.
Partita anche la NBA con i Boston Celtics che stanno confermando la rinascita con due vitto­rie di cui una netta contro Washington e l’altra all’overtime dopo una bellissima partita contro i Toronto Raptors. I Bulls, in cui milita Thabo Sefolosha, sono invece partiti male con tre scon­fitte consecutive contro i New Jersey Nets, Phila­delphia e Milwaukee. Sefolosha ha giocato nel­la prima partita per 10 minuti, mettendo assie­me 4 punti, 4 falli, 2 assist e un rimbalzo. Nella terza partita è stato in campo 18 minuti con 5 punti, 6 rimbalzi e un assist. Nella seconda non è stato schierato. Buono per uno svizzero nel­l’ NBA ma anche qualche segnale che il coach non gli abbia ancora trovato un ruolo ben definito nel team perché quando gioca dà sempre buoni contributi ma le partite dove leggi il «DNP Co­ach Decision» – l ’equivalente del nostro NE (Non entrato), ndr – ogni tanto compaiono ancora: ma la stagione è giovane e il tempo delle senten­ze ancora lontano!



© Corriere del Ticino



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