Charles Wright

'Skorpio'
00martedì 7 luglio 2009 12:24
Charles Wright, premio Pulitzer per la poesia nel 1998, è nato nel 1935 a Pickwick Dam, in Tennessee. Dopo aver risieduto per lunghi periodi in Italia e in California, nel 1983 è ritornato a vivere nel sud-est statunitense come professore d'inglese all'Università della Virginia, a Charlottesville, dove tuttora abita e lavora, titolare dal 1988 della Souder Family Chair. Autore di undici volumi di poesia e di due raccolte di saggi, traduttore di Montale, Campana e Dante, membro dell'American Academy of Poets, titolare del Premio Antico Fattore assegnatogli a Firenze nel 1998.


POETICA:
Wright spicca nel panorama della poesia Usa contemporanea per l'originalità dei suoi versi e della sua lingua che sviluppano tematiche metafisiche entro precisi disegni geometrici.
La sua opera, ora risistemata in tre macrotesti che il poeta chiama triplice trilogia e che raccolgono quasi integralmente i tre volumi pubblicati in ogni decennio dal 1970 ad oggi, ha trovato un'originale ispirazione nell'incontro giovanile con il paesaggio e la cultura italiana e si è via via strutturata come il viaggio spirituale di un moderno autobiografico pellegrino. Nella sua poesia, Wright affronta il tema dell'ineffabilità dell'assoluto che si manifesta nei paesaggi americani e italiani che tenta di penetrare per svelare la realtà trascendente che sembrano nascondere; il tema della morte come figura estrema di un invisibile mondo segreto oltre il visibile; il tema della lingua come il mezzo attraverso cui il dramma dell'io poetico continuamente respinto entro i suoi limiti conoscitivi viene esplicato.
'Skorpio'
00martedì 7 luglio 2009 12:25
Crepuscolo californiano


Sera tarda, luglio, e nessuno in casa.
Nei polmoni verdi del salice, insetti alati e lucciole
macchiano di sangue le fruste e le ali. Aster

blu diventano elettrici sulla siepe.
Cosa avevo in mente?
L’ultimo ronzio d’un pattino si dissolve
per la collina di Oak Street.

Lentamente una foglia si stacca da un ramo.
Lentamente le mani incrostate dei morti
s’agitano dalle loro caverne.
Una fiammella rosata è spenta nella mia bocca.
'Skorpio'
00martedì 7 luglio 2009 12:32
Venexia II

Acqua alta, acqua alta,
gabbiano ancorato come il battello di Rimbaud
fra i detriti, sacchi di plastica rigonfi sobbalzano come sugheri
sotto il granitico sguardo austero di Nostra Signora,
Venezia, Serenissima...
Il colpo della marea rode la punta delle scarpe, poi le urta sotto.


Queste sono le acque oscure, musica oscura
che ci terge, che ci svuota
solo per riempirci di gocce
di dolce invisibile pienezza,
note di stupore, note nere per lasciare la vita.


L'Angelo della Morte, corno d'oro e manto dorato,
si culla sulla prua della gondola,
scintillante di pioggia, quieto nella sferza.
Sotto la fatidica data della tempesta,
rifulge nella sua solitudine marina, scivola in splendore.


Oltre la finestra, Rio San Polo s'agita e fa burrasca.
La luce del traghetto
brucia come un'anima del Catar che fa ritorno
sulla stanca marea
che scende gli scalini inverditi della Salute.


Questa è l'ora terminale, la sua campana
rotola da Santa Maria Gloriosa dei Frari,
ultimo anello nella catena della Speculazione,
tirandoci sotto.
Dall'acqua viene, all'acqua va.
'Skorpio'
00martedì 7 luglio 2009 12:41
Pelli



Qualsiasi solco tu scavi nella terra rossa,

a qualsiasi albero appenda le tue luci,

viene il momento

in cui quel che sei è quel che sarai

fino alla fine, a qualunque

preghiera tu risponda – una vita

in margine, bianco della mela, bianco dell’occhio,

per quanto a lungo tu stenda le mani.

Ti guardi indietro e ti guardi indietro. Davanti, in distanza, un grido

stride come gesso su una lavagna.

Fra macerie e pietrame, arenaria o flussi di marea,

vai dove lo spartiacque ti porta,

una parola per volta, sempre

contando i tuoi denari, indossando abiti effimeri.
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