Oggi l'assassino di Carlo Giuliani e' stato intervistato.
Questa e' parte dell'intervista commentata da uno che non so chi cazzo sia ma che ha pienamente ragione.
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Placanica dichiara:
"Volevo allontanare la gente, non volevo ferire nessuno, non volevo sparare, non avrei voluto ... non è il mio ideale essere una persona che ha bisogno della pistola."
Va notato che, nelle dichiarazioni rilasciate immediatamente dopo l'omicidio, Placanica si preoccupo' molto della sua permanenza nell'Arma dei Carabinieri, dalla quale, per altro, non risulta essersi o essere stato allontanato.
Come tale preoccupazione possa essere compatibile con la sua affermazione che non sia il suo dichiarato ideale l'aver bisogno di pistole, appare almeno un po' dubbio, cosi' come appare inappropriata, diciamo, la preoccupazione da egli espressa sulla propria permanenza in servizio quale sua reazione espressa nell'immediatezza dell'omicidio a lui attribuito.
Prosegue Placanica:
"Prima della pistola si può usare la parola ... e a quel punto io intimai, gridai di allontanarsi altrimenti avrei sparato ... alla mia sinistra c'era gente... dietro c'era gente ... e allora presi la pistola e sparai dei colpi".
La storia di Placanica fa acqua da tutte le parti.
Non solo per le sue incongruenze con le testimonianze rilasciate dai presenti e con video e foto disponibili, ma anche perche' Placanica contraddice se' stesso, non solo nelle sue dichiarazioni successive nel tempo, ma persino nel contesto di quella che appare una singola dichiarazione.
Infatti, come vedremo anche piu' avanti, Placanica sostiene, sempre sulla sua decisione di sparare, che:
"Poi qualcuno da fuori, racconta il carabiniere, mentre i manifestanti stanno assaltando il Defender, cerca di di prendergli la pistola dalla fondina. E lui la estrae."
Ora, delle due l'una: o Placanica ha estratto la pistola e fatto fuoco in un contesto logico e consequenziale, dopo avere invano intimato agli assalitori di allontanarsi ed aver minacciato si usare la pistola, come sostiene nel primo brano, oppure la sua decisione di estrarre la pistola e di fare fuoco e' stata casuale e largamente istintiva, conseguenza del tentativo di sottrazione della pistola da parte degli assalitori del Defender.
Oltretutto si tratta di un tentativo di sottrazione che appare largamente incredibile e addirittura fantasioso in base non solo al puro buonsenso, ma anche attraverso la documentazione video e fotografica disponibile.
In ogni caso, le due, si badi bene, due, versioni di Placanica sulla decisione di estrarre la pistola e di fare fuoco rilasciate in questo medesimo contesto, cozzano con le dichiarazioni rilasciate ai giudici di Genova che lo interrogarono subito dopo l'omicidio, e con il fatto largamente documentato ed acclarato che la pistola puntata dall'interno del Defender appare impugnata con perizia e fermezza per lungo tempo, mirando sempre ad altezza d'uomo, per lunghe decine di secondi prima e dopo l'uccisione di Carlo Giuliani, anche mentre e dopo che il mezzo dei Carabinieri, improvvisamente ripartito, strazia sotto le proprie ruote per ben due volte il corpo della povera vittima.
E' sempre Placanica che parla:
"Ho cercato di sparare in aria, per questo dico che non mi sono accorto che c'era Carlo Giuliani dietro la macchina"
Questa dichiarazione e' a dir poco risibile.
Ed e' tanto manifestamente falsa che quasi non meriterebbe commento. Ma va sottolineata, perche' ancora una volta, Placanica contraddice Placanica, il quale, piu' avanti, sostiene:
"Non ho visto Carlo Giuliani, ho visto una persona che veniva contro di noi con un oggetto metallico molto grosso, non riuscivo a distinguere se era un estintore perché i miei occhi ancora lacrimavano per i lacrimogeni e poi c'era il sangue sulla mia faccia"
Ancora una volta, Placanica dovrebbe spiegare come sarebbe mai possibile credere alle sue dichiarazioni impossibili.
Di nuovo, abbiamo due versioni in conflitto tra loro.
O, come dice nel primo brano, egli ha cercato, con manifesta imperizia e mancanza di qualsiasi competenza in materia di armi, di sparare "in aria" dall'interno del mezzo, contro il tetto dello stesso. Ossia, mettendo a grave rischio di rimbalzo incontrollato del proiettile se' stesso e chiunque gli si trovasse attorno, fuori e dentro il Defender, e NON si e' accorto che vi era qualcuno dietro il mezzo (Carlo Giuliani, ma va osservato che vi erano diverse persone, dietro il mezzo, e non solo Giuliani, il quale, anzi, non era nemmeno tra i piu' vicini al mezzo al momento degli spari), oppure se ne e' accorto, come dichiara piu' avanti, ed ha visto qualcuno che veniva contro di lui con un "oggetto metallico".
E c'e' anche da chiedersi come faccia Placanica a sostenere si trattasse proprio di un oggetto "metallico" visto che, al contempo, sostiene che "non riuscivo a distinguere se era un estintore perché i miei occhi ancora lacrimavano per i lacrimogeni e poi c'era il sangue sulla mia faccia".
L'estintore e' totalmente dipinto di rosso/arancione, non ha certo un'apparenza decisamente "metallica" (a meno che
non lo si identifichi proprio come un estintore, cosa che pero' Placanica esclude esplicitamente) e, visto il largo uso di attrezzi marinareschi (in primo luogo giubotti salvagente) da parte dei manifestanti, avrebbe potuto benissimo essere anche, perche' no, un parabordi per barche, ad alcuni dei quali un estintore puo' benissimo assomigliare per forma, dimensione e colore.
Specialmente se poi si invoca, come fa Placanica, una vista temporaneamente annebbiata.
Ma non abbastanza annebbiata, evidentemente, da consentirgli di individuare con precisione un "oggetto metallico molto grosso" e da essere in grado di colpire "casualmente" Carlo Giuliani in pieno volto, una circostanza che e' molto difficile credere sia possibile all'infuori di un contesto nel quale si applichi un tiro mirato, vista l'ampiezza del campo di tiro costituita dal largo finestrino posteriore del Defender.
Prosegue Placanica:
"Avevamo timore - racconta - stavano arrivando e a un tratto sono arrivati, hanno circondato la macchina da ogni lato. L'unica cosa che riuscivo a sentire erano le grida del collega, le mie stesse grida, e un rumore metallico di lamiera. I vetri cominciavano a cadere, a distruggersi e cominciava a entrare in macchina qualsiasi oggetto. Il timore era immenso, la paura quel giorno non riuscivamo a controllarla".
La stessa paura, probabilmente, provata dai manifestanti bloccati in Piazza Alimonda e circondati da ogni lato in quel tragico pomeriggio.
I manifestanti che assalgono il Defender lo fanno dopo essere giunti nella piccola piazza sfuggendo alle furiose cariche operate dalle Forze dell'Ordine nell'attigua via Tolemaide e dopo esservi stati accolti da una immediata ed inopinata carica operata da un nutrito drappello di Carabinieri in completa tenuta anti-sommossa con al seguito due Defender, tra i quali quello a bordo del quale si trovava Placanica.
La carica viene respinta, evidentemente con la forza della disperazione di chi si vede chiuso nella trappola di piazza Alimonda, e i Carabinieri si danno ad una fuga disordinata, nel corso della quale il Defender protagonista della tragedia si ferma contro un cassonetto dei rifiuti. Cio' avviene quasi al centro della strada asfaltata e ben lontano da qualsiasi muro, come appare invece dall'ingannevole schiacciamento prospettico determinato da alcune fotografie della scena eseguite con il teleobbiettivo. Ed avviene nell'inerzia completa di numerosi Carabinieri distanti pochi metri e che nulla fanno per intervenire in aiuto del mezzo bloccato e dei suoi occupanti, come ampiamente dimostrato, ancora una volta, da riprese e da testimonianze univoche e numerose.
E' bene anche notare che, anzi, e' anche plausibile che il Defender abbia trascinato via dalla sua posizione normale il cassonetto, che e' ancor oggi posto a fianco della strada a pochi metri dal luogo dell'omicidio in una collocazione perfettamente compatibile con l'ipotesi di trascinamento appena formulata.
"Il timore era immenso, la paura quel giorno non riuscivamo a controllarla", dice Placanica, che pure era armato ed all'interno di un mezzo almeno parzialmente protetto. Una paura --ed un panico che se ne desume-- comunque non sono compatibili con un efficace svolgimento di un servizio di Ordine pubblico e che risolleva la domanda su quali siano, in alto, le responsabilita' del mancato controllo e mantenimento dell'Ordine e della Sicurezza Pubblica a Genova nei tragici giorni del G8.
Di seguito, Placanica riferisce quanto abbiamo gia' osservato piu' sopra, aggiungendo altri particolari e dichiarazioni che aumentano, anziche' diminuire, le contraddizioni del suo racconto:
"Poi qualcuno da fuori, racconta il carabiniere, mentre i manifestanti stanno assaltando il Defender, cerca di prendergli la pistola dalla fondina. E lui la estrae. Poco prima era rimasto ferito: "Mi è arrivato qualcosa di pesante in testa e ho iniziato a vedere solo sangue...
la ferita non riuscivo a vederla ... e ho avuto anche timore perché, non vedendo la ferita, non sapevo neppure cosa avevo ... vedevo solo sangue...le mani erano macchiate di sangue". Poi i colpi, sparati, secondo Placanica, solo con l'intenzione di disperdere i manifestanti.
Senza avere visto nitidamente né il ragazzo né l'estintore che portava con sé: " Non ho visto Carlo Giuliani, ho visto una persona che veniva contro di noi con un oggetto metallico molto grosso, non riuscivo a distinguere se era
un estintore perché i miei occhi ancora lacrimavano per i lacrimogeni e poi c'era il sangue sulla mia faccia". Senza avere capito nemmeno sul momento di avere colpito qualcuno, né poi di essere passati con la jeep sopra al corpo del ragazzo."
Placanica, colpito alla testa (sette giorni di prognosi refertati successivamente al pronto soccorso, e' bene ricordarlo, visto che si tratta di una prognosi tutt'altro che grave) vede "solo sangue", ha gli occhi che gli "lacrimano per i lacrimogeni" ma, cio' nonostante, identifica perfettamente come un "oggetto metallico molto grosso" (ma non come un estintore!) l'estintore impugnato da Carlo Giuliani e, guarda il caso, centra perfettamente con la propria arma, sotto l'occhio sinistro, proprio il volto dello sfortunato ragazzo genovese che quell'estintore impugnava.
Ancora:
"Ora Placanica prova soltanto: "rimorso, rimorso" e vuole incontrare il padre del ragazzo. "Non so ancora cosa gli dirò, ci sto pensando, ancora non so dirlo". Carlo? "Non ci penso spesso. Certo è una cosa che non dimenticherò mai, mai e poi mai, la porterò sempre con me per tutta la vita. Non mi dà fastidio che sia diventato un simbolo per i No global. La cosa che mi interessa è che io non ho colpa."
A Placanica, comprensibilmente, interessa solo di non avere colpe.
Ed a Placanica, l'uomo dalle mille contraddizioni, occorre davvero chiedere come intende spiegare quest'ultima sua: come e' possibile, infatti, allo stesso tempo e, nella stessa dichiarazione, esprimere di provare rimorso mentre si afferma con forza di non avere nessuna colpa?
Non e' forse il rimorso derivante direttamente da un senso di colpa e non e' forse impossibile provare "rimorso" se si sente di non avere "nessuna colpa"?
"E' questo che voglio far capire alla gente che ancora non ci pensa. Perché parecchie persone hanno avuto solidarietà nei miei confronti, la maggior parte di tutto il popolo italiano. Però voglio far capire a quelle poche persone che restano che io non ho colpa, come non ha nessuna colpa Carlo Giuliani perché in quel caso non ci dovevamo trovare lì.
Nessuno dei due. C'è stato qualcosa che in quel giorno ha incrociato le nostre strade, però quel qualcosa non ci doveva essere''.
Placanica, l'uomo che prova "rimorsi senza sensi di colpa" e che vuol parlare al padre di Carlo Giuliani, ma non sa ancora per dirgli cosa, dopo avere espresso, informato chissa', forse, da DataMedia, che ormai "solo poche persone" credono "ancora" che egli possa avere una qualche colpa, dice, finalmente, qualcosa che e' difficile contestare.
Ossia dice che ne' lui, ne' Carlo Giuliani, avrebbero dovuto trovarsi in piazza Alimonda in quel tragico pomeriggio del 20 luglio 2001.
E' vero.
Placanica avrebbe dovuto probabilmente trovarsi, se qualcuno gli avesse fornito qualche mezzo per sapersi muovere da cittadino dotato di senso di responsabilita' e del dovere e da consapevole tutore dell'ordine di un paese democratico, a cercare di fare in modo che la situazione non degenerasse oltre, a fermare i propri colleghi scatenati in pestaggi bestiali, feroci, vigliacchi ed insensati, a fermare i propri colleghi impegnati ad avvelenare il centro di Genova con il lancio di gas "CS" vietati in guerra, ma stranamente "consentiti" contro i manifestanti, e dei quali e' rimasto egli stesso vittima, assieme a migliaia e migliaia di persone, anche assolutamente estranee a qualsiasi violenza ed alle manifestazioni.
Due ufficiali dei Carabinieri sono stati (finalmente) posti sotto indagine a Genova per non avere impedito le violenze occorse presso la caserma-lager di Bolzaneto.
Carlo Giuliani avrebbe potuto, probabilmente, trovarsi al mare, se qualcuno, non certo suo padre, fosse riuscito nell'infausta impresa di insegnargli a reprimere ed a conculcare la sua sensibilita' ed il suo senso, se vogliamo, anche un po' ingenuo e rozzo, ma non per questo meno sincero, di giustizia.
Quel senso di giustizia cosi' spiccato e cosi' insopprimibile, che lo obbligo' a reagire, alla violenza ed allo stupro che proprio coloro che dovevano tutelarla, stavano infliggendo e stavano lasciando fosse inflitta, in quei giorni, a Genova, alla sua citta', alla sua giovane vita, a quella di tutti.
Di certo c'e' solo che Placanica non e' ne' puo' essere l'unico responsabile della morte di Carlo Giuliani e della morte del diritto di manifestare le proprie idee senza paura in questo paese.
E Placanica farebbe probabilmente meglio a tacere e a pensare molto bene a cosa egli possa mai avere il diritto ed il senso di dire al padre di una persona del cui omicidio egli si accusa in modo cosi' contraddittorio e dal quale cerca di auto-assolversi in modo cosi' goffo e disperato.
Anche perche' Placanica dovrebbe invece farci sapere (ma forse non puo' e anche perche', forse, anche legittimamente, teme di diventare la seconda vittima di piazza Alimonda) cosa e' mai accaduto nei lunghi 90 minuti che hanno separato lo sparo dal suo arrivo al pronto soccorso su un percorso che si fa in appena 15 minuti.
E magari provare a ricordare chi c'era davvero con lui su quel Defender e come mai ha fornito tante versioni diverse di fatti accaduti in pochi secondi.
E anche a dare risposte credibili ad altre mille domande senza una risposta, o con risposte contraddittorie almeno quanto quelle di Placanica che fanno di questa vicenda, che egli crede sia chiara a tutti o quasi, un altro mistero italiano.
Non e' ancora certo che quel pomeriggio Placanica abbia davvero sparato o sia stato l'unico a sparare ed a causare la morte di Carlo Giuliani.
Quello che e' certo e' che Carlo Giuliani e' morto e che i suoi assassini sono in liberta'.
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Nel corso del 2001 a Milano sono nate trentamila nuove aziende, ma solo undicimila nuovi esseri umani.
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