Così i ladri di privacy

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snaplinx
00giovedì 12 maggio 2011 07:49

L'INCHIESTA
Così i ladri di privacy
vendono i nostri segreti


La sicurezza è sempre più in pericolo: un gruppo di pirati informatici ha attaccato il network della Playstation e ha saccheggiato i "segreti" personali di decine di milioni di utenti per darli al miglior offerente. Siamo alla mercé di chi entra nei grandi sistemi online. Per rubare la nostra identità di ERNESTO ASSANTE

Così i ladri di privacy vendono i nostri segreti
LA NOSTRA vita digitale è in pericolo. E in vendita. Lo hanno detto e scritto in tanti, ci hanno messo sull'avviso decine se non centinaia di volte: i nostri dati, quelli che affidiamo ai servizi online, di qualsiasi tipo siano, non sono al sicuro. E c'è chi è interessato a metterci le mani sopra per venderli al miglior offerente. Lo ha ampiamente dimostrato il caso del Playstation Network. Cosa è accaduto? Lo scorso 20 aprile la Sony ha improvvisamente "spento" la propria rete, quella che collega decine di milioni di utenti in cinquantasette paesi del mondo ai propri server, per giocare online, vedere film, ascoltare musica, scaricare intrattenimento e informazione. Lo ha fatto perché ha scoperto un'intrusione sui server di un centro dati di San Diego, in California.

Inizialmente, pensando ad un classico attacco degli hacker, quelli che molto frequentemente colpiscono i data center delle aziende o delle strutture governative di mezzo mondo, la Sony ha chiesto a una società di sicurezza informatica di indagare. Ma, una volta compresa l'entità del problema l'azienda ha dovuto coinvolgere non solo una seconda società di sicurezza, ma anche l'Fbi.

Perché gli hacker sono entrati in possesso dei dati personali, delle password e dei numeri di carta di credito di più di settanta milioni di abbonati al network della Sony, il più ampio furto di dati personali mai riuscito nella storia.

Prove certe di cosa sia realmente finito nelle mani dei pirati informatici la Sony, nonostante siano passati quasi venti giorni dall'accaduto, ancora non ne ha, ma la possibilità che gli hacker abbiano catturato anche i dati del database criptato che contiene le informazioni personali dei circa dieci milioni di abbonati (e una grossa fetta di loro ha associato al loro account anche il numero della carta di credito), è molto elevata. "È stata usata una tecnica molto sofisticata per accedere al nostro sistema", ha detto uno dei manager della Sony, ed è evidente a tutti che non si tratti di una operazione dimostrativa o dell'iniziativa di un hacker solitario. I pirati hanno superato ben tre diversi firewall, mascherando inizialmente l'attacco come se fosse una normale procedura di acquisto, per poter aggirare i sistemi di sicurezza e sfruttare le vulnerabilità della rete della Sony, che erano state scoperte dagli hacker presumibilmente nelle settimane che hanno preceduto l'attacco.

Lo scopo del furto? Vendere al mercato nero i dati degli utenti, fornire al migliore offerente informazioni "sensibili" e personali, di chi è iscritto al Playstation Network. Secondo l'azienda tedesca di sicurezza informatica GData è già partita la compravendita su Internet dei dati rubati, nomi, indirizzi, email, date di nascita, id e password, indirizzi di fatturazione, numeri di carte di credito con date di scadenza. I prezzi al mercato nero variano a seconda della completezza e della utilità dell'informazione. Si va dai 70 dollari per una carta di credito con codice di sicurezza ai 3 dollari per un semplice numero, fino ai pochi centesimi per un indirizzo di mail, ma i prezzi possono salire se accanto ai numeri della carta o alle mail ci sono altre informazioni personali utili, mentre degli sconti notevoli vengono fatti per l'acquisto in blocco dei dati.

Rubare un'identità è un business internazionale che interessa pirati informatici in ogni parte del mondo. Il mercato più florido è quello delle email che vengono inserita in un "bot", programmi che funzionano in maniera automatica e che, nell'ipotesi migliore, inviano milioni di messaggi di pubblicità indesiderata alle caselle di posta elettronica, mentre nei casi peggiori appaiono come se fossero state inviate da amici o da grandi aziende o da negozi nei quale gli utenti acquistano abitualmente, con lo scopo di indurre a cliccare su un link che provoca il caricamento di virus o causa ulteriori furti di informazioni personali. I dati che sul mercato nero costano di più restano quelli delle carte di credito, che possono essere usati per tempi brevi, prima che vengano disabilitate, ma garantiscono guadagni maggiori e immediati per i ladri.

Kevin Stevens di TrendMicro, un'altra società specializzata nella difesa della privacy online, ha segnalato qualche giorno fa che gli hacker responsabili del furto hanno già iniziato a cercare degli acquirenti per l'intero blocco dei dati. Secondo Stevens gli hacker hanno offerto alla Sony di ricomprare i dati, ma l'azienda giapponese ha rifiutato l'accordo. Sony, attraverso le parole di uno dei capi internazionali, Patrick Seybold, ha smentito il contatto con gli hacker, cercando di tranquillizzare gli utenti: "L'intero database con i dati delle carte di credito era criptato e non abbiamo nessuna prova che gli hacker abbiano preso questi numeri". Ma, come hanno sottolineato molti esperti, non ci sono nemmeno le prove del contrario e i sospetti che questo sia avvenuto sono avvalorati dal fatto che i pirati informatici sono riusciti ad avere accesso alla banca dati principale del sistema e anche dalla denuncia fatta, come riporta la Abc, da un utente australiano che ha trovato 2000 dollari di accrediti sulla sua carta di credito.

Il caso della Playstation è certamente il più clamoroso e ampio, nulla di simile era avvenuto fino ad oggi ma, con il crescere dei social network e dello spostamento dei servizi online sui "cloud", il problema della sicurezza dei dati, della privacy delle nostre informazioni disseminate sul web, sta diventando sempre più importante. Anche perché non c'è bisogno di hacker particolarmente esperti per mettere le mani su dati "sensibili". Ad esempio moltissime delle nostre informazioni personali che diamo alle agenzie governative o ai negozi online più piccoli sono protette in maniera relativamente sicura e sono facili da trovare per chi sa dove cercare all'interno dei server. E i tentativi dei pirati informatici per rubare le nostre informazioni personali sono sempre frequenti. Nei giorni scorsi il tentativo più ampio di furto di dati è stato collegato alla morte di bin Laden, con un link ai video resi pubblici dall'amministrazione americana, distribuito attraverso i social network, che in realtà rimandava a degli indirizzi che infettavano con virus in grado di leggere il contenuto dei pc degli utenti. Secondo Dimitry Bestuzhev, esperto di sicurezza IT di Kaspersky Lab in pochi giorni ci sono stati due ondate di attacchi, tutti evitabili con dei normali antivirus o, più efficacemente, senza cliccare sui link. E poi ci sono i casi in cui sono gli stessi dipendenti delle aziende a trafugare i dati e a venderli sul mercato nero, com'è accaduto lo scorso anno alla Bank Of America.

Il numero dei furti di dati personali è andato crescendo di anno in anno, fino ad arrivare, negli Stati Uniti, il paese più "connesso" al mondo, a 336.655 casi nel 2009, calati però nel 2010 a 303,809, sia per un maggiore controllo da parte delle molte società che si occupano di sicurezza, sia per una crescente consapevolezza da parte degli utenti.

Che la privacy dei dati, però, non sia la preoccupazione maggiore di chi vive on line è un dato di fatto: a parte le proteste da parte di associazioni di consumatori, che hanno lamentato il ritardo da parte della Sony nel comunicare l'avvenuto furto da parte dei pirati, non c'è stato il temuto "abbandono" del servizio da parte degli utenti vittime degli hacker. "Gran parte degli utenti del Playstation Network, come di Facebook o degli altri servizi online", dice Rick Wallace, ricercatore alla Tiversa, un'azienda che si occupa di sicurezza cercando i file che vengono trafugati alle grandi aziende, "danno per scontato che il rischio di perdere i propri dati c'è e che vale la pena correre il rischio rispetto ai benefici che si hanno utilizzando la rete e i social network".

Intanto il network della Sony è ancora fuori servizio e non è previsto, ha affermato ieri Shigenori Yoshida, portavoce della società giapponese, che il sistema torni on line prima del 31 maggio. "Vogliamo estendere le nostre scuse ai molti utenti PlayStation Network e Qriocity", hanno detto alla Sony, "Abbiamo potenzialmente compromesso i propri dati clienti. Offriamo le nostre scuse sincere". Ma le scuse potrebbero non bastare in un mondo in cui la privacy è messa sempre più in pericolo.
by Repubblica
snaplinx
00giovedì 12 maggio 2011 07:50
SICUREZZA
SICUREZZA
"Ransomware", allarme web
il malware truffa per telefono


Nuova versione del trojan che, nei pc affetti, costringe l'utente a telefonare a un numero a pagamento per sbloccare il computer, fa sapere la polizia informatica che ha subito bloccato l'utenza telefonica interessata

"Ransomware", allarme web il malware truffa per telefono
ROMA - Da un momento all'altro può capitare di trovarsi ostaggio dei pirati informatici, sul proprio computer inopinatamente bloccato. E poterlo sbloccare soltanto telefonando a un numero a pagamento, salatissimo. Tutta colpa di un malware - fa sapere il Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture critiche del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni - che si chiama "Ransomware", un trojan noto a molti utenti della rete (solo quelli che usano sui loro computer sistemi operativi WIndows) per averli colpiti già dal 2006.

Ai tempi impediva l'utilizzo del computer per poi richiedere un codice di sblocco, ottenibile collegandosi a siti che richiedono l'acquisto di beni o servizi a pagamento, realizzando una vera e propria estorsione. In alcune delle precedenti versioni, infatti, la vittima veniva costretta ad acquistare farmaci o altri prodotti su siti russi e solo successivamente veniva fornito il codice di sblocco. Adesso l'attacco è frontale: nell'ultima versione il PC infetto mostra all'avvio il seguente messaggio: Attention! Windows activation period is exceeded. This windows copy is illegal and not registered properly. The further work is not possible. For activating this copy of windows you must enter registration code. This code you can find in your windows distribution package. If you not find them you can receive it by the phone: 899 021 233 Registration code must be entered not later then three days, if it entered later the unlocking is not possible. Ovvero: se volete attivare la vostra copia di WIndows dovete inserire un condice di registrazione che potete ricevere via telefono chiamando a questo numero. Il tutto dovete farlo entro tre giorni altrimenti lo sblocco del computer non sarà possibile. Di fatto il PC non subirà alcun danno significativo, ma se la vittima dovesse telefonare al numero visualizzato nel messaggio spenderebbe 1,75 euro al minuto e non riceverebbe alcun codice, ma verrebbe semplicemente reindirizzato ad un altro servizio telefonico a pagamento.

Gli utenti italiani non sono i soli destinatari della truffa, perché il malware è programmato per riconoscere la provenienza geografica e la lingua del target, pertanto sono previste numerazioni anche per utenti di Austria, Belgio e Svizzera, per i quali la Polizia di Stato, attraverso il CNAIPIC, ha già inoltrato la segnalazione alle competenti Autorità. Inoltre, oltre alle indagine volte ad identificare l'autore della truffa, è stata avviata la procedura per l'inibizione dell'utenza 899 021 233, affinché non vi possano essere ulteriori danni per gli utenti della rete.
by Repubblica
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