Codice da Vinci senza applausi. Più noia che scandali

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vanni-merlin
00giovedì 18 maggio 2006 00:42


Codice da Vinci senza applausi
Più noia che scandali

Oggi apre la 59ma edizione della rassegna francese
La prima mondiale del kolossal dal libro di Brown



di NATALIA ASPESI

CANNES - "Credi che Gesù abbia fatto l'amore con Maria Maddalena?". "Non dico questo. Dico solo che la Chiesa non è autorizzata a imporci il suo credo". "Ma tu pensi che Gesù avesse un'amante?". "Anche se fosse vero, cosa ci sarebbe di male?". Dialogo se non blasfemo almeno perdigiorno tra Audrey Tautou, in arte crittologa, occhioni neri perennemente terrorizzati, forse perché sospettata di discendere addirittura dalla peccatrice Maria Maddalena, e Tom Hanks. Lui, nel ruolo inedito di intellettuale muscoloso, sapiente in quanto maschio oltre che professore di simbologia.

Si inaugura con la massima pompa mediatica il 59º Festival del Cinema ed ecco finalmente "Il Codice Da Vinci" in versione megafilm, che si dispiega miracolosamente in tutti i suoi interminabili 148 minuti per i primi assetati spettatori qui al Festival (fra due giorni ovunque), in sulfureo stile Belzebù: dopo mesi e mesi di cabale ed enigmi, crociate e prediche, misteri e confessioni, eresie ed alchimie, misteri e inquisizioni, e consuete, almeno sino a tre secoli fa, condanne al rogo.

Buio minaccioso nella Grande Galleria del Louvre, lancinanti lampi di luce su capolavori (non quelli veri ma le riproduzioni di un abile copista cui potrebbe aprirsi una grande carriera di falsario), "La vergine delle Rocce" di Leonardo, "La morte della vergine" del Caravaggio, il correre di passi disperati, tu-tum tu tum come i battiti del cuore degli spettatori bonaccioni, di uno che si aspetta una coltellata nella schiena: e invece gli arriva un proiettile nello stomaco e chiunque dei probabili cento milioni di lettori del thriller esoterico sa già chi è l'assassino.

Bello comunque vederlo in carne ed ossa cinematografiche, ancor più sinistro di come uno se lo aspetti: mantellone fratesco con cappuccio, carnagione cadaverica, pupilla rossastra, niente sopracciglia, cicatrice sulla guancia: se dovesse mai esistere un'Associazione Albini e Ipopigmentati, dovrebbe unirsi alle richieste di boicottaggio di alcune personalità del Vaticano, della Chiesa Greca Ortodossa e dell'Opus Dei, contro la mancanza di riguardo del regista Ron Howard, che visto il successo diabolicamente miliardario del romanzo di Dan Brown (figuriamoci un libro, oggetto oggi desueto, che rende ricchi, qui Satana ci cova!) si è ben guardato dal ripulirne gli ormai celebri oltraggi.

Ieri sera è arrivato qui un treno carico di star del codice vinciano, lo stempiato professor Robert Langdon (Hanks), la sexycrittologa Sophie Neveu (Tautou), l'autoflagellante assassino Silas (Paul Bettany), il poliziotto antipatico Capitano Fache (Jean Reno), il mefistofelico vescovo Aringarosa (Alfred Molina) oltre al regista Howard e allo scrittore con il più dovizioso conto in banca del mondo, Brown. Itinerario di stile papale, tra folle plaudenti, ma anche benefico, almeno per le ferrovie anglofrancesi: in quanto si trattava del viaggio inaugurale della nuova linea commerciale Londra-Cannes che non poteva avere una più trionfale pubblicità: il treno si chiamerà naturalmente Da Vinci e il tempo per i nobili viaggiatori è servito a rilasciare alle televisioni di tutto il mondo un nuovo milione di interviste dopo i milioni degli ultimi mesi, e quelle presumibili di oggi.

Gli eroi de "Il Codice da Vinci" hanno dimostrato ancora una volta come, a dispetto dell'offesa ma signorile (poche rimostranze per non avvantaggiare i reprobi) Opus Dei, qui trattata come una specie di associazione a delinquere, il loro film può essere una grandiosa Opera Pia.

Infatti: editoria in fibrillazione con centinaia di titoli pro e contro e parodie, (anche "Il codice Perdinci!" e "Il codice Stravinci") giochi interattivi, tarocchi, puzzle: moda pronta che propone per l'inverno il mantello con cappuccio Silas in puro cachemere con cintura a nove code, Armani che lancia mediante signorina misteriosa con in mano un non criptico marchio, "un parfum, un code, un secret", l'acqua minerale Sant'Anna che offre ricchi premi Giocondi e Vinciani a chi risolve certi misteri attribuiti da sempre, e anche da Brown&Howard, all'Ultima Cena leonardesca.

Monumenti decrepiti diventati meta di curiosi, viaggi organizzati alla ricerca di simbologie astruse, di segreti dei templari e di stermini di catari. In più il film, più che il libro, arriva in un momento di fervore religioso cristiano sia ufficiale (vedi in Italia Ruini&Pera&Anatema contro i Pacs), sia esoterico, vedi New Age e le tante sette che soggiogano creature più devote del previsto. Crescono i predicatori che riempiono le megachiese con i loro sermoni contro il film non ancora visto e distribuendo iPod caricati con commenti apocalittici e invito alla preghiera e alla penitenza.

Ma non tutto il male viene per nuocere, da un certo punto di vista; infatti ci si aspetta soprattutto dalle scene di autoflagellazione, un vistoso aumento degli autoflagellanti, un salto nella vendita dei cilici, una corsa ad essere accolti tra i numerari (in convento come Silas), e sovrannumerari (a casa loro) dell'Opus Dei, il cui fondatore, lo spagnolo Josè Maria Escrivà fu ardente sostenitore del regime di Franco e fatto santo nel 2002 da Giovanni Paolo II: degli 86 mila augusti membri fa parte anche il ministro inglese degli affari regionali Ruth Kelly, che dovrebbe occuparsi dei diritti dei gay, tenendo conto che la sua fede poco libertina li condanna senza scampo.

Nel 1988 a "L'ultima tentazione di Cristo" di Scorsese, considerato un film blasfemo, andò malissimo al botteghino. Invece nel 2004, un film esageratamente pio sino all'eresia come "La Passione di Cristo" dell'integralista Mel Gibson, piacque moltissimo e guadagnò nei soli Stati Uniti 370 milioni di dollari. "Il Codice da Vinci", che è costato 125 milioni di dollari, pare destinato per la sua peccaminosità a incassi siderali seguiti da penitenze anche durissime. Gran festa questa sera in onore del filmone, per i suoi divi più mille invitati di varia notorietà più altrettanti imbucati, sotto un tendone nero costruito accanto al porto, ovviamente a forma di piramide, tanto per non allontanarsi dalla tradizione misterica.


(17 maggio 2006)


da: www.repubblica.it/2006/04/sezioni/spettacoli_e_cultura/cannes2006/codice-senza-applausi/codice-senza-appla...

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