Cina - situazione del mercato immobiliare

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iandy73
00martedì 15 dicembre 2009 15:38
Che quei bifolchi di occidentali, soprattutto il nostro paese andassero ad imparare da governi/stati considerati lontani dalla modernità e dalla civiltà! [SM=g9202]


La Cina prepara interventi per il mercato immobiliare


BlueTG.it - martedì, 15 dicembre 2009 - 15:09 CET

Secondo quanto riporta oggi l’agenzia di stampa statale cinese Xinhua, il Consiglio di Stato avrebbe giudicato “meritevole di grande attenzione” il fatto che in alcune città cinesi i prezzi del mercato immobiliare siano tornati a crescere a livelli che potrebbero rivelarsi eccessivi per mantenere “stabile” e “in salute” il mercato nel suo complesso.
Per questo la Cina sta pensando di incrementare l’offerta di abitazioni di piccole dimensioni a medio-basso costo, continuando peraltro a “supportare le spese nel mercato residenziale volte a migliorare le proprie abitazioni” e allo stesso tempo cercando di mettere un freno alla speculazione.
L’obiettivo sarebbe quello di mettere sul mercato abbastanza unità immobiliari da dare casa a 15,4 milioni di famiglie povere entro il 2012, migliorando al tempo stesso la qualità delle abitazioni di 10 milionio di famiglie che tuttora vivono nei quartieri degradati di alcune metropoli. (l.s.)
fabio_c
00lunedì 4 gennaio 2010 22:03
Re:
iandy73, 15/12/2009 15.38:

Che quei bifolchi di occidentali, soprattutto il nostro paese andassero ad imparare da governi/stati considerati lontani dalla modernità e dalla civiltà! [SM=g9202]


La Cina prepara interventi per il mercato immobiliare


BlueTG.it - martedì, 15 dicembre 2009 - 15:09 CET

Secondo quanto riporta oggi l’agenzia di stampa statale cinese Xinhua, il Consiglio di Stato avrebbe giudicato “meritevole di grande attenzione” il fatto che in alcune città cinesi i prezzi del mercato immobiliare siano tornati a crescere a livelli che potrebbero rivelarsi eccessivi per mantenere “stabile” e “in salute” il mercato nel suo complesso.
Per questo la Cina sta pensando di incrementare l’offerta di abitazioni di piccole dimensioni a medio-basso costo, continuando peraltro a “supportare le spese nel mercato residenziale volte a migliorare le proprie abitazioni” e allo stesso tempo cercando di mettere un freno alla speculazione.
L’obiettivo sarebbe quello di mettere sul mercato abbastanza unità immobiliari da dare casa a 15,4 milioni di famiglie povere entro il 2012, migliorando al tempo stesso la qualità delle abitazioni di 10 milionio di famiglie che tuttora vivono nei quartieri degradati di alcune metropoli. (l.s.)


Forse è già troppo tardi.

Dal sito dell'agenzia ”Bloomberg.com”
La Bolla delle Proprietà Cinesi Potrebbe Condurre verso un Crollo “American Style”
di Dexter Roberts, del 29 Dicembre 2009

In allegato: Mia grossolana traduzione, troppo lunga per essere postata qui..

fabio
marco---
00martedì 5 gennaio 2010 09:52
Re: Re:
fabio_c, 1/4/2010 10:03 PM:


Forse è già troppo tardi.

Dal sito dell'agenzia ”Bloomberg.com”
La Bolla delle Proprietà Cinesi Potrebbe Condurre verso un Crollo “American Style”
di Dexter Roberts, del 29 Dicembre 2009

In allegato: Mia grossolana traduzione, troppo lunga per essere postata qui..

fabio

Grazie per la traduzione! [SM=g1750826]
Effettivamente è da un po' di tempo che si parla di un possibile rischio relativo al mercato immobiliare cinese.

Marco
Immobiliare, la bolla cinese fa sempre più paura (Fonte: mercatoliberonews.blogspot.com - 19/11/2009)

Immobiliare, la bolla cinese fa sempre più paura - 19/11/2009
Una grande bolla speculativa si sta formando nel mercato immobiliare cinese...
Una grande bolla speculativa si sta formando nel mercato immobiliare cinese. Si tratta di una conseguenza diretta dell’imponente piano di stimoli all’economia messo a punto dal governo di Pechino. Operazione che, andando in qualche modo oltre le aspettative delle autorità cinesi, sta “drogando” il comparto. A lanciare l’allarme è Zhang Xin, dirigente di Soho China, che parlando al Financial Times ha spiegato come la nuova bolla rischi di mettere in serio pericolo le prospettive di crescita della Cina sul lungo periodo.
«I prezzi nel settore real estate dovrebbero crescere solamente grazie alla spinta di nuovi proprietari che intendono utilizzare gli spazi acquistati - ha spiegato Zhang -. Oggi invece esistono sempre più palazzi vuoti in tutto il territorio del Paese, e in tutti i segmenti del mercato immobiliare. La crescita dei prezzi, dunque, è il risultato diretto della mole di denaro in arrivo dalle banche. E queste ultime dovrebbero, per la stessa ragione, essere molto preoccupate».
Una posizione che non si discosta da quella di Fan Gang, membro della commissione monetaria della banca centrale cinese, che ieri ha ammesso che i prezzi nel mercato real estate, soprattutto in città come Pechino, Shanghai e Shenzhen risultano oggi sopravvalutati. Nello scorso mese di ottobre, il costo del mattone in 70 grandi e medie città cinesi è cresciuto del 3,9%, rispetto allo stesso periodo del 2008. Un dato in netta accelerazione rispetto a settembre, quando si era registrato un +2,8%. Gli investimenti nel settore, inoltre, sono cresciuti del 18,9% nei primi 10 mesi di quest’anno.
marco---
00lunedì 11 gennaio 2010 15:30
Cina, la bolla immobiliare fa sempre più paura (Fonte: valori.it - 11/01/2010)

Non si fermano i timori sulle condizioni del mercato immobiliare cinese. Anche il Washington Post, questa mattina, delinea un quadro tutt’altro che rassicurante del comparto, spiegando a chiare lettere come i rischi della crescita di una pericolosa bolla speculativa siano chiaramente visibili.
A preoccupare, specifica il quotidiano americano, sono soprattutto i prezzi degli immobili, in netta crescita in molte città cinesi: timori condivisi, per altro, dallo stesso governo di Pechino. Quest’ultimo proprio ieri ha parlato di «eccessiva crescita dei prezzi» in alcune località, sottolineando come sia necessario un monitoraggio continuo dei flussi di capitale, al fine di «fermare soprattutto i fondi speculativi».
A “pompare” aria nella bolla ci sono poi i tassi di interesse, fissati dalla banca centrale cinese ai minimi storici, come risposta alla crisi economica globale. Una miscela esplosiva, che ha portato il costo del mattone a Shanghai e Pechino a raddoppiare in meno di 4 anni. E le aspettative sono di un’ulteriore crescita. Per questo, secondo molti analisti, si potrebbe riproporre la situazione già sperimentata in Giappone negli anni 80 e negli Usa nel 2008, anche se c’è chi getta acqua sul fuoco parlando di «bolla supportata per ora dalla forte capacità di acquisto nel mercato interno».

I nostri prezzi, invece, sono raddoppiati in otto anni.

Vedi anche: Giappone, prezzi in calo da 20 anni

Marco
marco---
00giovedì 21 gennaio 2010 20:16
Pechino pronta a superare Tokyo ma fa paura la bolla immobiliare (Fonte: ilvelino.it - 21/01/2010)

Pechino pronta a superare Tokyo ma fa paura la bolla immobiliare
Roma, 21 gen (Velino) - La Cina è pronta a superare il Giappone e a diventare la secondo potenza economica del mondo (dietro gli inossidabili Stati Uniti) ma a spaventare le autorità finanziarie del mondo è il rischio dello scoppio di una bolla immobiliare nel paese del Dragone. Nel 2009, nonostante la crisi, il Pil della Repubblica popolare è cresciuto dell’8,7 per cento, al di sopra del target posto dal governo (8 per cento) e ben oltre le pessimistiche previsioni di alcuni analisti, secondo cui l’economia cinese non avrebbe superato il +5 per cento. Nel solo quarto trimestre dell’anno, ha reso noto questa mattina l’Ufficio nazionale di statistica, il Pil ha registrato una crescita del 10,7 per cento. Numeri che fanno della Cina, insieme all’India, il motore della ripresa globale, come riconosciuto anche dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale. Per l’Fmi l’economia cinese crescerà del 10 per cento nell’anno in corso: “La ripresa si sta rilevando più rapida e consistente della attese – ha spiegato il direttore generale Dominique Strauss-Kahn – spinta dalla Cina e dalle economie emergenti, soprattutto asiatiche”. Aumento più contenuto quello prospettata dalla Banca mondiale, che stima per Pechino una crescita nel 2010 pari al 9 per cento, molto superiore alla media mondiale che si attesterà al 2,7 per cento.

Sulla Grande Muraglia si addensano però inquietanti le nubi di una bolla immobiliare. Secondo la Banca mondiale si percepiscono “segnali di bolla” per l’economia cinese in particolare nel settore immobiliare. Segnali di cui, secondo il rapporto, le autorità di Pechino sono a conoscenza. E così le autorità cinesi, che in un primo monento avevano incoraggiato i crediti bancari, ora sono pronte a porre limiti ai prestiti rischiosi delle banche, proprio per evitare un caso “subprime”. Nel solo 2009, scrive il Corriere della Sera in un focus sulla “Nuova ‘bolla’ che preoccupa il mondo”, i prezzi delle case sono aumentati del 75,5 per cento. A Shanghai – ha rivelato l’ufficio municipale della Banca Popolare – i mutui sono aumentati nel 2009 del 1.600 per cento sul 2008. Per questo, scrive il Corriere, “il premier Wen Jibao ha parlato a più riprese di freni necessari, e infatti il 10 gennaio il Consiglio di Stato ha decretato che i mutui per le seconde case non possono eccedere il 60 per cento del valore”.

Come ha fatto il Giappone nei decenni precedenti, scrive invece il Wall Street Journal, anche “la Cina oggi sta crescendo grazie a una rapida industrializzazione, spostando la sua popolazione rurale nelle grandi città, dove la gente può ottenere posti di lavoro migliori e poter comprare così case e beni di consumo”. L’aumento dei prezzi delle abitazioni, prosegue il Wsj, “ha incoraggiato gli immobiliaristi a costruire nuove case, incrementando così la domanda di lavoratori del settore edile e delle materie prime”. Negli ultimi due mesi dell’anno infatti “i nuovi cantieri aperti sono cresciuti del 75 per cento rispetto a dodici mesi prima. Il rischio ora è che vengano costruite nuove abitazioni a prezzi troppo alti per trovare dei compratori”. Ma anche senza un crack immobiliare, conclude il Wall Street Journal, “un mercato immobiliare che serve solo una fetta limitata dell’élite urbana potrebbe trasformarsi in un problema politico per il governo di Pechino”. Ma timori arrivano anche dall’inflazione, cresciuta nel quarto trimestre dell’1,9 per cento in dicembre, in accelerazione dallo 0,6 per cento di novembre, confermando la tendenza alla crescita degli ultimi mesi.
marco---
00martedì 27 aprile 2010 12:34
Fonte: riccardosorrentino.blog.ilsole24ore.com - 23/04/2010

"Necessario" lo scoppio della bolla immobiliare cinese

È una decisione difficile e coraggiosa: “Far scoppiare la bolla [immobiliare] è una scelta necessaria per un sano sviluppo dell’economia cinese”; ha scritto l’ufficiale China Securities Journal nel suo editoriale del 20 aprile. Prezzi delle case troppo alte sono un forte peso per i consumatori e fanno aumentare i rischi per la stabilità finanziaria, la crescita, “e anche la stabilità sociale”.
Il governo ha deciso di usare strumenti amministrativi per far sgonfiare i prezzi: ha aumentato al 50%, dal 40%, la caparra minima per l’acquisto della seconda casa, e al 30% dal 20% quella per l’acquisto di un prima casa di oltre 90 metri quadrati. Per evitare eccessivi sconti, ha anche imposto un minimo per i tassi dei mutui pari a 1,1 volte il tasso ufficiale per i prestiti. Allo stesso tempo, ha scritto Glenn Maguire in una ricerca per la Société Générale, il governo “sta anche raddoppiando la superficie disponibile per i costruttori e sta costruendo fino a cinque milioni di case popolari”, dal milione previsto nel pacchetto di stimolo 2009.
La Cina cerca così di raggiungere due obiettivi.
Il primo è quello di far sgonfiare i prezzi: “Quando la domanda per gli acquisti speculativi si calmerà, il mercato immobiliare della Cina subirà un aggiustamento di breve termine”, ha avvertito il giornale. "Crediamo che le quotazioni [immobiliari] possano scendere in modo significativo, fino al 20-30%, tra il 2010 e il 2011", hanno previsto Wensheng Peng e Jian Chang in una ricerca per Barclays Capital.
Il secondo obiettivo è quello di aumentare l’attività e l’offerta di case: “Le costruzioni – ha aggiunto Maguire – hanno un forte moltiplicatore sull’economia e in particolare sull’occupazione”. Un investimento in nuovi edifici, quindi, moltiplica reddito e posti di lavoro anche in altri settori economici.
L’esperimento è interessante, e varrà la pena seguire gli sviluppi del settore immobiliare cinese. Secondo Maguire, “se assumiamo che i redditi nominali delle famiglie crescano del 15% annuo, cosa noi crediamo assolutamente plausibile, mentre i prezzi nominali delle case rimangano fermi, allora il rapporto tra il prezzo medio degli immobili sul reddito calerà dall’attuale livello di 14 versi la media dell’Asia orientale di 6 entro cinque anni”. I consumi cinesi potranno aumentare più rapidamente.

Ottime considerazioni!
La speculazione immobiliare, invece, in Europa e in Italia è forse utile?
Perché non combatterla?!

Marco
marco---
00lunedì 17 maggio 2010 13:31
Ringraziando iandy73 per la segnalazione di questo documento.

Crollo del -30% in un Mese dei Prezzi degli Immobili a Pechino (Fonte: mercatoliberonews.blogspot.com - 16/05/2010)

Ci sono reports citati da Michael Pettis che è professore di finanza nella top università di Pechino che dopo le misure prese dal governo cinese da marzo per ridurre il credito i prezzi delle case a Pechino sono crollati improvvisamente del -31%, IN UN MESE, -31% solo in aprile!

Questo solo perché la crescita del credito in Cina ha solo leggermente rallentato, invece degli incredibili 900 miliardi di Yuan al mese che si vedevano l'anno scorso "solo 774 miliardi in aprile" (circa 120 miliardi di euro in un mese...). Negli anni 2004-2008 il credito cresceva in Cina di 400-500 miliardi di yuan al mese, poi nel 2009 il governo ha dato ordine di pomparlo al massimo ed è raddoppiato, ora che comincia solo a rallentare il mercato immobiliare nelle grandi città ha il maggiore crollo mai avvenuto nella storia dei prezzi degli immobili.
(sylvestro)
00sabato 29 maggio 2010 11:01
Suicidi e bolla immobliare rovinano il sogno cinese


clicca per ingrandire

(sylvestro)
00sabato 29 maggio 2010 11:01
(segue) Suicidi e bolla immobliare rovinano il sogno cinese


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(sylvestro)
00martedì 1 giugno 2010 09:53
la Cina prepara la tassa sulla casa

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marco---
00giovedì 5 agosto 2010 09:17
Cina, test su banche ipotizzano crollo immobili (Fonte: swissinfo.ch - 04/08/2010)

ROMA - L'autorità che vigila sulle banche cinesi ha chiesto agli istituti di credito di condurre un nuovo ciclo di 'stress test' sui loro bilanci per verificare l'impatto di un crollo dei prezzi immobiliari fino al 60%.

Lo scrive la Bloomberg citando una fonte vicina al dossier, che ravviva i timori di una bolla immobiliare pronta ad esplodere nel mercato cinese. In precedenza la svalutazione ipotizzata era pari al 30%, la metà.

Secondo la fonte alle banche cinesi è stato chiesto di includere nello scenario peggiore degli 'stress test', simili a quelli già effettuali in Usa ed Europa, un calo compreso fra il 50% e il 60% dei valori immobiliari nelle città dove più forte è stato lo sviluppo del 'mattonè.

Sui mercati più volte è emersa la preoccupazione che i maxi-prestiti emessi per finanziare il settore immobiliare, che hanno toccato la cifra record di 11.400 miliardi di dollari lo scorso anno, abbiano alimentato una bolla immobiliare pronta ad esplodere di fronte al probabile emergere di crediti inesigibili.

Poi, naturalmente, abbiamo anche il contraddittorio, stranamente di un blasonato operatore del settore immobiliare, Jones Lang LaSalle, che parla di "sana correzione" anziché di crollo o di scoppio della bolla.

Per LaSalle lo scoppio della bolla immobiliare cinese non causerà un'altra crisi subprime (Fonte: ilsole24ore.com - di Enrico Bronzo - 07/07/2010)

I prezzi delle case cinesi sono destinati a calare fino al 20% in una "sana" correzione, ha detto oggi Michael Klibaner, responsabile dell'ufficio studi della filiale cinese della società di consulenza Jones Lang LaSalle, la seconda più grande del mondo. «Non vediamo alcun pericolo di crollo. Il mercato immobiliare cinese è caratterizzato soprattutto da acquisti in contanti piuttosto che da sottoscrizione di mutui» e questa è già una bella differenza rispetto ai mercati anglosassoni e spagnolo caratterizzati negli anni scorsi da un'elevato ricorso all'indebitamento. Per l'analista c'è solo una bassa probabilità che si registri un'ondata di pignoramenti come negli Stati Uniti.

Questa tesi contrasta con le previsioni di Kenneth Rogoff della Harvard University, 57 anni, che ieri aveva parlato di collasso della proprietà in Cina in grado di colpire il sistema bancario nazionale. Rogoff in un'intervista a Bloomberg television aveva parlato di pericolo nello sviluppo cinese «soprattutto data la sua velocità soggetta a contraccolpi». Timori confermati dagli investitori che hanno fatto scendere l'indice della borsa di Shanghai al livello minimo da un anno a questa parte. «Il valore delle vendite immobiliare è sceso del 25% in maggio rispetto al mese precedente. Stiamo iniziando a vedere il collasso nel settore immobiliare e anche se hanno molti strumenti e personale competente, non sarà facile gestirlo».

I prezzi delle proprietà in 70 città cinesi in maggio sono aumentati 12,4% su base annua. Una crescita molto distante dall'impennata a tre cifre riportata qualche mese fa da un quotidiano nazionale. Il sito dell'Istat cinese a questo proposito fa testo. Oggi sono stati diffusi i dati aggiornati a fine maggio. Stiamo parlando di valori medi nazionali. Ciò non toglie che a Shanghai - la città benchmark in Cina - i prezzi delle nuove case nel primo semestre siano aumentati del 48% rispetto all'anno precedente a 21.008 yuan (3.100 dollari) per metro quadro, secondo il rapporto UWin. Per il quale i prezzi dovrebbero presto scendere mentre secondo un indice composto da 34 sviluppatori di Shanghai ci sono ancora margini di crescita.

Diverso il trend nei rogiti previsti in calo dei 30%. A Shanghai le vendite di nuove case sono scese del 70% negli ultimi 12 mesi (del 57% negli ultimi sei mesi) a seguito delle misure governative prese per raffreddare il mercato immobiliare. Con la minaccia della possibile introduzione di una tassa di proprietà. Real Estate Information Services ha detto oggi che a Shanghai nel primo semestre sono stati venduti 3,57 milioni di metri quadrati di residenziale rispetto a 8,24 milioni metri quadrati di un anno prima, le vendite più basse degli ultimi cinque anni.
dgambera
00martedì 8 marzo 2011 19:24
Tutti a pagare dazio
Fitch: una crisi bancaria in Cina è probabile al 60% - Le città fantasma della bolla immobiliare (foto)

di Andrea Franceschi 8 marzo 2011


Nonostante gli sforzi delle autorità cinesi per contenere l'inflazione, il rischio di uno scoppio della bolla immobiliare non è ancora del tutto scongiurato. Secondo Fitch c'è il 60% di probabilità che questa eventualità si verifichi entro il 2013 innescando una una crisi bancaria in Cina. L'agenzia, che dal 2005 monitora il rischio sistemico dei singoli paesi, ha assegnato alla Repubblica popolare il grado MPI3. «Questo significa - spiega all'agenzia Bloomberg Richard Fox senior director della sede londinese di Fitch - che c'è il 60% di possibilità che le banche possano subire perdite di bilancio in caso di crisi immobiliare».

Cosa implica una crisi finanziaria sistemica
L'agenzia parla di "crisi finanziaria sistemica", citando una definizione contenuta in un documento del Fondo Monetario Internazionale del 2008. Si tratta di una turbolenza che coinvolge tutto o gran parte del sistema, causando un «grande numero di fallimenti» con conseguente difficoltà delle società finanziare a far fronte alle scadenze. Una sorta di insolvenza a catena che rischia di avere l'effetto di «de-capitalizzare il sistema bancario».

Quali sono i campanelli d'allarme
Una buona fetta (il 60%) dei paesi emergenti ha visto salire il proprio rischio sistemico negli ultimi tre anni secondo l'agenzia. Quando si verifica questa situazione? I principali campanelli d'allarme per Fitch sono il mercato del credito e quello immobiliare. Ci si trova in una situazione di rischio sistemico cioè quando, per due anni di seguito, i prestiti sono cresciuti di oltre il 15% e i prezzi delle case più del 5%.

La bolla immobiliare cinese
In questa situazione si è trovata la Cina. Nel biennio 2008-2009 il credito è cresciuto mediamente del 18,6%. L'ammontare di denaro prestato tra il 2009 e il 2010 è arrivato alla quota record di 2 mila e 700 miliardi di dollari. Un effetto congiunto delle misure di stimolo introdotte dal governo per fronteggiare la crisi e un mercato immobiliare decisamente frizzante. Secondo l'istituto di statistica cinese infatti, lo scorso anno i prezzi delle case sono saliti mediamente del 18%
. La crescita si è leggermente attenuata negli ultimi mesi per effetto della stretta monetaria messa in atto dalle autorità (aumentando a più riprese sia i tassi d'interesse che il coefficente di riserva obbligatoria delle banche).

Meno pessimiste le altre agenzie di rating
Quale impatto potrebbe avere lo scoppio di una bolla immobiliare sulle finanze degli istituti di credito? Per dare una risposta a questa domanda bisogna considerare la patrimonializzazione delle banche. Da questo punto di vista le altre agenzie di rating sono meno pessimiste di Fitch. «La capitalizzazione delle maggiori banche si è notevolmente rafforzata nel 2010» fa notare Liao Qiang direttore dell'area finanza della sede pechinese di Standard & Poor's . «Sono convinto - prosegue - che le banche potranno tranquillamente assorbire eventuali scossoni derivanti da un aumento dei crediti deteriorati. E questo perché hanno una forte liquidità e un ragionevole livello di accantonamenti per far fronte ad eventuali perdite». Sulla stessa lunghezza d'onda Moody's che, in una nota dello scorso novembre, ha scritto: «Riteniamo che eventuali perdite dall'esposizione sul mercato immobiliare potranno essere in maggioranza assorbite dal sistema bancario. Grazie alla solidità patrimoniale e ai futuri guadagni».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

















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marco---
00sabato 16 aprile 2011 11:47
Pechino, crolla il mercato immobiliare: meno 50% in un anno (Fonte: asianews.it - 16/04/2011)

In un mese i prezzi sono scesi quasi del 27%. Si prepara lo scoppio di una bolla immobiliare peggiore di quella degli Stati Uniti. L’Ufficio di statistiche esige una punizione per coloro che diffondono dati economici su internet, prima della loro pubblicazione ufficiale.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il mercato immobiliare cinese si prepara a un tonfo gigantesco: lo scorso marzo i prezzi delle case sono scese del 26,7% rispetto al mese precedente e gli acquisti sono scesi del 50% in un anno. Secondo esperti, la crisi immobiliare della Cina è ancora più spaventosa di quella scoppiata negli Stati Uniti tre anni fa, che hanno portato alla crisi mondiale. Per tutta risposta, il governo cinese ha decretato che punirà coloro che “diffondono dati economici su internet” prima che vengano pubblicati ufficialmente. Tali dati sono considerati “segreti di Stato”.

Beijing News, citando dati della Commissione sulla casa e sullo sviluppo urbano e rurale, ha diffuso nei giorni scorsi dati preoccupanti: il prezzo delle nuove case nella capitale è sceso in un mese del 26,7%. In un anno sono scesi circa del 10%. Gli acquisti di case sono diminuiti del 50,9% in un anno e del 41,5% nel solo mese di marzo.

Da tempo il governo cercava di frenare le speculazioni edilizie e nell’ultimo anno ha provveduto a mettere freni negli acquisiti di seconde case e nei prestiti delle banche.

I dati ufficiali del mercato immobiliare saranno pubblicati dall’Ufficio nazionale di statistiche solo il 18 aprile.

L’Ufficio di statistiche ha condannato ieri la fuga di dati economici. Shen Laiyun, portavoce del dipartimento, ha dichiarato che “ogni comportamento illegale sarà punito dalla legge. Coloro che diffondono segreti di Stato su internet o in altri canali di informazione saranno ritenuti responsabili”.

Proprio ieri l’Ufficio di statistiche ha diffuso alcune cifre economiche: nel primo trimestre 2011 il Pil (prodotto interno lordo) cinese è cresciuto del 9,7%. Ma anche l’inflazione è cresciuta raggiungendo il 5,4% in marzo, la più alta in quasi tre anni, superiore al 4,9 registrato nei primi due mesi del 2011.
marco---
00mercoledì 26 ottobre 2011 21:27
Scendono i prezzi delle case e i neoproprietari s’arrabbiano (Fonte: leviedellasia.corriere.it - 26/10/2011)

Per adesso a finire in pezzi sono i nervi dei proprietari e gli uffici degli agenti immobiliari: non la bolla. Uno schianto fragoroso ma non del tutto inatteso. Scendono i prezzi delle case e coloro che si solo svenati per acquistare un appartamento assistono al deprezzarsi del loro investimento. Protestano, anche. I giornali hanno contato nel fine settimana, solo a Shanghai, almeno tre incidenti provocati da neoproprietari furiosi per la repentina riduzione dei prezzi decisa dagli immobiliaristi, in uno di questi lo showroom di un’impresa di costruzioni è stato devastato da 300-400 persone.

SCONTI I nomi delle imprese rimbalzano sul web, China Overseas Property, Longfor Properties, Greenland Group. Si legge di prezzi abbattuti da 18.500 renminbi al metro quadro (circa 2 mila euro) a 14 mila, da 23 mila renminbi (2.500 euro) a 17 mila. Manifestazioni analoghe avvengono in altre città, dove si segnalano sconti anche del 40%. Questo spiega l’ira di chi, spesso con immani sacrifici, ha realizzato il sogno obbligatorio di ogni cinese, acquistare la casa, peraltro tra le pochissime forme di investimento in un Paese dove i depositi bancari rendono una frazione irrisoria del tasso d’inflazione (ora sopra il 6%), dove scarseggiano prodotti finanziari sofisticati, dove di fatto manca lo stato sociale e, dunque, ai piccoli risparmiatori non restano che la Borsa o il mattone.

ANSIA Per anni il mercato immobiliare è cresciuto con vigore, spingendo in alto il Pil. Solo nel 2010 gli investimenti hanno superato i 750 miliardi di dollari. Il pacchetto di stimolo varato tre anni fa per contrastare la crisi globale si è indirizzato in buona parte nel settore, survoltato dalla generosità creditizia del sistema bancario cinese. Ma l’aumento dei prezzi della casa, che è un pilastro culturale e psicologico della società cinese, ha cominciato a diffondere presto incertezza e ansia nella società, soprattutto nelle classi medie fino ad allora più favorite dal boom. Le autorità temono l’erosione del consenso e hanno varato misure in serie. Il premier Wen Jiabao, l’uomo che tra i leader ha il compito di metterci la faccia, ha invocato ripetutamente un raffreddamento del mercato immobiliare. Alle banche sono stati imposti limiti al credito e sono state innalzate le quote di depositi obbligatori. Sia a livello centrale sia a livello locale le autorità hanno negato l’acquisto di terze case, posto limiti draconiani all’erogazione di mutui, talvolta vietato la seconda casa.

BOLLE Nell’ultimo trimestre le vendite sono scese del 15%, adesso l’Ufficio nazionale di statistica segnala che da Pechino a Shenzhen, da Shanghai a Canton i prezzi nei quartieri periferici sono calati del 30-50%. E se in gennaio, su 70 città, in 60 i prezzi erano in salita, in agosto e settembre in 46 erano in calo o quantomeno stabili. “In 16 anni da promotrice immobiliare, mai un momento così difficile”, le misure prese dalle autorità per raffreddare la speculazione “hanno davvero ammazzato il mercato”, ha dichiarato Zhang Xin, cofondatrice del colosso Soho China. I cantieri rallentano, i palazzi restano vuoti, gli agenti ricorrono agli sconti. Gli economisti invece s’interrogano se, in realtà, tutto non debba ancora accadere. E con le banche obbligate a chiudere le cateratte dei prestiti, i costruttori ripiegano sui prestiti cosiddetti “grigi”, a tassi elevati e fuori dal circuito bancario: ne è nata, nello Zhejiang ma anche altrove, una seconda emergenza che ha mobilitato, di nuovo, la leadership centrale. Ma questa è un’altra storia. E un’altra bolla.
marco---
00giovedì 5 gennaio 2012 20:33
I segnali di un'implosione della bolla immobiliare cinese (Fonte: comedonchisciotte.org - di Juan Chan - 05/01/2012)

È sempre più evidente che in Cina la bolla dovuta alla speculazione immobiliare sta per esplodere. L’esito destabilizzerà il sistema bancario del paese, rallenterà la crescita economica e avrà un forte impatto sull'economia di tutto il mondo che ha contato sulla Cina come volano della crescita dall’inizio della crisi finanziaria globale nel 2008.
Un articolo del mese scorso nella rivista Foreign Affairs Stati Uniti ha evidenziato che "le riduzioni dei prezzi forti e improvvise "stavano “sconvolgendo il mercato degli immobili in tutta la Cina". Ha citato I dati del settore che mostrano un calo del 35 per cento nel valore delle case nuove costruite a Pechino nel solo novembre, e che I costruttori hanno ormai in inventario invenduto per 22 mesi a Pechino e per 21 a Shangai.
Scritto da un accademico della prestigiosa università Tsinghua di Pechino, l'articolo riporta: "Tutti, dai proprietari locali posto agli speculatori cinesi e agli investitori internazionali, sono preoccupati per queste diminuzioni, che oramai indicano che la ‘più grande bolla del secolo’, come viene chiamata dall’inizio di quest’anno, è appena scoppiata, con serie conseguenze non solo per una delle economie più promettenti al mondo, ma anche per l’ambito internazionale."
Spinto dal settore edilizio, nel 2010 il paese ha prodotto 627 milioni di tonnellate di acciaio, il 44,3 per cento della produzione mondiale; 1,87 miliardi di tonnellate di cemento, il 60% del totale globale; il 43% dei macchinari per le costruzioni, gli escavatori e i bulldozer. La rapida espansione dell’edilizia speculativa ha fatto esplodere anche la spesa della classe media, con un forte aumento della richiesta di autovetture: nel 2010 la produzione cinese di auto è stata pari a 18,2 milioni di veicoli, un quarto della produzione mondiale.
Importanti aziende multinazionali, come quelle minerarie in Australia e in Brasile, e i produttori di attrezzature in Germania e Giappone, saranno le prime a subire colpi pesanti da un calo pronunciato del valore degli immobili in Cina. Anche la Cina potrebbe causare un altro shock, oltre recessioni già previste in Europa e in altre zone del pianeta.
L’attuale bolla immobiliare ha le sue radici nella crisi finanziaria mondiale del 2008-09. Il regime stalinista cinese ha dato in prestito trilioni di dollari nel disperato tentativo di arginare le rivolte sociali dopo che 23 milioni di migranti, soprattutto nelle industrie esportatrici, avevano perso il lavoro. Ma l’esito più importante è stato il moltiplicarsi dei prestiti concessi agli enti locali, ai costruttori e alle aziende industriali per speculare sul mercato immobiliare.
Guidato dalla rapida espansione del settore edilizio, gli investimenti di capitale attualmente formano quasi il 50% per PIL nazionale, Nei primi dieci mesi dell'anno scorso, sono stati edificati 3,6 miliardi di metri quadrati di superficie, con vendite pari solamente a 709 milioni di metri quadrati, indicando un’enorme superiorità dell’offerta sulla domanda.
Allo stessa tempo l’inaccessibilità della casa è diventata una questione di grande importanza politica in Cina. Prendendo in considerazione i prezzi all’inizio di quest’anno, a Pechino ci vogliono 36 anni di uno stipendio medio per comprarsi una casa normale, contro i 18 a Singapore, 12 a New York e 5 a Francoforte.
Inoltre, si stima che circa 65 milioni di case sono al momento “vacanti”, tenute vuote per cercare di spuntare un prezzo di vendita più alto in futuro. Questa irrazionalità sociale è espressa ancora più visivamente nelle città più piccole, come Ordos della Mongolia Interna dove gli investimenti immobiliari hanno registrato una crescita media del 69% negli ultimi quattro anni, quando la media nazionale è invece del 27,6 per cento. Grandi parti di Ordos sono diventate città fantasma, con gli speculatori che lasciano incompiuti o vuoti interi isolati.
Alla fine del 2010, Pechino ha cercato di sopire il pubblico scontento per l’incremento dei prezzi, imponendo restrizioni alla concessione di prestiti dal parte delle banche e ai proprietari di case. Queste misure hanno solo aggravato l'instabilità finanziaria, dato che molti operatori si sono rivolti ad altri per ottenere prestiti estremamente alti. La montante crisi economica si è sommata alla mancanza della ripresa nei maggiori mercati di esportazioni, gli Stati Uniti, il Giappone e l'Unione Europea.
Le aziende nel centro di smistamento dell’export di Wenzhou hanno contratto molti prestiti con caratteristiche infide che portano i tassi di interesse fino al 150 per cento. Le svendite nel settore immobiliare minacciarono di scatenare un effetto domino, facendo fuori un gran numero di piccole e media imprese. Più di 80 imprenditori cariche di debito hanno abbandonato la città, e lo scorso anno un produttore di scarpe si è suicidato.
Il crollo del mercato immobiliare è divenuto una nuova fonte di malcontento. La scorsa fine settimana, migliaia di piccoli investitori hanno manifestato nella stazione ferroviaria della città di Anyang, nel tentativo di far arrivare le proprie lamentele alla dirigenza di Pechino. Hanno perso i propri risparmi in strutture di investimento stile Ponzi, basate anche sull’immobiliare, che poi sono fallite. Fin da ottobre, gli operatori di molti di questi schemi sono fuggiti dopo che le loro strutture - fondate sull'imbroglio degli investitori, invogliati dagli altri ritorni – sono andate perdute.
I dati pubblicati la settimana scorsa dalla Bank of China sul primo trimestre segnala l’enorme mole dei debiti contratti dagli enti locali per finanziare progetti immobiliari e infrastrutturali in un pacchetto di stimoli che risale al 2008: "Le dimensioni reali del debito sono probabilmente maggiori [rispetto alla stima ufficiale di 1,69 trilioni di dollari] e gran parte di questo debito è a breve scadenza.” La crisi nella vendita dei terreni, che formavano più del 40% delle entrate degli enti locali, ha fatto grandi danni. Da gennaio a novembre dell'anno scorso, sono stati venduti 24.000 lotti di terreno per un totale di 1,18 trilioni di yuan, con un calo di valore pari al 30,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2010.
Per compensare la flessione del mercato immobiliare, Pechino sta poggiando le proprie speranze sulla costruzione di 36 milioni di appartamenti sovvenzionati per il 2015. Questa strategia da "due piccioni con una fava" cerca di offrire edilizia economica per i lavoratori a basso reddito, cercando di mantenere la crescita guidata dagli investimenti. Ma i sondaggi dimostrano che la maggior parte dei costruttori non ha alcun incentivo a costruire immobili che caleranno di prezzo. Si sospetta che i governi municipali abbiano gonfiati i dati di questi progetti, considerando i buchi di prospezione con l’"inizio" della costruzione. I prestiti bancari per questi progetti, specialmente se destinati agli affitti, potrebbero diventare un’altra fonte di cattivo debito nei prossimi anni, a causa dei bassi rendimenti degli affitti stessi.
La Bank of China ha previsto per quest’anno una crescita economica dell’8,8%, dopo il 9,3% del 2011. Comunque, Andy Xie, un importante economista cinese, ha affermato la settimana scorsa che, viste le enormi distorsioni enormi create dalla bolla immobiliare, ci potrebbe essere una "correzione" che durerebbe fino al 2014 e che potrebbe dimezzare la percentuale di crescita, portandola a solo il 4-5 per cento. "Se pensate che il 2008 sia stato pessimo,”, ha scritto Xie, "allora allacciatevi le cinture di sicurezza per il 2012."
Una crescita drammaticamente lenta, per non menzionare l’irrisolta crisi finanziaria, porterà inevitabilmente a un aumento della disoccupazione, causando fermenti sociali in Cina che avranno immense implicazioni sul capitalismo globale.
marco---
00domenica 18 marzo 2012 10:31
E’ all’orizzonte lo scoppio della bolla immobiliare cinese (Fonte: emanuelamelchiorre.wordpress.com - 15/03/2012)

L’anno del ricambio elettorale planetario, la contrazione della domanda mondiale e il rallentamento dell’economia cinese

Crisi dei debiti sovrani e dalle turbolenze della Primavera araba. Prosegue, senza che se ne scorga ancora la fine, quel processo di instabilità politica ed economica mondiale, il cui inizio risale al 2007, anno dello scoppio della bolla speculativa immobiliare americana e dei titoli subprime.

Il corrente anno 2012 non dà sufficienti motivi di rasserenamento. Le sfide ancora aperte e le nuove che si prospettano all’orizzonte richiederebbero quantomeno una leadership mondiale collaudata e all’altezza della situazione.

La sorte vuole che invece sia un anno contrassegnato da un ricambio generalizzato della classe politica, vista la lunga serie di appuntamenti elettorali, che è destinata a sconvolgere la carta geopolitica del pianeta (v. Planisfero).



Più degli altri, tre colossi geopolitici mondiali alla fine dell’anno avranno attuato un ricambio elettorale generalizzato. La Russia ha appena ieri assistito al ritorno scontato di Putin al Cremlino. La Francia attende le elezioni di aprile, con un Sarkozy indebolito nell’opinione pubblica. Gli Stati Uniti mostrano forti dubbi sulla rielezione di Obama a giugno ed hanno già iniziato le primarie, via obbligata per scegliere i candidati in corsa alla Casa Bianca.

Un altro paese strategico da un punto di vista geopolitico, la Cina, non conoscerà elezioni, in quanto non è una democrazia, ma si appresta ad un ricambio dei vertici del Partito. All’ormai prossimo XVIII Congresso del partito, sarà Xi Jinping a succedere al presidente Hu Jintao. La rotazione dei vertici è pianificata e determinerà anche quella dell’intera struttura del potere in Cina. La nuova generazione di leader, sembra essere orientata al pragmatismo, molto più di quella uscente. Incline come la precedente all’internazionalizzazione, propende a sua volta alla riduzione delle disuguaglianze interne, in piena discontinuità con i leader uscenti.

Il più grave dei problemi che si presenteranno riguarda senz’altro il mondo cinese, che conviene esaminare con particolare attenzione.

Alla base del nuovo orientamento della dirigenza è la considerazione che la popolazione cinese, la più numerosa del pianeta, presenta una disomogeneità notevole di qualità della vita tra la costa e l’entroterra delle campagne. E questa disomogeneità non potrà durare a lungo, se non a costo di reazioni violente. I primi segnali che qualcosa stia cambiando nelle coscienze dei cinesi sono già evidenti. È stato oggetto di cronaca e poi di riflessioni attente dei politologi specializzati nelle aree asiatiche il cosiddetto “modello Wukan”, dal nome del piccolo paese della campagna cinese che ha dato prova di resistere alle tradizionali pressioni politiche dei leader del villaggio. In migliaia, infatti, si sono recati alle urne per eleggere un nuovo comitato direttivo. Il voto è stato il frutto di una lotta durata mesi dei contadini del villaggio contro la corruzione dei funzionari locali del partito, in seguito allontanati. L’esempio del piccolo villaggio cinese sembra si stia diffondendo come un tam tam nella foresta della rete internet e dei blog clandestini e stia diventano un vero e proprio fenomeno sociale cinese. Una rivolta simile a quella avvenuta a Wukan è scoppiata prima di Natale ad Haimen, sempre nella ricca provincia del Guandong, dove migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro l’espropriazione forzata di terreni operata dal governo per costruire una centrale energetica a carbone “eco-compatibile”.

La nuova generazione di leader del partito comunista cinese dovrà quindi fare i conti con tensioni sociali che rischiano di dilagare e deflagrare. Poiché, come in pochi sostengono, nonostante il governo cinese abbia speso oltre 560 miliardi di euro per fronteggiare la crisi economica e aiutare le imprese statali, che in Cina sono la maggioranza (pari al 70% del totale), l’enorme sforzo finanziario non ha sortito gli effetti sperati. Le aziende dello Stato sono ancora gravate da decine di migliaia di miliardi di yuan di debiti. L’inflazione, secondo studi indipendenti, è a due cifre, mentre i numeri ufficiali parlano di appena il 6%. Il tasso di crescita del gigante asiatico che nell’ultimo trimestre è stato del 9,1%, subirà probabilmente una forte contrazione, le stime ufficiali del PCC prevedono infatti il 7,5% nel 2012. La bilancia commerciale cinese nei primi due mesi di quest’anno ha registrato un passivo di 4,2 miliardi di dollari. E’ qualcosa di assolutamente sorprendente, non si vedeva addirittura dagli anni Ottanta.

Un calo della domanda dei Paesi europei non ha come unico effetto negativo una flessione delle esportazioni per le economie asiatiche, tipicamente export-oriented, ma dell’economia mondiale in genere. Con una riduzione degli scambi commerciali, le aziende esportatrici vedono ridimensionarsi i propri fatturati. Il fenomeno è importante soprattutto per la Cina, dove le esportazioni pesano per circa i 2/3 del PIL e dove le banche hanno sostenuto la crescita cinese tramite una rapida espansione del credito, il cui tasso di crescita è stato pari al 31,7% nel 2009 e al 20% nel 2010 (dati SACE).

L’attività manifatturiera in Cina è in calo, la banca Hsbc ha calcolato che l’indicatore Pmi di novembre ha raggiunto quota 48 (in diminuzione rispetto al 51 di ottobre). Il terziario, sempre secondo la Hsbc, è sceso invece a 57 punti da 61. L’indicatore elaborato dalla Hongkong and Shanghai Banking Corporation prevede che quando la quota scende sotto i 50 punti, l’economia sia da considerare in contrazione.

C’è invece chi parla già di stagnazione per la Cina, anche se si tratta di un’espressione esagerata o quanto meno prematura. Per poter parlare di stagnazione o, a maggior ragione, di recessione occorre almeno attendere che scoppi la bolla immobiliare che ha caratterizzato l’economia cinese in questi anni. Secondo il Fondo monetario internazionale, essa è in procinto di scoppiare.

Il meccanismo di rigonfiamento della bolla cinese, come è avvenuto anche in Spagna si è innescato su di una scala enormemente più grande attraverso il sostegno pubblico alle aziende in procinto di fallire. Per non far perdere il lavoro a migliaia di persone, infatti, il governo, attraverso le banche, ha prestato denaro alle aziende fallimentari, che hanno costruito case e appartamenti anche in mancanza di compratori. Come per tutti i dati dell’economia del paese, le dichiarazioni ufficiali non sono attendibili. Anzi in questo caso non esistono affatto. Occorre quindi fare riferimento a stime indipendenti, che dicono che circa il 50 per cento degli immobili in costruzione sono rimasti invenduti. Questo significa che esistono delle vere e proprie città fantasma, divenute addirittura famose. Si parla di 64 milioni di appartamenti costruiti e tirati a lucido, manutenuti quotidianamente, in attesa di compratori, ma che restano totalmente disabitati, perché il prezzo di acquisto è esorbitante rispetto a qualsiasi stipendio di un cinese. Situazione simile la si trova anche nella periferia di Shanghai, a Pechino e a Xi’an dove si vedono centinaia di grattacieli in costruzione di cui nessuno ha bisogno.

Crepe evidenti nel sistema di rigonfiamento della bolla si sono manifestate già nel settore. Dopo aver permesso che i prezzi delle case crescessero smoderatamente, il governo li ha fatti crollare. In particolare, secondo i dati SACE, tra il 2006 e il 2010 i prezzi degli immobili si sono quasi triplicati, principalmente nei maggiori centri urbani dislocati sulla costa, mentre dall’inizio del 2011 le quotazioni di società immobiliari sul listino di Hong Kong hanno perso il 40% del proprio valore.

Le restrizioni imposte dalle autorità al mercato del credito, inoltre, e il calo del 39% delle transazioni immobiliari registrato ad ottobre 2011 nelle maggiori 15 città cinesi, hanno fatto crescere la paura di un crollo del mercato immobiliare. Allo stesso tempo, le aziende immobiliari hanno utilizzato l’emissione di bond per finanziarsi (sono stati emessi bond per $ 19 miliardi), i cui rendimenti effettivi superano oggi il 20%. Tuttavia, le recenti difficoltà da parte delle società costruttrici a ottenere nuovi finanziamenti e a ripagare gli enormi debiti per tale via contratti, unite al calo della domanda, fanno temere insolvenze che potrebbero avere un impatto sulle banche.

Prezzi e mutui immobiliari in Cina



Fonte: CEIC, FMI

È infatti significativa l’esposizione del settore bancario verso il real estate ed è concreto il rischio di un “effetto domino” in tutto il sistema creditizio cinese. Il FMI stima che i prestiti legati al settore del real estate rappresentino il 20% del totale dei prestiti concessi dal sistema bancario cinese. Un calo considerevole dei flussi commerciali verso l’Europa potrebbe causare difficoltà, da parte di aziende esportatrici, a onorare i debiti contratti verso le banche. In caso di default le banche tenderanno a rivalersi sulle garanzie sottostanti che, nel 90% dei casi, sono rappresentate da proprietà immobiliari.

Un rallentamento dell’economia del paese sembra essere alle porte, specie se il resto del mondo resterà lungo la via di un ristagno pressoché generalizzato. Resta da vedere se i nuovi vertici del partito comunista, e quelli del sistema amministrativo cinese, siano in grado di adattarsi al cambiamento profondo del tessuto sociale della Repubblica Popolare, in gran parte stimolato proprio dai successi economici degli ultimi anni, o se preferiranno percorrere la tradizionale via perversa di una stretta repressiva.
marco---
00domenica 18 marzo 2012 10:35
E’ all’orizzonte lo scoppio della bolla immobiliare cinese (Fonte: emanuelamelchiorre.wordpress.com - 15/03/2012)

L’anno del ricambio elettorale planetario, la contrazione della domanda mondiale e il rallentamento dell’economia cinese

Crisi dei debiti sovrani e dalle turbolenze della Primavera araba. Prosegue, senza che se ne scorga ancora la fine, quel processo di instabilità politica ed economica mondiale, il cui inizio risale al 2007, anno dello scoppio della bolla speculativa immobiliare americana e dei titoli subprime.

Il corrente anno 2012 non dà sufficienti motivi di rasserenamento. Le sfide ancora aperte e le nuove che si prospettano all’orizzonte richiederebbero quantomeno una leadership mondiale collaudata e all’altezza della situazione.

La sorte vuole che invece sia un anno contrassegnato da un ricambio generalizzato della classe politica, vista la lunga serie di appuntamenti elettorali, che è destinata a sconvolgere la carta geopolitica del pianeta (v. Planisfero).



Più degli altri, tre colossi geopolitici mondiali alla fine dell’anno avranno attuato un ricambio elettorale generalizzato. La Russia ha appena ieri assistito al ritorno scontato di Putin al Cremlino. La Francia attende le elezioni di aprile, con un Sarkozy indebolito nell’opinione pubblica. Gli Stati Uniti mostrano forti dubbi sulla rielezione di Obama a giugno ed hanno già iniziato le primarie, via obbligata per scegliere i candidati in corsa alla Casa Bianca.

Un altro paese strategico da un punto di vista geopolitico, la Cina, non conoscerà elezioni, in quanto non è una democrazia, ma si appresta ad un ricambio dei vertici del Partito. All’ormai prossimo XVIII Congresso del partito, sarà Xi Jinping a succedere al presidente Hu Jintao. La rotazione dei vertici è pianificata e determinerà anche quella dell’intera struttura del potere in Cina. La nuova generazione di leader, sembra essere orientata al pragmatismo, molto più di quella uscente. Incline come la precedente all’internazionalizzazione, propende a sua volta alla riduzione delle disuguaglianze interne, in piena discontinuità con i leader uscenti.

Il più grave dei problemi che si presenteranno riguarda senz’altro il mondo cinese, che conviene esaminare con particolare attenzione.

Alla base del nuovo orientamento della dirigenza è la considerazione che la popolazione cinese, la più numerosa del pianeta, presenta una disomogeneità notevole di qualità della vita tra la costa e l’entroterra delle campagne. E questa disomogeneità non potrà durare a lungo, se non a costo di reazioni violente. I primi segnali che qualcosa stia cambiando nelle coscienze dei cinesi sono già evidenti. È stato oggetto di cronaca e poi di riflessioni attente dei politologi specializzati nelle aree asiatiche il cosiddetto “modello Wukan”, dal nome del piccolo paese della campagna cinese che ha dato prova di resistere alle tradizionali pressioni politiche dei leader del villaggio. In migliaia, infatti, si sono recati alle urne per eleggere un nuovo comitato direttivo. Il voto è stato il frutto di una lotta durata mesi dei contadini del villaggio contro la corruzione dei funzionari locali del partito, in seguito allontanati. L’esempio del piccolo villaggio cinese sembra si stia diffondendo come un tam tam nella foresta della rete internet e dei blog clandestini e stia diventano un vero e proprio fenomeno sociale cinese. Una rivolta simile a quella avvenuta a Wukan è scoppiata prima di Natale ad Haimen, sempre nella ricca provincia del Guandong, dove migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro l’espropriazione forzata di terreni operata dal governo per costruire una centrale energetica a carbone “eco-compatibile”.

La nuova generazione di leader del partito comunista cinese dovrà quindi fare i conti con tensioni sociali che rischiano di dilagare e deflagrare. Poiché, come in pochi sostengono, nonostante il governo cinese abbia speso oltre 560 miliardi di euro per fronteggiare la crisi economica e aiutare le imprese statali, che in Cina sono la maggioranza (pari al 70% del totale), l’enorme sforzo finanziario non ha sortito gli effetti sperati. Le aziende dello Stato sono ancora gravate da decine di migliaia di miliardi di yuan di debiti. L’inflazione, secondo studi indipendenti, è a due cifre, mentre i numeri ufficiali parlano di appena il 6%. Il tasso di crescita del gigante asiatico che nell’ultimo trimestre è stato del 9,1%, subirà probabilmente una forte contrazione, le stime ufficiali del PCC prevedono infatti il 7,5% nel 2012. La bilancia commerciale cinese nei primi due mesi di quest’anno ha registrato un passivo di 4,2 miliardi di dollari. E’ qualcosa di assolutamente sorprendente, non si vedeva addirittura dagli anni Ottanta.

Un calo della domanda dei Paesi europei non ha come unico effetto negativo una flessione delle esportazioni per le economie asiatiche, tipicamente export-oriented, ma dell’economia mondiale in genere. Con una riduzione degli scambi commerciali, le aziende esportatrici vedono ridimensionarsi i propri fatturati. Il fenomeno è importante soprattutto per la Cina, dove le esportazioni pesano per circa i 2/3 del PIL e dove le banche hanno sostenuto la crescita cinese tramite una rapida espansione del credito, il cui tasso di crescita è stato pari al 31,7% nel 2009 e al 20% nel 2010 (dati SACE).

L’attività manifatturiera in Cina è in calo, la banca Hsbc ha calcolato che l’indicatore Pmi di novembre ha raggiunto quota 48 (in diminuzione rispetto al 51 di ottobre). Il terziario, sempre secondo la Hsbc, è sceso invece a 57 punti da 61. L’indicatore elaborato dalla Hongkong and Shanghai Banking Corporation prevede che quando la quota scende sotto i 50 punti, l’economia sia da considerare in contrazione.

C’è invece chi parla già di stagnazione per la Cina, anche se si tratta di un’espressione esagerata o quanto meno prematura. Per poter parlare di stagnazione o, a maggior ragione, di recessione occorre almeno attendere che scoppi la bolla immobiliare che ha caratterizzato l’economia cinese in questi anni. Secondo il Fondo monetario internazionale, essa è in procinto di scoppiare.

Il meccanismo di rigonfiamento della bolla cinese, come è avvenuto anche in Spagna si è innescato su di una scala enormemente più grande attraverso il sostegno pubblico alle aziende in procinto di fallire. Per non far perdere il lavoro a migliaia di persone, infatti, il governo, attraverso le banche, ha prestato denaro alle aziende fallimentari, che hanno costruito case e appartamenti anche in mancanza di compratori. Come per tutti i dati dell’economia del paese, le dichiarazioni ufficiali non sono attendibili. Anzi in questo caso non esistono affatto. Occorre quindi fare riferimento a stime indipendenti, che dicono che circa il 50 per cento degli immobili in costruzione sono rimasti invenduti. Questo significa che esistono delle vere e proprie città fantasma, divenute addirittura famose. Si parla di 64 milioni di appartamenti costruiti e tirati a lucido, manutenuti quotidianamente, in attesa di compratori, ma che restano totalmente disabitati, perché il prezzo di acquisto è esorbitante rispetto a qualsiasi stipendio di un cinese. Situazione simile la si trova anche nella periferia di Shanghai, a Pechino e a Xi’an dove si vedono centinaia di grattacieli in costruzione di cui nessuno ha bisogno.

Crepe evidenti nel sistema di rigonfiamento della bolla si sono manifestate già nel settore. Dopo aver permesso che i prezzi delle case crescessero smoderatamente, il governo li ha fatti crollare. In particolare, secondo i dati SACE, tra il 2006 e il 2010 i prezzi degli immobili si sono quasi triplicati, principalmente nei maggiori centri urbani dislocati sulla costa, mentre dall’inizio del 2011 le quotazioni di società immobiliari sul listino di Hong Kong hanno perso il 40% del proprio valore.

Le restrizioni imposte dalle autorità al mercato del credito, inoltre, e il calo del 39% delle transazioni immobiliari registrato ad ottobre 2011 nelle maggiori 15 città cinesi, hanno fatto crescere la paura di un crollo del mercato immobiliare. Allo stesso tempo, le aziende immobiliari hanno utilizzato l’emissione di bond per finanziarsi (sono stati emessi bond per $ 19 miliardi), i cui rendimenti effettivi superano oggi il 20%. Tuttavia, le recenti difficoltà da parte delle società costruttrici a ottenere nuovi finanziamenti e a ripagare gli enormi debiti per tale via contratti, unite al calo della domanda, fanno temere insolvenze che potrebbero avere un impatto sulle banche.

Prezzi e mutui immobiliari in Cina



Fonte: CEIC, FMI

È infatti significativa l’esposizione del settore bancario verso il real estate ed è concreto il rischio di un “effetto domino” in tutto il sistema creditizio cinese. Il FMI stima che i prestiti legati al settore del real estate rappresentino il 20% del totale dei prestiti concessi dal sistema bancario cinese. Un calo considerevole dei flussi commerciali verso l’Europa potrebbe causare difficoltà, da parte di aziende esportatrici, a onorare i debiti contratti verso le banche. In caso di default le banche tenderanno a rivalersi sulle garanzie sottostanti che, nel 90% dei casi, sono rappresentate da proprietà immobiliari.

Un rallentamento dell’economia del paese sembra essere alle porte, specie se il resto del mondo resterà lungo la via di un ristagno pressoché generalizzato. Resta da vedere se i nuovi vertici del partito comunista, e quelli del sistema amministrativo cinese, siano in grado di adattarsi al cambiamento profondo del tessuto sociale della Repubblica Popolare, in gran parte stimolato proprio dai successi economici degli ultimi anni, o se preferiranno percorrere la tradizionale via perversa di una stretta repressiva.
marco---
00domenica 18 marzo 2012 10:39
CINA e Bolla immobiliare: la città fantasma (Fonte: intermarketandmore.finanza.com - 18/03/2012)



Già diversi mesi fa vi avevo fatto vedere le immagini di una delle città fantasma dell’immensa Cina. Una di quelle cose che mettono fortemente in dubbio la sostenibilità del modello cinese e che, per certi versi, mi fan persino dubitare dei dati che puntualmente ricevo sullo stato di salute dell’economia cinese.
In questo post vi avevo presentato ORDUS, con un filmato veramente inquetante.
Oggi la BBC riprende in mano la pratica.

A huge statue of the mighty warrior Genghis Khan presides over Genghis Khan Plaza in Ordos New Town. The square is vast, fading into the snowy mist on a recent Sunday morning.
Genghis Khan Plaza is flanked by huge and imposing buildings.
Two giant horses from the steppes rise on their hind legs in the centre of the Plaza, statues which dwarf the great Khan himself.
Only one element is missing from this vast ensemble – people.
There are only two or three of us in this immense townscape. Because this is Ordos, a place that has been called the largest ghost town in China.
Most of the new town buildings are empty or unfinished. The rampant apartment blocks are full of unsold flats. (Source)

La storia di Ordos inizia addirittura 20 anni fa. Da città mineraria si è trasformata in città…fantasma…. Come può essere sostenuta una situazione come questa? E quante altre Ordos ci saranno a nostra insaputa? Possibile che la Cina, paese dalle indubbie potenzialità, non possa subire gli effetti di una crescita economia troppo veloce e per certi versi rivoluzionaria?


marco---
00venerdì 13 aprile 2012 09:19
La Cina rallenta, ma il pericolo è la bolla immobiliare, non il Pil (Fonte: linkiesta.it - di Fabrizio Goria - 13/04/2012)

Qualcosa è cambiato davvero. Nel primo trimestre dell’anno il Pil della Cina è cresciuto dell’8,1%, il livello più basso dal 2009. Si tratta di una retromarcia non indifferente, dato che nel trimestre precedente l’economia cinese era cresciuta dell’8,9 per cento. Un rallentamento era previsto, le stime erano di un Pil all’8,3%, ma in pochi si attendevano una performance simile. Le autorità di Pechino tranquillizzano gli investitori e rimarcano che tutto è sotto controllo, ma i timori rimangono. E per la prima volta, anche gli Stati Uniti guardano verso Beijing con diffidenza.

Il pericolo di un hard landing, ovvero di una repentina caduta del Pil, per ora sembra scongiurato. Gli analisti sono concordi: la Cina non andrà in recessione nei prossimi anni. Per Pechino rimane tuttavia in piedi la possibilità di sperimentare un soft landing, uno scenario in cui l’economia cresce, nonostante una contrazione significativa, a un ritmo tale da evitare una recessione. Come ha spiegato l’ufficio nazionale di statistica, «la crescita è comunque solida e nel suo complesso non presenta squilibri». Tutto regolare, tutto tranquillo, tutto previsto. O almeno, questa è la versione di Pechino.

Le zone d’ombra però sono ben presenti. La più significativa è la bolla immobiliare, che secondo l’opinione unanime di economisti, operatori finanziari e analisti, sta crescendo a dismisura. Sheng Laiyun, portavoce dell’ufficio statistico, ha cercato di fugare ogni dubbio: «Non avremo una situazione come quella del Giappone negli anni Ottanta, abbiamo potenziato le misure di controllo sul settore immobiliare». Ma intanto, in marzo si è registrato il quinto calo consecutivo, su base mensile, del prezzo delle abitazioni. E come ha spiegato la banca statunitense J.P. Morgan il mese scorso «è possibile che avvenga un calo del 20% dei prezzi degli immobili entro i prossimi 18 mesi».

Il sentore che qualcosa sia mutato davvero è dato però da un’altra notizia. La Cina sta infatti per entrare nel mondo dei covered bond, finora confinato all’occidente tanto lontano dai dogmi della politica economica di Pechino. La versione ufficiale spiega che in tal modo si potranno mitigare gli effetti della caduta dei prezzi degli immobili e gli effetti del debito pubblico degli enti locali. Ma secondo diversi operatori finanziari la verità è un’altra. Tramite questi strumenti si vuol permettere alle banche cinesi di sbarazzarsi di tutti i crediti deteriorati che hanno in portafoglio. Per la Cina forse non ci sarà lo scenario peggiore, quello dell’hard landing, ma i rischi sono dietro l’angolo. Proprio a cominciare dalla bolla del real estate.


marco---
00martedì 29 maggio 2012 08:38
la bolla immobiliare cinese a punto di scoppiare? (Fonte: idealista.it - 28/05/2012)

Sembra ormai trascorso il periodo d'oro della crescita economica cinese. sebbrene il 2012 sia iniziato in crescita per il gigante asiatico, ormai tutti gli organismi internazionali sono concordi nel dire che il benessere è solo apparente e che è in atto una frusca frenata della crescita economica. e la crisi potrebbe riguardare soprattutto il settore immobiliare, ormai, una bolla appunto di scoppiare

l'allarme è venuto dal new york times. dopo un quinquiennio di frenesia immobiliare, sembra proprio che la febbre del mercato sia giunta alla fine. gli indicatori ufficiali di pechino dimostrano che i prezzi delle case stanno cadendo in oltre la metà dei 70 capoluoghi dove vengono fatte le rivelazioni. due rapporti quasi simultanei dello standard & poor's e di moody's prevedono una catena di fallimenti per i costruttori edili cinesi

così come accadde in america, anche in cina, la bolla immobiliare cinese è stata provocata da un eccessiva facilità di accesso al credito.
anche se con due importanti differenze. la prima dipende dalla propensione al risparmio delle famiglie cinesi, certamente maggiore rispetto alle famgilie americane. la seconda, dalla natura del sistema bancario del paese asiatico ancora controllato dallo stato che è intervenuto -e continua a intervenire- per aiutare i settori in difficoltà. ma che in questo modo, solo ritarda una resa dei conti che è a punto di arrivare.
articolo visto in repubblica.it: l'economia cinese sta frenando. bolla immobiliare a rischio scoppio
marco---
00mercoledì 19 dicembre 2012 10:02
Salgono i prezzi delle case (Fonte: MF - 19/12/2012)

A novembre i prezzi medi delle nuove case sono saliti in 53 su 70 delle principali città cinesi. Lo ha reso noto l'ufficio nazionale di statistica, aggiungendo che su basa annuale i prezzi immobiliari sono invece calati in 41 città su 70.
marco---
00sabato 23 febbraio 2013 10:55
Pechino teme la bolla immobiliare (Fonte: ilsole24ore.com - 23/02/2013)

Mentre l'Eurozona va in recessione (-0,3%) in Cina c'è il problema opposto: quello di evitare l'esplosione della bolla immobiliare. I prezzi delle nuove abitazioni sono aumentati nella maggior parte delle città-campione per il terzo mese consecutivo, un campanello d'allarme serio che ha aggiunto nuova pressione sul governo di Pechino per varare politiche restrittive così da evitare bolle speculative e crescita dell'inflazione.
I prezzi immobiliari sono saliti, da dicembre a gennaio, in 53 su 70 città del campione sotto osservazione, contro le 54 del mese precedente, che era già stato il maggior incremento registrato dal mese di aprile 2011, secondo i dati forniti dall'Ufficio nazionale di statistica cinese. Nelle altre dieci città i prezzi sono scesi, mentre nelle altre sette sono rimasti invariati.
Shenzhen, al confine con la città con le case più care al mondo, cioè Hong Kong, i prezzi sono balzati del 2,2% in un mese, come pure a Shanghai e a Pechino. Dopo che il premier Wen Jiabao ha annunciato delle restrizioni all'acquisto di case per frenare la corsa a incrementi di prezzi «troppo veloci», la Borsa di Shanghai ha accusato il colpo perdendo terreno e registrando la flessione settimanale peggiore dal mese di settembre. Insomma l'aria è proprio cambiata: la Banca centrale cinese, dopo i due allentamenti dei tassi nell'estate dello scorso anno, ora potrebbe modificare rotta e stringere la politica monetaria dopo aver già drenato liquidità sul mercato monetario a ritmi da record questa settimana per 146 miliardi di dollari. A guidarla potrebbe essere ancora l'attuale governatore Zhou Xiaochuan, che secondo indiscrezioni raccolte dal Wall Street Journal dovrebbe essere confermato per dare continuità all'azione della banca centrale.
Basterà a fermare la bolla? «Crediamo che il governo inasprirà la politica monetaria quest'anno per contrastare l'inflazione e i rischi finanziari», ha commentato Zhang Zhiwei, capo economista di Nomura Holdings a Hong Kong. «La corsa dei prezzi degli immobili – ha detto Zhang – costringerà il governo ad aumentare i tassi nei prossimi mesi».
I segnali sono inequivocabili: il discorso del premier Wen e il drenaggio di liquidità operato questa settimana dalla banca centrale dal sistema finanziario non lasciano dubbi sulla volontà del governo. Già in un rapporto di dicembre, la Banca aveva anticipato la necessità di controllare il livello dei prestiti troppo facili, anche fuori dal canale bancari.
Wen ha anche ribadito che «tutte» le città con aumenti dei prezzi eccessivi dovranno imporre restrizioni all'acquisto di casa. E la nuova dirigenza cosa pensa in proposito? Li Keqiang, destinato a sostituire Wen come premier il mese prossimo, nel corso della riunione annuale del Parlamento, non sembra discostarsi dalla linea restrittiva di Wen.
Funzionerà la mossa di Pechino? C'è incertezza sull'esito della svolta. Non è infatti la prima volta che il governo cinese cerca di frenare la bolla immobiliare: da quasi tre anni sta cercando di frenare l'ascesa dei prezzi aumentando i requisiti per ottenere i mutui, imponendo una tassa di proprietà per la prima volta a Shanghai e Chongqing e varando altre restrizioni all'acquisto di case in altre 40 città. Mosse che finora non hanno avuto grande successo.
Dariusz Kowalczyk, analista a Hong Kong del Crédit Agricole Cib, prevede che Pechino varerà una stretta creditizia ma nello stesso tempo mitigherà la politica di bilancio, visto che il Pil crescerà dell'8,5% quest'anno, dopo una crescita "solo" del 7,8% nel 2012, la più bassa negli ultimi 13 anni.
Il fenomeno del surriscaldamento economico sembra esteso ad altre parti dell'Asia. Anche l'economia di Singapore, ad esempio, è cresciuta più delle stime nel quarto trimestre 2012 (+3,3% annualizzato), a testimonianza di un clima di recupero della regione, confermato dalle ottime performance annunciate nei giorni scorsi da Thailandia (+18,9% annualizzata, un dato però gonfiato dal confronto con le alluvioni nel 2011) e Malaysia (+6,4%). Buone notizie per chi come l'Eurozona cerca disperatamente mercati dove esportare.
marco---
00venerdì 8 marzo 2013 14:06
La Cina fa scoppiare la bolla immobiliare. Ecco perché (Fonte: linkiesta.it - di Gabriele Battaglia - 08/03/2013)

Pechino - Venerdì. Il Consiglio di Stato cinese (il governo) annuncia una serie di misure per raffreddare il mercato immobiliare. Lunedì. Le imprese del settore perdono in media il 9,5 per cento sulla piazza di Shanghai e tirano giù con sé tutta la borsa (- 3,7 per cento) e mezza Asia. In tre giorni il mondo scopre sulla propria pelle la bolla immobiliare del Dragone e quanto sia interna, strutturale, al boom economico degli ultimi dieci anni.

Gli osservatori economici cominciano a chiedersi: ma ne varrà la pena? La Cina può rischiare di tarpare le ali alla propria crescita per lo sfizio di frenare il mattone? Sì, è la risposta. A patto che si veda l'altra faccia della medaglia. «Yi fen wei er», si dice da queste parti: l'uno si divide in due.

Le due facce dalla medaglia sono sintetizzabili in «breve e lungo periodo». Se infatti i mercati reagiscono negativamente sul breve (del resto è il loro mestiere), è sui tempi medio-lunghi che vanno inquadrate le nuove misure annunciate dal governo cinese: tassa del 20 per cento sulle transazioni che riguardano le seconde case, aumento delle rate dei mutui e della caparra per l'acquisto di immobili.

L'intento, nonostante le reazioni immediate della borsa, non è tuttavia quello di deprimere i mercati, e le misure potrebbero essere definite perfino morbide. Va detto che oggi esiste un'imposta sulla proprietà – una Imu cinese – che però è applicata a titolo sperimentale solo a Shanghai e Chongqing. All'estensione di questa tassa alle altre città, Pechino sembra infatti oggi preferire un'imposta sul capital gain: che cioè aumenta solo all'aumentare dei prezzi della casa. Non abbassa repentinamente i valori immobiliari, li contiene; non colpisce il reddito, bensì le rendite speculative.
Al contempo, si è lasciato intendere che le nuove norme dovrebbero essere estese da subito su tutto il territorio nazionale, il che rivela un disegno organico e, appunto, di lungo periodo.

Bisogna del resto prendere il toro per le corna. Nonostante precedenti tentativi del governo di agire sui prestiti bancari, i prezzi immobiliari nelle cento maggiori città cinesi sono infatti aumentati del 2,5 per cento a febbraio (anno su anno), al culmine di una crescita inarrestabile durata ben nove mesi. E l'Ufficio nazionale di statistica riporta che i prezzi hanno fatto un balzo del 6,8 per cento nel 2011 e del 7,7 nel 2012. Troppo.

Naturalmente ci sono le obiezioni più o meno interessate di chi sostiene che di speculazione non si tratti e che il mercato non vada frenato perché la Cina ha bisogno di case. Numeri alla mano – dicono costoro - ci sono 150 milioni di appartamenti nuovi e 200 milioni di migranti che vivono nelle baracche, quindi la domanda supera l'offerta.
Ma la bolla non è prodotta dagli appartamenti che vanno ai migranti, bensì da seconde, terze, quarte case che spesso restano vuote perché utilizzate soprattutto come investimento da funzionari rapaci, nuovo ceto medio arricchito e così via. Per i migranti esiste un mondo parallelo, quello del grande progetto di edilizia popolare in cui si è imbarcato il governo: 36 milioni di nuove case da costruire nel quinquennio 2011-2015. È un'altra storia.

Nel 2008, quando si trattò di scampare alla recessione che arrivava da Occidente, Pechino investì massicciamente in costruzioni e infrastrutture. Un pacchetto di stimoli da 4mila miliardi di yuan (586 miliardi di dollari), frutto in gran parte della bilancia commerciale positiva con l'Occidente, prese così la strada più facile: il mattone.
Dopo tutto, il Paese aveva bisogno di collegamenti degni del suo nuovo status economico e il ceto medio in espansione cercava una qualità della vita ben rappresentato dalla casa. Tra gli esiti positivi di quelle scelte, ci sono oggi 13mila chilometri di ferrovie ad alta velocità che gradualmente rendono le distanze cinesi un po' meno infinite.
Non solo: asfalto, cemento, binari hanno anche dato lavoro alle moltitudini di migranti rurali non specializzati. Il mattone garantiva crescita per tutti.

Oggi la Cina non è già più quella di cinque anni fa. La questione vera è che il Dragone deve trasformare radicalmente la propria economia, ribilanciarla. E per farlo, deve diventare più eguale: distribuire meglio la ricchezza. I bad loans, il credito facile generato dalla massa di denaro messo in circolazione nel 2008 e inghiottito in gran parte dall'immobiliare, ha creato infatti una bolla che a sua volta comporta tre conseguenze parimenti nefaste.

Primo: aumenta la diseguaglianza sociale. Per ogni palazzinaro che si arricchisce con la speculazione edilizia e per ogni funzionario locale che si prende la mazzetta per concedergli i permessi, c'è un contadino espropriato dei propri terreni senza giusto indennizzo.
Secondo: la bolla rischia di scoppiare da un momento all'altro, trascinando con sé fortune individuali, fette di Pil e forse lo stesso potere politico cinese, che scommette sulla crescita e sul “moderato benessere” per restare attaccato alla poltrona. Abbiamo tutti ben presente cosa accadde negli Usa, e poi in tutto l'Occidente, ai tempi della crisi dei mutui subprime.
Terzo: la speculazione immobiliare sottrae risorse agli investimenti più produttivi, quelli che dovrebbero trasformare la Cina da “fabbrica del mondo” a economia evoluta in grado di competere sui prodotti ad alto valore aggiunto e di spostare il baricentro della propria crescita sul mercato interno.

Per compiere il ribilanciamento, la Cina deve togliere risorse alle imprese per darle ai cittadini, in modo che possano consumare. Ecco quindi che i grandi profitti – in questo caso quelle delle immobiliari – devono essere tassati per investire in progetti sostenibili sul lungo periodo: istruzione, sistema sanitario, un'agricoltura più tecnologica e produttiva (per sfamare la crescente popolazione urbana), ricerca e sviluppo.

Questo disegno sul lungo periodo, provoca turbolenze sul breve: bisogna spendere, bisogna investire, spostare risorse da un settore all'altro. E i risultati non si vedono subito, mentre il mercato non aspetta. Così, i titoli crollano. Poco male, il problema se mai è un altro: riusciranno i nostri eroi – il presidente/segretario Xi Jinping e il premier/vicesegretario Li Keqiang – a compiere la grande trasformazione?

Qui il problema diventa politico. La Cina non è una democrazia, Xi e Li non devono rispondere a un elettorato in base a un programma, bensì all'elite del Partito che li ha messi a capo del Paese.
È un Partito composito, in cui si scontrano le più diverse lobby e ideologie agli antipodi ma che è unificato, ai suoi vertici, da una comune appartenenza di ceto: chi comanda, in Cina, ha tanti soldi e tanti interessi nei settori trainanti dell'economia.
Può, il ceto dirigente, tassare se stesso? Difficile. Almeno fino a quando non capirà che il non farlo potrebbe procurargli guai maggiori in futuro. Si comincia con una tassa sulle transazioni immobiliari e si sta a vedere. Dopo tutto, la Cina è maestra nelle trasformazioni impercettibili, sottili, che poi si rivelano enormi a decenni di distanza.
marco---
00martedì 20 maggio 2014 11:23
In Cina sta scoppiando la bolla immobiliare. La crescita sarà sotto al 6%? (Fonte: investireoggi.it - 20/05/2014)

In Cina sarebbe già in corso lo scoppio della bolla immobiliare. Gli analisti di Nomura si mostrano abbastanza pessimisti sull’impatto che tale fenomeno avrà sulla crescita già quest’anno, avvertendo di attendersi che il pil potrebbe aumentare meno del 6%, quando le stime ufficiali di Pechino restano ancorate a una previsione del +7,5% e gli altri analisti ritengono che non si dovrebbe scendere al di sotto del 7,3%.

Nomura basa le sue previsioni stimando che il settore immobiliare e annessa industria pesino per il 16% del pil cinese, quando altri economisti li stimino intorno al 25%.

Fatto sta che a marzo, l’istituto statistico nazionale, il National Bureau of Statistics, ha registrato un calo nelle costruzione ad aprile in otto delle città monitorate dalle quattro rilevate a marzo. A Hangzhou, capitale della provincia orientale di Zhejang, i prezzi delle nuove case sono diminuiti dello 0,7%.

Secondo il China Real Estate Index System, le vendite di case sono crollate del 9% ad aprile su marzo in 44 città e del 19% su base annua. Al contempo, la crescita media dei prezzi è stata dello 0,1% a livello congiunturale e del 9,1% sullo stesso mese dell’anno precedente.

In due province del nord-est, gli investimenti immobiliari sono crollati più del 25% nel primo trimestre e in altre due si sono registrati cali più contenuti. Sta di fatto che Nomura prevede che la crescita del pil potrebbe scendere sotto il 6% quest’anno e al 6,8% nel 2015.

Gli analisti di Ubs si mostrano più prudenti, ma abbassando le stime dal 7,5% al 7,3% per l’anno in corso e dal 7% al 6,8% per il 2015.

Secondo Nomura, tuttavia, ci sarebbero alcune misure che la banca centrale potrebbe adottare per contrastare il collasso del comparto immobiliare, come il taglio del coefficiente di riserva obbligatoria per le banche di 50 punti base e l’aumento degli investimenti pubblici. In quel caso, il governo potrebbe centrare l’obiettivo della crescita per quest’anno al 7,4%, ma si tratterebbe solo di rinviare il crollo all’anno prossimo, aggravando allo stesso tempo il grave problema della sovrapproduzione nel settore.

Certo, la bolla immobiliare potrebbe scoppiare più lentamente del previsto o la ripresa dell’economia mondiale potrebbe attutire in parte l’effetto negativo del collasso immobiliare, grazie all’aumento delle esportazioni cinesi. Ma la Cina certamente non correrà per un pò come nell’ultimo ventennio. E non è una buona notizia nemmeno per il resto del pianeta.
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