COMUNICATI FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA

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Askatu49
00giovedì 4 marzo 2010 09:20
COMUNICATO DEL 03.03.2010

L'inganno della democrazia: figli primogeniti e figli della serva

In occasione delle presentazione delle liste per le Regionali 2010, abbiamo
assistito all'indecoroso spettacolo di liste presentate con una ricca serie
di errori e mancanze burocratiche. Non entriamo nel merito delle polemiche tra centrodestra, centrosinistra italiani ed i guastafeste radicali perchè
riflettono un dibattito politico da cui siamo per natura e per nazionalità
estranei. Certamente potremmo dire, senza timore di essere smentiti, che se il nostro Movimento avesse compiuta anche una sola delle mancanze procedurali che vengono legittimamente rinfacciate alle liste del ciellino-forzista Formigoni della "sindacalista" Polverini, saremmo stati estromessi seduta stante e senza alcuna possibilità di "amnistia". Nè tantomeno avremmo avuto sostegno di giornali, ministri, uomini della casta italiana e quant'altro. Il potere italiano si perpetua, nel completo disprezzo delle regole e nel generale disinteresse della popolazione, ormai ripiegata su se stessa e attenta solo alla propria sopravvivenza.
Ancora una volta la democrazia rappresentativa (italiana) mostra quindi di
essere un carnevalesco gioco di ombre, dietro il quale si agitano i
conflitti tra piccoli e grandi potentati locali e le grandi lobby internazionali
senza volto e senza nome.
Il Fronte Indipendentista Lombardia rivendica con orgoglio la propria
assoluta estraneità rispetto a questo mondo politico ed invita tutti quelli che coltivano il medesimo sdegno a raggiungere le sue fila.

Piergiorgio Seveso
Ufficio politico Fronte Indipendentista Lombardia
Askatu49
00giovedì 4 marzo 2010 09:21
COMUNICATO DEL 04.03.2010


Riflessioni politiche sul bicentenario hoferiano

Il 20 febbraio 1810 l'oste Andreas Hofer, comandante dell’Insorgenza tirolese, cadeva coraggiosamente sotto il piombo di un plotone d'esecuzione napoleonico a Mantova. Aveva guidato la ribellione del popolo tirolese contro le leggi giacobine e vessatorie che il governo bavarese, collaboratore della belva coronata napoleonica, aveva emesso contro il popolo tirolese, la sua identità, la sua libertà. Il suo motto fu 'per Dio, per l'Imperatore e per il Tirolo'.
Questo bicentenario non è però una mera commemorazione storica ma ci richiama alla più cruda attualità. Il popolo lombardo, spossessato della sua identità, della sua lingua, della sua dignità e trasformato in un'anonima poltiglia sociale che arranca verso un incerto futuro, attende, deve attendere il suo Andreas Hofer. Non ha bisogno dei politicanti che "tengano famiglia" pronti a svendere dignità e progetti al mercato della politica, non ha bisogno dei cialtroni guastamestieri senza arte nè parte, rapidi nell'adagiarsi nella palude della politica italiana, ma di uomini dalla sicura tempra morale con un vero progetto politico, anche di lungo percorso, fondato su valori forti, sul disinteresse personale e su una reale dedizione alla Causa. Altrimenti nel teatro delle vanità della politica italiana, l’unico sconfitto è sempre il Popolo.

Piergiorgio Seveso
Ufficio Politico Fronte Indipendentista Lombardia
Pius Augustus
00giovedì 4 marzo 2010 10:22
siamo in piena attualità: faremmo meglio a svegliarci e ad armarci tutti contro la minaccia napoleonica.
Faroaldo
00sabato 6 marzo 2010 12:44
Re:
Pius Augustus, 04/03/2010 10.22:

siamo in piena attualità: faremmo meglio a svegliarci e ad armarci tutti contro la minaccia napoleonica.



E' tutto molto piu' attuale di quanto pensi tu: stiamo ancora scontando uno stato centralista costruito sul medello napoleonico.



Askatu49
00martedì 9 marzo 2010 09:26
Comunicato 08.03.2010
DECRETO SALVA LISTE: la Democrazia delle Marionette



Non vogliamo entrare nemmeno nel merito della liceità del Decreto Salva-Liste (o meglio Salva-Formigoni-CL-Forza Italia-Lobby del Cemento-Partito degli affari-Lega Nord associata), la riflessione che i Patrioti che si riconoscono nelle idee del Fronte Indipendentista Lombardia devono fare e’ che le cose non cambiano mai: anche in questo caso è Roma (rappresentata da Giorgio Napolitano, uomo in tutto e per tutto parte dell'apparato e dell'intellighenzia italiana) ad intervenire pesantemente sulla politica Lombarda.

Certamente tutto questo caos era stato causato dalla ingiusta legge elettorale, studiata a tavolino per impedire nella sostanza a piccoli Movimenti di partecipare alla contesa a livello regionale, ma nel caso specifico errori ed inadempienze di una lista sono stati sanati dall’emissione di un Decreto Governativo che viola lo spirito del rispetto della legge e delle, pur anacronistiche ma vigenti, norme. I fili delle marionette si erano intrecciati tra loro in una matassa inestricabile: lo "spettacolo della democrazia" non poteva continuare ad uso delle masse belanti o distratte e allora anche le leggi, anche la Costituzione ha dovuto cedere. Lo "spettacolo della democrazia" deve continuare.

Verrebbe voglia di andarsene da questo marcio teatro ma forse si può fare ancora qualcosa per strappare questo sipario di menzogne e inconfessabili interessi.

Quale soluzione ci può essere per non dare ancora più forza al potere centralista, falsamente rappresentato da destra e sinistra, tragiche facce della stessa medaglia, e ridare potere al popolo Lombardo, stanco di vaghe promesse mai mantenute e sempre più esausto grazie allo Stato italiano:



ASTENSIONE ATTIVA: SULLA SCHEDA SCRIVI

VIA DALL’ITALIA-LOMBARDIA LIBERA



Fallo per te, per la tua famiglia e soprattutto per i tuoi figli, in modo che possano crescere con la speranza di vivere in una nuova realtà impregnata di (vera) Libertà.



FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA

Piergiorgio Seveso – Portavoce Ufficio Politico


Askatu49
00martedì 16 marzo 2010 11:13
La grande menzogna del "Risorgimento italiano": il discorso di Giorgio Napolitano all'Accademia dei Lincei" (12 febbraio 2010)
Giorgio Napolitano: La riflessione storica, ed egualmente l'indagine sulle
vicende politico-istituzionali ed economico-sociali, debbono peraltro
abbracciare l'evoluzione dell'Italia unita nei periodi successivi alla
fondazione del nostro Stato nazionale, fino a consentire un bilancio persuasivo
da far valere nel tempo presente.


Fronte Indipendentista Lombardia: Ammesso e non concesso che sia giusto
celebrare i 150° anni dall’inizio del dominio sabaudo sulla penisola, quest’
occasione non potrebbe essere usata per restituire la loro memoria storica
recente ai popoli italiani? Napolitano dimostra di non essere d’accordo.
Vorrebbe unicamente celebrare un evento che individua come palingenetico: per
Napolitano non c’è nulla d’interessante prima del Risorgimento. L’oblio della
storia degli stati italiani preunitari, come già notava tempo fa il compianto
professor Cesare Mozzarelli, è un vero e proprio gap della storiografia
italiana, che le altre storiografie europee non condividono


Giorgio Napolitano: Perché in effetti con l'avvicinarsi del
centocinquantenario si vedono emergere, tra loro strettamente connessi, giudizi
sommari e pregiudizi volgari sul quel che fu nell'800 il formarsi dell'Italia
come Stato unitario, e bilanci approssimativi e tendenziosi, di stampo
liquidatorio, del lungo cammino percorso dopo il cruciale 17 marzo 1861

Fronte Indipendentista Lombardia: A cosa si riferisce Napolitano? Possiamo
anche essere d’accordo sull’acriticità di una parte della storiografia
antirisorgimentale ma anche tra le file di quella filo-risorgimentale non
mancano giudizi tendenziosi e palesemente propagandistici. Il problema è che
ogni ricostruzione storica dovrebbe essere valutata in base alla sua coerenza
interna e alla sua fondatezza (cioè al riferimento alle fonti), mentre
Napolitano è afflitto da un pregiudizio di stampo snobistico: solo ciò che ha
provenienza accademica è “storiografia seria”.


Giorgio Napolitano: C'è chi afferma con disinvoltura che sempre fragili sono
state le basi del comune sentire nazionale, pur alimentato nei secoli da
profonde radici di cultura e di lingua; e sempre fragili, comunque, le basi del
disegno volto a tradurre elementi riconoscibili di unità culturale in
fondamenti di unità politica e statuale

Fronte Indipendentista Lombardia: Napolitano è vittima della stessa
disinvoltura che rimprovera ad altri. A Chiunque abbia buona fede non può
sfuggire come all’atto dell’unità, secondo il calcolo di Tullio de Mauro, la
percentuale di popolazione che parlava italiano era di circa il 2,5%,
comprendendo tra essi i toscani e i romani (altrimenti un misero 8,9‰). Non può
inoltre ignorare come l’italiano letterario si fondava sulla proposta bembesca
di una lingua ispirata ai modelli del fiorentino trecentesco e non seguisse
quindi la reale lingua parlata, nemmeno quella dei fiorentini. Inoltre la
creazione di una cultura “nazionale” è una tipica invenzione romantica, che ha
poco a che vedere sia con la cultura barocca che con quella rinascimentale e al
massimo s’incomincia a intravedere con l’illuminismo.



Giorgio Napolitano: Non deve sottovalutarsi la presa che può avere in diversi
strati dell'opinione pubblica questa deriva di vecchi e nuovi luoghi comuni di
umori negativi e di calcoli di parte.


Fronte Indipendentista Lombardia: L’accusa di un interesse politico (“calcoli
di parte”) nascosto dietro gli studi revisionistici, bollati come “vecchi e
nuovi luoghi comuni”, è risibile considerando che con questo discorso è
evidente come Napoltano stessa voglia utilizzare e condizionare la produzione
culturale al fine di puntellare l’unità d’Italia (a meno che questa non sia una
finalità politica ma morale o, addirittura,”religiosa”!)


Giorgio Napolitano: E bisogna perciò reagire all'eco che suscitano, in sfere
lontane da quella degli studi più seri, i rumorosi detrattori dell'Unità
italiana.

Fronte Indipendentista Lombardia
Traduciamo: chi vuole parlare deve avere una cattedra e chi ha una cattedra
deve parlare bene dell’unità d’Italia. Circolo vizioso, no?


Giorgio Napolitano: E bisognerà così rivalutarne e farne rivivere anche
aspetti e momenti esaltanti e gloriosi, mortificati o irrisi spesso per
l'ossessivo timore di cedere alla retorica degli ideali e dei sentimenti.

Fronte Indipendentista Lombardia: La scuola dell’obbligo, imposta dal Regno d’
Italia mentre distruggeva l’insegnamento religioso, ha educato generazioni di
scolari non certo attraverso meditate ed equilibrate opere storiche bensì
attraverso la retorica farsesca dei Mercantini, le esagerazioni
propagandistiche dell’ Abba e il greve sentimentalismo di De Amicis. Là dove la
storia non dava sufficienti garanzieFrancesco De Sanctis prima, e Giovanni
Gentile, poi, sapevano bene che sarebbe stato meglio educare con la poesia e la
retorica. Napolitano ha la stessa idea: ridare fiato alla tromba del
patriottismo!



Giorgio Napolitano: Io vorrei solo - guardandomi dal tentare impossibili
sintesi - suggerire, qui, il punto di osservazione dal quale si può meglio
cogliere la forza e la validità dell'esperienza storica dell'Italia unita.

Fronte Indipendentista Lombardia: Cosa significa “la validità dell’esperienza
storica”? La storia (senza alcuna S maiuscola) è meramente l’insieme degli
eventi del passato i quali non possono essere classificati come “validi” o “non
validi” ma, caso .mai, unicamente come “veri” oppure “falsi”.


Giorgio Napolitano: Un punto di riferimento come quello costituito dagli
eventi che fanno per così dire da spartiacque tra l'Italia che consegue la sua
unità e l'Italia che inizia, ottantacinque anni dopo, la sua nuova storia.
Parlo del momento segnato dall'avvento della Repubblica, dall'elezione
dell'Assemblea Costituente, dall'avvio e dallo svolgimento dei lavori di
quest'ultima.


Fronte Indipendentista Lombardia: Il Risorgimento di Napolitano è quello
delle 3 R (Risorgimento-Resistenza-Repubblica) in cui le ultime due sono tese
ad inverare hegelianamente la prima. Napolitano non si estranea dal giochetto
che tutte le filosofie politiche novecentesche (Gramsci, Mussolini, Gobetti)
hanno tentato. Il Risorgimento per loro non è tanto una serie di eventi da
spiegare, bensì il principio di un movimento dello spirito (il geist hegeliano)
che deve ancora assumere la sua vera forma (o, nel caso di Napolitano, l’ha
assunta 85 anni dopo). Questa patina filosofica data alle vicende storiche
offusca la loro realtà: cosa potrebbe mai centrare Cavour con la Resistenza? Se
però questo giochetto è lecito lo si permetta anche a noi: il Risorgimento è l’
affermazione del folle principio nazionalistico che portò alla catastrofe delle
guerre mondiali .

Giorgio Napolitano: L'unità forgiatasi nel Risorgimento aveva ben presto
dovuto far fronte all'esplodere - già nell'estate del 1861 - del brigantaggio
meridionale, che sembrò mettere in causa l'adesione delle popolazioni del
Mezzogiorno al nuovo Stato nazionale, e su cui fece leva il tentativo borbonico
di suscitare una guerriglia politica a fini di restaurazione Le forze del
giovane Stato italiano dovettero impegnarsi per anni, fino al 1865, per
sventare quel tentativo, per sconfiggere militarmente il "grande brigantaggio"
senza che peraltro venissero date risposte a quel che era stata anche una
disperata guerriglia sociale dei contadini poveri del Mezzogiorno


Fronte Indipendentista Lombardia: Napolitano liquida la complessa questione
delle insorgenze antiunitarie meridionali con il termine “grande brigantaggio”,
che implica di necessità una valutazione criminale del fenomeno. Prende
inoltre una posizione insostenibile per unilateralità: il brigantaggio sarebbe
stato fomentato dai Borboni e, di conseguenza, nulla di spontaneo e di
“popolare”. Senza voler negare il ruolo giocato dai Borboni, le sollevazioni
popolari al sud si sviluppano a causa di motivazioni economiche sì ma anche
culturali, religiose e sociali. Le insorgenze popolari, ovunque si siano
generate, hanno avuto cause molteplici proprio perché scaturite da
organizzazioni sociali caratterizzate da un forte grado di coesione: la
legittimità del sovrano non è solo un fattore politico ma ha anche dirette
conseguenze sul piano sociale e religioso, così come il fattore religioso ha un
immediato riflesso sul piano sociale. Dall’altra parte usare il termine
“guerriglia sociale” ci sembra vada ben oltre la stessa interpretazione
marxista del “brigantaggio”, perché sembrerebbe attribuire al popolo una
volontà di rivalsa e rivoluzione sociale (un’autocoscienza rivoluzionaria) che
non solo è impensabile, ma neppure Gramsci gli avrebbe attribuito. E’ da notare
che inoltre Napolitano non spende una parola per commemorare le decine di
migliaia di persone uccise dalla repressione piemontese, che nella sua
neolingua diventa l’ “impegno per sconfiggere militarmente il grande
brigantaggio”. Non temete: nessuno parlerà degli stermini, dell’applicazioni
della legga marziale, delle condanne basate sulla presunzione di colpevolezza
in base alla “scienza” fisiognomica di Lombroso. Non si parla dei vinti ma solo
dei vincitori!


Giorgio Napolitano: Le ragioni storiche profonde dell'Unità risultarono più
forti dei limiti e delle tare, pure innegabili, dell'unificazione compiutasi
nel 1860-61; e ressero per lunghi decenni, da un secolo all'altro, a fratture e
sommovimenti.

Fronte Indipendentista Lombardia: Pur ammirando la sincerità nell’ammettere le
tare del processo di unificazione, non si può tacere dell’infondatezza di
questa affermazione. Non furono presunte “ragioni storiche profonde” (che
altrimenti avrebbero dovuto funzionare anche nei secoli precedenti) a tenere
insieme l’Italia bensì, la forza di reiterate repressioni militari (al sud così
come al nord, come Bava Beccaris a Milano), di un congegnato sistema di
sradicamento territoriale attraverso la leva militare e dell’omologazione
culturale tramite la scuola dell’obbligo, studiata a tavolino con “compasso e
squadra”.


Giorgio Napolitano: Cavour grazie al quale, al Congresso di Parigi del 1856,
per la prima volta nella storia uno Stato italiano aveva "pensato a tutta
l'Italia" e "parlato in nome dell'Italia"

Fronte Indipendentista Lombardia: In realtà è assai dubbio che Cavour volesse
veramente costituire uno stato peninsulare. Molto più probabilmente avrebbe
voluto un ‘espansione sabauda verso la Lombardia e un generale riassetto della
penisola, che comunque non avrebbe mai voluto vedere unificata, soprattutto
sotto i Savoia, che avrebbero guadagnato dall’unificazione solo grattacapi. A
Cavour interessava la ricca Lombardia non certo il sud!

Piergiorgio Seveso - Luca Fumagalli
Ufficio politico del Fronte Indipendentista Lombardia
Askatu49
00giovedì 18 marzo 2010 14:50
articolo pubblicato su IL FATTO QUOTIDIANO 18.03.2010
Articolo pubblicato su " Il Fatto Quotidiano" del 18.03.2010 a pag. 11

SCHEDA BIANCA TRIONFERÀ – Tra gruppi Facebook che invitano a disertare le urne e scioperi del voto
di Chiara Paolin

AAA, astensionisti organizzati offresi da destra a sinistra, dalle Alpi alla Sila, schede stracciate e weekend fuori porta consigliatissimi antidoti allo stress da elezione compulsiva 2010. Scopo ultimo e definitivo dell’operazione in codice ‘Via dall’urna’: bocciare un sistema di governo ormai manifestamente incapace di far avanzare anche di un solo millimetro il nostro beneamato Paese. Il Partito Marxista Leninista, per esempio, sprizza buon umore da tutti i pori del sito elettorale: “Contrapponiamo alle istituzioni rappresentative della borghesia le istituzioni delle masse fautrici del socialismo! Diserta le urne, annulla la scheda o lasciala vuota!”.

Insomma, scheda bianca la trionferà. Rispondono entusiasti da estrema destra quelli che giudicano decisamente troppo molle l’azione di governo e propongono di punire col non voto la compagine berlusconiana: vedi audaci commenti sulla simpatica pagina Facebook ‘I camerati che votano Pdl sono lecca-culi o ignoranti’. Per chi fosse di gusti più raffinati, si consiglia invece la sobria presentazione del Popolo dell’Astensione, dove lo slogan vagamente yankee è ‘Contro la casta e i suoi privilegi, non avrete il mio voto’. Seguono facce un po’ così di Riccardo Pit Bull e tale Giovanni, fan verace di Forza Nuova. Ma queste, ricordiamocelo, sono soprattutto elezioni regionali. Anzi, visti i tempi, federali. Infatti il paesello di Bocchigliero, pura e selvaggia montagna cosentina, ha riconsegnato in blocco le tessere elettorali per protestare contro il dissesto calabrese: 700 cittadini, sindaco in testa.

I vicini di Longobucco, invidiosissimi, li hanno imitati al volo. Così il signor Luigi Felicetti s’è ritrovato all’improvviso leader di un comitato spontaneo denominato ‘Io resisto’, e già parla da statista: ”Reclamiamo attenzione. Ma, soprattutto, sollecitiamo decisioni per dare un futuro alle nostre realtà”. Circa duecento i giovani che promuovo door to door lo sciopero del voto tra vicoli e frazioni di campagna, finora hanno raccolto un migliaio di tessere : una vera innovazione del voto di scambio. E poteva mancare il gruppo degli abusivi? Certo che no, specie se edili. L’associazione Amici del Territorio di Castellamare di Stabia parla chiaro: “Non ci piace fare ricatti, ma dobbiamo difendere il nostro diritto alla casa che è previsto anche dalla Costituzione. L’astensione dal voto? Migliaia di persone sono amareggiate per l’arrivo delle ruspe, che hanno già demolito quattro edifici nel nostro comprensorio. L’obiettivo pertanto è quello di far disertare le urne per le Regionali a più di ventimila persone nell’area stabiese”. Ma anche nel profondo nord soffia un vento gelido di rifiuto dell’urna. La Lega gongola davanti ai pingui sondaggi e Formigoni tira un respiro di sollievo dopo i pasticci delle liste, ma intanto il FRONTE INDIPENDENTISTA PER LA LOMBARDIA assicura che proprio dalla diserzione passa l’improcrastinabile costruzione della Nazione Lombarda. Chi non voterà vedrà.
Fonte Il Fatto
Askatu49
00domenica 21 marzo 2010 08:00
Comunicato del 20.03.2010
EUROPA : L’INDIPENDENTISMO VOLA…

Una conferma alle nostre analisi sulla crisi ormai irreversibile dello Stato centralista ci è giunta nello scorso fine settimana da una terra a noi geograficamente molto vicina, ma le cui vicende storico-politiche sono spesso ignorate dai grandi media.

In occasione delle Elezioni Regionali francesi, che hanno visto in tutto in territorio transalpino una battuta d’arresto del centrodestra di Sarkozy, in Corsica si è verificato quanto da noi previsto: le liste autonomiste ed indipendentiste hanno raggiunto un risultato storico per percentuale e numero di voti.

Il movimento FEMU A CORSICA (autonomista) ha raggiunto il 18,40% dei suffragi, mentre il dichiaratamente indipendentista CORSICA LIBERA è arrivato al 9,44%, raggiungendo addirittura in alcuni centri la prima posizione fra i votati. Un totale quindi di circa il 30% degli elettori corsi hanno voluto dare un chiarissimo segnale al Governo di Parigi: la Corsica è stanca di essere una colonia francese e, vista la grave crisi economica che colpisce tutto il continente, non vuole essere trascinata, come avvenuto in passato, nel baratro a causa di scelte altrui.

Tutto ciò è avvenuto nel prima chiamata alle urne: al ballottaggio, al quale partecipano l’UMP e i due movimenti nazionalisti, sicuramente Parigi saprà imporre i propri uomini, complice anche una Gauche tremebonda che non ha, in questi giorni, accettato un patto con gli oppositori corsi, che avrebbe permesso di allontanare i rappresentanti del Presidente francese dalla maggioranza dell’Assemblea Corsa.

Riteniamo che sia da sottolineare soprattutto il risultato di CORSICA LIBERA, movimento recentemente nato e che, sotto la guida di Jean Guy Talamoni, si è incamminato senza dubbio alcuno verso la richiesta di Indipendenza della Corsica, nell’ambito di una programma dove la valorizzazione della cultura locale e la difesa del territorio dalla speculazione selvaggia hanno grande risalto.

E’ sicuramente un buon viatico per chi, come il FRONTE INDIPEDENTISTA LOMBARDIA, si batte per l’autodeterminazione dei Popoli e la Libertà della propria Terra nei confronti degli Stati di ottocentesca memoria, strutture ormai obsolete e che non sono più in grado di garantire livelli di vita e di vivibilità agli abitanti delle proprie regioni.

VIA DALL’ITALIA - LOMBARDIA LIBERA

FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA


Piergiorgio Seveso - Portavoce Ufficio Politico
Askatu49
00domenica 21 marzo 2010 08:02
Comunicato del 21.03.2010
BASTA CON LA CONFUSIONE : ALLE REGIONALI ASTENSIONISMO ATTIVO





Purtroppo la confusione dell'elettorato Lombardo, primo nemico del nostro Popolo e dei suoi legittimi interessi, sta cercando di farsi avanti anche in questa campagna elettorale regionale.



Ogni giorno dobbiamo assistere, in questo scenario degno della commedia dei pupi siciliani, all'exploit di personaggi che in passato hanno legato il proprio nome alle battaglie indipendentiste

e che oggi fanno appelli al voto a favore della Lega Nord, partito ormai assolutamente inserito in questo torbido mondo politico italiano. Se tutto ciò non fosse ripugnante e grottesco,verrebbe da sorridere.



E' però per noi un dovere ribadire con determinazione la nostra scelta a favore dell'ASTENSIONISMO ATTIVO, unica soluzione per dare un forte segnale alla politica romana. Facciamo capire a Lorsignori che i Lombardi hanno imboccato la strada del rifiuto di logiche di poli contrapposti, di false promesse mai mantenute da ogni Governo romano e di crisi economica e di valori, che stanno devastando la nostra Lombardia.



Che cosa significa ASTENSIONISMO ATTIVO : sulla scheda per le Regionali



SCRIVI "VIA DALL'ITALIA - LOMBARDIA LIBERA"





E' importante farlo in tanti per far capire che anche nelle nostre Terre sta prendendo piede quella coscienza Indipendentista che grandi risultati sta ottenendo in tutta Europa.





Piergiorgio Seveso – Portavoce Ufficio Politico

FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA
Askatu49
00venerdì 26 marzo 2010 11:44
Comunicato FIL 26.03.2010
BEPIN SEGATO: UN ESEMPIO PER TUTTI GLI INDIPENDENTISTI



Ricorre in questi giorni il triste quarto anniversario della scomparsa di Bepin Segato, leader ed ideologo del gruppo indipendentista veneto che progettò ed attuò la ormai famosa dimostrazione in Piazza San Marco a Venezia.

Mentre in questi giorni la classe politica italiana sta dando il peggio di se stessa e anche nella nostra Regione dobbiamo assistere a farse e sceneggiate degne della peggiore tradizione levantina, emerge sempre più cristallina la figura di chi, avendo la sola responsabilità di aver rivendicato la Libertà per il proprio Popolo oppresso senza utilizzare violenza alcuna, ha pagato duramente di persona prima la repressione poliziesca e poi quella giudiziaria da parte di uno Stato sordo ad ogni istanza del genere.

Senza mai fare un passo indietro Bepin Segato ha affrontato tutto ciò con serenità esemplare e sempre a testa alta.

Che la sua figura sia di esempio per tutti i veri Indipendentisti appartenenti a tutti i Popoli della infausta penisola italica che si impegnano con serietà per raggiungere lo scopo e di monito per tutti i ciarlatani che illudono la propria gente con false promesse per poi tenerla sempre più sotto il tallone romano.

I dirigenti, i militanti ed i sostenitori del FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA si uniscono ai Patrioti Veneti che in questi giorni ricorderanno Segato e si inchinano di fronte alla sua memoria.



Piergiorgio Seveso

Portavoce Ufficio Politico

FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA
Askatu49
00lunedì 29 marzo 2010 15:29
Comunicato FIL 29.03.2010
SEGNALI POSITIVI DALLE URNE IN LOMBARDIA



Secondo i dati che via via arrivano dalla Agenzie di stampa, dobbiamo riscontrare che finalmente anche il Popolo Lombardo inizia ad aprire gli occhi: l’astensionismo in occasione di questa tornata elettorale regionale sta raggiungendo dimensioni storiche anche nella nostra Regione.

I Lombardi evidentemente hanno raccolto l’appello di quelle forze che si oppongono al falso dualismo destra-sinistra, entrambe componenti attive di quella Casta politica italiana autoreferenziale e finora sorda alle reali aspettative popolari e solo concentrata nella spartizione del potere e delle risorse della nostra Terra.

Sarà inoltre interessante analizzare il dato relativo alle schede annullate, fra le quali sicuramente saranno in buon numero quelle depositate da coloro che hanno seguito la nostra indicazione di Astensione Attiva apponendo la scritta VIA DALL’ITALIA – LOMBARDIA LIBERA.

Questo risultato non rappresenta altro che un formidabile stimolo a proseguire nella nostra azione di sensibilizzazione politica degli abitanti della bella Lombardia, finora scherniti e turlupinati da politici senza scrupoli, personaggi totalmente estranei alla tradizione e cultura lombarda, ma che si ricordano di questi grandi temi solo per riempirsi la bocca in campagna elettorale.

BASTA CON I PARTITI ITALIANI E CON I LORO ASCARI LOCALI

VIA DALL’ITALIA – LOMBARDIA LIBERA


PierGiorgio Seveso


Ufficio Politico

FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA
Askatu49
00giovedì 1 aprile 2010 13:53
Comunicato del 01.04.2010
COMMENTO AI RISULTATI ELETTORALI NELLA REGIONE LOMBARDIA



Dopo qualche giorno dalla chiusura delle urne delle Elezioni Regionali in Lombardia, non possiamo evitare di commentare quanto è avvenuto nel panorama politico della nostra Regione.

Come abbiamo già avuto occasione di affermare, il dato oggettivamente più rilevante è quello del numero dei cittadini lombardi che hanno inteso disertare le urne: ben 2.721.000 lombardi non hanno usufruito del diritto di voto, rifiutando con questo atteggiamento il mondo politico in toto. A questa cifra dobbiamo poi aggiungere circa 150.000 cittadini che hanno preferito inserire nell’urna una scheda bianca o esprimere il loro disgusto annullando la scheda. Tale disaffezione, ancora più rilevante se commisurata alla tradizionale maturità politica del popolo lombardo, dovrebbe creare uno scompiglio incredibile nell’ambiente politico della nostra Regione. Ed invece, come possiamo tutti notare consultando i grandi media, tutto è già scivolato nell’oblio, in quanto i politici di professione che purtroppo amministrano, sia in maggioranza che in opposizione, la Lombardia sono troppo impegnati nella spartizione del potere.

L’unica cosa che i Lombardi possono trovare oggi sui media sono infatti le prime avvisaglie della guerra intestina che sta per esplodere fra le componenti della maggioranza che ha riconfermato l’eterno Formigoni alla guida della Regione: gli appetiti di coloro che si ritengono determinanti per la tenuta della maggioranza dovranno essere soddisfatti ed i cittadini assistono impotenti allo spettacolo indecente di personaggi che, ritenendosi evidentemente all’altezza, ipotecano già poltrone ed incarichi.

Tutto questo senza alcun interesse per le legittime istanze popolari: le promesse della campagna elettorale (se ce ne fosse per caso stata una basata sulla progettualità, ma sinceramente non ce ne siamo accorti ……) saranno regolarmente dimenticate e tutto continuerà all’ombra della peggior classe politica che mai questa Regione abbia avuto.

In questo squallido panorama, Il FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA, dopo aver comunque ricordato con un plauso quelle liste locali che si sono battute sotto le insegne dell’autonomismo nella nostra Regione e gli Indipendentisti che si sono schierati nel vicino Veneto, non può che raddoppiare il proprio impegno, rivolgendo la propria attenzione proprio ai quasi 3 milioni di lombardi che si sono temporaneamente allontanati dalla sfida politica e cercando di convincere loro e gli altri cittadini della validità della battaglia Indipendentista.





Solo con la consapevolezza che tutti i problemi che soffre la nostra popolazione vengono dall’Italia e dai suoi politici inaffidabili, i Lombardi potranno riconquistare quella posizione di eccellenza in ogni ambito, sociale, economico e culturale, che hanno sempre saputo mantenere.

Solo lasciando al suo destino l’infausto Stato unitario si potrà evitare di raggiungere un livello di degrado totale, al quale purtroppo ci stiamo pericolosamente avvicinando.



VIA DALL’ITALIA LOMBARDIA LIBERA




PierGiorgio Seveso


Ufficio Politico

FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA

Askatu49
00venerdì 9 aprile 2010 11:07
Comunicato FIL 08.04.2010
Comunicato FIL 08.04.2010

I SINDACI LOMBARDI CON IL CAPPELLO IN MANO



Oggi circa 400 Sindaci lombardi si sono ritrovati a Milano per quella che sugli organi di stampa e su tutti i media viene definita una “dirompente” protesta contro i tagli governativi alle finanze comunali. “Dirompente” in quanto, con un gesto secondo loro rivoluzionario, i Sindaci hanno “simbolicamente” consegnato al Prefetto di Milano la loro fascia tricolore ( i media non ci informano se la fascia sia stata loro resa alla fine della manifestazione o no……). Mancava ovviamente, a causa di un dissidio sulla forma della manifestazione, la signora Sindaco di Milano, la quale evidentemente non ha fatto una piccola considerazione in merito alla sostanza: il Governo centrale abolendo l’ICI ha svuotato di circa 36 milioni di Euro le casse del Comune da lei amministrato.

Risultato di questa “vibrata” protesta è stata l’ennesima rassicurazione telefonica da Roma del Ministro Tremonti, che ha tranquillizzato i “borgomastri” su un prossimo intervento del Governo romano per risolvere i loro problemi.

Ora, a parte la considerazione che buona parte dei Sindaci in oggetto, a partire dal presidente dell’Anci Lombardia, avv. Fontana, hanno come referente governativo un partito che sostiene di aver a cuore soprattutto il Popolo del Nord (in effetti non abbiamo ancora capito come, in merito alla sua azione di governo degli ultimi tempi….), il FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA non può non fare un paragone con quanto avviene da altra parte d’Europa, nella Catalunya, una delle regioni economicamente e culturalmente più simili alla Lombardia. Negli ultimi mesi si sono svolti dei Referendum in centinaia di piccoli e grandi comuni catalani (nel mese di Aprile saranno circa 200), con l’assenso o quantomeno il beneplacito degli amministratori locali, per chiedere l’Indipendenza dal Regno di Spagna.

Evidentemente gli amministratori locali catalani si sono resi conto che senza l’Indipendenza i loro problemi saranno sempre maggiori e saranno sempre più impossibilitati a dare quelle risposte ai loro cittadini degne di una Nazione civile ed avanzata.

Ecco perché ci permettiamo di dare un consiglio ai nostri borgomastri: invece di tendere il vostro cappello sempre verso Roma, rivolgete il vostro sguardo verso Ovest e ,al di là del Mediterraneo, troverete forse la risposta più chiara alle vostre osservazioni.

VIA DALL’ITALIA - LOMBARDIA LIBERA

PierGiorgio Seveso

Ufficio Politico

FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA
Askatu49
00venerdì 9 aprile 2010 11:08
Comunicato FIL 08.04.2010
Comunicato FIL 08.04.2010

SOLIDARIETA’ AGLI INDIPENDENTISTI BASCHI



Mentre da noi il dibattito politico continua sulle solite ed inutili amenità, il FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA non può che rivolgere la propria attenzione su quanto sta avvenendo in uno Stato vicino, il Regno di Spagna.

Infatti è notizia di questi giorni che la Magistratura spagnola, nell ’ambito del processo repressivo nei confronti degli Indipendentisti Baschi, ha presentato pesantissime richieste di condanna nei confronti di numerosi dirigenti dei movimenti della Izquierda Abertzale (la sinistra patriottica), nonché di totale inibizione dall ’attività politica dei Movimenti in oggetto. Tra i destinatari dei provvedimenti richiesti dall’Audencia Nacional di Madrid si trova anche lo storico dirigente Indipendentista Arnaldo Otegi, tuttora in carcere.

IL FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA, che non si riconosce nell’ impostazione che ritiene il mondo diviso tra destra e sinistra, ma in quella che suddivide le forze politiche fra centraliste ed indipendentiste, non può che esprimere tutta la propria solidarietà ai militanti ed ai movimenti Baschi, impegnati da decenni in un confronto con lo Stato centrale e che hanno più volte espresso negli ultimi anni in pubblici interventi la propria decisione di portare avanti una trattativa politica e non un confronto militare con Madrid.



GORA EUSKAL HERRIA - INDEPENDENTZIA

VIA DALL’ITALIA – LOMBARDIA LIBERA

PierGiorgio Seveso

Ufficio Politico

FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA
Askatu49
00martedì 20 aprile 2010 17:24
Comunicato 20.04.2010
25 APRILE, FESTA DI SAN MARCO



Si avvicina la data del 25 Aprile e, come ogni anno, assisteremo alle trite e tristi polemiche fra Destra e Sinistra italiane sulla celebrazione della ricorrenza della fine delle ostilità del secondo conflitto mondiale.

Il FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA, sfuggendo come sempre alla logica dei due schieramenti opposti, frutto di una ottocentesca visione, mentre si unisce al ricordo di tutti i Lombardi che caddero in questa ed in altre guerre, frutto dell’italica follia, non può che ricordare a tutti i Militanti e Simpatizzanti del Movimento che nella stessa data ricorre la Festa di San Marco, patrono del Veneto, ma le cui insegne garrirono per molto tempo anche su parte della Lombardia.

Festeggiare San Marco significa anche ricordare ai Lombardi un modello di Stato che, per secoli, fu sinonimo di onestà e buona amministrazione, tanto rimpiante oggi, e di integrazione fra Terre e Popoli diversi, uniti sino alla fine dal rispetto di leggi chiare e giuste.

E festeggiare San Marco significa anche, in questo momento storico di ripresa di fervore Indipendentista in ogni Nazione europea, essere al fianco dei Movimenti Venetisti che sabato 24 Aprile saranno in Piazza a Venezia per chiedere a gran voce l’Indipendenza del Veneto, proprio sotto le bandiere con il Leone.

Bandiere di guerra e di pace, ma conosciute nel mondo intero e dal mondo intero rispettate, come conosciute e rispettate sono le genti Venete e Lombarde.



VIVA SAN MARCO - VIA DALL’ITALIA - LOMBARDIA LIBERA



Ufficio Politico

FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA
Askatu49
00lunedì 26 aprile 2010 08:06
Giuseppe Garibaldi tra camicie rosse e sottovesti.
Il caso della contessina Raimondi

E’ noto come un atto fondamentale per il rafforzamento della politica interna del Piemonte sabaudo e quindi per porre le basi per l’invasione della
penisola italiana, fu il famoso “connubio” Rattazzi-Cavour (1852) con la quale il conte piemontese riuscì a formare un governo costituito da esponenti della
sinistra moderata e della destra liberale, isolando così nel Parlamento subalpino la destra clericale, baluardo contro la politica anticattolica verso cui aveva
intenzione di indirizzarsi il Cavour, allo scopo di attrarre la fiducia dei liberal-massoni. L’evento ebbe sicuramente una certa importanza nel sancire
l’ esito del biennio 1859-61 (anche se forse di minore rilevanza rispetto alla politica estera e agli interessi economici), ma qui vorremmo occuparci di un connubio ben più prosaico: il matrimonio tra Giuseppe Garibaldi e la contessina Raimondi. L’esito dell’unione tra i due, come vedremo, ebbe una certa importanza nel far sì che il nizzardo scegliesse effettivamente d’intraprendere l’ “impresa” offertagli da Cavour, anche se fin da subito è bene specificare come la spedizione dei Mille, sfrondata del belletto della retorica, risulti molto meno decisiva al fine della sabaudizzazione della penisola rispetto alla pressione diplomatica e operativa dell’Inghilterra e alle esigenze dei
poteri economici alleati di Cavour. La vicenda che racconteremo è peraltro pienamente in sintonia con l’esistenza sentimentale del Garibaldi, torbida e passionale,
sempre sospesa tra ingenuità e pulsione irrazionale. La contessina Giuseppina Raimondi di Fino Mornasco, figlia di un mazziniano esiliato, era nel 1859 una giovane diciottenne che svolgeva, nel teatro degli scontri della Prima Guerra d’Indipendenza, l’attività di portaordini per i patrioti lombardi, intrecciando il patriottismo con una certa facilità a
concedersi agli aitanti garibaldini. Il 2 giugno la Raimondi si recò, in compagnia di un prete, a Malnate, dove Garibaldi si era ritirato dopo essere stato respinto da Laveno, per chiedere l’intervento del generale a Como, dato che l’effimera vittoria di San Fermo del 27 maggio aveva solo respinto gli austriaci ma non assicurato il controllo della città alle truppe filo- piemontesi. Dopo la serata passata in romantiche conversazioni con la Raimondi, Garibaldi non temporeggiò e diresse al vice Camozzi uno stringato ma
significativo biglietto: “Marcio su Como”. La decisione, presa “sulla base di pulsioni testosteroniche più che tattiche” (G.Oneto), gli permise comunque di evitare l’accerchiamento delle truppe del generale Urban e, ben più importante per lui, di sostare per cinque giorni a casa della Raimondi, dove potè conoscere anche il padre, da poco tornato dall’esilio svizzero e desideroso di guadagnare un seggio in senato con una saggia politica famigliare, incurante dei 34 anni di differenza tra la figlia e Garibaldi. Le vicende belliche lo costrinsero a prendere la via di Bergamo e di Brescia, una passeggiata senza scontri significativi che poco significò nella guerra conclusasi l’11 luglio
con l’armistizio di Villafranca tra Napoleone III e Francesco Giuseppe. Con la fine della guerra Garibaldi poté dedicarsi totalmente ai suoi progetti sentimentali intrattenendo relazioni e corrispondenze con almeno quattro donne contemporaneamente: la bolognese Pepoli, la Raimondi, Speranza von Schwartz, che più volte rifiutò di sposarsi col nizzardo, e la servetta Battistina Ravello, che gli aveva appena sfornato la figlia Anna Maria Imeni, detta Anita.
Ciò che fermava però l’ “eroe” da un impegno più concreto con una delle tre era però il legame matrimoniale che lo univa ancora alla vera Anita, la morte turbolenta della quale aveva reso impossibile al Garibaldi produrre un certificato di morte che avrebbe sancito il termine legale del connubio. Proprio nell’estate riuscì, riesumando la salma di Anita e trasferendola a Nizza, ad ottenere la possibilità di risposarsi ma i problemi politici lo tennero lontano dalla prospettiva matrimoniale. Era rimasto infatti indispettito da alcuni comportamenti di Vittorio Emanuele e Cavour nei suoi confronti, i quali infatti, dopo averlo lusingato col progetto della Nazione armata, una lega di tutte le associazioni patriottiche messa a disposizione del barbuto generale, impedirono qualunque messa in atto dei progetti garibaldini.
Il 28 novembre, mentre stava per imbarcarsi per la Maddalena, un improvviso edeloquente biglietto della Raimondi (“Ti amo, fammi tua”) lo sorprese a Genova, convincendolo a desistere da un volontario esilio e conducendolo a Fino dove la sorte collaborò con Cupido (o forse con la furbizia della Raimondi) in quanto una caduta da cavallo il 4 dicembre lo costrinse a letto per tre settimane, sempre assistito dall’amorevole e interessato conforto della contessina. Il cuore passionale del Garibaldi a quel punto non poté districarsi dal groviglio amoroso e acconsentì ad unirsi nel vincolo nuziale il 24 gennaio 1860, nella chiesa della stessa cittadina comasca. La gioia della celebrazione imenea fu però turbata da una vicenda tragicomica, che a dire il vero per Garibaldi ebbe ben poco di comico. Immediatamente dopo le nozze a Garibaldi venne comunicato, tramite un foglietto, che la novella moglie era incinta di un altro garibaldino, Luigi Caroli, e che lo aveva tradito (forse anche la sera prima del matrimonio) con almeno un altro uomo. Il generale nizzardo mostrò il biglietto alla sposa che non poté negare il fatto, al che Garibaldi scoppiò in un perentorio: “Signora voi siete una puttana!”. A questo la ragazza rispose
con un’orgogliosa quanto infelice risposta: “Pensavo di essermi sacrificata per un eroe, invece non siete che uno zoticone!”. A quel punto Garibaldi partì subito a cavallo non volendo più rivedere per tutta la vita la moglie, che nell’ agosto partorì un bambino morto, che teoricamente avrebbe potuto essere frutto delle focose notti di dicembre del convalescente e della Raimondi infermierina.
Garibaldi spesa la vita nel cercare di ottenere il divorzio, il che gli avrebbe permesso una nuova cartuccia matrimoniale dopo aver sprecato malamente la seconda, cosa che avvenne solo nel 1880. Si vendicò però facendola pagare a tutti quelli che furono implicati nella vicenda: al Caroli venne impedita qualsiasi partecipazione patriottica, tanto da dover andare a morire in Polonia in una spedizione suicida, mentre il conte Raimondi, già inserito nelle liste delle nomine senatoriali, vide troncata ogni possibile ascesa. Dicevamo che la vicenda ebbe immediate connessioni con la spedizione in Sicilia infatti il Garibaldi affranto dalle vicende personali nei mesi seguenti venne stordito
anche da quelle politiche, in particolar modo la cessione di Nizza a cui seguirono le sue dimissioni da deputato. Pressato dagli insorti siciliani, agitato dai mazziniani e intiepidito dal re, Garibaldi, rispetto al suo tipico decisionismo scervellato, si dimostrava stranamente irresoluto e tentennante davanti alla possibilità di guidare una spedizione di volontari per strappare la Sicilia ai Borboni, legandole il cappio sabaudo sotto il pretesto della liberazione dell’isola. Il Cavour nel frattempo, tramite la rete che lo univa
ai rivoltosi siciliani e alla marina britannica, aveva già organizzato per filo e per segno la “passeggiata” duo siciliana e aveva solo bisogno di un protagonista: davanti ai dubbi di Garibaldi il ministro piemontese aveva già pensato anche ad un sostituto, Ignazio Ribotti, noto avventuriero nizzardo.
Davanti alla possibilità di essere eclissato da un concittadino, Garibaldi in un ultimo sussulto di orgoglio mascolino, troppo abbassato dalle vicende del gennaio, accettò in aprile di guidare la spedizione: Cavour trovò così lo spaventapasseri che cercava mentre Garibaldi trovò pane per i suoi denti,cioè un impresa senza rischi ma utile a far continuare il suo mito.

a cura dell'Ufficio Politico del Fronte Indipendentista Lombardia
Askatu49
00lunedì 26 aprile 2010 14:05
COMUNICATO FIL 26.04.2010


EXPO 2015 . BUON APPETITO ……………


Il FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA, che ha fra i suoi scopi la salvaguardia del territorio Lombardo, già ampiamente devastato negli ultimi decenni da operazioni di carattere immobiliare che ne hanno ampiamente trasformato l’immagine e purtroppo anche la sostanza, non può tacere di fronte ai problemi che si creeranno con il cosiddetto EXPO 2015.

Questa iniziativa, partita con faraonici progetti su iniziativa della maggioranza PDL-Lega che governa la Repubblica Italiana, la Regione Lombardia e il Comune di Milano, sta arenandosi (e potremmo anche dire per fortuna …) di fronte alla abituale e prettamente italica incapacità di realizzare quanto si promette e si progetta. Leggendo tra le righe, questi continui stop sono in realtà determinati da una lotta interna che si sta svolgendo in sordina fra le varie componenti della lobby ciellina che domina la politica lombarda e, che in questo momento pare contrapporre l’area formigoniana a quella morattiana. Tutto ciò non in nome di quello che dovrebbe guidare le pubbliche amministrazioni e la politica in toto, e cioè il bene della collettività, ma per ben più prosaici interessi in merito ai terreni sui quali verrà realizzato EXPO 2015.

Ecco in realtà a cosa serve EXPO 2015: enormi interessi di carattere privato vengono messi in campo in quella commistione politico-imprenditoriale che pare essere la specialità di questa classe politica lombarda e che abbiamo già visto in opera in altri importanti settori, come la sanità per esempio.

Ma il nome di EXPO 2015 si lega ad un’altra vicenda relativa alla devastazione territoriale: con lo slogan “Amianto zero per EXPO 2015” la giunta regionale lombarda si e’ data una scadenza ben precisa per l’eliminazione dal territorio lombardo del pericoloso materiale. Ma dove finirà? Il progetto prevede l’apertura di due discariche in una parte di Lombardia spesso dimenticata dai grandi media, la provincia di Cremona. Anche in questo, caso una commistione di interessi privati (di pochi) e di interessi “d’immagine” dei politici. Il tutto, come sempre, attuato nel silenzio totale, alle spalle dei cittadini e sulle spalle degli stessi.

Il FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA, mentre esprime la propria solidarietà con i cittadini della Provincia cremonese che si stanno battendo contro questa ennesima ferita alla Terra Lombarda, intende sottolineare che nessuna operazione contro l’integrità del nostro Territorio e lesiva della (purtroppo ormai già scarsa ..) qualità della vita dei Lombardi passerà inosservata.

Denunceremo sempre ed al alta voce tutte quelle operazioni portate avanti dalla Casta politica lombarda e dai loro amici speculatori, sempre più simili a quella “Roma Ladrona” che qualcuno, che a Roma siede in comodi scranni, si permette ancora di evocare in campagna elettorale, irridendo gli ingenui elettori Lombardi.



VIA DALL’ITALIA - LOMBARDIA LIBERA



PierGiorgio Seveso

Ufficio Politico

FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA
Askatu49
00martedì 27 aprile 2010 09:29
Tra cronaca politica e storia
Tra cronaca politica e storia





Napolitano e l’intoccabilità del “risorgimento”
La chiave di lettura per il discorso alla “Scala”
del 24 aprile 2010

Le recenti dimissioni di molti eminenti personaggi dal comitato per la
celebrazione del 150esimo anniversario dall’invasione sabauda della penisola
palesano un certo sfasamento tra le intenzioni del comitato e la disponibilità
di collaborazione (economica) del governo ed evidenziano la maniera di agire di
certuni lodati intellettuali, sin troppo abituati a pensare e diffondere le
loro idee solo in presenza del sostegno economico dei contribuenti. Nonostante
questo Napolitano sembra risoluto e imperterrito, in singolare duetto con un
Berlusconi commosso dalle sue parole e disposto ad accettare una visione
“risorgimentale” come fondamento della nuova Italia “berlusconizzata”. Come ha
reso evidente nel suo discorso alla Scala per il 25 aprile Napolitano è
disponibile a rendere materia di discussione storica la Resistenza (“ho più
volte ribadito come non ci si debba chiudere in rappresentazioni idilliache e
mitiche della Resistenza e in particolare del movimento partigiano, come non se
ne debbano tacere i limiti e le ombre, come se ne possano mettere a confronto
diverse letture e interpretazioni”), arrivando ad accettare persino quello che
era un tabù per l’interpretazione comunista della Resistenza, ossia la sua
natura di “guerra civile” (parla di “molteplici dimensioni del fenomeno della
Resistenza, compresa quella di “guerra civile””); non accetta che venga però
messo in discussione il Risorgimento, divenuto pietra angolare di questa nuova
identità da costruire (“Quella unità rappresenta oggi, guardando al futuro, una
conquista e un ancoraggio irrinunciabili. Non può formare oggetto di irrisione,
né considerarsi un mito obsoleto, un residuo del passato”). Straordinaria è la
distanza rispetto alle tesi gramsciane: Gramsci considerava il Risorgimento
come una rivoluzione imperfetta da completare, qui Napolitano sembra invece
voler mitizzare il processo risorgimentale, sottolineando come la Resistenza e
la Repubblica non ne dovessero tanto “completare” e “inverare” il contenuto,
quanto dovessero riportarne in luce il vero carattere, cioè funzionare
ideologicamente un po’ come la Riforma protestante avrebbe voluto essere nei
confronti del cristianesimo. La Resistenza e la Repubblica servirono, secondo
Napolitano, infatti a riscoprire il vero carattere della Nazione forgiata dal
Risorgimento, togliendola dall’appannamento e dalla corruzione causate dalla
fascismo e dalla monarchia (“collasso dello Stato sabaudo fascistizzato e di un
generale, pauroso sbandamento del paese”), considerate, aderendo alla visione
crociana della storia d’Italia, una mera parentesi negativa da condannare
moralmente più che da valutare storicamente (“i traumi del fascismo e della
guerra”). Curioso è inoltre che non si sottolinei della Resistenza il suo
carattere di guerra ideologica, amplificando invece a dismisura quello di
“guerra patriottica” (“Si, vedete, amici, il 25 aprile è non solo Festa della
Liberazione : è Festa della riunificazione d’Italia. Dopo essere stata per 20
mesi tagliata in due, l’Italia si riunifica, nella libertà e nell’
indipendenza”), dando così realizzazione all’auspicio espresso sin dalle prime
parole: quello di creare una visione della Resistenza che sappia tenere insieme
post-comunisti, altri antifascisti non comunisti e, perché no, post-fascisti
(“Naturalmente, l’impegno che sollecito, riferito alla Resistenza, esige – per
dispiegarsi pienamente, per ottenere riscontri positivi e suscitare il più
largo consenso – la massima attenzione nel declinare correttamente il
significato e l’eredità della Resistenza, in termini condivisibili, non
restrittivi e settari, non condizionati da esclusivismi faziosi”). La mano tesa
di Napolitano anche a coloro che non hanno mai praticato la religione
resistenziale, e anzi l’hanno apertamente combattuta, non si estende però a
coloro che vogliono contrastare la rinascita dell’idolatria risorgimentale:
costoro sono “fuori della storia”, un non senso logico che si può comprendere
solo all’interno della matrice hegeliana del pensiero di Napolitano (“Solo se
ci si pone fuori della storia e della realtà si possono evocare con nostalgia,
o tornare a immaginare, più entità statuali separate nella nostra penisola”).
Alla luce di questo il presidente può ignorare tutti coloro che si opposero al
processo risorgimentale i quali, in quanto “fuori dalla storia”, non meritano
nemmeno considerazioni ma possono essere semplicemente espunti. Peraltro nelle
righe finali il discorso di Napolitano sembra assumere un altro tono e l’unità
d’Italia, finora giustificata all’interno di una logica “spirituale” (in senso
hegeliano), diviene invece improntata a finalità utilitaristiche (“Per contare
in Europa e per contare nel mondo di oggi e di domani, la nostra unità
nazionale resta punto di forza e leva essenziale”).
La nuova visione su cui il duo Napolitano-Berlusconi vorrebbero improntare l’
Italia del futuro riesce pertanto a tenere insieme tutte le forze scaturite dal
crogiuolo della modernità, dal fascismo all’antifascismo comunista, ma respinge
di principio coloro che rifiutando la moderiità non ne ammettono i principi, in
particolar modo quello del primato della visione “utilitarista”.

A cura dell'Ufficio politico del Fronte Indipendentista Lombardia
Askatu49
00mercoledì 5 maggio 2010 09:01
BOBBY SANDS (Belfast 9/3/1954- Long Kesh 5/5/1981)



Il 5 maggio 1981 nel carcere di Long Kesh decedeva Roibeard Gearoid O’ Seachnasaigh, come avrebbe preferito essere ricordato, o Bobby Sands, come risultava dall’anagrafe dello Stato occupante, primo di una lunga serie di Patrioti Irlandesi, che preferirono la morte all’ignominioso stato di detenuto ordinario.

Confrontandosi frontalmente con il Governo di Sua Maestà britannica rappresentato dalla Lady di Ferro, Margaret Thatcher, immolarono la propria giovane esistenza dopo dure proteste carcerarie, scegliendo di non nutrirsi fino alla fine, colpendo allo stomaco l’opinione pubblica mondiale con la loro determinazione ed il loro coraggio.

Sono passati quasi trent’anni da quei giorni, ma la figura di Bobby indica ancora il cammino a tutti coloro che si impegnano nella battaglia Indipendentista in qualsiasi parte del mondo, cercando di portare il proprio Popolo a raggiungere la Libertà.

Non solo coloro che vissero quei tempi e che ricordano quei lutti, ma soprattutto i giovani si entusiasmano ancora per l’epopea di Bobby e dei suoi compagni di lotta: e’ troppo forte il contrasto fra chi offre tutto, compresa la vita, per un Ideale e chi, come gli odierni politicanti da strapazzo, usano gli Ideali di altri per raggiungere posti di potere e laute prebende.

I Dirigenti, i Militanti e i Sostenitori del FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA non possono che inchinarsi di fronte a tali gigantesche figure, impegnandosi sempre più nel trasmettere al Popolo Lombardo, e soprattutto ai suoi più giovani rappresentanti, l’insegnamento di Bobby Sands.



PER SEMPRE NEI NOSTRI CUORI E NELLE NOSTRE MENTI, BOBBY….



VIA DALL’ITALIA - LOMBARDIA LIBERA

PierGiorgio Seveso

Ufficio Politico – FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA
Askatu49
00mercoledì 5 maggio 2010 14:17
Terrorismo liberale: in ricordo dei morti di Milano (6-9 maggio 1898)


Non solo il presente è testimone delle efferate violenze liberal-democratiche (Iraq, Afghanistan, strangolamenti economici liberisti) ma anche la storia ha molto da mostrare a noi ingenui posteri; i primi decenni di vita del regno sabaudo furono costellati dalla repressione violenta e legalizzata di moti popolari fossero essi espressione del pensiero controrivoluzionario e legittimista, come quello dei briganti duosiciliani sterminati dal gen. Enrico Cialdini in ottemperanza alla legge Pica del 1863, spontanee insurrezioni, come i moti del macinato del 1868-69 contro la omonima tassa, oppure manifestazioni organizzate legate alle prime forme di associazionismo operaio e contadino. Queste ultime, in cui si diluirono le insurrezioni spontanee, incominciarono a dimostrare una certa pericolosità per l’integrità del regno negli anni ’80 quando ai primi scioperi nel Nord Italia (Cremona e Rovigo) seguirono manifestazioni sempre più virulente ed endemiche, anche a causa del crollo della fiducia nelle istituzioni motivato dalle sconfitta di Dogali (1887) e dagli scandali della Banca Romana (1889). L’ultimo decennio del secolo si aprì con la fondazione dei Fasci Siciliani di contadini e operai, la cui grande capacità aggregativa costrinse l’allora capo di governo, Francesco Crispi, a ricorrere alle maniere forti attraverso leggi “contro la sovversione sociale”, ossia contro l’associazionismo proletario.
La morte politica colpì però Crispi in seguito alla sconfitta di Abba Garima del 1896 quando il fortore delle critiche inviperite e la durezza degli scontri, soprattutto a Milano dove il popolo bloccò i binari della stazione centrale per impedire la partenza dei soldati (rimediandone parecchie baionettate), costrinsero il primo ministro alle dimissioni. A quel punto il sovrano Umberto I, nonostante avesse preferito un primo ministro ancora tenacemente bellicista, dovette nominare il marchese siciliano Antonio Starrabba di Rudinì che, pur nell’aleatorietà delle posizioni politiche in quell’epoca, avrebbe dovuto rappresentare la linea liberal-conservatrice; il marchese di Rudinì si era segnalato al truce sguardo di casa Savoia già dal 1866 quando da sindaco di Palermo aveva rifiutato qualsiasi compromesso coi separatisti attuando una repressione nel sangue degli insorti.
Fin da subito assunse un atteggiamento contraddittorio cercando di compiacere le fazioni organizzate di sinistra, con la concessione dell’amnistia ai condannati politici, eppure colpendo la popolazione nei suoi bisogni basilari, con un aumento del dazio sul granoturco da L. 1,15 a L. 7,50, il che ebbe effetti catastrofici considerando che dopo il pane (già colpito dall’aborrita imposta sul macinato) la polenta era l’alimento più consumato.
La montante collera popolare, inasprita dallo scarso raccolto del 1897, portò a una revisione della politica governativa in direzione destrorsa attraverso provvedimenti di soppressione delle camere di lavoro: ciò provocò l’alienazione di qualsiasi appoggio dei socialisti di Turati, mentre rimanevano in attesa i repubblicani radicali e i democratici. Le gravi condizioni d’indigenza premiarono però la posizione del partito socialista rispetto alle altre correnti di sinistra mostrando un inequivocabile scivolamento a sinistra: “i democratici sono moribondi, i repubblicani assorbiti giorno dopo giorno dai socialisti, questi avanzano!” scrisse il Corriere della sera l’indomani delle elezioni politiche del 1897. Ad ogni modo di Rudinì coinvolse la sinistra non socialista nel suo nuovo governo del 1898, nel quale affidò a Giuseppe Zanardelli il ministero di Grazia e Giustizia, equilibrando in tal modo, con un’azione al limite del trasformismo, le forze conservatrici. Integrati nel sistema erano anche i cattolici liberali, ribelli al Non expedit di Pio IX, i quali rinchiusi nella loro ottica elitaria e borghese erano incapaci di interpretare i moti popolari come spontanea espressione della disperazione, preferendo evidenziarne l’azione eversiva e chiedendone, di conseguenza, la repressione.
Il cattolicesimo intransigente invece, avendo rifiutato il coinvolgimento nei tetri meandri del potere liberale e preferito le vie dell’azione caritativa e assistenziale all’interno dell’Opera dei congressi , capì alla perfezione la situazione intuendo, al di là dell’aspetto rivoluzionario e socialista che molti moti avevano, quanto male lo stato liberale stesse provocando alla popolazione; principale voce guida del cattolicesimo intransigente era il giornalista Don Davide Albertario che abitualmente tuonava dalle colonne de L’osservatore cattolico evidenziando come “il liberalismo si dibattesse nell’agonia e portasse i germi di una prossima dissoluzione” e scagliandosi contro “il governo iniquo, gli sperperi e i ladronaggi ufficiali”. Dal 1898 le sollevazioni divennero sempre più diffuse e veementi soprattutto a causa del rialzo dei prezzi del pane, in parte causato dalla guerra ispano-americana ma in parte artificiali (come fu chiesto infatti il governo avrebbe potuto temporaneamente sospendere il dazio), e della chiamata alle armi della classe 1873, tanto da costituire una vera e propria minaccia al governo di Rudinì che non lesinò minacce e veri e propri bagni di sangue. La repressione manu militari, attuata da generali formatisi sull’esempio dei massacratori risorgimentali e sostenuta dagli stati d’assedio proclamati dall’indifferente capo del governo, provocò decine di vittime in tutta la penisola: ciò non fece che acuire la protesta che divenne generalizzata e visse il suo culmine a Milano, in quella che Napoleone Colajanni definì la protesta dello stomaco.
Il 6 maggio nello stabilimento Pirelli di via Galilei i sindacati distribuirono volantini accusanti il governo per la diffusione della carestia, oltre a denunciare l’uccisione il giorno precedente a Pavia di Muzio Mussi (figlio del vicepresidente della camera Giuseppe), che aveva tentato di agire da paciere tra popolo e militari; immediatamente si scatenò una protesta spontanea eccitata dall’intervento della polizia che arrestò svariati sindacalisti e operai. Presentendo il pericolo di una strage, Turati intervenne riuscendo a calmare il tumulto e far rilasciare tutti gli imprigionati tranne uno, una sorta di ostaggio. La permanenza di costui in prigione provocò la spontanea riattivazione della rivolta che si spostò alla caserma di polizia di via Napo Torriani bersagliata da sassate provenienti dalla folla: le fucilate sparate sui manifestanti provocarono la morte di due operai; i moti proseguirono timidamente la sera con piccoli drappelli di esagitati in piazza Duomo e in galleria.
Il 7 maggio mentre il cardinal Ferrari, mal consigliato dal braccio destro Filippo Meda, lasciava i suoi concittadini nel momento del bisogno per una visita pastorale, la mobilitazione popolare sfociò in uno sciopero generale che, memore delle altre cruente repressioni del ‘98, non esitò a erigere barricate per difendersi dalla preventivata reazione dell’esercito guidato dal gen. Fiorenzo Bava Beccaris; a costui, su pressione regia, il marchese di Rudinì aveva affidato la carica di commissario regio che gli permise di dichiarare, nel pomeriggio, lo stato d’assedio, sospendendo in tal modo i diritti civili. Il giorno seguente il generale ordinò alle truppe di sparare ad altezza uomo e, di fronte alla strenua resistenza del popolo che gettava tegole contro i militari ostacolati dalle barricate (soprattutto a porta Vittoria, Romana, Garibaldi e alle colonne di san Lorenzo), mise in azione l’artiglieria pesante che cannoneggiò i popolani ad alzo zero, cioè con la deliberata volontà di commettere un carneficina; tale fu il risultato, dato che la stima ufficiale di 80 morti e 400 feriti è solo un pallido riflesso del reale e sanguinoso effetto. La repressione militare spietata e indiscriminata (fu cannoneggiato e occupato dai soldati anche il convento dei cappuccini in via Monforte) fu accompagnata a partire dal 9 maggio da quella giudiziaria: ne fecero le spese non solo i giornali socialisti (come Critica sociale di Turati e Lotta di classe) e repubblicani, ma persino l’Osservatore cattolico di don Albertario il quale, accusato di aver aizzato la folla coi suoi caustici editoriali, venne condannato a 3 anni di carcere, in compagnia dello stesso Turati, condannato 12 anni, e alla Kuliscioff, 2 anni. Pur non avendo preso parte ai moti direttamente, il cattolicesimo intransigente venne perseguitato per la sua azione di protesta nei confronti della società liberale e anticattolica, tanto è vero che nella repressione vennero coinvolte anche l’Opera dei congressi e il comitato diocesano. La conclusione di questa vergognosa pagina non potè essere che il conferimento al Bava Beccaris della croce di Grande Ufficiale dell’ordine militare di Savoia, per volontà di Umberto I, che due anni dopo pagherà con la vita per mano dell’anarchico Gaetano Bresci, vindice dei morti milanesi, questo gesto sconsiderato. Il naturale connubio cattolico-socialista, inconciliabilmente divisi in tutto il resto tranne che nell’opposizione allo stato liberale, non fu forse del tutto sterile: nei moti di Pavia un giovane focoso universitario di medicina, Edoardo Gemelli, nei panni del militante socialista, professava la sua contrarietà allo stato assassino e affamatore… qualche anno più tardi sarebbe diventato fra Agostino Gemelli!
Il Fronte Indipendentista Lombardia ricorda quindi quei morti e quei coraggiosi che seppero opporsi (con la penna e con la spada) alla belva della Rivoluzione italiana e li mostra ai distratti e ignari lombardi di oggi.

L’ufficio politico del Fronte Indipendentista Lombardia

Askatu49
00giovedì 6 maggio 2010 17:37
Comunicato FIL 06.05.2010
GIU’ LE MANI DALL’ACQUA DEI LOMBARDI



In forza dell’applicazione, prevista entro il 31 dicembre 2010, dell’ art 23bis della legge 133 del 6/8/2008, votata dalla maggioranza del Parlamento italiano, con voto favorevole anche della Lega Nord, la gestione dell’acqua potabile verrà affidata nelle mani di aziende private, defraudando in pratica la popolazione lombarda di un bene primario di eccezionale importanza.

Con la scusa della cattiva gestione pubblica ( in effetti sul territorio della penisola la perdita di acque potabili si aggira sul 30% contro il circa 7% della Germania), assisteremo ad una delle solite svendite agli amici degli amici o, peggio ancora, ad una delle potentissime multinazionali presenti in ambito europeo e gli amministratori locali lombardi si vedranno togliere il controllo su distribuzione e tariffe.

Peggio ancora andrà per i cittadini Lombardi, che diventeranno ostaggi dei suddetti soggetti senza alcun potere di controllo ne’ gestionale ne’ politico.

Continua quindi la politica coloniale costantemente perpetrata dallo Stato italiano: dopo averci depredato della nostra Terra, dopo aver tentato di distruggere la nostra Lingua e le nostre Tradizioni, dopo aver prelevato risorse economiche sempre più considerevoli a fronte di servizi da Terzo Mondo, ora ci tolgono il controllo sulla NOSTRA acqua e domani ci toglieranno tutto il resto.

Per questo il FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA non può che appoggiare e fare sua la battaglia che stanno combattendo Associazioni e Comitati di cittadini che hanno già iniziato raccolte di firme fra la popolazione Lombarda, per dare un segnale molto chiaro: BASTA FURTI AI DANNI DEI LOMBARDI.



VIA DALL’ITALIA - LOMBARDIA LIBERA



Ufficio Politico

FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA
Askatu49
00mercoledì 16 giugno 2010 11:41
Comunicato del 16.06.2010 - FEDERALISMO : la bolla di sapone sta per scoppiare....
FEDERALISMO: LA BOLLA DI SAPONE STA PER SCOPPIARE….



Leggiamo tutti i giorni sulle prime pagine dei maggiori quotidiani le accorate dichiarazioni dei Presidenti di Regione, fra le quali, sempre in evidenza, quelle dell’inossidabile Presidente lombardo Formigoni, in merito alla manovra fiscale attuata dal Governo italiano che metterebbe a serio rischio l’applicazione della riforma federale dello Stato.

Ora, noi che siamo stati sempre critici nei confronti del cosiddetto Federalismo approvato dal Parlamento romano, scatola vuota di contenuti e sostanza, colossale bluff di carattere elettoralistico attuato per confondere come sempre la maggior parte dei cittadini, non possiamo che esprimere un paio di considerazioni sulla vicenda.

Primo, deve essere ben poca cosa questo Federalismo, se un semplice aggiustamento di bilancio, anche se abbastanza gravoso, mette in dubbio l’applicazione di quella che doveva essere la Madri di tutte le riforme, nonché colonna portante dell’alleanza PDL-Lega Nord.

Secondo, non e’ possibile a questo punto non denunciare a chiare lettere l’ambigua politica della stessa Lega Nord, che, tutta tesa nel conquistare nuove posizioni di potere, spaccia per già attuata la Riforma Federale sui propri media e sul territorio, mentre a Roma appoggia senza condizione alcuna tutti i provvedimenti del Governo Berlusconi, anche quelli evidentemente più penalizzanti nei confronti della popolazione Lombarda.

Coloro che negli ultimi decenni si sono autodefiniti paladini delle genti del Nord, si sono in realtà trasformati nei più severi difensori dello sfruttamento italico del nostro Popolo, nonché nei più affamati occupatori di pubblici incarichi, spesso gestiti solo per tornaconto personale.

LOMBARDI APRITE GLI OCCHI, BASTA CON LA RESA INCONDIZIONATA ALL’ITALIA E AI SUOI SERVI

VIA DALL’ITALIA LOMBARDIA LIBERA



PierGiorgio Seveso

Ufficio Politico

FRONTE INDIPENDENTISTA LOMBARDIA
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