Dal Lancet: occorre più che dimezzare il consumo di carne

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miss Ery
00martedì 25 settembre 2007 16:54
Dal Lancet: occorre più che dimezzare il consumo di carne

Nel numero del 13 settembre della rivista scientifica internazionale
"The Lancet", l'articolo "Cibo, allevamenti, energia, cambiamenti
climatici e salute" mostra quanto questi aspetti siano correlati tra
loro e quanto sia urgente una diminuzione drastica del consumo di carne
per evitare il disastro ambientale. E la responsabilità, sottolineano, è
di tutti.

Nell'abstract, gli autori - scienziati di varie università in Australia,
Gran Bretagna e Cile - spiegano che il cibo fornisce energia e
nutrimento, ma anche per produrlo occorre spendere energia e la quantità
di energia spesa per unità di energia ottenuta dal cibo è in continuo
aumento. La correlazione tra energia, cibo e salute è oggi molto
complessa e pone delle sfide molto serie alle istituzioni di tutto il
mondo. Esiste ancora la malnutrizione, ma esiste anche il problema
opposto della sovralimentazione, che causa obesità e altre conseguenze
per la salute molto rilevanti.

Nel mondo, le attività agricole, in special modo l'allevamento del
bestiame, sono responsabili per circa un quinto del totale delle
emissioni di gas serra, che contribuiscono al cambiamento climatico. Le
istituzioni dovrebbero prestare una particolare attenzione ai rischi per
la salute dovuti al rapido aumento del consumo di carne, rischi dovuti
sia all'impatto delle produzione di carne sul cambiamento climatico sia
al diretto contributo all'insorgenza di alcune malattie legate al
consumo di alimenti animali.

Per prevenire l'aumento di emissioni di gas serra occorre ridurre sia il
livello globale dei consumi di prodotti animali, sia l'intensità delle
emissioni. La proposta è quella di una strategia di contrazione dei
consumi e convergenza verso un livello di consumo sostenibile. L'attuale
media globale dei consumi di carne è di 100 grammi al giorno per
persona, ma con molte differenze (anche di 10 volte) tra le varie
regioni del mondo (vedi tabella).

L'unica soluzione è dunque quella di ridurre il consumo di prodotti
animali da parte dei paesi più ricchi, e fissare una soglia da non
superare per i paesi in via di sviluppo, in modo che tutti i paesi
convergano verso lo stesso livello di consumo, molto più basso di quello
attuale dei paesi ricchi: non più di 90 grammi di carne al giorno
pro-capite.

Tabella:
Regione - Consumi giornalieri di carne pro-capite in grammi
Africa 31
Asia meridionale e orientale 112
Asia occidendale (compreso il medio oriente) 54
America Latina 147
Paesi in via di sviluppo (media) 47
Paesi sviluppati (media) 224
Totale 101

Per arrivare a 90 grammi, nei paesi industrializzati come l'Italia,
occorre dunque più che dimezzare il consumo di carne, per la precisione
arrivare a un consumo che sia del 40% rispetto all'attuale.

Secondo l'articolo del Lancet, in alcuni paesi l'energia totale spesa
per la produzione di cibo è molto superiore a quella ottenuta dal cibo
stesso, il che non è ormai più sostenibile. Un altro aspetto messo in
luce è quello della scarsità del terreno utilizzabile per coltivare
mangimi per gli animali o per far pascolare gli animali. Ormai la
domanda crescente di carne che arriva dai paesi in via di sviluppo può
essere soddisfatta (e solo in parte) usando le foreste pluviali del Sud
America, specie del Brasile, Bolivia e Paraguai.

L'articolo degli esperti di nutrizione illustra inoltre una serie di
punti e dati statistici molto interessanti e precisi che vogliamo qui
riassumere:

- Le emissioni di gas serra causate dal settore agricolo sono pari al
22% del totale; come percentuale questa è simile a quella dovuta
all'industria e maggiore di quella dovuta al settore dei trasporti.
L'allevamento di bestiame (compresa la coltivazione del mangime e il
trasporto) contribuisce per l'80% al totale del settore agricolo.

- Il metano e l'ossido nitroso - entrambi potenti gas serra e
strettamente associati all'allevamento di bestiame - contribuiscono al
totale per il settore agricolo molto di più dell'anidride carbonica.

- Data la situazione, è urgente un intervento per bloccare le emissioni
dovute all'agricoltura e soprattutto all'allevamento. Invece, il numero
di animali allevati è in crescita continua e si prevede che lo sarà
ancora per decenni, specie nei paesi in via di sviluppo.

- Le tecnologie applicabili a costo sostenibile possono ridurre le
emissioni al massimo di un 20%, per questo l'unica soluzione
realisticamente applicabile è quella della contrazione dei consumi.

La conclusione degli scienziati, con la quale il NEIC - Centro
Internazionale di Ecologia della Nutrizione - non può che essere
d'accordo, e che farà il possibile per diffondere e sostenere, è che il
problema del cambiamento climatico richiede risposte forte e radicali.
Come sostengono gli autori dell'articolo, all'obiezione secondo cui la
diminuzione dei consumi e la convergenza verso un livello comune non
potrà funzionare perché la gente ama mangiare carne, si deve rispondere
con l'urgenza e la necessità estrema di un cambiamento per fermare un
problema ben più serio delle preferenze alimentari delle persone.

Le persone più informate, nei paesi ricchi, specie in Gran Bretagna,
stanno già dimostrando di voler ridurre il consumo di cibi animali, a
quanto sembra soprattutto per prevenire il rischio di malattie
cardiovascolari. Per aiutare le persone a fare questa scelta, affermano
gli autori, sarà utile eliminare i sussidi statali alla produzione di
mangimi animali (grano e soia), in modo che il prezzo al consumo
rispecchi i reali costi, e quindi aumenti. Questo inoltre aiuterebbe a
dirottare i raccolti verso i paesi poveri, per il diretto consumo umano,
riducendo la "concorrenza" tra la coltivazione di cibo per gli animali e
quella di cibo per gli umani.

La proposta porterebbe a molti effetti collaterali positivi: una dieta
più sana, migliore qualità dell'aria, maggiore disponibilità di acqua,
una razionalizzazione dell'uso dell'energia e della produzione di cibo.

Naturalmente, aggiungono gli esperti del NEIC, maggiore sarà la
contrazione dei consumi di alimenti animali, maggiore sarà il benessere
che si può raggiungere da ogni punto di vista: impatto sull'ambiente,
consumo di risorse ed energia, salute, benessere degli animali.

Comunicato del NEIC - Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione
www.nutritionecology.org/it/

Fonte: Anthony J McMichael, John W Powles, Colin D Butler, Ricardo Uauy,
Food, livestock production, energy, climate change, and health, The
Lancet, September 13, 2007
www.eurekalert.org/images/release_graphics/pdf/EH5.pdf

articolo segnalato da
Societa' Scientifica di Nutrizione Vegetariana
www.scienzavegetariana.it
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