COMMENTO AL CORANO

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saracenoxxx
00sabato 20 agosto 2005 18:28



I. SURAH
AL-FÂTIHA - L'APRENTE

7 versetti
rivelata alla Mecca

Si chiama l'Aprente, perché si inizia la preghiera recitandola. Essa ha anche molti altri nomi, come "la Madre del Libro", "la Guarigione", "la Protettrice" e "la Base del Corano".
Al-Bukhari disse: «Prese il nome "la Madre del Libro" perché si trova all'inizio del Corano e la si recita cominciando le preghiere».
L'imàm Ahmad riportò da Abu Hurayrah, che il Profeta -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse: «Al-Fâtiha è la Madre del Libro, i sette ripetuti ed anche il Sublime Corano».

Il beneficio di questa Surah

1. Abu Sa'id al-Mu'alla -che Allàh sia soddisfatto di lui- riferì: «Pregavo nella moschea quando l'Inviato di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- mi chiamò ed io non risposi. Terminata la preghiera, gli dissi: "O inviato di Allàh, stavo pregando". Mi rispose: "Non dice forse Allàh: …rispondete ad Allàh e al Suo Messaggero quando vi chiama… Corano VIII. al-Anfàl, 24. – poi proseguì – prima di lasciare la moschea, tu imparerai la migliore sura del Corano", quindi mi prese per mano. Volevo uscire, gli dissi: "Non mi hai detto che mi farai imparare la migliore sura del Corano?". Rispose: "La lode [appartiene] ad Allàh, Signore dei mondi. Corano I. al-Fâtiha, 1. Questa surah contiene i sette versetti che vengono ripetuti, ed essa è anche il grandissimo Corano che mi fu rivelato"».
2. Ubay Ibn Ka'b -che Allàh sia soddisfatto di lui- raccontò che il Messaggero di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse: «Allàh non fece scendere, né nella Torah, né nel Vangelo, nulla di migliore de 'la Madre del Libro', la sura che contiene i sette ripetuti. "Essa è divisa in due parti tra il Mio servo e me"», riportato da at-Tyrmidhi e an-Nissài.
3. Abu Sa'id al-Khudri -che Allàh sia soddisfatto di lui- narrò: «Durante un viaggio facemmo una sosta. Una schiava venne da noi e disse: "Il capo di questa zona è stato morso e gli uomini sono assenti. C'è qualcuno fra voi che pratica esorcismi?". Un uomo, biasimato per i suoi esorcismi, si alzò, si recò dal malato e lo esorcizzò. Quello, essendo guarito, per ricompensarlo gli donò trenta pecore e a noi del latte da bere. Quando l'uomo tornò, gli chiedemmo: "Sei veramente capace di esorcizzare?". Rispose: "Io non ho fatto altro che esorcizzare recitando la Madre del Libro. Non parlatene finché non abbiamo interrogato l'Inviato di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria". Quando tornammo a Medina, lo mettemmo al corrente di questo fatto, ci rispose: «Chi vi ha insegnato che questo è un esorcismo? Accettate il gregge di pecore, dividetelo fra voi e datemene una parte», riportato da al-Bukhari, Muslìm e Abu Dawùd[1].
4. Ibn Abbàs -che Allàh sia soddisfatto di lui- raccontò: «Mentre Gibrìl si trovava presso il Messaggero di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria, questi udì un rumore sopra di lui. Gibrìl levò gli occhi al cielo e disse: "Si è aperta una porta del cielo ed essa non lo è mai stata prima". Un angelo scese e andò dal Profeta -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- e gli disse: "Compiaciti di ricevere due luci che nessun Profeta prima di te ha ricevuto; esse sono 'l'Aprente del Libro' e gli ultimi due versetti della Sura 'al-Baqara – la Giovenca'. Tu non reciterai una delle loro lettere senza essere esaudito». (da sapere che questi versetti contengono molte invocazioni), riportato da Muslìm e an-Nissài.
5. Abu Hurayrah -che Allàh sia soddisfatto di lui- riferì che il Profeta -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse: «La preghiera di colui che pregando non recita 'la Madre del Libro' è incompleta» e lo ripeté per tre volte. Domandarono ad Abu Hurayrah: «[E quando] succede che preghiamo dietro l'Imàm?», rispose: «Recitala nell'intimo, perché ho sentito dire all'inviato di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria: «Allàh -l'Altissimo- ha detto: «Ho diviso la preghiera in due parti fra Me ed il Mio servo, e accorderò al Mio servo tutto ciò che mi chiede. Quando il servo recita: La lode [appartiene] ad Allàh, Signore dei mondi, Allàh dice: «Il Mio servo mi ha lodato». Quando recita: il Compassionevole, il Misericordioso, Allàh dice: «Il Mio servo Mi ha glorificato». Quando recita: Re del Giorno del Giudizio, Allàh dice: «Il Mio servo mi ha esaltato» - secondo una variante: «Il Mio servo si è affidato a Me». Quando recita: Te noi adoriamo a Te chiediamo aiuto, Allàh dice: «Questo è tra Me ed il Mio servo ed Io gli do quello che chiede». Quando recita: Guidaci sulla retta via, la via di coloro che hai colmato di Grazia, non di coloro che [sono incorsi] nella [Tua] ira, né degli sviati, Allàh dice: «Questo appartiene al Mio servo ed Io gli do ciò che chiede», riportato da Muslìm.

I rapporti tra questo hadith e al-Fâtiha

1. La preghiera significa recitazione del Corano, come in questo versetto:
Durante la sàlat non recitare ad alta voce e neppure in sordina… Corano XVII. Al-Isrà, 110.
Questo mostra senza dubbio il merito della recitazione nella preghiera e che essa costituisce una delle sue basi fondamentali. Così è considerata anche la recitazione in quanto preghiera, nel seguente versetto:
…[e fa'] la Recitazione dell'alba… Corano XVII. Al-Isrà, 78,
questa recitazione significa la preghiera dell'alba.
2. Esiste una divergenza di opinioni in merito alla recitazione della Fâtiha nella preghiera, può essere sostituita con un'altra surah?
• Abu Hanifa ed i suoi dissero che la recitazione della Fâtiha non è obbligatoria e può essere sostituita da altri versetti o sure, basandosi sull'ayat:
…Recitate dunque, del Corano, quello che vi sarà agevole... Corano LXXIII. al-Muzzamil, 20,
e, d'altra parte, riferendosi a questo hadith, riportato nei due Sahihayn, nel quale il Profeta -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse all'uomo che pregava male: «Puoi recitare ciò che conosci del Corano» senza ordinargli di recitare la Fâtiha.
• Quanto agli altri Imàm, trassero la prova dall'hadith nel quale il Profeta -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse: «La preghiera di colui che pregando non recita ‘la Madre del Libro’ è incompleta», e da un altro hadith profetico: «Tutta la preghiera, nella quale non si reciti la Fâtiha non è valida», e anche da un altro hadith: «Nessuna preghiera è valida se non si recita la Madre del Corano».
3. Un uomo che prega con i fratelli, dietro l 'Imàm, deve recitare la Fâtiha?
• La prima opinione implica la recitazione come dimostrato dagli ahadith già citati in precedenza.
• La seconda opinione: essa non è più obbligatoria, né nella preghiera recitata ad alta voce, né in quella a bassa voce e, inoltre, riferendosi all'hadith profetico: «Per colui che prega dietro un Imàm, la recitazione di questi sostituisce quella dell'uomo».
• La terza opinione: nella preghiera a voce bassa la recitazione è obbligatoria e non lo è più quando si recita ad alta voce, basandosi su questo hadith: «L'Imàm non è stato istituito se non per essere seguito: quando dice "Allahu Akbar" ditelo a vostra volta, e quando recita [il Corano] state in silenzio», riportato da Muslìm.

Commento della richiesta di rifugio in Allàh

Allàh -l'Altissimo- dice:
E se ti coglie una tentazione di Satana, rifugiati in Allàh. Egli è Colui che tutto ascolta e conosce! Corano VII. al-A'râf, 200,
E dì: «Signore, mi rifugio in Te contro le seduzioni dei demoni, e mi rifugio in Te, Signore, contro la loro presenza vicino a me». Corano XXIII. al-Mu'minùn, 97-98,
…ciò accade solo a chi già possiede un dono immenso. E se mai Satana ti tentasse, rifugiati in Allàh. Corano XLI. Fussilat, 35-36.
Questi sono i soli versetti del Corano che contengono il rifugiarsi in Allàh.
Allàh ordina di blandire il nemico fra gli uomini e di lui presentare il bene, affinché cessi ogni ostilità ed il suo carattere si addolcisca.
Egli ordina, d'altra parte, di chiedere la Sua protezione contro il nemico fra i demoni, perché quest'ultimo non accetta né adulazione, né carità, ma persegue la perdita dei figli d'Adamo, a causa dell'ostilità esistente dopo la creazione di Adamo. Allàh dice, in proposito:
In verità Satana è vostro nemico, trattatelo da nemico… Corano XXXV. Fatir, 6,
e:
…Prenderete lui [Iblis] e la sua progenie come alleati in luogo di Me, nonostante siano vostri nemici?… Corano XVIII. al-Kahf, 50.
Satana prestò giuramento ad Adamo e gli mentì, come sarà allora il suo agire verso di noi, lui che disse ad Allàh:
Per la Tua potenza, tutti li travierò, Corano XXXVIII. Sâd, 82.
Alcuni di coloro che recitano [il Sublime Corano] sostengono che la richiesta di protezione vada fatta dopo la recitazione del Corano, secondo la loro interpretazione del versetto succitato. Ma la maggioranza concorda che questa invocazione debba essere formulata prima della lettura per respingere ogni maligna ispirazione, basandosi per questo sul senso del versetto:
Quando leggi il Corano cerca rifugio in Allàh contro Satana il lapidato. Corano XVI. an-Nahl, 98,
assimilandolo all'ordine divino citato nel versetto:
… Quando vi levate per la preghiera, lavatevi il volto … Corano V. al-Mà'ida, 6,
così come provato da questo hadith: «Quando il Profeta -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- si alzava di notte per fare la preghiera notturna, la iniziava proclamando la grandezza di Dio [Allàh Akbar], la Sua lode e [poi] diceva : "Mi rifugio in Allàh che ascolta e sa tutto, contro Satana il lapidato, contro le sue maligne ispirazioni ed il suo fiato"», riportato da Imàm Ahmad.
La richiesta di rifugio significa: «Domando la protezione di Allàh contro Satana il lapidato[2], contro il suo degrado nella mia fede e nella mia vita terrena, che egli non mi tenga lontano dal compiere ciò che mi è stato prescritto di fare», perché nessun altro che Allàh può allontanare il demonio dall'uomo.


SÛRATU-L-FÂTIHA

Tafsir (commento, interpetazione)


IL SIGNIFICATO DELLA BASMALA [Bismillahi Rahman ar-Rahim]


1. In nome di Allàh, il Compassionevole, il Misericordioso.

Ibn Abbas (r) disse che il Messaggero di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- non era in grado di dividere le Sure prima che gli fosse rivelata la Basmala: In nome di Allàh, il Compassionevole, il Misericordioso.
I compagni del Profeta (saas) iniziarono con essa il Libro di Allàh. Perciò è raccomandato pronunciarla prima di ogni atto o parola, perché l'Inviato di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- affermò: «Ogni decisione presa prima di formulare la basmala è inutile».
È ugualmente raccomandato pronunciarla prima delle abluzioni, facendo riferimento a questo hadith: «Ogni abluzione fatta senza formulare la basmala è nulla».
Quanto al pronunciarla prima dello sgozzare animali è raccomandato, secondo l'Imàm Al-Chafi, ed obbligatoria secondo altre opinioni.
Si raccomanda [di recitarla] anche prima di mangiare, perché il Profeta -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse ad un uomo: «Di': "In nome di Allàh", mangia con la mano destra e serviti di quello che si trova davanti a te», riportato da Muslim.
Così anche quando si vuole avere un rapporto coniugale, secondo l'hadith: «Allorché uno di voi desideri congiungersi con la propria moglie, che dica: "In nome di Allàh! Mio Signore, allontana da noi Satana ed allontana Satana da ciò che ci darai". Se un bambino nascerà da questo rapporto Satana non gli potrà mai nuocere», riferito da al-Bukhari e Muslim, narrato da Ibn Abbàs.

Dio o Allàh è il sublime nome del Signore e racchiude tutte le Sue qualità. Egli dice:
Egli è Allàh, Colui all'infuori del Quale non c'è altro dio, il Conoscitore dell'invisibile e del palese. Egli è il Compassionevole, il Misericordioso. Corano LIX. al-Hashr, 22,
e tutti i nomi contenuti nelle altre ayàt sono qualità ed attributi.
Egli dice:
Ad Allàh appartengono i nomi più belli: invocateLo con quelli… Corano VII. al-A'râf, 180,
e:
Di': «Invocate Allàh o invocate il Compassionevole, qualunque sia il nome con il quale lo invochiate, Egli possiede i nomi più belli…» Corano XVII. al-Isra', 110.

Nei due Sahihayyn: «Allàh ha novantanove nomi: cento meno uno. Chi li ricorda o li enumera entrerà in Paradiso», raccontato da Abu Hurayrah, riportato da al-Bukhari e Muslim.

Il Compassionevole, il Misericordioso, o Colui che usa misericordia: entrambi i nomi derivano dalla misericordia, ed il primo ha un senso più vasto. Poiché alcuni sostennero che così non fosse, al-Qurtubi rispose: «La prova è in questo hadith qudsi, Allàh disse: "Io sono il Compassionevole. Ho creato il legame di parentela e gli ho attribuito un derivato del Mio nome (1). Chiunque lo mantiene, Io lo avvicino a me, e chi lo rompe, Io rompo con lui" un hadith che non lascia nulla da discutere», riportato da at-Thyrmidi.
(1) Il legame di parentela o di sangue è in lingua araba: ar-rahim e deriva da ar-Rahman che significa il Compassionevole e questo termine racchiude la prima parola.

Ibn Jarir disse: «Il Misericordioso verso tutte le sue creature ed il Compassionevole con i credenti».
Per questo Allàh dice:
Il Compassionevole si è innalzato sul Trono. Corano XX. Tà Hà, 5.
E dice anche:
... Egli è misericordioso per i credenti. Corano XXXIII, 43.

In breve, ciò che bisogna ricordare consiste nel sapere che Allàh qualifica l'uomo attraverso qualcuno dei Suoi attributi, ad esempio "Colui che intende" o "Colui che vede", ma Egli riserva a Se Stesso il nome di "Colui che agisce con misericordia".


2. La lode [appartiene] ad Allàh, Signore dei mondi.

Ibn Jarir disse: «La lode [appartiene] ad Allàh è il riconoscimento ad Allàh solamente, al di fuori di tutte le Sue creature, che Egli è degno di questa lode per quello che ha accordato ai Suoi servi di favori, che nessuno è in grado di enumerare, e per la creazione dell'uomo in modo tale che possa usare di tutte le sue membra e compiere tutti i doveri che gli sono stati imposti. Allàh dispensa con larghezza i Suoi doni ai Suoi servi quaggiù, perchè possano esserGli riconoscenti, e, per questo, ordina loro di ringraziarLo dicendo: "La lode [appartiene] ad Allàh". Bisogna sapere che questa espressione ha il senso di un elogio con il quale Allàh stesso si è lodato».
Il Messaggero di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse: «Il migliore ricordo di Allàh consiste nel dire: "Non c'è altra divinità all'infuori di Allàh", la migliore invocazione è: "La lode appartiene ad Allàh"», riportato da at-Thyrmidi.
Disse anche (saas): «Quando un servitore riceve un beneficio da Allàh e dice:"Lode ad Allàh", quello che gli dà [in ricompensa] è migliore di quello che ha ricevuto», riportato da Ibn Mahjja.
Da Ibn Omar, l'Inviato di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse: «Un uomo recitò: "O Signore, a Te la lode, come si addice alla maestà del Tuo Aspetto e alla grandezza del Tuo potere". I due angeli - che accompagnano sempre l'uomo e che annotano le sue buone e cattive azioni - si trovarono in difficoltà a trascrivere. Salirono al cielo e dissero: "O Signore, uno dei Tuoi servi ha proferito parole che noi non sappiamo come trascrivere".
Allàh domandò loro: "Cosa ha detto il mio devoto?", risposero: "Ha detto: «O Signore, a Te la lode, come si addice alla maestà del Tuo Aspetto e alla grandezza del Tuo potere», Allàh replicò : "Annotatele tali e quali, fino a che egli Mi incontrerà per essere ricompensato"», riportato da Ibn Mahjja.

Signore dei mondi: il [termine] "Signore" designa Colui che può disporre di tutto ciò che possiede. "dei mondi" è una parola che racchiude tutto quello che si trova nell'universo, ad eccezione di Allàh.
Al-Farra' e Abu Ubaid dissero: «Il termine "mondo" è in rapporto a tutte le creature dotate di intelligenza, come gli esseri umani, i jinn, gli angeli ed i demoni».
Az-Zajjaj espresse un'opinione diversa e disse: «Esso contiene tutto ciò che Allàh ha creato in questo mondo e nella vita futura».
Al-Qurtuby fu del medesimo parere ed affermò: «La parola "mondi" ingloba tutto quello che si trova nei due mondi, perchè Allàh dice: Disse Faraone: "E chi è questo Signore dei mondi?". Rispose [Mosè]: "Il Signore dei cieli e della terra e di ciò che vi è tra essi. Se solo poteste esserne convinti!", Corano XXVI. ash-Shu'ara, 23-24.».


3. Il Compassionevole, il Misericordioso.

Al-Qurtuby disse: «Allàh si qualifica con questi due nomi, dopo il "Signore dei mondi", per legare l'esortazione al timore, e la prova da questi due versetti:
[O Muhammad] annuncia ai Miei servi che in verità, Io sono il Perdonatore, il Misericordioso, e che il Mio castigo è davvero un castigo doloroso. Corano XV. al-Hijr, 49-50.
e:
... In verità il tuo Signore è rapido al castigo, in verità è perdonatore, misericordioso.
Corano VI. al-'Anàm, 165.
Il Profeta -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse: «Se il credente sapesse ciò che c'è presso Allàh come punizione, nessuno farebbe a meno di desiderare il Paradiso. Se il miscredente sapesse cosa c'è presso Allàh di misericordia, nessuno dispererebbe della sua misericordia», riportato da Muslim.


4. Re del Giorno del Giudizio.

Allàh, essendo il "Signore dei mondi" è dunque il Sovrano o il Re di questo e dell'altro mondo, dove nessuno potrà discuterne o parlare senza il Suo permesso, come Egli dice:
... nessuno oserà parlare, eccetto colui cui il Compassionevole l'avrà permesso e che dirà cose vere. Corano LXXVIII. an-Naba', 38.
e:
Nel Giorno in cui avverrà, nessuno parlerà senza il Suo permesso... Corano XI. Hùd, 105.

Ibn Abbas disse: «Il Giorno del Giudizio è il giorno del rendiconto ultimo, nel quale tutte le creature saranno giudicate in base alle opere che avranno compiuto, se furono buone, saranno ricompensate, se furono cattive, saranno punite, a meno che Allàh perdoni loro».

La parola "Sovrano - o Re"è un attributo che si riferisce ad Allàh solamente, ma in senso figurato viene dato alle persone che sono al potere. Fu citato nei due Sahihayn che il Messaggero di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse: «Allàh afferrerà la terra e piegherà i cieli con la Sua mano, poi dirà: "Io sono il Sovrano, allora dove sono i re della terra? Dove sono i tiranni? Dove sono gli orgogliosi?"», riportato da al-Bukhari e Muslim.

Giorno del Giudizio significa la ricompensa ed il rendiconto, Allàh, parlando degli uomini, dice:
...dovremo rendere conto? Corano XXXVII. as-Sàffàt, 53.

L'Inviato di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse: «Un uomo assennato è quello che giudica se stesso ed agisce in vista della vita futura», riportato da Ahmed, Thirmidi e Ibn Maijà.
Omar -che Allàh si compiaccia di lui- consigliò: «Esaminatevi da soli, prima di essere giudicati».


5. Te noi adoriamo a Te chiediamo aiuto.

L'adorazione significa umiltà. Secondo la shari'à, significa l'amore perfetto, la sottomissione, il timore...
Si può allora affermare, interpretando questo versetto: "Noi non adoriamo nessun altro Dio che Te e noi non confidiamo che in Te", così è la perfetta sottomissione.
La religione si basa su questi due sentimenti: il primo è il disconoscimento del politeismo ed il secondo è la piena ammissione che non c'è forza, nè potenza se non in Allàh, al Quale si affida il nostro destino. Questo significato è contenuto in diversi versetti del Corano, come:
...AdoraLo dunque e confida in Lui ... Corano XI. Hùd, 123,
e:
Di': "Egli è il Compassionevole! Crediamo in Lui e in Lui confidiamo…" Corano LXVII. al-Mulk, 29.
Questo è come un ordine dato al servo, affinché si rivolga ad Allàh direttamente, proprio come si fosse davanti a Lui.

Se l'adorazione è lo scopo cui deve mirare ogni credente, il confidare in Allàh è il mezzo per conseguirlo.
Può essere che ci si interroghi sul perchè uno che prega da solo e recitando questo versetto dice: "Te noi adoriamo", al posto di dire: "Te io adoro". La risposta è la seguente: l'uomo non si consideri solo adorando Allàh, estraneo agli altri, e, d'altra parte, la sua invocazione riguarda anche i fratelli credenti.
D'altro canto, l'espressione "noi adoriamo" ha un senso più umile di sottomissione che il dire "noi T'abbiamo adorato", perchè il servo non cessa di adorare il suo Signore, finchè è vivo e perchè l'uomo, in verità, non potrà adorare Allàh come si addice alla Sua Maestà.

Nonostante le qualità ideali di cui godette il nostro Profeta -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- Allàh lo chiamò Suo servo. Bisogna sapere che in lingua araba la parola 'servo' deriva dall'adorazione come si nota nei seguenti versetti:
La lode [appartiene ad Allàh] che ha fatto scendere il Libro sul Suo schiavo ...
Corano XVIII: al-Kahf, 1,
e:
Quando il servo di Allàh si levò per invocarLo... Corano LXXII. al-Jinn, 19,
e anche:
Gloria a Colui che di notte trasportò il Suo servo ... Corano XVII. al-'Isrà, 1.
Ecco tre casi nei quali Allàh chiama il Suo Messaggero 'servo'.


6. Guidaci sulla retta via,

La retta via, in arabo, significa il luminoso percorso sul quale non s'incontra alcuna ambiguità. Tenendo presente che ancora se ne discute, dal punto di vista religioso furono date diverse interpretazioni in merito al seguire Allàh ed il Suo Messaggero -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria-; si disse:
• "È il Libro di Allàh".
• "È l'Islàm".
• Secondo Ibn Abbas, si tratta della Religione di Allàh che non contiene alcuna ambiguità.
Per Ibn Al-Hanafia [la retta via] è la Religione di Allàh e nessun'altra sarà accettata.
• An-Nawas Ibn Sem'an raccontò che l'Inviato di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse: «Allàh dà l'immagine di una via diritta, lungo i lati della quale si trovano due muri nei quali si aprono porte coperte da tende. Un uomo si trattiene su questa strada e si sente gridare: "O uomini! Imboccate questo sentiero senza deviare". Quando un uomo cerca di aprire una di queste porte, un ammonitore, dal di sopra della strada, lo mette in guardia gridando: "Guai a te! Non aprirla! Se la apri, dovrai entrare".
Ora questa strada è l'Islàm, i due muri sono i limiti dati da Allàh, le porte i Suoi divieti, la persona sulla strada é il Libro di Allàh e quello che grida dall'alto, il predicatore di Allàh che si trova nel cuore di ogni musulmano», riportato da Imàm Ahmed.
• Mujahid sostenne: «La Retta Via è la verità» e questa interpretazione sembra essere la più logica e non è in contrasto con le altre.
• Ibn Jarir disse: «La Retta Via è quella per la quale Allàh si è compiaciuto del Suo Servo, che vi si tiene ben saldo dopo aver ricevuto i Suoi favori e che li traduce in azioni e parole, e sarà per mezzo di queste che Allàh lo colma di benefici, insieme con i Profeti, i giusti, i testimoni ed i virtuosi, portandolo verso l'Islàm».
Ci si potrebbe domandare: "Perchè il credente chiede di essere guidato sulla Retta Via, quando egli esegue sempre la preghiera?". La risposta è che il servitore ha bisogno in ogni momento di essere guidato sia sulla Retta Via che di restarci. Allàh gli mostra il mezzo per essere sempre così, per accordargli soccorso, fermezza e riuscita, ordinandogli di essere un vero credente.
Egli (SWT) dice:
O voi che credete, credete in Allàh e nel Suo Messaggero ... Corano IV. an-Nisà', 136.
Questa fede può essere praticata nella fermezza e nella perseveranza nel compiere le opere buone stabilite.
E Allàh ne sa di più.


7. la via di coloro che hai colmato di Grazia, non di coloro che [sono incorsi] nella [Tua] ira, nè degli sviati.

In questa ayah, Allàh puntualizza la via riservata alle persone virtuose, come la indica nel versetto:
Coloro che obbediscono ad Allàh e al Suo Messaggero saranno tra coloro che Allàh ha colmato della Sua grazia: Profeti, uomini di verità, martiri, gente del bene. Che ottima compagnia!
Corano IV. An-Nisà', 69.
La medesima interpretazione, secondo Ibn Abbàs, il quale dedusse che ciò non potrà essere acquisito che grazie all'adorazione di Allàh ed alla sottomissione alla Sua volontà.
Il versetto 7. della Surah distingue la strada dei virtuosi che Allàh ha colmato dei Suoi favori, da quella di coloro che incorrono nella collera di Allàh, che sono sviati e non si dirigono più verso la verità.
Secondo l'interpretazione degli esegeti (Ulema), i primi sono gli ebrei, in base all'ayah:
… Coloro che Allàh ha maledetto, che hanno destato la Sua collera e che ha trasformato in scimmie e porci, … Corano V. al-Mà'ida, 60.
Quanto agli ultimi, sono i cristiani, come Allàh li menziona nel versetto:
… coloro che si sono traviati e che hanno traviato molti altri, che hanno perduto la retta via.
Corano V. al-Mà'ida, 77.
Ciò fu confermato anche dal seguente hadith, Adi Ibn Hatim raccontò: «Chiesi all'Inviato di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- a proposito del versetto "non di coloro che [sono incorsi] nella [Tua] ira", mi rispose: "Sono gli ebrei, quanto agli sviati, sono i cristiani"».

Si raccomanda, a chi recita la Fâtiha di dire alla fine "Amin" che significa "esaudisci la mia preghiera".
Riportò Abu Hurayrah: «Quando il Messaggero di Allàh -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- terminava di recitare "non di coloro che [sono incorsi] nella [Tua] ira, nè degli sviati", diceva "Amin", in modo da farsi sentire da coloro che erano dietro di lui.


COSA CONTIENE QUESTA SURAH

Questa Surah, costituita da 7 ayat, contiene: la lode di Allàh, la Sua glorificazione, qualcuno dei Suoi attributi, il raduno che è il Giorno del Giudizio, l'Unicità di Allàh e la Sua sincera adorazione, l'attestazione che Egli è lontano dall'avere un uguale o un simile, la richiesta di essere guidati sulla Retta Via e di esservi consolidati, di attraversare il ponte "Sirat" ed entrare nel Paradiso delle delizie accanto ai profeti, ai giusti, ai martiri e ai devoti.
Ugualmente contiene l'esortazione a compiere buone azioni, per essere ben ricompensati nel Giorno della Resurrezione, e mette in guardia dall'imboccare la strada dello smarrimento, per non essere riuniti con gli sviati e con coloro che sono incorsi nella collera di Allàh.
Nessuno potrà guidare colui che Allàh svia, poiché compete solamente ad Allàh accordare benefici e guidare.
Gli appartenenti alla Qadarya – che rinnegano il destino – che affermano che i servi sceglierebbero e compirebbero loro stessi le proprie azioni, traggono argomenti, per rinforzare la loro innovazione, da versetti che potrebbero prestarsi all'incertezza, abbandonando i fondamenti, essi costituiscono senza dubbio le persone che si sono sviate e che sviano.
Secondo un hadith autentico, il Profeta -che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria- disse: «Quando incontrate coloro che seguono versetti che si prestano al dubbio, essi sono coloro che Allàh ha indicato, non fidatevi di loro».
Perché il Corano ben distingue tra verità ed errore, retta via e smarrimento, e non contiene né contraddizioni, né divergenze, perché è la rivelazione del Saggio e Degno di lode.

traduzione del
Tafsir di Ibn Khatir
a cura di
ISLÀMIQRA'
traduzioni di argomenti e testi islamici autentici
per l'istruzione e la diffusione dell' Islàm
in Internet al sito: web.tiscali.it/islamiqra

saracenoxxx
00sabato 20 agosto 2005 18:32
IL CORANO
Un introduzione al Sacro Corano
Ahmad Michelangelo Guida
Bismillahirrahmanirrahim
La ¡alat e il saluto sia sul Profeta Muhammad e sulla sua Famiglia e sui suoi Compagni tutti; dopo di ciò...

La parola Qur'an:
La parola italiana "Corano" (in inglese e tedesco "Koran", in francese "Coran" e in spagnolo "Corán") deriva dalla parola araba "Qur'an", che a sua volta deriva dalla radice QaRa'A che significa recitare, recitare salmodiando, declamare, leggere, leggere attentamente, studiare. La parola "Qur'an" si costruisce sulla forma di fu'alan, e dall'incontro della lettera hamza, della radice, e la alif della forma scaturisce la damma.
Questo nome lo ritroviamo nello stesso Corano: «In verità questo Corano guida a ciò che è giusto e annuncia ai fedeli che compiono il bene che avranno una grande ricompensa» (XVII:9).
Inoltre nel Corano troviamo che la Rivelazione fatta da Allah al Messaggero Muhammad (SAAS) viene chiamata in altri modi come per esempio dikr (Ricordo), oppure Kitab (Libro), al-Furqan (quello che scinde il bene dal male) o Bushrà (la lieta novella)...

La differenza tra il Corano, gli hadith al-qudsi e gli hadith:
È importante capire subito questa importante differenza. Per hadith si intende tutto ciò che viene riportato del Messaggero (SAAS): detti, azioni e disposizioni o anche le sue abitudini e caratteristiche. Lo hadith al-qudsi, invece, sono le parole di Allah trasmesse alla gente con le espressioni del Messaggero (SAAS). Il Corano è la Parola di Allah rivelata a Muhammad (SAAS), e trasmesse alla gente riportando fedelmente il contenuto e le espressioni di Allah l'Altissimo.

La discesa e la rivelazione:
Durante la "Notte del Destino" (una delle ultime dieci notti del mese di ramadan) del 610 d.C. discese tutto il Corano fino alla Bayt al-'Izza, nel primo cielo. Ecco perché l'Altissimo dice: «È nel mese di ramadan che abbiamo fatto scendere il Corano» (II:185), e dice ancora: «Invero lo abbiamo fatto scendere nella notte del Qadr» (XCVII:1). Nell'arco, poi, di ventitré anni è stato rivelato a Muhammad (SAAS), non nell'ordine che noi oggi conosciamo, ma ogni versetto venne rivelato per dare indicazioni alla comunità musulmana che in quei ventitré anni si andava costruendo, seguendo quindi quelli che era l'ordine degli eventi.

Al-Wahi (rivelazione, ispirazione):
«Non è dato all'uomo che Allah parli, se non per ispirazione o da dietro un velo, o inviando un messaggero che gli riveli, con il Suo permesso, quel che egli vuole. Egli è altissimo, saggio» (XLII:51). Ecco presentati in questo versetto i modi attraverso i quali Allah comunica con i profeti e come ha trasmesso il Corano: (1) Per ispirazione: durante il sonno, così come avvenne per Abramo quando gli si ordinò di sacrificare suo figlio Ismaele (vedi il versetto XXXVII:102). Muhammad (SAAS) ricevette alcune rivelazioni del Corano in questo modo; infatti Anas ha riferito che: «Un giorno il Messaggero di Allah (SAAS) era alla moschea che sonnecchiava poi alzò la testa sorridendo, e io chiesi: "Cosa ti fa ridere, o Messaggero di Allah?" Rispose: "È appena scesa su di me una sura [un capitolo del Corano]; — ed iniziò a leggere — Nel nome di Allah Clemente, Misericordioso..." la sura al-KawTHar [la CVIII]» (Muslim). (2) Da dietro un velo: come per Mosè sul Sinai e durante l'Isra', l'ascensione al settimo cielo, di Muhammad (SAAS). (3) Inviando un messaggero: attraverso un angelo, cioè. Il Profeta (SAAS) ha raccontato che questa ispirazione poteva venire come un suono di un campanello oppure l'Angelo, Gabriele, prendeva forma umana e dialogava direttamente con lui.

Il Corano ai tempi del Profeta (SAAS):
Man mano che i versetti venivano rivelati, i fedeli usavano memorizzarli o scriverli. La memorizzazione era una cosa consueta agli arabi, anche perché a Mecca nel periodo dell'avvento dell'Islam solo diciasette persone sapevano leggere e scrivere. Ci sono alcune persone che vennero segnalate per la loro puntualità e per la forte memoria: da 'Abd Allah ibn 'Amru ibn al-'As: «Ho sentito il Messaggero di Allah (SAAS) dire: "Prendete il Corano da quattro persone: 'Abd Allah ibn Mas'ud, da Salim [il mawlà di Abu Hudayfa], da Mu'adh [ibn Jabal] e da Ubayy ibn Ka'b"» (Bukhari 4999). In altre versioni compaiono altri tre nomi: quello di Zayd ibn Thabit, di Abu Zayd ibn al-Sakan e di Abu al-Darda'.
Ma con l'avvento dell'Islam nacquero anche delle scuole e la scrittura si diffuse, tanto che solo il Profeta r ebbe circa cinquanta segretari ai quali dettava anche il Corano. Allora non esisteva ancora la carta (che arriverà nel mondo islamico dopo il 751) per cui si scriveva su pezzi di stoffe, sul cuoio, su pietre lisce o ossa di animali. Si sa che alcuni Compagni conservarono a lungo delle proprie copie (mashaf) del Corano, questi sono: 'Ali ibn Abu Talib, Mu'adh ibn Jabal, Ubayy ibn Ka'b, Zayd ibn Thabit, 'Abd Allah ibn Mas'ud.

Ai tempi di Abu Bakr t:
Alla morte di Muhammad (SAAS), Abu Bakr divenne guida della giovane comunità musulmana e si trovò ad affrontare le rivolte di alcune tribù arabe, per motivi essenzialmente politici e fiscali. Ma con la sconfitta della tribù dei Tamim, nella battaglia di Yamama (12° anno dell'ègira / 633 d.C.), si mise fise a queste rivolte. In quest'ultima battaglia, però, morirono settanta lettori del Corano (qurra' — coloro che avevano memorizzato il Corano), e questo fece preoccupare i Compagni, i quali temevano che si potesse perdere il Libro Sacro, tanto che 'Umar propose al Califfo di raccogliere tutti i brani del Corano. La proposta venne accettata da Abu Bakr, il quale ordinò a Zayd ibn Thabit di preparare una copia completa del Corano. Zayd ibn Thabit, che fu segretario del Profeta (SAAS) e che aveva ben memorizzato il Corano e ne possedeva anche una copia scritta, nello stesso anno ne realizzò una copia ordinata e completa, proprio perché le copie scritte preesistenti non erano complete e non sempre rispettavano l'ordine dei capitoli e dei versetti.
Questa copia poi fu affidata, alla morte di Abu Bakr, al Califfo 'Umar il quale la diede a sua volta alla figlia Hafsa, che fu anche moglie del Messaggero di Allah (SAAS).

Ai tempi di 'Uthman:
Nel 644, quando 'Uthman ibn 'Affan divenne califfo, l'Islam si era molto diffuso, l'Impero musulmano si era grandemente espanso e i Compagni ancora vivi si erano sparpagliati in tutta l'area conquistata che andava dall'Egitto fino alla Persia e dallo Yemen fino all'Iraq (un area pari quasi all'Europa!). Ed iniziarono a nascere alcuni errori nella lettura del Corano tanto che nelle campagne militari in Armenia e nell'Azerbaigian, dove si incontrarono persone proveniente dall'Iraq e dalla Siria, Hudayfa ibn al-Yaman — uno dei Compagni che si era distinto nella conquista dell'Iraq — notò che vi erano molte letture contrastanti del Corano, e questi contrasti divenivano motivo di insulti e divisioni nella comunità. Quando il Califfo venne a sapere da Hudayfa di ciò che stava accadendo volle istituire una commissione, presieduta da Zayd ibn Thabit, per redigere una serie di copie del Corano da inviare ai centri principali e per distruggere tutte quelle copie errate o manchevoli. In un hadith del Bukhri troviamo che «'Uthman ordinò a Zayd ibn Thabit, a Sa'd ibn al-'As, ad Abd Allah ibn al-Zubayr ed ad Abd al-Rahman ibn al-Harith ibn Hisham di produrre dei volumi del Corano, e gli disse: "Se voi e Zayd bin Thabit siete in disaccordo su qualcosa dell'arabo, dell'arabo del Corano, allora scrivetelo nella lingua dei Quraysh, il Corano in verità è stato rivelato nella loro lingua" e così fecero» (Bukhari 4984). Dunque all'interno della comunità erano nati contrasti sulla lingua e il Califfo impose la "lingua" dei Quraysh (in un altro capitolo vedremo la questione legata alla "lingua", Allah volendo). Inoltre vi erano delle versioni con delle parole diverse; ad esempio un passo della copia di Ibn Mas'ud recitava: «E assolvete al Pellegrinaggio e alla Visita per la Casa [per la Ka'ba]», mentre il Corano recita: «E assolvete al Pellegrinaggio e alla Visita per Allah» (II:196). La commissione composta da i tre qurayshiti e presieduta da Zayd ottenne da Hafsa la copia preparata durante il califfato di Abu Bakr, e compilò sei copie del Corano che inviò a Mecca, in Siria (Sham), nello Yemen, nel Bahrayn, a Bassora, a Kufa e ne trattennero a Medina una copia. Inoltre essi adoperarono un nuovo carattere, più semplice e comprensibile, che comprendeva ventotto lettere (ventinove se si considerano la alif e la hamza come due lettere distinte), secondo alcuni voluta dallo stesso Profeta (SAAS).
Nel terzo secolo dopo l'ègira verranno introdotte, per rendere la lettura facile ai musulmani non arabi, anche le haraka — le vocali brevi —, i puntini per meglio distinguere tra loro alcune lettere, le pause e degli elementi grafici per evidenziare l'inizio di ogni singola sura e la fine di ogni versetto.

Ordine dei versetti e delle sure:
Il Corano si divide in Aya, versetti, che sono una sezione delle Parole di Allah, ordinate all'interno delle sure, o capitoli. Il Corano è diviso in centoquattordici sure, la più lunga è la sura al-Baqara (II) che è divisa in duecentottantasei versetti, mentre le più brevi sono la sura al-'Asr (CIII), la sura al-Kawthar (CVIII) e la sura al-Nasr (CX) che sono divise in tre versetti.
L'ordine dei versetti e dei capitoli che oggi troviamo in qualsiasi copia del Corano, non rispecchia l'ordine cronologico della rivelazione. Infatti i primi versetti rivelati sono oggi contenuti nella novantaseiesima sura, mentre vi sono diversi capitoli che contengono versetti di periodi diversi, come ad esempio la sura al-Kahf (XVIII) è stata rivelata in gran parte a Mecca ma i versetti 38 e i versetti da 83 a 101 sono stati rivelati a Medina.
Allora chi ha ordinato i versetti e i capitoli? Senza alcun dubbio le aya sono state ordinate all'interno del Corano da Muhammad (SAAS) su ordine di Jibril (Gabriele), il quale verificò più volte l'intero testo del Corano. E l'ordine e l'integrità dei versetti, dopo la morte del Profeta (SAAS), fu sempre rispettata tanto che Ibn Zubayr (uno dei componenti della commissione per la preparazione di alcune copie del Corano sotto 'Uthman) racconta: Chiesi a 'Uthman: «Il versetto del Baqara "E coloro di voi che muoiono lasciando delle spose" [II:234] ha abolito [nasakhat] un altro versetto, non lo dobbiamo più riportare?» Rispose: «Lo devi riportare, o figlio di mio fratello, io non cambierò nulla in questo [del Corano], neanche la sua disposizione» (Bukhari 4536)
Per quanto riguarda l'ordine delle sure, l'opinione prevalente è che sia stato stabilito anch'esso dallo stesso Messaggero di Allah (SAAS). Ma qualcuno sostiene anche che sia frutto dell'Ijtihad dei Compagni — un interpretazione autonoma dei Compagni del Profeta (SAAS) —, e secondo altri in parte si rifà all'ordine del Profeta (SAAS), e in parte, invece, ai Compagni.

Le sure meccane e quelle medinesi:
Già abbiamo parlato di versetti rivelati a Mecca e versetti rivelati a Medina. Questa divisione è molto importante e ci è di grande aiuto. Innanzi tutto il sapere dove sia stata rivelato un versetto ci aiuta a capire il contesto in cui è stato rivelato un versetto e il perché di certe affermazioni, inoltre i mufassir — gli esegeti — possono così stabilire quale sia il versetto nasikh (abrogante) e quale quello mansukh (l'abbrogato); Inoltre ci mostra quale fosse il modo di portare l'Islam alla gente, quale il modo di fare da'wa; Infine ci aiuta a ripercorrere, attraverso i versetti coranici, le fasi della vita del Profeta Muhammad (SAAS).
I sistemi usati per stabilire se una sura o un versetto sia meccano oppure medinese sono essenzialmente due:
1) Al-minhaj al-sama'i: che consiste nel riprendere gli hadith corretti sul momento e il contesto di una rivelazione trasmessi dai sahaba (i Compagni che furono presenti alle rivelazioni) o dai Tabi'in (la generazione successiva che studiò presso i sahaba).
2) Al-minhaJ al-qiyasi al-Ijtihadi: che consiste nel datare un versetto o una sura grazie alle peculiarità dei versetti meccani o di quelli medinesi. Per esempio: le sure che aprono con delle lettere, come "Alif lam mim", "Alif lam ra'" oppure " Ha' mim" (dette "Lettere spezzate") sono generalmente meccane (fanno eccezione al-Baqara, Al 'Imran e probabilmente al-Ra'd); e sono meccane le sure che hanno una saJda (una prosternazione durante la lettura); tutte quelle sure, invece, nelle quali si ricordano gli ipocriti sono medinesi.
I sistemi per dividere le sure tra meccane e medinesi sono tre: 1) In base al periodo in cui è stato rivelata una sura: prima dell'egira sono meccane e dopo l'egira sono medinesi; 2) In base al luogo in cui è stata rivelata: saranno meccane le sure che sono state rivelate a Mecca e nei dintorni (quindi anche a Munà, 'Arafat e al-Hudaybiya) e saranno medinesi se rivelate a Medina e nei dintorni (quindi anche Uhud e Quba'). E i versetti rivelati lontano da queste due città (per esempio a Gerusalemme o Tabuk) saranno classificati come meccani, così come i versetti rivelati dopo la Conquista di Mecca. 3) In base alla gente alla quale si rivolge: se un versetto si rivolge ai politeisti meccani o se si rivolge alle genti di Medina.

La lingua del Corano:
Il Corano è stato rivelato senza alcun dubbio in lingua araba, infatti Allah l'Altissimo dice: è disceso... «In lingua araba esplicita» (XXVI:195); «Gli rivelammo un Corano in arabo affinché comprendiate» (XII:2). A questo punto però il Tabari si chiede: «Se ciò è corretto alla luce di queste prove, in quale lingua araba è stato rivelato? La parola "arabo" racchiude un insieme di nomi di arabi, i quali avevano differenti lingue avevano una diversa pronuncia e diverse parole». Infatti non esisteva un unico arabo, ma esistevano diverse "lingue arabe" (dialetti) all'interno della Penisola araba. Allora c'è da chiedersi, così come ha fatto il Tabari, in quale lingua è stato rivelato il Corano, nella lingua dei Quraysh di Mecca o in quella dello Yemen, o in un altra lingua della Penisola araba.
'Umar bin al-Khattab ha detto: «Ho sentito Hisham ibn Hakim leggere la sura al-Furqan quando il Messaggero di Allah (SAAS) era in vita, e ascoltavo la sua lettura, quando però lesse molte lettere [huruf] che non mi aveva letto il Messaggero di Allah (SAAS), stavo per afferrarlo durante la salat, ma mi trattenni finché salutò [finché non concluse la preghiera], lo strinsi con i suoi vestiti, e dissi: "Chi ti ha recitato questa sura che ti ho sentito recitare?" Rispose: "Me l'ha recitata il Messaggero di Allah (SAAS)". Dissi: "Hai mentito, il Messaggero di Allah (SAAS) me l'ha recitata in modo diverso da come la reciti tu". Lo liberai per condurlo da Messaggero di Allah (SAAS), e dissi: "Ho sentito questo qua recitare la sura del Furqan con delle lettere che non hai recitato a me". Disse il Messaggero di Allah (SAAS): "Fammelo venire... Recita Hisham!". Lesse nello stesso modo che io avevo sentito, e poi il Messaggero di Allah (SAAS) disse: "Così è stato rivelato". Poi disse: "Recita 'Umar!" Recitai nel modo nel quale mi è stato recitato. Infine disse il Messagero di Allah (SAAS): "Così è stato rivelato; In verità questo Corano è stato recitato in sette lettere, recitate dunque nel modo che vi è più facile"». (Bukhari 4991, Muslim, Abu Daud, Nisa'i, Tirmidhi e Ahmad). Secondo molti dei più autorevoli sapienti musulmani le "sette lettere" di cui ha parlato il Profeta (SAAS) non sarebbero altro che i sette dialetti arabi pricipali. «Il Corano è stato rivelato il sette lingue» — come dice Ibn 'Abbas — ma con un unico significato; le lingue sarebbero quelle dei Quraysh, degli Hudayl, dei Äaqif (o dei Rabi'a), degli Hawazin, dei Kinana (o degli al-Azn), dei Tamim, o quella Yemenita (o dei Sa'd ibn Bakr). Questo significa per alcuni che il Corano contenga diversi brani rivelati in diversi dialetti, ma per altri invece significa che l'intero Corano sia stato rivelato sette volte in sette lingue diverse, tant'è vero che il Messaggero di Allah (SAAS) ha detto: «Disse Jibril: "Leggi il Corano in una lettera [harf]". Disse Mika'il: "Chiedine di più — continuò dicendo — in due..." finché raggiunse sei o sette lettere, e disse: "Tutte sono esaurienti e sufficienti". Non sostituisce un versetto sulla punizione con un versetto sulla benedizione, né sostituisce un versetto sulla benedizione con un versetto sulla punizione» (riportata dal Tabari).
Ma qual è stata l'utilità di rivelare il Corano in sette lingue diverse nella pronuncia e in alcune parole ma con un medesimo significato? La prima necessità era quella di facilitarne l'apprensione e la lettura a tutti gli arabi della Penisola; infatti vediamo in un hadith trasmesso da Ubayy: «Il Messaggero di Allah (SAAS) incontrò Jibril a Ahjar al-Mara' [nei pressi di Quba'] e disse: "Sono stato inviato ad un popolo di ignoranti, tra loro ci sono bambini, servi e vecchi decrepiti e anziani". Rispose Jibril: "Leggete allora il Corano in sette lingue [sette lettere]"» (Ahmad, Abu Daud e Tirmidhi). Poi il Corano è stato il maggior segno e miracolo della missione profetica di Muhammad (SAAS), e il fatto di averlo rivelato in diverse lingue è un ulteriore prova e segno della sua provenienza divina.
Il testo unico che 'Uthman fece redigere, ed è quello che ci è giunto, è il testo sul quale i Compagni del Profeta hanno raggiunto un accordo. Ecco perché la conclusione alla quale sono arrivati gli orientalisti è quella che il linguaggio coranico si divida tra la koinè (una lingua comune) poetica e il dialetto meccano, o, meglio, una variante meccana del linguaggio letterale.

Letture e lettori:
Un discorso diverso deve essere affrontato per ciò che riguarda i lettori e le diverse letture del Corano. Infatti le differenze tra le letture è da ricercare nelle diverse scuole che si sono costituite circa due secoli dopo l'egira nei diversi centri culturali dell'Impero islamico. Nacquero almeno sette scuole tra Medina, Kufa, Mecca, Bassora e la Siria sulle quali si basano quattordici versioni differenti. Le più diffuse oggi nelle moschee d'Italia sono senza dubbio la versione di Warsh (m. 197 h) che si basa su Nafi' ibn 'Abd al-Rahman di Medina (m. 169 h) e quella di Hafs (morto attorno al 190 h) basata su quella di 'Asim ibn al-Najud di Kufa (m. 127 h).
Le differenze sostanziali tra le varie letture consistono in alcune regole di lettura salmodiata (tajwid), ed a volte nella vocalizzazione di alcune parole e nella divisione in versetti.

Al-Nasikh e al-Mansukh:
Allah ha inviato numerosi profeti e inviati all'umanità, ma il credo islamico attraverso i millenni non ha conosciuto alcun cambiamento: «Non inviammo prima di te nessun messaggero senza rivelargli che non c'è altra divinità che Me, allora adorateMi» (XXI:25). La stessa cosa non è avvenuta per la Legge, ovvero tutte le norme che regolano la società e le pratiche religiose, anche se hanno sempre concordato nei principi. Questo è avvenuto perché man mano che si sviluppavano e cambiavano le società umane avevano bisogno di diversi modelli da seguire. Anche gli anni, in cui è stato rivelato il Corano, hanno visto la crescita e lo sviluppo della comunità musulmana. Nei primi anni si trattava di organizzare un piccolo gruppo che non costituivano una vera e propria comunità, e il loro scopo era esclusivamente religioso. Con il crescere della comunità con la predicazione pubblica e con l'emigrazione a Medina nacque una vera e propria comunità che aveva bisogno di norme che regolassero la vita sociale, politica ed economica che tenessero però conto che bisognava affrontare un periodo di transizione tra le regole tribali e pagane degli arabi pre-islamici e l'ordinamento definitivo dell'Islam. Ecco perché troviamo nella Sunna e nel Corano delle norme che sono state abbrogate, dette mansukh, da altre che cronologicamente successive, dette nasikh (abbroganti). Abbiamo il caso che versetti del Corano possano essere abrogati da altri versetti del Corano, ma anche la possibilità che versetti del Corano possano essere abrogati dalla Sunna. Quest'ultimo caso è possibile per l'Imam Malik, Ahmad e Abu Hanifa perchè la Sunna è da considerare sempre come wahi in base al versetto: «E neppure parla a vanvera: non è altro che una rivelazione ispirata» (LIII:3-4). Però per l'Imam Shafi'i e per Ahmad (in un altra versione) la cosa non è possibile per il versetto che dice: «Non abroghiamo un versetto né te lo facciamo dimenticare, senza dartene uno migliore o uguale» (II:106), e poi perché la Sunna non è superiore al Corano. Vi sono casi poi che la Sunna fosse abrogata dal Corano o che la Sunna fosse abrogata dalla stessa Sunna: più precisamente un singolo hadith può abrogarne un altro, più hadith possono abrogarne uno e più hadith possono abrogarne altri, ma un singolo non può abrogare più hadith.
Adesso per maggiore chiarezza facciamo qualche esempio di versetti coranici che sono stati abbrogati da versetti rivelati successivamente. «Ti chiedono del combattere nel mese sacro: Di': "Combattere in questo [mese] è un grande [offesa]"» (II:217): questo versetto (mansukh) parla del divieto di combattere nel mese lunare di rajab, ed è stato abbrogato dal seguente versetto (nasikh) che da la possibilità di combattere anche nei mesi sacri: «Quattro di loro sono sacri. Questa è la Religione retta. In questi mesi non opprimete voi stessi, ma combattete tutti assieme i miscredenti come essi vi combattono tutti assieme» (IX:36).
«Quelli di voi che moriranno lasciando delle mogli, [facciano] testamento a loro favore, assegnando loro un anno di mantenimento e di residenza» (II:240): le prescrizioni relative al lutto delle donne di questo versetto (mansukh) sono state sostituite dal seguente (nasikh): «E coloro di voi che muoiono lasciando delle spose, queste devono osservare un ritiro di quattro mesi e dieci [giorni]» (II:234).

Traduzioni del Corano:
Abbiamo avuto modo di sottolineare che il Corano è stato rivelato in lingua araba, ma questo non significa che sia una rivelazione diretta solo ai popoli arabi. Anzi, l'Altissimo ha detto: «Di': "Uomini, io sono un Messaggero di Allah inviato a voi tutti da Colui al Quale appartiene la sovranità dei cieli e della terra"» (VII:158) e ha detto ancora: «Non ti abbiamo inviato se non come nunzio e ammonitore per tutta l'umanità» (XXXIV:28). Però non tutti leggono e comprendono l'arabo. Ed è per questo che già nel I secolo dell'ègira abbiamo una traduzione in siriaco fatta da non musulmani. Le prime traduzioni in lingue di popoli musulmani sono quella in berbero dell'anno 127 dell'egira, quella in persiano del 255 e in hindi del 270. In Europa la prima traduzione del Corano fu quella in latino preparata da Robertus Ketenensis per Pietro il Venerabile, abate di Cluny (monastero benedettino fondato nel 910).
La traduzione del Corano nell'Islam è permessa per far avvicinare un nuovo fedele alla dottrina islamica. Ma una traduzione riporterà solo quello che è il significato generale di certi versetti o sarà limitata solo ad una singola interpretazione che l'autore della traduzione ha scelto, e non potrà mai rispettare la ricchezza semantica delle parole, lo stile e alcune raffinatezze linguistiche che costituiscono un pilastro del Corano ed uno dei suoi miracoli. Dunque possiamo dire con sicurezza che la traduzione del Corano non è il Corano. A prova di ciò c'è il fatto che secondo la maggioranza dei sapienti musulmani è vietato leggere durante la preghiera il Corano in un altra lingua anche per coloro che sono incapaci di imparare l'arabo o particolarmente anziani. Questo proprio perché il Corano non è solo il significato che gli si può attribuire, ma è anche l'ordine delle parole e le parole stesse usate. Solo la scuola hanafita ha permesso la lettura del Corano in un altra lingua per gli anziani e per coloro che sono incapaci di imparare l'arabo.
Ma si tenga comunque presente che lo sforzarsi per imparare la lingua coranica è un obbligo religioso. A questo proposito Shaykh al-Islam Ibn Taymiyya ha detto: «Anche la stessa lingua araba è parte della religione, così come la sua conoscenza è un obbligo inalienabile [fard wajib], questo perché comprendere il Libro e la Sunna è un obbligo, e non li si comprendono se non con la comprensione della lingua araba, e non si completano gli obblighi senza di essa per questo dunque è obbligatoria».

L'esegesi del Corano (Tafsir e Ta'wil):
Quando il Profeta (SAAS) era in vita era lui stesso a spiegare il testo, e a mostrare come si dovevano mettere in pratica le norme dettate dall'Altissimo. Nel Corano infatti troviamo: «E su di te abbiamo fatto scendere il Ricordo [il Corano], affinché tu spieghi agli uomini ciò che è stato loro rivelato e affinché possano riflettervi» (XVI:44).
I sahaba avevano vissuto con il Messaggero di Allah (SAAS) e conoscevano bene la lingua araba, e qualora avevano delle incertezze o non conoscevano il significato delle parole le potevano sempre apprendere dalla gente, che parlavano la lingua del Corano. Ad esempio Ibn 'Abbas disse: «Non conoscevo il significato di Fatir al-Samawat wa al-Ard [l'Iniziatore dei cieli e della terra] fino a quando non incontrai due beduini che litigavano per un pozzo e disse uno di loro: "Io l'ho iniziato [fatartu]" e l'altro: "Sono io che l'ho iniziato [ ibtada'tu]"».
I Tabi'in studiarono presso le scuole che costruirono i sahaba, e da loro appresero le sfumature della lingua e l'interpretazione. A Mecca, per esempio c'era Ibn 'Abbas con i suoi studenti come Mujahid, a Medina insegnava Ubayy ibn Ka'b, in Iraq c'era Ibn Mas'ud con i suoi alunni come Qatada e al-Hasan al-Basri.
E noi? Noi non abbiamo conosciuto i sahaba né tanto meno il Profeta (SAAS), come possiamo capire il Corano? Innanzi tutto non dobbiamo assolutamente basarci sulle nostre opinioni personali, infatti dice l'Altissimo: «Non seguire ciò di cui non hai conoscenza alcuna» (XVII:36), e ha detto il Messaggero di Allah (SAAS): «Colui che esprime sul Corano la propria opinione o [dice] ciò che non conosce, occuperà un posto all'Inferno» (al-Tirmidhi, al-Nisa'i e Abu Dawud). Molti hanno la presunzione di poter interpretare il Corano a modo loro, ma come abbiamo visto è qualcosa di profondamente scorretto e vi sono delle condizioni molto precise che bisogna rispettare per poter commentare il Corano: Bisogna conoscere ed avere padronanza delle basi dell'Islam e del suo credo; Non si deve avere l'intenzione di favorire una corrente politica e di pensiero in particolare, altrimenti si rischia di essere faziosi e devianti; Bisogna conoscere l'arabo (il commento, o anche uno studio approfondito del Testo non si può fare su di una traduzione); Bisogna conoscere i principi delle scienze contenute nel Corano. Inoltre le fonti della nostra esegesi vanno ricercate innanzi tutto nei versetti dello stesso Corano che spiegano altri brani del Corano; Bisogna ricercare poi delle spiegazioni nella Sunna; E qualora non troviamo un aiuto in altri brani del Corano, nella Sunna dobbiamo ricercare la spiegazione nelle parole dei sahaba oppure nelle parole dei Tabi'in (la generazione che ha conosciuto i sahaba).

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