Chi è il Re?

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pizia.
00mercoledì 22 agosto 2007 14:06
Considerazioni sull'origine della monarchia
Le leggende con cui il popolo egizio esprime il suo pensiero sulla funzione e sull’origine del proprio leader dipingono la figura di un Re illuminato, capace di mantenere l’ordine (maat), di far produrre le terre scongiurando il pericolo di carestie, di allontanare minacce e malattie, ecc.

Ciò è riscontrabile ad esempio nella leggenda dell’ira di Ra, in cui il Dio stesso, governatore degli uomini, ha donato loro una vera età dell’oro grazie al suo assennato operato ed in particolare alle sue magiche capacità.

Il tema dell’età dell’oro è anche la quinta iniziale del mito di Osiride, nel quale il Dio insegna agli uomini a praticare l’agricoltura, scienza occulta della quale è massimo conoscitore.

Gli antropologi sono decisamente d’accordo con questa versione e spiegano l’incondizionata ammirazione degli uomini verso i loro primi sovrani con le presunte doti magiche di questi; semplificando molto, il sovrano sarebbe l’erede dello “stregone” della comunità preistorica, depositario di segreti insondabili, unico essere in grado di domare le forze avverse rendendole propizie.

Però gli oggetti predinastici e protodinastici in nostro possesso ci mostrano qualcosa di totalmente diverso: il Re è un guerriero, con la violenza ha sopraffatto i suoi nemici e i nemici del suo popolo, con la guerra ha conquistato l’altro territorio, così l’unificazione nasce da un atto di sottomissione di una delle due terre all’altra.
Permettetemi di essere vaga sulla definizione delle due terre, perché ancora non ho capito quali sono e quale delle due abbia prevalso sull’altra.

La Tavolozza di Narmer è la testimonianza per eccellenza di questo modo di vedere il Re; da un lato Narmer, nome Horo del Re vincitore, viene raffigurato nell’atto di colpire il (capo?) nemico con la mazza, dall’altro con l’aratro in mano comincia il lavoro di coltivazione delle nuove terre.

Anche la Testa di Mazza di Re Scorpione ci restituisce un’immagine di tale tenore: le insegne dei nomi sottomessi al dominio del sovrano lo seguono durante l’esecuzione dei rituali.

Si può anche considerare il tutto sotto questo aspetto: il Re è il vincitore, con quale strumento raggiunga la vittoria è irrilevante, l’importante è poter cominciare di nuovo il lavoro agricolo; sembra comunque piuttosto esplicito che lo strumento determinante sia la violenza piuttosto che la magia.

Però oggetti come tavolette e teste di mazza decorate in tale maniera sono da considerarsi oggetti rituali non di comune uso e forse non presentano testimonianza attendibile di eventi reali, ma solo ideali; potrebbero riferirsi quindi a battaglie non avvenute ma solo immaginate, perché altri fatti potrebbero indurci a pensare che l’unificazione del regno non sia avvenuta in maniera violenta, quanto piuttosto con alleanze matrimoniali.

E qui mi fermo, perché vorrei conoscere il vostro parere.
Maat Ka Ra
00mercoledì 22 agosto 2007 14:27
...o commerciali?
Non sono un tipo veniale, ma credo che l'unificazione reale sia avvenuta a piccoli passi in ambito amministrativo, commerciale e giurispudenziale. (Forse i miei vecchi studi riemergono dalla melma del mio cerebro avvizzito! [SM=x822714] ). La gestione di più villaggi insieme, con l'uso della scrittura ha reso possibile l'idea di unificazione delle due terre. Tra l'altro, dagli studi degli oggetti ddel periodo badariano, è il paese dell'ape a prevalere su quello del giunco, ma mi riservo di cercare meglio e fornirti spiegazioni da Barca, almeno... [SM=x822735] ....

Il re è sempre un guerriero, prima di tutto. Poi si può avvalere di mille consiglieri portasandali e oggetti vari, con le prerogative più varie, ma tutte le sue prove rituali, se ci pensi bene sono sempre a sfondo guerriero. Queste prove si ripetono, anche se solo più in termini di rituale, per tutto l'arco dinastico. La sua natura divina è consta nel fatto di essere scelto dal Dio Horus, ed esserne la sua incarnazione. Anche se il titolo di re, hq3, vuol anche dire "mago, magia"....ma forse mi sbaglio... [SM=x822718]
Nefertari15
00mercoledì 22 agosto 2007 14:35
Forse la magia di cui parli nel periodo predinastico veniva mostrata sotto forma di "violenza". Il re vincendo le battaglie e guerre dimostava al suo popolo,e naturalmente anche al popolo nemico,il favore che gli dei davano a lui...essendo figlio degli stessi godeva di privilegi straordinari con cui poteva governare il Paese. [SM=x822715]
Hotepibre
00mercoledì 22 agosto 2007 15:41
La storia dei popoli, e quello egizio non è da meno, è una storia di guerre e le guerre vengono combattute da soldati... bella scoperta direte voi, ma la gerarchia guerriera comporta, necessariamente, l'obbligo di riconoscere UN capo , possibilmente sempre e solo UNO, che prenda le decisioni, ma che si assuma anche le reponsabilità di una sconfitta.

Non dimentichiamo che, anticamente, la morte del Capo comportava spesso la fine delle ostilità e la sconfitta della parte il cui Capo era morto!

Ora, è ovvio che il Capo (per ora non chiamiamolo ancora Re) doveva essere il più forte tra i guerrieri, sia perchè doveva essere dai suoi stessi compagni prima temuto e poi rispettato (non a caso il massimo grado si otteneva spesso dopo combattimenti e scontri proprio tra guerrieri della stessa parte), sia perchè solo il più forte avrebbe avuto le maggiori probabilità di sopravvivere ad una battaglia riportando a casa i suoi soldati.

Ne deriva che, in tempi in cui la guerra era basata sulla forza bruta più che sulle tattiche o sulla strategia, il Capo doveva essere anche il più forte, il più muscoloso, il più alto e doveva essere sempre accompagnato da un apparato che lo rendesse sempre ben visibile sul campo di battaglia (chiamatelo stendardo o bandiera, o anche cimiero) giacchè dal suo comportamento derivava quello dell'intero suo esercito: se combatteva gli altri combattevano, se fuggiva, tutti fuggivano.

Chiaro che un buon Capo era colui che, stimato dai suoi soldati, non solo vinceva le battaglie, ma riportava a casa il maggior numero di guerrieri possibile il che, come è intuibile, lo rendeva molto bene accetto anche alle loro spose; ed ecco che il Capo militare, sostanzialmente, assolveva ad una ben precisa funzione sociale giacchè da lui dipendeva anche, indiriettamente, la prosecuzione della tribù.

Di qui la figura del Capo militare si trasforma in Capo della tribù, della comunità, o se preferite in "padre" della comunità giacchè, ripeto, da lui derivava almeno la generazione successiva alla guerra combattuta.

Da una "invincibilità" guerriera, dopo più battaglie o guerre vinte, potevano poi facilemente nascere le leggende che ben presto, narrate e ripetute attorno ai fuochi, si sarebbero ingigantite fino a farlo diventare simile ad un Dio e magari "immortale".
Non era perciò improbabile che i figli venissero a lui portati perchè li "benedicesse" donando loro un po' della sua forza e della sua "invincibilità".

E' ovvio che, indirettamente, il Capo guerriero assolveva anche ad una funzione economica giacchè se la sua tribù vinceva una guerra, non solo non vedeva distrutta la sua potenzialità agraria (ad esempio), ma si annetteva i terreni dell'avversario ed, in generale, i suoi averi, i suoi animali, le sue genti che, divenute schiave, favorivano lo svilupparsi di un maggior benessere.

Io credo che a questa sequenza non sia venuta meno la civiltà egizia e, forse, il fatto stesso di dare ai primi Re il nome unico "Horus", voleva indicare una continuità quasi che, indipendentemente dalla persona fisica (che ovviamente moriva quando era giunto il suo momento), di fatto chi regnava era sempre e solo "Horus"!

pizia.
00giovedì 23 agosto 2007 12:30
Ecco, chiarito perché "così fan tutti", vorrei anche capire il perché delle differenze fra gli altri e gli egizi.
E come mi potrete confermare voi le differenze sono tante e fondamentali.

Questo è uno degli aspetti fondamentali

Di qui la figura del Capo militare si trasforma in Capo della tribù, della comunità, o se preferite in "padre" della comunità giacchè, ripeto, da lui derivava almeno la generazione successiva alla guerra combattuta.



Il ruolo del "parde" è sempre molto importante

Nello specifico,

Non dimentichiamo che, anticamente, la morte del Capo comportava spesso la fine delle ostilità e la sconfitta della parte il cui Capo era morto!



Scenario: predinastico in senso lato.
Prologo: lotta fra comunità vicine.
I atto: la tribù A vince sulla Tribù B, il capo della tribù B muore, il capo della tribù A sposa la sorella del capo morto.
Ella prima era sorella e moglie, adesso è solo moglie.
Il capo vincitore, quello di A era già sposato con sua sorella, adesso si trova con due mogli, per forza, altrimenti la tribù B non lo riconosce come capo.


ma si annetteva i terreni dell'avversario ed, in generale, i suoi averi, i suoi animali, le sue genti che, divenute schiave, favorivano lo svilupparsi di un maggior benessere.



il segreto della civiltà: non ci sono figli e figliastri, in Egitto, anche prima dell'unione non ci sono schiavi, le genti dell'avversario sconfitto diventano essi stessi "figli".
Secondo me questo è uno dei segreti d'Egitto.
Certamente se facciamo un balzo in avanti, in un momento di cambiamento e durante l'impero consolidato, Nuovo Regno, XIX dinastia, l'avversario ha già assunto una valenza diversa e viene trattato da nemico, qundi fatto anche prigioniero e schiavo.
Hotepibre
00giovedì 23 agosto 2007 14:06
Ipotesi probabile, così come probabile che il capo vincitore non sposi la "sorella" del capo sconfitto, ma la moglie, o meglio la vedova, in tal modo acquisendo alla propria famiglia anche i figli dello sconfitto il che avvalora la tesi del "padre" delle due comunità.

Analogamente (stiamo parlando della preistoria, non dimentichiamolo), un matrimonio incestuoso, ovvero con la propria sorella, poteva essere giustificato solo a patto che anche lei incarnasse il non plus ultra della femminilità che, all'epoca, era sicuramente la capacità di generare figli.
Ritengo, infatti, che poichè il "Capo" veniva scelto per caratteristiche fisiche, più che morali o di saggezza (per quello c'erano gli sciamani, i preti, o i consiglieri), analogamente la sua sposa non necessariamente doveva essere della sua famiglia.

Questa mi sembrerebbe una usanza più "moderna" in cui la forza fisica era messa in secondo piano (per quello c'erano i generali ed i soldati) rispetto alla capacità amministrativa. In una tal società, è chiaro che l'appartenenza ad una medesima famiglia, specie se considerata di origini divine, faceva sì che il matrimonio per eccellenza, di un Re fosse con un altro discendente divino, ovvero la sorella.

Del resto, andando molto più avanti nella storia, un'usanza spesso vista in maniera estremamente negativa, era lo "ius primae noctis" del feudatario, ovvero il suo diritto a giacere con tutte le donne che si sposavano. Adlilà delle apparenze, e forse delle storpiature che certo derivarono, anche questa aveva una sua valenza sociale: si riteneva, infatti, che così facendo, almeno in teoria, TUTTI i figli sarebbero pouti essere figli del "capo", del "Re", e che pertanto egli li avrebbe trattati bene e difesi ancor di più poichè, almeno teoricamente, TUTTI sangue del suo sangue.
pizia.
00venerdì 4 luglio 2008 00:56
Nel libro di Silvia Vinci, “La nascita dello stato nell’antico Egitto, la dinastia zero” trovo questa citazione di Russell, da “Russell dice la sua”, Milano 1970.

L’individuazione degli aspetti tramite i quali il concetto di sovranità si manifesta è identificabile in tre principali tipi di potere:
· “il potere diretto sopra il corpo” che si attua nella capacità di aggredire, conquistare e difendere (è il potere dell’autorità governativa e militare);
· “il potere di ricompensare e punire, che è chiamato potere economico”;
· “il potere della propaganda, il potere di convincere”.

Trovo questa descrizione molto efficace, anche se non la condivido appieno in considerazione del fatto che Russell probabilemte si riferiva a sovranità e poteri più vicini a lui nel tempo rispetto agli antichi egizi.
Più si va indietro nel tempo maggiormente si riscontrano motivazioni psicologiche e un po’ meno sociali, ma già dall’Antico Regno, con la costruzione delle grandi opere architettoniche il quadro dei tre poteri risulta compiuto.

· Il potere diretto sopra il corpo, largamente testimoniato già dal predinastico dalle varie tavolette e dalle teste di mazza, non solo perché istoriate con scene di trionfo del re sui nemici schiacciati, ma anche come oggetti rituali, armi rituali; tale manifestazione si conserverà per tutta la storia egizia, si pensi alle immagini dalla battaglia di Qadesh o alla presenza di archi, freccie, carri, corazze nella tomba di Tut;
· Il potere di ricompensare e punire, riscontrabile nelle iscrizioni di alcune tombe che sono veri elenchi di titoli dispensati dal sovrano, e ad ogni titolo corrisponde un privilegio; ma anche il proliferare di mestieri “terziari”, come funzionari, scriba, burocrati e sacerdoti, lautamente ricompensati per i loro servigi; analogamente venivano puniti i sudditi rei;
· Il potere della propaganda, evidente motore dell’architettura in pietra, delle costruzioni alte, delle opere grandiose destinate al sovrano; ma anche il grande sforzo nelle opere pubbliche, meno visibile ma ugualmente sentito, come il tracciamento degli argini, lo scavo di canali e le opere di bonifica; la religione come principale propaganda.
pizia.
00venerdì 4 luglio 2008 01:01
Uh Uh, citazione della Vinci, che cita Russell.
Oh dotteressa Vinci, se volesse leggere, se avesse voglia e tempo di darmi un segno... non so se sto percorrendo la via buona...
Ma grazie comunque!
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