DISSIDI - PRIMATO DI ROMA - I° CONCILIO DI EFESO

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bruciolis
00giovedì 10 gennaio 2008 18:33
il Cristo ancora al centro di scontri teologici
L'università di Costantinopoli formò giuristi e filosofi, ma anche medici, trattati tutti con rispetto in ogni angolo dell'impero, non meno dei precettori di prìncipi e dei maestri di lingua che avevano frequentato la scuola sul Bosforo. Grazie ad essi il sistema educativo bizantino, giudicato il migliore dell'epoca, entrò nelle corti germaniche.
Fino al VII secolo anche i papi di Roma riconobbero senza riserve la supremazia di Costantinopoli nei settori della cultura, dell'economia e della politica. L'unica cosa che non vollero importare furono le dottrine teologiche. Ma, poiché proprio la teologia continuava ad avere un peso determinante nella storia, tutte le concessioni fatte alla capitale ebbero scarsa importanza rispetto a ciò che chiedevano.
Il muro spirituale e ideologico dell'impero cominciò quindi a presentare le prime crepe, spie di uno sfacelo già in atto: il mondo mediterraneo un tempo unito si stava spaccando in due in maniera inarrestabile. Il dissidio tra est e ovest, che aveva raggiunto un primo culmine con la comparsa di Ario ed era stato composto nel secondo concilio ecumenico del 381, divampò di nuovo, preceduto da segni premonitori diversi. Tale dissidio favorì un allontanamento tra i due tronconi dell'impero, destinato ad avere effetti politici nei secoli successivi..
In sostanza la scissione ha avuto inizio proprio col secondo concilio ecumenico, il quale annunciò tra l'altro l'assegnazione di un posto di rilievo al patriarca di Costantinopoli in seno alla gerarchia ecclesiastica, a livello più alto di quello raggiunto dai fratelli di fede che occupavano le sedi vescovili d'Alessandria e d'Antiochia. Tuttavia questo fatto, oltre a suscitare malumori in Egitto e in Siria, preoccupò anche Roma. Il vecchio ordinamento stabilito a Nicea - secondo cui Gerusalemme, Alessandria, Antiochia e Roma dovevano essere i quattro patriarcati della chiesa - era stato fatto decadere per favorire una città che ancora pochi anni prima dipendeva dal vescovo di Eraclea,Perinto e che stonava in così onorevole compagnia. Papa Damaso (366-384) decise senza "esitazioni di impedire altre infrazioni di quel tipo. Nel 382 convocò un sinodo e gli fece proclamare il primato di Roma su tutte le altre metropoli della cristianità; i suoi successori sostennero senza mezzi termini tale posizione, difesa da Teodosio I. I papi erano i successori di Pietro; nessun altro doveva far loro concorrenza, né il patriarca di Costantinopoli né quello di Alessandria (chiamato anche lui pontefice). Anche gli imperatori, che per nascita avevano pari dignità, subirono una perdita d'importanza.
Papa Gelasio (492-496) sostenne la teoria delle due autorità, secondo la quale i sacerdoti sono al di sopra di tutti i sovrani del mondo. Simmaco (498-514) sottrasse sé e i successori alla competenza giudiziaria dello stato; Gregorio Magno (590-604) fondò lo stato della chiesa, e Stefano Il (752-757) fabbricò quella scaltra falsificazione entrata nella storia col nome di « donazione costantiniana», secondo cui il primo imperatore cristiano - lo testimoniano i documenti prodotti nella sua stessa cancelleria - « ha conferito autorità, potere e onori imperiali al soglio di Pietro» e ha deciso di « dargli il predominio sulle quattro massime sedi di Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Gerusalemme, nonché su tutte le altre chiese della terra». Inoltre - sempre per bocca di Costantino -la città di Roma, tutte le province d'Italia e i territori occidentali dovevano, a partire da quel momento, essere sudditi del pontefice. Per dare forza di legge alla propria donazione, lo stesso Costantino si ritirava nella città che portava il suo nome, « per imperare unicamente sulla parte orientale dell'impero e lasciare l'occidente alla chiesa».
Questo dimostra che i papi vollero strappare almeno l'occidente a quella teocrazia costantiniana che non riuscivano a rompere. Ecco perché, anche se forse è stata falsificata, la donazione va vista come l'atto di nascita dell'occidente. Costantinopoli, contaminata dal pensiero orientale, fu isolata dall'Europa, quasi per ragioni igieniche.

Maria sul trono di Diana

Del resto in quella nuova fase dell'antichissimo conflitto tra est e ovest tornò ad emergere una variante teologica che la stragrande maggioranza dei cristiani prese più sul serio della stratificazione gerarchica tra patriarchi e vescovi.
Ancora una volta il Cristo si trovò al centro degli scontri. Se nel IV secolo il dissidio si era incentrato sulla consustanzialità o non del Salvatore e si era discusso se egli fosse da identificare con Dio, o solo con un eroe, nasceva ora il problema del rapporto tra la sua natura divina e quella umana. La seconda disputa era frutto della prima.
Già all'epoca del concilio di Nicea, Apollinare, vescovo di Laodicea (in Siria), aveva enunciato la tesi ultraatanasiana, secondo la quale Cristo in quanto perfetto Dio non poteva essere anche perfetto uomo; la sua umana natura era soltanto «un corpo simulato» e aveva dunque un'unica natura (in greco: mia physis): quella divina. Successivamente il grande catalogo delle teologie ha accolto tale dottrina col nome di monofisismo.
Contro di essa si levò la scuola di Antiochia. Suo portavoce fu l'egizio Nestorio (381-451), patriarca di Costantinopoli, il quale argomentò: se Cristo è stato soltanto Dio, non può essere morto per l'umanità, perché per un Dio la morte non sarebbe stata affatto un terribile sacrificio. Si doveva quindi giustamente supporre ch'era stato anche uomo, nel cui corpo la divinità aveva albergato come in un tempio. Fu pressoché automatico che da tale ipotesi ne scaturisse un'altra: se Cristo era un uomo, Maria non era assolutamente la madre di Dio (in greco: theotokos), bensì soltanto colei che aveva partorito l'uomo Gesù (christotokos).
Ma in tal modo Nestorio aveva suscitato una viva polemica.
La lacerazione del Cristo in due nature suscitò un fermo ripudio nei devoti, che volevano credere, non interpretare; il ridimensionamento di Maria li fece insorgere, soprattutto in Egitto. Sulle rive del Nilo c'era da molto tempo l'abitudine di vedere la Vergine seduta sul trono che secoli addietro era stato di Iside. Ma anche a Efeso il bisogno profondo di un culto della madre produsse meravigliose fioriture.
Quella città, i cui abitanti avevan gridato all'apostolo Paolo:
«Grande è la Diana degli efesini», era stata anche orgogliosa
di ospitare il gigantesco tempio della dea «dalle molte mammelle» carica di testicoli di toro, una delle sette meraviglie, distrutto da Erostrato col fuoco. Oltre a ciò, Efeso si sentì ingannata dalla tendenza di Costantinopoli ad arrogarsi la primogenitura. Eppure fu la prima a costruire una chiesa alla madre di Dio, un edificio nato dalla leggenda: Maria e Giovanni, il discepolo preferito di Gesù, avevano « raggiunto l'Asia », ed ella era morta ad Efeso. Questa tradizione venne sanzionata da papa Benedetto XIV nel XVIII secolo. (Nell'antica e non più potente città ritroviamo la Panagia kapuli, che si dice sia la tomba di Maria.)
Ecco perché fu una mossa infelice quella dell'imperatore Teodosio II, che volle aiutare la dottrina del protetto Nestorio ad instaurarsi proprio a Efeso. Se in tutto l'impero c'era un luogo che male avrebbe sopportato una «svalutazione» di Maria, Teodosio lo aveva proprio individuato.
Il concilio, riunitosi nel 431 nella metropoli del commercio (ed esattamente nella chiesa di Maria), preparò al patriarca di Costantinopoli una sconfitta definitiva. Cirillo (morto nel 444), suo nemico capitale e sommo pastore d'Alessandria, agì prima della massima assemblea con scaltrezza e tattica consumata, tanto che Teodosio dovette far cadere il suo protetto.
La dottrina delle due nature di Cristo venne dichiarata eresia; Maria rimase madre di Dio. Accusato di essere eretico, Nestorio dovette dimettersi. I suoi seguaci, che si trovavano soprattutto ad Antiochia, antica rivale di Alessandria, non si persero d'animo. In Persia diedero vita a una potente chiesa, i cui missionari si spinsero sino in Cina. Oggi l'ultimo capo di un ramo dei nestoriani vive ancora a Chicago. Un altro troncone di tale comunità s'è riconciliato con Roma nel 1552.
continua


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