Carlo Carretto - Riflessioni

Pagine: [1], 2
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:35
Pensieri giornalieri 03

1 Marzo: Il Verbo si è fatto carne

Ci vuole tempo prima che l'uomo possa capire il suo stato, alzare la testa, sorridere dinanzi al diluvio di mali che l'ha investito.

Mi diceva una cieca d'aver impiegato dodici anni per capire qualcosa della sua cecità.

Poi capì e sorrise.

C'è un mistero nelle cose.

C'è un mistero nella vita.

C'è un mistero nel dolore.

È come la notte, ma per vederci occorre attendere l'alba.

E attendere significa sperare, e la speranza è la pazienza dell'uomo.

Ma è proprio in questa pazienza che l'uomo impara a posse­dersi, a conoscersi.

Difatti la Scrittura dice: «Nella pazienza possederete le anime vostre» (Lc2l, 19).

Quando l'uomo ha imparato la pazienza e si è abituato ad attendere il silenzio di Dio, diviene Parola.

La Parola, tutta la Parola, è Gesù, la persona di Gesù, il Verbo di Dio.

«E il Verbo si è fatto carne ed ha messo la sua tenda tra di noi» (Cv 1, 14).

E tra noi ha vissuto da povero.

Il povero di JHWH.

Volle assumere su di sé la povertà dell'uomo per aiutarlo a compiere il terribile esodo espresso dalla povertà, dalla sofferen­za, dalla morte.

Tutta la vita di Gesù va vista in questa luce, tesa in questa prospettiva, indirizzata a questo fine.

sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:36

2 marzo: Povertà

Una concezione limitata, materialistica della povertà ha fatto pensare per molto tempo alla povertà come ad uno stato fisico, una mancanza di pane, di vestiti, di casa.

Il povero è pitocco.

Ma le cose non stanno così.

Certo, chi non ha casa, chi non ha pane, è anche lui un povero, ma non è il solo.

Ci sono ben più grandi povertà nell'uomo, indigenze ben più paurose, sofferenze ben più acute!

Perché vedere la povertà solo come un fenomeno materia­le? Non è una limitazione?

Può darsi che un uomo non mi chieda di aumentargli lo sti­pendio ma mi chieda un po' di silenzio, un po' d'aria buona, un po' di verde.

Si, la povertà non è solo mancanza di denaro.

Può essere mancanza di salute, di aria respirabile, di sere­nità.

Può essere mancanza di pace, di amore, di luce. Direi che la povertà dell'uomo è universale, meglio, direi che l'uomo è la personificazione della povertà. Non è che gli manca un po' di pane; gli manca tutto. Quando odia gli manca l'amore, quando muore gli manca la vita.

Sì, la povertà dell'uomo è la morte stessa, e non è piccola cosa e non si può rinviare quando batte alla porta.

Ma è proprio su questo sentiero della povertà dell'uomo che Dio ci è venuto incontro.

La povertà libera di Dio si è seduta accanto a quella forzata dell'uomo.

Che cosa si può dire ad uno che soffre?

Il silenzio di Dio è il modo rispettoso con cui Lui si avvicina all'uomo povero.

Le altre parole non sono mature.

sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:37
3 marzo: Un alfabeto diverso

La maggior parte di coloro che si mettono in cammino alla ricerca di Dio si fermano a metà strada a motivo del silenzio di Lui. Tentano di gridare e Lui non risponde.

Cosa non siamo capaci di fare per tentare di rompere que­sto silenzio! I nostri occhi si puntano sull'invisibile nella speran­za di vedere finalmente qualcosa.

I miei occhi si tendono fino allo spasimo per captare qual­cosa che mi parli, che mi testimoni la sua presenza, che sia l'ini­zio di un dialogo.

E invece non vedo nulla.

Il mio orecchio non sente nulla.

È allora che mi ritraggo deluso e che metto in dubbio la mia fede.

Non sono giunto ancora a capire che è bene così e che que­sto non vedere con gli occhi e non sentire con le orecchie è il segno che sono ancora padrone dei miei nervi e lontano dal visci­do terreno della superstizione o dell'illusione.

Ora che sono esperto di questo terreno e, più ancora, di questo silenzio di Dio, quando qualcuno viene a dirmi di aver .visto una luce, ... sentito una voce, ... avvertito un fluido, non esito a dirgli con parole adatte: «Fratello, sorella, fatti visitare da un neurologo perché può darsi che tu stia toccando i limiti della patologia».

No fratello, no sorella, come il visibile non è l'invisibile, come la natura non è la grazia, così il nostro alfabeto non è l'alfa­beto di Dio, la nostra lingua la sua lingua, le nostre orecchie le sue orecchie. Quando Dio parla non vibrano le corde vocali e il luogo dove tu avverti le voci non è certo il tuo orecchio.

Se Lui vuol dirmi qualcosa - e me lo dice continuamente, perché Dio è Parola - me lo dice nel punto più recondito e misterioso della mia realtà, quello che qualche volta chiamiamo cuore, qualche altra volta coscienza.

sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:37
4 marzo: Dio parla

Dio parla all'uomo con la Realtà e il suo parlare è silenzio assoluto fuori della realtà. Dio, che è Parola, ha la stessa Realtà anche nel linguaggio ed è fl che dobbiamo ascoltarlo.

Ed è un discorso continuo, un canto inesausto d'amore, un armonia senza limiti, un dialogo che non vien meno.

Sì, Dio parla con le cose che sono, con la logica che le regge, con le finalità verso cui noi camminiamo.

Non mi dice con la sua bocca che Lui è bellezza, me la fa vedere con un bel tramonto, o con lo scintillio dell'oceano.

Non mi dice che è eterno, mi dà la sorpresa ogni giorno di rivedere l'aurora.

Non mi dice che è vita, fecondità, mi dà un campo di grano maturo.

Non mi dice che debbo morire, mi fa morire.

Non mi dice che risorgerò, mi fa vedere che Cristo è risorto.

Non mi dice che pensa a me e che mi ama, mi mette in cuore la carità che è il suo modo di amare.

Non mi dice cosa debbo fare, me lo tira fuori dalla mia coscienza dove Lui risiede perennemente.

E la Bibbia - direte voi - la parola di Dio scritta cos'è?

Ecco: è proprio ciò che stavo dicendo.

E la Realtà di Dio che parla alla mia Realtà. È veramente il «Tu in me, io in te» affinché siamo perfetti nell'unità (cf. Gv 17,21).
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:38
5 marzo: Avvolti

Ora Dio ci avvolge così, e l'oscurità del suo agire si chiama fede, la spinta a realizzarci si chiama speranza e l'amore che la regge si chiama carità.

Per noi il difficile è non dimenticare che c'è Lui.

Ed è difficile, perché tutto avviene nel silenzio ed il silenzio ci fa paura.

Vorremmo che Lui ci dicesse: «sono qui», oppure rivelasse la sua presenza con tuoni e lampi.

Se qualche volta l'ha fatto, come racconta l'Esodo, l'ha fatto perché l'umanità era bambina e bisognava prenderla così.

Ma preferisce il silenzio.

Ora fa silenzio, perché più consono alla maturità dell'uomo.

Il silenzio di Dio è segno della tua maturità nella fede. Se ti fa paura è perché sei ancora un po' bambino.

I bambini hanno paura del silenzio e dell'oscurità, ma deb­bono abituarsi all'uno e all'altra.

Le cose di Dio non hanno bisogno di parole.

«I cieli narrano la gloria di Dio e l'opera delle sue mani annuncia il firmamento.

Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette la notizia. Non è linguaggio e non son parole, di cui non si oda il suono.

Per tutta la terra si diffonde la loro voce

e ai confini del mondo la loro parola» (Sai 19, 1-5). Sono le cose che parlano, sono i cieli che parlano. Ma Dio viene nel silenzio.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:38
6 marzo: Nascosto

Il tuo silenzio, Dio, è così grande e la tua attesa così radicale che i meno avvertiti corrono il rischio di scambiarlo con la morte: la morte di Dio.

Ma non è così, ed io lo so.

Tu proponi, tu fai silenzio, tu attendi per non violentarci.

Tu vuoi che siamo noi a venirti incontro, tu ci vuoi liberi.

Perché è proprio alla libertà che vuoi educarci.

L'unico pericolo, ai nostri occhi, che Dio corre è di essere prepotente. E tu questo rischio lo vuoi correre.

Anzi!

Tu crei e nascondi così bene il tuo potere creativo che dai alle cose create l'impressione che si sono fatte da sole.

Tu chiami il tuo popolo a salvezza, tu gli fai attraversare il deserto, lo nutri con la manna, lo disseti con l'acqua della roccia, abbatti il muro di Gerico, gli fai conquistare la terra promessa e quando tutto è fatto, proprio il tuo popolo ha la persuasione che non c'era bisogno dite e ciò che è stato fatto, è stato fatto con la propria abilità e potenza, non con la tua.

E ne è così convinto che ti abbandona alla prima occasione e va a~cercare un qualunque altro idolo da adorare.

E che tu sei estremamente astuto e nessuno è capace più di te di nascondersi.

U tuo servo Isala amava dire dite: «Il Dio nascosto» (Is 45,15).

Tu ti nascondi nella creazione.

Ti nascondi nella storia.

Ti nascondi nell'Incarnazione.

Ti nascondi nell'Eucaristia.

Ti nascondi dentro di noi.

E vuoi che ti scopriamo... così... da soli.

Se lo crediamo opportuno.

Se ne sentiamo il bisogno.

In genere è il bisogno che ci spinge a cercarti.

Il bisogno di assoluto, di eterno, di luce, di libertà, di amore.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:39
7 marzo: Io sarò con te

Penso al mistero eucaristico che è così legato al silenzio di Dio e al nascondimento della vita di Gesù.

«Io sono il Signore e non c'è nessun altro, non v'è dio fuori di me» (1s45,5).

L'argilla direbbe forse al suo vasaio: che cosa fai? Guai a chi dice al padre: che generi tu? E alla donna: che cosa metti alla luce? (c£ Is 45, 9).

«Veramente sei un Dio nascosto tu, o Dio d'Israele, Sal­vatore!» (IS 45, 15). Quel Dio che ha creato i cieli e plasmato la terra, che l'ha fatta e le ha dato forma e non l'ha lasciata nel caos...

«Io sono il Signore... e non ho parlato in occulto, in qual­che luogo oscuro della terra; non ho detto alla stirpe di Giacobbe: mi cercherete invano. Io sono il Signore, che insegno la giustizia e predico la rettitudine!» (Is 45,19).

«Verremo a lui e faremo dimora presso di lui» (Gv 14, 23).

«Mi manifesterò a lui» (Gv 14, 21). «Non temere, piccolo gregge» (Lc 12, 32). «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15, 5). «Vi manderà lo Spirito consolatore» (Gv 14,16).

«Padre, voglio che... dove sarò io ci siano anche loro» (Gv 17,24).

«Padre santificali nella verità» (Gv 17, 17).

Che dicono questi formidabili testi se non questo: Io, il Dio d'Israele, sarò con te, non ti dimenticherò, ti santificherò.

E ora quindi di smetterla con l'inutile preoccupazione di essere noi a fare la nostra santificazione! O Lui o nessuno riusci­rebbe, questo è certo. Ne consegue una cosa molto semplice: l'atto di abbandono totale, incondizionato è il minimo che tu puoi fare.

sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:39
7 marzo: Io sarò con te

Penso al mistero eucaristico che è così legato al silenzio di Dio e al nascondimento della vita di Gesù.

«Io sono il Signore e non c'è nessun altro, non v'è dio fuori di me» (1s45,5).

L'argilla direbbe forse al suo vasaio: che cosa fai? Guai a chi dice al padre: che generi tu? E alla donna: che cosa metti alla luce? (c£ Is 45, 9).

«Veramente sei un Dio nascosto tu, o Dio d'Israele, Sal­vatore!» (IS 45, 15). Quel Dio che ha creato i cieli e plasmato la terra, che l'ha fatta e le ha dato forma e non l'ha lasciata nel caos...

«Io sono il Signore... e non ho parlato in occulto, in qual­che luogo oscuro della terra; non ho detto alla stirpe di Giacobbe: mi cercherete invano. Io sono il Signore, che insegno la giustizia e predico la rettitudine!» (Is 45,19).

«Verremo a lui e faremo dimora presso di lui» (Gv 14, 23).

«Mi manifesterò a lui» (Gv 14, 21). «Non temere, piccolo gregge» (Lc 12, 32). «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15, 5). «Vi manderà lo Spirito consolatore» (Gv 14,16).

«Padre, voglio che... dove sarò io ci siano anche loro» (Gv 17,24).

«Padre santificali nella verità» (Gv 17, 17).

Che dicono questi formidabili testi se non questo: Io, il Dio d'Israele, sarò con te, non ti dimenticherò, ti santificherò.

E ora quindi di smetterla con l'inutile preoccupazione di essere noi a fare la nostra santificazione! O Lui o nessuno riusci­rebbe, questo è certo. Ne consegue una cosa molto semplice: l'atto di abbandono totale, incondizionato è il minimo che tu puoi fare.

sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:40
8 marzo: Dio non è lontano da nessuno

Ciò che mi dice la creazione è solo un inizio.

La rivelazione che mi portano cieli e terra, nel loro splendo­re, nella loro immensità, nella loro armonia è solo il principio di un discorso che andrà molto lontano e che occuperà tutta la mia vita e oltre.

Dirò subito che questo discorso ha un principio ma non ha fine perché i due interlocutori - Dio e l'uomo - sono eterni e dovranno vivere nella stessa casa.

Sarebbe strano vivere nella stessa casa e non parlarsi, più strano ancora non conoscersi.

Ma il fine dell'uomo è conoscere Dio, è parlare con Dio.

Sarà lenta o veloce questa conoscenza, sarà facile o difficile questo parlare con Lui, ma direi che è fatale.

E quasi impossibile sfuggire al piano di Dio, che è proprio questo: che gli uomini giungano alla conoscenza di Lui, dacché Egli ha voluto che gli uomini «andassero alla ricerca di Dio e si sforzassero di trovarlo come a tastoni, quantunque non sia lonta­no da ciascuno di noi» (At 17, 27).

Sì, Dio non è lontano da ciascuno di noi, è con noi, da sem­pre.

Se la sua presenza l'abbiamo avvertita nella creazione, essa prenderà forma nella Rivelazione; se il suo parlare è venuto ai nostri occhi attraverso il simbolo delle cose, entrerà nel nostro spirito attraverso il mistero della Parola.

La Scrittura completerà il discorso dei monti, dei mari e degli astri, la Bibbia intratterrà l'uomo a colloquio con Dio.

Sì, il mistero della creazione trova nella Bibbia il libro degno di essa e la Bibbia trova nella natura la sua più decisiva testimonianza.

Entrambi sono un tutt'uno in mano a Dio per parlare all'uomo; entrambi sono per l'uomo l'antenna d'ascolto per cap­tare il suo Dio dagli spazi eterni dell'Essere.

sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:40
9 marzo: La scoperta

Una delle fortune più grandi che mi sono capitate nella vita è stata senza dubbio la scoperta della Bibbia che ho fatto verso i vent'anni.

Attribuisco a tale scoperta quel po' di sensibilità religiosa che mi condusse prima a donarmi all'apostolato nel mondo e, più tardi, a ricercare l'Assoluto in una Congregazione contem­plativa come quella dei Piccoli Fratelli del padre de Foucauld.

La Bibbia non mi ha mai deluso. Ho trovato in essa ciò di cui la mia anima aveva bisogno, tappa dopo tappa. Mi ha sempre accompagnato nello sviluppo della fede.

Noi veniamo da un tempo in cui la Bibbia era un libro sigil­lato, quasi proibito. Un tempo oscuro in cui nemmeno nelle famiglie cristiane si trovava l'amore alla Bibbia, e la stragrande maggioranza dei cattolici non conosceva la Sacra Scrittura.

Per fortuna le cose sono cambiate con la ventata dello Spirito che ha soffiato nel Concilio.

Non è mia questa frase terribile, ma io l'ho esperimentata e vissuta come il suo autore, sant'Agostino: «Ignorantia Scrip­turarum, ignorantia Christi», l'ignoranza della Scrittura è ignoran­za di Cristo.

La Bibbia è un autentico libro di Dio.

Ecco la verità che si fa strada, la consapevolezza che con­quista oggi le anime sotto il vento dello Spirito.

Non temo di essere smentito se dico che avremo, a motivo di questo vento, una grande e rigogliosa primavera e che, tra le altre caratteristiche di questa primavera postconciliare, è certa la caratteristica di un ritorno dei cristiani alla Bibbia.

Perché sta qui la grandezza e la insostituibilità della Bibbia:

è Dio che parla, è Dio che si svela all'anima quando l'anima, nell'umiltà e nella disponibilità, cerca tra le sue righe la volontà eterna del Signore.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:40
10 marzo: Attendere

Il tutto incominciò quel giorno in cui in una fetta di deser­to, nella solitudine del Sahara, sognai di essere schiacciato da un gran masso di granito sotto il quale mi ero addormentato per riposare.

Fui condotto dinanzi al giudizio di Dio, e fui giudicato sull'amore: nient'altro.

Una coperta negata ad un povero mi spedì in purgatorio e là capii che per uscirne avrei dovuto fare un atto d'amore perfet­to cioè un atto della stessa natura dell'amore di Gesù.

Non mi sentii capace.

Da allora sono passati molti anni e proprio ieri, venerdì santo, ripensando alla passione di Gesù mi ritrovavo nella stessa posizione di quel tempo sotto la grande pietra.

Non sono capace di perfetto amore, non ho la forza di seguire Gesù sul Calvario.

Ma è possibile che io mi senta capace?

E se mi sentissi capace, se mi sentissi forte, non sarei forse peggiore di quel che sono?

Ecco la verità finalmente scoperta nel lungo travaglio dell'esperienza religiosa in me.

Se dipenderà solo da me non sarò mai capace!

Deve compiersi un fatto, un passaggio; deve scoccare un lampo, deve venire qualcuno, deve prodursi qualcosa onde... divenire capace.

Ma io non potrò mai scoprirlo, mai anticiparlo, mai preve­derlo!

Devo solo attendere pregando, amando, piangendo, suppli­cando.

Questa è la posizione dell'uomo sulla terra.

Dio, che è Dio dell'impossibile, verrà all'improvviso e toc­cando la mia anima mi renderà capace di seguirlo là dove lui ha stabilito di condurmi, come il ladrone in quel pomeriggio del venerdì santo.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:41
11 marzo: Seguire

Come ha fatto Gesù a vincere il male?

Come ha fatto a distruggere la morte?

Cosa significano queste due frasi: «vincere il male; distruggere la morte»?

Nulla è cambiato dopo Nazareth; nulla è cambiato dopo il Calvario. Il mondo ha continuato a sussistere con le sue turpitu­dini e coi suoi massacri, l'uomo ha continuato a camminare con le sue schiavitù e le sue lacrime.

Cosa è avvenuto per poter dire: «Gesù ci ha salvato»?

Ecco, sta qui il problema e dobbiamo vederlo con chiarezza di Fronte, per farlo nostro e superarlo.

Gesù, vivendo come ha vissuto, ha vinto il male su di sé e, morendo come è morto, ha ingoiato la morte.

Gesù ha dato l'esempio vivendo come ha vissuto, morendo come è morto: ha spiegato a noi come si fa a vincere il male e a distruggere la morte.

Uomo, vuoi liberarti del male che ti opprime?

Fa' come ha fatto Gesù.

Uomo, vuoi distruggere la morte che ti attanaglia?

Muori d'amore come ha fatto Gesù.

Vincere il male che cerca di dominarti, trasformare la nostra morte in un atto d'amore, significa compiere quel superamento necessario per entrare nel regno che è il regno della pace e della libertà, il regno della giustizia e dell'amore.

Nessuno può toglierci questa fatica.

E vero che Gesù ci ha salvati ma ha lasciato a noi la fatica di salvarci. La sua morte ci ha giustificati tutti, essendo lui il Figlio di Dio, ma non ci ha portati nel Regno di peso, ci ha chiesto di seguirlo. Ognuno di noi è salvo dopo il sacrificio di Gesù, ma ognuno di noi deve salvarsi.

Qui sta la dignità dell'uomo che è figlio davanti al Padre.

Qui sta la dignità della sofferenza umana.

Qui sta la libertà.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:41
12 marzo: Il primato

Con la rivelazione di Gesù crocifisso nasce la Chiesa come società di coloro che credono in Lui e che, ricreati dal suo Spirito, diventano capaci di realizzare il disegno di Dio, che è quello di vincere il male con il bene.

Nasce così il martirio col suo primato indiscusso.

Il primato del martirio diventa un assoluto non solo per Gesù, ma per ciascuno di noi. Questa realtà dovremmo fissarla bene in testa, dacché tutte le prospettive sono cambiate, dacché l'esigenza dell'amore è diventata esigenza nostra.

Non basterà più dire: «C'è uno che ha pagato per tutti»; è troppo facile.

Per dei mercanti calcolatori come siamo noi, non basterà più addossare al sangue di Gesù tutto il peso della nostra malva­gità.

No! Non basterà più.

Bisognerà completare in noi, come dice Paolo (cf. Col 1, 24), ciò che manca alla passione di Cristo.

Gesù ha inaugurato il vero martirio: i suoi intimi, dietro a Lui, ameranno il martirio.

Il primato del martirio sarà all'apice della scala dei valori.

Incomincerà col dirti: «Oggi, il tuo martirio, sarà il distacco dalle tue ricchezze e tu dovrai staccarti se vorrai essere felice, dacché le ricchezze ti annoieranno, specie vedendo il tuo fratello che ha fame».

Domani ti dirà: «Non essere idolatrata. Butta in aria i tuoi idoli: solo Dio è il tuo Dio».

E tu lo dovrai fare per saziare la sete di libertà che l'amore ti ha donato.

Non c'è limite in questo cammino di purificazione, che ti scava sempre di più nel profondo, per raggiungere la radice del tuo egoismo, del tuo orgoglio, delle tue pazzie.

sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:42
13 marzo: Il bene rimane

Potremo dire che in Gesù non è il risultato che conta, è il modo di agire, di pensare, di essere.

Il suo messaggio è nel suo modo di fare, di vivere, di parlare.

C'è in lui una unità perfetta fra ciò che fa e ciò che dice.

Parla della non violenza e lui non è violento.

Parla dell'amore verso i nemici, lui lo vive.

Parla di rispetto per l'uomo anche se peccatore.

Ecco cosa dice sul male che convive col bene, sui cattivi mescolati ai buoni: «Il regno dei cieli si può paragonare ad un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò la zizzania in mezzo al grano e se ne andò.

Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.

Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero:

Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?

Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo.

E i servi gli dissero: vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?

No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.

Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mieti­tura...» (Mt 13, 24-30).

Questa parabola del buon grano e della zizzania non poteva essere più precisa e semplice per spiegare a me: bisogna che il male coabiti col bene fino alla conclusione.

Avrà l'onore di essere sradicato prima del grano e messo in fastelli per il fuoco che farà di lui cenere.

41 grano buono l'ultima parola.

E inconfondibile il 1-Lnsiero di Gesù.

Non occorre resistere al male: il male si riduce in cenere da solo, non ha futuro.

Il male si punisce da solo, si autodistrugge.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:42
14 marzo: Andate via da me

Leggo la parabola del figliol prodigo e mi trovo facilmente d'accordo con lui, ora che una figliola mi è scappata di casa e che sono disposto a tutto... purché ritorni!

Leggo la parabola di un tale che è stato capace di perdonare ad un amico un debito di diecimila talenti (addirittura 9 miliardi di lire)...

Qui è più difficile perdonare per chi è buon amministrato­re, abituato al risparmio. Ma insomma... siccome il mio debitore non può pagare e se mi metto con gli avvocati ci rimetto ancora... e ben vada, lo perdono.

Ma dove incomincio ad aver difficoltà a capire e più avanti, quando è toccato il povero, l'innocente, quando io, lasciando correre, comprometto gli altri.

E misericordioso il Padre coi torturatori?

È misericordioso il Padre coi capitalisti?

Con coloro che detenendo il potere affamano i poveri, fanno morire i bimbi nell'inedia a milioni; con coloro che vendo­no cannoni e, coscientemente, per venderne altri, suscitano liti, falsificano le notizie, attizzano il fuoco, dichiarano guerra?

È misericordioso coi dittatori che trasformano il potere in una cosa orribile, capace di prostituire ogni cosa, di soffocare nelle prigioni il dono divino della libertà?

Cosa mi risponde Gesù?

Nulla, ch'io sappia. Tace.

Sa di trovarsi davanti ad una tale situazione che, permanen­do così le cose, il Padre applicherà la condanna, espressa nel Vangelo di Matteo riguardante la difesa dei poveri:

«Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno... perché avevo fame, e non mi avete sfamato» (Mt 25, 41-42).
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:43
15 marzo: Nel silenzio diventare la vittima

«Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate nulla sperando in ricambio; così sarà grande la vostra ricompensa, e sarete figli dell'Altissimo; poiché egli è benigno verso gli ingrati ed i cattivi» (Lc 6, 35).

«Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordio­so» (Lc 6, 36).

L'amore si trova nei pasticci in certi momenti.

Come si fa ad amare ancora il torturatore, il capitalista che affama, il razzista orgoglioso, il mercante di cannoni?

Eppure, questo povero amore è invincibile e se riguarda l'uomo, questo povero uomo che pecca in modo così spaventoso, ma che può ancora salvarsi, deve pur trovare qualche scappatoia.

E se l'amore è l'amore stesso di un Dio, non la troverà?

Ecco come la troverà.

Nel silenzio, proverà lui a diventare la vittima di tutte le vio­lenze, di tutte le calunnie, di tutti i poteri di questo mondo.

Proverà lui ad essere imprigionato, torturato, schernito, venduto, condannato.

E quando tutto questo avrà provato dalla croce stessa del suo patire, conoscendo il grado d'amore con cui è capace di amare il Padre e la tragicità della condanna cui l'uomo si è espo­sto, dirà il suo parere alla giustizia invocata dalle stesse pietre del calvario; interrogato da tutta la storia sul come procedere in quel momento, darà la più straordinaria risposta dell'amore e invo­cherà sull'uomo l'attenuante dell'infermità mentale.

«Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno» (Lc23, 34).

Spero anch'io che in quel momento l'amore del Padre mi salvi.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:44
16 marzo: La morte vera

La morte è stata per Gesù l'istante supremo della più supre­ma povertà. Dio aveva scelto la strada della povertà per salvare l'uomo e nessun istante di questo suo cammino era stato così saturo di povertà come l'istante della sua morte. Dio morto era la povertà più assoluta: non si poteva andare più in là.

Raggiungendo, il Cristo, questo abisso oscuro e doloroso, aveva raggiunto tutti gli uomini che il Padre aveva predestinato ad essere figli, ma che la loro disobbedienza aveva perduti.

Il fuoco dell'amore, abbracciando il «non amore», aveva avuto il potere di fonderlo.

L'amore aveva vinto, l'uomo era salvo.

La libertà era tornata eredità della terra.

L'accettare la morte come atto d'amore non è facile e credo sia stato il capolavoro del Cristo nella sua fatica ad amare.

A noi, pur nella nostra infinita debolezza, tocca amàrlo.

Ma la morte, quella vera, non è quella fisica: quella semmai ne è soltanto il segno, l'orribile, visibile, sensibile rappresentazione.

La morte vera è la separazione da Dio e questa è intollerabi­le; la morte vera è la non fede, la non speranza, il non amore.

La morte vera è il caos dove finisce l'uomo quando disob­bedisce al Padre, è il groviglio inestricabile in cui è ridotto dalle sue passioni, è la sconfitta più radicale di tutti i suoi sogni di grandezza, è il disfacimento di tutto l'uomo.

La morte vera è il vuoto, il buio, l'angoscia, la disperazione, l'odio, la distruzione.

Ebbene, il Cristo ha accettato di entrare in questa morte, in questa separazione per rendersi solidale con tutti coloro che erano nella separazione e salvarli.

Quando fu sul fondo della loro disperazione annunciò la speranza con la sua risurrezione.

Quando fu nell'abisso della loro incapacità ad amare comu­nicò l'infinito gaudio dell'amore con la sua risurrezione.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:46
17 marzo: Perché nessuno sfuggisse all'amore

Staccandomi dalla vita che è Dio, staccandomi dalla Verità che è Dio, staccandomi dall'Amore che è Dio, mi stacco da Dio

ed entro nella «non vita», nelle tenebre, nell'odio.

A Dio, che non vuole una cosa così orrenda, resta il potere di avvertirmi.

E mi avverte. E mi avverte col dolore.

Eccoci al punto esatto del perché del dolore: avvertimento. Direi che il terribile effetto che il dolore fa su di noi, la tre­menda paura che ci mette addosso è li per dirci: «Sta' attento, uomo. Io, dolore, sono soltanto un messaggero, un segno.

Tu, uomo, non devi avere paura di me che in fondo ti rendo un servizio, devi avere paura di ciò che rappresento.

Io dolore, sono segno della separazione temporanea.

Io morte, sono segno di una separazione eterna.

Quella sì che devi temere!».

Lo so che hai una domanda da farmi, la conosco.

Vuoi sapere il perché del dolore degli innocenti, il significa­to della sofferenza dei poveri, il perché della morte del Giusto.

Non lo sapevo il perché.

Quando ho conosciuto il Cristo me l'ha spiegato Lui.

Domandaglielo stasera: Lui te lo dirà.

E forse aggiungerà una frase che mi ha dato tanta speranza quando mi volle spiegare la salvezza universale, dovuta proprio alla vocazione che ha qualcuno di pagare per tutti.

«Non sfuggire all'amore».

Se nel Regno chiederemo agli innocenti che hanno sofferto per i peccatori, ai poveri che hanno pagato per i ricchi, ai tortu­rati che hanno versato sangue per i prepotenti, se è stato giusto o sbagliato pagare così caro, ci sentiremo rispondere:

«E stato necessario perché nessuno sfuggisse all'Amore».
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:48
18 marzo: Libertà vera

Fare come se Dio fosse presente!

Ma questo è ancora un cammino.

La maturità l'avrai quando non porrai più la domanda, che in fondo è un piccolo aiuto da bambini immaturi.

Non c'è bisogno di fare le cose come se Dio fosse presente a guardarti.

Le devi fare perché devono essere fatte, perché il tuo «si» che hai maturato è lo stesso «si» di Dio, perché la verità di cui sono rivestite è la stessa verità di Dio e l'amore che ti richiede per farle è lo stesso amore di Dio.

Cristo sulla croce fece così, e denunziando con il suo dolo­roso «[Padre mio] perché mi hai abbandonato?» (Mi 27, 46) testimonia agli uomini la vera libertà di cui Dio li ha rivestiti, l'infinita fiducia che il Padre ha per loro, la totale mancanza di condizionamenti nel maturare in loro l'estremo dono di se stessi all'Assoluto. E si offre alla sua Presenza assente.

Quale valore straordinario acquista l'azione dell'uomo!

Che dignità riveste questo atteggiamento radicale!

Si, possiamo dirlo: se Dio è grande nella sua Essenza, l'uomo è grande quando si avvicina a Lui, quando fa le cose che fa Lui come libera scelta.

Quale valore acquista il martirio e una pur piccola azione compiuta in questa solitudine dell'uomo!

L’assenza di Dio sul Calvario dell'uomo permette all'uomo di offrirsi totalmente nella libertà dell'amore.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:48
19 marzo: Senza misura

Dio si è rimesso nelle mani dell'uomo stando dalla sua parte.

Si è rimesso nelle mani del povero stando all'ultimo posto.

Resta ancora qualcosa?

Sì, resta qualcosa.

La misura dell'uomo, la misura del povero è ancora una misura.

Poi c'è una «non misura», un amare «senza misura». È l'accettare da parte dell'uomo di buttarsi nell'abisso

dell'oscurità, nel creato senza trasparenza.

E l'accettare da parte di Gesù - il Figlio - di essere abban­donato dal Padre.

Il grido tragico che riecheggia nel tempo è il grido stesso di Cristo crocifisso:

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46).

Non ci sono ragionamenti che possano spiegare questa cosa.

E inutile tentare di capire, Dio tace. E tace anche quando si tratta del suo diletto, il suo Figlio unigenito Gesù. «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» e questo grido è il sunto di tutte le grida dell'umanità.

Dio tace.

E terribile il silenzio di Dio sull'oscurità dell'uomo.

Direi che ne diventa la sofferenza più grande. Certo ne è la prova più eroica.

E il «senza misura» richiestoci da Lui presto o tardi.

Non cercate di capire, non ci riuscirete.

Non cercate di vedere, non vedrete. Cercate di amare.

E nell'amore e solo nell'amore che può essere avvicinato Gesù Abbandonato e con Lui tutti gli abbandonati della terra.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:49
20 marzo: Perché, Signore?

Se sei così buono perché mi fai soffrire?

Se puoi tutto perché mi lasci nelle mie pene?

E terribile questa prova.

Fare esperienza che Dio può tutto e che proprio nel suo disegno ti lascia soffrire!

Perché è vero che Lui può.

Lui può e lascia che i poveri siano travolti e scherniti dai potenti.

Lascia soffrire l'innocente, lascia morire il giusto.

E il venerdì santo: l'ora in cui tutti fuggono.

E l'ora delle tenebre.

In quel giorno, in quell'ora, chi poteva capire la profezia contenuta nella stessa morte di Gesù?

Nessuno si aspettava quella fine.

La notte del Calvario è veramente il punto massimo del­l'oscurità vissuta dall'uomo sulla terra e nella prova.

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Sai 22, 2).

«Tu sei lontano dalla mia salvezza, sono le parole del mio lamento. Dio mio, invoco di giorno e non rispondi, grido di notte e non trovo riposo» (Sai 22, 2-3).

Perché, Signore?

Perché?

Ecco come lo annuncia il profeta: «Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio... Egli viene a salvarvi» (Is 35, 4).
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:49
21 marzo: Domanda e mistero

Ciò che è, ciò che mi circonda, ciò che vedo, ciò che sento

è come una domanda misteriosa che mi è posta da Dio da tutti i tempi, e che attende da me la risposta.

Forse anche la stessa terribile domanda posta a Giobbe sul suo letamaio è domanda che proviene da Dio.

«Ho un figlio poliomelitico», «mia moglie è insopportabile», «la mia intelligenza è ottusa», «gli amici non mi capiscono»,

sono come domande poste da sempre al mio giorno che è spun­tato oggi e che devo vivere.

Devo rispondere alla domanda postami da Dio in quella realtà dolorosa - vero mistero oscuro - e scoprire in esso, pro­prio in esso, la mia salvezza.

Perché è la mia salvezza contenuta in quella domanda.

La salvezza, tutta la salvezza, è contenuta nell'accettazione del mio mistero e, in esso, del mistero di mia moglie o di mio figlio.

Il primo atteggiamento d'amore verso la creazione è accet­tare la creazione anche se mi appare strana, incompleta, qualche volta nemica.

Il primo atteggiamento d'amore verso i miei fratelli è quello di accettarli così come sono, anche se mi paiono terribilmente irrazionali, antipatici e talvolta nemici.

Prima di tentare di liberarmi dalla sofferenza che si è abbat­tuta su di me, prima di porre il mio intervento fattivo a correzio­ne del male che mi circonda, devo abbassare il capo davanti al mistero, devo mettermi nello stesso atteggiamento del Cristo facendo mie le sue parole: «Signore, non la mia ma la tua volontà si compia» (Lc 22, 42).

In fondo è un atteggiamento di confidenza in Dio, ed è pro­prio su questa confidenza che si basa il mio rapporto con Lui.

sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:50
22 marzo: Confidare in Dio

So che Dio è Signore dell'universo e che nelle sue mani «sono gli abissi della terra».

So che Dio può tutto e gli uomini ed i popoli «sono come goccia d'acqua in una secchia e come polvere su una bilancia» (Is 40, 15).

Dio è Dio e non è vinto da nessuno.

E se si lascia vincere è solo per vincere meglio.

E se lascia prevalere il male per un po di tempo è solo per poterlo denunciare con più chiarezza davanti ai nostri occhi miopi.

Confidare in Dio è porre nella sua mano invincibile tutte le cose.

E credere che il cosmo è dominato inesorabilmente dal suo potere creativo.

Se maledico la pioggia che mi bagna o il freddo che mi gela le dita, se mi dispero perché sono diventato vecchio o per una malattia che mi fa soffrire,

non entrerò mai nel mistero di Dio.

Se non so leggere il chiarore delle stelle o se passo frettoloso davanti al mare senza accorgermene, non capisco il mistero di Dio.

Se mi lamento di tutto, se trovo gli uomini noiosi, se mi arrabbio perché la minestra è cattiva, se urlo perché i bambini giocano nel giardino, se faccio il viso duro a chi batte alla porta sono un uomo vecchio che non sa più dire nulla. Confidare in Dio.

Accettare il reale.

Accettarlo come volontà salvifica di Dio su di me. Accettarlo per trasformarlo con l'amore e la pazienza.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:50
23 marzo: L’amore in silenzio

Ho creduto in me, ho sperato in me, ho ottenuto zero.

Ora voglio solo credere e sperare in Dio. Ma com'è difficile l'applicazione integrale di una così semplice e documentatissima verità.

Ciò che è necessario a noi per avanzare è di tacere davanti a Dio. La lingua che Dio intende meglio è l'amore in silenzio.

Fissate uno sguardo amoroso su Dio senza alcun desiderio di provare o intendere qualcosa di distinto da parte sua.

Conservate la calma spirituale nello sguardo d'amore su Dio.

E forse necessario parlare? Fatelo nella stessa calma e pace (san Giovanni della Croce).

Impara a tenere su Dio uno sguardo amoroso, in tranquil­lità di spirito. Così a poco a poco, e ben presto, la pace e il riposo divino ti saranno infusi nell'anima con le ammirabili e sublimi conoscenze di Dio avvolte nell'amore divino.

Cercato per la lettura, tu troverai grazia nella meditazione; chiamato alla preghiera, ti si aprirà la contemplazione.

Al termine tu subirai l'esame sull'amore; impara dunque ad amare Dio come vuole essere amato e lascia stare il resto.

Un lavoro, per piccolo che sia, fatto in segreto, senza il desi­derio che sia conosciuto dagli uomini, dà a Dio più gioia che mille cose fatte per piacere agli uomini.

L’anima che cammina per amore non prova né provoca fati­ca.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:51
24 marzo: Lasciarsi fare

La contemplazione comincia quando tu non mediti più, non interroghi più ma... ti lasci fare.

Elia si lascia finalmente fare, e giungendo all'Oreb, dopo la purificazione del deserto, è pronto alla rivelazione di Dio.

«"Esci e sta' sul monte, innanzi a JHWH". Ecco JHWH passò. Ci fu un vento grande e gagliardo da scuotere i monti e spaccare le pietre innanzi a JHWH. Ma JHWH non era nel vento...

Dopo il terremoto un fuoco, ma JHWH non era nel fuoco.

E dopo il fuoco, il sussurro di un vento leggero.

Appena ebbe sentito questo, Elia si copri il volto con il mantello, usci e si fermò all'ingresso della spelonca.

Ed ecco una voce che gli diceva: "Che cosa fai qui, Elia?"» (1 Re, 19,11-13).

Preferisco fare come Elia: attendere la sua venuta nella grot­ta dell'Oreb.

La contemplazione, che è passiva, è la venuta di Dio in noi come conoscenza. Dio si fa conoscere «com'è», non come ci può apparire dall'esterno.

E nella contemplazione che realizzo la pienezza della mia vita terrena e mi nutro di autentica vita eterna, perché sono destinato alla vita eterna.

Tutto il resto verrà, perché è poca cosa in confronto della vita eterna. «Cercate il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in soprappiù» (Mt 6, 33).

No, non è nel fuoco, non è nel terremoto, non è nel vento che Elia realizzerà se stesso, ma nel silenzio. Quel silenzio onora­to dalla Presenza di Dio, dove tu hai sentito la tua anima ridotta ad un debole e fragile stelo. Ma uno stelo capace di riempirsi della rugiada di Dio e divenire spiga per il granaio di Dio.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:51
25 marzo: Se tu ami

Tu intuisci Dio, all'inizio del cammino, nel segno della crea­zione.

Poi la ragione ti aiuta a ragionarci su e a scoprire una certa logica, sforzandoti di dare un significato a tutto il Reale che ti circonda.

Poi metti da parte la ragione, perché ti imbroglia, con la sua limitatezza e orgogliosa voglia di saperla lunga.

Subentra allora l'amore, il grande Amore, e proprio quando non sai più meditare, ti trovi addormentato nelle braccia del­l'amore.

E la contemplazione, che è autentica rivelazione di Dio. Rivelazione personale, sapida, oscura, passiva, sovente dolorosa di Lui, come dice Maritain.

Quando ami, veramente ami, tutto diventa più facile e senti di aver trovato.

Sì, ho trovato perché ho amato.

E ho trovato perché mi sono abbandonato nel buio.

Ma il buio è luce per Lui e mi può toccare quando vuole, e non c'è più velo fra la mia e la sua nudità amante.

E una cosa fantastica l'Amore!

E mi chiede una cosa sola: dargli di più, dargli tutto.

Ma cosa c'è in me di più prezioso da donare a Lui?

Qual è il dono che più ama?

È la fiducia.

Di qualunque dono che puoi dare a una persona, il dono più grande è la fiducia.

Mi fido di te.

Mi sento con te.

E con te sono in pace.

Tu sai, Tu puoi, Tu provvedi!

È la fede pura, è la fede nuda, è la fede di chi sa amare.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:52
26 marzo: Tutto è possibile

Il silenzio di Nazareth!

In trent'anni nessuno seppe chi era Gesù! Questo si chiama mantenere il segreto. «Deus absconditus» (Is 45, 15). Come sulla croce, come nell'Eucaristia.

La primizia di ogni creatura è il Verbo Incarnato. Gesù, il Figlio di Dio, è salito al Cielo portando con sé la sua divinità e la sua umanità.

E un fatto completamente nuovo nella storia di Dio.

Il Figlio dell'Uomo è glorificato. Anche in noi c'è questa fondamentale richiesta: la gloria. E Lui ce la concederà se saremo fedeli al Figlio suo. Dopo di Lui, dopo Maria anche noi saremo glorificati, pacificati, ricreati risuscitati.

Qual dono immenso! Quale risposta all'esigenza della nostra natura umana creata da Dio già con questo immenso destino!

Nazareth. Qual è la lezione che ci dà Dio nel mistero di Nazareth? Vediamo il fatto in sé. ~ Verbo Incarnato per trent'anni anni vive la vita più comune che dir si possa. Nulla da Lui è fatto per variare gli eventi o cambiare una situazione.

Che significa ciò?

Significa che ogni atto della vita umana contiene in sé la possibilità di una perfezione totale. Se Dio fatto uomo ha potuto esprimere attraverso la sua vita comune la perfezione assoluta della Sua interiorità, ciò significa che ogni atto umano, il più significante, il più abitudinario contiene in sé la disponibilità per una totale offerta a Dio. La cosa è molto importante per noi abi­tuati a pensare che solo i fatti eccezionali valgono, a noi orgoglio­si e tesi sempre verso lo straordinario nella vita.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:52
27 marzo: Ciò che deve ancora nascere

La scelta che Gesù ha fatto è l'uomo, è l'uomo da amare.

Era la stessa scelta di Dio da sempre: stare dalla parte dell'uomo.

Dio ha preso perfino le parti di Caino, quando dopo il suo orrendo delitto corse pericolo di essere ucciso dagli uomini per vendetta.

«Chiunque ucciderà Caino subirà una vendetta sette volte maggiore.

E JHWH pose su Caino un segno, così che chiunque lo incontrasse non l'uccidesse» (Cn 4,15).

Dio è dalla parte del peccatore, perché è dalla parte del­l'uomo che è peccatore.

Lui sa che tornerà, che si convertirà, che capirà. La fiducia di Dio nell'uomo è incrollabile.

Sa attenderlo fino alla fine.

La storia del figliuol prodigo Gesù l'ha raccontata pensan­do a ciascuno di noi perché sapeva che l'avremmo vissuta in edi­zione e versione tutta personale.

E ci ama così come siamo in qualunque tappa del nostro cammino.

Ama la possibilità che è in noi.

Possibilità che è conversione, ritorno, amore, luce.

Ama la Maddalena ancora peccatrice perché vede già tutto il suo movimento verso la luce come cosa meravigliosa che meri­ta di essere contemplata sulla terra.

Ama Zaccheo peccatore, ladro, sfruttatore e trova bello che un uomo come lui sarà capace di rovesciare la sua esistenza e divenire amico dei poveri.

Sì, Dio ama nell'uomo ciò che non c'è ancora, ciò che deve ancora nascere.

Noi in un uomo amiamo ciò che c'è: la virtù, la bellezza, il valore ed è per questo che il nostro amore è così interessato e fragile.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:52
28 marzo: Ciò che manca

È impressionante ai nostri tempi il numero di matrimoni messi in crisi a pochi anni o mesi di distanza dalle nozze.

E non parlo di unioni affrettate, di errori di impostazione, di superficialità, di paganesimo.

No, parlo di unioni ben fatte, nate nella fede, unioni di cri­stiani autentici, amori luminosi, comunioni nello spirito, atteg­giamenti generosi, ecc.

Tutto è andato per un po di tempo e poi senti dire: «Ora... non so... non ci comprendiamo più. Ci rendiamo insopportabili l'un l'altro. Direi che ho sposato un'altra... conoscevo un'altra... quella di ora non la conoscevo... forse è meglio che ci separia­mo».

Parole grosse, senza dubbio, ma che nascondono un feno­meno molto semplice, specie ora in cui le realtà psicologiche hanno una parte così predominante nella vita di relazione.

«Ho sposato un altra...».

Ecco ciò che ti dico: hai cercato solo il positivo in lei. Ora che hai visto il negativo, tutto crolla.

Hai sbagliato strada...

Meglio, devi ricominciare da capo... se vuoi salvarti. Devi amare in lei gli aspetti negativi, ciò che manca.

Devi aiutarla a costruirsi, a farsi. Devi generarla nel vero amore.

Allora amerai la vera tua sposa e l'amerai dello stesso amore di Dio e il tuo amore sarà incrollabile perché autentico.

È giunta l'ora di riscoprire lei o lui partendo proprio dai suoi lati negativi, dalla sua povertà, dalla sua miseria.

Vedrai che il «ciò che è», è nulla rispetto a «ciò che sarà», al ciò che non è ancora.

Provati...

Dio ti aiuterà, perché la sorgente è Lui.
sgrillo
00martedì 20 gennaio 2009 17:53
29 marzo: L'impossibile

Perché la storiella del lupo di Gubbio vi interessa? Vedete nella storiella la soluzione del vostro problema, che

vi turba, ma nello stesso tempo catalogate tra le utopie la possibi­lità di vedere un lupo ammansito con una carezza.

Eppure ve l'ho detto.

Il miracolo fu la conversione degli abitanti di Gubbio che, almeno per un istante, credettero possibile la lotta col lupo armati solo di cibo da donare invece di armi da insanguinare.

Qui sta il segreto di tutto.

Questo è addirittura il segreto nascosto in tutto il piano di Dio sull'uomo.

Credere possibile l'impossibile.

Sperare nelle cose contro ogni speranza.

Amare ciò che non sembra amabile.

La proposta di Dio all'uomo è sempre avvolta nel velo di questo mistero, e sunto di questa domanda:

Puoi credere?

Puoi sperare?

Puoi amare?

Se mi dici di sì ti regalo l'impossibile.

Puoi credere che esiste Dio?

Se mi dici di sì, Dio esiste e nella fede ne avverti l'esistenza.

Puoi sperare nella salvezza universale?

Puoi sperare di essere destinato ad un regno di verità, di pace e di amore?

Se mi dici di si ti faccio sorridere di gioia e creo per te un paradiso dove attenderti.

Puoi amare l'uomo come l'ho amato io, mettendoti al suo servizio fino a morire per esso?

Se mi dici di sì ti faccio conoscere sperimentalmente Dio, perché l'amore ti condurrà a Lui che è l'amore.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:06.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com