La grande menzogna del "Risorgimento italiano": il discorso di Giorgio Napolitano all'Accademia dei Lincei" (12 febbraio 2010)
Giorgio Napolitano: La riflessione storica, ed egualmente l'indagine sulle
vicende politico-istituzionali ed economico-sociali, debbono peraltro
abbracciare l'evoluzione dell'Italia unita nei periodi successivi alla
fondazione del nostro Stato nazionale, fino a consentire un bilancio persuasivo
da far valere nel tempo presente.
Fronte Indipendentista Lombardia: Ammesso e non concesso che sia giusto
celebrare i 150° anni dall’inizio del dominio sabaudo sulla penisola, quest’
occasione non potrebbe essere usata per restituire la loro memoria storica
recente ai popoli italiani? Napolitano dimostra di non essere d’accordo.
Vorrebbe unicamente celebrare un evento che individua come palingenetico: per
Napolitano non c’è nulla d’interessante prima del Risorgimento. L’oblio della
storia degli stati italiani preunitari, come già notava tempo fa il compianto
professor Cesare Mozzarelli, è un vero e proprio gap della storiografia
italiana, che le altre storiografie europee non condividono
Giorgio Napolitano: Perché in effetti con l'avvicinarsi del
centocinquantenario si vedono emergere, tra loro strettamente connessi, giudizi
sommari e pregiudizi volgari sul quel che fu nell'800 il formarsi dell'Italia
come Stato unitario, e bilanci approssimativi e tendenziosi, di stampo
liquidatorio, del lungo cammino percorso dopo il cruciale 17 marzo 1861
Fronte Indipendentista Lombardia: A cosa si riferisce Napolitano? Possiamo
anche essere d’accordo sull’acriticità di una parte della storiografia
antirisorgimentale ma anche tra le file di quella filo-risorgimentale non
mancano giudizi tendenziosi e palesemente propagandistici. Il problema è che
ogni ricostruzione storica dovrebbe essere valutata in base alla sua coerenza
interna e alla sua fondatezza (cioè al riferimento alle fonti), mentre
Napolitano è afflitto da un pregiudizio di stampo snobistico: solo ciò che ha
provenienza accademica è “storiografia seria”.
Giorgio Napolitano: C'è chi afferma con disinvoltura che sempre fragili sono
state le basi del comune sentire nazionale, pur alimentato nei secoli da
profonde radici di cultura e di lingua; e sempre fragili, comunque, le basi del
disegno volto a tradurre elementi riconoscibili di unità culturale in
fondamenti di unità politica e statuale
Fronte Indipendentista Lombardia: Napolitano è vittima della stessa
disinvoltura che rimprovera ad altri. A Chiunque abbia buona fede non può
sfuggire come all’atto dell’unità, secondo il calcolo di Tullio de Mauro, la
percentuale di popolazione che parlava italiano era di circa il 2,5%,
comprendendo tra essi i toscani e i romani (altrimenti un misero 8,9‰). Non può
inoltre ignorare come l’italiano letterario si fondava sulla proposta bembesca
di una lingua ispirata ai modelli del fiorentino trecentesco e non seguisse
quindi la reale lingua parlata, nemmeno quella dei fiorentini. Inoltre la
creazione di una cultura “nazionale” è una tipica invenzione romantica, che ha
poco a che vedere sia con la cultura barocca che con quella rinascimentale e al
massimo s’incomincia a intravedere con l’illuminismo.
Giorgio Napolitano: Non deve sottovalutarsi la presa che può avere in diversi
strati dell'opinione pubblica questa deriva di vecchi e nuovi luoghi comuni di
umori negativi e di calcoli di parte.
Fronte Indipendentista Lombardia: L’accusa di un interesse politico (“calcoli
di parte”) nascosto dietro gli studi revisionistici, bollati come “vecchi e
nuovi luoghi comuni”, è risibile considerando che con questo discorso è
evidente come Napoltano stessa voglia utilizzare e condizionare la produzione
culturale al fine di puntellare l’unità d’Italia (a meno che questa non sia una
finalità politica ma morale o, addirittura,”religiosa”!)
Giorgio Napolitano: E bisogna perciò reagire all'eco che suscitano, in sfere
lontane da quella degli studi più seri, i rumorosi detrattori dell'Unità
italiana.
Fronte Indipendentista Lombardia
Traduciamo: chi vuole parlare deve avere una cattedra e chi ha una cattedra
deve parlare bene dell’unità d’Italia. Circolo vizioso, no?
Giorgio Napolitano: E bisognerà così rivalutarne e farne rivivere anche
aspetti e momenti esaltanti e gloriosi, mortificati o irrisi spesso per
l'ossessivo timore di cedere alla retorica degli ideali e dei sentimenti.
Fronte Indipendentista Lombardia: La scuola dell’obbligo, imposta dal Regno d’
Italia mentre distruggeva l’insegnamento religioso, ha educato generazioni di
scolari non certo attraverso meditate ed equilibrate opere storiche bensì
attraverso la retorica farsesca dei Mercantini, le esagerazioni
propagandistiche dell’ Abba e il greve sentimentalismo di De Amicis. Là dove la
storia non dava sufficienti garanzieFrancesco De Sanctis prima, e Giovanni
Gentile, poi, sapevano bene che sarebbe stato meglio educare con la poesia e la
retorica. Napolitano ha la stessa idea: ridare fiato alla tromba del
patriottismo!
Giorgio Napolitano: Io vorrei solo - guardandomi dal tentare impossibili
sintesi - suggerire, qui, il punto di osservazione dal quale si può meglio
cogliere la forza e la validità dell'esperienza storica dell'Italia unita.
Fronte Indipendentista Lombardia: Cosa significa “la validità dell’esperienza
storica”? La storia (senza alcuna S maiuscola) è meramente l’insieme degli
eventi del passato i quali non possono essere classificati come “validi” o “non
validi” ma, caso .mai, unicamente come “veri” oppure “falsi”.
Giorgio Napolitano: Un punto di riferimento come quello costituito dagli
eventi che fanno per così dire da spartiacque tra l'Italia che consegue la sua
unità e l'Italia che inizia, ottantacinque anni dopo, la sua nuova storia.
Parlo del momento segnato dall'avvento della Repubblica, dall'elezione
dell'Assemblea Costituente, dall'avvio e dallo svolgimento dei lavori di
quest'ultima.
Fronte Indipendentista Lombardia: Il Risorgimento di Napolitano è quello
delle 3 R (Risorgimento-Resistenza-Repubblica) in cui le ultime due sono tese
ad inverare hegelianamente la prima. Napolitano non si estranea dal giochetto
che tutte le filosofie politiche novecentesche (Gramsci, Mussolini, Gobetti)
hanno tentato. Il Risorgimento per loro non è tanto una serie di eventi da
spiegare, bensì il principio di un movimento dello spirito (il geist hegeliano)
che deve ancora assumere la sua vera forma (o, nel caso di Napolitano, l’ha
assunta 85 anni dopo). Questa patina filosofica data alle vicende storiche
offusca la loro realtà: cosa potrebbe mai centrare Cavour con la Resistenza? Se
però questo giochetto è lecito lo si permetta anche a noi: il Risorgimento è l’
affermazione del folle principio nazionalistico che portò alla catastrofe delle
guerre mondiali .
Giorgio Napolitano: L'unità forgiatasi nel Risorgimento aveva ben presto
dovuto far fronte all'esplodere - già nell'estate del 1861 - del brigantaggio
meridionale, che sembrò mettere in causa l'adesione delle popolazioni del
Mezzogiorno al nuovo Stato nazionale, e su cui fece leva il tentativo borbonico
di suscitare una guerriglia politica a fini di restaurazione Le forze del
giovane Stato italiano dovettero impegnarsi per anni, fino al 1865, per
sventare quel tentativo, per sconfiggere militarmente il "grande brigantaggio"
senza che peraltro venissero date risposte a quel che era stata anche una
disperata guerriglia sociale dei contadini poveri del Mezzogiorno
Fronte Indipendentista Lombardia: Napolitano liquida la complessa questione
delle insorgenze antiunitarie meridionali con il termine “grande brigantaggio”,
che implica di necessità una valutazione criminale del fenomeno. Prende
inoltre una posizione insostenibile per unilateralità: il brigantaggio sarebbe
stato fomentato dai Borboni e, di conseguenza, nulla di spontaneo e di
“popolare”. Senza voler negare il ruolo giocato dai Borboni, le sollevazioni
popolari al sud si sviluppano a causa di motivazioni economiche sì ma anche
culturali, religiose e sociali. Le insorgenze popolari, ovunque si siano
generate, hanno avuto cause molteplici proprio perché scaturite da
organizzazioni sociali caratterizzate da un forte grado di coesione: la
legittimità del sovrano non è solo un fattore politico ma ha anche dirette
conseguenze sul piano sociale e religioso, così come il fattore religioso ha un
immediato riflesso sul piano sociale. Dall’altra parte usare il termine
“guerriglia sociale” ci sembra vada ben oltre la stessa interpretazione
marxista del “brigantaggio”, perché sembrerebbe attribuire al popolo una
volontà di rivalsa e rivoluzione sociale (un’autocoscienza rivoluzionaria) che
non solo è impensabile, ma neppure Gramsci gli avrebbe attribuito. E’ da notare
che inoltre Napolitano non spende una parola per commemorare le decine di
migliaia di persone uccise dalla repressione piemontese, che nella sua
neolingua diventa l’ “impegno per sconfiggere militarmente il grande
brigantaggio”. Non temete: nessuno parlerà degli stermini, dell’applicazioni
della legga marziale, delle condanne basate sulla presunzione di colpevolezza
in base alla “scienza” fisiognomica di Lombroso. Non si parla dei vinti ma solo
dei vincitori!
Giorgio Napolitano: Le ragioni storiche profonde dell'Unità risultarono più
forti dei limiti e delle tare, pure innegabili, dell'unificazione compiutasi
nel 1860-61; e ressero per lunghi decenni, da un secolo all'altro, a fratture e
sommovimenti.
Fronte Indipendentista Lombardia: Pur ammirando la sincerità nell’ammettere le
tare del processo di unificazione, non si può tacere dell’infondatezza di
questa affermazione. Non furono presunte “ragioni storiche profonde” (che
altrimenti avrebbero dovuto funzionare anche nei secoli precedenti) a tenere
insieme l’Italia bensì, la forza di reiterate repressioni militari (al sud così
come al nord, come Bava Beccaris a Milano), di un congegnato sistema di
sradicamento territoriale attraverso la leva militare e dell’omologazione
culturale tramite la scuola dell’obbligo, studiata a tavolino con “compasso e
squadra”.
Giorgio Napolitano: Cavour grazie al quale, al Congresso di Parigi del 1856,
per la prima volta nella storia uno Stato italiano aveva "pensato a tutta
l'Italia" e "parlato in nome dell'Italia"
Fronte Indipendentista Lombardia: In realtà è assai dubbio che Cavour volesse
veramente costituire uno stato peninsulare. Molto più probabilmente avrebbe
voluto un ‘espansione sabauda verso la Lombardia e un generale riassetto della
penisola, che comunque non avrebbe mai voluto vedere unificata, soprattutto
sotto i Savoia, che avrebbero guadagnato dall’unificazione solo grattacapi. A
Cavour interessava la ricca Lombardia non certo il sud!
Piergiorgio Seveso - Luca Fumagalli
Ufficio politico del Fronte Indipendentista Lombardia