Carlo Goldoni

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Lamuena
00domenica 5 febbraio 2006 13:32
Visto che questo mi sembrava il topic giusto... non posso non parlare di uno dei più grandi commediografi italiani del settecento, ovvero Carlo Goldoni.
Due le motivazioni che mi spingono a farlo: la prima è che Goldoni era veneziano e la maggior parte delle sue commedie sono scritte appunto in dialetto veneziano. La seconda è data dal fatto che ormai è la terza commedia che sto studiando: con il nostro gruppo teatrale infatti abbiamo messo in scena I pettegolezzi delle donne, La casa nova ed ora Le baruffe chioggiotte (quest'ultimo però non in dialetto veneziano ma in puro chioggiotto... lingua incomprensibile anche per noi veneziani di provincia).
Inoltre, anche se la cosa è meno conosciuta, Goldoni portò il suo contributo all'opera del suo tempo in qualità di librettista.
Spero di trovare il tempo necessario per parlare degnamente di questo grande commediografo.. e se c'è qualcun altro che vuole darmi una mano ben venga!
Lamu [SM=x875424]
Lamuena
00domenica 5 febbraio 2006 13:45
Cominciamo con la vita...
Carlo Goldoni nacque a Venezia il 25 febbraio 1707 da Margherita Salvioni e da Giulio, medico di professione; una famiglia benestante, in cui la passione per il teatro risaliva al nonno paterno, che era solito organizzare recite nella propria villa di campagna. E furono proprio alcuni "domestici" spettacoli di marionette ad accendere nel fanciullo il primo entusiasmo per le rappresentazioni sceniche. A dodici anni aveva già letto diversi autori comici e composto una commediola.
Nel 1719 Carlo raggiunse il padre, che nel frattempo si era trasferito a Perugia, e cominciò a seguire corsi di grammatica e retorica presso il locale collegio dei gesuiti. Successivamente la famiglia si trasferì a Chioggia, e il quattordicenne Carlo fu lasciato a studiare filosofia presso una scuola di domenicani a Rimini. Qui poté familiarizzare con una compagnia di commedianti professionisti, tanto che per seguirli fuggì dalla scuola su un barcone, per poi raggiungere i genitori a Chioggia. Impiegato per qualche tempo presso uno studio legale, il giovane Goldoni fu mandato a Pavia, alla facoltà di giurisprudenza, dove studiò con profitto, non tralasciando però mai la lettura dei grandi comici. Ma un’impudente satira contro le donne pavesi gli costò, nel 1725, l’espulsione dall’università.
Dopo alcuni anni di peregrinazioni, tra studi irregolari, brevi componimenti teatrali e vari lavori, nel 1731 Goldoni conseguì a Padova la sospirata laurea in legge. Ma due anni più tardi il giovane avvocato, per sciogliersi da qualche debito e da un’avventata promessa di matrimonio, fuggì a Milano, dove confidava di diventare ricco e celebre con il libretto del melodramma Amalasunta; fu invece un fallimento, e l’autore si convinse che la sua reale vocazione era per il teatro comico.
Nel 1734 era a Venezia, prima come consulente di alcuni teatri cittadini e tre anni dopo come direttore artistico del teatro di San Giovanni Grisostomo; dal 1741 al 1743 ricoprì l’incarico di ambasciatore della Repubblica genovese a Venezia; dal 1745 al 1748 fu avvocato a Pisa. Ma il suo principale obiettivo rimaneva quello di comporre commedie.
La sua prima opera degna di nota è il Momolo cortesan (173[SM=g27989] ribattezzato poi L’uomo di mondo, di cui era interamente scritta solo la parte del personaggio principale. La donna di garbo, invece, è la prima partitura completa in tutti i ruoli. Ciò costituì una vera e propria rivoluzione, dato che gli autori al servizio delle compagnie teatrali erano semplici "soggettisti": si limitavano cioè a delineare una vicenda e a sceneggiarla sommariamente, lasciando gli attori liberi di improvvisare dialoghi, monologhi, battute comiche e movimenti scenici. Naturalmente anche Goldoni dovette sottostare a tale consuetudine e compose un’enorme quantità di trame (dette tecnicamente "scenari"). Una delle sue commedie più note e fortunate, Il servitore di due padroni , solo in un secondo tempo fu sottratta all’arte dell’improvvisazione, quando Goldoni ne scrisse interamente il copione.
Ma la prima grande svolta della carriera goldoniana fu l’incontro con uno dei più famosi capocomici del tempo, Girolamo Medebach, che gli offrì di lavorare per il teatro veneziano di Sant’Angelo. Goldoni abbandonò la carriera di avvocato e nell’aprile del 1748 seguì la compagnia Medebach a Venezia, facendo prima tappa a Mantova e a Modena. Fu Medebach a dargli ampia libertà di condurre la sua battaglia per una riforma che mirava a restituire centralità al ruolo dell’autore nell’opera comica.
Nella stagione teatrale 1748-1749 (a Venezia i teatri aprivano ai primi d’ottobre per chiudersi l’ultimo giorno di carnevale) furono rappresentate diverse vecchie commedie, ma anche alcune nuove, tra cui I due gemelli veneziani, La vedova scaltra, La putta onorata. Superato brillantemente quel primo vero esame, seguì un periodo di fertile creatività artistica: memorabile fu l’anno teatrale 1750-1751, in cui lo scrittore promise all’esigente pubblico veneziano ben sedici commedie nuove; promessa rischiosa e incredibilmente mantenuta, che gli diede la definitiva consacrazione. Il trionfale successo portò anche i primi dissapori con Medebach, prodigo di elogi ma non altrettanto di denaro.
Della ricchissima produzione di quel periodo è doveroso ricordare almeno alcune delle commedie più rinomate e riuscite: Il teatro comico (dove l’autore rappresenta se stesso alle prese con attori poco propensi a cambiare modo di recitare), La bottega del caffè , La donna volubile, I pettegolezzi delle donne — appartenenti al gruppo delle sedici commedie nuove —, La famiglia dell’antiquario, La serva amorosa, La figlia obbediente e infine La locandiera , che da sola bastò a conferire all’autore il carisma dell’eccezionalità.
Goldoni onorò fino alla stagione 1752-1753 il contratto che lo legava a Medebach (il quale lo rimpiazzerà proprio con l’avversario che in quegli anni gli andava contendendo il primato sulle scene, Pietro Chiari), quindi passò al teatro di San Luca, di proprietà di due fratelli di nobile famiglia veneziana, Antonio e Francesco Vendramin. Soprattutto il secondo, che curava personalmente la gestione del teatro, volle accaparrarsi l’autore allora più rinomato, e fino al 1762 Goldoni gli rimase legato, non senza conflitti: l’impresario era infatti piuttosto avaro e autoritario, e gli impediva di intraprendere altre esperienze professionali; il successo, inoltre, aveva suscitato rivalità sempre più velenose con altri commediografi, specie con Chiari e con Carlo Gozzi; gli attori continuavano a rivendicare maggiore autonomia e lo stesso pubblico, sempre assetato di novità, cominciava a dare qualche segno di stanchezza per la commedia "riformata". Non mancarono anche in quel decennio — tra molte buone commedie e lavori più frettolosi — alcuni capolavori assoluti dell’arte goldoniana: Il campiello , Gl’innamorati, I rusteghi , Trilogia della villeggiatura (il cui pezzo meglio riuscito è Le smanie per la villeggiatura), Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte e Una delle ultime sere di carnovale.
Esauriti gli impegni contrattuali che lo vincolavano al Vendramin, nell’aprile del 1762 Goldoni lasciò Venezia (che non avrebbe mai più rivisto) allettato da una nuova avventura: andare a dirigere il teatro della "Comédie italienne" di Parigi.
Qui però le difficoltà si rivelarono maggiori del previsto a causa di una più dura resistenza dei "comici dell’arte" a rinunciare ai loro privilegi per inchinarsi alla volontà dell’autore, e della diffidenza del pubblico francese. Parigi infatti aveva già una lunga tradizione di teatro comico riformato, avviata da Molière; quando il pubblico si recava alla "Comédie italienne", voleva assistere a un teatro diverso, meno nobile di quello messo in scena alla "Comédie française" e meno accademico. I primi due anni di permanenza parigina furono decisamente deludenti. Spesso, in lettere confidenziali ad amici, Goldoni manifestò il desiderio di tornare in Italia alla scadenza del contratto biennale con la "Comédie italienne". Ma sul principio del 1765 Luigi XV gli offrì l’incarico di maestro d’italiano delle principesse reali Clotilde ed Elisabetta, sorelle del futuro Luigi XVI. Da allora, per più di vent’anni, Goldoni divise la sua vita tra la reggia di Versailles e i palcoscenici cittadini, dove fu assai attivo come organizzatore di spettacoli; ma la sua vena di commediografo s’era ormai inaridita. Con un ultimo sussulto del suo estro creativo si prese una grande rivincita componendo in francese il suo ultimo capolavoro, Il burbero benefico (Le bourru bienfaisant), che nel 1771 andò in scena alla "Comédie française" e alla corte reale estiva di Fontainebleau, dove ottenne uno strepitoso successo.
Dal 1784 si diede alla stesura in francese della propria autobiografia, i Mémoires (Memorie), che uscirono nel 1787. Intanto, da parte di vari editori, si procedeva alla pubblicazione di tutte le sue opere: il veneziano Zatta ne intraprese la più completa, in 44 volumi. Si arricchirono gli editori, ma ben pochi proventi derivarono all’autore, che visse negli ultimi anni con una dignitosa pensione di Corte; scoppiata la Rivoluzione, anche quel vitalizio gli fu però negato. Ormai vecchio e malato, trascorse l’ultimo anno della sua vita in una condizione di penosa miseria; morì il 6 (o il 7) febbraio del 1793; solo qualche giorno prima era stato deciso il ripristino della sua pensione.
Lamuena
00domenica 5 febbraio 2006 13:59
Già che ci sono...
...vorrei fermare l'attenzione sui contributi che Carlo Goldoni fornì all'opera in qualità di librettista, come accennavo.

Questi contributi furono copiosi e importanti: dai più modesti, ovvero i libretti di 14 intermezzi e 6 opere serie scritti prima del 1745 che fanno parte del suo apprendistato, ai 56 libretti di opere comiche e "farsette", la maggior parte delle quali scritta tra il 1748 e il 1763 (nel quale svituppò la grande stagione creativa del teatro comico goldoniano). La sua produzione librettistica fu molto gradita agli operisti contemporanei, tanto che alcuni testi servirono a più musicisti.
Baldassarre Galuppi mise in musica 20 dei suoi libretti, tra cui L'Arcadia in Brenta, Il mondo alla rovescia, Il mondo della luna (messo in musica anche da Piccinni, Paisiello, Haydn), Il filosofo di campagna, Le pescatrici, Le donne di governo. Il suo libretto più noto è quello di Cecchina, la buona figliola, scritto per Piccinni.
I libretti d'opera di Goldoni sono sulla stessa linea delle sue commedie, per quanto riguarda l'invenzione delle vicende, la dignità del tono, la coerenza della forma (nonostante a volte si rivela la fretta della stesura, visto che Goldoni si vantava di non impiegare mai più di quattro giorni per scrivere un dramma per musica). Lo spirito della riforma teatrale goldoniana è entrato anche nei suoi libretti: i personaggi sono naturalmente caratterizzati, l'azione si sviluppa con coerenza, il passaggio dalle parti recitative alle arie e ai pezzi d'insieme e tra l'elemento serio e quello comico e viceversa sono operati in modo logico e senza scompensi.

Conoscevo in linea di massima Goldoni, e quando ho cominciato a studiare le sue commedie ho avuto modo di approfondirlo un po' di più. Il mio stupore più grande è stato scoprire queste cose studiando storia della musica...
Ci sarebbero molte curiosità a riguardo, ma per adesso mi fermo qui. La prossima volta che adry non sarà a casa e mi permetterà di usare il computer... continuerò con Carlo Goldoni...
Alla prossima!!!
Lamu [SM=x875424]
grognard
00domenica 5 febbraio 2006 15:11
ostregeta il sor Goldoni, me gustaria mirar........no forse mi sbaglio con lo spagnolo.....
ma è lo spagnolo che assomiglia al veneto? o il veneto che assomiglia allo spagnolo?....o tutt'e due derivano dal chioggiotto ( mia seconda lingua nonna da parte di padre)?
jules maigret
00domenica 5 febbraio 2006 16:35
Mi rimane ostico riportare la discussione a livelli culturalli accettabili dopo le incursioni di Grognard...cmq ci provo.
Goldoni essendo toscano mi rimane un po' ostico, anche se devo dar merito agli attori ogni volta che mi è capitato di vederlo (aibei tempi che la Rai dava il teatro) sono riuscito ad apprezzarne ( seppur ragazzo ) il ritmo e la costruzione.
Ora non vorrei spararare una cavolata ma probabilmente il fatto di usare una lingua la cui diffusione era abbastanza limitata, costringeva Goldoni a basare le sue commedie non sul gioco di parole come spesso accade nella commedia italiana (anzi nella commedia all'italiana cinematografica) il che la rende spesso inesportabile, ma sulla situazione, sul ritmo.
ripeto sono impressioni personali, se sparo una cavolata ditemelo pure... non sarebbe certo la prima volta [SM=x875408]
Lamuena
00domenica 5 febbraio 2006 17:12
Beh...
...sicuramente il ritmo è una parte importante nelle commedie goldoniane, ma non sono altrettanto d'accordo sui giochi di parole. Posso assicurare che i dialoghi sono comunque ben costruiti e spesso si basano su alcuni termini che, oltre ad avere un suono particolare che porta alla risata, portano spesso anche a giocare sugli stessi significati. Infatti tradurre le commedie goldoniane in un'altra lingua, anche solo in italiano, significa perdere moltissimo della loro capacità comica (io stessa le definirei intraducibili). Se non sbaglio infatti Goldoni stesso ha scritto delle commedie nell'italiano del '700 (toscano?) ma non hanno avuto il successo di quelle veneziane.

Rispondendo a grognard, non ho la minima idea se sia lo spagnolo che assomiglia al dialetto veneziano o il contrario, ma abbiamo termini che sono pari pari al rumeno, al francese, allo spagnolo, al portoghese... in fondo se non sbaglio Venezia era un importantissimo centro di scambi e di culture... il saluto italiano per eccellenza, CIAO, deriva da un'espressione chioggiotta che significa SCHIAVO TUO.
Giusto per completare, in Canada, a Toronto, ho avuto modo di parlare con un'amica della moglie croata del ragazzo italiano figlio dei cugini dell'amica da cui eravamo ospitati. Questa ragazza veniva dal sudamerica (non ricordo di che nazionalità era) e parlava lo spagnolo. Lei conversava in spagnolo, io in italiano e in dialetto veneto (in realtà il mio dialetto è veneto, non veneziano stretto), ma ci capivamo comunque benissimo...
Ultima precisazione: non provare a creare alcun rapporto di derivazione tra il dialetto veneziano e quello chioggiotto, altrimenti rischi la fustigazione pubblica da parte degli abitanti di queste due pittoresche località...
Ciao ciao!
Lamu [SM=x875424]
luganoaddio
00domenica 5 febbraio 2006 17:44

Scritto da: Lamuena 05/02/2006 17.12
...sicuramente il ritmo è una parte importante nelle commedie goldoniane, ma non sono altrettanto d'accordo sui giochi di parole. Posso assicurare che i dialoghi sono comunque ben costruiti e spesso si basano su alcuni termini che, oltre ad avere un suono particolare che porta alla risata, portano spesso anche a giocare sugli stessi significati. Infatti tradurre le commedie goldoniane in un'altra lingua, anche solo in italiano, significa perdere moltissimo della loro capacità comica (io stessa le definirei intraducibili). Se non sbaglio infatti Goldoni stesso ha scritto delle commedie nell'italiano del '700 (toscano?) ma non hanno avuto il successo di quelle veneziane.
...Lamu [SM=x875424]


[SM=x875413] [SM=x875420] una delle ricchezze del teatro italiano viene dal patrimonio linguistico culturale delle varie regioni.
Inoltre, Jules, non dimenticare che Venezia, in quel periodo, era da un punto di vista politico ed economico in una fase crepuscolare, ma da un punto di vista culturale e artistico era allo zenit.
Goldoni non è un autore dialettale, è un grande commediografo, ne conosce i tempi, i meccanismi, gli automatismi.
I personaggi sono sempre ben delineati e rispecchiano quello che lo spettatore vede nella vita. I padroni, i furbi, i fessi gli innamorati, e come ognuno desidera il povero ed il derelitto prendono la loro rivalsa con l'unica arma in loro possesso ,l'astuzia...la parola.
Parola che è suono ma soprattuto significato...significato che viene sottolineato dal gesto.
Non lo sapevo, ma non mi sorprende, che G. avesse scritto libretti d'opera, credo che sia un tipo di rappresentazione che particolarmente si adatti a G.
Lamuena
00giovedì 9 febbraio 2006 10:53
I pettegolezzi delle donne
Pensavo di proporvi un breve estratto dalla dedica dei Pettegolezzi, commedia che conosco molto bene.. la mia parte è quella di Donna Catte Lavandera... sono fra le "pettegole" che fanno girare per Venezia voci e maldicenze sulla povera Checchina...

A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR MARCANTONIO ZORZI PATRIZIO VENETO

[...]Se esamino spassionatamente quest'Opera mia, trovomi di essa internamente contento, e fra quelle da me prodotte, che tutte pur troppo sono difettosissime, parmi in questa non essermi allontanato poi tanto dai precetti della vera Commedia e dagli esemplari de' buoni Autori. La semplicità dello stile, siccome è propria delle persone da me introdotte, e adattatissima all'argomento che mi ho prefisso, parmi non avvilisca l'Opera, ma vaglia anzi a renderla più verisimile. Il personaggio protagonista è Checchina, ed è lavorato appunto sull'immagine degli antichi, cioè di una figliuola incognita, il di cui scoprimento forma l'azion principale, servendo gli episodi ora a sollecitarlo ed ora a confonderlo; e siccome ciò accade continuamente per ragione di ciarle donnesche, che in lingua nostra diconsi volgarmente Pettegolezzi, così ho creduto bene d'intitolarla, coll'esempio de' primi Autori. La Commedia è breve; però non manca della sua integrità. Si sovverrà l'E. V. averla io fatta in quell'anno per me memorabile, in cui mi è riuscito di farne sedici. Questa fu l'ultima, e doveva essere la più infelice, perché prodotta da mente stanca; ma per dir vero, fu dall'universale con estraordinario giubilo ricevuta, e so che V. E. ancora l'ha della sua approvazione degnata. Ecco dunque perché a lei la dedico precisamente. Dubiterei gradita non fosse da chi meno le leggi sapesse della Commedia, ma Ella che più d'ogn'altro le sa e le conosce, la riceverà dì buon animo sotto la protezione sua, e col di lei illustre Nome la renderà pregevole presso di quelli ancora che meno intendono.[...]

Umiliss. Devotiss. ed Obblig. Serv.

CARLO GOLDONI
Jetro mano di ferro
00giovedì 9 febbraio 2006 11:03
grazie lamu...iteressantissimo documento d'epoca. e che bell'Italiano.
Noi toscani a volte pecchiamo di presunzione ( anche se io non faccio parte della toscana bene) ritendoci i veri depositari della lingua, invece vedere che nel '700 c'era anche a Venezia (e non solo)chi scriveva con tanto garbo e maestria da una parte stupisce dall'altra conferma la grandezza di Goldoni
Lamuena
00giovedì 9 febbraio 2006 16:25
Inserisco questa brevissima critica sulla lingua usata da Goldoni nelle sue commedie, penso siano parole usate con un po' più di competenza rispetto alle mie...

La lingua di Goldoni

È estremamente difficile storicizzare interamente l'esperienza linguistica di Goldoni. Nessun serio tentativo in questo senso è stato ancora fatto, e occorreranno per questo molti e pazienti lavori preparatori, che illuminino da un lato il retroscena della lingua teatrale dell'improvviso, dall'altro il fondo documentario di quella lingua di conversazione. Molti elementi utili verranno da uno studio più attento delle forme linguistiche, oltre che extralinguistiche, dell'improvviso. Perchè per Goldoni la tradizione è essenzialmente l'improvviso nella sua più vasta accezione. E quando della sua cultura letteraria e linguistica si sia fatto ben bene l'inventano, che non è lungo, si dovrà sempre tornare a riconoscere che il vero retroterra di Goldoni è questo, che alle sue spalle si stende questa vasta riserva di linguaggio teatrale, la terra incognita dell'improvvisazione che attende ancora di essere riconosciuta linguisticamente.
La sua opera di ricostruzione si esercita su questa vasta materia, sua croce e sua delizia. Questa è la sua differenza fondamentale anche dal punto di vista della lingua dai cosiddetti riformatori o restauratori del teatro regolare che lo hanno preceduto: il suo ripudio della tradizione letteraria e insieme la sua assunzione di una materia teatrale informe ma viva. Senza Pantalone non si arriva a Cristofolo, a Todero, ai Rusteghi, senza la lingua dei "cortesani" e dei "paroncini" non si comprende quella di Anzoletto, senza l'esperienza delle Smeraldine e delle Rosaure donne di garbo non si capisce la nascita di Mirandolina. Così anche la scoperta goldoniana del dialetto, non più come convenzione caratteristica e giocosa, come esponente tipico delle maschere, ma come realtà di dialogo e terreno d'incontro fra i personaggi, mezzo unitario e sfumato nel quale i parlanti sono immersi come nella loro atmosfera, si compie attraverso una serie di prove che hanno il loro punto di riferimento non tanto in una fertile tradizione dialettale veneziana già affermata da secoli e volta al documentario o al caricaturale, quanto nell'esperienza plurilinguistica dell'improvviso e nella sua lenta e progressiva riduzione.

Gianfranco Folena

[SM=x875424]

[Modificato da Lamuena 09/02/2006 16.26]

Lamuena
00giovedì 9 febbraio 2006 16:48
E sempre riguardo alla lingua...
...ancora le parole dell'autore stesso!!
Così anche grognard troverà risposta ai suoi interrogativi più profondi riguardo al dialetto veneziano e a quello chiozzotto...
Stiamo parlando quindi delle Baruffe Chiozzotte!!!

L’autore a chi legge

Il termine Baruffa è lo stesso in linguaggio Chiozzotto, Veneziano e Toscano. Significa confusione, una mischia, azzuffamento di uomini o di donne, che gridano, si battono insieme. Queste baruffe sono comuni fra il popolo minuto, e abbondano a Chiozza più che altrove poiché di sessantamila abitanti di quel Paese ve ne sono almeno cinquantamila di estrazione povera e bassa, tutti per lo più pescatori o gente di marina.
Chiozza è una bella e ricca città venticinque miglia distante da Venezia, piantata anch’essa nelle Lagune, isolata ma resa Penisola per via di un lunghissimo ponte di legno, che comunica colla Terraferma. Ha un Governatore con il titolo di Podestà, ch'é sempre di una delle prime Case Patrizie della Repubblica di Venezia, a cui appartiene. Ha un Vescovo colà trasportato dall'antica sede di Malamocco. Ha un porto vivissimo e comodo e ben fortificato. Evvi il ceto nobile, il civile ed il mercantile. Vi sono delle persone di merito e di distinzione. Il Cavaliere della città ha il titolo di Cancellier Grande, ed ha il privilegio di portare la veste colle maniche lunghe e larghe, come i Procuratori di San Marco. Ella in somma è una città rispettabile; e non intendo parlare in questa Commedia che della gente volgare, che forma, come diceva, i cinque sesti della popolazione.
Il fondo del linguaggio di quella Città è il Veneziano; ma la gente bassa principalmente ha de' termini particolari, ed una maniera di pronunziare assai differente.
Ma io non intendo qui voler dare, grammatica Chiozzotta: accenno qualche cosa della differenza che passa tra questa pronunzia e la Veneziana, perché ciò ha formato nella rappresentazione una parte di quel giocoso, che ha fatto piacer moltissimo la Commedia. Il personaggio di Padron Fortunato è stato de' più gustati. E' un uomo grossolano, parla presto, e non dice la metà delle parole, di maniera che gli stessi suoi compatrioti lo capiscono con difficoltà. Come mai sarà egli compreso dai Leggitori? E come potrà mettersi in chiaro colle note in piè di pagina quel che dice di quel che intende dire? La cosa è un poco difficile. I Veneziani capiranno un poco più; gli esteri, o indovineranno, o avranno pazienza. Io non ho voluto cambiar niente né in questo, né in altri Personaggi; poiché credo e sostengo, che sia un merito della Commedia l'esatta imitazione della natura.

Carlo Goldoni
[SM=x875424]
Bruno Cortona
00giovedì 9 febbraio 2006 17:28
Re: E sempre riguardo alla lingua...

Scritto da: Lamuena 09/02/2006 16.48
.... poiché credo e sostengo, che sia un merito della Commedia l'esatta imitazione della natura.

Carlo Goldoni
[SM=x875424]


questo è il vero segreto di ogni successo...l'imitazione della natura...ovvero la naturalezza.
per questo dopo 300 anni apprezziamo Goldoni, dopo 500 shekespeare, dopo 3000 i greci.

hanno tutti rappresentato l'imitazione della natura umana.
bel topic complimenti
adry1486
00venerdì 17 febbraio 2006 11:50
Non so se lo sapete, ma per me, Lamuena, albi65 (che una volta ha postato qui sul c'era una volta) e per Fiore si sta avvicinando una prima teatrale (molto amatoriale) di Carlo Goldoni: Le Baruffe Chiozzotte!! [SM=g27988] [SM=x875413] [SM=x875413] [SM=x875413]
Sabato prossimo andremo in scena in un paesello del veneziano, e a dirla tutta servirà tanta fortuna perché siamo messi malino con le prove! [SM=x875417]
Questa è una di quelle commedie in cui non respiri, botta e risposta, botta e risposta, frasi brevi, concise, e naturalmente noi donne ce le daremo di santa ragione! [SM=x875414]
Poi alla fine tornerà la pace! [SM=x875418] [SM=x875416]
grognard
00venerdì 17 febbraio 2006 14:10
In bocca al lupo [SM=x875399]
ugo.p
00giovedì 6 ottobre 2011 05:16
Re:
adry1486, 2006/02/17 11:50:

Non so se lo sapete, ma per me, Lamuena, albi65 (che una volta ha postato qui sul c'era una volta) e per Fiore si sta avvicinando una prima teatrale (molto amatoriale) di Carlo Goldoni: Le Baruffe Chiozzotte!! [SM=g27988] [SM=x875413] [SM=x875413] [SM=x875413]
Sabato prossimo andremo in scena in un paesello del veneziano, e a dirla tutta servirà tanta fortuna perché siamo messi malino con le prove! [SM=x875417]
Questa è una di quelle commedie in cui non respiri, botta e risposta, botta e risposta, frasi brevi, concise, e naturalmente noi donne ce le daremo di santa ragione! [SM=x875414]
Poi alla fine tornerà la pace! [SM=x875418] [SM=x875416]


chissa' com'e' andata?
purtroppo ne' fiore ne' alby, ne' lamuena, ne' la cara adry capitano piu' da queste parti. a tutti loro un caro saluto ed un abbraccione
[SM=x875449]


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