da La Provincia di Como
FERMATE I RAMBO
di Francesco Angelini
Se non ci fossero di mezzo l’esistenza di un ragazzo di 18 anni sospeso tra la vita e la morte e la vita rovinata di un uomo di 39, l’allucinante fatto di ieri pomeriggio a Como potrebbe addirittura scivolare nel grottesco. A una città che quasi ogni giorno chiede sicurezza, con gli abitanti che non si sentono tranquilli neppure tra le mura domestiche, e i
commercianti che meditano di farsi giustizia da soli, arriva una risposta agghiacciante da parte della polizia locale, da quel nucleo della polizia locale voluto dall’amministrazione comunale, dal sindaco Stefano Bruni, dall’assessore Francesco Scopelliti, dal comandante del corpo Vincenzo Graziani, proprio con l’obiettivo di garantire maggior sicurezza ai cittadini. A Como, da oggi, chi ha un figlio adolescente, di quell’età in cui tutti hanno fatto qualche bravata, si sentirà ancora meno sicuro. Perché questi ragazzi potrebbero incappare, come è capitato allo sventurato giovane di Albate, nel nucleo di Rambo dal grilletto facile guidato dal capitano Marco Scarpone. Una pattuglia di uomini duri che ha individuato il vero problema che affligge la città: i writers. Erano, infatti, writers i ragazzi intercettati in via Briantea, come erano graffitari quelli protagonisti assieme al nucleo di un controverso episodio che aveva lasciato il segno.
Sui ragazzi. Proprio per questo precedente, è impensabile archiviare il drammatico episodio di ieri come un increscioso incidente. A Como possono stare tranquilli solo i muri. Dopo la punizione esemplare inflitta a un ragazzo che alla pistola avrebbe potuto tutt’al più opporre uno spray, nessuno si azzarderà più a imbrattarli. Rapine, furti in abitazione, scippi e truffe continueranno. Ma, evidentemente, per palazzo Cernezzi e viale Innocenzo - sedi del Comune e della polizia municipale - i muri contano molto più dei cittadini. Della vita stessa dei cittadini. Se così non fosse, forse, sindaco, assessore e comandanti sarebbero intervenuti prima per correggere il modus operandi dei loro sceriffi, capaci di brandire la pistola davanti a un giovane inerme e spaventato per aver subìto un trattamento visto finora soltanto nei telefilm di Starsky ed Hutch o dei Chips. Solo che lì i buoni stavano dalla parte giusta.
Ora resta solo la speranza che da questa tragedia possa scaturire qualche riflessione, soprattutto sul contesto in cui è maturata. Nessuno sfugga alle proprie responsabilità che non possono essere limitate al solo sciagurato agente che ha
premuto il grilletto e dovrà comunque pagare per un gesto che rischia di fermare una giovane vita senza alcuna ragione plausibile. Dal sindaco Bruni, dall’assessore Scopelliti, dal comandante Graziani e dall’ufficiale Scarpone la cittadinanza attende risposte e provvedimenti. Perché non vi deve più essere neppure la minima possibilità che un fatto del genere possa ripetersi. Il nucleo di "insicurezza" della polizia municipale va sciolto. I Rambo devono essere fermati.
La testimonianza chiave di un automobilista
«Ho visto il vigile che gli puntava l'arma alla nuca» Ascoltato dal magistrato che conduce le indagini
Como: «L'ho visto tirare giù dall'auto il conducente... Teneva la pistola bassa. Lo ha spinto sul marciapiede e l'ha alzata... Poi gliel'ha puntata alla nuca. Non so cosa sia successo. Quel ragazzo era rivolto verso il muro. Mi sembra che abbia fatto un movimento della testa, che abbia guardato indietro». Il racconto si ferma perchè andare avanti è difficile. Chi parla, è l'uomo che si trovava in colonna al semaforo dietro la Fiat di Rumesh e dei suoi amici. Ha visto tutto, dall'inizio alla fine, a quando il vigile, Marco Dianati, ha esploso il colpo di pistola. Bum. «Ho visto quel ragazzo cadere a terra e l'altro, l'agente, chinarsi su di lui. Sono spariti dal mio campo visivo mentre il semaforo diventava verde. Sono andato avanti e mi sono fermato qualche metro oltre. Sentivo gli amici di quel poveretto. Gridavano. "L'hai ammazzato, l'hai ammazzato"». Il racconto di questo testimone, che chiede di restare anonimo, è stato comunque verbalizzato dal pm Mariano Fadda, che ieri sera lo ha sentito a lungo in Procura. È un racconto chiaro e al contempo incomprensibile, perché né lui nè altri sanno spiegarsi come sia stato possibile che quei vigili siano scesi dalla loro auto con le pistole in pugno, il colpo in canna, sapendo peraltro - perché sembra proprio che lo sapessero - di avere a che fare con graffitari, peraltro presunti. La circostanza trova riscontri soltanto parziali, ma gli agenti gli si sarebbero rivolti proprio così, definendoli graffitari. «Sono sceso dall'auto - racconta ancora il testimone - mi sono avvicinato a quel ragazzo a terra. Gli agenti stavano zitti. Il cuore batteva ancora, poi, come dal nulla, si sono materializzati decine di carabinieri, poliziotti, ambulanze. Gli altri quattro erano disperati. Non sapevo che fare. Ne ho preso uno per mano, e ho cercato di consolarlo». La deposizione chiave di questo automobilista si incrocia con quella di un poliziotto che, lui pure, ha assistito alla scena. È un sovrintendente della questura, ieri fuori servizio. È stato lui a prelevare il vigile prima che fosse linciato caricandolo sull'auto. I due racconti coincidono. Così come coincidono le testimonianze degli amici: dicono che prima di sparare il vigile lo abbia insultato. Gli ha detto «guarda lì», forse indicando il muro. Poi ha premuto il grilletto e, prima di essere sottratto dalla furia degli altri quattro ragazzini si è rivolto ai colleghi: «Ho sbagliato» La posizione di Dianati è eufemisticamente delicata. Per il momento è stato iscritto sul registro degli indagati con l'accusa di lesioni personali gravissime, ma se il giovane cingalese non dovesse farcela, l'agente dovrebbe ovviamente rispondere di un reato ben più grave. Il Comando della polizia locale di Como non ha per il momento fornito alcuna ricostruzione, né ufficiale né ufficiosa. Non è escluso che lo faccia oggi. Anche se, nel complesso, la dinamica è ormai piuttosto chiara. Oggi la procura effettuerà altri accertamenti. Ma le novità più importanti sono attese dall'ospedale Sant'Anna. I medici non sono affatto ottimisti: «Io l'ho visto - ripete il teste ancora sotto choc - lo ha preso alla nuca, il proiettile gli è uscito poco sopra la fronte». Lo salverà solo un miracolo. Stefano Ferrari
[Modificato da webcop 30/03/2006 18.55]