Buon viaggio Benedetto! - I viaggi apostolici del Papa

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+PetaloNero+
00martedì 14 settembre 2010 00:03
La visita del Papa in Gran Bretagna live sul proprio computer



ROMA, lunedì, 13 settembre 2010 (ZENIT.org).- Se si dispone di un computer e di una connessione Internet, si potrà seguire visivamente la visita pastorale di Papa Benedetto XVI in Gran Bretagna, dal 16 al 19 settembre, su www.thepapalvisit.org.uk.

Tutti gli eventi del viaggio, dallo storico incontro del Pontefice con la Regina Elisabetta a Edimburgo alla beatificazione del Cardinale John Henry Newman a Birmingham, si potranno accompagnare cliccando su “The Visit Live” e www.thepapalvisit.org.uk/live.

Nei momenti in cui il Papa riposerà, verranno trasmessi una rassegna giornaliera, filmati dei momenti precedenti o informazioni sull'evento successivo previsto dal programma.

L'Arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici di Inghilterra e Galles, monsignor Vincent Nichols, ha detto di sperare che la trasmissione permetta a più persone di seguire e condividere la visita.

“Vogliamo che più gente possibile possa testimoniare questa storica visita del nostro Santo Padre, Papa Benedetto XVI, in Scozia e Inghilterra”, ha dichiarato.

L'intenzione degli organizzatori è quella di coinvolgere gli spettatori il più possibile. Per questo motivo, invitano anche a unirsi alle proposte interattive, come la pagina su Facebook, facebook.com/papalvisit.
+PetaloNero+
00martedì 14 settembre 2010 15:27
Rowan Williams, un primate anglicano tutto da scoprire
Parlerà con Bendetto XVI di riconciliazione in Gran Bretagna

di Renzo Allegri


ROMA, martedì, 14 settembre 2010 (ZENIT.org).- Le polemiche sul viaggio di Papa Benedetto XVI in Gran Bretagna hanno preso il sopravvento, nei media, sui profondi significati che esso contiene e per i quali è stato organizzato. I contestatori e gli scontenti polarizzano l’attenzione dei giornali, distraendoli dai contenuti di questo evento che giustamente è definito “storico”.

Benedetto XVI è il secondo Papa che mette piede sul suolo del Regno Unito, dopo lo scisma anglicano del secolo XVI. Il primo fu Giovanni Paolo II nel 1982. Ma questa è la prima visita di Stato ufficiale di un pontefice in Gran Bretagna, perché quella di Papa Wojtyla aveva il carattere di visita pastorale.

Papa Ratzinger visiterà quattro città: Edimburgo, Glasgow, Londra e Birmingham, dove presiederà la cerimonia di beatificazione del cardinale Henry Newman, grande figura del cattolicesimo inglese dell’Ottocento. Avrà incontri con la Regina, con i vescovi cattolici, con le autorità civili, con i leader religiosi, e con l’arcivescovo di Canterbury, che è il Primate della Comunione Anglicana. E anche se non se ne parla molto, è questo l’incontro più importante, quello che avrà certamente un grande peso sul futuro, anche se non immediato.

La divisione tra cattolici e anglicani conta ormai cinque secoli. E’ una divisione provocata da vicende personali di re Enrico VIII. Da un punto di vista dottrinale, il “Credo” anglicano non si discosta molto da quello cattolico. Per cui, cattolici e anglicani sono molto vicini, parenti stretti se non addirittura fratelli, e ci si chiede come mai, in tempi come i nostri, dove ovunque ormai le persone civili si stringono la mano senza guardare il colore della pelle o le ideologie personali, ci siano ancora divisioni tra persone che, in fondo, professano la stessa fede religiosa.

Il tema dell’ecumenismo è un tema caldo e urgente nel mondo religioso del nostro tempo. Coinvolge aperture tra le religioni monoteistiche, ma riguarda soprattutto quelli che si professano seguaci di Cristo. E a renderlo “caldo” è stato anche Giovanni Paolo II quando iniziò a prendere sul serio le confidenze profetiche fatte dalla Madonna a Fatima nel 1917 ai tre pastorelli.

Papa Wojtyla volle conoscerle bene dopo l’attentato mortale da lui subito in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981. Qualcuno gli ricordò che si trattava di un attentato previsto dalla Madonna di Fatima. Giovanni Paolo II volle leggere la famosa “Terza parte” del segreto di Fatima che non era ancora stata resa pubblica, e si riconobbe in quel “vescovo vestito di bianco” che sale verso la montagna sormontata da una grande Croce e giunto alla cima viene ucciso.

Nel luglio 1917, durante la terza apparizione ai tre pastorelli di Fatima, la Madonna confidava loro un segreto con varie indicazioni sulla vita dell’Europa, che si sono poi realizzate alla lettera. Annunciava la terza guerra mondiale e si soffermava sulla Russia e sulle tragedie provocate dell’ideologia comunista. Dopo aver indicato la data della terza guerra mondiale, diceva: “Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace”. Chiudeva, affermando: “Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace”.

Nel 1984, Giovanni Paolo II volle realizzare quella consacrazione al Cuore Immacolato di Maria che la Madonna aveva chiesto a Lucia, ma che non era mai stata eseguita. Alcuni anni dopo, tra il 1988 e il 1992, si verificò la totale caduta dei regimi comunisti nei Paesi dell’Est e il ritorno, in quei Paesi, della libertà religiosa. Sembrava che le condizioni per il grande cambiamento ci fossero tutte: la consacrazione della Russia alla Madonna era avvenuta, il comunismo era caduto, la libertà religiosa era tornata nei Paesi dell’ex Unione Sovietica. Molti, quindi, pensarono che poteva essere vicino il “trionfo” del Cuore Immacolato di Maria, e la pace nel mondo.

Ma lo stesso Papa Wojtyla si rese conto che ciò non poteva avvenire senza un ulteriore radicale cambiamento, e questo all’interno delle varie chiese cristiane. La “Chiesa dei credenti” è costituita da un popolo che crede in un “unico Dio e in Gesù suo figlio Unigenito”. Questo popolo forma il "Corpo Mistico di Cristo". Quando, però, i credenti sono divisi, il "Corpo Mistico di Cristo" è lacerato, ferito, martoriato. Non può, quindi, trionfare il cuore di una madre quando i figli sono divisi all'interno della stessa famiglia. La strada, perciò, per arrivare alla “pace nel mondo” indicata dalla Madonna a Fatima nel 1917 è l’unità dei cri­stiani. Soprattutto quella tra cattolici, ortodossi e anglicani, in quanto tra essi le differenze dottrinali sono in pratica poche.

Papa Wojtyla intraprese viaggi e iniziative di ogni genere per raggiungere questa unità. Il suo successore, Benedetto XVI, ha continuato e continua. Negli ultimi anni ci sono state straordinarie aperture sia con gli ortodossi orientali e della grande Russia, come con gli anglicani. L’attuale viaggio in Inghilterra di Papa Ratzinger ha, nella sua essenza, l’obiettivo dell’unità, della riconciliazione con la Chiesa Anglicana.

Questo sarà certamente il tema delle conversazioni di Benedetto XVI soprattutto con Sua Grazia Rowan Williams, attuale Arcivescovo di Canterbury e da sette anni Primate della Comunione Anglicana.

L’arcivescovo Williams non è un personaggio molto conosciuto al di fuori dell’Inghilterra. Gallese, 60 anni, è ritenuto uno degli uomini più colti del nostro tempo. Conosce e parla otto lingue. Laureato in filosofia e in teologia, ha trascorso gran parte della sua vita come docente nelle due più importanti università inglesi, quella di Cambridge e quella di Oxford. Dal 1981 è sposato con Jane Paul, anche lei teologa e docente universitaria, dalla quale ha avuto due figli.

La formazione religiosa dell’arcivescovo ha caratteristiche molto speciali. E’ il frutto di amore e conoscenza delle varie forme in cui, lungo il corso dei secoli, si è divisa la religione cristiana. Egli proviene da una famiglia di luterani-giansenisti, che hanno dato le basi alla sua fede religiosa. Ma, da giovane, volle essere ducato nella tradizione anglo-cattolica, e poi, da adulto, si appassionò allo studio della tradizione russo-ortodossa. L’ecumenismo è, quindi, un elemento connaturale del suo spirito.

Una caratteristica assai sorprendente di questo personaggio è costituita dal fatto che egli è, anche, uno dei grandi poeti del nostro tempo. E’ annoverato tra i classici moderni, come Thomas Stearns Eliot, per esempio.

Le sue opere fanno già parte della storia della Letteratura inglese. Sotto questo profilo, in Italia, Rowan Williams è sconosciuto. Da noi vi è una sola raccolta di sue poesie, pubblicata di recente dall’Editrice Ancora, con il titolo “La dodicesima notte”. Un libretto che documenta magnificamente il grande talento di questo autore. Le poesie sono precedute da un’ampia e dotta nota introduttiva di padre Antonio Spadaro, gesuita, esperto del settore Letteratura della “Civiltà Cattolica”, la prestigiosa rivista dei gesuiti, che compie quest’anno 140 anni ed è la più antica di tutte quelle attualmente esistenti nel panorama culturale italiano.

Nel suo saggio, che si intitola “Come leggere la poesia di Rowan Williams”, padre Spadaro evidenzia subito che non si tratta di “una poesia religiosa o teologica in senso stretto”. “Semmai la teologia raccoglie l’ esperienza del mondo dell’autore e la compenetra di significati e di risonanze profonde”.

Leggere i versi dell’arcivescovo di Canterbury è “impresa ardua e difficile”, spiega padre Spadaro. Ma proprio perché l’autore è un vero artista, che usa un linguaggio ricco di simboli e affronta le tematiche più drammatiche dell’umanità del nostro tempo, rivivendole nell’ottica del soprannaturale. Ne scaturisce un magma di straordinario fascino, che turba, impressione, coinvolge.

Un vero poeta, quindi. E questo artista si troverà a confronto con un altro grande intellettuale, Joseph Ratzinger, che già al tempo del Concilio Vaticano II, quando era poco più che trentacinquenne, veniva considerato uno degli uomini più colti d’Europa. Grande teologo, ma anche grande umanista. Appassionato di musica classica, profondo conoscitore e cultore degli immortali capolavori sinfonici dei compositori europei, e pianista egli stesso. Due teologi, che sono anche due artisti, discuteranno dei problemi che riguardano l’uomo e Dio. E lo faranno da teologi, ma certamente anche da artisti. Con uno stile, quindi, inedito, come suggerisce il motto scelto da Benedetto XVI per questa sua visita in Gran Bretagna: “Il cuore parla al cuore”.

Quale il risultato? Forse non lo sapremo dalle cronache degli eventi di questi giorni. Ma potrebbe essere sorprendente e assai superiore ad ogni aspettativa.
+PetaloNero+
00mercoledì 15 settembre 2010 00:24
Il Papa in Gran Bretagna, una visita dai due volti
Entusiasmo in Scozia e problemi a Londra

di Antonio Gaspari



ROMA, martedì, 14 settembre 2010 (ZENIT.org).- La visita in Gran Bretagna del Pontefice sarà un successo, ma è chiaro che avrà due volti, entusiasmo in Scozia e ostilità a Londra.

Questo è quanto sostiene l’avvocato Gianfranco Amato, membro e consulente legale dell’organizzazione britannica CORE (Comment on Reproductive Ethics) e rappresentante per l’Italia dell’organizzazione Advocates Intenational.

Intervistata da ZENIT Amato ha spiegato che i gruppi più radicali, da secoli ostili al Papa di Roma, stanno facendo di tutto per ostacolare e creare problemi alla visita del Pontefice Benedetto XVI.

I due atei dichiarati il prof. Richard Dawkins, docente di Oxford, e Christofer Hitchens, celebre giornalista, hanno addirittura chiesto l’arresto del Pontefice per crimini contro l’umanità, non appena quest’ultimo atterri in Gran Bretagna.

Dawkins e Hitchens hanno incaricato gli avvocati Geoffrey Robertson e Mark Stephens di richiedere al Crown Prosecution Service l’avvio di un procedimento penale a carico di Joseph Ratzinger.

Le associazioni ostili al cattolicesimo hanno costituito un coordinamento denominato “Protest the Pope”, per contrastare la visita del Pontefice ed hanno raccolto venticinquemila firme in calce ad una petizione inviata al governo britannico per chiedere non solo che venisse cancellata la visita papale, ma anche che lo stesso Pontefice venisse ufficialmente definito “unsuitable guest of the UK government” (ospite indesiderato).

Gli stessi gruppi hanno annunciato una “Big March” che si terrà il 18 settembre, al clou della visita londinese di Benedetto XVI. La notte prima della “Big March”, è prevista una veglia laica dalle sette di sera a mezzanotte circa, celebrata da Peter Tatchell il noto attivista gay per i diritti degli omosessuali.

“I toni sono esacerbati, e la villania e le offese non fanno davvero onore al popolo inglese. Sembra evidente che abbiano paura delle parole che il Papa pronuncerà”, ha sottolineato l’avvocato Amato.

E’ incomprensibile infatti che l’incontro del Papa col mondo accademico sia stato previsto alla St. Mary’s University College di Twickenham, che non è certo un college tra i più prestigiosi.

“Per Benedetto XVI, raffinato intellettuale, cattedratico, uomo di profonda cultura, – ha commentato Amato - non si sono aperte le porte dei templi della sapienza laica, come Cambridge ed Oxford, nonostante il fatto, che proprio nella prestigiosa università di Oxford il cardinale John Newman, che sarà beatificato durante la visita, ha trascorso attivamente gran parte della sua vita. E’ a lui, oltretutto, che si deve la nascita di quell’importante fenomeno politico religioso noto come il movimento di Oxford”.

Secondo gli estensori del programma, al St. Mary’s College il Santo Padre non terrà una lectio magistralis, ma dialogherà di educazione con circa tremila giovani, di cui va apprezzato l’encomiabile sforzo di doversi alzare all’alba per essere presenti all’avvenimento.

Incomprensibile anche la decisione di cambiare il luogo per la cerimonia di beatificazione del cardinal Newman, inizialmente previsto all’aeroporto di Conventry, e poi spostato inopinatamente al Cofton Park di Birmingham.

Non sembra essere stata davvero una grande idea quella di passare da un sito che riusciva a contenere 200.000 persone, ad uno in cui a mala pena stanno 65.000 individui stipati

“Nulla a che vedere con quello che il Pontefice troverà in Scozia – ha aggiunto il membro del CORE –. Sarà tutta un'altra musica”.

Lì verrà eseguita una Messa composta da James MacMillian, uno tra i più grandi musicisti contemporanei del mondo, e punta di diamante dell’attuale scenario musicale britannico.

La profonda fede cattolica di MacMillan, che ha avuto pure l’onore di farsi commissionare un concerto per violoncello da Rostropovich e di vederselo premiare dal grande maestro russo, riesce ad infondere alla sua musica un intenso e vibrante riverbero di assoluta spiritualità.

Per l’avvocato Amato “appare singolare che rispetto alla discutibile organizzazione della visita in Inghilterra, la parte del viaggio programmata in Scozia risulti caratterizzata da una gestione ineccepibile e professionale”.

“C’entrerà senz’altro l’eterna rivalità tra i due 'old enemies', ed il fatto che per gli scozzesi spesso il concetto d’identità nazionale coincide con il fatto di non essere inglesi”, ha affermato.

“Di certo – ha concluso l’avvocato – la vigorosa presenza di Pastori del calibro del cardinale Patrick Keith O’Brien e la fedele e solida fede dei cattolici scozzesi, saluterà con entusiasmo la visita del Pontefice Benedetto XVI”.
+PetaloNero+
00giovedì 16 settembre 2010 00:52
Inghilterra, il Papa, il matrimonio
Intervista al direttore della Pastorale di Westminster

di Genevieve Pollock


LONDRA, mercoledì, 15 settembre 2010 (ZENIT.org).- L'Inghilterra, mèta della visita di Benedetto XVI dal 16 al 19 settembre, rappresenta l'epicentro geopolitico della cultura della morte, secondo Edmund Adamus, ma è anche nota come "Dos Mariae", dote di Maria.

Adamus, direttore della Pastorale, della Diocesi di Westminster, ha spiegato a ZENIT in che modo lo straordinario patrimonio cristiano inglese e la sua attuale cultura anticattolica d'avanguardia la rendono un luogo altamente significativo per la imminente visita del Papa.

Adamus ha osservato che il matrimonio costituisce un elemento centrale sia della prima evangelizzazione della nazione, sia degli attuali conflitti culturali.

In questo senso, egli ha lavorato attivamente per promuovere il magistero della Chiesa sul matrimonio, attraverso iniziative come il pellegrinaggio su tutto il territorio nazionale di un'immagine della Madonna di Guadalupe nel periodo che accompagna la visita papale, una Messa in onore di circa 600 coppie sposate, la creazione di uno strumento per una maggiore consapevolezza sulla fecondazione naturale, e una serie di lezioni annuali sulla teologia del corpo.

Le lezioni di quest'anno si sono svolte il 14 settembre ed hanno visto la partecipazione di Brian Gail, autore di "Fatherless", intervenuto sul tema "In the Service of Women -- Men Are Called to Greatness" (al servizio delle donne - gli uomini sono chiamati alla grandezza).

In questa intervista rilasciata a ZENIT, Adamus ha parlato dello stato della Chiesa e del matrimonio nel Regno Unito, delle speranza dei cattolici per la visita dal Papa, e del ruolo dell'Inghilterra nell'evangelizzazione della cultura globale.

Che aria si respira mentre l’Inghilterra si prepara alla visita di Benedetto XVI?

Adamus: Se si dovesse prendere per buono ciò che si sente e si vede nei principali mezzi di comunicazione, si potrebbe pensare che il Santo Padre stia per essere investito da un vortice di controversie e di atteggiamenti belligeranti.

Certamente esiste una tendenza anticattolica aggressiva nei confronti della Chiesa e del Pontefice. Ma gran parte delle persone apprezzano il valore della testimonianza del Santo Padre sulle questioni morali fondamentali (anche se esse raramente finiscono sui media) e, più di recente, sulle questioni sociali emerse dalla minaccia di un’era di austerità del nuovo Governo di coalizione.

Nell’insieme penso che molte persone, soprattutto cattoliche – che un recente sondaggio mostra essere più di quante ci si immaginava – attendono la visita Papale con la speranza e l’aspettativa che la sua presenza e le sue parole possano essere una “luce gentile” (“kindly light”, per prendere in prestito un’espressione del cardinale Newman) in un tempo di ombre particolarmente minacciose nei confronti della cellula fondamentale della società – la famiglia – e dei diritti dei genitori.

Quali sono le sue speranze per la visita papale?

Adamus: Personalmente spero in un rinnovamento del senso e della chiarezza su ciò che noi cattolici intendiamo, in termini di missione, per autentica dignità della persona.

Spero che questo autentico – veramente autentico – e personale amore che Cristo ha per ciascun membro della società britannica si manifesti in qualche modo in una migliore comprensione da parte dell’opinione pubblica della realtà della Chiesa come corpo mistico di Cristo, anziché come mera entità politica (o istituzione gerarchica).

L’arcivescovo Fulton Sheen diceva che non sono più di 200 le persone nell’intera nazione che realmente odiano la Chiesa cattolica, e che sono invece milioni quelli che odiano ciò che pensano essere l’insegnamento della Chiesa cattolica.

Prego che la visita di Papa Benedetto porti con sé qualcosa di miracolosamente significativo contro questo elevato livello di erronea percezione.

Che ruolo vede per l’Inghilterra nell’ambito dell’evangelizzazione della cultura sulla scena globale?

Adamus: È normale che l’attenzione dei media sul Papa, sul suo messaggio e sulla Chiesa cattolica diventi frenetica nella nazione che è meta di una visita papale.

Da questo punto di vista la Gran Bretagna non fa eccezione, ma esiste un certo fremito relativamente al tipo di attenzione che la visita provocherà nei media locali e nella coscienza pubblica.

Perché? Perché, che ci piaccia o no in quanto cittadini britannici e residenti in questo Paese – e che siamo o meno preparati come cattolici ad accettare questa realtà e tutto ciò che essa implica – il fatto è che, storicamente, e ancora oggi, la Gran Bretagna, e in particolare Londra, è stata ed è ancora l’epicentro geopolitico della cultura della morte.

Le nostre leggi e i nostri legislatori, per oltre 50 anni o più, hanno operato in modo fortemente permissivo contro la vita e fortemente progressivo contro la famiglia e il matrimonio. Sostanzialmente siamo stati uno dei terreni culturalmente più anticattolici, più ancora di quei luoghi in cui i cattolici subiscono un’aperta persecuzione.

L’Inghilterra stessa, nonostante il suo straordinario patrimonio cristiano: S. Agostino, l’apostolo degli inglesi, nominato da Papa Gregorio, ha sfidato la tentazione alla disperazione di chi aveva provato a convertire i britannici pagani, ricordando loro la bellezza, la verità e la dignità del matrimonio.

Le cronache di San Beda sul Cristianesimo inglese raccontano di questa strategia, in seguito alla quale – come lui afferma – “l’Inghilterra si è ripresa”.

L’Inghilterra è anche la “Dos Mariae” (dote di Maria), un antico titolo che risale al XIV secolo e anche prima, nel linguaggio spirituale della gente.

Questo titolo rappresentava il fatto che, sin dai primissimi tempi, i cattolici inglesi veneravano la persona della Madre di Cristo con tale singolare e accorata devozione che si credeva che la nazione stessa fosse una sorta di ruolo soprannaturale (in senso metaforico) nel “matrimonio” tra lo Spirito Santo e la sua sposa, la Vergine di Nazareth.

In altre parole, il Cristianesimo inglese, nel progetto di Dio, ha un ruolo straordinario, come solido fondamento (come la dote nel matrimonio) dell’opera di redenzione e salvezza dal punto di vista storico e globale.

L’Inghilterra è stata la prima nazione cristiana ad aver investito formalmente la Chiesa del solenne rito del matrimonio, cosa che ritroviamo nel rito matrimoniale di Sarum.

In questo antico rito, le parole “e con il mio corpo ti rendo culto” (ancora usato dai nostri fratelli anglicani), dal Medioevo in poi, sono diventate, in un certo senso, la primordiale teologia del corpo.

Se gli sposi sono chiamati da Dio a onorarsi l’un l’altro con il corpo, allora certamente il più alto rispetto della presenza divina nella corporeità di ciascuno di noi è fuori discussione, poiché tutti noi, in virtù del battesimo, siamo come uomini sposati alla Chiesa e come donne sposate a Cristo.

Sopra il portone principale della cattedrale cattolica di Westminster del Preziosissimo Sangue, vi è un mosaico dedicato al Cristo trionfante. Ai suoi lati sono raffigurate la madre e il padre putativo, Maria e Giuseppe, che a loro volta stanno vicino a San Pietro e a San Edoardo il confessore.

Pietro e Edoardo sono inginocchiati di fronte alla scena. Entrambi nei loro ruoli simbolici: uno come evidente capo della Chiesa, l’altro come re, che personifica il regno d’Inghilterra. Essi sono inginocchiati davanti al trittico della Sacra Famiglia.

Prego che la visita papale possa ispirare tutti gli inglesi, nella Chiesa e nello Stato, ad inginocchiarsi interiormente di fronte a questa inestimabile icona della Trinità: matrimonio e famiglia.

La lezione che ha preparato in vista della visita papale era incentrata principalmente sull’identità e sul ruolo degli uomini e delle donne, e soprattutto degli uomini. Perché è importante evidenziare questo tema in un momento come quello attuale?

Adamus: Esiste una fondamentale verità che sottende l’antropologia di Giovanni Paolo II, la sua teologia del corpo: la chiamata di ogni uomo è la dignità di ogni donna; la vocazione di ogni donna è l’integrità di ogni uomo.

In altre parole – assediati come siamo stati per molti decenni e ancor più oggi a causa della globalizzazione della teoria del genere – la gente sta iniziando a capire che la femminilizzazione della mascolinità e la cultura machista (“laddish”) che incombe sullo sviluppo delle giovani ragazze non rappresenta una valida risposta alle più profonde questioni della vita.

Giovanni Paolo II, come sappiamo, nella sua catechesi ci invita a “tornare all’inizio” per scorgere nella verità dell’ordine della creazione, qualcosa che oseremmo dire di “divina immaginazione”.

Quel sogno di Dio Padre e Creatore è che le sue figlie e i suoi figli, in ogni relazione e soprattutto in quella coniugale e sessuale, siano infusi della serenità e della tranquillità dei nostri primi genitori.

Questo non significa solo essere aperti alla procreazione, ma anche rispettare l’espressione della vita divina nell’altro: vedersi reciprocamente con gli occhi di Dio stesso.

Lo “sguardo interiore”, come lo ha chiamato Giovanni Paolo II, è fondamentale per il rapporto maschio-femmina, soprattutto per l’uomo perché il nostro DNA ci dice che siamo attratti prima dalla bellezza e dalla bontà di ciò che vediamo e poi da ciò che udiamo, percepiamo o sentiamo.

È quindi imprescindibile per l’uomo di gioire, nel proprio carisma maschile, nel vedere nella donna, e proprio in quanto donna, il suo intrinseco valore e la sua intrinseca bellezza.

In questo senso, l’uomo esprime nelle sue azioni un segno che va controcorrente rispetto al deserto dell’egoismo, dell’edonismo e dell’oggettificazione della donna per la gratificazione sessuale.

La Gran Bretagna in particolare, con la sua sempre crescente commercializzazione del sesso, per non parlare delle sue leggi permissive che rispondono all’agenda della lobby degli omosessuali, rappresenta proprio quel tipo di deserto.

Il fenomeno della pornografia è un qualcosa che deve essere affrontato urgentemente e pastoralmente, qui come altrove, poiché i livelli di consumo da parte di uomini e donne vengono gradualmente accettati come normali.

In sostanza, è compito dell’uomo prestare il dovuto onore e rispetto alla donna, in ogni circostanza (soprattutto alle nostre mogli e figlie). In questo modo noi uomini cresciamo verso la pienezza della nostra umanità in Cristo, diventiamo eroi e facciamo del bene alle donne.

In che modo queste lezioni e l’insegnamento della teologia del corpo in generale l’hanno aiutata nel suo lavoro di preparazione al matrimonio e di vita matrimoniale?

Adamus: Mi ha consentito (almeno una volta l’anno) di rendermi nuovamente conto della grande necessità di integrare sapientemente un’autentica lettura della teologia del corpo in ogni catechesi, ma soprattutto in quelle che riguardano la formazione dei fidanzati, degli sposati e di coloro il cui matrimonio si trova in difficoltà.

Credo che uno dei brani più sottovalutati dell'insegnamento del Papa sia quello contenuto nel paragrafo 29 della sua Sacramentum Caritatis del 2007:

“Data la complessità del contesto culturale in cui vive la Chiesa in molti Paesi, il Sinodo ha, poi, raccomandato di avere la massima cura pastorale nella formazione dei nubendi. [...]Troppo grande è il bene che la Chiesa e l'intera società s'attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a fondo in questo specifico ambito pastorale. Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad esse è di fatto una ferita che si arreca alla convivenza umana come tale”.

La serie di lezioni, in cui siamo stati onorati dalla presenza di eminenti teologici esperti nel campo del matrimonio e della famiglia, ha consentito al mio lavoro di rimanere concentrato su ciò che considero essere il migliore standard di preparazione al matrimonio delineato dallo stesso Giovanni Paolo II quando disse:

“Continuate a dare forte risalto al matrimonio come vocazione cristiana a cui sono chiamate le coppie e a dare loro gli strumenti per viverlo pienamente, attraverso corsi di preparazione al matrimonio che devono essere realizzati con serietà, ottimi contenuti, sufficiente durata e obbligatorietà”.

A mio avviso la preparazione al matrimonio non è sufficiente per adempiere a questi standard.

Se Dio vorrà, lo studio nazionale sulla preparazione al matrimonio, che si sta svolgendo per conto dei vescovi, affronterà questa carenza, con l’aiuto anche di un vademecum che il Pontificio Consiglio per la famiglia è in procinto di pubblicare sull’argomento.

La sua urgenza non sarà mai sottolineata a sufficienza.

Quali considera essere le maggiori sfide del matrimonio oggi?

Adamus: Tra le maggiori sfide figurano quei falsi “frutti” della convivenza di fatto. Vi sono montagne di prove oggi che svelano gli enormi rischi nei matrimoni preceduti dalla convivenza.

L’esperienza di partner sessuali multipli, prima e al di fuori del matrimonio, coadiuvata dalla contraccezione e dall’aborto, sta producendo enormi danni a lungo termine nella capacità umana (inscritta dal Creatore) di fondare un legame permanente.

Questo pone enormi problemi agli sposi per mantenere legami emotivi, psicologici e sessuali.

I crescenti livelli di ridotta fertilità e di cronica infertilità, dovuta al prolungato uso di contraccettivi ormonali, rappresenta un elemento cruciale che deve essere affrontato, perché la sofferenza derivante dall’incapacità di avere figli può generare un insostenibile stress al matrimonio.

Per questo è così importante rafforzare le coppie infondendo loro quel senso sacramentale del matrimonio, per aiutarle a comprendere che la grazia del sacramento è sempre all’opera, soprattutto quando si è aperti alla vita.

Vorremmo dare loro quella mentalità di “Cana”, in cui “l’acqua” della loro convinzione nel matrimonio sia trasformata nel “vino” della loro permanente certezza di essere uno in Cristo.
+PetaloNero+
00giovedì 16 settembre 2010 15:34
VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NEL REGNO UNITO IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DEL CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN (16-19 SETTEMBRE 2010) (I)




LA PARTENZA DA ROMA


Ha avuto inizio questa mattina il 17° Viaggio internazionale del Santo Padre Benedetto XVI, che lo porta nel Regno Unito in occasione della Beatificazione del Cardinale John Henry Newman.

L’aereo con a bordo il Santo Padre - un AZ A320 dell’Alitalia - è partito dall’aeroporto di Ciampino (Roma) alle ore 8.30. L’arrivo all’aeroporto internazionale di Edinburgh è previsto per le ore 10.30 (11.30 ora di Roma).



TELEGRAMMI A CAPI DI STATO

Nel momento di lasciare il territorio italiano e nel sorvolare poi la Francia, il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto pervenire ai rispettivi Capi di Stato i seguenti messaggi telegrafici:

A SUA ECCELLENZA
ON. GIORGIO NAPOLITANO
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
PALAZZO DEL QUIRINALE
00187 ROMA

NEL LASCIARE IL SUOLO ITALIANO PER RECARMI NEL REGNO UNITO MI È CARO RIVOLGERE A LEI SIGNOR PRESIDENTE IL MIO DEFERENTE SALUTO E MENTRE MI ACCINGO AD INCONTRARE SUA MAESTÀ LA REGINA ELISABETTA SECONDA E LE ALTRE AUTORITÀ LA COMUNITÀ CATTOLICA COME PURE I RAPPRESENTANTI DI ALTRE COMUNITÀ RELIGIOSE SPECIALMENTE QUELLA ANGLICANA GLI ESPONENTI DELLA SOCIETÀ CIVILE E LA GENTE DI QUEL NOBILE PAESE INVOCO LA BENEDIZIONE DEL SIGNORE SULL’INTERA NAZIONE ITALIANA IN PARTICOLARE SUI RESPONSABILI DELLA COSA PUBBLICA CHIAMATI A SERVIRE IL BENE COMUNE

BENEDICTUS PP. XVI




SON EXCELLENCE MONSIEUR NICOLAS SARKOZY
PRÉSIDENT DE LA RÉPUBLIQUE FRANÇAISE
PARIS

AU MOMENT OÙ JE SURVOLE LA FRANCE POUR ME RENDRE EN VOYAGE APOSTOLIQUE AU ROYAUME-UNI J’ADRESSE AVEC PLAISIR À VOTRE EXCELLENCE MES SALUTATIONS CORDIALES ET MES VŒUX LES MEILLEURS POUR SA PERSONNE ET POUR LE PEUPLE FRANÇAIS

BENEDICTUS PP. XVI













VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NEL REGNO UNITO IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DEL CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN (16-19 SETTEMBRE 2010) (II)




ACCOGLIENZA UFFICIALE ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI EDINBURGH


All’arrivo all’aeroporto internazionale di Edinburgh, alle ore 10.30 (11.30 ora di Roma), il Santo Padre Benedetto XVI è accolto dal Nunzio Apostolico in Gran Bretagna, S.E. Mons. Faustino Sainz Muñoz; da S.A. Reale il Principe Filippo, Duca di Edinburgh; dal Primo Ministro della Scozia, S.E. il Sig. Alex Salmond, con altre personalità civile e religiose. Il Papa si dirige poi al Royal Pavilion dove si intrattiene brevemente con il Duca di Edinburgh. Quindi si trasferisce in auto al Palazzo Reale di Holyroodhouse per la cerimonia di benvenuto.



CERIMONIA DI BENVENUTO AL PALAZZO REALE DI HOLYROODHOUSE DI EDINBURGH

Alle ore 11, al Palazzo Reale di Holyroodhouse, ha luogo la cerimonia di benvenuto.
All’ingresso del Palazzo Reale, il Santo Padre Benedetto XVI è accolto da Sua Maestà Elisabetta II, Regina del Regno Unito, e dal suo Consorte, il Principe Filippo, Duca di Edinburgh.
Dopo l’esecuzione degli inni nazionali, gli onori militari e la sfilata della Guardia d’onore, vengono presentate al Papa le Autorità presenti.



VISITA DI CORTESIA A SUA MAESTÀ ELISABETTA II, REGINA DEL REGNO UNITO, AL PALAZZO REALE DI HOLYROODHOUSE

L’incontro privato tra il Santo Padre e Sua Maestà la Regina Elisabetta II con il Principe Consorte si svolge subito dopo la cerimonia di benvenuto, nella Morning Room del Palazzo Reale di Holyroodhouse, e si conclude con lo scambio dei doni e le foto ufficiali.
Contemporaneamente, il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone incontra il Primo Ministro della Scozia, S.E. il Sig. Alex Salmond.



INCONTRO CON LE AUTORITÀ AL PALAZZO REALE DI HOLYROODHOUSE



Alle ore 11.40, al termine della visita di cortesia a Sua Maestà la Regina Elisabetta II, nel Parco del Palazzo Reale di Holyroodhouse il Santo Padre Benedetto XVI incontra le Autorità, tra cui rappresentanti politici, della società civile, delle Chiese anglicana e cattolica britannica, oltre ad alcuni rappresentanti del Parlamento scozzese.
Dopo l’introduzione musicale di cornamuse scozzesi e il discorso di Sua Maestà la Regina Elisabetta II, il Papa pronuncia il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE



Maestà,

grazie per il Suo gentile invito a compiere una visita ufficiale al Regno Unito e per le Sue cordiali parole di saluto, a nome del popolo britannico Nel ringraziare Vostra Maestà, mi permetta di estendere i miei saluti a tutto il popolo del Regno Unito e porgere con amicizia la mano a ciascuno.

È un grande piacere per me iniziare il mio viaggio salutando i Membri della Famiglia Reale, ringraziando in particolare Sua Altezza Reale il Duca di Edimburgo per il suo gentile benvenuto datomi all’aeroporto di Edimburgo. Esprimo la mia gratitudine all’attuale e ai precedenti governi di Vostra Maestà ed a quanti hanno collaborato con essi al fine di rendere possibile questa occasione, fra cui Lord Patten e il precedente Segretario di Stato Murphy. Vorrei pure prender atto con profondo apprezzamento del lavoro svolto dal "All-Parliamentary Group on the Holy See", che ha grandemente contribuito al rafforzamento delle relazioni amichevoli che esistono fra la Santa Sede e il Regno Unito.

Nel dare inizio alla visita al Regno Unito nella storica Capitale della Scozia, saluto in maniera speciale il Primo Ministro Salmond ed i rappresentanti del Parlamento scozzese. Come le Assemblee del Galles e dell’Irlanda del Nord, possa anche il Parlamento scozzese crescere nel suo essere espressione delle nobili tradizioni e della distinta cultura degli scozzesi ed adoperarsi per servire i loro interessi migliori in spirito di solidarietà e di premura nei confronti del bene comune.

Il nome di Holyroodhouse, residenza ufficiale di Vostra Maestà in Scozia, evoca la "Santa Croce" e fa volgere lo sguardo alle profonde radici cristiane che sono tuttora presenti in ogni strato della vita britannica. I monarchi d’Inghilterra e Scozia erano cristiani sin dai primissimi tempi ed includono straordinari Santi come Edoardo il Confessore e Margherita di Scozia. Come Le è noto, molti di loro hanno esercitato coscienziosamente i loro doveri sovrani alla luce del Vangelo, modellando in tal modo la nazione nel bene al livello più profondo. Ne risultò che il messaggio cristiano è diventato parte integrale della lingua, del pensiero e della cultura dei popoli di queste isole per più di un millennio. Il rispetto dei vostri antenati per la verità e la giustizia, per la clemenza e la carità giungono a voi da una fede che rimane una forza potente per il bene nel vostro regno, con grande beneficio parimenti di cristiani e non cristiani.

Troviamo molti esempi di questa forza per il bene lungo tutta la lunga storia della Gran Bretagna. Anche in tempi relativamente recenti, attraverso figure come William Wilberforce e David Livingstone, la Gran Bretagna è direttamente intervenuta per fermare la tratta internazionale degli schiavi. Ispirate dalla fede, donne come Florence Nightingale servirono i poveri e i malati, ponendo nuovi standard nell’assistenza sanitaria che successivamente vennero copiati ovunque. John Henry Newman, la cui beatificazione celebrerò fra breve, fu uno dei molti cristiani britannici della propria epoca la cui bontà, eloquenza ed azione furono un onore per i propri concittadini e concittadine. Questi e molti altri come loro furono mossi da una fede profonda, nata e cresciuta in queste isole.

Pure nella nostra epoca possiamo ricordare come la Gran Bretagna e i suoi capi si opposero ad una tirannia nazista che aveva in animo di sradicare Dio dalla società e negava a molti la nostra comune umanità, specialmente gli ebrei, che venivano considerati non degni di vivere. Desidero, inoltre, ricordare l’atteggiamento del regime verso pastori cristiani e verso religiosi che proclamarono la verità nell’amore; si opposero ai nazisti e pagarono con la propria vita la loro opposizione. Mentre riflettiamo sui moniti dell’estremismo ateo del ventesimo secolo, non possiamo mai dimenticare come l’esclusione di Dio, della religione e della virtù dalla vita pubblica conduce in ultima analisi ad una visione monca dell’uomo e della società, e pertanto a "una visione riduttiva della persona e del suo destino" (Caritas in veritate, 29).

Sessantacinque anni orsono la Gran Bretagna giocò un ruolo essenziale nel forgiarsi del consenso internazionale del dopo-guerra, il che favorì la fondazione delle Nazioni Unite e diede inizio ad un periodo di pace e di prosperità in Europa, sino a quel momento sconosciuto. Negli anni più recenti la comunità internazionale ha seguito da vicino gli eventi nell’Irlanda del Nord, i quali hanno condotto alla firma dell’Accordo del Venerdì Santo ed alla devoluzione di poteri all’Assemblea dell’Irlanda del Nord. Il governo di Vostra Maestà e quello dell’Irlanda, unitamente ai leader politici, religiosi e civili dell’Irlanda del Nord, hanno sostenuto la nascita di una risoluzione pacifica del conflitto locale. Incoraggio quanti sono coinvolti a continuare a camminare coraggiosamente insieme sulla via tracciata verso una pace giusta e duratura.

Il governo e il popolo sono coloro che forgiano le idee che hanno tutt’oggi un impatto ben al di là delle Isole britanniche. Ciò impone loro un dovere particolare di agire con saggezza per il bene comune. Allo stesso modo, poiché le loro opinioni raggiungono un così vasto uditorio, i media britannici hanno una responsabilità più grave di altri ed una opportunità più ampia per promuovere la pace delle nazioni, lo sviluppo integrale dei popoli e la diffusione di autentici diritti umani. Possano tutti i britannici continuare a vivere dei valori dell’onestà, del rispetto e dell’equilibrio che hanno guadagnato loro la stima e l’ammirazione di molti.

Oggi il Regno Unito si sforza di essere una società moderna e multiculturale. In questo compito stimolante, possa mantenere sempre il rispetto per quei valori tradizionali e per quelle espressioni culturali che forme più aggressive di secolarismo non stimano più, né tollerano più. Non si lasci oscurare il fondamento cristiano che sta alla base delle sue libertà; e possa quel patrimonio, che ha sempre servito bene la nazione, plasmare costantemente l’esempio del Suo governo e del Suo popolo nei confronti dei due miliardi di membri del Commonwealth, come pure della grande famiglia di nazioni anglofone in tutto il mondo.

Dio benedica Vostra Maestà e tutte le persone del Vostro Reame. Grazie.



Al termine dell’incontro, secondo la tradizione, Sua Maestà la Regina accompagna il Papa lungo la prima fila degli invitati, presentando gli ospiti più autorevoli. Quindi conduce il Santo Padre fino al cortile interno del Palazzo dove si trovano giovani studenti scozzesi in abiti tradizionali.

Il Papa si trasferisce, quindi, in auto alla Residenza dell’Arcivescovo di Saint Andrews and Edinburgh dove pranza con i Membri del Seguito Papale, presenti anche l’Arcivescovo, Card. Keith Michael Patrick O’Brien, e S.E. Mons. Mario Joseph Conti, Arcivescovo di Glasgow.








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+PetaloNero+
00venerdì 17 settembre 2010 00:37
Il Papa: sugli abusi, la Chiesa non è stata “sufficientemente vigile”
Durante la conferenza stampa concessa sul volo per la Scozia




EDIMBURGO, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- La Chiesa non è stata “sufficientemente vigile” nel prevenire e rispondere ai casi di abusi sessuali commessi da alcuni sacerdoti, ha riconosciuto questo giovedì Benedetto XVI sul volo diretto ad Edimburgo, prima tappa del sua visita di Stato nel Regno Unito.

Il Papa ha risposto ad alcune domande poste dai giornalisti presenti sul volo, che evidenziavano la perdita di fiducia dei fedeli nella Chiesa come consequenza degli scandali esplosi negli ultimi anni.

“Innanzitutto - ha confessato il Papa - devo dire che queste rivelazioni sono state per me uno shock. Sono una grande tristezza. E' difficile capire come questa perversione del ministero sacerdotale fosse possibile”.

“Il sacerdote nel momento dell’ordinazione – ha aggiunto –, preparato per anni a questo momento dice sì a Cristo nel farsi la sua voce, la sua bocca, la sua mano e servire con tutta l’esistenza perché il Buon Pastore che ama, che aiuta e guida alla verità sia presente nel mondo”.

“Come un uomo che ha fatto e detto questo possa poi cadere in questa perversione è difficile capire. E' una grande tristezza – ha commentato –. Tristezza anche che la autorità della Chiesa non fosse sufficientemente vigile e non fosse sufficientemente veloce e decisa nel prendere le misure necessarie. Per tutto questo siamo in un momento di penitenza, di umiltà e di rinnovata sincerità, come ho scritto ai Vescovi irlandesi”.

“Mi sembra che dobbiamo adesso realizzare proprio un tempo di penitenza, un tempo di umiltà e rinnovare e reimparare l’assoluta sincerità”.

Le vittime, primo interesse

Il Papa ha assicurato allo stesso tempo che “il primo interesse sono le vittime”.

“Come possiamo riparare?”, si è chiesto. “Che cosa possiamo fare per aiutare queste persone a superare questo trauma, a ritrovare la vita, a ritrovare anche la fiducia nel messaggio di Cristo?”.

La sua risposta è stata: “Cura, impegno per le vittime è la prima priorità, con aiuti materiali, psicologici, spirituali”.

I colpevoli

Benedetto XVI ha poi toccato la questione di come la Chiesa deve reagire nei confronti delle persone colpevoli, e a questo proposito ha indicato come priorità “la giusta pena” e l'“escluderli da ogni possibilità di accesso ai giovani, perché sappiamo che questa è una malattia e la libera volontà non funziona ove c’è questa malattia”.

“Quindi, dobbiamo proteggere queste persone anche contro se stesse e trovare il modo di aiutarle, di proteggerle contro se stesse, escludendole da ogni accesso ai giovani”, ha proseguito.

La prevenzione

Infine, il Papa ha toccato il tema della prevenzione degli abusi, sottolineando la necessità di una scelta sempre più accurata dei candidati al sacerdozio.

Occorre, ha detto, essere “così attenti che, secondo le possibilità umane, si escludono dei futuri casi”.

Infine il Pontefice ha rivolto un ringraziamento all’episcopato britannico “per la sua attenzione e collaborazione sia con la Sede di San Pietro, sia con le istanze pubbliche” e per “l’attenzione per le vittime e per il diritto. Mi sembra che l’episcopato britannico abbia fatto e faccia un grande lavoro, quindi sono molto grato”.






John Henry Newman, “dottore della Chiesa”, ricorda Benedetto XVI
“Ponte tra anglicani e cattolici”, dice ai giornalisti




EDIMBURGO, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha definito il Cardinale John Henry Newman, C.O. (1801-1890), teologo che beatificherà questa domenica al culmine del suo viaggio nel Regno Unito, “dottore della Chiesa” e “ponte tra anglicani e cattolici”.

Il Pontefice ha tracciato un profilo personale di questa figura di spicco del Movimento di Oxford durante la conferenza stampa che ha offerto ai 70 giornalisti che lo accompagnavano sul volo Roma-Edimburgo questo giovedì mattina.

Newman, ha detto, è un uomo moderno - “con tutti i dubbi e i problemi del nostro essere di oggi”-, un uomo di “cultura grande” - di “conoscenza dei grandi tesori della cultura dell’umanità” - e di “vita spirituale con Dio”.

Questi tre elementi, ha sottolineato, “danno a quest'uomo un'eccezionale grandezza per il nostro tempo; è una figura di dottore della Chiesa per noi tutti e anche un ponte tra anglicani e cattolici”.

Non era la prima volta che Joseph Ratzinger definiva così Newman. Il 28 aprile 1990, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, in un discorso pronunciato in occasione del centenario della morte del Cardinale inglese aveva parlato di lui come di un “grande dottore della Chiesa”.

“È un uomo di una grande spiritualità, di un grande umanesimo, un uomo di preghiera, di una relazione profonda con Dio e di una relazione propria, perciò anche di una relazione profonda con gli altri uomini del suo tempo”, ha sottolineato il Papa.

Newman è soprattutto “un uomo moderno che ha vissuto tutto il problema della modernità, che ha vissuto anche il problema dell’agnosticismo, il problema dell’impossibilità di conoscere Dio, e di credere”.

“Un uomo che era in tutta la sua vita in cammino, in cammino di lasciarsi trasformare dalla verità in una ricerca di grande sincerità e di grande disponibilità, di conoscere meglio e di trovare e di accettare la strada che dà la vera vita”.

“Questa modernità interiore della sua vita implica la modernità della sua fede. Non è una fede in formule del tempo passato, ma una fede personalissima, vissuta, sofferta, trovata in un lungo cammino di rinnovamento e di conversioni”, ha concluso il Papa sottolineando quest'ultima parola al plurale.









Il Papa non è preoccupato per le critiche alla vigilia del suo viaggio
Spiega ai giornalisti durante il volo verso Edimburgo




EDIMBURGO, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI non è preoccupato per le critiche che hanno preceduto il suo viaggio nel Regno Unito ed è convinto della “grande storia di tolleranza” di questo Paese, come ha spiegato egli stesso questo giovedì durante il viaggio in aereo verso Edimburgo.

“Vado avanti con grande coraggio e con gioia”, ha confessato ai 70 giornalisti che lo accompagnavano e che hanno presentato delle domande scritte, scelte e lette da padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede.

“Devo dire che non sono preoccupato, perché quando sono andato in Francia è stato detto: 'questo è il Paese più anticlericale, con forti correnti anticlericali e con pochissimi fedeli'. Quando sono andato nella Repubblica Ceca è stato detto: 'questo è il Paese più areligioso dell’Europa e il più anticlericale'”, ha osservato il Santo Padre.

“I Paesi occidentali, tutti hanno, ognuno nel loro modo specifico, secondo la loro propria storia, forti correnti anticlericali o anticattoliche, ma anche sempre una presenza forte di fede”, ha aggiunto in risposta alla prima domanda dei giornalisti.

“In Francia e nella Repubblica Ceca ho visto e vissuto una calorosa accoglienza da parte della comunità cattolica, una forte attenzione da parte di agnostici che tuttavia sono in ricerca, vogliono conoscere e trovare i valori che portano avanti l’umanità, e sono stati molto attenti”, ha ricordato.

“La Gran Bretagna ha una sua propria storia di anticattolicesimo, questo è ovvio, ma è anche un Paese di una grande storia di tolleranza – ha sottolineato –. Io sono sicuro che da una parte ci sarà un’accoglienza positiva dai cattolici e dai credenti, generalmente, attenzione da quanti cercano come andare avanti in questo nostro tempo, e rispetto e tolleranza reciproca dove c’è un anticattolicesimo”.

In riposta a una seconda domanda, nella quale gli si chiedeva se “si può fare qualcosa per rendere la Chiesa come istituzione anche più credibile ed attrattiva per tutti”, ha chiarito che “una Chiesa che cercasse soprattutto di essere attrattiva sarebbe già su una strada sbagliata”.

“Perché la Chiesa non lavora per sé, non lavora per aumentare i propri numeri, e così il proprio potere. La Chiesa è al servizio di un Altro, serve non per sé, per essere un corpo forte, ma serve per rendere accessibile l’annuncio di Gesù Cristo, le grandi verità e la grande forza di amore di riconciliazione che è apparsa in questa figura e che viene sempre dalla presenza di Gesù Cristo”.

“In questo senso la Chiesa non cerca la propria attrattività, ma deve essere trasparente per Gesù Cristo. E nella misura nella quale non sta per se stessa, come corpo forte e potente nel mondo, ma si fa semplicemente voce di un Altro, diventa realmente trasparenza per la grande figura di Cristo e le grandi verità che ha portato nell’umanità, la forza dell’amore”.

“La Chiesa non dovrebbe considerare se stessa, ma aiutare a considerare l’Altro, e essa stessa vedere e parlare dell'Altro e per l'Altro. In questo senso mi sembra anche che anglicani e cattolici hanno lo stesso compito, la stessa direzione da prendere”.

“Se anglicani e cattolici vedono ambedue che non servono per se stessi ma sono strumenti per Cristo, Amico dello sposo, come dice San Giovanni, se ambedue seguono la priorità di Cristo e non di se stessi, vengono anche insieme. Perché in quel tempo la priorità di Cristo li accomuna e non sono più concorrenti, ognuno cerca il maggior numero, ma sono congiunti nell’impegno per la verità di Cristo che entra in questo mondo, e così si trovano anche reciprocamente in un vero e fecondo ecumenismo”.







Elisabetta II sottolinea il contributo cristiano alla pace nel mondo
E si dice lieta per l'opportunità di approfondire i rapport tra anglicani e cattolici




EDIMBURGO, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- La Regina Elisabetta ha dato questo giovedì il benvenuto a Benedetto XVI nel Regno Unito ponendo l'accento sulla comune eredità cristiana e le condivise preoccupazioni globali.


Quest'oggi il Papa ha iniziato la sua visita di Stato di quattro giorni in questo Paese facendo la prima tappa ad Edimburgo, dove è stato accolto con una cerimonia di benvenuto presso il Palazzo di Holyroodhouse, la residenza estiva della famiglia reale.

La Regina e il Pontefice hanno avuto inizialmente un incontro privato, al termine del quale si sono recati insieme nel grande gazebo allestito nel parco sul retro del palazzo, dove hanno pronunciato i loro discorsi di fronte alle quattrocento autorità invitate, tra le quali anche rappresentanti del Parlamento scozzese.

Presenti, tra gli altri, il Primate anglicano Rowan Williams, il Vicepremier britannico, Nick Clegg e il Primo Ministro della Scozia, Alex Salmond.

Nel suo indirizzo di saluto, la Regina Elisabetta ha detto al Santo Padre: “la sua presenza qui oggi ci ricorda la nostra eredità comune e il contributo cristiano all'incoraggiamento della pace nel mondo e allo sviluppo economico e sociale dei Paesi meno prosperi del mondo”.

“In questo Paese – ha aggiunto – apprezziamo profondamente l'impegno della Santa Sede per migliorare in maniera straordinaria la situazione nell'Irlanda del Nord”.

“La Santa Sede – ha osservato ancora – continua a svolgere un ruolo importante nelle questioni internazionali, a sostegno della pace e dello sviluppo, e nell'affrontare problemi comuni quali povertà e cambiamento climatico”.

La Regina Elisabetta II ha quindi riconosciuto l'“apporto speciale” della Chiesa, in particolare, “grazie al suo ministero per i poveri e per i più deboli della società, alla sua sollecitudine per i senzatetto e all'educazione che offre attraverso la sua ampia rete di scuole”.

Ha poi evidenziato “il rapporto fra le differenti fedi” come “un fattore fondamentale nella cooperazione necessaria negli stati nazione e fra di loro”.

“Sono lieta per il fatto che la sua visita sarà anche un'opportunità per approfondire il rapporto fra la Chiesa cattolica romana, la Chiesa di Inghilterra e la Chiesa di Scozia”, ha detto la Regina sottolineando che “è di vitale importanza incoraggiare una comprensione reciproca e rispettosa”.








Il Papa ai giovani: “La Chiesa appartiene a voi”
Mette in guardia su ciò che non ha valore




GLASGOW, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Celebrando questo giovedì pomeriggio la Messa al Bellahouston Park di Glasgow, in Scozia, nel primo dei quattro giorni di visita pastorale in Gran Bretagna, Benedetto XVI ha messo in guardia i giovani contro ciò che non ha valore nella vita, raccomandando invece di comprendere la propria dignità come figli di Dio e di vivere conformemente a ciò.

Il Papa ha rivolto un accorato appello ai giovani in un soleggiato pomeriggio scozzese, celebrando la liturgia nello stesso luogo in cui lo ha fatto il suo predecessore, Papa Giovanni Paolo II, nella sua visita in Gran Bretagna del 1982.

Mentre il Papa arrivava sul posto, una folla immensa lo salutava sventolando bandiere, molte delle quali vaticane. Il Pontefice si è fermato con la papamobile per baciare una bambina ed è poi giunto al luogo della celebrazione, che è stata preceduta da un lungo e sentito momento di raccoglimento.

Il Pontefice si è rivolto ai giovani dopo aver toccato, tra i tanti argomenti affrontati nella sua omelia, il bisogno di pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

“Vi esorto a vivere una vita degna di nostro Signore e di voi stessi”, ha detto ai “cari giovani cattolici di Scozia”.

Un vuoto scintillio

Benedetto XVI ha riconosciuto le “molte tentazioni che dovete affrontare ogni giorno – droga, denaro, sesso, pornografia, alcool –, che secondo il mondo vi daranno felicità, mentre in realtà si tratta di cose distruttive, che creano divisione”.

“C’è una sola cosa che permane – ha affermato –: l’amore personale di Gesù Cristo per ciascuno di voi. Cercatelo, conoscetelo ed amatelo, ed egli vi renderà liberi dalla schiavitù dell’esistenza seducente ma superficiale frequentemente proposta dalla società di oggi”.

“Lasciate da parte ciò che non è degno di valore e prendete consapevolezza della vostra dignità di figli di Dio”, ha esortato.

Il Pontefice ha ricordato che il Vangelo per la Messa del giorno, in cui si festeggiava San Ninian, uno dei primi evangelizzatori dei popoli celtici, includeva l'esortazione di Gesù a pregare per le vocazioni.

“Prego perché molti fra voi conoscano ed amino Gesù Cristo e, attraverso tale incontro, giungano a dedicarsi completamente a Dio, in modo particolare quanti fra di voi sono chiamati al sacerdozio e alla vita religiosa”, ha detto Benedetto XVI ai giovani.

“Questa è la sfida che il Signore oggi vi rivolge: la Chiesa ora appartiene a voi!”.

Esempi luminosi

Prima di rivolgersi ai giovani, il Santo Padre aveva rivolto un messaggio particolare ai Vescovi e ai sacerdoti, incoraggiando anche loro a pregare per le vocazioni.

Ai Vescovi, il Santo Padre ha detto di dare priorità ai sacerdoti e alla loro santificazione.

“Vivete in pienezza la carità che promana da Cristo nel vostro fraterno ministero verso i vostri sacerdoti, collaborando con tutti loro ed in particolare con quanti hanno scarsi contatti con i loro confratelli”, ha detto. “Pregate con loro per le vocazioni, affinché il Signore della messe mandi operai nella sua messe”.

Il Papa ha anche chiesto ai Vescovi di impegnarsi personalmente nella formazione dei sacerdoti, e di prendersi cura anche dei diaconi.

“Siate per loro dei padri e delle guide sul cammino della santità, incoraggiandoli a crescere in conoscenza e sapienza nel compiere la missione di annunciatori alla quale sono stati chiamati”, ha incoraggiato.

Rivolgendosi poi ai sacerdoti, ha ricordato loro la chiamata alla santità e a modellare le loro vite sul mistero della croce di Cristo.

“Predicate il Vangelo con un cuore puro ed una coscienza retta – ha concluso –. Dedicate voi stessi a Dio solo, e diventerete per i giovani esempi luminosi di una vita santa, semplice e gioiosa: essi, a loro volta, desidereranno certamente unirsi a voi nel vostro assiduo servizio al popolo di Dio”.










Benedetto XVI mette in guardia gli scozzesi sulla “giungla” autodistruttiva
Esorta i fedeli a difendere il contributo della religione




GLASGOW, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha esortato questo giovedì pomeriggio i fedeli scozzesi a levare la propria voce in difesa del diritto di vivere in una società che promuove il benessere dei suoi cittadini, non in una “giungla” di libertà arbitrarie.

Il Papa lo ha affermato durante la Messa celebrata all'aperto al Bellahouston Park, a circa tre chilometri dal centro di Glasgow, lo stesso luogo in cui Papa Giovanni Paolo II celebrò la Messa il 1° giugno 1982 durante la sua visita in Gran Bretagna.

Benedetto XVI ha iniziato questo giovedì una visita apostolica di 4 giorni nel Regno Unito che includerà la beatificazione del Cardinale John Henry Newman.

Nell'omelia della Messa, il Santo Padre ha affrontato temi che spaziano dal progresso nell'ecumenismo all'evangelizzazione della cultura, alla necessità di pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

Fratelli e sorelle

Circa il ruolo della religione nella società, il Papa ha sottolineato il suo contributo essenziale alla libertà e al bene pubblico.

“L’evangelizzazione della cultura è tanto più importante nella nostra epoca, in cui una 'dittatura del relativismo' minaccia di oscurare l’immutabile verità sulla natura dell’uomo, il suo destino e il suo bene ultimo”, ha osservato.

“Vi sono oggi alcuni che cercano di escludere il credo religioso dalla sfera pubblica, di privatizzarlo o addirittura di presentarlo come una minaccia all’uguaglianza e alla libertà. Al contrario, la religione è in verità una garanzia di autentica libertà e rispetto, che ci porta a guardare ogni persona come un fratello od una sorella”.

Il Vescovo di Roma ha quindi rivolto un appello ai laici a seguire la propria vocazione e missione battesimale e ad essere non solo “esempio pubblico di fede”, ma anche “avvocati nella sfera pubblica della promozione della sapienza e della visione del mondo che derivano dalla fede”.

La società odierna, ha constatato, “necessita di voci chiare, che propongano il nostro diritto a vivere non in una giungla di libertà auto-distruttive ed arbitrarie, ma in una società che lavora per il vero benessere dei suoi cittadini, offrendo loro guida e protezione di fronte alle loro debolezze e fragilità”.

“Non abbiate paura di dedicarvi a questo servizio in favore dei vostri fratelli e sorelle, e del futuro della vostra amata Nazione”, ha esortato.

Il Papa ha quindi fatto riferimento a un santo scozzese, San Ninian, uno dei primi evangelizzatori delle popolazioni celtiche, la cui festa si celebrava proprio questo giovedì.

Il santo, ha ricordato, “non ebbe paura di essere una voce solitaria”. “Sulle orme dei discepoli che nostro Signore aveva inviato davanti a sé, Ninian fu uno dei primissimi missionari cattolici a portare ai suoi connazionali la buona novella di Gesù Cristo”.

Ninian è stato seguito da molti altri santi, e “ispirati da loro, molti uomini e donne lavorarono per molti secoli, per far giungere la fede fino a voi”.

“Cercate di essere degni di questa grande tradizione! - ha raccomandato -. Sia vostra costante ispirazione l’esortazione di San Paolo nella prima lettura: 'Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera'”.










Il Papa esorta la Gran Bretagna a una leadership globale per il bene comune
Inizia la sua visita di Stato nel Regno Unito




EDIMBURGO, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha iniziato questo giovedì la sua visita di quattro giorni nel Regno Unito. In un incontro con le autorità statali, ha affermato il ruolo britannico di leadership nella storia, sottolineando anche le radici cristiane del Paese.

Il Papa è arrivato all'aeroporto di Edimburgo, dov'è stato salutato, tra gli altri, dal Principe Filippo, Duce di Edimburgo, dall'Arcivescovo Faustino Sainz Muñoz, Nunzio Apostolico in Gran Bretagna, e da Alex Salmond, Primo Ministro scozzese.

E' la prima visita ufficiale di Stato di un Papa nel Regno Unito, e avviene su invito della Regina Elisabetta II. L'ultima visita papale aveva avuto luogo nel 1982, con Giovanni Paolo II.

Al Palazzo di Holyroodhouse ha avuto luogo una cerimonia di benvenuto al Pontefice, che è stato accolto dalla Regina, con la quale ha avuto anche un incontro privato.

In seguito, nel parco del Palazzo, il Santo Padre si è rivolto ai leader politici, civili ed ecclesiastici della Scozia.

Nel discorso che ha pronunciato, il Papa ha sottolineato le “profonde radici cristiane che sono tuttora presenti in ogni strato della vita britannica”.

“Il rispetto dei vostri antenati per la verità e la giustizia, per la clemenza e la carità giungono a voi da una fede che rimane una forza potente per il bene nel vostro regno, con grande beneficio parimenti di cristiani e non cristiani”, ha aggiunto.

“Lungo tutta la storia della Gran Bretagna”, ha spiegato, “troviamo molti esempi di questa forza”.

“Attraverso figure come William Wilberforce e David Livingstone, la Gran Bretagna è direttamente intervenuta per fermare la tratta internazionale degli schiavi”.

“Ispirate dalla fede, donne come Florence Nightingale servirono i poveri e i malati, ponendo nuovi standard nell’assistenza sanitaria che successivamente vennero copiati ovunque”.

Il Papa ha anche ricordato il Cardinale John Henry Newman, che beatificherà durante questo viaggio, definendolo “uno dei molti cristiani britannici della propria epoca la cui bontà, eloquenza ed azione furono un onore per i propri concittadini e concittadine”.

Lotta alla tirannia

Benedetto XVI ha quindi ricordato “come la Gran Bretagna e i suoi capi si opposero ad una tirannia nazista che aveva in animo di sradicare Dio dalla società e negava a molti la nostra comune umanità, specialmente gli ebrei, che venivano considerati non degni di vivere”.

“Desidero, inoltre, ricordare l’atteggiamento del regime verso pastori cristiani e verso religiosi che proclamarono la verità nell’amore; si opposero ai nazisti e pagarono con la propria vita la loro opposizione”, ha segnalato.

Allo stesso modo, ha indicato come la Gran Bretagna abbia giocato “un ruolo essenziale nel forgiarsi del consenso internazionale del dopoguerra, il che favorì la fondazione delle Nazioni Unite e diede inizio ad un periodo di pace e di prosperità in Europa, sino a quel momento sconosciuto”.

“Negli anni più recenti la comunità internazionale ha seguito da vicino gli eventi nell’Irlanda del Nord, i quali hanno condotto alla firma dell’Accordo del Venerdì Santo ed alla devoluzione di poteri all’Assemblea dell’Irlanda del Nord”.

Il Regno Unito, ha proseguito il Papa, è una figura chiave a livello politico ed economico su scala internazionale.

“Allo stesso modo, poiché le loro opinioni raggiungono un così vasto uditorio, i media britannici hanno una responsabilità più grave di altri ed una opportunità più ampia per promuovere la pace delle Nazioni, lo sviluppo integrale dei popoli e la diffusione di autentici diritti umani”.

In questo contesto, ha esortato le autorità a non lasciar “oscurare il fondamento cristiano che sta alla base delle sue libertà”.

“Possa quel patrimonio, che ha sempre servito bene la Nazione, plasmare costantemente l’esempio del Suo governo e del Suo popolo nei confronti dei due miliardi di membri del Commonwealth, come pure della grande famiglia di nazioni anglofone in tutto il mondo”, ha auspicato.










Il Papa sorprenderà i britannici, annuncia l'ambasciatore Campbell
Intervista al rappresentante del Regno Unito in Vaticano

di Jesús Colina



ROMA, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI sorprenderà i cittadini britannici presentando “da cuore a cuore” il rapporto tra fede e ragione, sostiene una delle persone decisive per la realizzazione della visita pastorale del Papa, l'ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede.

Nonostante i frenetici preparativi per l'arrivo del Pontefice in Scozia, Francis Campbell ha voluto offrire in un incontro con ZENIT una dettagliata analisi dell'impatto che avrà la prima visita di Stato di un Papa nel Regno Unito.

Campbell, nato nel 1970 nell'Irlanda del Nord, è stato segretario particolare di Tony Blair a Downing Street ed è rappresentante della Regina presso il Papa dal 2005.

Perché il Papa va nel Regno Unito?

Francis Campbell: Penso che ci siano due ragioni fondamentali: una religiosa, l'altra di Stato o diplomatica. Quella religiosa è essenzialmente il fatto che beatificherà il Cardinale John Henry Newman, una grande figura della Chiesa inglese e di quella universale. Il contributo di Newman all'insegnamento cristiano è immenso. Dal punto di vista diplomatico, il Regno Unito ha una relazione internazionale molto forte con la Santa Sede, centrata su un'ampia gamma di questioni, dallo sviluppo internazionale ai cambiamenti climatici. Dal comportamento politico degli ultimi anni si può vedere che il Regno Unito attribuisce grande importanza al rapporto con la Santa Sede. Negli ultimi sei anni abbiamo avuto cinque visite di Primi Ministri. Penso che solo Washington o Bruxelles abbiano avuto tante visite di premier britannici. Il motivo è il fatto che questo rapporto si concentra su molte questioni che per noi rivestono un'importanza fondamentale. Ci sono due modi di guardare alla Santa Sede. Alcuni restringono il loro sguardo a una piccolo Stato in Europa, ma le nostre relazioni non solo con il piccolo Stato, ma con la Santa Sede. Le nostre relazioni diplomatiche sono con la presenza globale della Santa Sede, che riguarda il 17,5% della popolazione mondiale. E quando si parte da qui si raggiungono molte aree globali come lo sviluppo internazionale, il disarmo, i cambiamenti climatici, la risoluzione dei conflitti, la loro prevenzione.

I mezzi di comunicazione in Gran Bretagna lasciano spazio alle critiche contro il Papa, e in alcuni ambienti del Regno Unito esiste una complicata storia di anticattolicesimo. E' preoccupato?

Francis Campbell: No. Distinguerei innanzitutto chi critica la religione, incluso il cattolicesimo, partendo da una posizione di autentico disaccordo razionale. La religione deve essere sempre aperta alla critica della ragione. Si può affrontare questa critica da numerose prospettive: alcuni possono voler vedere un cambiamento in un particolare insegnamento religioso con cui non sono d'accordo, altri possono essere in disaccordo con il fatto stesso di credere in Dio. Nel Regno Unito c'è una lunga tradizione di umanesimo. Il disaccordo nei confronti della religione non è confinato alla Gran Bretagna. La maggior parte dei critici si concentra in questo campo. Distinguerei, però, tra le persone che criticano la religione e la minoranza che può esprimere alti livelli di intolleranza che nega all'altro – in questo caso la persona di fede – una voce uguale. Abbiamo una tradizione di protesta – c'è una tradizione democratica di gente che protesta e presenta il proprio punto di vista –, ma abbiamo anche una tradizione di rispetto per permettere all'altro di essere ascoltato.

Penso che uno dei rischi sia il fatto che i giornalisti non britannici possano pensare che chi grida di più è quello che deve essere ascoltato. Sarebbe un errore estrapolare le voci più alte. A volte si dice che la Gran Bretagna è un Paese secolare. Non direi che sia così, direi che è un Paese pluralista. Nell'ultimo censimento, più del 70% della popolazione si è definito cristiano. Quando si dice che siamo un Paese secolare, penso che si debba guardare al ruolo della regina, perché la regina è la guida suprema della Chiesa d'Inghilterra. La cristianità vive attraverso il tessuto dello Stato, e la Chiesa d'Inghilterra in Inghilterra è la Chiesa ufficiale di Stato. In Scozia c'è una realtà diversa, come Chiesa di Scozia. E si arriva alla dimostrazione molto pratica per cui quasi un quarto di tutti i bambini britannici frequenta scuole di fede che sono allo stesso tempo scuole statali. Sono pagate dallo Stato ma seguono l'ethos di una Chiesa particolare; il 10% di tutte le scuole in Gran Bretagna è composto da scuole cattoliche. Abbiamo quindi uno dei sistemi scolastici basati sulla fede più favorevoli al mondo. Se una persona, se un cristiano, un anglicano, un cattolico o anche una persona di un'altra fede vuole educare il proprio figlio in quella fede, ha la possibilità di educarlo nell'ethos di quella fede e nel contesto statale. Penso che queste argomentazioni siano piuttosto forti e illustrino fino a che punto il Regno Unito ha una società pluralista in cui la gente di fede gioca un ruolo attivo nella società e la fede è valorizzata dal Governo e dalla società in generale.

Com'è la relazione personale di Benedetto XVI con la Gran Bretagna?

Francis Campbell: La stampa britannica mi ha posto questa domanda, e penso che sia probabilmente il Papa che negli ultimi secoli è più informato sulla Gran Bretagna da un punto di vista culturale. Perché? Perché la maggior parte dei suoi predecessori veniva da una società in cui tutti sono cattolici, mentre Papa Benedetto viene da una società in cui cattolici e luterani vivono fianco a fianco. E non solo; egli ha insegnato per la maggior parte della sua vita in un'università che aveva una facoltà di Teologia che era luterana e cattolica. Penso che sia un Papa che arriva in Gran Bretagna con una notevole conoscenza del protestantesimo. In Scozia abbiamo il presbiterianesimo, John Knox, collegamenti a Ginevra, e in Inghilterra abbiamo la Chiesa d'Inghilterra, che è una combinazione della tradizione apostolica e della tradizione della Riforma. E' già consapevole di queste cose. Questa è una dimensione, quella dell'hinterland culturale.

Quanto alla seconda dimensione, si sa che cosa intende quando parla di minoranze creative. Ora, si sa anche da dove deriva questo pensiero? Sì, se si leggono i suoi scritti. Si leggano il suo libro sull'Europa e i suoi scritti su questo continente, che riguardano il futuro dell'Occidente. Riporta l'affascinante dibattito del periodo tra le due guerre tra Oswald Spengler e Arnold Toynbee. Toynbee è stato una delle più grandi figure della vita britannica del XX secolo. Scrisse della storia della civiltà, e Benedetto XVI si mette dalla sua parte perché il dibattito tra Spengler e Toynbee è questo: Spengler dice che l'Occidente, come ogni altra civiltà, avrà un momento di crescita, di apice e di declino, Toynbee dice “No”. Dice che l'Occidente è diverso per via della cristianità. L'Occidente ha la cristianità, che agisce come una fonte costante di rinnovamento. E la cristianità è quella minoranza creativa al cuore di una civiltà. E' questa l'argomentazione ripresa da Benedetto XVI. Siamo quindi di fronte a una persona a cui è ben noto questo dibattito decisivo in cui è stato coinvolto uno dei nostri più importanti pensatori del XX secolo, così come gli è nota l'esperienza culturale britannica.

Il terzo aspetto, forse il più importante, è questo: una delle grandi priorità del pontificato di Benedetto XVI e della sua teologia è il rapporto tra fede e ragione e, oltre a questo, il ruolo della religione nella sfera pubblica. In Francia e negli Stati Uniti ha affrontato questo tema e ha parlato della separazione tra Chiesa e Stato, del perché è così e del perché è diversa nei vari posti, del motivo per cui la Chiesa e la religione dovrebbero avere una voce, non una voce preferenziale ma una voce che non dovrebbe essere emarginata. E ora si reca in Gran Bretagna. Se si guarda a tre figure importanti del cattolicesimo inglese - Thomas Beckett, Thomas More e John Henry Newman -, è tutto basato sulla fede e la ragione. E' molto diverso da alcune delle grandi figure continentali del cattolicesimo come Giovanni della Croce, Teresa d'Avila o Teresa di Lisieux, in cui c'è molta più mistica. Per molti aspetti, stanno decifrando la loro coscienza. E' la casa intellettuale di Benedetto XVI, in termini religiosi, perché l'illuminismo degli Stati Uniti, su cui gli Stati Uniti hanno basato la separazione tra Chiesa e Stato, è un illuminismo preso dall'Inghilterra e dalla Scozia, non è il modello illuministico francese.

Per queste tre ragioni penso che siamo di fronte a una persona che ha una grande familiarità con le basi e i toni culturali britannici.

Qual è la vera novità della visita di Benedetto XVI?

Francis Campbell: Per alcuni la visita di Giovanni Paolo II è stata più facile rispetto a questa di Benedetto XVI. La visita di Giovanni Paolo II, nel 1982, è stata come camminare in bilico su una stretta fune diplomatica. E' stata una delle più difficili visite diplomatiche che aveva avuto fino ad allora perché giungeva in un paese che era in lotta con un paese a prevalenza cattolica. E questo causò non pochi problemi alla Santa Sede in ragione della sua neutralità. Visitare un paese in lotta è stata una grossa sfida. La seconda grossa sfida per Giovanni Paolo II è stato il conflitto nell'Irlanda del Nord... La religione era infatti uno dei problemi. C'erano problemi enormi nelle relazioni tra la comunità cattolica nell'Irlanda del Nord e il governo a Londra. E quello era solo un aspetto. Benedetto si trova, invece, di frone a una situazione diversa. Non si trova a camminare su queste strette e alte funi diplomatiche, tuttavia la società è diversa così come la gente. Giovanni Paolo II lanciò appelli e comunicò attraverso le azioni; Benedetto lancia appelli con le parole. Sotto molti punti di vista – e intendo ritornare su questo punto - Benedetto risulta forse più vicino all'esperienza britannica proprio in ragione di quel legame tra fede e ragione, del suo impegno intellettuale e Newman ne è un degno esponente. Anche il volto della Chiesa cattolica in Gran Bretagna è cambiato nel corso degli ultimi 28 anni, dalla visita cioè di Giovanni Paolo II. Ci sono ora uno milione di cattolici in più in Inghilterra. La Chiesa è caratterizzata da una maggiore diversificazione razziale. Sono giunti qui immigrati dall'Asia, dall'India, dall'Africa subsahariana, dall'America Latina, dall'Europa continentale inclusa l'Europa orientale. La Chiesa è molto diversa rispetto a 28 anni fa. Penso che questo sortirà tuttavia degli effetti. Le persone sostengono che 28 anni fa non ci furono proteste. A dire il vero, ci furono delle proteste. Forse un tipo diverso di proteste, ma ci furono. Ma questa volta la maggior parte delle proteste giungono dai gruppi laicisti che si oppongono ad alcui insegnamenti in particolare della Chiesa. L'altro aspetto è che noi ora viviamo in una cultura dove i media diffondono notizie 24 ore su 24; 28 anni fa non era così. E la visita sarà molto diversa. Anche il viaggio del Papa negli Stati Uniti avveniva in un diverso contesto. E infatti le persone negli Stati Uniti si chiedevano: "Ce la farà?”. E alla fine il suo viaggio è stato qualcosa di realmente fantastico.

Gli inglesi rimmarranno sorpresi dal Papa?

Francis Campbell: Io penso che la sorpresa consisterà nel fatto che vedranno il Papa senza filtri. Alcune delle cose che vengono messe in bocca al Papa, in realtà non le ha mai dette. Ci sono dei miti che circolano sugli insegnamenti del Papa, come il fatto che abbia attaccato la nostra Legislazione sull'uguaglianza quasi scavalcando il Parlamento. E in realtà non lo ha fatto. Nel suo discorso ai vescovi inglesi ha piuttosto fatto riferimento al suo rammarico per alcuni fatti avvenuti in passato. Stava semplicemente rispondendo ad alcuni punti sollevati dai Vescovi. Lui non stava facendo riferimento all'attuale Legislazione. Non ha interferito nelle decisioni del Parlamento. Allo stesso modo, in passato alcune persone hanno manipolato alcuni dei suoi discorsi, facendogli dire cose che non aveva detto.

Credo che le persone scopriranno una persona calorsa e intelligente che sta venendo per una visita storica che riflette molti passi di riavvicinamento. Per me il momento più alto sarà quando alle cinque di pomeriggio di venerdì parlerà alla Westminster Hall, nel luovo dove Tommaso Moro è stato condannato a morte. Questo dimostra quanto ci siamo spinti in avanti come paese, perché io non penso che ciò sarebbe stato possibile 28 anni fa. Penso, anzi, che sarebbe stato molto difficile. E penso anche che quando gli inglesi lo ascolteranno si renderanno conto che non è soddisfatto del loro futuro. Che non è disimpegnato ma che è anzi stremamente impegnato. E questo scaturisce dalla sua infanzia. … Verrà qui un Papa che nella sua infanzia ha visto in prima persona i rischi di un regime totalitario e per lui la religione, il cattolicesimo, il cristianesimo sono un controllo del totalitarismo. Sotto molti aspetti la sua vita è una dimostrazione pratica del legame tra fede e ragione perché la ragione incontrollata può scadere nel totalitarismo. Ma ugualmente, una fede non controllata dalla ragione può divenire estremista e irrazionale. Tutto sta nell'interazione di questi due aspetti... E penso che lui riuscirà a stabilire un contatto, che mostrerà il suo impegno e attirerà le persone a sé perché tutto sta nell'ascoltare le sue parole e nell'assorbirle. Penso che troverà ad accoglierlo un abbraccio.

La beatificazione del Cardinale Newman può costituire una segno di unità tra cattolici e anglicani?

Francis Campbell: È molto interessante che lei chieda se può costituire un segno di unità... Io penso che lei stia ponendo una domanda molto importante. Una buona parte dei lavori di Newman risale a quando era un anglicano e lui è stato sia anglicano che cattolico. Fondò il Movimento di Oxford che riveste ancora un peso notevole e che è stata una voce forte all'interno nel suo tentativo di ricalibrare la tradizione apostolica dell'Anglicanesimo. Newman fu per buona parte della sua vita un membro della Chiesa anglicana. Non è una forza di divisione. I suoi insegnamenti sulla coscienza sono davvero qualche cosa di applicabile a ciascun cristiano ma anche a tutte le fedi e alle persone di buon volontà. Quindi ecco un formidabile pensatore cristiano. Qualcuno che, prima di qualsiasi catalogazione, è stato in primissimo luogo un pensatore cristiano. Io penso che Papa Benedetto sia interessato a lui perché è un pensatore post-illuminista e il suo sforzo è quello di guarire la frattura tra fede e ragione causata dall'Illuminismo intellettuale francese. Qui abbiamo una personalità che sta veramente colmando questa frattura. Quindi in questo senso, è una personalità, non solo per la Chiesa cattolica ma per tutto il Cristianesimo e per le persone di fede.

Cosa dirà al Papa quando metterà piede nel suo paese?

Francis Campbell: Probabilmente gli dirò: “Benvenuto”. O ancora più probabile mi chiederò: "dovrei parlargli in italiano oppure in inglese?”. Credo sia meglio parlargli in inglese perché sarà costretto a parlare in inglese per i prossimi quattro giorni. Sono entusiasta di questa visita, che è importante sotto molti punti di vista. Ma penso c'è ci sia una ragione fondamentale. E questa ragione risiede nelle nostre relazioni diplomatiche di lunga data. La Corona ha spedito la prima volta un ambasciatore nel 1479. Il primissimo ambasciatore britannico è stato infatti inviato a Roma. E tutto questo è riuscito a sopravvivere alla Riforma, alle diffidenze e alle dispute. La Regina è stata qui, molte volte. Più recentemente nel 2000. Ed è venuta qui nel 1951 come Principessa Elisabetta prima di divenire Regina. In seguito è giunta qui quasi per ogni pontificato ed è giusto ora ripagare le visite che abbiamo ricevuto nel corso degli anni.

L'onore più alto che la Regina può tributare al Papa è una visita di Stato e alla luce della nostra antichissima amicizia diplomatica molte persone potrebbe dire "che si sarebbe dovuto fare molto tempo fa". Io sono entusiasta che Papa Benedetto abbia accolto l'invito perché la diplomazia è tutta questione di amicizia ed i legami tra la Corona e il Papato non possono essere sottovvalutati. La famiglia reale Stuart è seppellita nella cripta di San Pietro e i rapporti tra la Corona e il Papato risalgono molto indietro nel tempo. Quando la Regina ha appreso che il Papa aveva intenzione di venire nel Regno Unito, ha scritto una lettera, invitandolo formalmente a venire, e lui ha accettato cortesemente. Per noi è un fatto unico che una visita di Stato cominci da Edinburgo con la visita alla Regina. Lui ha 83 anni di età, lei ne ha 84 anni. Hanno vissuto nella loro vita esperienze molto simili. Penso che sarà un incontro unico.











La Chiesa anglicana vede nella visita papale un ponte per l'unità
Parla il rappresentante dell'Arcivescovo di Canterbury a Roma

di Serena Sartini



ROMA, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Alla vigilia della visita di Papa Benedetto XVI nel Regno Unito, il reverendo canonico David Richardson, rappresentante dell'Arcivescovo di Canterbury presso la Santa Sede, direttore del Centro Anglicano a Roma, ha rilasciato una intervista a ZENIT per analizzare le ripercussioni che questa visita avrà sul dialogo ecumenico.

È la prima visita di Stato di un Papa nel Regno Unito. Pensa che promuoverà l'unità delle due Chiese, quella anglicana e quella cattolica?

David Richardson: Credo che questa visita abbia tutte le carte in regola per gettare ponti e aumentare la comprensione tra le due comunioni, quella anglicana e quella cattolica romana.

Il Papa beatificherà il Cardinale John Henry Newman. Pensa che sarà un atto di unione o di divisione tra anglicani e cattolici?

David Richardson: John Henry Newman è sempre stato una figura in qualche modo ambigua tra l'anglicanesimo e il cattolicesimo romano. Come anglicano aveva qualcosa di profetico e richiamava la Chiesa d'Inghilterra, quella parte dell'anglicanesimo che per lui era familiare, a una visione di sé che aveva perso o rischiava di perdere. I profeti in genere non sono onorati dalla propria gente e nel loro tempo, anche se normalmente sono attorniati da un energico gruppo di discepoli. Quando divenne cattolico romano non fu sempre accolto con calore dai suoi nuovi correligionari, e cambiò molto poco degli scritti che aveva pubblicato come anglicano. Con il suo modo di essere egli affermò quindi la possibilità di essere pienamente cattolico e al tempo stesso teologicamente ortodosso come anglicano. Ad ogni modo, Newman ritenne un passo necessario il diventare un cattolico romano.

Penso che potrebbero esserci possibilità di tensione per la beatificazione se si dovesse ignorare il fatto che Newman ricevette una formazione come anglicano e poi come cattolico romano riconobbe, nella sua Apologia, il debito che aveva con la Chiesa che lo aveva formato. Non credo, comunque, che questo aspetto verrà messo da parte.

Qual è la sua opinione sulla Costituzione Apostolica di Benedetto XVI Anglicanorum coetibus?

David Richardson: Non ho molto da dire sulla Anglicanorum Coetibus, e al momento non ci sono Ordinariati. Sarà interessante vedere che numeri e che tipo di persone saranno attratti da questa possibilità, e spero che sarà utile per qualcuno. Mi sembra una struttura un po' strana, prevista soprattutto come risposta pastorale a una serie di persone, non unite in alcun modo, che hanno abbandonato la Comunione Angelicana e quindi non hanno una casa storica. Mi ricorda ciò che ha affermato il Vescovo anglicano Charles Gore durante le Conversazioni di Malines degli anni Venti: “La Chiesa cattolica romana mostra un grado sorprendente di concessioni nelle questioni organizzative, ma è irremovibile su quelle dogmatiche”. Newman non ha avuto bisogno di una struttura simile: è semplicemente diventato un cattolico romano e ha riconosciuto la persona che era e che era stato, portando il suo anglicanesimo nel cattolicesimo romano.

A livello personale, come sono i suoi rapporti con il Papa?

David Richardson: Ho incontrato raramente il Santo Padre. L'ho visto privatamente due volte nel suo appartamento, sempre quando era presente l'Arcivescovo di Canterbury, e lo incontro alle liturgie, soprattutto di natura ecumenica. E' sempre cordiale e lo ammiro molto come teologo. Avere attualmente il Papa e l'Arcivescovo di Canterbury, due figure teologiche così importanti, significa, per chi ricopre un incarico come il mio, vivere un momento storico affascinante.

Che cosa pensa della possibile visita del Papa alle vittime di abusi sessuali?

David Richardson: Il Papa ha già incontrato alcune vittime di abusi, e spero che continuerà nel suo umile riconoscimento dei fatti per dare speranza quando se ne presenti l'opportunità. Si è dimostrato capace e desideroso di farlo.

Qual è la sua opinione sulle proteste che avverranno durante la visita del Papa nel Regno Unito?

David Richardson: Ci saranno delle proteste? Me lo aspetto, ma ricordo che quando il Papa è andato in Australia per la Giornata Mondiale della Gioventù era stata fatta ogni sorta di infausta previsione sulle proteste. Durante l'evento, la gente l'ha preso a cuore, sia i cattolici romani che chi non lo è. In base a quanto mi è stato detto, c'è stata una grande ondata di fede. Se quindi può essere vero in Australia, dove la società è famosa per il suo secolarismo, forse lo sarà anche nel Regno Unito.













Le risposte del Papa ai giornalisti sul volo per il Regno Unito


ROMA, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la trascrizione della conferenza stampa tenuta questo giovedì da Benedetto XVI durante il volo diretto verso il Regno Unito.

* * *

Padre Federico Lombardi: Santità, benvenuto fra noi, e grazie della sua disponibilità. Abbiamo un gruppo di 70 giornalisti qui presenti delle diverse parti del mondo, naturalmente alcuni vengono apposta dal Regno Unito per unirsi fin dal volo a questo nostro gruppo. Come al solito i colleghi nei giorni scorsi hanno dato diverse domande che Le proponiamo per questa prima conversazione all'inizio di un viaggio molto atteso e impegnativo, che speriamo che sia bellissimo. Io ho scelto una serie di domande tra quelle che sono state proposte. Gliele propongo in italiano per non affaticarLa troppo, i colleghi si aiuteranno a capire se non conoscono bene l'italiano.

La prima domanda, durante la preparazione di questo viaggio, vi sono state discussioni e posizioni contrarie. Nella tradizione passata del Paese ci sono state forti posizioni anticattoliche. Durante la preparazione del viaggio, la Gran Bretagna è stata presentata come un Paese anticattolico. Lei è preoccupato per come sarà accolto?


Benedetto XVI: Innanzitutto buona giornata e buon volo per noi tutti. Devo dire che non sono preoccupato, perché quando sono andato in Francia è stato detto: “questo è il Paese più anticlericale, con forti correnti anticlericali e con pochissimi fedeli”. Quando sono andato nella Repubblica Ceca è stato detto: “questo è il Paese più areligioso dell’Europa e il più anticlericale anche”. Così i Paesi occidentali, tutti hanno, ognuno nel loro modo specifico, secondo la loro propria storia, forti correnti anticlericali o anticattoliche, ma anche sempre una presenza forte di fede. Così in Francia e nella Repubblica Ceca ho visto e vissuto una calorosa accoglienza da parte della comunità cattolica, una forte attenzione da parte di agnostici che tuttavia sono in ricerca, vogliono conoscere e trovare i valori che portano avanti l’umanità, e sono stati molto attenti se potrebbero sentire da me qualcosa anche in questo senso e la tolleranza e il rispetto di quanti sono anticattolici. Attualmente la Gran Bretagna ha una sua propria storia di anticattolicesimo, questo è ovvio, ma è anche un paese di una grande storia di tolleranza. Io sono sicuro che da una parte ci sarà un’accoglienza positiva dai cattolici e dai credenti, generalmente, attenzione da quanti cercano come andare avanti in questo nostro tempo e rispetto e tolleranza reciproca dove c’è un anticattolicesimo. Vado avanti con grande coraggio e con gioia.

Padre Federico Lombardi: il Regno Unito, come molti altri Paesi occidentali, è un tema che ha già toccato nella prima risposta, è considerato un Paese secolare, con un forte movimento di atesimo anche con motivazioni culturali, tuttavia vi sono anche segni che la fede religiosa, in particolare in Gesù Cristo, è tuttora viva a livello personale. Che cosa può significare questo per cattolici ed anglicani. Si può fare qualcosa per rendere la Chiesa come istituzione anche più credibile ed attrattiva per tutti?

Benedetto XVI: Direi che una Chiesa che cerca soprattutto di essere attrattiva sarebbe già su una strada sbagliata. Perché la Chiesa non lavora per sé, non lavora per aumentare i propri numeri, e così il proprio potere. La Chiesa è al servizio di un Altro, serve non per sé, per essere un corpo forte, ma serve per rendere accessibile l’annuncio di Gesù Cristo, le grandi verità, e le grandi forze di amore, di riconciliazione che è apparsa in questa figura e che viene sempre dalla presenza di Gesù Cristo. In questo senso la Chiesa non cerca la propria attrattività ma deve essere trasparente per Gesù Cristo. E nella misura nella quale non sta per se stessa, come corpo forte e potente nel mondo, ma si fa semplicemente voce di un Altro, diventa realmente trasparenza per la grande figura di Cristo e le grandi verità che ha portato nell’umanità, la forza dell’amore, in questo momento si ascolta, si accetta. La Chiesa non dovrebbe considerare se stessa ma aiutare a considerare l’Altro, ed essa stessa vedere e parlare dell'Altro e per l'Altro. In questo senso mi sembra anche che anglicani e cattolici hanno lo stesso compito, la stessa direzione da prendere. Se anglicani e cattolici vedono ambedue che non servono per se stessi ma sono strumenti per Cristo, “Amico dello sposo”, come dice san Giovanni, se ambedue seguono la priorità di Cristo e non di se stessi, vengono anche insieme. Perché in quel tempo la priorità di Cristo li accomuna e non sono più concorrenti, ognuno cerca il maggiore numero, ma sono congiunti nell’impegno per la verità di Cristo che entra in questo mondo, e così si trovano anche reciprocamente in un vero e fecondo ecumenismo.

Grazie Santità, una terza domanda: com’è noto e come è stato messo in luce anche da recenti sondaggi, lo scandalo degli abusi sessuali ha scosso la fiducia dei fedeli nella Chiesa. Come pensa di poter contribuire a ristabilire questa fiducia?


Benedetto XVI: Innanzitutto devo dire che queste rivelazioni sono state per me uno shock. Sono una grande tristezza. E' difficile capire come questa perversione del ministero sacerdotale era possibile. Il sacerdote nel momento dell’ordinazione, preparato per anni a questo momento dice sì a Cristo di farsi la sua voce, la sua bocca, la sua mano e servire con tutta l’esistenza perché il Buon Pastore che ama, che aiuta e guida alla verità sia presente nel mondo. Come un uomo che ha fatto e detto questo può poi cadere in questa perversione è difficile capire, è una grande tristezza, tristezza anche che l'autorità della Chiesa non è stata sufficientemente vigile e non sufficientemente veloce, e decisa nel prendere le misure necessarie. Per tutto questo siamo in un momento di penitenza, di umiltà, e di rinnovata sincerità, come ho scritto ai vescovi irlandesi. Mi sembra che dobbiamo adesso realizzare proprio un tempo di penitenza, un tempo di umiltà e rinnovare e reimparare l’assoluta sincerità.

Quanto alle vittime direi che tre cose sono importanti. Il primo interesse sono le vittime. Come possiamo riparare? Che cosa possiamo fare per aiutare queste persone a superare questo trauma, a ritrovare la vita, a ritrovare anche la fiducia nel messaggio di Cristo? Cura, impegno per le vittime è la prima priorità, con aiuti materiali, psicologici, spirituali.

Secondo è il problema delle persone colpevoli: la giusta pena, escluderli da ogni possibilità di accesso ai giovani, perché sappiamo che questa è una malattia e la libera volontà non funziona ove c’è questa malattia. Quindi, dobbiamo proteggere queste persone anche contro se stesse e trovare il modo di aiutarle, di proteggerle contro se stesse, escludendole da ogni accesso ai giovani.

E il terzo punto è la prevenzione e l’educazione nella scelta dei candidati al sacerdozio. Essere così attenti che, secondo le possibilità umane, si escludano futuri casi. E vorrei in questo momento anche ringraziare l’episcopato britannico per la sua attenzione e collaborazione sia con la Sede di San Pietro, sia con le istanze pubbliche e l’attenzione per le vittime e per il diritto. Mi sembra che l’episcopato britannico abbia fatto e fa un grande lavoro, quindi sono molto grato.

Padre Federico Lombardi: Santità, la figura del cardinale Newman evidentemente è molto significativa per lei. Per il cardinale Newman lei fa l’eccezione di presiederne la beatificazione. Pensa che il suo ricordo possa aiutare a superare le divisioni tra anglicani e cattolici? E quali sono gli aspetti della sua personalità su cui desidera mettere l’accento più forte?

Benedetto XVI: Newman è soprattutto da una parte un uomo moderno che ha vissuto tutto il problema della modernità, che ha vissuto anche il problema dell’agnosticismo, il problema dell’impossibilità di conoscere Dio, e di credere. Un uomo che è stato per tutta la sua vita in cammino, in cammino per lasciarsi trasformare dalla verità in una ricerca di grande sincerità e di grande disponibilità, di conoscere meglio e di trovare e di accettare la strada che dà la vera vita. Questa modernità interiore della sua vita implica la modernità della sua fede. Non è una fede in formule del tempo passato, ma una fede personalissima, vissuta, sofferta, trovata in un lungo cammino di rinnovamento e di conversioni. E’ un uomo di grande cultura che da una parte partecipa alla nostra cultura scettica di oggi. Possiamo capire qualcosa di certo sulla verità dell’uomo, di essere o no, e come possiamo arrivare alla convergenza delle verosimilità. Un uomo, che d'altra parte, con una grande cultura della conoscenza dei Padri della Chiesa, ha studiato e rinnovato la genesi e il dono della fede riconosciuta così la figura essenzialmente interiore. E’ un uomo di una grande spiritualità di un grande umanesimo, un uomo di preghiera, di una relazione profonda con Dio e di una relazione propria perciò anche di una relazione profonda con gli altri uomini del suo tempo. Direi quindi tre elementi: modernità della sua esistenza con tutti i dubbi e i problemi del nostro essere di oggi, cultura grande, conoscenza dei grandi tesori della cultura dell’umanità, disponibilità di ricerca permanente, di rinnovamento permanente e spiritualità, vita spirituale con Dio, danno a questo uomo un'eccezionale grandezza per il nostro tempo. E' una figura di dottore della Chiesa per noi tutti e anche un ponte tra anglicani e cattolici.

Padre Federico Lombardi: ultima domanda. Questa visita è considerata con il rango di visita di Stato. Così è stata qualificata. Che cosa significa ciò per i rapporti tra la Santa Sede e il Regno Unito. Vi sono punti importanti di sintonia in particolare guardando alle grandi sfide del mondo attuale?

Benedetto XVI: Sono molto grato a sua Maestà, la Regina Elisabetta II, che voleva dare a questa visita il rango di una visita di Stato, che sa esprimere il carattere pubblico di questa visita e anche la responsabilità comune tra politica e religione per il futuro del continente e per il futuro anche dell’umanità. La grande comune responsabilità perché i valori che creano giustizia e politica e che vengono dalla religione siano insieme, in cammino nel nostro tempo. Attualmente di questo fatto che giuridicamente è una visita di Stato non rende la mia visita un fatto politico, perché, se il Papa è capo di Stato, questo è solo uno strumento per garantire l’indipendenza del suo annuncio e il carattere pubblico del suo lavoro di pastore. In questo senso anche la visita di Stato rimane sostanzialmente ed essenzialmente una visita pastorale, cioè una visita nella responsabilità della fede nella quale il Sommo Pontefice, il Papa, esiste. E naturalmente mette al centro dell’attenzione di questa visita di Stato proprio le coincidenze tra l’interesse della politica e della religione. La politica sostanzialmente è creata per garantire giustizia, la giustizia e la libertà. La giustizia è un valore morale, religioso e così la fede, l’annuncio del Vangelo, si collega nel punto giustizia con la politica e qui nascono anche gli interessi comuni. La Gran Bretagna ha una grande esperienza e una grande attività nella lotta contro il male di questo tempo, contro la miseria, la povertà, le malattie, la droga, e tutte queste lotte contro la miserie, le povertà, la schiavitù dell’uomo, l'abuso dell'uomo, sono anche scopi della fede perché sono scopi dell’umanizzazione dell’uomo perché sia restituita l’immagine di Dio contro le distruzioni e le devastazioni. Il secondo compito comune è l’impegno per la pace nel mondo e la capacità di vivere la pace, l’educazione alla pace. Creare le virtù che vedono l’uomo capace di pace. E finalmente un elemento essenziale della pace è il dialogo delle religioni, tolleranza, apertura dell’uomo e all’altro e questo è anche un profondo scopo sia della Gran Bretagna, come società, sia della fede cattolica di aprire il cuore, di aprire al dialogo, di aprire così alla verità, al cammino comune dell’umanità e alla riscoperta dei valori che sono fondamento del nostro umanesimo.

[Trascrizione non ufficiale a cura di ZENIT]











+PetaloNero+
00venerdì 17 settembre 2010 00:38
Il Papa in Gran Bretagna: i cattolici siano “esempio pubblico di fede”
Omelia al Bellahouston Park di Glasgow




GLASGOW, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l'omelia pronunciata da Papa Benedetto XVI questo giovedì, durante la celebrazione della Messa al Bellahouston Park di Glasgow, nel giorno in cui si celebrava la memoria liturgica di San Ninian di Galloway, Vescovo itinerante ed evangelizzatore dei celti, patrono di Scozia.

* * *

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

"È vicino a voi il regno di Dio" (Lc 10,9). Con queste parole del Vangelo che abbiamo appena ascoltato, saluto tutti voi con grande affetto nel Signore. Davvero il Regno di Dio è già in mezzo a noi! In questa celebrazione Eucaristica, nella quale la Chiesa che è in Scozia si raduna attorno all’altare, in unione con il Successore di Pietro, riaffermiamo la nostra fede nella parola di Cristo e la nostra speranza – una speranza che mai delude – nelle sue promesse! Saluto cordialmente il Card. O’Brien e i vescovi scozzesi; ringrazio in particolare l’Arcivescovo Conti per le gentili parole di benvenuto, che mi ha rivolto a nome vostro; ed esprimo la mia profonda gratitudine per il lavoro che i Governi Britannico e Scozzese e la municipalità di Glasgow hanno svolto per rendere possibile questa circostanza.

Il Vangelo odierno ci ricorda che Cristo continua a inviare i suoi discepoli nel mondo per annunciare la venuta del suo Regno e portare la sua pace nel mondo, passando di casa in casa, di famiglia in famiglia, di città in città. Sono venuto in mezzo a voi, i figli spirituali di S. Andrea, come araldo di questa pace, e per confermarvi nella fede di Pietro (cfr Lc 22,32). E’ con una certa emozione che mi rivolgo a voi, non lontano dal luogo dove il mio amato predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, circa trent’anni fa celebrò con voi la Messa, accolto dalla più grande folla che mai si sia riunita nella storia scozzese.

Molte cose sono accadute da quella storica visita, in Scozia e nella Chiesa che è in questo Paese. Noto con grande soddisfazione come l’esortazione che vi rivolse Papa Giovanni Paolo, a camminare mano nella mano con i vostri fratelli cristiani, abbia portato ad una maggiore fiducia e amicizia con i membri della Chiesa di Scozia, della Chiesa Episcopale Scozzese e delle altre comunità cristiane. Permettetemi di incoraggiarvi a continuare a pregare e lavorare con loro nel costruire un futuro più luminoso per la Scozia, fondato sulla nostra comune eredità cristiana. Nella prima lettura oggi proclamata abbiamo ascoltato l’invito rivolto da S. Paolo ai Romani a riconoscere che, come membra del corpo di Cristo, apparteniamo gli uni agli altri (cfr Rm 12,5), e a vivere con rispetto ed amore vicendevole. In questo spirito saluto i rappresentanti delle altre confessioni cristiane, che ci onorano della loro presenza. Quest’anno ricorre il 450° anniversario del "Reformation Parliament", ma anche il centenario della Conferenza Missionaria Mondiale di Edimburgo, che è generalmente considerata come la nascita del movimento ecumenico moderno. Rendiamo grazie al Signore per la promessa che rappresenta l’intesa e la cooperazione ecumenica, in vista di una testimonianza concorde alla verità salvifica della parola di Dio nell’odierna società in rapido mutamento.

Tra i diversi doni che S. Paolo elenca per l’edificazione della Chiesa vi è quello dell’insegnamento (cfr Rm 12,7). La predicazione del Vangelo è sempre stata accompagnata da una preoccupazione per la parola: la parola ispirata di Dio e la cultura nella quale quella parola mette radici e si sviluppa. Qui in Scozia, penso alle tre università medievali fondate dai pontefici, compresa quella di S. Andrea, che sta per celebrare il sesto centenario della sua fondazione. Negli ultimi trent’anni, con l’aiuto delle autorità civili, le scuole cattoliche scozzesi hanno raccolto la sfida di assicurare una educazione integrale ad un maggior numero di studenti, e ciò è stato di aiuto ai giovani non solo per il cammino di uno sviluppo umano e spirituale, ma anche per l’inserimento nelle professioni e nella vita pubblica. Questo è un segno di grande speranza per la Chiesa e desidero incoraggiare i professionisti, i politici e gli educatori cattolici scozzesi a non perdere mai di vista la loro chiamata ad usare i propri talenti e la propria esperienza a servizio della fede, confrontandosi con la cultura scozzese contemporanea ad ogni livello.

L’evangelizzazione della cultura è tanto più importante nella nostra epoca, in cui una "dittatura del relativismo" minaccia di oscurare l’immutabile verità sulla natura dell’uomo, il suo destino e il suo bene ultimo. Vi sono oggi alcuni che cercano di escludere il credo religioso dalla sfera pubblica, di privatizzarlo o addirittura di presentarlo come una minaccia all’uguaglianza e alla libertà. Al contrario, la religione è in verità una garanzia di autentica libertà e rispetto, che ci porta a guardare ogni persona come un fratello od una sorella. Per questo motivo faccio appello in particolare a voi, fedeli laici, affinché, in conformità con la vostra vocazione e missione battesimale, non solo possiate essere esempio pubblico di fede, ma sappiate anche farvi avvocati nella sfera pubblica della promozione della sapienza e della visione del mondo che derivano dalla fede. La società odierna necessita di voci chiare, che propongano il nostro diritto a vivere non in una giungla di libertà auto-distruttive ed arbitrarie, ma in una società che lavora per il vero benessere dei suoi cittadini, offrendo loro guida e protezione di fronte alle loro debolezze e fragilità. Non abbiate paura di dedicarvi a questo servizio in favore dei vostri fratelli e sorelle, e del futuro della vostra amata nazione.

San Ninian, la cui festa oggi celebriamo, non ebbe paura di essere una voce solitaria. Sulle orme dei discepoli che nostro Signore aveva inviato davanti a sé, Ninian fu uno dei primissimi missionari cattolici a portare ai suoi connazionali la buona novella di Gesù Cristo. La sua missione a Galloway divenne un centro per la prima evangelizzazione di questo Paese. Quell’opera venne in seguito portata avanti da San Mungo, il patrono di Glasgow, e da altri santi, tra i maggiori dei quali si devono ricordare San Columba e Santa Margaret. Ispirati da loro, molti uomini e donne lavorarono per molti secoli, per far giungere la fede fino a voi. Cercate di essere degni di questa grande tradizione! Sia vostra costante ispirazione l’esortazione di San Paolo nella prima lettura: "Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera" (cfr Rm 12,11-12).

Desidero ora rivolgere una speciale parola ai vescovi della Scozia. Cari confratelli, permettetemi di incoraggiarvi nella vostra responsabilità pastorale verso i cattolici della Scozia. Come sapete, uno dei primi compiti pastorali è per i vostri sacerdoti (cfr Presbyterorum Ordinis, 7) e per la loro santificazione. Come essi sono alter Christus per la comunità Cattolica, così voi lo siete per loro. Vivete in pienezza la carità che promana da Cristo nel vostro fraterno ministero verso i vostri sacerdoti, collaborando con tutti loro ed in particolare con quanti hanno scarsi contatti con i loro confratelli. Pregate con loro per le vocazioni, affinché il Signore della messe mandi operai nella sua messe (cfr Lc 10,2). Così come è l’Eucarestia che fa la Chiesa, il sacerdozio è centrale per la vita della Chiesa. Impegnatevi personalmente nel formare i vostri sacerdoti come una fraternità che ispira altri a dedicare completamente se stessi al servizio di Dio Onnipotente. Abbiate cura anche dei vostri diaconi, il cui ministero di servizio è unito in modo particolare con quello dell’ordine dei vescovi. Siate per loro dei padri e delle guide sul cammino della santità, incoraggiandoli a crescere in conoscenza e sapienza nel compiere la missione di annunciatori alla quale sono stati chiamati.

Cari sacerdoti della Scozia, siete chiamati alla santità e a servire il popolo di Dio modellando le vostre vite sul mistero della croce del Signore. Predicate il Vangelo con un cuore puro ed una coscienza retta. Dedicate voi stessi a Dio solo, e diventerete per i giovani esempi luminosi di una vita santa, semplice e gioiosa: essi, a loro volta, desidereranno certamente unirsi a voi nel vostro assiduo servizio al popolo di Dio. Che l’esempio di dedizione, di generosità e di coraggio di San John Ogilvie ispiri tutti voi. Similmente, permettetemi di incoraggiare anche voi, monaci, religiose e religiosi di Scozia, ad essere come una luce posta sulla sommità del colle, vivendo una autentica vita cristiana di preghiera ed azione che testimoni, in modo luminoso la forza del vangelo.

Infine, desidero rivolgere una parola a voi, miei cari giovani cattolici di Scozia. Vi esorto a vivere una vita degna di nostro Signore (cfr Ef 4,1) e di voi stessi. Vi sono molte tentazioni che dovete affrontare ogni giorno – droga, denaro, sesso, pornografia, alcool – che secondo il mondo vi daranno felicità, mentre in realtà si tratta di cose distruttive, che creano divisione. C’è una sola cosa che permane: l’amore personale di Gesù Cristo per ciascuno di voi. Cercatelo, conoscetelo ed amatelo, ed egli vi renderà liberi dalla schiavitù dell’esistenza seducente ma superficiale frequentemente proposta dalla società di oggi. Lasciate da parte ciò che non è degno di valore e prendete consapevolezza della vostra dignità di figli di Dio. Nel vangelo odierno, Gesù ci chiede di pregare per la vocazioni: prego perché molti fra voi conoscano ed amino Gesù Cristo e, attraverso tale incontro, giungano a dedicarsi completamente a Dio, in modo particolare quanti fra di voi sono chiamati al sacerdozio e alla vita religiosa. Questa è la sfida che il Signore oggi vi rivolge: la Chiesa ora appartiene a voi!

Cari amici, esprimo ancora una volta la mia gioia di celebrare questa Messa con voi. Mi fa piacere assicuravi delle mie preghiere nell’antica lingua del vostro paese: Sìth agus beannachd Dhe dhuib uile; Dia bhi timcheall oirbh; agus gum beannaicheadh Dia Alba. La pace e la benedizione di Dio siano con tutti voi; Dio vi protegga; e Dio benedica il popolo di Scozia!

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]





Il discorso di benvenuto di Elisabetta II a Benedetto XVI
Dialogare per superare vecchi sospetti




ROMA, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso rivolto questo giovedì dalla regina Elisabetta II a Benedetto XVI durante la cerimonia di benvenuto che ha avuto luogo nel Palazzo reale di Holyroodhouse ad Edimburgo.

* * *

Santità,

accoglierla nel Regno Unito e, in particolare, in Scozia, in occasione della sua prima visita in veste di Papa, mi colma di gioia. Ricordo con piacere la memorabile visita pastorale del compianto Papa Giovanni Paolo II in questo Paese, nel 1982.

Ho anche ricordi vividi delle mie quattro visite in Vaticano e degli incontri con i suoi predecessori in altre occasioni. Sono loro molto grata per aver ricevuto, nel corso degli anni, numerosi membri della mia famiglia con tale calorosa ospitalità.

Nel mondo sono cambiate molte cose nei trent'anni trascorsi dalla visita di Giovanni Paolo II. In questo Paese apprezziamo profondamente l'impegno della Santa Sede per migliorare in maniera straordinaria la situazione nell'Irlanda del Nord.

Ovunque, la caduta dei regimi totalitari nell'Europa centrale e orientale ha permesso una maggiore libertà a centinaia di milioni di persone. La Santa Sede continua a svolgere un ruolo importante nelle questioni internazionali, a sostegno della pace e dello sviluppo, e nell'affrontare problemi comuni quali povertà e cambiamento climatico.

Santità, la sua presenza qui oggi ci ricorda la nostra eredità comune e il contributo cristiano all'incoraggiamento della pace nel mondo e allo sviluppo economico e sociale dei Paesi meno prosperi del mondo.

Siamo tutti consapevoli dell'apporto speciale della Chiesa cattolica romana, in particolare grazie al suo ministero per i poveri e per i più deboli della società, alla sua sollecitudine per i senzatetto e all'educazione che offre attraverso la sua ampia rete di scuole.

La religione è sempre stata un elemento cruciale nell'identità nazionale e nella autoconsapevolezza storica. Ciò ha reso il rapporto fra differenti fedi un fattore fondamentale nella cooperazione necessaria negli stati nazione e fra di loro. Quindi, è di vitale importanza incoraggiare una comprensione reciproca e rispettosa.

Sappiamo per esperienza che attraverso il dialogo impegnato è possibile superare vecchi sospetti e instaurare una maggiore fiducia reciproca.

So che la riconciliazione ha costituito un tema centrale nella vita del cardinale John Henry Newman, per il quale lei, Santità, celebrerà una messa di beatificazione domenica prossima. Egli ha lottato contro dubbi e incertezze e il suo contributo alla comprensione del cristianesimo continua a influenzare molte persone.

Sono lieta per il fatto che la sua visita sarà anche un'opportunità per approfondire il rapporto fra la Chiesa cattolica romana, la Chiesa di Inghilterra e la Chiesa di Scozia.

Santità, in tempi recenti, ha affermato che «le religioni non possono mai divenire veicoli di odio, che la violenza e il male non possono mai essere giustificati invocando il nome di Dio». Oggi, in questo Paese, siamo uniti su questa posizione. La libertà di culto è il nucleo centrale della nostra società tollerante e democratica.

A nome del popolo del Regno Unito, le auguro una visita che sia il più possibile feconda e memorabile.


[Traduzione del testo in inglese a cura de L'Osservatore Romano]









Discorso del Papa durante la visita alla Regina Elisabetta II
Nel Palazzo Reale di Holyroodhouse ad Edimburgo




EDIMBURGO, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso tenuto questo giovedì da Benedetto XVI nel Palazzo Reale di Holyroodhouse, ad Edimburgo, durante la visita alla Regina Elisabetta II e alle più alte autorità dello Stato.

* * *

Maestà,

grazie per il Suo gentile invito a compiere una visita ufficiale al Regno Unito e per le Sue cordiali parole di saluto, a nome del popolo britannico Nel ringraziare Vostra Maestà, mi permetta di estendere i miei saluti a tutto il popolo del Regno Unito e porgere con amicizia la mano a ciascuno.

È un grande piacere per me iniziare il mio viaggio salutando i Membri della Famiglia Reale, ringraziando in particolare Sua Altezza Reale il Duca di Edimburgo per il suo gentile benvenuto datomi all’aeroporto di Edimburgo. Esprimo la mia gratitudine all’attuale e ai precedenti governi di Vostra Maestà ed a quanti hanno collaborato con essi al fine di rendere possibile questa occasione, fra cui Lord Patten e il precedente Segretario di Stato Murphy. Vorrei pure prender atto con profondo apprezzamento del lavoro svolto dal “All-Parliamentary Group on the Holy See”, che ha grandemente contribuito al rafforzamento delle relazioni amichevoli che esistono fra la Santa Sede e il Regno Unito.

Nel dare inizio alla visita al Regno Unito nella storica Capitale della Scozia, saluto in maniera speciale il Primo Ministro Salmond ed i rappresentanti del Parlamento scozzese. Come le Assemblee del Galles e dell’Irlanda del Nord, possa anche il Parlamento scozzese crescere nel suo essere espressione delle nobili tradizioni e della distinta cultura degli scozzesi ed adoperarsi per servire i loro interessi migliori in spirito di solidarietà e di premura nei confronti del bene comune.

Il nome di Holyroodhouse, residenza ufficiale di Vostra Maestà in Scozia, evoca la “Santa Croce” e fa volgere lo sguardo alle profonde radici cristiane che sono tuttora presenti in ogni strato della vita britannica. I monarchi d’Inghilterra e Scozia erano cristiani sin dai primissimi tempi ed includono straordinari Santi come Edoardo il Confessore e Margherita di Scozia. Come Le è noto, molti di loro hanno esercitato coscienziosamente i loro doveri sovrani alla luce del Vangelo, modellando in tal modo la nazione nel bene al livello più profondo. Ne risultò che il messaggio cristiano è diventato parte integrale della lingua, del pensiero e della cultura dei popoli di queste isole per più di un millennio. Il rispetto dei vostri antenati per la verità e la giustizia, per la clemenza e la carità giungono a voi da una fede che rimane una forza potente per il bene nel vostro regno, con grande beneficio parimenti di cristiani e non cristiani.

Troviamo molti esempi di questa forza per il bene lungo tutta la lunga storia della Gran Bretagna. Anche in tempi relativamente recenti, attraverso figure come William Wilberforce e David Livingstone, la Gran Bretagna è direttamente intervenuta per fermare la tratta internazionale degli schiavi. Ispirate dalla fede, donne come Florence Nightingale servirono i poveri e i malati, ponendo nuovi standard nell’assistenza sanitaria che successivamente vennero copiati ovunque. John Henry Newman, la cui beatificazione celebrerò fra breve, fu uno dei molti cristiani britannici della propria epoca la cui bontà, eloquenza ed azione furono un onore per i propri concittadini e concittadine. Questi e molti altri come loro furono mossi da una fede profonda, nata e cresciuta in queste isole.

Pure nella nostra epoca possiamo ricordare come la Gran Bretagna e i suoi capi si opposero ad una tirannia nazista che aveva in animo di sradicare Dio dalla società e negava a molti la nostra comune umanità, specialmente gli ebrei, che venivano considerati non degni di vivere. Desidero, inoltre, ricordare l’atteggiamento del regime verso pastori cristiani e verso religiosi che proclamarono la verità nell’amore; si opposero ai nazisti e pagarono con la propria vita la loro opposizione. Mentre riflettiamo sui moniti dell’estremismo ateo del ventesimo secolo, non possiamo mai dimenticare come l’esclusione di Dio, della religione e della virtù dalla vita pubblica conduce in ultima analisi ad una visione monca dell’uomo e della società, e pertanto a “una visione riduttiva della persona e del suo destino” (Caritas in veritate, 29).

Sessantacinque anni orsono la Gran Bretagna giocò un ruolo essenziale nel forgiarsi del consenso internazionale del dopo-guerra, il che favorì la fondazione delle Nazioni Unite e diede inizio ad un periodo di pace e di prosperità in Europa, sino a quel momento sconosciuto. Negli anni più recenti la comunità internazionale ha seguito da vicino gli eventi nell’Irlanda del Nord, i quali hanno condotto alla firma dell’Accordo del Venerdì Santo ed alla devoluzione di poteri all’Assemblea dell’Irlanda del Nord. Il governo di Vostra Maestà e quello dell’Irlanda, unitamente ai leader politici, religiosi e civili dell’Irlanda del Nord, hanno sostenuto la nascita di una risoluzione pacifica del conflitto locale. Incoraggio quanti sono coinvolti a continuare a camminare coraggiosamente insieme sulla via tracciata verso una pace giusta e duratura.

Il governo e il popolo sono coloro che forgiano le idee che hanno tutt’oggi un impatto ben al di là delle Isole britanniche. Ciò impone loro un dovere particolare di agire con saggezza per il bene comune. Allo stesso modo, poiché le loro opinioni raggiungono un così vasto uditorio, i media britannici hanno una responsabilità più grave di altri ed una opportunità più ampia per promuovere la pace delle nazioni, lo sviluppo integrale dei popoli e la diffusione di autentici diritti umani. Possano tutti i britannici continuare a vivere dei valori dell’onestà, del rispetto e dell’equilibrio che hanno guadagnato loro la stima e l’ammirazione di molti.

Oggi il Regno Unito si sforza di essere una società moderna e multiculturale. In questo compito stimolante, possa mantenere sempre il rispetto per quei valori tradizionali e per quelle espressioni culturali che forme più aggressive di secolarismo non stimano più, né tollerano più. Non si lasci oscurare il fondamento cristiano che sta alla base delle sue libertà; e possa quel patrimonio, che ha sempre servito bene la nazione, plasmare costantemente l’esempio del Suo governo e del Suo popolo nei confronti dei due miliardi di membri del Commonwealth, come pure della grande famiglia di nazioni anglofone in tutto il mondo.

Dio benedica Vostra Maestà e tutte le persone del Vostro Reame. Grazie.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]
+PetaloNero+
00venerdì 17 settembre 2010 15:29
INCONTRO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CON I GIORNALISTI DURANTE IL VOLO VERSO IL REGNO UNITO (16 SETTEMBRE 2010)



Ieri mattina, nel corso del viaggio aereo verso il Regno Unito, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i giornalisti del Volo Papale. Pubblichiamo di seguito la trascrizione dell’intervista concessa dal Papa agli operatori dei media:


TESTO DELL’INTERVISTA

P. Lombardi: Santità, benvenuto fra noi e grazie della sua disponibilità. Abbiamo un gruppo di 70 giornalisti qui presenti, delle diverse parti del mondo. Naturalmente alcuni vengono apposta dal Regno Unito per unirsi fin dal volo a questo gruppo. Come al solito, i colleghi, nei giorni scorsi, hanno dato diverse domande, che Le proponiamo per questa prima conversazione all’inizio di un viaggio molto atteso e impegnativo, che speriamo sia bellissimo. Io ho scelto una serie di domande tra quelle che sono state proposte. GlieLe propongo in italiano per non affaticarLa troppo. I colleghi si aiuteranno a capire se non conoscono bene l’italiano.

La prima domanda: durante la preparazione di questo viaggio vi sono state discussioni e posizioni contrarie. Nella tradizione passata del Paese vi sono state forti posizioni anticattoliche. Lei è preoccupato per come sarà accolto?

Santo Padre: Innanzitutto buona giornata e un buon volo per noi tutti. Devo dire che non sono preoccupato, perché quando sono andato in Francia è stato detto che quello sarebbe stato il Paese più anticlericale, con forti correnti anticlericali e con un minimo di fedeli; quando sono andato nella Repubblica Ceca è stato detto che quello sarebbe stato il Paese più areligioso d’Europa e più anticlericale anche. Così i Paesi occidentali hanno tutti, ognuno nel loro modo specifico e secondo la loro propria storia, forti correnti anticlericali e anticattoliche, ma hanno anche sempre una presenza forte di fede. Così in Francia e nella Repubblica Ceca ho visto e vissuto una calorosa accoglienza da parte della comunità cattolica, una forte attenzione da parte di agnostici che tuttavia sono in ricerca, vogliono conoscere e trovare i valori che portano avanti l’umanità, e sono stati molto attenti se potessero sentire da me qualcosa anche in questo senso. E la tolleranza e il rispetto di quanti sono anticattolici. Naturalmente la Gran Bretagna ha una sua propria storia di anticattolicesimo, questo è ovvio, ma è anche un Paese di una grande storia di tolleranza. E così sono sicuro che da una parte vi sarà un’accoglienza positiva dai cattolici e dai credenti, generalmente; attenzione da quanti cercano come andare avanti in questo nostro tempo, e rispetto e tolleranza reciproca dove c’è un anticattolicesimo. Vado avanti con grande coraggio e con gioia.

P. Lombardi: Il Regno Unito, come molti altri Paesi occidentali – è un tema che ha già toccato nella prima risposta – è considerato un Paese secolare; c’è un forte movimento di ateismo anche con motivazioni culturali, tuttavia vi sono anche segni che la fede religiosa, in particolare in Gesù Cristo, è tuttora viva a livello personale. Che cosa può significare questo per cattolici ed anglicani? Si può fare qualcosa per rendere la Chiesa come istituzione anche più credibile e attrattiva per tutti?

Santo Padre: Direi che una Chiesa che cerca soprattutto di essere attrattiva sarebbe già su una strada sbagliata. Perché la Chiesa non lavora per sé, non lavora per aumentare i propri numeri e così il proprio potere. La Chiesa è al servizio di un Altro, serve non per sé, per essere un corpo forte, ma serve per rendere accessibile l’annuncio di Gesù Cristo, le grandi verità, le grandi forze di amore, di riconciliazione apparse in questa figura e che sempre vengono dalla presenza di Gesù Cristo. In questo senso la Chiesa non cerca la propria attrattività, ma deve essere trasparente per Gesù Cristo. E nella misura nella quale non sta per se stessa, come corpo forte e potente nel mondo, che vuole avere il suo potere, ma si fa semplicemente voce di un Altro, diventa realmente trasparenza per la grande figura di Cristo e le grandi verità che ha portato nell’umanità, la forza dell’amore; allora in questo momento si ascolta e si accetta la Chiesa. Essa non dovrebbe considerare se stessa ma aiutare a considerare l’Altro, ed essa stessa vedere e parlare dell’Altro e per l’Altro. In questo senso mi sembra anche che anglicani e cattolici hanno il semplice compito, lo stesso compito, la stessa direzione da prendere. Se anglicani e cattolici vedono che ambedue non servono per se stessi, ma sono strumenti per Cristo, "amico dello Sposo" – come dice San Giovanni – se ambedue seguono la priorità di Cristo e non di se stessi, allora vengono anche insieme, perché allora la priorità di Cristo li accomuna e non sono più concorrenti, ognuno cercando il maggiore numero, ma sono congiunti nell’impegno per la verità di Cristo che entra in questo mondo, e così si trovano anche reciprocamente in un vero e fecondo ecumenismo.

P. Lombardi: Grazie Santità. Una terza domanda. Com’è noto e come è stato messo in rilievo anche da recenti sondaggi, lo scandalo degli abusi sessuali ha scosso la fiducia dei fedeli nella Chiesa. Come pensa di poter contribuire a ristabilire questa fiducia?

Santo Padre: Innanzitutto devo dire che queste rivelazioni sono state per me uno choc. Sono una grande tristezza, è difficile capire come questa perversione del ministero sacerdotale era possibile. Il sacerdote, nel momento dell’ordinazione, preparato per anni a questo momento, dice sì a Cristo per farsi la sua voce, la sua bocca, la sua mano e servirlo con tutta l’esistenza perché il Buon Pastore, che ama e aiuta e guida alla verità, sia presente nel mondo. Come un uomo che ha fatto e detto questo possa poi cadere in questa perversione, è difficile capire, è una grande tristezza, tristezza anche che l’autorità della Chiesa non era sufficientemente vigilante e non sufficientemente veloce, decisa, nel prendere le misure necessarie. Per tutto questo siamo in un momento di penitenza, di umiltà e di rinnovata sincerità, come ho scritto ai Vescovi irlandesi. Mi sembra che dobbiamo adesso realizzare proprio un tempo di penitenza, un tempo di umiltà, e rinnovare e reimparare un’assoluta sincerità. Quanto alle vittime, direi, tre cose sono importanti. Primo interesse sono le vittime, come possiamo riparare, che cosa possiamo fare per aiutare queste persone a superare questo trauma, a ritrovare la vita, a ritrovare anche la fiducia nel messaggio di Cristo. Cura, impegno per le vittime è la prima priorità con aiuti materiali, psicologici, spirituali. Secondo, è il problema delle persone colpevoli: la giusta pena, escluderli da ogni possibilità di accesso ai giovani, perché sappiamo che questa è una malattia e la libera volontà non funziona dove c’è questa malattia; quindi dobbiamo proteggere queste persone contro se stesse, e trovare il modo di aiutarle e di proteggerle contro se stesse ed escluderle da ogni accesso ai giovani. E il terzo punto è la prevenzione nella educazione e nella scelta dei candidati al sacerdozio. Essere così attenti che secondo le possibilità umane si escludano futuri casi. E vorrei in questo momento anche ringraziare l’episcopato britannico per la sua attenzione, per la sua collaborazione, sia con la Sede di San Pietro, sia con le istanze pubbliche, e per l’attenzione per le vittime e per il diritto. Mi sembra che l’episcopato britannico abbia fatto e faccia un grande lavoro e gli sono molto grato.

P. Lombardi: Santità, la figura del cardinale Newman evidentemente è molto significativa per Lei. Per il cardinale Newman Lei fa l’eccezione di presiederne la beatificazione. Pensa che il suo ricordo possa aiutare a superare le divisioni fra anglicani e cattolici? E quali sono gli aspetti della sua personalità su cui desidera mettere l’accento più forte?

Santo Padre: Il cardinale Newman è soprattutto da una parte un uomo moderno, che ha vissuto tutto il problema della modernità, che ha vissuto anche il problema dell’agnosticismo, dell’impossibilità di conoscere Dio, di credere. Un uomo che è stato in tutta la sua vita in cammino, nel cammino di lasciarsi trasformare dalla verità in una ricerca di grande sincerità e di grande disponibilità, per conoscere meglio e per trovare, accettare la strada per la vera vita. Questa modernità interiore, del suo essere e della sua vita, implica la modernità della sua fede. Non è una fede in formule di un tempo passato: è una fede personalissima, vissuta, sofferta, trovata, in un lungo cammino di rinnovamento e di conversioni. E’ un uomo di grande cultura, che da una parte partecipa nella nostra cultura scettica di oggi – alla questione se possiamo capire qualcosa di certo sulla verità dell’uomo, dell’essere o no, e come possiamo arrivare alla convergenza delle probabilità. Un uomo che, d’altra parte, con una grande cultura della conoscenza dei Padri della Chiesa, ha studiato e rinnovato la genesi interna della fede e riconosciuto così la sua figura e costruzione interiore. È un uomo di una grande spiritualità, di un grande umanesimo, un uomo di preghiera, di una relazione profonda con Dio e di una relazione personale, perciò anche di una relazione profonda con gli altri uomini del suo e del nostro tempo. Direi, quindi, questi tre elementi: modernità della sua esistenza, con tutti i dubbi e i problemi del nostro essere di oggi; cultura grande, conoscenza dei grandi tesori della cultura dell’umanità, disponibilità di ricerca permanente, di rinnovamento permanente; e spiritualità: vita spirituale, vita con Dio, danno a quest’uomo un’eccezionale grandezza per il nostro tempo. Perciò è una figura di dottore della Chiesa per noi e per tutti, e anche un ponte tra anglicani e cattolici.

P. Lombardi: E un’ultima domanda. Questa visita è considerata con il rango di visita di Stato, così è stata qualificata. Che cosa significa ciò per i rapporti tra la Santa Sede e il Regno Unito? Vi sono punti importanti di sintonia, in particolare guardando alle grandi sfide del mondo attuale?

Santo Padre: Sono molto grato a Sua Maestà la Regina Elisabetta II, che ha voluto dare a questa visita il rango di una visita di Stato, che sa esprimere il carattere pubblico di questa visita e anche la responsabilità comune tra politica e religione per il futuro del Continente e per il futuro dell’umanità. La grande e comune responsabilità perché i valori che creano giustizia e politica, e che vengono dalla religione, siano insieme, in cammino nel nostro tempo. Naturalmente questo fatto che giuridicamente è una visita di Stato non rende la mia visita un fatto politico, perché se il Papa è capo di Stato, questo è solo uno strumento per garantire l’indipendenza del suo annuncio e il carattere pubblico del suo lavoro di Pastore. In questo senso anche la visita di Stato rimane sostanzialmente ed essenzialmente una visita pastorale, cioè una visita nella responsabilità della fede, per la quale il Sommo Pontefice, il Papa esiste. E, naturalmente, mette al centro dell’attenzione, questo carattere di visita di Stato, le coincidenze tra l’interesse della politica e della religione. La politica sostanzialmente è creata per garantire giustizia, e con la giustizia libertà, ma giustizia è un valore morale, un valore religioso e così la fede, l’annuncio del Vangelo, si collega, nel punto "giustizia", con la politica, e qui nascono anche gli interessi comuni. La Gran Bretagna ha una grande esperienza e una grande attività nella lotta contro i mali di questo tempo, contro la miseria, la povertà, le malattie, la droga e tutte queste lotte contro la miseria, la povertà, la schiavitù dell’uomo, l’abuso dell’uomo, la droga, sono anche scopi della fede, perché sono scopi dell’umanizzazione dell’uomo, perché sia restituita l’immagine di Dio contro le distruzioni e le devastazioni. Un secondo compito comune è l’impegno per la pace nel mondo e la capacità di vivere la pace, l’educazione alla pace. Creare le virtù che rendono l’uomo capace di pace. E, finalmente, un elemento essenziale della pace è il dialogo delle religioni, la tolleranza, l’apertura dell’uno per l’altro, e questo è anche un profondo scopo, sia della Gran Bretagna come società, sia della fede cattolica, di aprire i cuori, di aprire al dialogo, di aprire così alla verità e al cammino comune dell’umanità, e al ritrovare i valori che sono fondamento del nostro umanesimo.

P. Lombardi: Grazie Santità di tutto questo che ci ha detto. Veramente ci ha dato una panoramica sul significato di tanti dei messaggi che vuole dare in questi giorni e noi quindi Le auguriamo di poterli dare con efficacia in tutti i suoi discorsi e, dato che noi siamo dei comunicatori, noi Le diciamo che faremo il possibile per collaborare a questa buona comprensione e diffusione dei suoi messaggi. Le siamo veramente grati per aver dedicato fin dall’inizio anche del tempo e della fatica per noi e vogliamo farLe i migliori auguri per la continuazione di questo viaggio. Grazie, Santità!










VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NEL REGNO UNITO IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DEL CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN (16-19 SETTEMBRE 2010) (IV)

INCONTRO CON IL MONDO DELL’EDUCAZIONE CATTOLICA AL ST MARY’S UNIVERSITY COLLEGE DI TWICKENHAM (LONDON BOROUGH OF RICHMOND) - SALUTO AGLI INSEGNANTI E RELIGIOSI



Questa mattina, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato nella Cappella della Nunziatura Apostolica di Londra, il Santo Padre Benedetto XVI si reca in auto al St Mary’s University College di Twickenham (nel quartiere londinese di Richmond) dove, alle ore 10.30, incontra il mondo dell’Educazione Cattolica. Al Suo arrivo il Papa è accolto dal Rettore del College, dal Cappellano, da S.E. Mons. George Stack, Vescovo Ausiliare di Westminster e Presidente dell’Ufficio dei Governatori dell’Università di St Mary e dal Ministro dell’Istruzione, Sig. Nick Gibb.

L’incontro si svolge in due momenti: dapprima, nella Cappella del College, il Santo Padre saluta circa 300 religiosi e religiose impegnati nell’educazione cattolica e un coro di giovani; successivamente, nel Campo sportivo del College, incontra circa 4000 studenti delle scuole cattoliche britanniche.

Di seguito riportiamo le parole che il Santo Padre rivolge agli insegnanti e ai religiosi nel corso dell’incontro nella Cappella, dopo il saluto di Suor Theresa Browne e la lettura da parte della Sig.na Elaine Chaill di un passo dal Libro della Sapienza:

SALUTO DEL SANTO PADRE



Eccellentissimo Segretario di Stato per l’Educazione,
Venerato Fratello Mons. Stack,
Dr Naylor,
Reverendi Padri,
Fratelli e Sorelle in Cristo,

sono lieto di avere questa opportunità di rendere onore al notevole contributo che Religiosi e Religiose hanno dato in questa terra al nobile compito dell’ educazione. Ringrazio i giovani per i loro bei canti e ringrazio Suor Teresa per le sue parole. A lei e a tutti coloro che, uomini e donne, hanno dedicato la vita ad insegnare ai giovani, desidero esprimere i miei sentimenti di profondo apprezzamento. Voi formate nuove generazioni non solo nella conoscenza della fede ma in ogni aspetto di ciò che significa vivere come cittadini maturi e responsabili nel mondo odierno.

Come sapete, il compito dell’insegnante non è solo quello di impartire informazioni o di provvedere ad una preparazione tecnica per portare benefici economici alla società; l’educazione non è e non deve essere mai considerata come puramente utilitaristica. Riguarda piuttosto formare la persona umana, preparare lui o lei a vivere la vita in pienezza – in poche parole riguarda educare alla saggezza. E la vera saggezza è inseparabile dalla conoscenza del Creatore perché "nelle sue mani siamo noi e le nostre parole, ogni sorta di conoscenza e ogni capacità operativa" (Sap 7,16).

Questa dimensione trascendente dello studio e dell’insegnamento era chiaramente compresa dai monaci che hanno così tanto contribuito alla evangelizzazione di queste isole. Sto pensando ai Benedettini che accompagnarono Sant’Agostino nella sua missione in Inghilterra, ai discepoli di San Columba, che hanno diffuso la fede in Scozia e nell’Inghilterra del Nord, a San Davide e ai suoi compagni nel Galles. Poiché la ricerca di Dio che si colloca nel cuore della vocazione monastica, richiede un attivo impegno coi mezzi tramite i quali egli si fa conoscere - la sua creazione e la sua parola rivelata - era semplicemente naturale che il monastero dovesse avere una biblioteca ed una scuola (cfr Discorso ai rappresentanti del mondo della cultura al "Collège des Bernardins" a Parigi, 12 settembre 2008).

Fu l’impegno dei monaci nell’imparare la via sulla quale incontrare la Parola Incarnata di Dio che gettò le fondamenta della nostra cultura e civiltà occidentali.

Guardandomi attorno oggi, vedo molti Religiosi di vita apostolica il cui carisma comprende l’educazione dei giovani. Questo mi offre l’opportunità di rendere grazie a Dio per la vita e l’opera della Venerabile Mary Ward, nativa di questa terra, la cui visione pionieristica di vita religiosa apostolica per le donne, ha portato così tanti frutti. Io stesso da giovane ragazzo sono stato educato dalle "Dame Inglesi" e devo loro un profondo debito di gratitudine. Molti di voi appartengono ad ordini dediti all’insegnamento, che hanno portato la luce del Vangelo in terre lontane come parte del grande lavoro missionario della Chiesa ed anche per questo rendo grazie e benedico il Signore.

Spesso avete avviato le fondazioni per contribuire all’educazione molto prima che lo Stato assumesse una responsabilità per questo vitale servizio all’individuo e alla società. Poiché i relativi ruoli della Chiesa e dello Stato nel campo dell’educazione continuano ad evolversi, non dovete mai dimenticare che i religiosi hanno un contributo unico da offrire in questo apostolato, che è anzitutto quello di testimoniare con la vita consacrata a Dio e la fedeltà, l’amore a Cristo, il Sommo Maestro. Inoltre, la presenza dei religiosi nelle scuole cattoliche è un forte richiamo all’ampiamente discusso carattere cattolico, che è necessario permei ogni aspetto della vita scolastica. Questo riporta all’evidente esigenza che il contenuto dell'insegnamento dovrebbe essere sempre in conformità con la dottrina della Chiesa. Ciò significa che la vita di fede deve essere la forza guida alla base di ogni attività nella scuola, così che la missione della Chiesa possa essere effettivamente servita ed i giovani possano scoprire la gioia di entrare nell’ "essere per gli altri" di Cristo (cfr Spe Salvi, 28).

Prima di concludere desidero aggiungere una particolare parola di apprezzamento per coloro il cui impegno è quello di garantire che le nostre scuole assicurino un ambiente sicuro per i bambini e i giovani. La nostra responsabilità verso coloro che ci sono affidati per la loro formazione cristiana non richiede nulla di meno. Inoltre, la vita di fede può essere effettivamente coltivata solo quando l’atmosfera prevalente è di una fiducia rispettosa e affettuosa. Confido che questo possa continuare ad essere un segno distintivo delle scuole cattoliche in questo Paese.

Con questi sentimenti, cari fratelli e sorelle, vi invito alla preghiera.

* * *

Venerato Fratello Stack, vorrei chiederle di accettare in dono, quale Presidente dell’ufficio dei Governatori dell’Università di Saint Mary e a nome del Collegio, questo mosaico della Beata Vergine Maria.




INCONTRO CON IL MONDO DELL’EDUCAZIONE CATTOLICA AL ST MARY’S UNIVERSITY COLLEGE DI TWICKENHAM - DISCORSO AGLI STUDENTI



Terminato l’incontro nella Cappella del St Mary’s University College di Twickenham, il Papa attraversa il Campus fino al campo sportivo dove sono riuniti circa 4000 studenti delle scuole cattoliche britanniche. Tutte le scuole cattoliche dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia sono collegate via internet per seguire in diretta l’evento.

Introdotto dal saluto del Vescovo di Nottingham e Presidente della Commissione Episcopale per l’Istruzione, S.E. Mons. Malcolm P. McMahon, e dalla testimonianza di una giovane, Siobhan Bellot, il Papa presiede l’inaugurazione della Fondazione "John Paul II" per lo Sport, benedice un’icona e una candela, simboli della missione della Fondazione, e una campana. Quindi pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE



Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,
Cari giovani amici,

desidero anzitutto dirvi quanto sia lieto di essere oggi qui in mezzo a voi. Estendo il più cordiale saluto a tutti voi, convenuti alla "Saint Mary’s University" dalle scuole e dai collegi cattolici del Regno Unito, e a tutti coloro che ci stanno seguendo alla televisione o via internet. Ringrazio il vescovo McMahon per il suo cortese benvenuto e il coro e la banda per la bella musica eseguita poco fa, che ha dato inizio alla nostra celebrazione. Ringrazio Miss Bellot per le gentili parole che mi ha rivolto a nome di tutti i giovani presenti. Guardando ai prossimi giochi olimpici, è stato un piacere inaugurare questa Fondazione sportiva intitolata a Giovanni Paolo II, e prego affinché tutti coloro che la frequenteranno rendano gloria a Dio attraverso le loro attività sportive, così come possano trarre giovamento per se stessi e per gli altri.

Non capita spesso ad un Papa — in verità nemmeno a qualsiasi altra persona — l’opportunità di parlare contemporaneamente agli studenti di tutte le scuole cattoliche dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia. E dal momento che ora io ho questa possibilità, c’è qualcosa che mi sta davvero molto a cuore di dirvi. Ho la speranza che fra voi che oggi siete qui ad ascoltarmi vi siano alcuni dei futuri santi del ventunesimo secolo. La cosa che Dio desidera maggiormente per ciascuno di voi è che diventiate santi. Egli vi ama molto più di quanto voi possiate immaginare e desidera per voi il massimo. E la cosa migliore di tutte per voi è di gran lunga il crescere in santità.

Forse alcuni di voi non ci hanno mai pensato prima d’ora. Forse alcuni pensano che essere santi non sia per loro. Lasciatemi spiegare cosa intendo dire. Quando si è giovani, si è soliti pensare a persone che stimiamo e ammiriamo, persone alle quali vorremmo assomigliare. Potrebbe trattarsi di qualcuno che incontriamo nella nostra vita quotidiana e che teniamo in grande stima. Oppure potrebbe essere qualcuno di famoso. Viviamo in una cultura della celebrità ed i giovani sono spesso incoraggiati ad avere come modello figure del mondo dello sport o dello spettacolo. Io vorrei farvi questa domanda: quali sono le qualità che vedete negli altri e che voi stessi vorreste maggiormente possedere? Quale tipo di persona vorreste davvero essere?

Quando vi invito a diventare santi, vi sto chiedendo di non accontentarvi di seconde scelte. Vi sto chiedendo di non perseguire un obiettivo limitato, ignorando tutti gli altri. Avere soldi rende possibile essere generosi e fare del bene nel mondo, ma, da solo, non è sufficiente a renderci felici. Essere grandemente dotati in alcune attività o professioni è una cosa buona, ma non potrà mai soddisfarci, finché non puntiamo a qualcosa di ancora più grande. Potrà renderci famosi, ma non ci renderà felici. La felicità è qualcosa che tutti desideriamo, ma una delle grandi tragedie di questo mondo è che così tanti non riescono mai a trovarla, perché la cercano nei posti sbagliati. La soluzione è molto semplice: la vera felicità va cercata in Dio. Abbiamo bisogno del coraggio di porre le nostre speranze più profonde solo in Dio: non nel denaro, in una carriera, nel successo mondano, o nelle nostre relazioni con gli altri, ma in Dio. Lui solo può soddisfare il bisogno più profondo del nostro cuore.

Dio non solo ci ama con una profondità e intensità che difficilmente possiamo immaginare: egli ci invita a rispondere a questo amore. Tutti voi sapete cosa accade quando incontrate qualcuno di interessante e attraente, come desideriate essere amici di quella persona. Sperate sempre che quella persona vi trovi a sua volta interessanti ed attraenti e voglia fare amicizia con voi. Dio desidera la vostra amicizia. E, una volta che voi siete entrati in amicizia con Dio, ogni cosa nella vostra vita inizia a cambiare. Mentre giungete a conoscerlo meglio, vi rendete conto di voler riflettere nella vostra stessa vita qualcosa della sua infinita bontà. Siete attratti dalla pratica della virtù. Incominciate a vedere l’avidità e l’egoismo, e tutti gli altri peccati, per quello che realmente sono, tendenze distruttive e pericolose che causano profonda sofferenza e grande danno, e volete evitare di cadere voi stessi in quella trappola. Incominciate a provare compassione per quanti sono in difficoltà e desiderate fare qualcosa per aiutarli. Desiderate venire in aiuto al povero e all’affamato, confortare il sofferente, essere buoni e generosi. Quando queste cose iniziano a starvi a cuore, siete già pienamente incamminati sulla via della santità.

C’è sempre un orizzonte più grande, nelle vostre scuole cattoliche, sopra e al di là delle singole materie del vostro studio e delle varie capacità che acquisite. Tutto il lavoro che fate è posto nel contesto della crescita nell’amicizia con Dio, e da quell’amicizia tutto quel lavoro fluisce. In tal modo apprendete non solo ad essere buoni studenti, ma buoni cittadini e buone persone. Mentre proseguite con il percorso scolastico dovete compiere delle scelte circa la materia del vostro studio e iniziare a specializzarvi in vista di ciò che farete nella vita. Ciò è giusto e conveniente. Ricordate sempre però che ogni materia che studiate si inserisce in un orizzonte più ampio. Non riducetevi mai ad un orizzonte ristretto. Il mondo ha bisogno di buoni scienziati, ma una prospettiva scientifica diventa pericolosamente angusta, se ignora la dimensione etica e religiosa della vita, così come la religione diventa angusta, se rifiuta il legittimo contributo della scienza alla nostra comprensione del mondo. Abbiamo bisogno di buoni storici, filosofi ed economisti, ma se la percezione che essi offrono della vita umana all’interno del loro specifico campo è centrata su di una prospettiva troppo ristretta, essi possono seriamente portarci fuori strada.

Una buona scuola offre una formazione completa per l’intera persona. Ed una buona scuola cattolica, al di sopra e al di là di questo, dovrebbe aiutare i suoi studenti a diventare santi. So che vi sono molti non cattolici che studiano nelle scuole cattoliche in Gran Bretagna e desidero rivolgermi a tutti con le mie odierne parole. Prego affinché anche voi vi sentiate incoraggiati a praticare la virtù e a crescere nella conoscenza ed amicizia con Dio, assieme ai vostri compagni cattolici. Voi siete per loro il richiamo all’orizzonte più vasto che esiste fuori della scuola ed è fuor di dubbio che il rispetto e l’amicizia per membri di altre tradizioni religiose debba essere tra le virtù che si apprendono in una scuola cattolica. Spero anche che vorrete condividere con chiunque incontrerete i valori e gli insegnamenti che avrete appresi mediante la formazione cristiana ricevuta.

Cari amici, vi ringrazio per la vostra attenzione, vi prometto di pregare per voi e vi chiedo di pregare per me. Spero di vedere molti di voi il prossimo agosto, alla Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Nel frattempo, che Dio benedica tutti voi!



Concluso l’incontro con gli studenti, il Santo Padre Benedetto XVI si reca alla Waldegrave Drawing Room presso il St Mary’s University College di Twickenham per l’incontro con i Leaders di altre religioni.












VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NEL REGNO UNITO IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DEL CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN (16-19 SETTEMBRE 2010) (V)


INCONTRO CON I LEADERS DI ALTRE RELIGIONI, NELLA WALDEGRAVE DRAWING ROOM PRESSO IL ST MARY’S UNIVERSITY COLLEGE DI TWICKENHAM (LONDON BOROUGH OF RICHMOND
)



Poco dopo le ore 12, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Leaders di altre religioni nella Waldegrave Drawing Room presso il St Mary’s University College di Twickenham. All’incontro prendono parte i capi delle confessioni cristiane e delle religioni maggiormente presenti nel Regno Unito: ebrei, musulmani, hindu, sikh.
Dopo gli indirizzi di saluto del Baron Sacks of Aldgate, Rabbino Capo delle "United Hebrew Congregations of the Commonwealth", e del Dr. Khaled Azzam, Direttore del "Prince’s School of Traditional Arts", il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE



Distinti ospiti, cari amici,

sono lieto di avere l’odierna opportunità di incontrarvi, voi che rappresentate le varie comunità religiose in Gran Bretagna. Saluto sia i ministri religiosi presenti, sia quanti di voi svolgono attività nella politica, negli affari e nell’industria. Sono grato al Dott. Azzam ed al Rabbino Capo Lord Sacks per l’augurio che mi hanno rivolto a vostro nome. Mentre saluto voi, permettetemi di formulare voti alla comunità ebraica in Gran Bretagna ed in tutto il mondo per una celebrazione felice e santa dello Yom Kippur.

Desidero iniziare le mie parole esprimendo l’apprezzamento della Chiesa cattolica per l’importante testimonianza che voi tutti apportate quali uomini e donne dello spirito, in un tempo nel quale le convinzioni religiose non sono sempre comprese o apprezzate. La presenza di credenti impegnati in vari campi della vita sociale ed economica parla eloquentemente del fatto che la dimensione spirituale della nostra vita è fondamentale alla nostra identità di esseri umani, in altre parole, che l’uomo non vive di solo pane (cfr Dt 8,3). Quali seguaci di tradizioni religiose diverse, che lavorano insieme per il bene della comunità in senso ampio, noi diamo grande importanza a questa dimensione "fianco a fianco" della nostra collaborazione, che completa l’aspetto "faccia a faccia" del nostro costante dialogo.

A livello spirituale tutti noi, in modi diversi, siamo personalmente impegnati in un viaggio che offre una risposta importante alla questione più importante di tutte, quella riguardante il significato ultimo dell’esistenza umana. La ricerca del sacro è la ricerca dell’unica cosa necessaria, l’unica a soddisfare le aspettative del cuore umano. Nel quinto secolo, sant’Agostino descrisse quella ricerca in questi termini: "Signore, ci hai creati per te ed il nostro cuore è inquieto sino a che non riposerà in te" (Confessioni, I,1). Nell’intraprendere tale avventura ci rendiamo conto sempre di più che l’iniziativa non viene da noi, bensì dal Signore: non siamo tanto noi a ricercare Lui, ma è piuttosto Lui a cercare noi ed è senza dubbio Lui ad avere posto quella nostalgia per Lui nel profondo dei nostri cuori.

La vostra presenza e testimonianza nel mondo indica la fondamentale importanza per la vita umana di questa ricerca spirituale nella quale siamo impegnati. All’interno dei loro ambiti di competenza, le scienze umane e naturali ci forniscono una comprensione inestimabile di aspetti della nostra esistenza ed approfondiscono la nostra comprensione del modo in cui opera l’universo fisico, il quale può essere utilizzato per portare grande beneficio alla famiglia umana. E tuttavia queste discipline non danno risposta, e non possono darla, alla domanda fondamentale, perché operano ad un livello totalmente diverso. Non possono soddisfare i desideri più profondi del cuore umano, né spiegarci pienamente la nostra origine ed il nostro destino, per quale motivo e per quale scopo noi esistiamo, né possono darci una risposta esaustiva alla domanda: "Per quale motivo esiste qualcosa, piuttosto che il niente?".

La ricerca del sacro non svaluta altri campi dell’indagine umana. Al contrario, li pone in un contesto che amplifica la loro importanza quali vie mediante le quali esercitare responsabilmente il nostro essere amministratori della creazione. Nella Bibbia leggiamo che dopo aver compiuto l’opera della creazione, Dio benedisse i nostri progenitori e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela" (Gn 1,28). Egli affidò a noi il compito di esplorare ed utilizzare i misteri della natura al fine di servire un bene superiore. Qual è questo bene superiore? Nella fede cristiana esso viene espresso come amore per Dio a amore per il nostro prossimo. Pertanto, ci impegniamo di tutto cuore e con entusiasmo con il mondo, ma sempre con uno sguardo per servire quel bene superiore, altrimenti sfiguriamo la bellezza della creazione sfruttandola per scopi egoistici.

Per tale motivo la genuina credenza religiosa ci indica, al di là dell’utilità presente, la trascendenza. Ci rammenta la possibilità e l’imperativo della conversione morale, del dovere di vivere in modo pacifico con il nostro prossimo, dell’importanza di vivere una vita di integrità. Propriamente compresa, porta illuminazione, purifica i nostri cuori ed ispira azioni nobili e generose, a beneficio dell’intera famiglia umana. Ci motiva a coltivare la pratica della virtù e ad avvicinarci l’un l’altro con amore, nel più grande rispetto delle tradizioni religiose diverse dalla nostra.

Sin dal Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica ha posto speciale enfasi sull’importanza del dialogo e della collaborazione con i seguaci di altre religioni. E perché sia fruttuoso, occorre reciprocità da parte di tutte le componenti in dialogo e da parte dei seguaci delle altre religioni. Penso in particolare a situazioni in alcune parti del mondo, in cui la collaborazione e il dialogo fra religioni richiede il rispetto reciproco, la libertà di praticare la propria religione e di compiere atti di culto pubblico, come pure la libertà di seguire la propria coscienza senza soffrire ostracismo o persecuzione, anche dopo la conversione da una religione ad un’altra. Una volta che tale rispetto e attitudine aperta sono stabiliti, persone di tutte le religioni lavoreranno insieme in modo efficace per la pace e la mutua comprensione, offrendo perciò una testimonianza convincente davanti al mondo.

Questo genere di dialogo deve porsi su diversi livelli e non dovrebbe essere limitato a discussioni formali. Il dialogo della vita implica semplicemente vivere fianco a fianco ed imparare l’uno dall’altro in maniera da crescere nella reciproca comprensione e nel reciproco rispetto. Il dialogo dell’azione ci fa ravvicinare in forme concrete di collaborazione, mentre applichiamo le nostre intuizioni religiose al compito di promuovere lo sviluppo umano integrale, lavorando per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato. Questo tipo di dialogo può includere l’esplorare assieme come difendere la vita umana ad ogni stadio e come assicurare la non esclusione della dimensione religiosa di individui e comunità dalla vita della società. Poi, a livello delle conversazioni formali, non vi è solo la necessità dello scambio teologico, ma anche il porre alla reciproca considerazione le proprie ricchezze spirituali, il parlare della propria esperienza di preghiera e di contemplazione, l’esprimere a vicenda la gioia del nostro incontro con l’amore divino. In tale contesto sono lieto di rilevare le molte iniziative positive intraprese in questo Paese per promuovere tale dialogo a vari livelli. Come hanno sottolineato i Vescovi cattolici d’Inghilterra e Galles nel loro recente documento "Incontrare Dio nell’amico e nel forestiero", lo sforzo di andare incontro con amicizia ai seguaci di altre religioni sta diventando una parte familiare della missione della Chiesa locale (cfr n. 228), un aspetto caratteristico del panorama religioso in questa Nazione.

Cari amici, nel concludere questi pensieri, permettete di assicurarvi che la Chiesa cattolica persegue la via dell’impegno e del dialogo per un senso genuino di rispetto per voi e per le vostre credenze. I cattolici, sia in Gran Bretagna sia in tutto il mondo, continueranno ad edificare ponti di amicizia con altre religioni, per sanare gli errori del passato e per promuovere fiducia fra individui e comunità. Permettetemi di rinnovare la mia gratitudine per il vostro benvenuto e per questa opportunità di offrirvi il mio incoraggiamento per il dialogo che portate avanti con i vostri fratelli e sorelle cristiani. Su voi tutti invoco l’abbondanza delle benedizioni divine! Grazie molte.



Al termine dell’incontro, dopo le parole di ringraziamento dell’Arcivescovo di Liverpool, S.E. Mons. Patrick A. Kelly, e la presentazione individuale dei Leaders religiosi, il Papa rientra in auto alla Nunziatura Apostolica di Wimbledon per il pranzo in privato mentre, nella Waldegrave Grawing Room, ha luogo un ricevimento per i capi delle confessioni cristiane e delle religioni a cui partecipa S.E. Mons. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani.







La scuola cattolica deve essere coerente con la dottrina, ricorda il Papa
Incontrando i religiosi e i professori cattolici britannici




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Non solo quello che si insegna nelle scuole cattoliche deve essere conforme alla dottrina, ma i religiosi che si dedicano all'insegnamento devono essere un modello con la propria vita.

Papa Benedetto XVI lo ha affermato questo venerdì mattina incontrando i rappresentanti delle scuole cattoliche britanniche presso il St Mary’s University College di Twickenham (nel quartiere londinese di Richmond), proveniente dalla Nunziatura Apostolica di Londra, dove alloggia durante la sua visita pastorale in Gran Bretagna.

Il Papa ha parlato nella cappella del College a circa 300 religiosi e docenti delle scuole cattoliche, ai quali ha ricordato che la sua presenza “è un forte richiamo all’ampiamente discusso carattere cattolico che è necessario permei ogni aspetto della vita scolastica”.

“Questo riporta all’evidente esigenza che il contenuto dell'insegnamento dovrebbe essere sempre in conformità con la dottrina della Chiesa. Ciò significa che la vita di fede deve essere la forza guida alla base di ogni attività nella scuola, così che la missione della Chiesa possa essere effettivamente servita”, ha affermato.

Benedetto XVI ha quindi ricordato ai presenti, tra i quali anche il Ministro dell'Istruzione, Nick Gibb, che fin dal suo ingresso in Inghilterra il cristianesimo ha svolto un'importante azione educativa.

La dimensione trascendente dello studio e dell’insegnamento, ha osservato, “era chiaramente compresa dai monaci che hanno così tanto contribuito alla evangelizzazione di queste isole”.

“Sto pensando ai Benedettini che accompagnarono Sant’Agostino nella sua missione in Inghilterra, ai discepoli di San Columba, che hanno diffuso la fede in Scozia e nell’Inghilterra del Nord, a San Davide e ai suoi compagni nel Galles”, ha spiegato.

Allo stesso modo, ha voluto ricordare la venerabile Mary Ward e le sue Dame Inglesi. Mary Ward (1585 - 1645), nata durante la persecuzione anticattolica successiva alla Riforma, fondò un'originale opera educativa che si diffuse in tutto il continente.

“Io stesso da giovane ragazzo sono stato educato dalle 'Dame Inglesi' e devo loro un profondo debito di gratitudine”, ha riconosciuto il Papa.

In questo senso, ha voluto anche ricordare ai presenti che “il compito dell’insegnante non è solo quello di impartire informazioni o di provvedere ad una preparazione tecnica per portare benefici economici alla società”.

“L’educazione non è e non deve essere mai considerata come puramente utilitaristica – ha avvertito –. Riguarda piuttosto formare la persona umana, preparare lui o lei a vivere la vita in pienezza – in poche parole riguarda educare alla saggezza. E la vera saggezza è inseparabile dalla conoscenza del Creatore”-

Il Pontefice ha voluto quindi incoraggiare concretamente i religiosi a non abbandonare la propria presenza nell'ambito educativo.

“Poiché i relativi ruoli della Chiesa e dello Stato nel campo dell’educazione continuano ad evolversi, non dovete mai dimenticare che i religiosi hanno un contributo unico da offrire in questo apostolato, che è anzitutto quello di testimoniare con la vita consacrata a Dio e la fedeltà, l’amore a Cristo, il Sommo Maestro”, ha affermato.

In riferimento ai casi di abuso sessuale sui minori, il Vescovo di Roma ha infine sottolineato l'importanza del fatto che le scuole cattoliche siano “un ambiente sicuro” per i bambini e i giovani e che l'atmosfera di fiducia sia un tratto distintivo di questi centri.

“La nostra responsabilità verso coloro che ci sono affidati per la loro formazione cristiana non richiede nulla di meno”, ha affermato. “Inoltre, la vita di fede può essere effettivamente coltivata solo quando l’atmosfera prevalente è di una fiducia rispettosa e affettuosa”.









Il Papa agli studenti cattolici: non siate mediocri, siate santi
Tutti vogliono la felicità, ma molti non la trovano, sottolinea




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Ho la speranza che fra voi che oggi siete qui ad ascoltarmi vi siano alcuni dei futuri santi del ventunesimo secolo”, ha detto Papa Benedetto XVI questo venerdì a circa 4.000 studenti delle scuole cattoliche britanniche.

“Quando vi invito a diventare santi, vi sto chiedendo di non accontentarvi di seconde scelte”, ha affermato, chiedendo di aspirare invece a un “orizzonte più grande”.

Accompagnato dal Vescovo di Nottingham e presidente della Commissione Episcopale per l'Insegnamento, monsignor Malcolm P. McMahon, il Papa ha pronunciato il suo discorso nel campo sportivo del St Mary’s University College davanti a migliaia di studenti e in connessione on-line con tutte le scuole cattoliche britanniche.

“Non capita spesso ad un Papa - in verità nemmeno a qualsiasi altra persona - l’opportunità di parlare contemporaneamente agli studenti di tutte le scuole cattoliche dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia”, ha confessato il Pontefice.

“E dal momento che ora io ho questa possibilità, c’è qualcosa che mi sta davvero molto a cuore di dirvi. Ho la speranza che fra voi che oggi siete qui ad ascoltarmi vi siano alcuni dei futuri santi del ventunesimo secolo”.

“La cosa che Dio desidera maggiormente per ciascuno di voi è che diventiate santi. Egli vi ama molto più di quanto voi possiate immaginare e desidera per voi il massimo. E la cosa migliore di tutte per voi è di gran lunga il crescere in santità”, ha aggiunto.

“Forse alcuni di voi non ci hanno mai pensato prima d’ora”, ha ammesso, invitando i giovani a chiedersi “quale tipo di persona” vorrebbero essere davvero.

“Avere soldi rende possibile essere generosi e fare del bene nel mondo, ma, da solo, non è sufficiente a renderci felici. Essere grandemente dotati in alcune attività o professioni è una cosa buona, ma non potrà mai soddisfarci, finché non puntiamo a qualcosa di ancora più grande. Potrà renderci famosi, ma non ci renderà felici”, ha riconosciuto il Vescovo di Roma.

“La felicità è qualcosa che tutti desideriamo, ma una delle grandi tragedie di questo mondo è che così tanti non riescono mai a trovarla, perché la cercano nei posti sbagliati”.

Per questo, ha ricordato, “la vera felicità va cercata in Dio. Abbiamo bisogno del coraggio di porre le nostre speranze più profonde solo in Dio: non nel denaro, in una carriera, nel successo mondano, o nelle nostre relazioni con gli altri, ma in Dio. Lui solo può soddisfare il bisogno più profondo del nostro cuore”.

Il Papa ha quindi voluto invitare i giovani ad essere amici di Dio. “Una volta che voi siete entrati in amicizia con Dio, ogni cosa nella vostra vita inizia a cambiare. Mentre giungete a conoscerlo meglio, vi rendete conto di voler riflettere nella vostra stessa vita qualcosa della sua infinita bontà”.

“Quando queste cose iniziano a starvi a cuore, siete già pienamente incamminati sulla via della santità”, ha affermato, invitando i ragazzi “non solo ad essere buoni studenti, ma buoni cittadini e buone persone”.

“Ricordate sempre che ogni materia che studiate si inserisce in un orizzonte più ampio. Non riducetevi mai ad un orizzonte ristretto. Il mondo ha bisogno di buoni scienziati, ma una prospettiva scientifica diventa pericolosamente angusta, se ignora la dimensione etica e religiosa della vita, così come la religione diventa angusta, se rifiuta il legittimo contributo della scienza alla nostra comprensione del mondo”.

“Abbiamo bisogno di buoni storici, filosofi ed economisti, ma se la percezione che essi offrono della vita umana all’interno del loro specifico campo è centrata su di una prospettiva troppo ristretta, essi possono seriamente portarci fuori strada”.

Benedetto XVI si è rivolto anche agli alunni non cattolici che studiano in queste scuole, esortandoli a sentirsi “incoraggiati a praticare la virtù e a crescere nella conoscenza ed amicizia con Dio, assieme ai vostri compagni cattolici”.

“Voi siete per loro il richiamo all’orizzonte più vasto che esiste fuori della scuola ed è fuor di dubbio che il rispetto e l’amicizia per membri di altre tradizioni religiose debba essere tra le virtù che si apprendono in una scuola cattolica”, ha concluso.














Un’anglicana bussa alle porte di Roma
Deborah Gyapong analizza il viaggio di Benedetto XVI nel Regno Unito

di Serena Sartini



OTTAWA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Alla vigilia della visita del Papa nel Regno Unito, ZENIT ha potuto intervistare a lungo Debora Gyapong (http://deborahgyapong.blogspot.com), membro della Comunione anglicana tradizionale (TAC), una realtà che ha chiesto la piena comunione con la Chiesa cattolica.

Deborah Gyapong scrive in materia di religione e politica principalmente per i quotidiani cattolici ed evangelici, e in particolare per il Canadian Catholic News. Nel 2005, il suo romanzo The Defilers ha vinto il premio Best New Canadian Christian Fiction Award.

Come valuta la visita di Benedetto XVI in Inghilterra? Sotto il profilo ecumenico, che significato può avere?

Gyapong: Quando nell’ottobre 2009 è stata annunciata la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, alcuni l’hanno considerata come una sorta di “scippo” e come un tentativo di “mettere i carri armati sul prato” dell’Arcivescovo di Canterbury. Ma, come è stato ribadito dal Papa e da altri membri della Curia romana, l’offerta rappresenta una risposta alle ripetute richieste, non solo nostre, ma anche di altri gruppi anglicani come Forward in Faith e altri, tra cui molti individui.

La Anglicanorum coetibus non si riferisce solo a noi che siamo nella TAC, ma anche ad altri gruppi di anglicani, e i previsti Ordinariati Personali per gli anglicani potrebbero essere un modo per ridare unità a tutti quegli anglicani che iniziano a sentire l’esigenza di porsi sotto il Ministero di Pietro e che tuttavia desiderano mantenere la bella liturgia anglicana e altri aspetti del nostro patrimonio.

Ma la Costituzione apostolica non ha lo scopo di incidere sui continui rapporti ecumenici con la Chiesa anglicana di Canterbury, che rappresenta milioni di persone nel mondo. La Chiesa cattolica e la Chiesa anglicana hanno ancora molti progetti comuni, soprattutto nell’ambito dell’aiuto ai poveri. Questi continueranno, così come continueranno le buone relazioni che si sono stabilite nel corso degli anni.

Molti media britannici hanno criticato la visita del Papa nel Regno Unito e si preannunciano manifestazioni. Lei è preoccupata? Cosa ne pensa?

Gyapong: Non sono affatto preoccupata delle critiche dei media britannici circa la visita del Papa nel Regno Unito. Anzi, le considero positivamente: come un segnale che la visita del Santo Padre sarà una potente opera di Dio. Ho già assistito in passato a questo modo di fare.

Prima della Giornata mondiale della gioventù del 2002 a Toronto vi era stato un costante rullio di tamburi da parte dei media: che i giovani non avrebbero aderito, che il Papa è vecchio e lontano, e ogni altra cosa che poteva essere gettata addosso a Giovanni Paolo II e alla Chiesa. Ma quando il Papa ha messo piede sul suolo canadese, i media si sono sorpresi dell’impatto che questo uomo anziano e fragile suscitava non solo sulle centinaia di migliaia di giovani venuti da ogni luogo per ascoltarlo ma anche sugli stessi giornalisti. Mi è stato detto che alcuni membri dei media erano in lacrime e commossi dalla presenza di quel santo uomo. Quando poi è arrivato il momento degli eventi, i media avevano cambiato tono e i servizi giornalistici sulla GMG 2002 sono stati meravigliosi, rispettosi e hanno rappresentato una straordinaria opportunità di Nuova evangelizzazione attraverso i media non religiosi.

Lo stesso schema si è verificato prima della GMG di Colonia, la prima Giornata mondiale per Papa Benedetto XVI, che tutti prevedevano come un grande flop, ritenendo che il nuovo Papa mancasse del carisma di Giovanni Paolo II. Come sappiamo è stato tutt’altro che un flop! È stato un grande successo. La stessa cosa è avvenuta a Sydney.

Anche per la visita del Papa negli Stati Uniti vi erano stati servizi giornalistici negativi, compresa la riapertura delle ferite relative agli scandali degli abusi sessuali dei preti e ad altri problemi. Alla fine è stata invece una visita straordinaria, con gente che ha attraversato il Paese per poterlo vedere passare nella sua papamobile sulla Quinta strada o in altri raduni pubblici. L’esito è stato straordinario.

Non conosco bene il contesto britannico, ma credo che vi sarà maggiore curiosità e una disponibilità a rendere omaggio a questo grande e santo uomo, Papa Benedetto XVI, questo teologo che è rispettato dai cristiani di tutte le confessioni.

Quali sono le sue previsioni per l'incontro del Papa con l'arcivescovo Rowan Williams?

Gyapong: Sono sicura che l’incontro con l’arcivescovo Rowan Williams andrà molto bene. L’arcivescovo di Canterbury è un teologo rispettato e, per quanto ne so, un uomo di preghiera. È stato un periodo molto difficile per la Comunione anglicana, dovuto alla divisione tra le correnti più progressiste, altri gruppi più evangelici protestanti e altri più anglo-cattolici. Nel passato gli incontri sono stati cordiali e confido che i prossimi saranno altrettanto sereni.

Da anni avete chiesto al Papa la piena comunione con Roma. Come mai? Quali sono i tempi? Che risposte avete avuto?

Gyapong: Quando è stata fondata la Comunione anglicana tradizionale (Traditional Anglican Communion - TAC), nel 1990, con il radunarsi delle diverse chiese del movimento “Continuing Anglican” sparse nel mondo, una parte della sua missione era proprio quella dell’unità dei cristiani.

La parola “continuing” si riferisce a quegli anglicani che hanno ritenuto di non poter rimanere nella Comunione anglicana di Canterbury dopo che alcuni sinodi anglicani avevano iniziato ad approvare le ordinazioni delle donne risalenti alla fine degli anni Settanta. La considerazione era che in una religione rivelata non si possono cambiare i sacramenti voluti da Dio, come l’Ordine sacro, attraverso meccanismi democratici, o consentire alle ultime scoperte o tendenze della scienza di violare le Scritture e la Tradizione.

I Continuing Anglicans, tuttavia, senza il Ministero del Papa, sono diventati una sorta ti “Alphabet soup” (zuppa di lettere) di acronimi di chiese divise tra loro, talvolta per conflitti personali, altre volte per un diverso intendimento di cosa significhi essere anglicano.

La TAC è l’unico gruppo di Continuing Anglicans che si è reso conto che il Ministero del Papa, il Ministero di Pietro, è essenziale, non solo come segno dell’unità dei cristiani, ma come una necessità di avere un’autorità giuridica che assicuri che la fede, come ci è stata tramandata dai testimoni oculari della vita di Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, rimanga intatta da generazione in generazione. Alcuni dei vescovi membri della TAC desideravano l’unità dei cristiani sin da quando erano ancora nella Comunione anglicana di Canterbury.

Il vescovo Robert Mercer, in pensione nel Regno Unito, ha partecipato al dialogo dell’ARCIC (Anglican - Roman Catholic International Commission) negli anni Ottanta, quando era Vescovo di Matabeleland, nello Zimbabwe. Ma il desiderio di unità risale ancora più indietro. Sin dagli anni Sessanta vi erano grandi speranze, sotto Papa Paolo VI e l’Arcivescovo di Canterbury Michael Ramsay, di poter ricucire lo strappo, cosicché le “Chiese sorelle” potessero essere “unite ma non assorbite”.

Ma per Mercer questa speranza è stata spazzata via quando la Chiesa anglicana ha iniziato a deviare rispetto a ciò che aveva in comune con la Chiesa cattolica e con quella ortodossa. Egli ha abbandonato la Chiesa anglicana ed è poi diventato vescovo della Chiesa cattolica anglicana del Canada, che fa parte della TAC.

Ufficialmente, anche se solo per la TAC, i primi dialoghi informali sull’unità si sono svolti nei primi anni Novanta. L’allora Primate, l’arcivescovo Louis Falk era presente, con l’attuale Primate, l’arcivescovo Hepworth, allora sacerdote anglicano con funzioni di esperto o consigliere. L’esito sostanzialmente è stato questo: continuare a crescere, non creare troppi nuovi Vescovi, e continuare a coltivare buoni rapporti con la Chiesa cattolica romana locale. I dialoghi informali avevano sostanzialmente lo scopo di ottenere consigli su come meglio procedere.

La TAC ha continuato a crescere e a fare ciò che gli era stato chiesto, e poi ha cercato consiglio su come fare per presentare una richiesta formale. L’Arcivescovo Hepworth ha girato il mondo visitando i diversi sinodi della TAC per assicurarsi di avere l’avallo dei Vescovi, dei chierici e dei laici, prima di presentare la richiesta formale. È stata indirizzata anche una lettera al Papa per chiedere consiglio su come fare. Il Santo Padre ha risposto dicendo che la richiesta formale doveva essere indirizzata alla Congregazione per la dottrina della fede. Nell’ottobre del 2007 la Conferenza dei vescovi della TAC si è incontrata a Portsmouth, in Inghilterra, e ha inoltrato la richiesta formale di entrare in comunione con la Sede di Pietro.

Credete in ciò che dice il Catechismo della Chiesa cattolica? Cosa è per voi l'Eucaristia?

Gyapong: I nostri Vescovi hanno firmato il Catechismo della Chiesa cattolica, il 5 ottobre 2007, sull’altare della chiesa di Sant’Agata a Portsmouth, in Inghilterra. In questo gesto hanno dichiarato: “Accettiamo che la più completa e autentica espressione e applicazione della fede cattolica, in questo momento storico, si trova nel Catechismo della Chiesa cattolica e nel suo Compendio, che abbiamo sottoscritto insieme a questa lettera, come attestazione della fede che aspiriamo ad insegnare e a mantenere”.

Come persona laica, come giornalista e non teologa, non pretendo di conoscere tutto ciò che è nel Catechismo, né di comprendere tutto ciò che insegna. Ma sono arrivata alla conclusione che non posso continuare ad essere un piccolo papa di me stessa, scegliendo e decidendo da me quali elementi di dottrina accogliere e quali rifiutare. Gran parte della mia formazione nella fede, l’ho vissuta da adulta, come evangelica protestante, e gradualmente ho capito che invece di comprendere prima di credere era meglio seguire il consiglio di Sant’Anselmo che dice “credo per comprendere”.

Quindi scelgo di mettermi sotto l’autorità del Magistero della Chiesa cattolica in base a ciò che credo. Avere una fede apostolica è fondamentale per trovare la libertà in Cristo e la libertà di vivere come dovremmo vivere.

Non essendo teologa non posso spigare il mistero dell’Eucaristia, ma posso credere che Gesù è pienamente presente – corpo, mente, anima e divinità – nel Santissimo Sacramento e che Lui ci nutre e ci purifica e ci manda, uniti a Lui, per essere le Sue mani, i Suoi piedi, la Sua voce, per proclamare il Suo amore e la Buona Novella della salvezza ad un mondo in rovina.

Con la costituzione apostolica Anglicanorum coetibus è possibile avvicinare alcune comunità anglicane a Roma. Cosa ne pensa?

Gyapong: Credo che, inizialmente, il numero degli anglicani che si uniranno agli ordinariati sembrerà piuttosto esiguo, secondo gli standard globali. La TAC, rispetto alla Comunione anglicana, è piuttosto piccola. Molte delle persone di Forward in Faith, che è piuttosto numerosa nel Regno Unito, ma meno negli Stati Uniti, in Australia e altrove, dovrebbero lasciare stipendi sicuri, tradizioni musicali, palazzi bellissimi e i laici per i quali sentono una responsabilità pastorale, se decidessero di andare via.

Esiste un grande ostacolo: “l’ignoto”, il dover “prendere il largo”, come si dice. Molti anglicani si trovano oggi in un difficile processo di discernimento. Alcuni adottano l’atteggiamento del “wait and see” (aspettiamo e vediamo) per verificare se saranno veramente in grado di mantenere la loro identità anglicana pur diventando membri a pieno titolo della Chiesa cattolica romana.

Ma io credo che i primi Ordinariati saranno come i semi di senape che germoglieranno, cresceranno e diventeranno sempre più attraenti, non solo per gli anglicani, ma per tutti i cristiani che ritengono che una bella liturgia, vissuta con partecipazione, aiuti l’intera congregazione ad entrare nel mistero del Sacrificio unico di Gesù Cristo.

Gli Ordinariati faranno parte del rinnovamento liturgico auspicato dal Santo Padre, ma la bella liturgia si sposerà anche con l’abbraccio accorato della fede cattolica, con l’insegnamento del catechismo da parte di preti e vescovi che credono in ciò che dice, senza dover incrociare le dita dietro la schiena o ridurre il mondo soprannaturale di Dio a una metafora.
+PetaloNero+
00venerdì 17 settembre 2010 15:42
Il papa verso il Regno unito: il volo papale
Scritto da Salvatore Scolozzi

Non è solo una visita pastorale, ma anche una visita di stato. E’ il diciassettesimo viaggio internazionale di papa Benedetto XVI, in occasione della beatificazione del cardinale John Henry Newman. Del porporato anche le parole usate come tema del viaggio: «Cor ad cor loquitur», «Il cuore parla al cuore».
E’ partito alle 8,10 di oggi, 16 settembre, l’Airbus A320 “Città di Fiumicino” dell’Alitalia, volo papale codice AZ 4000. A bordo, oltre il Santo Padre, il seguito papale, i giornalisti ammessi al volo, un funzionario della Sala stampa vaticana e uno dell’Alitalia. In tutto, viaggiano con il Santo Padre 98 persone.


Il seguito papale è composto da due cardinali, due vescovi, sette sacerdoti e diciotto laici. A capo il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Presenti anche il cardinale Walter Kasper, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani.
Tra i vescovi, S.E.R. Mons. Kurth Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, S.E.R. Mons. Fernando Filoni, Sostituto alla Segreteria di Stato e S.E.R. Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.
I sacerdoti sono Mons. Guido Marini, Maestro delle celebrazioni liturgiche, Mons. Georg Gänswein, Segretario particolare del papa, Mons. Alfred Xuereb e Mons. Leo Cushley, Officiali della Segreteria di Stato.
Fanno parte del seguito anche i coadiutori liturgici di mons. Marini, Mons. Giulio Viviani e Mons. Diego Ravelli. A curare i rapporti con i tanti media del mondo che seguiranno la visita, il direttore della Sala Stampa vaticana, del CTV e della Radio vaticana, P. Federico Lombardi, S.J., e il funzionario della Sala Stampa, Vik van Brantegem.

Tra i laici, il dott. Alberto Gasbarri, Responsabile dell’organizzazione del viaggio, coadiuvato dal dott. Paolo Corvini, e il Prof. Giovanni Maria Vian, Direttore de L'Osservatore Romano. Nel seguito anche il medico personale del papa, dott. Patrizio Polisca, il dott. Giampiero Vetturini, Direttore dei servizi sanitari S.C.V. e l’assistente di camera del papa, Paolo Gabriele.
La sicurezza personale del Santo Padre è garantita dai 5 della gendarmeria vaticana, guidati dal dott. Domenico Giani, oltre che dal Cap. Christoph Graf e dal Serg. Mag. Daniel Koch della Guardia Svizzera pontificia.
Per i media della Santa Sede, fanno parte del seguito il fotografo dell’Osservatore Romano, Francesco Sforza, due operatori del CTV e due della Radio vaticana. L’assistente dall’Alitalia è Stefania Izzo, responsabile per i trasferimenti aerei.
70 i giornalisti accreditati che viaggiano con Benedetto XVI, di cui 17 per testate italiane e 4 per conto di media vaticani. Tra questi ultimi, Alessandro Di Bussolo e Simone Coali per il CTV, Simone Risoluti e Simone Biccini per L’Osservatore Romano. Gli altri giornalisti rappresentano le più importanti testate giornalistiche mondiali. Tra tutti, 6 sono photoreporter: Gregorio Borgia per AP Photo, Francesco Monteforte per AFP Photo, Claudio Onorati per Ansa Foto, Max Rossi per Reuters Photo, Grzegorz Galazka per Sipa Press e e Alessia Giuliani per Catholic Press Photo.

Per le testate televisive lavoreranno 20 giornalisti, di cui 11 corrispondenti, 8 cameramen e un producer. Tra i corrispondenti, Cristiana Caricato di Tv2000, Mons. Guido Todeschini di Telepace, e 1 giornalista rispettivamente per KTO TV, Televisa, ABC News, ZDF, Fox News, CBS News, Deutsche Welle, France 2, Canal 13 Tv Uc Chile.
Tra i cameramen e producer gli inviati delle agenzie EU Pool TV (Stefano Belardini), TV2000 (Andrea Tramontano), Telepace (Michael Kamau), APTN Reuters Pool TV (Antonio Denti), Televisa, France 2 (Giona Messina), KTO TV, Canal 13 Tv Uc Chile.

I redattori di giornali, agenzie e periodici saranno 36. Per i quotidiani italiani saranno presenti Marco Ansaldo (La Repubblica), Giacomo Galeazzi (La Stampa), Franca Giansoldati (Il Messaggero), Carlo Marroni (Il Sole 24 Ore), Mimmo Muolo (Avvenire), Paolo Rodari (Il Foglio), Andrea Tornielli (Il Giornale) e Gian Guido Vecchi (Corriere della Sera). Per i quotidiani stranieri Paul Badde (Die Welt) Jorg Bremer (Frankfurter Allgemeine Zeitung), Rachel Donadio (The New York Times), Juan Gonzalez Boo (ABC), Jean-Marie Guénois (Le Figaro), John Hooper (The Guardian), Stéphanie Le Bars (Le Monde), Albert Link (Bild), Stacy Meichtry (The Wall Street Journal), Frederic Mounier (La Croix), Richard Owen (The Times), Nicholas Pisa (The Daily Mail), Frederic Mounier (Le Croix).
Unico inviato italiano per le agenzie di stampa, per l’Ansa, Fausto Gasparroni. Tra le altre agenzie, segnaliamo la ITAR-TASS, la EFE, Catholic News Agency, I.Media, UCA News, CNS, la CIC, l’AFP, l’AP e la Reuters. Per i periodici Fiona Elhers di Der Spiegel, Eva Kallinger di Focus, Robert Mickens di The Tablet. Due i corrispondenti per le radio, Cristiano Riccardo (Rai – Gr) e Willey David di BBC News Radio.
Dopo un volo di 3 ore e 20 minuti, 1932 km percorsi, il volo papale è atterrato alle ore 10:30 all’aeroporto di Edimburgo, dopo aver attraversato Italia, Francia, Regno Unito.
Questa sera, con partenza alle ore 20 locali, partenza del volo papale dall’aeroporto dall’Aeroporto Internazionale “Prestwick” di Glasgow per l’aeroporto di Londra Heathrow (556 km). Tempo di volo 1 ora e 25 minuti. Domenica 19 settembre, alle ore 18:45 locali, partenza del volo AZ4000 dall’Aeroporto Internazionale di Birmingham per Ciampino (Roma), dopo aver percorso 1.559 km in 2 ore e 45 minuti.

+PetaloNero+
00sabato 18 settembre 2010 00:55
VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NEL REGNO UNITO IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DEL CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN (16-19 SETTEMBRE 2010) (VI)


VISITA DI CORTESIA ALL’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY, A LAMBETH PALACE DI LONDRA




Questo pomeriggio, lasciata la Nunziatura Apostolica a Wimbledon, il Santo Padre Benedetto XVI si trasferisce in auto a Lambeth Palace, dove, alle ore 16, ha luogo la visita di cortesia all’Arcivescovo di Canterbury, Sua Grazia Dr. Rowan Williams.

Accolto al Suo arrivo dall’Arcivescovo di Canterbury all’ingresso della Biblioteca; nella Lobby della stessa il Santo Padre saluta l’Arcivescovo di York, il Primate di Scozia, l’Arcivescovo del Galles e i Vescovi di Londra e di Winchester.

All’interno della Biblioteca - dove è allestita una mostra in occasione del 400° anniversario di fondazione - alla presenza dei Vescovi della Comunione Anglicana dalle diverse parti del Regno Unito; dei Vescovi diocesani cattolici di Inghilterra, Galles e Scozia e di alcuni consultori ecumenici, dopo l’intervento introduttivo e il discorso del Dr. Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury, il Santo Padre pronuncia il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE



Vostra Grazia,

sono lieto di poter restituire la cortesia delle visite che mi ha reso a Roma attraverso una visita fraterna a Lei, qui nella Sua residenza ufficiale. La ringrazio per l’invito e per l’ospitalità che Lei così generosamente mi ha riservato. Saluto pure i Vescovi anglicani qui riuniti dalle diverse parti del Regno Unito, i miei fratelli Vescovi delle diocesi cattoliche dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia, come pure i consultori ecumenici qui presenti.

Vostra Grazia ha accennato allo storico incontro che ebbe luogo, quasi trent’anni orsono, nella Cattedrale di Canterbury, fra due dei nostri predecessori: il Papa Giovanni Paolo II e l’Arcivescovo Robert Runcie. In quello stesso luogo dove san Tommaso di Canterbury rese testimonianza a Cristo versando il proprio sangue, essi pregarono insieme per il dono dell’unità tra i seguaci di Cristo. Anche oggi continuiamo a pregare per quel dono, sapendo che l’unità voluta da Cristo per i suoi discepoli giungerà solo come risposta alla preghiera, mediante l’azione dello Spirito Santo, che senza sosta rinnova la Chiesa e la guida alla pienezza della verità.

Non è mia intenzione parlare oggi delle difficoltà che il cammino ecumenico ha incontrato e continua ad incontrare. Tali difficoltà sono ben note a ciascuno qui presente. Vorrei piuttosto unirmi a Lei nel rendere grazie per la profonda amicizia che è cresciuta fra noi e per il ragguardevole progresso fatto in moltissime aree del dialogo in questi quarant’anni che sono trascorsi da quando la Commissione Internazionale Anglo-Cattolica ha cominciato i propri lavori. Affidiamo i frutti di quelle fatiche al Signore della messe, fiduciosi che egli benedirà la nostra amicizia mediante un’ulteriore significativa crescita.

Il contesto nel quale ha luogo il dialogo fra la Comunione Anglicana e la Chiesa Cattolica si è evoluto in maniera impressionante dall’incontro privato fra Papa Giovanni XXIII e l’Arcivescovo Geoffrey Fisher nel 1960. Da una parte, la cultura che ci circonda si sviluppa in modo sempre più distante dalle sue radici cristiane, nonostante una profonda e diffusa fame di nutrimento spirituale. Dall’altra, la crescente dimensione multiculturale della società, particolarmente accentuata in questo Paese, reca con sé l’opportunità di incontrare altre religioni. Per noi cristiani ciò apre la possibilità di esplorare, assieme ai membri di altre tradizioni religiose, delle vie per rendere testimonianza della dimensione trascendente della persona umana e della chiamata universale alla santità, conducendoci a praticare la virtù nella nostra vita personale e sociale. La collaborazione ecumenica in tale ambito rimane essenziale, e porterà sicuramente frutti nel promuovere la pace e l’armonia in un mondo che così spesso sembra a rischio di frammentazione.

Allo stesso tempo, noi cristiani non dobbiamo mai esitare di proclamare la nostra fede nell’unicità della salvezza guadagnataci da Cristo, e di esplorare insieme una più profonda comprensione dei mezzi che Egli ha posto a nostra disposizione per giungere alla salvezza. Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità" (1 Tm 2,4), e quella verità è nient’altro che Gesù Cristo, l’eterno Figlio del Padre, che ha riconciliato tutte le cose mediante la potenza della sua croce. Fedeli alla volontà del Signore, espressa in questo versetto della Prima Lettera di san Paolo a Timoteo, riconosciamo che la Chiesa è chiamata ad essere inclusiva, ma mai a scapito della verità cristiana. Qui si colloca il dilemma che sta davanti a tutti coloro che sono genuinamente impegnati nel cammino ecumenico.

Nella figura di John Henry Newman, che sarà beatificato domenica, celebriamo un uomo di Chiesa la cui visione ecclesiale fu alimentata dal suo retroterra anglicano e maturò durante i suoi lunghi anni di ministero ordinato nella Chiesa d’Inghilterra. Egli ci può insegnare le virtù che l’ecumenismo esige: da una parte egli fu mosso dal seguire la propria coscienza, anche con un pesante costo personale; dall’altra, il calore della continua amicizia con i suoi precedenti colleghi, lo portò a sondare insieme a loro, con vero spirito irenico, le questioni sulle quali divergevano, mosso da una ricerca profonda dell’unità nella fede. Vostra Grazia, in quello stesso spirito di amicizia, rinnoviamo la nostra determinazione a perseguire il fine ultimo dell’unità nella fede, nella speranza e nell’amore, secondo la volontà dell’unico nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo.

Con tali sentimenti prendo congedo da Lei. Che la grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi (2Cor 13,13).



Dopo lo scambio di doni e la preghiera finale, l’Arcivescovo di Canterbury accompagna il Santo Padre all’ingresso principale del Palazzo dove li attende la Consorte dell’Arcivescovo, Sig.ra Jane Paul Williams. Quindi, nella State Drawing Room, ha luogo l’incontro con la famiglia ed il colloquio privato. Al termine, il Papa si reca in auto alla Westminster Hall.









Benedetto XVI alla Westminster Hall di Londra
La religione non un problema da risolvere ma un contributo al dibattito pubblico




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo venerdì pomeriggio da Benedetto XVI nella Westminster Hall di Londra dove ha incontrato gli esponenti della società civile e politica, del mondo accademico, culturale e imprenditoriale, i membri del Corpo diplomatico e alcuni leader religiosi.


* * *

Signor Presidente,

La ringrazio per le parole di benvenuto che mi ha rivolto a nome di questa distinta assemblea. Nel rivolgermi a voi, sono consapevole del privilegio che mi è concesso di parlare al popolo britannico ed ai suoi rappresentanti nella Westminster Hall, un edificio che ha un significato unico nella storia civile e politica degli abitanti di queste Isole. Permettetemi di manifestare la mia stima per il Parlamento, che da secoli ha sede in questo luogo e che ha avuto un’influenza così profonda sullo sviluppo di forme di governo partecipative nel mondo, specialmente nel Commonwealth e più in generale nei Paesi di lingua inglese. La vostra tradizione di "common law" costituisce la base del sistema legale in molte nazioni, e la vostra particolare visione dei rispettivi diritti e doveri dello stato e del singolo cittadino, e della separazione dei poteri, rimane come fonte di ispirazione per molti nel mondo.

Mentre parlo a voi in questo luogo storico, penso agli innumerevoli uomini e donne che lungo i secoli hanno svolto la loro parte in importanti eventi che hanno avuto luogo tra queste mura e hanno segnato la vita di molte generazione di britannici e di altri popoli. In particolare, vorrei ricordare la figura di San Tommaso Moro, il grande studioso e statista inglese, ammirato da credenti e non credenti per l’integrità con cui fu capace di seguire la propria coscienza, anche a costo di dispiacere al sovrano, di cui era "buon servitore", poiché aveva scelto di servire Dio per primo. Il dilemma con cui Tommaso Moro si confrontava, in quei tempi difficili, la perenne questione del rapporto tra ciò che è dovuto a Cesare e ciò che è dovuto a Dio, mi offre l’opportunità di riflettere brevemente con voi sul giusto posto che il credo religioso mantiene nel processo politico.

La tradizione parlamentare di questo Paese deve molto al senso istintivo di moderazione presente nella Nazione, al desiderio di raggiungere un giusto equilibrio tra le legittime esigenze del potere dello stato e i diritti di coloro che gli sono soggetti. Se da un lato, nella vostra storia, sono stati compiuti a più riprese dei passi decisivi per porre dei limiti all’esercizio del potere, dall’altro le istituzioni politiche della nazione sono state in grado di evolvere all’interno di un notevole grado di stabilità. In tale processo storico, la Gran Bretagna è emersa come una democrazia pluralista, che attribuisce un grande valore alla libertà di espressione, alla libertà di affiliazione politica e al rispetto dello stato di diritto, con un forte senso dei diritti e doveri dei singoli, e dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. La dottrina sociale cattolica, pur formulata in un linguaggio diverso, ha molto in comune con un tale approccio, se si considera la sua fondamentale preoccupazione per la salvaguardia della dignità di ogni singola persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio, e la sua sottolineatura del dovere delle autorità civili di promuovere il bene comune.

E, in verità, le questioni di fondo che furono in gioco nel processo contro Tommaso Moro continuano a presentarsi, in termini sempre nuovi, con il mutare delle condizioni sociali. Ogni generazione, mentre cerca di promuovere il bene comune, deve chiedersi sempre di nuovo: quali sono le esigenze che i governi possono ragionevolmente imporre ai propri cittadini, e fin dove esse possono estendersi? A quale autorità ci si può appellare per risolvere i dilemmi morali? Queste questioni ci portano direttamente ai fondamenti etici del discorso civile. Se i principi morali che sostengono il processo democratico non si fondano, a loro volta, su nient’altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza. Qui si trova la reale sfida per la democrazia.

L’inadeguatezza di soluzioni pragmatiche, di breve termine, ai complessi problemi sociali ed etici è stata messa in tutta evidenza dalla recente crisi finanziaria globale. Vi è un vasto consenso sul fatto che la mancanza di un solido fondamento etico dell’attività economica abbia contribuito a creare la situazione di grave difficoltà nella quale si trovano ora milioni di persone nel mondo. Così come "ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale" (Caritas in Veritate, 37), analogamente, nel campo politico, la dimensione morale delle politiche attuate ha conseguenze di vasto raggio, che nessun governo può permettersi di ignorare. Una positiva esemplificazione di ciò si può trovare in una delle conquiste particolarmente rimarchevoli del Parlamento britannico: l’abolizione del commercio degli schiavi. La campagna che portò a questa legislazione epocale, si basò su principi morali solidi, fondati sulla legge naturale, e ha costituito un contributo alla civilizzazione di cui questa nazione può essere giustamente orgogliosa.

La questione centrale in gioco, dunque, è la seguente: dove può essere trovato il fondamento etico per le scelte politiche? La tradizione cattolica sostiene che le norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione. Secondo questa comprensione, il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti – ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione – bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi. Questo ruolo "correttivo" della religione nei confronti della ragione, tuttavia, non è sempre bene accolto, in parte poiché delle forme distorte di religione, come il settarismo e il fondamentalismo, possono mostrarsi esse stesse causa di seri problemi sociali. E, a loro volta, queste distorsioni della religione emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione all’interno della religione. È un processo che funziona nel doppio senso. Senza il correttivo fornito dalla religione, infatti, anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall’ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana. Fu questo uso distorto della ragione, in fin dei conti, che diede origine al commercio degli schiavi e poi a molti altri mali sociali, non da ultimo le ideologie totalitarie del ventesimo secolo. Per questo vorrei suggerire che il mondo della ragione ed il mondo della fede – il mondo della secolarità razionale e il mondo del credo religioso – hanno bisogno l’uno dell’altro e non dovrebbero avere timore di entrare in un profondo e continuo dialogo, per il bene della nostra civiltà.

La religione, in altre parole, per i legislatori non è un problema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale al dibattito pubblico nella nazione. In tale contesto, non posso che esprimere la mia preoccupazione di fronte alla crescente marginalizzazione della religione, in particolare del Cristianesimo, che sta prendendo piede in alcuni ambienti, anche in nazioni che attribuiscono alla tolleranza un grande valore. Vi sono alcuni che sostengono che la voce della religione andrebbe messa a tacere, o tutt’al più relegata alla sfera puramente privata. Vi sono alcuni che sostengono che la celebrazione pubblica di festività come il Natale andrebbe scoraggiata, secondo la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche modo offendere coloro che appartengono ad altre religioni o a nessuna. E vi sono altri ancora che – paradossalmente con lo scopo di eliminare le discriminazioni – ritengono che i cristiani che rivestono cariche pubbliche dovrebbero, in determinati casi, agire contro la propria coscienza. Questi sono segni preoccupanti dell’incapacità di tenere nel giusto conto non solo i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica. Vorrei pertanto invitare tutti voi, ciascuno nelle rispettive sfere di influenza, a cercare vie per promuovere ed incoraggiare il dialogo tra fede e ragione ad ogni livello della vita nazionale.

La vostra disponibilità in questo senso si è già manifestata nell’invito senza precedenti che mi avete rivolto oggi, e trova espressione in quei settori di interesse nei quali il vostro Governo si è impegnato insieme alla Santa Sede. Nel campo della pace, vi sono stati degli scambi circa l’elaborazione di un trattato internazionale sul commercio di armi; circa i diritti umani, la Santa Sede ed il Regno Unito hanno visto positivamente il diffondersi della democrazia, specialmente negli ultimi 65 anni; nel campo dello sviluppo, vi è stata collaborazione nella remissione del debito, nel commercio equo e nel finanziamento allo sviluppo, in particolare attraverso la "International Finance Facility", l’ "International Immunization Bond" e l’ "Advanced Market Commitment". La Santa Sede è inoltre desiderosa di ricercare, con il Regno Unito, nuove strade per promuovere la responsabilità ambientale, a beneficio di tutti.

Noto inoltre che l’attuale Governo si è impegnato a devolvere entro il 2013 lo 0,7% del Reddito nazionale in favore degli aiuti allo sviluppo. È stato incoraggiante, negli ultimi anni, notare i segni positivi di una crescita della solidarietà verso i poveri che riguarda tutto il mondo. Ma per tradurre questa solidarietà in azione effettiva c’è bisogno di idee nuove, che migliorino le condizioni di vita in aree importanti quali la produzione del cibo, la pulizia dell’acqua, la creazione di posti di lavoro, la formazione, l’aiuto alle famiglie, specialmente dei migranti, e i servizi sanitari di base. Quando è in gioco la vita umana, il tempo si fa sempre breve: in verità, il mondo è stato testimone delle vaste risorse che i governi sono in grado di raccogliere per salvare istituzioni finanziarie ritenute "troppo grandi per fallire". Certamente lo sviluppo integrale dei popoli della terra non è meno importante: è un’impresa degna dell’attenzione del mondo, veramente "troppo grande per fallire".

Questo sguardo generale alla cooperazione recente tra Regno Unito e Santa Sede mostra bene quanto progresso sia stato fatto negli anni trascorsi dallo stabilimento di relazioni diplomatiche bilaterali, in favore della promozione nel mondo dei molti valori di fondo che condividiamo. Spero e prego che questa relazione continuerà a portare frutto e che si rifletterà in una crescente accettazione della necessità di dialogo e rispetto, a tutti i livelli della società, tra il mondo della ragione ed il mondo della fede. Sono certo che anche in questo Paese vi sono molti campi in cui la Chiesa e le pubbliche autorità possono lavorare insieme per il bene dei cittadini, in armonia con la storica pratica di questo Parlamento di invocare la guida dello Spirito su quanti cercano di migliorare le condizioni di vita di tutto il genere umano. Affinché questa cooperazione sia possibile, le istituzioni religiose, comprese quelle legate alla Chiesa cattolica, devono essere libere di agire in accordo con i propri principi e le proprie specifiche convinzioni, basate sulla fede e sull’insegnamento ufficiale della Chiesa. In questo modo potranno essere garantiti quei diritti fondamentali, quali la libertà religiosa, la libertà di coscienza e la libertà di associazione. Gli angeli che ci guardano dalla magnifica volta di questa antica Sala ci ricordano la lunga tradizione da cui il Parlamento britannico si è sviluppato. Essi ci ricordano che Dio vigila costantemente su di noi, per guidarci e proteggerci. Ed essi ci chiamano a riconoscere il contributo vitale che il credo religioso ha reso e può continuare a rendere alla vita della nazione.

Signor Presidente, La ringrazio ancora per questa opportunità di rivolgermi brevemente a questo distinto uditorio. Mi permetta di assicurare a Lei e al Signor Presidente della Camera dei Lords i miei auguri e la mia costante preghiera per Voi e per il fruttuoso lavoro di entrambe le Camere di questo antico Parlamento. Grazie, e Dio vi benedica tutti!





[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]














Comunicato congiunto sull'incontro tra il Pontefice e Rowan Williams


ROMA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il comunicato congiunto diramato al termine dell'incontro di questo venerdì tra Benedetto XVI e l’Arcivescovo di Canterbury, il dr. Rowan Williams, svoltosi nel Lambeth Palace.

* * *

A cinquant'anni dal primo incontro tra un Papa e un Arcivescovo di Canterbury in epoca moderna - quello tra Papa Giovanni XXIII e l'Arcivescovo Geoffrey Fisher, nel dicembre del 1960 – Papa Benedetto XVI ha fatto una visita fraterna all'Arcivescovo Rowan Williams.

Nella prima parte del loro incontro entrambi hanno rivolto un discorso ai Vescovi anglicani e cattolici di Inghilterra, Scozia e Galles, nella Great Hall della Biblioteca dell'Arcivescovo, prima di passare all'incontro privato.

Nel corso della loro conversazione privata, hanno affrontato molte delle questioni di comune preoccupazione per anglicani e cattolici romani. Hanno affermato il bisogno di proclamare il messaggio evangelico di salvezza in Gesù Cristo, sia in un modo ragionato e convincente nel contesto contemporaneo di profonda trasformazione culturale e sociale, sia attraverso una vita condotta in santità e trasparenza al cospetto di Dio. Si sono detti d'accordo sull'importanza di incrementare le relazioni ecumeniche e il dialogo teologico di fronte alle nuove sfide per l'unità provenienti dall'interno della comunità cristiana e dal di fuori.

Il Santo Padre e l'Arcivescovo hanno riaffermato l'importanza di proseguire il dialogo teologico sulla nozione di Chiesa come comunione, locale e universale, e le implicazioni che questo concetto ha per il discernimento dell'insegnamento etico.

Insieme hanno riflettuto sulla grave e difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente, ed hanno fatto appello a tutti i cristiani affinché preghino per i loro fratelli e sorelle e sostengano la loro costante testimonianza pacifica in Terra Santa. Alla luce dei loro recenti interventi pubblici, hanno discusso anche sul bisogno di promuovere un impegno coraggioso e generoso nel campo della giustizia e della pace, specialmente per quanto riguarda i bisogni dei poveri, esortando la leadership internazionale a combattere contro la fame e le malattie.

[Traduzione del testo originale in inglese a cura di ZENIT]













Benedetto XVI alla celebrazione ecumenica nella Westminster Abbey di Londra



LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole pronunciate questo venerdì sera da Benedetto XVI in occasione della celebrazione ecumenica svoltasi nella Westminster Abbey di Londra.

* * *

[PAROLE INTRODUTTIVE DEL SANTO PADRE]

Vostra Grazia, Signor Decano,
Cari amici in Cristo,

vi ringrazio per il vostro gentile benvenuto. Questo nobile edificio ricorda la lunga storia dell’Inghilterra, così profondamente segnata dalla predicazione del Vangelo e dalla cultura cristiana dalla quale è nata. Vengo qui oggi come pellegrino da Roma per pregare davanti alla tomba di Sant’ Edoardo il Confessore ed unirmi a voi nell’implorare il dono dell’unità tra i cristiani. Che questi momenti di preghiera e fraternità ci confermino nell’amore per Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, e nella comune testimonianza del perenne potere che ha il Vangelo di illuminare il futuro di questa grande Nazione.



[DOPO LA RECITA DEI VESPRI]

Cari amici in Cristo,

ringrazio il Signore per questa opportunità di unirmi a voi, rappresentanti delle confessioni cristiane presenti in Gran Bretagna, in questa magnifica Abbazia dedicata a San Pietro, la cui architettura e la cui storia parlano in maniera tanto eloquente della nostra comune eredità di fede. In questo luogo non possiamo non essere richiamati a come la fede cristiana abbia plasmato in modo così profondo l’unità e la cultura dell’Europa ed il cuore e lo spirito del popolo inglese. Qui, inoltre, siamo necessariamente richiamati al fatto che ciò che noi condividiamo in Cristo è più grande di ciò che continua a dividerci.

Sono grato a Sua Grazia l’Arcivescovo di Canterbury per il suo gentile saluto, così come al Decano e al Capitolo di questa venerabile Abbazia per il loro cordiale benvenuto. Ringrazio il Signore per avermi concesso, quale successore di san Pietro nella Sede di Roma, di compiere questo pellegrinaggio alla tomba di Sant’Edoardo il Confessore. Edoardo, re d’Inghilterra, rimane un modello di testimonianza cristiana ed un esempio di quella vera grandezza alla quale il Signore nelle Scritture chiama i suoi discepoli, come abbiamo appena ascoltato: la grandezza di un’umiltà e di un’obbedienza fondate sullo stesso esempio di Cristo (cfr Fil 2,6-8), la grandezza di una fedeltà che non esita ad abbracciare il mistero della Croce a motivo dell’amore per il divino Maestro e della sicura speranza nelle sue promesse (cfr Mc 10,43-44).

Quest’anno, come sappiamo, ricorre il centenario del movimento ecumenico moderno, che iniziò con l’appello della Conferenza di Edimburgo in favore dell’unità dei cristiani, come requisito previo per una credibile e convincente testimonianza del vangelo nel nostro tempo. Commemorando questo anniversario dobbiamo rendere grazie per i notevoli progressi compiuti verso questo nobile obiettivo tramite gli sforzi di cristiani impegnati di ogni confessione. Nel medesimo tempo, tuttavia, rimaniamo consapevoli che molto ancora rimane da fare. In un mondo segnato da una crescente interdipendenza e solidarietà, siamo sfidati a proclamare con rinnovata convinzione la realtà della nostra riconciliazione e liberazione in Cristo e a proporre la verità del Vangelo come la chiave di un autentico ed integrale sviluppo umano. In una società che è divenuta sempre più indifferente e persino ostile al messaggio cristiano, noi tutti siamo ancor più chiamati a dare una gioiosa e convincente testimonianza della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15), e a presentare il Signore Risorto come la risposta alle più profonde domande e aspirazioni spirituali degli uomini e delle donne del nostro tempo.

Mentre entravamo in processione nel presbiterio, all’inizio di questa celebrazione, il coro ha cantato che Cristo è il nostro "sicuro fondamento". Egli è l’Eterno Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, incarnato, come afferma il Credo, "per noi uomini e per la nostra salvezza". Lui solo ha parole di vita eterna. In lui, come insegna l’Apostolo, "tutte le cose sussistono" … "poiché è piaciuto a Dio che abiti in lui tutta la pienezza" (Col 1,17.19).

Il nostro impegno per l’unità dei cristiani non ha altro fondamento che la nostra fede in Cristo, in questo Cristo, risorto da morte e assiso alla destra del Padre, che tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti. È la realtà della persona di Cristo, la sua opera salvifica e soprattutto il fatto storico della sua risurrezione, che è il contenuto del kerygma apostolico e di quelle formule di fede che, a partire dal Nuovo Testamento stesso, hanno garantito l’integrità della sua trasmissione. L’unità della Chiesa, in una parola, non può mai essere altro che una unità nella fede apostolica, nella fede consegnata nel rito del Battesimo ad ogni nuovo membro del Corpo di Cristo. E’ questa fede che ci unisce al Signore, che ci fa partecipi del suo Santo Spirito e perciò, anche adesso, partecipi della vita della Santissima Trinità, il modello della koinonia della Chiesa qui sulla terra.

Cari amici, siamo tutti consapevoli delle sfide e delle benedizioni, delle delusioni e dei segni di speranza che hanno contraddistinto il nostro cammino ecumenico. Questa sera li affidiamo al Signore, fiduciosi nella sua provvidenza e nel potere della sua grazia. Sappiamo che la fraternità costruita, il dialogo iniziato e la speranza che ci guida, ci daranno la forza e indicheranno la direzione, mentre perseveriamo nel nostro cammino comune. Allo stesso tempo, con evangelico realismo, dobbiamo anche riconoscere le sfide che ci stanno davanti, non solamente sulla via dell’unità dei cristiani, ma anche nel nostro impegno di proclamare Cristo ai nostri giorni. La fedeltà alla parola di Dio, proprio perché è una parola vera, ci chiede una obbedienza che ci conduca insieme verso una più profonda comprensione della volontà del Signore, una obbedienza che deve essere libera dal conformismo intellettuale o dal facile adattamento allo spirito del tempo. Questa è la parola di incoraggiamento che desidero lasciarvi questa sera, e lo faccio in fedeltà al mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di San Pietro, incaricato di una cura particolare per l’unità del gregge di Cristo.

Riuniti in questa antica chiesa monastica, possiamo richiamare l’esempio di un grande Inglese e uomo di chiesa che onoriamo insieme: san Beda il Venerabile. All’alba della nuova era nella vita della società e della Chiesa, Beda comprese sia l’importanza della fedeltà alla parola di Dio come trasmessa dalla tradizione apostolica, sia la necessità di un’apertura creativa ai nuovi sviluppi e alle esigenze di un adeguato radicamento del Vangelo nel linguaggio e nella cultura del suo tempo.

Questa nazione, e l’Europa che Beda e i suoi contemporanei hanno contribuito ad edificare, ancora una volta si trova alle soglie di una nuova epoca. Possa l’esempio di san Beda ispirare i cristiani di queste terre a riscoprire la loro comune eredità, a consolidare quello che hanno in comune e a continuare nel loro impegno per crescere in fraternità. Che il Signore Risorto rafforzi i nostri sforzi per riparare le divisioni del passato ed affrontare le sfide del presente con speranza verso il futuro che, Egli, nella sua provvidenza, riserva a noi e al nostro mondo. Amen.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]


+PetaloNero+
00sabato 18 settembre 2010 00:57
Benedetto XVI e Williams a colloquio su teologia e pace in Medio Oriente
L'Arcivescovo di Canterbury ribadisce il diritto dei cristiani a intervenire pubblicamente




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Nell'inconto privato di questo venerdì Benedetto XVI e l'Arcivescovo Rowan Williams hanno affrontato alcune questioni di comune preoccupazione per cattolici e anglicani, parlando della teologia di comunione e della situazione dei cristiani in Medio Oriente.

Il Papa si è incontrato con l'Arcivescovo di Canterbury nel Lambeth Palace a Londra nel secondo giorno della sua visita di Stato nel Regno Unito. Al termine dell'incontro è stato diffusa una nota congiunta riguardante i temi al centro del colloquio.

Nella nota si legge che i due leader religiosi “hanno affermato il bisogno di proclamare il messaggio evangelico di salvezza in Gesù Cristo, sia in un modo ragionato e convincente nel contesto contemporaneo di profonda trasformazione culturale e sociale, sia attraverso una vita condotta in santità e trasparenza al cospetto di Dio”.

Il comunicato fa sapere inoltre che il Papa e l'Arcivescovo di Canterbury hanno ribadito l'importanza di incrementare le relazioni ecumeniche e di approfondire il dialogo teologico, in particolare la nozione di Chiesa come comunione.


Durante l'incontro privato è stata trattata anche la situazione dei cristiani in Medio Oriente ed è stato rivolto un appello a tutti i cristiani perché sostengano con la preghiera i propri fratelli in Terra Santa.


“Alla luce dei loro recenti interventi pubblici – continua il comunicato –, hanno discusso anche sul bisogno di promuovere un impegno coraggioso e generoso nel campo della giustizia e della pace, specialmente per quanto riguarda i bisogni dei poveri, esortando la leadership internazionale a combattere contro la fame e le malattie”.

Prima dell'incontro privato, i due leader religiosi hanno rivolto dei discorsi ai Vescovi anglicani e cattolici di Inghilterra, Scozia e Galles, presenti all'evento.


L'Arcivescovo anglicano ha parlato del compito dei Vescovi nel “rispondere alle varie tendenze presenti nel nostro ambiente culturale che cercano di presentare la fede cristiana come un ostacolo alla libertà umana e un scandalo per l'intelletto umano".

"Noi come Chiese non cerchiamo il potere o il controllo politico, oppure il dominio della fede cristiana nella sfera pubblica; ma l'opportunità di testimoniare, argomentare, qualche volta protestare qualche volta affermare – di fare la nostra parte nei dibattiti pubblici in atto nelle nostre società”.

"E, chiaramente, potremo essere efficaci non dopo essere riusciti ad accumulare una autorità politica tale da consentirci di farci largo tra gli altri ma quando riusciremo a persuadere i nostri vicini di casa che la vita di fede è una vita ben vissuta e vissuta gioiosamente".

L'Arcivescovo Williams ha poi parlato del Cardinale John Henry Newman, il teologo anglicano del XIX sec. convertitosi al cattolicesimo, che Benedetto XVI beatificherà la prossima domenica.

"Nel 1845 – ha detto –, quando infine John Henry Newman capì di dover seguire la sua coscienza e di dover cercare il suo futuro nel servire Dio in comunione con la Sede di Roma, uno dei suoi amici anglicani più intimi, il sacerdote Edward Bouverie Pusey [...] scrisse una meditazione commovente su questa 'separazione tra amici', nella quale in merito alla separazione tra anglicani e cattolici romani disse: 'è ciò che è empio da entrambe le parti a tenerci separati'”.

"Questo non ci dovrebbe sorprendere: la santità consiste nella più semplice amicizia con Cristo; e quando quell'amicizia con Cristo viene fatta maturare, così è l'amicizia tra di noi. [...] Forse non supereremo rapidamente gli ultimi ostacoli per la piena e restaurata comunione; ma nessun ostacolo si frappone sul cammino della nostra ricerca [...] di ulteriori modi per rafforzarci gli uni gli altri nella santità attraverso la preghiera e la celebrazione pubblica comune, attraverso una più stretta amicizia, e crescendo insieme nel difficile servizio verso coloro che Cristo ama, e nella missione verso coloro che Dio ha creato”.










Benedetto XVI avverte sul pericolo di adattarsi allo “spirito del tempo”
La fedeltà richiede obbedienza, ricorda in una celebrazione ecumenica




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha messo in guardia i cristiani sul conformarsi a una mentalità promossa dallo “spirito del tempo”, affermando che la fedeltà alla Parola di Dio richiede un'obbedienza libera da questo adattamento.

Il Papa lo ha suggerito oggi nell'Abbazia di Westminster, dove ha incontrato l'Arcivescovo Rowan Williams, leader della Comunione Anglicana, e altri leader cristiani per i Vespri.

Il suo discorso è stato l'ultima tappa della giornata dopo un fitto programma che ha incluso un discorso dopo l'altro su istruzione, società civile, dialogo interreligioso, relazioni ecumeniche e un incontro formale con l'Arcivescovo Williams.

Durante il servizio di preghiera, il Papa ha sottolineato la celebrazione, quest'anno, del 100° anniversario del movimento ecumenico moderno, dicendo che “dobbiamo rendere grazie per i notevoli progressi compiuti verso questo nobile obiettivo”, anche se “rimaniamo consapevoli che molto ancora rimane da fare”.

La proclamazione e la testimonianza cristiana sono sempre più importanti in un mondo caratterizzato da una crescente interdipendenza e “sempre più indifferente e persino ostile al messaggio cristiano”.

Il Pontefice ha quindi parlato della fedeltà come chiave per risvegliare la società.

“La fedeltà alla parola di Dio, proprio perché è una parola vera, ci chiede una obbedienza che ci conduca insieme verso una più profonda comprensione della volontà del Signore, una obbedienza che deve essere libera dal conformismo intellettuale o dal facile adattamento allo spirito del tempo”, ha detto.

“Questa è la parola di incoraggiamento che desidero lasciarvi questa sera, e lo faccio in fedeltà al mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di San Pietro, incaricato di una cura particolare per l’unità del gregge di Cristo”.

Fedeltà e apertura

Il Papa ha quindi ricordato l'esempio di un santo inglese, Beda il Venerabile.

“All’alba della nuova era nella vita della società e della Chiesa, Beda comprese sia l’importanza della fedeltà alla parola di Dio come trasmessa dalla tradizione apostolica, sia la necessità di un’apertura creativa ai nuovi sviluppi e alle esigenze di un adeguato radicamento del Vangelo nel linguaggio e nella cultura del suo tempo”.

La Nazione e il continente sono ancora una volta “alle soglie di una nuova epoca”, ha osservato il Papa. “Possa l’esempio di san Beda ispirare i cristiani di queste terre a riscoprire la loro comune eredità, a consolidare quello che hanno in comune e a continuare nel loro impegno per crescere in fraternità”.

Per il Santo Padre, l'unità della Chiesa “non può mai essere altro che una unità nella fede apostolica, nella fede consegnata nel rito del Battesimo ad ogni nuovo membro del Corpo di Cristo”.

“Cari amici – ha concluso –, siamo tutti consapevoli delle sfide e delle benedizioni, delle delusioni e dei segni di speranza che hanno contraddistinto il nostro cammino ecumenico. Questa sera li affidiamo al Signore, fiduciosi nella sua provvidenza e nel potere della sua grazia”.










Benedetto XVI: la religione non va emarginata dalla vita pubblica
Reclama il rispetto della libertà dei cattolici ad agire secondo coscienza




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- “La religione per i legislatori non è un problema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale al dibattito pubblico nella Nazione”, ha affermato Benedetto XVI ai rappresentanti del mondo politico, sociale, accademico, culturale e imprenditoriale britannico.

Il suo atteso discorso nella Westminster Hall, luogo emblematico in cui San Tommaso Moro venne giudicato e condannato per essersi opposto al re Enrico VIII in nome della propria coscienza, si è centrato sulla difesa della necessità che la religione non venga emarginata dal dibattito pubblico.

Il Papa ha espresso una preoccupazione speciale per “la crescente marginalizzazione della religione, in particolare del Cristianesimo”, anche in Nazioni “che attribuiscono alla tolleranza un grande valore”, e ha chiesto un dialogo tra fede e ragione.

“Il dilemma con cui Tommaso Moro si confrontava, in quei tempi difficili, la perenne questione del rapporto tra ciò che è dovuto a Cesare e ciò che è dovuto a Dio, mi offre l’opportunità di riflettere brevemente con voi sul giusto posto che il credo religioso mantiene nel processo politico”, ha detto il Pontefice ai presenti.

Benedetto XVI ha anche riconosciuto ed espresso la propria stima per il ruolo che il sistema parlamentare inglese ha avuto nell'instaurazione della democrazia.

“La tradizione parlamentare di questo Paese deve molto al senso istintivo di moderazione presente nella Nazione, al desiderio di raggiungere un giusto equilibrio tra le legittime esigenze del potere dello Stato e i diritti di coloro che gli sono soggetti”, ha affermato.

La Gran Bretagna, ha aggiunto, “è emersa come una democrazia pluralista, che attribuisce un grande valore alla libertà di espressione, alla libertà di affiliazione politica e al rispetto dello Stato di diritto, con un forte senso dei diritti e doveri dei singoli, e dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge”.

In questo, anche se con un altro linguaggio, ha molto in comune con la Dottrina Sociale della Chiesa, nella “sua fondamentale preoccupazione per la salvaguardia della dignità di ogni singola persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio, e la sua sottolineatura del dovere delle autorità civili di promuovere il bene comune”.

Etica e politica

Nonostante questi successi, ha affermato il Vescovo di Roma, “le questioni di fondo che furono in gioco nel processo contro Tommaso Moro continuano a presentarsi”: “A quale autorità ci si può appellare per risolvere i dilemmi morali?”.

“Se i principi morali che sostengono il processo democratico non si fondano, a loro volta, su nient’altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza. Qui si trova la reale sfida per la democrazia”, ha affermato il Papa.

In questo senso, ha detto, la recente crisi finanziaria globale ha messo in evidenza “l’inadeguatezza di soluzioni pragmatiche, di breve termine, ai complessi problemi sociali ed etici”, perché c'è ormai un vesto consenso sull'idea che “la mancanza di un solido fondamento etico dell’attività economica abbia contribuito a creare la situazione di grave difficoltà nella quale si trovano ora milioni di persone nel mondo”.

Allo stesso modo, “la dimensione morale delle politiche attuate ha conseguenze di vasto raggio, che nessun Governo può permettersi di ignorare”.

“La tradizione cattolica sostiene che le norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione”, ha dichiarato il Papa.

Fede e ragione

“Secondo questa comprensione, il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti – ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione – bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi”, ha continuato.

Questo ruolo “correttivo” della religione nei confronti della ragione, tuttavia, “non è sempre bene accolto”, in parte per “forme distorte di religione, come il settarismo e il fondamentalismo”, che sorgono quando “viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione all’interno della religione”.

“Senza il correttivo fornito dalla religione, infatti, anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall’ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana”.

Per questo, ha sottolineato il Papa, la religione “per i legislatori non è un problema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale al dibattito pubblico nella Nazione”.

Libertà religiosa

Il Papa ha quindi espresso la sua preoccupazione “di fronte alla crescente marginalizzazione della religione, in particolare del Cristianesimo, che sta prendendo piede in alcuni ambienti, anche in Nazioni che attribuiscono alla tolleranza un grande valore”.

“Vi sono alcuni che sostengono che la voce della religione andrebbe messa a tacere, o tutt’al più relegata alla sfera puramente privata. Vi sono alcuni che sostengono che la celebrazione pubblica di festività come il Natale andrebbe scoraggiata, secondo la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche modo offendere coloro che appartengono ad altre religioni o a nessuna”.

“E vi sono altri ancora che – paradossalmente con lo scopo di eliminare le discriminazioni – ritengono che i cristiani che rivestono cariche pubbliche dovrebbero, in determinati casi, agire contro la propria coscienza”.

Tutti questi, ha segnalato, “sono segni preoccupanti dell’incapacità di tenere nel giusto conto non solo i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica”.

In questo senso, il Pontefice ha apprezzato profondamente l'“invito senza precedenti” che gli è stato rivolto di parlare davanti alla classe politica, così come la collaborazione che Gran Bretagna e Santa Sede mantengono in molti ambiti, come l'aiuto al Terzo Mondo e la soppressione del commercio delle armi.

Per questa ragione, il Papa ha invitato le autorità britanniche a collaborare di più con le comunità cristiane locali, convinto che “anche in questo Paese vi sono molti campi in cui la Chiesa e le pubbliche autorità possono lavorare insieme per il bene dei cittadini”.

Ad ogni modo, ha segnalato, “affinché questa cooperazione sia possibile, le istituzioni religiose, comprese quelle legate alla Chiesa cattolica, devono essere libere di agire in accordo con i propri principi e le proprie specifiche convinzioni, basate sulla fede e sull’insegnamento ufficiale della Chiesa”.

“In questo modo potranno essere garantiti quei diritti fondamentali, quali la libertà religiosa, la libertà di coscienza e la libertà di associazione”, ha concluso, invitando “a riconoscere il contributo vitale che il credo religioso ha reso e può continuare a rendere alla vita della Nazione”.









Un presunto attentato non preoccupa il Papa
Arrestate sei persone accusate di voler colpire la visita pontificia




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI sta vivendo con serenità ed entusiasmo il suo viaggio nel Regno Unito, nonostante l'annuncio dell'arresto da parte di Scotland Yard di sei persone con l'accusa di preparare un attentato contro la visita papale.

Padre Federico Lombardi, S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha affermato che “il Papa è felice per questo viaggio ed è calmo”.

Il portavoce vaticano ha descritto lo stato d'animo del Santo Padre con le parole che lo stesso Pontefice ha usato durante il viaggio in aereo con i giornalisti per spiegare l'atteggimento con cui visita la Gran Bretagna: “Vado avanti con grande coraggio e con gioia”.

Scotland Yard ha confermato che una sesta persona è stata arrestata questo venerdì pomeriggio dopo che altre cinque erano state arrestate alle 5.45 del mattino “perché sospettate della commissione, preparazione o istigazione di atti di terrorismo”.

Gli uomini arrestati al mattino hanno 26, 27, 36, 40 e 50 anni, quello arrestato nel pomeriggio 29.

La Polizia Metropolitana di Londra ha spiegato nel suo comunicato che l'itinerario della visita del Papa non è stato modificato perché si possono garantire le condizioni di sicurezza.

“Non c'è alcun cambiamento nel livello di minaccia del Regno Unito”, conclude Scotland Yard.

I cinque della mattina sono stati arrestati a Westminster, il quartiere in cui si trova il Parlamento britannico, in cui il Papa ha pronunciato il suo discorso storico. Il sesto arresto è avvenuto nella zona nord di Londra.

Un portavoce del Westminster City Council ha spiegato che gli arrestati di questa mattina erano impiegati di un'impresa privata di pulizie incaricata delle vie della città.

Padre Federico Lombardi ha aggiunto: “Siamo pienamente fiduciosi nella polizia, non è necessario cambiare il programma”.

“La polizia prende le misure necessarie, la situazione non è particolarmente pericolosa”.











Sì all'inclusività, no all'ignorare la verità
Il Papa incontra l'Arcivescovo di Canterbury




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- I cristiani non dovrebbero esitare a proclamare l'unicità di Cristo, ha detto Benedetto XVI al leader della Comunione Anglicana. Anche se la Chiesa è chiamata ad essere inclusiva, ciò non dovrebbe avvenire a spesa della verità cristiana, ha sottolineato.

Il Papa ha incontrato l'Arcivescovo Rowan Williams di Canterbury al Palazzo di Lambeth questo venerdì pomeriggio, nel suo secondo giorno di viaggio nel Regno Unito, iniziato con un'accoglienza calorosissima questo giovedì in Scozia.

Nonostante si sia parlato di tensioni anglicano-cattoliche prima del viaggio, l'incontro tra i due leader ha riflettuto la loro amicizia e il comune impegno ecumenico.

Il Pontefice, infatti, ha sottolineato la sua intenzione di non voler “parlare oggi delle difficoltà che il cammino ecumenico ha incontrato e continua ad incontrare”.

“Vorrei piuttosto unirmi a Lei nel rendere grazie per la profonda amicizia che è cresciuta fra noi e per il ragguardevole progresso fatto in moltissime aree del dialogo in questi quarant’anni che sono trascorsi da quando la Commissione Internazionale Anglo-Cattolica ha cominciato i propri lavori. Affidiamo i frutti di quelle fatiche al Signore della messe, fiduciosi che egli benedirà la nostra amicizia mediante un’ulteriore significativa crescita”, ha affermato.

Preghiera

La stessa Comunione Anglicana sta affrontando delle frizioni al suo interno essenzialmente su due aspetti: il ruolo delle donne, soprattutto nel ministero episcopale, e le questioni morali collegate all'attività omosessuale, includendo la possibilità di “matrimoni” omosessuali e il fatto di avere omosessuali attivi nel ministero.

Nel novembre dello scorso anno, Benedetto XVI ha scritto la Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus, che permette Ordinariati personali per gli anglicani che vogliono entrare in gruppo nella piena comunione con la Chiesa cattolica.

Il saluto del Papa di questo venerdì, ad ogni modo, si è concentrato sul cammino verso una maggiore unità tra le due confessioni cristiane.

Il Pontefice ha sottolineato il riferimento dell'Arcivescovo Williams a un incontro di quasi 30 anni fa tra i loro predecessori, Papa Giovanni Paolo II e l'Arcivescovo Robert Runcie.

“In quello stesso luogo dove San Tommaso di Canterbury rese testimonianza a Cristo versando il proprio sangue, essi pregarono insieme per il dono dell’unità tra i seguaci di Cristo. Anche oggi continuiamo a pregare per quel dono, sapendo che l’unità voluta da Cristo per i suoi discepoli giungerà solo come risposta alla preghiera, mediante l’azione dello Spirito Santo, che senza sosta rinnova la Chiesa e la guida alla pienezza della verità”, ha detto il Pontefice.

Battaglie comuni

Benedetto XVI ha poi proseguito riflettendo sul contesto mutevole del dialogo ecumenico da quando Papa Giovanni XXIII e l'Arcivescovo Geoffrey Fisher si sono incontrati nel 1960.

La cultura stessa è ora più distante dalle sue radici cristiane, ha osservato, e c'è una “crescente dimensione multiculturale della società” che dà l'opportunità di incontrare altre religioni.

“Per noi cristiani ciò apre la possibilità di esplorare, assieme ai membri di altre tradizioni religiose, delle vie per rendere testimonianza della dimensione trascendente della persona umana e della chiamata universale alla santità, conducendoci a praticare la virtù nella nostra vita personale e sociale”, ha riflettuto il Santo Padre.

Allo stesso modo, ha avvertito contro l'annacquamento della verità cristiana.

“Noi cristiani non dobbiamo mai esitare di proclamare la nostra fede nell’unicità della salvezza guadagnataci da Cristo, e di esplorare insieme una più profonda comprensione dei mezzi che Egli ha posto a nostra disposizione per giungere alla salvezza”.

L'esempio del Cardinale Newman

Benedetto XVI si è infine riferito al Cardinale John Henry Newman come esempio per le relazioni ecumeniche. Il Cardinale Newman è stato allevato nella religione anglicana e ha trascorso metà della sua vita in quella Comunione prima di convertirsi al cattolicesimo. Il Papa lo beatificherà questa domenica, nell'ultimo giorno del suo viaggio nel Regno Unito.

“Nella figura di John Henry Newman, che sarà beatificato domenica, celebriamo un uomo di Chiesa la cui visione ecclesiale fu alimentata dal suo retroterra anglicano e maturò durante i suoi lunghi anni di ministero ordinato nella Chiesa d’Inghilterra”, ha detto il Pontefice.

“Egli ci può insegnare le virtù che l’ecumenismo esige: da una parte egli fu mosso dal seguire la propria coscienza, anche con un pesante costo personale; dall’altra, il calore della continua amicizia con i suoi precedenti colleghi, lo portò a sondare insieme a loro, con vero spirito irenico, le questioni sulle quali divergevano, mosso da una ricerca profonda dell’unità nella fede”.

“In quello stesso spirito di amicizia, rinnoviamo la nostra determinazione a perseguire il fine ultimo dell’unità nella fede, nella speranza e nell’amore, secondo la volontà dell’unico nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo”, ha concluso il Papa rivolgendosi all'Arcivescovo di Canterbury.










Il segreto della serenità del Papa? Trasparenza e fede in Cristo
L'editoriale del portavoce vaticano, padre Federico Lombardi




ROMA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- La serenità e la gioia con cui Benedetto XVI sta affrontando il suo viaggio nel Regno Unito, nonostante le proteste annunciate, deriva dalla coscienza che la forza della Chiesa sta nella sua trasperanza nel comunicare la fede in Cristo.

E' quanto ha affermato padre Federico Lombardi nell’editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano.

“Rispondendo sull’aereo alla domanda se fosse preoccupato per le critiche e le opposizioni che lo attendevano nel Regno Unito, il Papa ha risposto ai giornalisti che non era preoccupato, che andava avanti con coraggio e con gioia”, ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana.

“Ha anche aggiunto la ragione del coraggio e della gioia: ha detto che la Chiesa non si deve occupare tanto di dimostrarsi forte e attrattiva, quanto di essere del tutto trasparente della persona e delle parole di Gesù Cristo”.

“Se la Chiesa cerca veramente di essere questa trasparenza per le persone che la incontrano, ha fatto il suo dovere, ha compiuto la sua missione e non ha alcun motivo di avere paura. Qui sta il semplicissimo segreto della serenità del Papa anche in situazioni difficili”.

“Una serenità – ha continuato padre Lombardi –, che diventa messaggio essa stessa ed esempio per i credenti. Il segreto è, infatti, la fede in Gesù Cristo. Benedetto XVI la propone con intelligenza, con fiducia e con gioia, sapendo e rispettando le domande e le difficoltà dei suoi interlocutori”.

“Non per nulla, evocando la figura del cardinale Newman mette in rilievo la sua modernità e la sua continua ricerca della verità – ha spiegato ancora –. Sa bene che oggi l’incontro con Dio e con la fede cristiana non sono facili e scontati; ci vuole una voce e una mano amica che proponga con chiarezza e accompagni con amore a riscoprire il bello e il valore della proposta cristiana”.

“Viene accolta o no, questa proposta? Qui vi è naturalmente lo spazio della libertà di chi ascolta e la responsabilità di chi è mediatore del messaggio e può facilitare, o rendere più difficile, il suo giungere all’ascoltatore”.

“Ma la proposta è bella: è quanto di meglio il Papa può offrire. Perciò la fa con gioia. E chi la accoglie, partecipa a questa gioia”, ha infine concluso.











Il Papa: il dialogo interreligioso richiede rispetto reciproco e libertà
Discorso ai leader delle religioni più presenti nel Regno Unito




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha affermato che il dialogo e la collaborazione tra i membri delle varie religioni richiedono reciprocità in coloro che dialogano, lamentando che in alcuni luoghi del mondo manchino il rispetto reciproco e la libertà religiosa.

Il Papa si è espresso in questo modo nel discorso che ha rivolto questo venerdì mattina ai leader religiosi nella Waldegrave Drawing Room del St Mary’s University College.

Il Pontefice si è riferito “a situazioni in alcune parti del mondo in cui la collaborazione e il dialogo fra religioni richiede il rispetto reciproco, la libertà di praticare la propria religione e di compiere atti di culto pubblico, come pure la libertà di seguire la propria coscienza senza soffrire ostracismo o persecuzione, anche dopo la conversione da una religione ad un’altra”.

“Una volta che tale rispetto e attitudine aperta sono stabiliti, persone di tutte le religioni lavoreranno insieme in modo efficace per la pace e la mutua comprensione, offrendo perciò una testimonianza convincente davanti al mondo”, ha affermato.

Tre livelli di dialogo

Rivolgendosi ai leader delle confessioni cristiane e delle religioni con maggiore presenza nel Regno Unito – ebrei, musulmani, induisti e sikh –, il Papa ha sottolineato che il dialogo interreligioso “non dovrebbe essere limitato a discussioni formali”.

Questo tipo di dialogo, ha indicato, “deve porsi su diversi livelli”, che ha identificato nel “dialogo della vita”, “dialogo dell'azione” e “conversazioni formali”.

“Il dialogo della vita implica semplicemente vivere fianco a fianco ed imparare l’uno dall’altro in maniera da crescere nella reciproca comprensione e nel reciproco rispetto”, ha spiegato.

“Il dialogo dell’azione ci fa ravvicinare in forme concrete di collaborazione, mentre applichiamo le nostre intuizioni religiose al compito di promuovere lo sviluppo umano integrale, lavorando per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato”.

Questo tipo di dialogo, ha aggiunto, “può includere l’esplorare assieme come difendere la vita umana ad ogni stadio e come assicurare la non esclusione della dimensione religiosa di individui e comunità dalla vita della società”.

Quanto alle conversazioni formali, ha proseguito, “non vi è solo la necessità dello scambio teologico, ma anche il porre alla reciproca considerazione le proprie ricchezze spirituali, il parlare della propria esperienza di preghiera e di contemplazione, l’esprimere a vicenda la gioia del nostro incontro con l’amore divino”.

Impegno

In questo contesto, il Papa ha esortato i leader delle varie religioni a portare avanti il dialogo con i fratelli e le sorelle cristiani.

“Sono lieto di rilevare le molte iniziative positive intraprese in questo Paese per promuovere tale dialogo a vari livelli”, ha detto.

Dal canto suo, ha assicurato che “i cattolici, sia in Gran Bretagna sia in tutto il mondo, continueranno ad edificare ponti di amicizia con altre religioni, per sanare gli errori del passato e per promuovere fiducia fra individui e comunità”.

“Sin dal Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica ha posto speciale enfasi sull’importanza del dialogo e della collaborazione con i seguaci di altre religioni”, ha sottolineato Benedetto XVI.

“La Chiesa cattolica persegue la via dell’impegno e del dialogo per un senso genuino di rispetto per voi e per le vostre credenze”.

Grande gioia del Papa

L'incontro ha riunito non solo leader di spicco, ma anche rappresentanti del clero e fedeli di altre religioni.

Il Barone Sacks di Aldgate, rabbino capo della United Hebrew Congregations of the Commonwealth, e il direttore della Prince’s School of Traditional Arts, Khaled Azzam, hanno rivolto al Papa alcune parole di saluto.

Il Pontefice ha poi iniziato il suo discorso sottolineando la propria gioia per il fatto di poter incontrare i rappresentanti delle varie comunità religiose presenti in Gran Bretagna e auspicando alla comunità ebraica del Paese e di tutto il mondo una felice e santa celebrazione dello Yom Kippur.

Ha quindi voluto segnalare “l’apprezzamento della Chiesa cattolica per l’importante testimonianza che voi tutti apportate quali uomini e donne dello spirito, in un tempo nel quale le convinzioni religiose non sono sempre comprese o apprezzate”.

“La presenza di credenti impegnati in vari campi della vita sociale ed economica parla eloquentemente del fatto che la dimensione spirituale della nostra vita è fondamentale alla nostra identità di esseri umani”, ha dichiarato.

Allo stesso modo, ha rimarcato la “grande importanza” della “dimensione 'fianco a fianco' della nostra collaborazione, che completa l’aspetto 'faccia a faccia' del nostro costante dialogo”.

L'unica cosa necessaria

Benedetto XVI ha sottolineato l'impegno di tutti i presenti nella ricerca spirituale, dicendo a quanti lo ascoltavano che la loro presenza e testimonianza nel mondo ricorda “la fondamentale importanza per la vita umana di questa ricerca spirituale nella quale siamo impegnati”.

Citando Sant'Agostino, ha segnalato che “la ricerca del sacro è la ricerca dell’unica cosa necessaria, l’unica a soddisfare le aspettative del cuore umano”.

In questa ricerca, ha aggiunto, “l’iniziativa non viene da noi, bensì dal Signore: non siamo tanto noi a ricercare Lui, ma è piuttosto Lui a cercare noi ed è senza dubbio Lui ad avere posto quella nostalgia per Lui nel profondo dei nostri cuori”.

Il Papa ha poi riconosciuto che “le scienze umane e naturali ci forniscono una comprensione inestimabile”, ma “non danno risposta, e non possono darla, alla domanda fondamentale”.

“La ricerca del sacro non svaluta altri campi dell’indagine umana. Al contrario, li pone in un contesto che amplifica la loro importanza quali vie mediante le quali esercitare responsabilmente il nostro essere amministratori della creazione”.

Nella Bibbia, ha spiegato, Dio “affidò a noi il compito di esplorare ed utilizzare i misteri della natura al fine di servire un bene superiore”, e nella fede cristiana questo bene superiore “viene espresso come amore per Dio a amore per il nostro prossimo”.

“Pertanto, ci impegniamo di tutto cuore e con entusiasmo con il mondo, ma sempre con uno sguardo per servire quel bene superiore, altrimenti sfiguriamo la bellezza della creazione sfruttandola per scopi egoistici”.

“Per tale motivo la genuina credenza religiosa ci indica, al di là dell’utilità presente, la trascendenza”.

Benedetto XVI ha quindi sottolineato vari aspetti positivi della credenza religiosa: “ci rammenta la possibilità e l’imperativo della conversione morale, del dovere di vivere in modo pacifico con il nostro prossimo, dell’importanza di vivere una vita di integrità”.

“Propriamente compresa, porta illuminazione, purifica i nostri cuori ed ispira azioni nobili e generose, a beneficio dell’intera famiglia umana – ha aggiunto –. Ci motiva a coltivare la pratica della virtù e ad avvicinarci l’un l’altro con amore, nel più grande rispetto delle tradizioni religiose diverse dalla nostra”.










Il Papa inaugura la Fondazione "John Paul II" per lo Sport



LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Questo venerdì Benedetto XVI ha presieduto l'inaugurazione di un complesso sportivo intitolato a Giovanni Paolo II che verrà utilizzato come campo d'allenamento in vista delle Olimpiadi di Londra del 2012.

Il Papa ha benedetto la Fondazione "John Paul II" per lo Sport del St Mary’s University College a Twickenham, nel quartiere londinese di Richmond, prima di rivolgere il suo discorso agli oltre 800.000 studenti delle scuole cattoliche dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia collegati via internet per seguire in diretta l’evento.

“Guardando ai prossimi giochi olimpici – ha detto il Pontefice –, è stato un piacere inaugurare questa Fondazione sportiva intitolata a Giovanni Paolo II, e prego affinché tutti coloro che la frequenteranno rendano gloria a Dio attraverso le loro attività sportive, così come possano trarre giovamento per se stessi e per gli altri”.

La Fondazione è stata creata dalla Conferenza dei Vescovi cattolici di Inghilterra e Galles al fine di promuovere gli insegnamenti di Giovanni Paolo II sullo sport. La sede è stata scelta dalla squadra olimpica sudafricana per prepararsi all'appuntamento del 2012.

L'Arcivescovo Vincent Nichols, Presidente della Conferenza dei Vescovi cattolici di Inghilterra e Galles, ha espresso il suo profondo sostegno alla Fondazione, il cui scopo è quello di "utilizzare lo sport per tentare di presentare ai giovani e agli anziani l'importanza della salute, la dignità dei nostri corpi, la cura del benessere fisico e il suo significato spirituale”.











La scuola cattolica deve essere coerente con la dottrina, ricorda il Papa
Incontrando i religiosi e i professori cattolici britannici




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Non solo quello che si insegna nelle scuole cattoliche deve essere conforme alla dottrina, ma i religiosi che si dedicano all'insegnamento devono essere un modello con la propria vita.

Papa Benedetto XVI lo ha affermato questo venerdì mattina incontrando i rappresentanti delle scuole cattoliche britanniche presso il St Mary’s University College di Twickenham (nel quartiere londinese di Richmond), proveniente dalla Nunziatura Apostolica di Londra, dove alloggia durante la sua visita pastorale in Gran Bretagna.

Il Papa ha parlato nella cappella del College a circa 300 religiosi e docenti delle scuole cattoliche, ai quali ha ricordato che la sua presenza “è un forte richiamo all’ampiamente discusso carattere cattolico che è necessario permei ogni aspetto della vita scolastica”.

“Questo riporta all’evidente esigenza che il contenuto dell'insegnamento dovrebbe essere sempre in conformità con la dottrina della Chiesa. Ciò significa che la vita di fede deve essere la forza guida alla base di ogni attività nella scuola, così che la missione della Chiesa possa essere effettivamente servita”, ha affermato.

Benedetto XVI ha quindi ricordato ai presenti, tra i quali anche il Ministro dell'Istruzione, Nick Gibb, che fin dal suo ingresso in Inghilterra il cristianesimo ha svolto un'importante azione educativa.

La dimensione trascendente dello studio e dell’insegnamento, ha osservato, “era chiaramente compresa dai monaci che hanno così tanto contribuito alla evangelizzazione di queste isole”.

“Sto pensando ai Benedettini che accompagnarono Sant’Agostino nella sua missione in Inghilterra, ai discepoli di San Columba, che hanno diffuso la fede in Scozia e nell’Inghilterra del Nord, a San Davide e ai suoi compagni nel Galles”, ha spiegato.

Allo stesso modo, ha voluto ricordare la venerabile Mary Ward e le sue Dame Inglesi. Mary Ward (1585 - 1645), nata durante la persecuzione anticattolica successiva alla Riforma, fondò un'originale opera educativa che si diffuse in tutto il continente.

“Io stesso da giovane ragazzo sono stato educato dalle 'Dame Inglesi' e devo loro un profondo debito di gratitudine”, ha riconosciuto il Papa.

In questo senso, ha voluto anche ricordare ai presenti che “il compito dell’insegnante non è solo quello di impartire informazioni o di provvedere ad una preparazione tecnica per portare benefici economici alla società”.

“L’educazione non è e non deve essere mai considerata come puramente utilitaristica – ha avvertito –. Riguarda piuttosto formare la persona umana, preparare lui o lei a vivere la vita in pienezza – in poche parole riguarda educare alla saggezza. E la vera saggezza è inseparabile dalla conoscenza del Creatore”-

Il Pontefice ha voluto quindi incoraggiare concretamente i religiosi a non abbandonare la propria presenza nell'ambito educativo.

“Poiché i relativi ruoli della Chiesa e dello Stato nel campo dell’educazione continuano ad evolversi, non dovete mai dimenticare che i religiosi hanno un contributo unico da offrire in questo apostolato, che è anzitutto quello di testimoniare con la vita consacrata a Dio e la fedeltà, l’amore a Cristo, il Sommo Maestro”, ha affermato.

In riferimento ai casi di abuso sessuale sui minori, il Vescovo di Roma ha infine sottolineato l'importanza del fatto che le scuole cattoliche siano “un ambiente sicuro” per i bambini e i giovani e che l'atmosfera di fiducia sia un tratto distintivo di questi centri.

“La nostra responsabilità verso coloro che ci sono affidati per la loro formazione cristiana non richiede nulla di meno”, ha affermato. “Inoltre, la vita di fede può essere effettivamente coltivata solo quando l’atmosfera prevalente è di una fiducia rispettosa e affettuosa”.











Il Papa agli studenti cattolici: non siate mediocri, siate santi
Tutti vogliono la felicità, ma molti non la trovano, sottolinea




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Ho la speranza che fra voi che oggi siete qui ad ascoltarmi vi siano alcuni dei futuri santi del ventunesimo secolo”, ha detto Papa Benedetto XVI questo venerdì a circa 4.000 studenti delle scuole cattoliche britanniche.

“Quando vi invito a diventare santi, vi sto chiedendo di non accontentarvi di seconde scelte”, ha affermato, chiedendo di aspirare invece a un “orizzonte più grande”.

Accompagnato dal Vescovo di Nottingham e presidente della Commissione Episcopale per l'Insegnamento, monsignor Malcolm P. McMahon, il Papa ha pronunciato il suo discorso nel campo sportivo del St Mary’s University College davanti a migliaia di studenti e in connessione on-line con tutte le scuole cattoliche britanniche.

“Non capita spesso ad un Papa - in verità nemmeno a qualsiasi altra persona - l’opportunità di parlare contemporaneamente agli studenti di tutte le scuole cattoliche dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia”, ha confessato il Pontefice.

“E dal momento che ora io ho questa possibilità, c’è qualcosa che mi sta davvero molto a cuore di dirvi. Ho la speranza che fra voi che oggi siete qui ad ascoltarmi vi siano alcuni dei futuri santi del ventunesimo secolo”.

“La cosa che Dio desidera maggiormente per ciascuno di voi è che diventiate santi. Egli vi ama molto più di quanto voi possiate immaginare e desidera per voi il massimo. E la cosa migliore di tutte per voi è di gran lunga il crescere in santità”, ha aggiunto.

“Forse alcuni di voi non ci hanno mai pensato prima d’ora”, ha ammesso, invitando i giovani a chiedersi “quale tipo di persona” vorrebbero essere davvero.

“Avere soldi rende possibile essere generosi e fare del bene nel mondo, ma, da solo, non è sufficiente a renderci felici. Essere grandemente dotati in alcune attività o professioni è una cosa buona, ma non potrà mai soddisfarci, finché non puntiamo a qualcosa di ancora più grande. Potrà renderci famosi, ma non ci renderà felici”, ha riconosciuto il Vescovo di Roma.

“La felicità è qualcosa che tutti desideriamo, ma una delle grandi tragedie di questo mondo è che così tanti non riescono mai a trovarla, perché la cercano nei posti sbagliati”.

Per questo, ha ricordato, “la vera felicità va cercata in Dio. Abbiamo bisogno del coraggio di porre le nostre speranze più profonde solo in Dio: non nel denaro, in una carriera, nel successo mondano, o nelle nostre relazioni con gli altri, ma in Dio. Lui solo può soddisfare il bisogno più profondo del nostro cuore”.

Il Papa ha quindi voluto invitare i giovani ad essere amici di Dio. “Una volta che voi siete entrati in amicizia con Dio, ogni cosa nella vostra vita inizia a cambiare. Mentre giungete a conoscerlo meglio, vi rendete conto di voler riflettere nella vostra stessa vita qualcosa della sua infinita bontà”.

“Quando queste cose iniziano a starvi a cuore, siete già pienamente incamminati sulla via della santità”, ha affermato, invitando i ragazzi “non solo ad essere buoni studenti, ma buoni cittadini e buone persone”.

“Ricordate sempre che ogni materia che studiate si inserisce in un orizzonte più ampio. Non riducetevi mai ad un orizzonte ristretto. Il mondo ha bisogno di buoni scienziati, ma una prospettiva scientifica diventa pericolosamente angusta, se ignora la dimensione etica e religiosa della vita, così come la religione diventa angusta, se rifiuta il legittimo contributo della scienza alla nostra comprensione del mondo”.

“Abbiamo bisogno di buoni storici, filosofi ed economisti, ma se la percezione che essi offrono della vita umana all’interno del loro specifico campo è centrata su di una prospettiva troppo ristretta, essi possono seriamente portarci fuori strada”.

Benedetto XVI si è rivolto anche agli alunni non cattolici che studiano in queste scuole, esortandoli a sentirsi “incoraggiati a praticare la virtù e a crescere nella conoscenza ed amicizia con Dio, assieme ai vostri compagni cattolici”.

“Voi siete per loro il richiamo all’orizzonte più vasto che esiste fuori della scuola ed è fuor di dubbio che il rispetto e l’amicizia per membri di altre tradizioni religiose debba essere tra le virtù che si apprendono in una scuola cattolica”, ha concluso.
+PetaloNero+
00sabato 18 settembre 2010 15:22
VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NEL REGNO UNITO IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DEL CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN (16-19 SETTEMBRE 2010) (X)




INCONTRI CON IL PRIMO MINISTRO, CON IL VICE-PRIMO MINISTRO E CON L’ACTING LEADER DELL’OPPOSIZIONE, NEL PALAZZO ARCIVESCOVILE DI LONDRA


Alle ore 8.15 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI lascia la Nunziatura Apostolica di Wimbledon e si trasferisce in auto al Palazzo Arcivescovile di Londra (nella City of Westminster) dove arriva alle ore 9 per incontrare successivamente il Primo Ministro di Sua Maestà, On. David Cameron, il Vice-Primo Ministro, On. Nick Clegg, e l’Acting Leader dell’Opposizione, On. Sig.ra Harriet Harman. In attesa dell’udienza con il Papa i Leader vengono ricevuti dal Card. Murphy O’Connor, Arcivescovo emerito di Westminster, e da S.E. Mons. Vincent Gerard Nichols, Arcivescovo di Westminster e Presidente della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles.



SANTA MESSA NELLA CATTEDRALE DI WESTMINSTER




Alle ore 10 di questa mattina, nella Cattedrale di Westminster, il Santo Padre Benedetto XVI celebra la Santa Messa votiva del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo a cui è dedicata la Cattedrale. È presente alla Celebrazione Eucaristica l’Arcivescovo di Canterbury, Dr Rowan Williams. Alcune migliaia di giovani seguono la Santa Messa su megaschermi all’esterno della Cattedrale.

Nel corso della celebrazione, introdotta dal saluto dell’Arcivescovo di Westminster, S.E. Mons. Vincent Gerard Nichols, dopo la proclamazione del Santo Vangelo il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE


Cari amici in Cristo,

vi saluto tutti con gioia nel Signore e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza. Ringrazio l’Arcivescovo Nichols per le parole di benvenuto che mi ha rivolto in nome vostro. Davvero in questo incontro del successore di Pietro con i fedeli della Gran Bretagna, "il cuore parla al cuore" e ci fa gioire nell’amore di Cristo e nella nostra comune professione della fede cattolica che ci è stata trasmessa dagli Apostoli. Sono particolarmente lieto che il nostro incontro abbia luogo in questa Cattedrale dedicata al Preziosissimo Sangue, che è il segno della misericordia redentrice di Dio riversatasi sul mondo mediante la passione, morte e resurrezione del suo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo. Un particolare saluto rivolgo all’Arcivescovo di Canterbury che ci onora della sua presenza.

Il visitatore di questa cattedrale non può non rimanere colpito dal grande crocifisso che domina la navata, che ritrae il corpo di Cristo schiacciato dalla sofferenza, sopraffatto dal dolore, vittima innocente la cui morte ci ha riconciliati con il Padre e ci ha donato di partecipare alla vita stessa di Dio. Le braccia spalancate del Signore sembrano abbracciare questa chiesa intera, innalzando verso il Padre le schiere di fedeli che si raccolgono attorno all’altare del sacrificio Eucaristico e partecipano dei suoi frutti. Il Signore crocifisso sta sopra di noi e davanti a noi, come la sorgente della nostra vita e salvezza, "il sommo sacerdote dei beni futuri", come lo definisce l’autore della Lettera agli Ebrei nella prima lettura odierna (9,11).

È, per così dire, all’ombra di questa impressionante immagine, che vorrei riferirmi alla parola di Dio che è stata proclamata in mezzo a noi e riflettere sul mistero del Sangue Prezioso, poiché è questo mistero che ci conduce a riconoscere l’unità fra il sacrificio di Cristo sulla Croce, il sacrificio Eucaristico che egli ha donato alla sua Chiesa, e il suo eterno sacerdozio, per mezzo del quale, assiso alla destra del Padre, egli non cessa di intercedere per noi, le membra del suo mistico corpo.

Incominciamo dal sacrificio della Croce. Lo scaturire del sangue di Cristo è la sorgente della vita della Chiesa. San Giovanni, come sappiamo, vede nell’acqua e nel sangue che sgorgano dal corpo di nostro Signore la sorgente di quella vita divina che è donata dallo Spirito Santo e ci viene comunicata nei sacramenti (Gv 19,34; cfr 1 Gv 1,7;5,6-7). La Lettera agli Ebrei ricava, potremmo dire, le implicazioni liturgiche di questo mistero. Gesù, attraverso la sua sofferenza e morte, la sua auto-donazione nello Spirito eterno, è divenuto il nostro sommo sacerdote e "il mediatore di un’alleanza nuova" (9,15). Queste parole richiamano le stesse parole di nostro Signore nell’Ultima Cena, quando egli istituì l’Eucarestia come sacramento del suo corpo, donato per noi, e del suo sangue, il sangue della nuova ed eterna alleanza sparso per la remissione dei peccati (cfr Mc 14,24; Mt 26,28; Lc 22,20).

Fedele al comando di Cristo "fate questo in memoria di me" (Lc 22,19), la Chiesa in ogni tempo e luogo celebra l’Eucarestia, fino a che il Signore ritorni nella gloria, rallegrandosi nella sua presenza sacramentale e attingendo alla forza del suo sacrificio di salvezza per la redenzione del mondo. La realtà del sacrificio Eucaristico è sempre stata al cuore della fede cattolica; messa in discussione nel sedicesimo secolo, essa venne solennemente riaffermata al Concilio di Trento, nel contesto della nostra giustificazione in Cristo. Qui in Inghilterra, come sappiamo, molti difesero strenuamente la Messa, sovente a caro prezzo, dando vita a quella devozione alla Santissima Eucaristia che è stata una caratteristica del cattolicesimo in queste terre.

Il sacrificio Eucaristico del Corpo e Sangue di Cristo comprende a sua volta il mistero della passione di nostro Signore che continua nei membri del suo Corpo mistico, la Chiesa in ogni epoca. Il grande crocifisso che qui ci sovrasta, ci ricorda che Cristo, nostro eterno sommo sacerdote, unisce quotidianamente i nostri sacrifici, le nostre sofferenze, i nostri bisogni, speranze e aspirazioni agli infiniti meriti del suo sacrificio. Per lui, con lui ed in lui noi eleviamo i nostri corpi come un sacrificio santo e gradito a Dio (cfr Rm 12,1). In questo senso siamo presi nella sua eterna oblazione, completando, come afferma san Paolo, nella nostra carne ciò che manca alle sofferenze di Cristo a favore del suo corpo, che è la Chiesa (cfr Col 1,24). Nella vita della Chiesa, nelle sue prove e tribolazioni, Cristo continua, secondo l’incisiva espressione di Pascal, ad essere in agonia fino alla fine del mondo (Pensées, 553, éd. Brunschvicg).

Vediamo rappresentato nella forma più eloquente questo aspetto del mistero del prezioso sangue di Cristo dai martiri di ogni tempo, che hanno bevuto al calice da cui Cristo stesso ha bevuto, ed il cui sangue, sparso in unione al suo sacrificio, dà nuova vita alla Chiesa. Ciò è anche riflesso nei nostri fratelli e sorelle nel mondo, che ancora oggi soffrono discriminazioni e persecuzioni per la loro fede cristiana. Ma è anche presente, spesso nascosto nelle sofferenze di tutti quei singoli cristiani che quotidianamente uniscono i loro sacrifici a quelli del Signore per la santificazione della Chiesa e la redenzione del mondo. Il mio pensiero va in modo particolare a tutti quelli che sono spiritualmente uniti a questa celebrazione Eucaristica, in particolare i malati, gli anziani, gli handicappati e coloro che soffrono nella mente e nello spirito.

Qui penso anche alle immense sofferenze causate dall’abuso dei bambini, specialmente nella Chiesa e da parte dei suoi ministri. Esprimo soprattutto il mio profondo dolore alle vittime innocenti di questi inqualificabili crimini, insieme con la speranza che il potere della grazia di Cristo, il suo sacrificio di riconciliazione, porterà profonda guarigione e pace alle loro vite. Riconosco anche, con voi, la vergogna e l’umiliazione che tutti abbiamo sofferto a causa di questi peccati; vi invito a offrirle al Signore con la fiducia che questo castigo contribuirà alla guarigione delle vittime, alla purificazione della Chiesa ed al rinnovamento del suo secolare compito di formazione e cura dei giovani. Esprimo la mia gratitudine per gli sforzi fatti per affrontare questo problema responsabilmente, e chiedo a tutti voi di mostrare la vostra sollecitudine per le vittime e la solidarietà verso i vostri sacerdoti.

Cari amici, ritorniamo alla contemplazione del grande crocifisso che troneggia sopra noi. Le mani di nostro Signore, stese sulla Croce, ci invitano a contemplare anche la nostra partecipazione al suo eterno sacerdozio e la responsabilità che abbiamo, in quanto membra del suo corpo, di portare al mondo in cui viviamo il potere riconciliante del suo sacrificio. Il Concilio Vaticano II parlò in maniera eloquente dell’indispensabile ruolo del laicato di portare avanti la missione della Chiesa, attraverso lo sforzo di servire da fermento del Vangelo nella società, lavorando per l’avanzamento del Regno di Dio nel mondo (cfr Lumen gentium, 31; Apostolicam actuositatem, 7). Il richiamo del Concilio ai fedeli laici ad assumere il loro impegno battesimale partecipando alla missione di Cristo richiama le intuizioni e gli insegnamenti di John Henry Newman. Possano le profonde idee di questo grande Inglese continuare ad ispirare tutti i seguaci di Cristo in questa terra a conformare a lui ogni loro pensiero, parola ed azione e a lavorare strenuamente per difendere quelle immutabili verità morali che, riprese, illuminate e confermate dal Vangelo, stanno alla base di una società veramente umana, giusta e libera.

Quanto ha bisogno la società contemporanea di questa testimonianza! Quanto abbiamo bisogno, nella Chiesa e nella società, di testimoni della bellezza della santità, testimoni dello splendore della verità, testimoni della gioia e libertà che nascono da una relazione viva con Cristo! Una delle più grandi sfide che oggi dobbiamo affrontare è come parlare in maniera convincente della sapienza e del potere liberante della parola di Dio ad un mondo che troppo spesso vede il Vangelo come un limite alla libertà umana, invece che come verità che libera le nostre menti e illumina i nostri sforzi per vivere in modo saggio e buono, sia come individui che come membri della società.

Preghiamo quindi affinché i cattolici di questa terra diventino sempre più consapevoli della loro dignità di popolo sacerdotale, chiamato a consacrare il mondo a Dio mediante una vita di fede e di santità. E possa questa crescita di zelo apostolico essere accompagnata da un aumento di preghiera per le vocazioni al sacerdozio ministeriale. Più si sviluppa l’apostolato dei laici, più urgente viene sentito il bisogno di sacerdoti, e più il laicato approfondisce la consapevolezza della propria specifica vocazione, più si rende evidente ciò che è proprio del sacerdote. Possano molti giovani di questa terra trovare la forza di rispondere alla chiamata del Maestro al sacerdozio ministeriale, offrendo le loro vite, le loro energie e i loro talenti a Dio, edificando così il suo popolo nell’unità e nella fedeltà al Vangelo, specialmente attraverso la celebrazione del sacrificio Eucaristico.

Cari amici, in questa Cattedrale del Preziosissimo Sangue vi invito ancora una volta a guardare a Cristo, autore e perfezionatore della nostra fede (cfr Eb 12,2). Vi chiedo di unirvi ancor più pienamente al Signore, partecipando al suo sacrificio sulla Croce ed offrendogli questo "culto spirituale" (cfr Rm 12,1) che abbraccia ogni aspetto della nostra vita e si esprime nell’impegno di contribuire all’avvento del suo Regno. Prego affinché, così facendo, possiate unirvi alle schiere di credenti della lunga storia cristiana di questa terra nel costruire una società veramente degna dell’uomo, degna delle più nobili tradizioni della vostra nazione.



SALUTO AI GIOVANI SUL SAGRATO DELLA CATTEDRALE DI WESTMINSTER

Conclusa la Santa Messa, il Papa percorre la navata centrale e si reca sul Sagrato della Cattedrale di Westminster per salutare e benedire i giovani ivi raccolti. Dopo il saluto di un rappresentante dei giovani, il Santo Padre pronuncia le parole che pubblichiamo di seguito:



SALUTO DEL SANTO PADRE



Sig. Uche, Cari giovani amici,

grazie per il vostro caloroso saluto! "Il cuore parla al cuore" – cor ad cor loquitur – come sapete. Ho scelto queste parole così care al Cardinal Newman come tema della mia visita. In questi pochi momenti in cui stiamo insieme desidero parlarvi dal cuore e chiedervi di aprire il vostro a ciò che vi dirò.

Chiedo ad ognuno di voi, prima di tutto, di guardare dentro al proprio cuore. Pensate a tutto l’amore, per ricevere il quale il vostro cuore è stato creato e a tutto l’amore che esso è chiamato a donare. In fin dei conti, siamo stati fatti per amare. Questo è ciò che la Bibbia intende quando afferma che siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio: siamo stati fatti per conoscere il Dio dell’amore, il Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, e per trovare la nostra piena realizzazione in quel divino amore che non conosce né inizio né fine.

Siamo stati fatti per ricevere amore e di fatto ne abbiamo. Ogni giorno dovremmo ringraziare Dio per l’amore che abbiamo già ricevuto, per l’amore che ci ha resi ciò che siamo, l’amore che ci ha mostrato cosa è davvero importante nella vita. Dobbiamo ringraziare il Signore per l’amore che abbiamo ricevuto dalle nostre famiglie, amici, insegnanti, e da tutte quelle persone che nella vita ci hanno aiutato a comprendere quanto siamo preziosi, ai loro occhi e agli occhi di Dio.

Siamo stati fatti anche per donare amore, per fare dell’amore l’ispirazione di ogni nostra attività, la realtà più solida della nostra vita. A volte ciò sembra tanto naturale, specialmente quando sentiamo l’euforia dell’amore, quando i nostri cuori sono ricolmi di generosità, di idealismo, del desiderio di aiutare gli altri, di costruire un mondo migliore. Ma allo stesso tempo ci rendiamo conto che amare è difficile: i nostri cuori possono facilmente essere induriti dall’egoismo, dall’invidia e dall’orgoglio. La Beata Madre Teresa di Calcutta, la grande Missionaria della Carità, ci ricordava che dare amore, amore puro e generoso, è il frutto di una decisione quotidiana. Ogni giorno dobbiamo scegliere di amare e ciò richiede un aiuto, l’aiuto che proviene da Cristo, dalla preghiera, dalla saggezza che si trova nella sua parola e dalla grazia che egli effonde su di noi nei sacramenti della sua Chiesa.

Questo è il messaggio che desidero condividere con voi oggi. Vi chiedo di guardare dentro il vostro cuore ogni giorno, per trovare la sorgente di ogni amore autentico. Gesù è sempre là, aspettando tranquillamente che possiamo raccoglierci con lui ed ascoltare la sua voce. Nel profondo del vostro cuore egli vi chiama a trascorrere del tempo con lui nella preghiera. Ma questo tipo di preghiera, la vera preghiera, richiede disciplina: richiede di trovare dei momenti di silenzio ogni giorno. Spesso ciò significa attendere che il Signore parli. Anche fra le occupazioni e lo stress della nostra vita quotidiana abbiamo bisogno di dare spazio al silenzio, perché è nel silenzio che troviamo Dio, ed è nel silenzio che scopriamo chi siamo veramente. E con ciò, scopriamo la vocazione particolare che Dio ci ha dato per l’edificazione della sua Chiesa e la redenzione del nostro mondo.

Il cuore parla al cuore. Con queste parole pronunciate dal mio cuore, cari giovani amici, assicuro le mie preghiere per voi affinché le vostre vite portino frutti abbondanti per la crescita della civiltà dell’amore. Vi chiedo anche di pregare per me, per il mio ministero di successore di Pietro, e per le necessità della Chiesa nel mondo. Su di voi, sulle vostre famiglie ed i vostri amici, di cuore invoco da Dio benedizioni di sapienza, gioia e pace.



SALUTO AI FEDELI DEL GALLES NELLA CATTEDRALE DI WESTMINSTER



Dopo aver salutato i giovani radunati sul Sagrato, il Santo Padre Benedetto XVI rientra nella Cattedrale di Westminster per svelare e benedire un mosaico raffigurante St David, Patrono del Galles. Qui, dopo il saluto del Vescovo di Wrexham, S.E. Mons. Edwin Regan a nome della delegazione di fedeli del Galles, il Papa pronuncia le parole che pubblichiamo di seguito:

PAROLE DEL SANTO PADRE



Venerato Fratello Mons. Regan,

grazie per il caloroso saluto che mi ha rivolto a nome dei fedeli del Galles. Sono felice di avere questa opportunità di onorare la nazione e le sue antiche tradizioni cristiane benedicendo un mosaico di San Davide, il patrono del popolo Gallese, e accendendo la candela della statua di Nostra Signora di Cardigan.

San Davide fu uno dei grandi santi del sesto secolo, quell’epoca d’oro di santi e missionari in queste isole, e fu per questo un fondatore della cultura cristiana che sta alle radici dell’Europa moderna. La predicazione di Davide fu semplice, ma profonda. Le parole che, morente, pronunciò ai monaci furono "Siate felici, conservate la fede e fate cose semplici". Sono le cose semplici che rivelano il nostro amore per colui che ci ha amati per primo (cfr 1Gv 4,19) e che uniscono le persone in una comunità di fede, amore e servizio. Possa il messaggio di san Davide, in tutta la sua semplicità e ricchezza, continuare a risuonare nel Galles di oggi, attirando i cuori del suo popolo ad un rinnovato amore per Cristo e la sua Chiesa.

Nella sua secolare storia, la gente del Galles si è distinta per la sua devozione alla Madre di Dio; ciò è posto in evidenza dagli innumerevoli luoghi del Galles chiamati "Llanfair" – Chiesa di Maria. Mentre mi appresto ad accendere la candela sorretta da Nostra Signora, prego affinché Ella continui ad intercedere presso il suo Figlio per tutti gli uomini e le donne del Galles. Che la luce di Cristo continui a guidare i loro passi e plasmare la vita e la cultura della nazione.

Purtroppo non mi è stato possibile recarmi in Galles durante questa visita. Ma spero che questa splendida statua, che ora ritorna al Santuario Nazionale di Nostra Signora di Cardigan, sarà un ricordo permanente del profondo amore del Papa per il popolo del Galles e della sua costante vicinanza sia nella preghiera, che nella comunione della Chiesa.

Bendith Duw ar bobol Cymru! Dio benedica il popolo del Galles!



Dopo la benedizione del mosaico, il Papa venera la statua della "Our Lady of the Taper" cara ai Gallesi e recita la preghiera del Santuario mariano nazionale del Galles. Quindi vengono presentate al Santo Padre due Autorità civili del Galles.

Infine il Papa s’intrattiene brevemente con l’Arcivescovo di Canterbury in una Saletta del Palazzo. Quindi rientra in auto alla Nunziatura Apostolica di Wimbledon dove pranza in privato.











Benedetto XVI ai giovani: ogni giorno bisogna scegliere l'amore
Li invita alla preghiera e al silenzio per scoprire “il vero io”




LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Per poter scoprire il vero io di ciascuno e poter incontrare Dio servono silenzio e preghiera, ha detto questo sabato Papa Benedetto XVI ai giovani che lo attendevano fuori dalla Cattedrale di Westminster.

Migliaia di giovani di tutta la Gran Bretagna hanno seguito attraverso i maxischermi la Messa celebrata dal Papa nella Cattedrale cattolica di Westminster. Al termine della celebrazione, il Pontefice è uscito sul sagrato per salutarli e rivolgere loro un breve discorso.

Ricordando il tema di questo viaggio, “Il cuore parla al cuore”, il Papa ha chiesto ai giovani di “guardare dentro al proprio cuore” e di pensare “a tutto l’amore, per ricevere il quale il vostro cuore è stato creato e a tutto l’amore che esso è chiamato a donare”.

“Siamo stati fatti per amare”, ha detto il Papa, esortando i ragazzi a “ringraziare Dio per l’amore che abbiamo già ricevuto, per l’amore che ci ha resi ciò che siamo, l’amore che ci ha mostrato cosa è davvero importante nella vita”.

“Dobbiamo ringraziare il Signore per l’amore che abbiamo ricevuto dalle nostre famiglie, amici, insegnanti, e da tutte quelle persone che nella vita ci hanno aiutato a comprendere quanto siamo preziosi, ai loro occhi e agli occhi di Dio”.

L'uomo è stato creato per amare, ha proseguito il Papa. “A volte ciò sembra tanto naturale, specialmente quando sentiamo l’euforia dell’amore, quando i nostri cuori sono ricolmi di generosità, di idealismo, del desiderio di aiutare gli altri, di costruire un mondo migliore”.

“Ma allo stesso tempo ci rendiamo conto che amare è difficile: i nostri cuori possono facilmente essere induriti dall’egoismo, dall’invidia e dall’orgoglio”.

L'amore, ha spiegato il Vescovo di Roma, “è il frutto di una decisione quotidiana. Ogni giorno dobbiamo scegliere di amare e ciò richiede un aiuto”.

Per questo, ha esortato i giovani a dedicare tempo a Gesù nella preghiera.

“La vera preghiera richiede disciplina: richiede di trovare dei momenti di silenzio ogni giorno. Spesso ciò significa attendere che il Signore parli”.

“Anche fra le occupazioni e lo stress della nostra vita quotidiana abbiamo bisogno di dare spazio al silenzio, perché è nel silenzio che troviamo Dio, ed è nel silenzio che scopriamo chi siamo veramente”.

Quando questo accade, ha concluso il Papa, “scopriamo la vocazione particolare che Dio ci ha dato per l’edificazione della sua Chiesa e la redenzione del nostro mondo”.







Più applausi che critiche nella visita del Papa a Londra
Il secondo giorno del viaggio è stato il più intenso e significativo

di Edward Pentin


LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Questo venerdì è stato il giorno più intenso e storicamente importante della visita di Stato del Papa in Gran Bretagna.

Il Pontefice ha pronunciato sei discorsi, rivolti ai professori, agli studenti, ai leader religiosi ed ecumenici e ai rappresentanti civili e politici in Parlamento.

Il suo discorso alla Westminster Hall, pronunciato poco dopo le 17.00, è stato il momento culminante della visita di Stato. La folla lo ha acclamato mentre compiva il breve tragitto in papamobile fino alla Porta di Santo Stefano, l'ingresso del Palazzo di Westminster, a volte chiamato la madre di tutti i Parlamenti.

Al suo arrivo è stato ricevuto da John Bercow, Speaker della Camera dei Comuni, incarico che una volta fu di San Tommaso Moro, patrono dei politici, che venne giudicato e condannato nella Westminster Hall. Con una fanfara, i trombettieri dello Stato hanno annunciato l'arrivo del Papa alla Camera.

Come ha ricordato ai presenti lo Speaker nel suo discorso di benvenuto, si è trattato della prima visita del Successore di Pietro al Parlamento britannico – un fatto che già di per sé ha un significato storico e che sarebbe stato inconcepibile non molto tempo fa.

Nel suo discorso, pronunciato tra quattro ex Primi Ministri della Gran Bretagna, leader della Chiesa e rappresentanti di altre religioni, il Papa è tornato su un tema che gli sta molto a cuore: l'importanza di fede e ragione. Ha parlato di “segni preoccupanti” del fatto che la fede viene emarginata nella socità, e ha sottolineato il ruolo che gioca la religione nell'aiutare i legislatori a riscoprire “i principi morali”.

Ha anche lodato il ruolo della Gran Bretagna nello sviluppo internazionale, ricordando tuttavia che, se alcune istituzioni finanziarie sono ritenute “troppo grandi per fallire” e per evitare quuesta eventualità sono state impiegate ingenti risorse finanziarie, lo sviluppo umano dei popoli non è meno importante, ma “un’impresa degna dell’attenzione del mondo, veramente 'troppo grande per fallire'”.

Il discorso del Pontefice è stato essenzialmente un'applicazione della sua Enciclica sociale Caritas in veritate, un avvertimento che “ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale”, concetto portato ancora più oltre e applicato alla sfera politica. Come ha detto un commentatore, è stato “un appello all'unione, e un monito a che la religione non sia scartata dalla società laica”.

L'accoglienza al Papa da parte dei politici al Palazzo di Westminster è stata impressionante. “Nessuno avrebbe potuto immaginare il calore che gli hanno dimostrato”, ha detto padre Christopher Jamison, fino a poco tempo fa Abate dell'Abbazia di Worth, nel Sussex. “Il suo discorso è stato molto significativo per il Paese”. E' stato anche molto opportuno. Il nuovo Governo di coalizione sta accettando il ruolo della fede nella società, con un Ministro che ha dichiarato di recente che la nuova amministrazione “does God”.

Il primo giorno del Papa a Londra è iniziato con una Messa privata alla Nunziatura, dove il Pontefice risiede durante il viaggio. C'è stata poi la visita al St. Mary's University College a Twickenham, un rinomato collegio cattolico di formazione di docenti, dov'è stato ricevuto da un gran numero di studenti entusiasti e ha parlato dell'importanza della saggezza nell'insegnamento, invitando gli studenti delle scuole cattoliche ad essere santi e a entrare in relazione con Dio anziché seguire la cultura della fama o la ricchezza.

In seguito il Papa ha incontrato i leader interreligiosi. In questo frangente si è saputo che alcune persone erano state arrestate dalla Polizia di Londra perché sospettate di progettare un attacco al Papa. Il Santo Padre è stato informato in mattinata, ma padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha detto che la situazione non era “particolarmente pericolosa”.

Il pranzo alla Nunziatura Apostolica e un breve riposo sono stati seguiti da una carovana di veicoli per le vie di Londra fino al Palazzo di Lambeth, residenza ufficiale dell'Arcivescovo di Canterbury. Dopo il discorso alla Westminster Hall, c'è stato un ultimo momento per la storia quando il Papa ha pregato con l'Arcivescovo di Canterbury davanti alla tomba di Sant'Edoardo il Confessore nell'Abbazia di Westminster, chiesa costruita dal santo.

Al 100% con il Papa

L'atmosfera intorno a Westminster è stata animata durante tutta la giornata, con i fedeli che esprimevano il proprio sostegno al Papa e pochi manifestanti che hanno provato a soffocare le grida con i fischi. Non ci sono riusciti. Troppi simpatizzanti dietro le barricate gridavano il loro sostegno. Un gruppo di donne del Cammino Neocatecumenale ha cantato “Alleluia”, altri mostravano striscioni con scritto “Papa, ti amiamo” e “Siamo al 100% con il Papa".

Circa 30 sostenitori delle donne sacerdote si erano riuniti davanti al Palazzo di Lambeth mentre Benedetto XVI incontrava l'Arcivescovo di Canterbury. Tra questi c'era Peter Tatchell, attivista dei diritti omosessuali e uno dei leader della campagna “Protesta contro il Papa”. Dopo aver attirato l'attenzione di tutti i media, Tatchell ha affermato che ora si aspettava solo piccoli gruppi di protesta.

Nonostante la sua militanza, Tatchell non è completamente chiuso al dialogo. Mi ha detto che capiva da dove arriva il pensiero del Papa su questioni sulle quali non è d'accordo, ma che crede semplicemente che sbagli. Ad ogni modo, ha detto di sostenere la libertà religiosa, e ha anche protestato a nome della Chiesa in favore della libertà religiosa in Arabia Saudita.

Un gruppo più duro di manifestanti con cui avere a che fare è stato quello dei protestanti della Free Church. Alcuni membri, soprattutto anziani, della Protestant Church Society si erano riuniti davanti all'Abbazia di Westminster per gridare contro il Papa. A tutte le mie domande sull'ipotesi che fossero disposti ad ascoltare il Pontefice, a leggere le sue opere o a organizzarsi in valori comuni hanno risposto “No”.

L'ambiente era comunque pieno di buonumore, con molti scherzi tra di loro e quando passavano i sacerdoti cattolici. Un grande striscione che recitava “No al papismo” ha suscitato una calorosa ovazione da parte di un sacerdote inglese, che ha anche scattato una fotografia. “E' un bene vedere autentici protestanti all'antica da queste parti!”, ha scherzato.

Molti dei cattolici che sventolavano bandiere e striscioni hanno detto di essere molto felici per il modo in cui si stava svolgendo la visita.

Non è passata inosservata neanche la gentilezza degli anglicani. “Sono stati molto generosi e gentili”, ha detto padre Jamison.

+PetaloNero+
00domenica 19 settembre 2010 00:48
Il Papa nella veglia di preghiera per la beatificazione del Cardinale Newman


LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo il testo del discorso che Papa Benedetto XVI ha pronunciato questo sabato pomeriggio presiedendo la veglia di preghiera per la beatificazione del Cardinale John Henry Newman.

* * *

Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

questa è una serata di gioia, di immensa gioia spirituale per tutti noi. Siamo qui riuniti in questa veglia di preghiera per prepararci alla Messa di domani, durante la quale un grande figlio di questa Nazione, il Cardinale John Henry Newman, sarà dichiarato Beato. Quante persone, in Inghilterra e in tutto il mondo, hanno atteso questo momento! Anche per me personalmente è una grande gioia condividere questa esperienza con voi. Come sapete, Newman ha avuto da tanto tempo un influsso importante nella mia vita e nel mio pensiero, come lo è stato per moltissime persone al di là di queste isole. Il dramma della vita di Newman ci invita ad esaminare le nostre vite, a vederle nel contesto del vasto orizzonte del piano di Dio, e a crescere in comunione con la Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo: la Chiesa degli Apostoli, la Chiesa dei martiri, la Chiesa dei santi, la Chiesa che Newman amò ed alla cui missione consacrò la propria intera esistenza.

Ringrazio l’Arcivescovo Peter Smith per le gentili parole di benvenuto pronunciate a vostro nome, e sono particolarmente lieto di vedere molti giovani presenti a questa veglia. Questa sera, nel contesto della preghiera comune, desidero riflettere con voi su alcuni aspetti della vita di Newman, che considero importanti per le nostre vite di credenti e per la vita della Chiesa oggi.

Permettetemi di cominciare ricordando che Newman, secondo il suo stesso racconto, ha ripercorso il cammino della sua intera vita alla luce di una potente esperienza di conversione, che ebbe quando era giovane. Fu un’esperienza immediata della verità della Parola di Dio, dell’oggettiva realtà della rivelazione cristiana quale era stata trasmessa nella Chiesa. Tale esperienza, al contempo religiosa e intellettuale, avrebbe ispirato la sua vocazione ad essere ministro del Vangelo, il suo discernimento della sorgente di insegnamento autorevole nella Chiesa di Dio ed il suo zelo per il rinnovamento della vita ecclesiale nella fedeltà alla tradizione apostolica. Alla fine della vita, Newman avrebbe descritto il proprio lavoro come una lotta contro la tendenza crescente a considerare la religione come un fatto puramente privato e soggettivo, una questione di opinione personale. Qui vi è la prima lezione che possiamo apprendere dalla sua vita: ai nostri giorni, quando un relativismo intellettuale e morale minaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra società, Newman ci rammenta che, quali uomini e donne creati ad immagine e somiglianza di Dio, siamo stati creati per conoscere la verità, per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profonde aspirazioni umane. In una parola, siamo stati pensati per conoscere Cristo, che è Lui stesso "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6).

L’esistenza di Newman, inoltre, ci insegna che la passione per la verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina comportano un grande prezzo da pagare. La verità che ci rende liberi non può essere trattenuta per noi stessi; esige la testimonianza, ha bisogno di essere udita, ed in fondo la sua potenza di convincere viene da essa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali può essere adagiata. Non lontano da qui, a Tyburn, un gran numero di nostri fratelli e sorelle morirono per la fede; la testimonianza della loro fedeltà sino alla fine fu ben più potente delle parole ispirate che molti di loro dissero prima di abbandonare ogni cosa al Signore. Nella nostra epoca, il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto quello di essere impiccati, affogati e squartati, ma spesso implica l’essere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia. E tuttavia la Chiesa non si può esimere dal dovere di proclamare Cristo e il suo Vangelo quale verità salvifica, la sorgente della nostra felicità ultima come individui, e quale fondamento di una società giusta e umana.

Infine, Newman ci insegna che se abbiamo accolto la verità di Cristo e abbiamo impegnato la nostra vita per lui, non vi può essere separazione tra ciò che crediamo ed il modo in cui viviamo la nostra esistenza. Ogni nostro pensiero, parola e azione devono essere rivolti alla gloria di Dio e alla diffusione del suo Regno. Newman comprese questo e fu il grande campione dell’ufficio profetico del laicato cristiano. Vide chiaramente che non dobbiamo tanto accettare la verità come un atto puramente intellettuale, quanto piuttosto accoglierla mediante una dinamica spirituale che penetra sino alle più intime fibre del nostro essere. La verità non viene trasmessa semplicemente mediante un insegnamento formale, pur importante che sia, ma anche mediante la testimonianza di vite vissute integralmente, fedelmente e santamente; coloro che vivono della e nella verità riconoscono istintivamente ciò che è falso e, proprio perché falso, è nemico della bellezza e della bontà che accompagna lo splendore della verità, veritatis splendor.

La prima lettura di stasera è la magnifica preghiera con la quale san Paolo chiede che ci sia dato di conoscere "l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza" (cfr Ef 3,14-21). L’Apostolo prega affinché Cristo dimori nei nostri cuori mediante la fede (cfr Ef 3,17) e perché possiamo giungere a "comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità" di quell’amore. Mediante la fede giungiamo a vedere la parola di Dio come una lampada per i nostri passi e luce del nostro cammino (cfr Sal 119, 105). Come innumerevoli santi che lo precedettero sulla via del discepolato cristiano, Newman insegnò che la "luce gentile" della fede ci conduce a renderci conto della verità su noi stessi, sulla nostra dignità di figli di Dio, e sul sublime destino che ci attende in cielo. Permettendo a questa luce della fede di risplendere nei nostri cuori e abbandonandoci ad essa mediante la quotidiana unione al Signore nella preghiera e nella partecipazione ai sacramenti della Chiesa, datori di vita, diventiamo noi stessi luce per quanti ci stanno attorno; esercitiamo il nostro "ufficio profetico"; spesso, senza saperlo, attiriamo le persone più vicino al Signore ed alla sua verità. Senza la vita di preghiera, senza l’interiore trasformazione che avviene mediante la grazia dei sacramenti, non possiamo – con le parole di Newman – "irradiare Cristo"; diveniamo semplicemente un altro "cembalo squillante" (1Cor 13,1) in un mondo già pieno di crescente rumore e confusione, pieno di false vie che conducono solo a profondo dolore del cuore e ad illusione.

Una delle più amate meditazioni del Cardinale contiene queste parole: "Dio mi ha creato per offrire a lui un certo specifico servizio. Mi ha affidato un certo lavoro che non ha affidato ad altri" (Meditations on Christian Doctrine). Vediamo qui il preciso realismo cristiano di Newman, il punto nel quale la fede e la vita inevitabilmente si incrociano. La fede è destinata a portare frutto nella trasformazione del nostro mondo mediante la potenza dello Spirito Santo che opera nella vita e nell’attività dei credenti. Nessuno che guardi realisticamente al nostro mondo d’oggi può pensare che i cristiani possano continuare a far le cose di ogni giorno, ignorando la profonda crisi di fede che è sopraggiunta nella società, o semplicemente confidando che il patrimonio di valori trasmesso lungo i secoli cristiani possa continuare ad ispirare e plasmare il futuro della nostra società. Sappiamo che in tempi di crisi e di ribellioni Dio ha fatto sorgere grandi santi e profeti per il rinnovamento della Chiesa e della società cristiana; noi abbiamo fiducia nella sua provvidenza e preghiamo per la sua continua guida. Ma ciascuno di noi, secondo il proprio stato di vita, è chiamato ad operare per la diffusione del Regno di Dio impregnando la vita temporale dei valori del Vangelo. Ciascuno di noi ha una missione, ciascuno è chiamato a cambiare il mondo, ad operare per una cultura della vita, una cultura forgiata dall’amore e dal rispetto per la dignità di ogni persona umana. Come il Signore ci insegna nel Vangelo appena ascoltato, la nostra luce deve risplendere al cospetto di tutti, così che, vedendo le nostre opere buone, possano dar gloria al nostro Padre celeste (cfr Mt 5,16).

Qui desidero dire una parola speciale ai molti giovani presenti. Cari giovani amici: solo Gesù conosce quale "specifico servizio" ha in mente per voi. Siate aperti alla sua voce che risuona nel profondo del vostro cuore: anche ora il suo cuore parla al vostro cuore. Cristo ha bisogno di famiglie che ricordano al mondo la dignità dell’amore umano e la bellezza della vita familiare. Egli ha bisogno di uomini e donne che dedichino la loro vita al nobile compito dell’educazione, prendendosi cura dei giovani e formandoli secondo le vie del Vangelo. Ha bisogno di quanti consacreranno la propria vita al perseguimento della carità perfetta, seguendolo in castità, povertà e obbedienza, e servendoLo nel più piccolo dei nostri fratelli e sorelle. Ha bisogno dell’amore potente dei religiosi contemplativi che sorreggono la testimonianza e l’attività della Chiesa mediante la loro continua orazione. Ed ha bisogno di sacerdoti, buoni e santi sacerdoti, uomini disposti a perdere la propria vita per il proprio gregge. Chiedete a Dio cosa ha in mente per voi! Chiedetegli la generosità di dirgli di sì! Non abbiate paura di donarvi interamente a Gesù. Vi darà la grazia necessaria per adempiere alla vostra vocazione. Permettetemi di concludere queste poche parole invitandovi ad unirvi a me il prossimo anno a Madrid per la Giornata Mondiale della Gioventù. Si tratta sempre di una splendida occasione per crescere nell’amore per Cristo ed essere incoraggiati nella vostra gioiosa vita di fede assieme a migliaia di altri giovani. Spero di vedere là molti di voi!

Ed ora, cari amici, continuiamo questa veglia di preghiera preparandoci ad incontrare Cristo, presente fra noi nel Santissimo Sacramento dell’Altare. Insieme, nel silenzio della nostra comune adorazione, apriamo le menti ed i cuori alla sua presenza, al suo amore, alla potenza convincente della sua verità. In modo speciale, ringraziamolo per la continua testimonianza a quella verità, offerta dal Cardinale John Henry Newman. Confidando nelle sue preghiere, chiediamo a Dio di illuminare i nostri passi e quelli della società britannica, con la luce gentile della sua verità, del suo amore, della sua pace. Amen.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]







Il Papa con i professionisti per la protezione dei bambini nella Chiesa


LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole rivolte questo sabato da Benedetto XVI nell'incontrare un gruppo di professionisti e di volontari che si dedicano alla protezione dei bambini e dei giovani in ambiente ecclesiastico, dopo il saluto agli anziani nel Teatro della St. Peter’s Residence di Londra.

* * *

Cari amici,

sono lieto di avere l’opportunità di salutare voi che rappresentate i numerosi professionisti e volontari responsabili della protezione dei ragazzi negli ambienti ecclesiali. La Chiesa ha una lunga tradizione di cura dei ragazzi, dai primi anni di vita fino all’età adulta, seguendo l’esempio di affetto di Cristo che benediceva i fanciulli a lui portati e che insegnava ai suoi discepoli che a chi è come loro appartiene il Regno dei Cieli.

Il vostro lavoro, portato avanti sulla scorta delle raccomandazioni elaborate in una prima fase dal “Nola Report” e in seguito dalla Commissione “Cumberlege”, ha offerto un contributo vitale alla promozione di ambienti sicuri per la gioventù. Esso aiuta ad assicurare che le misure preventive messe in campo sono efficaci, che esse sono mantenute con attenzione, e che qualsiasi accusa di abuso è trattata con rapidità e giustizia. A nome dei molti ragazzi che voi servite e dei loro genitori, vorrei ringraziarvi per il buon lavoro che avete fatto e continuate a fare in questo settore.

È deplorevole che, in così marcato contrasto con la lunga tradizione della Chiesa di cura per i ragazzi, questi abbiano sofferto abusi e maltrattamenti ad opera di alcuni preti e religiosi. Siamo tutti diventati molto più consapevoli della necessità di proteggere i ragazzi e voi costituite una parte importante della vasta risposta della Chiesa al problema. Sebbene non vi siano mai motivi per compiacersi, occorre dare atto a ciò che è stato fatto: gli sforzi della Chiesa, in questo Paese e altrove, specialmente negli ultimi dieci anni per garantire la sicurezza dei fanciulli e dei giovani e per mostrare loro ogni rispetto durante la loro crescita verso la maturità, devono essere riconosciuti. Prego che il vostro generoso servizio aiuti a rafforzare un’atmosfera di fiducia e di rinnovato impegno per il benessere dei ragazzi, che sono un così prezioso dono di Dio.

Che Dio renda fecondo il vostro lavoro ed estenda la sua benedizione su tutti voi.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]









Discorso del Papa alla casa di riposo per anziani “St. Peter's Residence”


LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato da Benedetto XVI questo sabato pomeriggio visitando la “St. Peter’s Residence”, casa di riposo per anziani diretta dalle Piccole Sorelle dei Poveri nel quartiere londinese di Lambeth.

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Miei cari fratelli e sorelle,

sono davvero contento di essere fra voi, residenti della Casa San Pietro, e di ringraziare Suor Marie Claire e la Signora Fasky le loro gentili parole di benvenuto a vostro nome. Sono anche lieto di salutare l’Arcivescovo Smith di Southwark, come pure le Piccole Sorelle dei Poveri, il personale e i volontari che vi assistono.

Con i progressi della medicina ed altri fattori legati alla accresciuta longevità, è importante riconoscere la presenza di un crescente numero di anziani come una benedizione per la società. Ogni generazione può imparare dall’esperienza e saggezza della generazione che l’ha preceduta. Inoltre il provvedere alla cura delle persone anziane non dovrebbe essere anzitutto considerata come un atto di generosità, ma come il ripagare un debito di gratitudine.

Da parte sua la Chiesa ha sempre avuto grande rispetto per l’anziano. Il Quarto Comandamento "Onora tuo padre e tua madre come il Signore tuo Dio ti ha comandato" è legato alla promessa "perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà (Dt 5,16). Questa opera della Chiesa per gli anziani e gli infermi non offre loro solamente amore e cura, ma è anche ricambiata da Dio con le benedizioni che egli ha promesso alla terra in cui questo comandamento viene osservato. Dio vuole un preciso rispetto per la dignità e il valore, la salute e il benessere degli anziani e, attraverso le sue istituzioni caritative in Gran Bretagna ed altrove, la Chiesa cerca di adempiere il comando del Signore di rispettare la vita, senza tenere conto dell’età o delle condizioni.

Agli inizi del mio pontificato ho detto: "Ognuno di noi è voluto, ognuno di noi è amato, ognuno di noi è necessario" (Omelia alla Messa per gli inizi del Ministero Petrino del Vescovo di Roma, 24 aprile 2005). La vita è un dono unico, ad ogni stadio, dal concepimento fino alla morte naturale, e spetta solo a Dio darla e toglierla. Uno può godere buona salute in tarda età; ma ugualmente i Cristiani non dovrebbero avere paura di partecipare alle sofferenze di Cristo se Dio vuole che affrontiamo l’infermità. Il mio predecessore il Papa Giovanni Paolo, ha sofferto pubblicamente negli ultimi anni della sua vita. Appariva chiaro a tutti che viveva questo in unione alle sofferenze del nostro Salvatore. La sua letizia e pazienza nell’affrontare i suoi ultimi giorni furono un significativo e commovente esempio per tutti noi che dobbiamo portare il carico degli anni che avanzano.

Per questo sono venuto fra voi non solo come un Padre, ma soprattutto come un fratello che conosce bene le gioie e le sfide che vengono con l’età. I nostri lunghi anni di vita ci offrono l’opportunità di apprezzare la bellezza dei più grandi doni che Dio ci ha dato, il dono della vita così come la fragilità dello spirito umano. Quelli fra noi che vivono parecchi anni hanno una meravigliosa opportunità di approfondire la propria consapevolezza del mistero di Cristo che umiliò se stesso per condividere la nostra umanità. Mentre cresce il nostro normale periodo di vita, le nostre capacità fisiche spesso vengono meno; e tuttavia questi periodi possono essere fra gli anni spiritualmente più fruttuosi della nostra vita. Questi anni sono un’opportunità per ricordare in una preghiera affettuosa tutti quelli che abbiamo amato in questa vita e porre tutto quello che siamo stati e abbiamo fatto davanti alla grazia e alla tenerezza di Dio. Questo sarà certamente di grande conforto spirituale e ci permetterà di scoprire di nuovo il suo amore e la sua bontà tutti i giorni della nostra vita.

Con questi sentimenti, cari fratelli e sorelle, assicuro di cuore le mie preghiere per tutti voi, e vi chiedo di pregare per me. Che la nostra beata Signora ed il suo sposo San Giuseppe preghino per la nostra felicità in questa vita e ci ottengano la benedizione di un sereno passaggio nella prossima.

Dio vi benedica tutti!

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]








Il saluto dell'Arcivescovo Rowan Williams per la celebrazione ecumenica
Una visione benedettina per i nostri giorni




ROMA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell'indirizzo di saluto al Papa rivolto dall'Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, Primate della comunione anglicana, in occasione della celebrazione ecumenica con la recita dei Vespri tenutasi il 17 settembre nella Westminster Abbey.

* * *

Santità, membri del corpo della collegiata, distinti ospiti, fratelli e sorelle in Cristo. I cristiani in Gran Bretagna, in particolare in Inghilterra, ricordano con gratitudine gli eventi del 597, quando Agostino approdò su queste coste per predicare il Vangelo agli anglosassoni per mandato di Papa Gregorio Magno. Per i cristiani di tutte le tradizioni e confessioni, san Gregorio è un personaggio di irresistibile attrattiva e autorità spirituale, pastore e capo, studioso ed esegeta, guida spirituale. Il fatto che la prima predicazione del Vangelo ai popoli inglesi nei secoli vi e vii sia stata originata da lui crea una speciale connessione per noi con la sede degli apostoli Pietro e Paolo. La testimonianza e l'eredità di Gregorio rimangono una fonte feconda di ispirazione per la nostra missione in questi tempi straordinariamente diversi. Due dimensioni della sua visione possono essere di particolare importanza mentre riflettiamo oggi sul significato della visita di Sua Santità presso di noi.

San Gregorio fu il primo a spiegare ai fedeli la grandezza del dono offerto alla Chiesa di Cristo attraverso la vita di san Benedetto, al quale lei, Santità, ha dimostrato devozione nella scelta del suo nome di Pontefice. Dai dialoghi di san Gregorio possiamo evincere l'impatto di san Benedetto, un uomo straordinario che, a partire dal vi secolo, grazie a una Regola di vita relativamente breve, diede a tutta la civiltà europea la possibilità di vivere in gioia e servizio reciproco, in semplicità e abnegazione, secondo un modello equilibrato di lavoro e preghiera in cui ogni istante parlava di dignità umana pienamente realizzata nell'abbandono a un Dio amorevole. La vita benedettina si è dimostrata un fondamento saldo non solo per generazioni di monaci e religiose, ma anche per un'intera cultura in cui lavoro produttivo, silenzio contemplativo e ricettività, dignità e libertà umane, venivano onorati.

Nella nostra cultura, in cui così spesso sembra che «l'amore si sia raffreddato», possiamo vedere gli effetti disumanizzanti dell'abbandono dell'idea benedettina. Il lavoro genera spesso ansia e ossessività come se tutto il nostro valore di esseri umani dipendesse da esso. Di conseguenza la disoccupazione, che è ancora una piaga e una minaccia in questi tempi di incertezza economica, giunge a sembrare una perdita di dignità e di significato nella vita. Viviamo in un'epoca in cui c'è un bisogno disperato di riscoprire il senso della dignità del lavoro e del tempo libero e la necessità di un'apertura silenziosa a Dio che permetta al nostro carattere autentico di svilupparsi e prosperare condividendo l'amore eterno.

In una serie di encicliche profonde ed eloquenti, lei, Santità, ha analizzato questi temi per i giorni nostri, fondando ogni cosa sull'amore eterno della Santa Trinità, sfidandoci a sperare sia per questo mondo sia per il prossimo, ed esaminando i modi in cui le nostre abitudini economiche ci hanno intrappolato in uno stile riduttivo e indegno della vita umana. In questo edificio dalla lunga tradizione benedettina, riconosciamo con gratitudine il suo contributo a una visione benedettina per i nostri giorni e preghiamo affinché il tempo che trascorre con noi, in Gran Bretagna, ci aiuti tutti a rinnovare la speranza e l'energia di cui abbiamo bisogno come cristiani per testimoniare la nostra convinzione del fatto che gli uomini e le donne nel loro rapporto con Dio possono raggiungere libertà e bellezza di spirito totali.

E, in questo, ci viene ricordata anche l'importanza dei titoli dei Vescovi di Roma, dell'autodefinizione di san Gregorio come «servo dei servi di Dio», di certo il titolo che punta più direttamente all'esempio del Signore che ci ha chiamati. Come sappiamo, non c'è autorità nella Chiesa che non sia autorità di servizio, ovvero di edificazione del popolo di Dio nella piena maturità. Il servizio di Cristo è semplicemente il modo in cui incontriamo la sua forza onnipotente: la forza di rifare il mondo che Egli ha creato, effondendo nella nostra vita, individualmente e collettivamente, ciò che è necessario per divenire in pienezza quello che dobbiamo essere: l'immagine della vita divina. È quell'immagine che il pastore nella Chiesa cerca di servire, inchinandosi riverente di fronte a ogni persona umana nella consapevolezza della gloria per cui ella è stata fatta.

I cristiani hanno diverse opinioni sulla natura della vocazione della sede di Roma. Tuttavia, come il suo grande predecessore ha ricordato a tutti noi nella sua enciclica Ut unum sint, dobbiamo imparare a riflettere insieme su come il ministero storico della Chiesa romana e il suo Capo possano parlare alla Chiesa cattolica — occidentale e orientale, al sud e al nord del mondo — dell'autorità di Cristo e dei suoi apostoli di edificare il Corpo nell'amore e su come ciò si possa realizzare come ministero di pazienza e di riverenza verso tutti, un ministero di amore creativo e di dono di sé che ci conduce tutti lungo lo stesso cammino di ricerca, non della nostra comodità o del nostro profitto, ma del bene dell'intera comunità umana e della gloria di Dio, creatore e redentore.

Preghiamo affinché la sua permanenza fra noi sia un passo ulteriore per tutti noi verso il mistero della croce e della resurrezione, cosicché crescendo insieme possiamo divenire canali più efficaci per lo scopo di Dio di guarire le ferite dell'umanità e di ripristinare ancora una volta, sia nelle nostre società sia nel nostro ambiente, l'aspetto della sua gloria così come è rivelata nel volto di Cristo.

[Traduzione del testo in inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]






Il Papa: proclamare la fede con coraggio sull'esempio del Cardinale Newman
Durante la veglia che ha presieduto in preparazione alla sua beatificazione




LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- La vita del Cardinale John Henry Newman mostra che “la passione per la verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina comportano un grande prezzo da pagare”, ha affermato Papa Benedetto XVI durante la veglia di preghiera per la beatificazione del porporato.

La veglia ha avuto luogo questo pomeriggio a Hyde Park, nella zona di Westminster, in pieno cuore di Londra. E' stata introdotta dal saluto di monsignor Peter Smith, Arcivescovo di Southwark e vicepresidente della Conferenza Episcopale Britannica.

Benedetto XVI ha condiviso con i presenti l'influenza che Newman ha esercitato sulla sua vita e sul suo pensiero: “Il dramma della vita di Newman ci invita ad esaminare le nostre vite, a vederle nel contesto del vasto orizzonte del piano di Dio, e a crescere in comunione con la Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo”.

Una vita al servizio della Verità

Il Papa ha sottolineato la lotta costante del Servo di Dio contro la tendenza a ridurre la fede alla sfera privata e a una percezione meramente soggettiva. Una lotta che porta grandi insegnamenti nel tempo presente, “quando un relativismo intellettuale e morale minaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra società”.

Newman, ha detto, ricorda che l'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, ha una chiamata speciale: “conoscere la verità, per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profonde aspirazioni umane”.

Proclamare il Vangelo con coraggio

“La verità che ci rende liberi non può essere trattenuta per noi stessi”, ha sottolineato il Papa, che ha detto che come ha dimostrato Newman questa “esige la testimonianza”, perché “ha bisogno di essere udita”. La sua potenza di convincere, ha aggiunto, “viene da essa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali può essere adagiata”.

Attualmente, ha segnalato, “il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto quello di essere impiccati, affogati e squartati”, anche se quanti proclamano la fede con fedeltà nel momento attuale devono non di rado pagare un altro prezzo - “essere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia”.

Non per questo, ha avvertito, la Chiesa “si può esimere dal dovere di proclamare Cristo e il suo Vangelo quale verità salvifica, la sorgente della nostra felicità ultima come individui, e quale fondamento di una società giusta e umana”.

Benedetto XVI ha poi invitato i presenti affinché, sull'esempio di Newman, vivano con coerenza la propria fede dicendo che la verità si trasmette “semplicemente mediante un insegnamento formale”, ma soprattutto “mediante la testimonianza di vite vissute integralmente, fedelmente e santamente”.

Allo stesso modo, il Papa ha detto che di fronte alla crisi di fede della società attuale i cristiani non possono “continuare a far le cose di ogni giorno”. Non si può nemmeno confidare semplicemente che “il patrimonio di valori trasmesso lungo i secoli cristiani possa continuare ad ispirare e plasmare il futuro della nostra società”.

“Sappiamo che in tempi di crisi e di ribellioni Dio ha fatto sorgere grandi santi e profeti per il rinnovamento della Chiesa e della società cristiana”, ha ricordato il Papa. “Noi abbiamo fiducia nella sua provvidenza e preghiamo per la sua continua guida”.

Ai giovani

Il Pontefice ha infine rivolto un appello speciale ai giovani perché ascoltino attentamente la chiamata particolare che il Signore rivolge a ciascuno, all'interno della vita consacrata, del sacerdozio o del sacramento del matrimonio: “Chiedetegli la generosità di dirgli di sì! Non abbiate paura di donarvi interamente a Gesù. Vi darà la grazia necessaria per adempiere alla vostra vocazione”.

Ha inoltre rinnovato il suo invito a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Madrid (Spagna) il prossimo anno, dicendo che si tratta di “una splendida occasione per crescere nell’amore per Cristo ed essere incoraggiati nella vostra gioiosa vita di fede assieme a migliaia di altri giovani”.

“Spero di vedere là molti di voi!”, ha esclamato.

Al termine del discorso, la veglia di preghiera è continuata con l'adorazione del Santissimo Sacramento e le litanie del Sacro Cuore e la preghiera Irradiating Christ; in seguito il coro ha intonato il canto Lead, kindly light, anch'esso composto dal Cardinale Newman.










Benedetto XVI: gli anziani, “benedizione per la società”
Visita la casa di riposo “St. Peter's Residence”




LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Facendo visita questo sabato pomeriggio agli ospiti della “St. Peter’s Residence”, casa di riposo londinese per anziani diretta dalle Piccole Sorelle dei Poveri, Papa Benedetto XVI ha affermato che gli anziani sono “una benedizione per la società”.

Dopo aver guidato un breve momento di preghiera nella Cappella, il Pontefice si è recato nel Teatro del Centro, dove erano riuniti gli anziani insieme ad alcuni assistenti e volontari.

Nel suo discorso ai presenti, ha ricordato che “con i progressi della medicina ed altri fattori legati alla accresciuta longevità, è importante riconoscere la presenza di un crescente numero di anziani come una benedizione per la società”.

“Ogni generazione può imparare dall’esperienza e saggezza della generazione che l’ha preceduta”.

Il provvedere alla cura delle persone anziane, ha segnalato, “non dovrebbe essere anzitutto considerata come un atto di generosità, ma come il ripagare un debito di gratitudine”.

Il Papa ha anche ricordato che la Chiesa “ha sempre avuto grande rispetto per l’anziano”.

“Il Quarto Comandamento 'Onora tuo padre e tua madre come il Signore tuo Dio ti ha comandato' è legato alla promessa 'perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà'”.

“Dio vuole un preciso rispetto per la dignità e il valore, la salute e il benessere degli anziani e, attraverso le sue istituzioni caritative in Gran Bretagna ed altrove, la Chiesa cerca di adempiere il comando del Signore di rispettare la vita, senza tenere conto dell’età o delle condizioni”, ha aggiunto.

Accettare la sofferenza

Il Papa ha quindi ricordato che “la vita è un dono unico, ad ogni stadio, dal concepimento fino alla morte naturale, e spetta solo a Dio darla e toglierla”.

Anche se si può “godere buona salute in tarda età”, ha spiegato, “i cristiani non dovrebbero avere paura di partecipare alle sofferenze di Cristo se Dio vuole che affrontiamo l’infermità”.

A questo proposito, ha ricordato l'esempio del suo predecessore, Papa Giovanni Paolo II, che “ha sofferto pubblicamente negli ultimi anni della sua vita”.

“Appariva chiaro a tutti che viveva questo in unione alle sofferenze del nostro Salvatore – ha constatato –. La sua letizia e pazienza nell’affrontare i suoi ultimi giorni furono un significativo e commovente esempio per tutti noi che dobbiamo portare il carico degli anni che avanzano”.

Padre e fratello

Benedetto XVI ha confessato agli anziani di essere andato a far loro visita “non solo come un Padre, ma soprattutto come un fratello che conosce bene le gioie e le sfide che vengono con l’età”.

“I nostri lunghi anni di vita ci offrono l’opportunità di apprezzare la bellezza dei più grandi doni che Dio ci ha dato, il dono della vita così come la fragilità dello spirito umano”, ha riconosciuto, sottolineando che chi vive a lungo ha “una meravigliosa opportunità di approfondire la propria consapevolezza del mistero di Cristo che umiliò se stesso per condividere la nostra umanità”.

Anche se nell'età avanzata “le nostre capacità fisiche spesso vengono meno”, “questi periodi possono essere fra gli anni spiritualmente più fruttuosi della nostra vita”, ha commentato.

“Sono un’opportunità per ricordare in una preghiera affettuosa tutti quelli che abbiamo amato in questa vita e porre tutto quello che siamo stati e abbiamo fatto davanti alla grazia e alla tenerezza di Dio”.

Ciò, ha aggiunto, “sarà certamente di grande conforto spirituale e ci permetterà di scoprire di nuovo il suo amore e la sua bontà tutti i giorni della nostra vita”.

Il Pontefice si è quindi congedato dagli ospiti della “St. Peter’s Residence” con un augurio ispirato alla Sacra Famiglia: “Che la nostra beata Signora ed il suo sposo San Giuseppe preghino per la nostra felicità in questa vita e ci ottengano la benedizione di un sereno passaggio nella prossima”.













Il Papa: “vergogna” e “umiliazione” per gli abusi da parte del clero
“Sollecitudine per le vittime” e “solidarietà verso i vostri sacerdoti”





LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Gli abusi sui minori, “specialmente nella Chiesa e da parte dei suoi ministri”, hanno causato delle “immense sofferenze” nelle vittime ma anche “vergogna” e “umiliazione” all'interno della Chiesa. Lo ha detto questo sabato Benedetto XVI nel celebrare la messa nella Cattedrale londinese di Westminster.

La Santa Messa votiva del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, a cui è dedicata la Cattedrale (che quest'anno ha festaggiato i 100 anni dalla sua consacrazione), è stata celerata dal Papa insieme ai Vescovi di Inghilterra, Galles e Scozia e a 240 sacerdoti. Per l'occasione il Papa e i Vescovi indossavano delle vesti di colore rosso.

A seguire la Messa attraverso un maxi-schermo collocato nella piazza antistante la Cattedrale oltre 2000 giovani provenienti dalle parrocchie del Regno Unito e volontari di associazioni laicali.

Nell'omelia, il Pontefice ha voluto esprimere il suo “profondo dolore alle vittime innocenti di questi inqualificabili crimini, insieme con la speranza che il potere della grazia di Cristo, il suo sacrificio di riconciliazione, porterà profonda guarigione e pace alle loro vite”.

“Riconosco anche, con voi, la vergogna e l’umiliazione che tutti abbiamo sofferto a causa di questi peccati – ha detto –; vi invito a offrirle al Signore con la fiducia che questo castigo contribuirà alla guarigione delle vittime, alla purificazione della Chiesa ed al rinnovamento del suo secolare compito di formazione e cura dei giovani”.

“Esprimo la mia gratitudine per gli sforzi fatti per affrontare questo problema responsabilmente, e chiedo a tutti voi di mostrare la vostra sollecitudine per le vittime e la solidarietà verso i vostri sacerdoti”, ha continuato.

Il mistero del prezioso sangue di Cristo

Il Papa ha voluto incentrare la sua riflessione sull'enorme crocifisso che domina la navata centrale della Cattedrale e “che ritrae il corpo di Cristo schiacciato dalla sofferenza, sopraffatto dal dolore, vittima innocente la cui morte ci ha riconciliati con il Padre e ci ha donato di partecipare alla vita stessa di Dio”.

“Lo scaturire del sangue di Cristo è la sorgente della vita della Chiesa”, ha notato Benedetto XVI.

“La Chiesa in ogni tempo e luogo celebra l’Eucarestia, fino a che il Signore ritorni nella gloria, rallegrandosi nella sua presenza sacramentale e attingendo alla forza del suo sacrificio di salvezza per la redenzione del mondo.”

La realtà del sacrificio Eucaristico, ha aggiunto, “è sempre stata al cuore della fede cattolica; messa in discussione nel sedicesimo secolo, essa venne solennemente riaffermata al Concilio di Trento, nel contesto della nostra giustificazione in Cristo”.

“Qui in Inghilterra, come sappiamo – ha continuato –, molti difesero strenuamente la Messa, sovente a caro prezzo, dando vita a quella devozione alla Santissima Eucaristia che è stata una caratteristica del cattolicesimo in queste terre”.

Questo mistero della passione del Signore “è anche riflesso nei nostri fratelli e sorelle nel mondo, che ancora oggi soffrono discriminazioni e persecuzioni per la loro fede cristiana” ma “è anche presente, spesso nascosto nelle sofferenze di tutti quei singoli cristiani che quotidianamente uniscono i loro sacrifici a quelli del Signore per la santificazione della Chiesa e la redenzione del mondo”.

Presenza cristiana

Questo mistero della Redezione, ha insistito il Papa, deve essere portato al mondo: “Il Concilio Vaticano II parlò in maniera eloquente dell’indispensabile ruolo del laicato di portare avanti la missione della Chiesa”.

Una esortazione, ha osservato poi, che richiama “le intuizioni e gli insegnamenti di John Henry Newman”

In questo senso, ha auspicato che le idee di Newman possano “continuare ad ispirare tutti i seguaci di Cristo in questa terra a conformare a lui ogni loro pensiero, parola ed azione e a lavorare strenuamente per difendere quelle immutabili verità morali che, riprese, illuminate e confermate dal Vangelo, stanno alla base di una società veramente umana, giusta e libera”.

“Quanto ha bisogno la società contemporanea di questa testimonianza! Quanto abbiamo bisogno, nella Chiesa e nella società, di testimoni della bellezza della santità, testimoni dello splendore della verità, testimoni della gioia e libertà che nascono da una relazione viva con Cristo!”, ha esclamato.

Tra le sfide della modernità che interpellano la Chiesa il Papa ha quindi indicato la necessità di “parlare in maniera convincente della sapienza e del potere liberante della parola di Dio ad un mondo che troppo spesso vede il Vangelo come un limite alla libertà umana, invece che come verità che libera le nostre menti e illumina i nostri sforzi per vivere in modo saggio e buono, sia come individui che come membri della società”.

Il Papa ha quindi concluso invitando i cattolici inglesi ad unirsi “alle schiere di credenti della lunga storia cristiana di questa terra nel costruire una società veramente degna dell’uomo, degna delle più nobili tradizioni della vostra nazione”.







Il viaggio papale in Gran Bretagna, “al di sopra delle attese”
Il portavoce vaticano sottolinea “la gioia nell'ascolto” del Pontefice





CITTA' DEL VATICANO, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI “non può non essere contento dell’accoglienza e, diciamo così, del successo da un punto di vista esteriore” del viaggio che sta compiendo in Gran Bretagna da questo giovedì e che terminerà domenica.

Lo ha affermato padre Federico Lombardi, S.I., portavoce della Santa Sede, alla “Radio Vaticana”, spiegando che il buon esito del viaggio del Papa “significa soprattutto un ascolto interiore, una disponibilità a riceverlo come persona e per il messaggio che porta”.

Come il Pontefice ha già indicato durante il viaggio aereo verso il Regno Unito, il suo obiettivo è essere “trasparenza di Cristo”, “cioè portare un messaggio positivo che è quello che ci viene dal Vangelo del Signore”, ha osservato il direttore della Sala Stampa vaticana.

“Questo sta avvenendo, direi, molto bene e anche al di sopra delle attese per quanto riguarda la gioia nell’ascolto”, ha commentato. “Ci sono alcune manifestazioni di dissenso, alcune manifestazioni che erano abbondantemente previste e che sono molto più limitate di quanto ci si faceva forse credere in certi momenti dell’attesa”.

Gli arresti avvenuti questo giovedì di persone accusate di preparare un attentato contro il Papa sono stati per padre Lombardi “di carattere semplicemente preventivo”, e non hanno rappresentato “particolari motivi di preoccupazione”, non modificando in alcun modo “né lo svolgimento, né lo spirito dell’attuazione del viaggio da parte del Papa e da parte di tutti i suoi collaboratori”.

Il portavoce vaticano ha quindi sottolineato che fino a questo momento del viaggio “tantissimi eventi di grandissima importanza hanno già avuto luogo”.

“Credo che in particolare per quanto riguarda il rapporto con la società del Regno Unito e con la Chiesa anglicana, il pomeriggio di ieri sia stato particolarmente memorabile”, ha affermato riferendosi all'incontro con l'Arcivescovo di Canterbury e i rappresentanti delle varie religioni.

Allo stesso modo, ha indicato che il discorso papale alla Westminster Hall “è certamente un fatto che rimarrà negli annali dei rapporti tra la Chiesa cattolica e il Regno Unito e la sua società”.

“Molti momenti belli” sono stati anche quelli con i giovani, ha aggiunto citando l'incontro con gli studenti delle scuole cattoliche questo venerdì e il saluto dopo la Messa celebrata questo sabato mattina nell'Abbazia di Westminster.

“I giovani hanno capito beni i messaggi molto semplici, ma anche molto forti del Papa: 'Siate Santi e vivete l’amore, a partire dall’amore di Cristo!'”, ha detto il portavoce vaticano.


La questione degli abusi

Ricordando le tante questioni che il Papa ha affrontato nella sua omelia, padre Lombardi ha sottolineato il passaggio “che avrà poi più eco nei media, molto forte e molto intenso, a proposito del problema degli abusi sessuali nei confronti dei giovani da parte di membri del clero o collaboratori delle attività della Chiesa”.

Il Pontefice, ha spiegato, “ha ripetuto e ribadito quello che è il suo atteggiamento, la sua lettura di questi fatti terribili, parlando di un dolore, di un rincrescimento molto profondo”.

Allo stesso modo, ha parlato “di partecipazione al dolore delle vittime e del desiderio di contribuire al risanamento e alla riconciliazione profonda nella loro vita”.

Non ha poi tralasciato di menzionare gli “impegni per fare giustizia, per punire i colpevoli, per attuare da parte della Chiesa tutte le forme di impegno e di collaborazione necessarie per riportare l’ordine e la serenità, ma anche la fiducia nei confronti della Chiesa”.

Secondo padre Lombardi, si è trattato di “una sintesi molto rapida, ma molto efficace di tanti concetti che egli ha già detto su questo tema, ma che devono essere ridetti ogni volta per le persone che egli incontra e in particolare nella società del Regno Unito che attendeva questa parola”.









Benedetto XVI incontra un gruppo di vittime di abusi sessuali
Assicura che la Chiesa cattolica sta collaborando con le autorità civili





ROMA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Questo sabato Benedetto XVI ha incontrato presso la Nunziatura apostolica di Londra un gruppo di persone vittime di abusi sessuali da parte di membri del clero.

“Il Santo Padre – si legge in una nota diramata dalla Sala Stampa vaticana – si è commosso ascoltando le storie delle vittime e ha espresso profondo dolore e vergogna per le sofferenze loro e delle loro famiglie”.

Il Papa “ha pregato con loro e ha assicurato che la Chiesa Cattolica, mentre continua a mettere in atto misure efficaci per la protezione dei giovani, sta facendo tutto il possibile per verificare le accuse, per collaborare con le autorità civili e per consegnare alla giustizia il clero e i religiosi accusati di questi gravi crimini”.

“Come in altre occasioni – si legge di seguito –, ha pregato affinché tutte le vittime di abusi possano sperimentare guarigione e riconciliazione e riescano a superare la propria angoscia passata e presente con serenità e nuova speranza per il futuro”.

Più tardi nel pomeriggio il Santo Padre, dopo aver salutato gli anziani nel Teatro della St. Peter’s Residence di Londra, si è incontrato con un gruppo di professionisti e di volontari che si dedicano alla protezione dei bambini e dei giovani in ambiente ecclesiastico.

Nel rivolgere loro un breve discorso il Pontefice ha affermato che “è deplorevole che, in così marcato contrasto con la lunga tradizione della Chiesa di cura per i ragazzi, questi abbiano sofferto abusi e maltrattamenti ad opera di alcuni preti e religiosi”.

“Siamo tutti diventati molto più consapevoli della necessità di proteggere i ragazzi e voi costituite una parte importante della vasta risposta della Chiesa al problema”, ha aggiunto.

“Sebbene non vi siano mai motivi per compiacersi, occorre dare atto a ciò che è stato fatto – ha continuato –: gli sforzi della Chiesa, in questo Paese e altrove, specialmente negli ultimi dieci anni per garantire la sicurezza dei fanciulli e dei giovani e per mostrare loro ogni rispetto durante la loro crescita verso la maturità, devono essere riconosciuti”.

“Prego che il vostro generoso servizio aiuti a rafforzare un’atmosfera di fiducia e di rinnovato impegno per il benessere dei ragazzi, che sono un così prezioso dono di Dio”, ha quindi concluso.








L'Arcivescovo di Canterbury: un viaggio oltre ogni aspettativa
“La gente è uscita per le strade per manifestare la sua fede”




ROMA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Penso che una delle cose belle sia stata proprio la percezione che molte delle previsioni fatte siano risultate sbagliate”. Ad affermatlo è stato l’Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, al microfono della Radio Vaticana.


“La cosa principale che voglio dire – ha detto – è che è stata un’occasione estremamente felice e l’accoglienza che il Papa ha avuto dai vescovi anglicani, dalla gente in strada e naturalmente a Westminster Hall è stata enormemente positiva. E certamente la preghiera ecumenica della sera nell’Abbazia è stata intensamente commovente per tutti i presenti”.

Il viaggio di Benedetto XVI, ha continuato, “è stata un’occasione davvero benedetta e la gente è uscita per le strade per manifestare la sua fede”.

“Il conflitto è sempre una storia migliore per un titolo di giornale che non l’armonia – ha commentato –. Ma come molte persone mi hanno detto in questa occasione, quando si pensa a quanto questo sarebbe stato totalmente inimmaginabile 40 o 50 anni fa, anche agli inizi del Concilio Vaticano II, chiaramente qualcosa è accaduto”.

“E parte di questo qualcosa – ha continuato l’Arcivescovo di Canterbury – è un ritorno alle radici, qualcosa di cui il Papa ed io abbiamo parlato in privato - sono alcuni dei nostri entusiasmi teologici in comune - l’eredità dei Padri e di nuovo il pregare insieme al sacrario di Edoardo il Confessore, guardando indietro all’epoca in cui i confini non erano quelli che ci sono ora tra i cristiani – e tutto questo è parte penso di un quadro molto positivo”.

“E penso sia un peccato che il mondo veda solamente le liti o le piccole cose negative mentre l’immenso peso della preghiera quotidiana, della comprensione, dell’amore e dell’amicizia che c’è tra noi passa inosservato”, ha poi osservato.

Riguardo, invece, all’incontro privato con il Papa, Rowan Williams ha detto che i dialoghi si sono concentrati non tanto sui rapporti tra anglicani e cattolici quanto sulla situazione dei cristiani in Terra Santa in vista del prossimo Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente che si terrà nell'ottobre prossimo a Roma.

“Abbiamo parlato di alcune delle grandi aree di conflitto dove stiamo cercando di lavorare insieme – ha detto ancora –; di come le gerarchie anglicane e cattoliche abbiano lavorato insieme in Sudan, testimoni e portatori di pace, e di come sia urgente rafforzare tutto questo. Abbiamo parlato dell’argomento quindi di come impegnarsi in un dialogo razionale con il mondo laico”.

“La mia preghiera e la mia speranza per questa visita – ha quindi concluso – è che aiuti a promuovere la fede in questo Paese e aiuti la gente a riconoscere le tante persone assolutamente comuni che credono in Dio, credono nella vita sacramentale della Chiesa e fondano la propria vita su tutto ciò”.










Governo britannico e Santa Sede, insieme contro povertà e sottosviluppo
Nell'agenda comune: lotta alle malattie, analfabetismo e al mutamento climatico




ROMA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Il Governo di Sua Maestà e la Santa Sede condividono l'impegno di porre fine alla povertà e al sottosviluppo”. E' quanto si legge nel comunicato congiunto diramato questo venerdì sera dopo la cena di lavoro fra il Governo del Regno Unito e la delegazione papale, tenutasi presso la Lancaster house di Londra.

La delegazione della Santa Sede era presieduta dal Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, mentre la delegazione del Regno Unito era presieduta dal Segretario per gli Affari Esteri, William Hague. Erano presenti, inoltre, alcuni ministri del Governo britannico e funzionari della Santa Sede.

Nel comunicato si afferma che alla vigilia del Vertice che si svolgerà a New York per esaminare i progressi compiuti verso la realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, sia il Governo britannico che la Santa Sede “sono convinti che bisogna fare di più per affrontare la sofferenza non necessaria causata dalla fame, dalle malattie e dall'analfabetismo”.

“Una salda guida politica e il rispetto per il carattere peculiare delle comunità locali sono necessari per la promozione del diritto alla vita, al cibo, alla salute e allo sviluppo per tutti”, si legge di seguito.

Inoltre, prosegue la nota, “il Governo britannico e la Santa Sede sono entrambi convinti della necessità urgente di agire per affrontare la sfida del mutamento climatico. È necessario operare a ogni livello, da quello governativo a quello individuale, se bisogna ridurre rapidamente le emissioni dei gas che causano l'effetto serra, avviare il passaggio a un'economia globale a basso uso di carbonio e aiutare i Paesi poveri e vulnerabili ad adattarsi agli effetti del mutamento climatico che sono già inevitabili”.

Entrambe le parti hanno poi riconosciuto “il ruolo essenziale svolto dalla fede nella vita degli individui e nel tessuto di una società forte, generosa e tollerante”.

“La visita di Papa Benedetto XVI – si legge infine – ha offerto l'opportunità di un più profondo scambio di vedute fra la Santa Sede e il Governo del Regno Unito. Il dibattito ha costituito una base utile per entrambe le parti per continuare a perseguire le iniziative e i dibattiti su questioni di interesse comune per il Regno Unito e per la Santa Sede”.










Benedetto XVI ricorda ai gallesi la loro tradizione cristiana
Dopo aver benedetto un mosaico dedicato al loro patrono, San Davide




LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Possa il messaggio di San Davide, in tutta la sua semplicità e ricchezza, continuare a risuonare nel Galles di oggi, attirando i cuori del suo popolo ad un rinnovato amore per Cristo e la sua Chiesa”.

E' questo l'augurio rivolto da Papa Benedetto XVI questo sabato, dopo aver benedetto nella Cattedrale di Westminster, al termine della Messa, un mosaico su San Davide (Dewi Saint), patrono dei gallesi.

Con questo gesto e con l'accensione di una candela davanti all'immagine della Madonna di Cardigan, una delle invocazioni più amate dai gallesi, il Papa ha voluto esprimere la propria vicinanza ai cattolici del Galles, che non potrà visitare durante questo viaggio apostolico.

Il Papa ha voluto ricordare le antiche radici cristiane del Galles e la sua tradizionale devozione alla Madonna.

“San Davide fu uno dei grandi santi del sesto secolo, quell’epoca d’oro di santi e missionari in queste isole, e fu per questo un fondatore della cultura cristiana che sta alle radici dell’Europa moderna”, e la sua predicazione “fu semplice, ma profonda”: “Siate felici, conservate la fede e fate cose semplici”.

Benedetto XVI ha auspicato che “il messaggio di San Davide, in tutta la sua semplicità e ricchezza, continuare a risuonare nel Galles di oggi, attirando i cuori del suo popolo ad un rinnovato amore per Cristo e la sua Chiesa”.

Nel corso della storia, inoltre, “la gente del Galles si è distinta per la sua devozione alla Madre di Dio; ciò è posto in evidenza dagli innumerevoli luoghi del Galles chiamati 'Llanfair' – Chiesa di Maria”.

“Purtroppo non mi è stato possibile recarmi in Galles durante questa visita – ha concluso il Papa –. Ma spero che questa splendida statua, che ora ritorna al Santuario Nazionale di Nostra Signora di Cardigan, sarà un ricordo permanente del profondo amore del Papa per il popolo del Galles”.











+PetaloNero+
00domenica 19 settembre 2010 15:21
VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NEL REGNO UNITO IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DEL CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN (16-19 SETTEMBRE 2010) (XIV)


SANTA MESSA CON BEATIFICAZIONE DEL CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN, NEL COFTON PARK DI BIRMINGHAM



Alle ore 8 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI si congeda dalla Nunziatura Apostolica di Londra e si trasferisce in auto a Wimbledon Park da dove si imbarca sull’elicottero alla volta di Birmingham.

Al Suo arrivo, previsto per le ore 9.30, il Papa è accolto da S.E. Mons. Bernard Longley, Arcivescovo di Birmingham, e dal Sindaco della Città, Len Gregory. Quindi si reca nel Cofton Park di Birmingham dove, alle ore 10, presiede la Santa Messa di Beatificazione del Servo di Dio John Henry Newman (1801-1890), Cardinale e Fondatore degli Oratori di San Filippo Neri in Inghilterra.

Nel corso della celebrazione, introdotta dall’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Birmingham, S.E. Mons. Bernard Longley, dopo il Rito di Beatificazione e la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE



Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

la giornata odierna che ci ha portati qui insieme a Birmingham è di grande auspicio. In primo luogo, è il giorno del Signore, domenica, il giorno in cui nostro Signore Gesù Cristo risuscitò dai morti e cambiò per sempre il corso della storia umana, offrendo vita e speranza nuove a quanti vivevano nelle tenebre e nell’ombra della morte. Questa è la ragione per cui i cristiani in tutto il mondo si riuniscono insieme in questo giorno per dar lode e ringraziare Dio per le grandi meraviglie da lui operate per noi. Questa domenica particolare, inoltre, segna un momento significativo nella vita della nazione britannica, poiché è il giorno prescelto per commemorare il 70mo anniversario della "Battle of Britain". Per me, che ho vissuto e sofferto lungo i tenebrosi giorni del regime nazista in Germania, è profondamente commovente essere qui con voi in tale occasione, e ricordare quanti dei vostri concittadini hanno sacrificato la propria vita, resistendo coraggiosamente alle forze di quella ideologia maligna. Il mio pensiero va in particolare alla vicina Coventry, che ebbe a soffrire un così pesante bombardamento e una grave perdita di vite umane nel novembre del 1940. Settant’anni dopo, ricordiamo con vergogna ed orrore la spaventosa quantità di morte e distruzione che la guerra porta con sé al suo destarsi, e rinnoviamo il nostro proposito di agire per la pace e la riconciliazione in qualunque luogo in cui sorga la minaccia di conflitti. Ma vi è un ulteriore, più gioiosa ragione del perché questo è un giorno fausto per la Gran Bretagna, per le Midlands e per Birmingham. E’ il giorno che vede il Cardinale John Henry Newman formalmente elevato agli altari e dichiarato Beato.

Ringrazio l’Arcivescovo Bernard Longley per il cortese benvenuto rivoltomi questa mattina, all’inizio della Messa. Rendo omaggio a tutti coloro che hanno lavorato così intensamente per molti anni per promuovere la causa del Cardinale Newman, inclusi i Padri dell’Oratorio di Birmingham e i membri della Famiglia spirituale Das Werk. E saluto tutti coloro che sono qui venuti dall’intera Gran Bretagna, dall’Irlanda e da altrove; vi ringrazio per la vostra presenza a questa celebrazione, durante la quale rendiamo gloria e lode a Dio per le virtù eroiche di questo sant’uomo inglese.

L’Inghilterra ha una grande tradizione di Santi martiri, la cui coraggiosa testimonianza ha sostenuto ed ispirato la comunità cattolica locale per secoli. E tuttavia è giusto e conveniente che riconosciamo oggi la santità di un confessore, un figlio di questa Nazione che, pur non essendo chiamato a versare il proprio sangue per il Signore, gli ha tuttavia dato testimonianza eloquente nel corso di una vita lunga dedicata al ministero sacerdotale, specialmente alla predicazione, all’insegnamento e agli scritti. E’ degno di prendere il proprio posto in una lunga scia di Santi e Maestri di queste isole, san Beda, sant’Hilda, san Aelredo, il beato Duns Scoto solo per nominarne alcuni. Nel beato John Henry quella gentile tradizione di insegnamento, di profonda saggezza umana e di intenso amore per il Signore ha dato ricchi frutti quale segno della continua presenza dello Spirito Santo nel profondo del cuore del Popolo di Dio, facendo emergere abbondanti doni di santità.

Il motto del Cardinale Newman, Cor ad cor loquitur, "il cuore parla al cuore", ci permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio del cuore umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio. Egli ci rammenta che la fedeltà alla preghiera ci trasforma gradualmente nell’immagine divina. Come scrisse in uno dei suoi forbiti sermoni: "l’abitudine alla preghiera, che è pratica di rivolgersi a Dio e al mondo invisibile in ogni stagione, in ogni luogo, in ogni emergenza, la preghiera, dico, ha ciò che può essere chiamato un effetto naturale nello spiritualizzare ed elevare l’anima. Un uomo non è più ciò che era prima; gradualmente… ha interiorizzato un nuovo sistema di idee ed è divenuto impregnato di freschi principi" (Parochial and plain sermons, IV, 230-231). Il Vangelo odierno ci dice che nessuno può essere servo di due padroni (cfr Lc 16,13), e l’insegnamento del Beato John Henry sulla preghiera spiega come il fedele cristiano si sia posto in maniera definitiva al servizio dell’unico vero Maestro, il quale soltanto ha il diritto alla nostra devozione incondizionata (cfr Mt 23,10). Newman ci aiuta a comprendere cosa significhi questo nella nostra vita quotidiana: ci dice che il nostro divino Maestro ha assegnato un compito specifico a ciascuno di noi, un "servizio ben definito", affidato unicamente ad ogni singolo: "io ho la mia missione – scrisse – sono un anello in una catena, un vincolo di connessione fra persone. Egli non mi ha creato per niente. Farò il bene, compirò la sua opera; sarò un angelo di pace, un predicatore di verità proprio nel mio posto… se lo faccio obbedirò ai suoi comandamenti e lo servirò nella mia vocazione" (Meditations and devotions, 301-2).

Lo specifico servizio al quale il Beato John Henry Newman fu chiamato comportò l’applicazione del suo sottile intelletto e della sua prolifica penna a molti dei più urgenti "problemi del giorno". Le sue intuizioni sulla relazione fra fede e ragione, sullo spazio vitale della religione rivelata nella società civilizzata, e sulla necessità di un approccio all’educazione ampiamente fondato e a lungo raggio, non furono soltanto di importanza profonda per l’Inghilterra vittoriana, ma continuano ancor oggi ad ispirare e ad illuminare molti in tutto il mondo. Desidero rendere onore alla sua visione dell’educazione, che ha fatto così tanto per plasmare l’"ethos" che è la forza sottostante alle scuole ed agli istituti universitari cattolici di oggi. Fermamente contrario ad ogni approccio riduttivo o utilitaristico, egli cercò di raggiungere un ambiente educativo nel quale la formazione intellettuale, la disciplina morale e l’impegno religioso procedessero assieme. Il progetto di fondare un’università cattolica in Irlanda gli diede l’opportunità di sviluppare le proprie idee su tale argomento e la raccolta di discorsi da lui pubblicati come The Idea of a University contiene un ideale dal quale possono imparare quanti sono impegnati nella formazione accademica. Ed in verità, quale meta migliore potrebbero proporsi gli insegnanti di religione se non quel famoso appello del Beato John Henry per un laicato intelligente e ben istruito: "Voglio un laicato non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene dove si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il proprio credo così bene da dare conto di esso, che conoscono così bene la storia da poterlo difendere" (The Present Position of Catholics in England, IX, 390). Oggi quando l’autore di queste parole viene innalzato sugli altari, prego che, mediante la sua intercessione ed il suo esempio, quanti sono impegnati nel compito dell’insegnamento e della catechesi siano ispirati ad un più grande sforzo dalla sua visione, che così chiaramente pone davanti a noi.

Mentre il testamento intellettuale di John Henry Newman è stato quello che comprensibilmente ha ricevuto le maggiori attenzioni nella vasta pubblicistica sulla sua vita e la sua opera, preferisco in questa occasione, concludere con una breve riflessione sulla sua vita di sacerdote e di pastore d’anime. Il calore e l’umanità che sottostanno al suo apprezzamento del ministero pastorale vengono magnificamente espressi da un altro dei suoi famosi discorsi: "Se gli angeli fossero stati i vostri sacerdoti, cari fratelli, non avrebbero potuto partecipare alle vostre sofferenze, né compatirvi, né aver compassione per voi, né provare tenerezza nei vostri confronti e trovare motivi per giustificarvi, come possiamo noi; non avrebbero potuto essere modelli e guide per voi, ed avervi condotto dal vostro uomo vecchio a vita nuova, come lo possono quanti vengono dal vostro stesso ambiente ("Men, not Angels: the Priests of the Gospel", Discourses to mixed congregations, 3). Egli visse quella visione profondamente umana del ministero sacerdotale nella devota cura per la gente di Birmingham durante gli anni spesi nell’Oratorio da lui fondato, visitando i malati ed i poveri, confortando i derelitti, prendendosi cura di quanti erano in prigione. Non meraviglia che alla sua morte molte migliaia di persone si posero in fila per le strade del luogo mentre il suo corpo veniva portato alla sepoltura a mezzo miglio da qui. Cento vent’anni dopo, grandi folle si sono nuovamente qui riunite per rallegrarsi del solenne riconoscimento della Chiesa per l’eccezionale santità di questo amatissimo padre di anime. Quale modo migliore per esprimere la gioia di questo momento se non quella di rivolgerci al nostro Padre celeste in cordiale ringraziamento, pregando con le parole poste dal Beato John Henry Newman sulle labbra dei cori degli angeli in cielo:

Lode a Colui che è Santissimo nell’alto dei cieli
E lode sia nelle profondità;
Bellissimo in tutte le sue parole,
ma ben di più in tutte le sue vie!
(The dream of Gerontius).






Benedetto XVI: Maria intercede per le nostre necessità
Alla preghiera dell'Angelus recitata nel Cofton Park di Rednal a Birmingham




BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole pronunciate questa domenica da Benedetto XVI ad introduzione della preghiera mariana dell'Angelus recitata nel Cofton Park di Rednal a Birmingham.

* * *

Fratelli e sorelle in Gesù Cristo,

Sono lieto di inviare i miei saluti alla gente di Siviglia, dove, proprio ieri, è stata beatificata Madre María de la Purísima de la Cruz. Che la beata María sia di ispirazione per le giovani donne a seguire il suo esempio di amore totale a Dio e al prossimo.

Quando il Beato John Henry Newman venne a vivere a Birmingham, diede il nome di “Maryvale” alla sua prima casa. L’Oratorio da lui fondato è dedicato all’Immacolata Concezione della Beata Vergine. E l’Università Cattolica dell’Irlanda venne da lui posta sotto la protezione di Maria, Sedes sapientiae. In moltissimi modi egli visse il proprio ministero sacerdotale in spirito di devozione filiale alla Madre di Dio. Meditando sul ruolo di Maria nel dispiegarsi del piano di Dio per la nostra salvezza, giunse ad esclamare: “Chi può valutare la santità e la perfezione di lei, che fu scelta per essere la Madre di Cristo? Quali avrebbero dovuto essere i suoi doni, lei che fu scelta per essere l’unica familiare terrena del Figlio di Dio, l’unica che egli fu obbligato per natura a riverire e alla quale rivolgersi; l’unica incaricata di guidarlo ed educarlo, di istruirlo giorno dopo giorno, mentre cresceva in sapienza e grandezza?” (Parochial and plain sermons, II, 131-2). E’ sulla base di questi doni abbondanti di grazia che noi l’onoriamo, ed è sulla base del suo intimo legame con il suo Figlio divino che noi in maniera naturale ricerchiamo la sua intercessione per le nostre necessità e quelle del mondo intero. Nelle parole dell’Angelus, ci rivolgiamo ora alla nostra santissima Madre ed affidiamo a lei le intenzioni che sono nei nostri cuori.


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Trecento pellegrini in missione con il Papa dalla Scozia fino in Inghilterra
Di Gran Bretagna, Italia, Olanda, Portogallo e Spagna

di Jesús Colina



LONDRA, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Un gruppo di circa 300 pellegrini del Cammino Neocatecumenale di Gran Bretagna, Italia, Olanda, Portogallo e Spagna, composto da giovani e famiglie con i loro bambini e accompagnato da cinque sacerdoti, segue Bendetto XVI nella sua visita apostolica in varie città del Regno Unito.

ZENIT ha raccolto questa esperienza dai catechisti del Cammino Neocatecumenale in Gran Bretagna che hanno guidato questo pellegrinaggio: Lorenzo e Maurizia Lees, una coppia con dieci figli, e don Maurizio Pallù, presbitero della Diocesi di Roma.

“Il nostro desiderio era di vivere un po’ quello che è scritto nel Vangelo quando il Signore manda avanti i suoi discepoli in quei villaggi dove lui sta per recarsi, perche preparino le persone ad accoglierlo”, ha spiegato Lorenzo Lees, residente a Londra.

“Anche noi siamo certi che la venuta del Papa è per la Gran Bretagna un vero evento in cui Gesù viene a visitarla”, ha aggiunto.

I pellegrini sono stati ospitati nelle parrocchie di Saint Thomas the Apostle and St Philip, dove i parroci hanno offerto loro il salone parrocchiale, che è servito come refettorio e si è poi trasformato in dormitorio. Molte famiglie hanno anche offerto ospitalità nelle proprie case.

Nel viaggio in pullman verso la Scozia, i pellegrini si sono fermati a Saint Helen, vicino Liverpool, per celebrare la Messa e pregare sulla tomba del Beato Domenico Barberi.

“Questo Sacerdote Passionista, grande Apostolo dell'Inghilterra del secolo XIX, ci ha ispirato durante il percorso. Ricevette John Henry Newman nella Chiesa Cattolica nel 1845. Predicò 100 missioni in 5 anni, consumandosi perché Gesù Cristo fosse conosciuto ed amato”, ha spiegato don Maurizio.

“La sua presenza è stata sicuramente molto importante per gli operai delle Midlands al tempo della rivoluzione industriale, ma anche per molti anglicani che, attirati dalla sua santità, chiedevano di essere ricevuti nella Chiesa Cattolica”.

“Naturalmente John Henry Newman, che il Papa beatificherà a Birmingham domenica, è stato il punto di riferimento più forte di questo nostro pellegrinaggio – ha riconosciuto il sacerdote –. Il suo coraggio nell'annunziare la verità e la sua visione profetica ci hanno dato forza per andare nelle strade a portare il lieto annunzio di Gesù Cristo Risorto”.

“Durante le otto ore di viaggio in pullman abbiamo pregato le Lodi e abbiamo proseguito leggendo alcuni brani dei sermoni di John Henry Newman – ha proseguito Lorenzo Lees –. Dopo la breve lettura di singoli passaggi chiedevamo ai giovani di intervenire ed esprimere il loro pensiero o di formulare domande. E’ venuto fuori un dialogo molto bello dove si è vista l’attualità e la profondità delle intuizioni profetiche del Cardinale Newman, e come i giovani sono attratti da ciò che è vero e bello”.

“Uno dei temi che ci ha più colpito è stato quello in cui Newman parla di chi sono i veri cristiani e di che cosa è la santità. Non si tratta di avere molto entusiasmo o sentimenti; la santità consiste soprattutto in azioni fatte in segreto per amore del Signore. I santi sono disprezzati dal mondo ma attirano a sé e a Dio molte persone”, spiega.

Tra i pensieri del Cardinale Newman che hanno impressionato i giovani, c'era per esempio quello che dice che “più un uomo è santo, meno è compreso dagli uomini del mondo. Tutti coloro che hanno una scintilla di fede vivente lo comprenderanno, e più è santo più ne verranno attirati; ma quanti servono il mondo saranno ciechi nei suoi confronti, o lo disprezzeranno o avverseranno quanto più è santo”.

La mattina del 15 settembre, i pellegrini si sono riuniti nella chiesa benedettina di Saint Columba, dove hanno pregato le Lodi e ricevuto il sacramento della riconciliazione con confessioni private in una celebrazione presieduta dal parroco, Fr. Euan, con altri 10 presbiteri.

“L’ascolto della parola di Dio e ricevere il perdono dei peccati nel sacramento ci ha aiutato ad andare incontro agli altri”, ha dichiarato Lees.

“Abbiamo trascorso il pomeriggio nel centro di Glasgow, nelle strade e nelle piazze di St Enochs e di George Square, portando bandiere vaticane e striscioni di benvenuto al Papa. Lì abbiamo danzato in cerchio, cantato salmi e cantici spirituali con chitarre, tamburi, cembali e trombe. Nello stesso tempo alcuni di noi avvicinavano le persone che incuriosite si erano fermate”.

“Abbiamo parlato di argomenti esistenziali che di solito non si affrontano – ha aggiunto don Maurizio –: la vita, la morte, la sofferenza e la paura. In un mondo che si è liberato di tutti i tabù sessuali ma che ha smarrito la presenza di Dio, ci si contenta di sopravvivere invece che vivere. L'annunzio diretto del Vangelo ci ha permesso di entrare rapidamente in sintonia con tante persone”.

“Non è mancato chi si è professato ateo o ha espresso sentimenti di amarezza o di ostilità nei confronti della Chiesa Cattolica, per quello che la Chiesa dice riguardo alla morale sessuale e alla difesa della vita; alcuni hanno parlato degli scandali di pedofilia. Il solo fatto di poter parlare delle proprie delusioni e sofferenze ha aiutato alcuni a rasserenarsi e ad ascoltare l’annuncio del Vangelo”, aggiunge il sacerdote.

Per Lorenzo Lees, “l’esperienza della comunione tra noi e con le persone a cui ci siamo rivolti, annunciando la pace di Cristo Risorto e il perdono dei peccati, è stata il fatto sicuramente più rilevante”.

“Abbiamo potuto cantare e ballare in queste piazze per mostrare la gioia di Cristo Risorto ad un mondo che ha smarrito la speranza e la gioia, gioia che è grande nelle cose piccole della vita di ogni giorno, perché il Signore la riempie del suo amore”.

I pellegrini hanno accolto il 16 settembre in Scozia il Santo Padre partecipando all'Eucaristia nel pomeriggio al Bellahouston Park, nello stesso luogo in cui l’aveva celebrata nel 1982 Giovanni Paolo II.

“È stato un momento molto intenso. Ci ha colpito in particolare l’ esortazione rivolta ai giovani”, ha spiegato Lees.

Il Santo Padre li ha avvertiti che “vi sono molte tentazioni che dovete affrontare ogni giorno – droga, denaro, sesso, pornografia, alcool – che secondo il mondo vi daranno felicità, mentre in realtà si tratta di cose distruttive, che creano divisione. C’è una sola cosa che permane: l’amore personale di Gesù Cristo per ciascuno di voi”.

Dopo la Messa, i pellegrini sono saliti sui pullman per viaggiare tutta la notte e seguire il Santo Padre nella sua missione a Londra.

“Negli atti degli Apostoli l’ombra di Pietro curava i malati ai lati della strada. Siamo sicuri che il passaggio del successore di Pietro in questa nazione potrà guarirci dalle nostre infermità ed aiutarci a seguire Cristo nella sua missione”, ha concluso Lees.
+PetaloNero+
00lunedì 20 settembre 2010 00:44
Congedo di Benedetto XVI dalla Gran Bretagna


BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato da Benedetto XVI questa domenica pomeriggio all'aeroporto internazionale di Birmingham durante la cerimonia di congedo dalla Gran Bretagna al termine della sua visita pastorale.

* * *

Signor Primo Ministro,

Grazie per le gentili parole di congedo rivoltemi a nome del Governo di Sua Maestà e degli abitanti del Regno Unito. Sono molto grato per tutto l’impegnativo lavoro di preparazione da parte sia dell’attuale che del precedente Governo, da parte degli impiegati civili, delle autorità locali e della polizia, come pure da parte dei molti volontari che con tanta pazienza son venuti in aiuto per preparare gli eventi di questi quattro giorni. Grazie per il calore della vostra accoglienza e per l’ospitalità che ho potuto gustare.

Nel tempo in cui sono stato con voi, ho potuto incontrare i rappresentanti delle molte comunità, culture, lingue e religioni che formano la società britannica. Proprio la diversità della Gran Bretagna moderna è una sfida per il suo Governo e per il popolo, ma rappresenta anche una grande opportunità per ulteriore dialogo interculturale e interreligioso per l’arricchimento dell’intera comunità.

Sono stato grato per l’opportunità, che mi è stata data in questi giorni, di incontrare Sua Maestà la Regina, come pure lei ed altri leader politici, ed aver avuto modo di discutere materie di comune interesse sia qui che altrove. Sono stato particolarmente onorato di essere invitato a rivolgermi ad entrambe le Camere del Parlamento nello storico ambiente di Westminster Hall. Spero davvero che queste occasioni possano contribuire a confermare e a rafforzare le eccellenti relazioni fra la Santa Sede e il Regno Unito, specialmente nella collaborazione per lo sviluppo internazionale, nella cura per l’ambiente naturale e nella edificazione di una società civile con un rinnovato senso di valori condivisi ed uno scopo comune.

È stato inoltre un piacere compiere una visita a Sua Grazia l’Arcivescovo di Canterbury ed ai vescovi della Chiesa d’Inghilterra, e successivamente pregare con loro e con fedeli cristiani nell’evocativo spazio di Westminster Abbey, un luogo che parla così eloquentemente delle nostre tradizioni religiose e culturali condivise. Poiché la Gran Bretagna è casa di moltissime tradizioni religiose, sono stato lieto di aver avuto l’opportunità di incontrare i loro rappresentanti e di condividere con loro qualche pensiero circa il contributo che le religioni possono offrire allo sviluppo di una società sana e pluralistica.

Naturalmente, la mia visita era rivolta in modo speciale ai cattolici del Regno Unito. Ricordo con intima gioia il tempo trascorso con i Vescovi, il clero, i religiosi ed i laici, come pure quello con gli insegnanti, gli studenti e gli anziani. E’ stato commovente in maniera speciale celebrare con loro, qui a Birmingham, la beatificazione di un grande figlio dell’Inghilterra, il Cardinale John Henry Newman. Con la sua vasta eredità di scritti accademici e spirituali, sono certo che egli abbia ancora molto da insegnarci sulla vita e la testimonianza cristiane tra le sfide del mondo contemporaneo, sfide che egli previde con eccezionale chiarezza.

Nel congedarmi da voi, permettetemi ancora una volta di formulare i migliori voti e le mie preghiere per la pace e la prosperità della Gran Bretagna. Grazie molte e Dio vi benedica tutti!

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VISITA PRIVATA ALL’ORATORIO DI S. FILIPPO NERI A BIRMINGHAM

Lasciato il Cofton Park di Birmingham, poco dopo le ore 13 il Santo Padre Benedetto XVI raggiunge l’Oratorio di S. Filippo Neri, nel distretto di Edgbaston, luogo di residenza del Card. John Henry Newman dal 1854 fino alla sua morte, nel 1890.

Al Suo arrivo, il Papa è accolto dal Rettore dell’Oratorio, Mons. Richard Duffield, che è anche Postulatore della Causa di Beatificazione del Card. Newman. Nella Cappella dedicata al Beato, dove si trovano riuniti i componenti della Comunità dell’Oratorio, il Santo Padre si raccoglie per un breve momento di preghiera, quindi visita al primo piano la camera-museo del Card. Newman e la Cappella privata, dedicata a san Francesco di Sales.

Lasciato l’Oratorio, il Papa si reca in auto all’Oscott College di Birmingham dove pranza con i Vescovi di Inghilterra e Galles, di Scozia, e con i membri del Seguito Papale.








Discorso del Papa ai Vescovi di Scozia, Inghilterra e Galles


BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso che Papa Benedetto XVI ha rivolto questa domenica pomeriggio ai Vescovi di Scozia, Inghilterra e Galles nella Cappella della Francis Martin House presso il Seminario di Oscott a Birmingham.

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Venerati Fratelli nell’Episcopato,

questo è stato un giorno di grande gioia per la comunità cattolica in queste isole. Il Beato John Henry Newman, come ora lo possiamo chiamare, è stato elevato all’onore degli altari quale esempio di fedeltà eroica al Vangelo ed un intercessore per la Chiesa in queste terre, che egli amò e servì così bene. Qui proprio in questa cappella nel 1852, diede voce alla nuova fiducia e vitalità della comunità cattolica in Inghilterra e Galles, dopo la restaurazione della gerarchia, e le sue parole possono essere applicate pure alla Scozia, venticinque anni dopo. La sua beatificazione odierna è un ricordo della continua azione dello Spirito Santo nell’elargire doni di santità su tutta la gente della Gran Bretagna, così che da est ad ovest e dal nord al sud, sia elevata una perfetta oblazione di lode e di ringraziamento alla gloria del nome di Dio.

Ringrazio il Cardinale O’Brien e l’Arcivescovo Nichols per le loro parole e, ciò facendo, mi viene alla mente quanto poco tempo è trascorso da quando mi è stato dato di accogliervi tutti a Roma per le visite Ad limina delle vostre rispettive Conferenze Episcopali. In quella occasione abbiamo parlato di alcune delle sfide che vi stanno innanzi nel vostro guidare la gente nella fede, particolarmente circa l’urgente necessità di proclamare il Vangelo di nuovo in un contesto altamente secolarizzato. Nel corso della mia visita mi è apparso chiaro come, fra i britannici, sia profonda la sete per la buona novella di Gesù Cristo. Siete stati scelti da Dio per offrire loro l’acqua viva del Vangelo, incoraggiandoli a porre le proprie speranze non nelle vane lusinghe di questo mondo, bensì nelle solide rassicurazioni del mondo futuro. Mentre annunciate la venuta del Regno, con le sue promesse di speranza per i poveri ed i bisognosi, i malati e gli anziani, i non ancora nati e gli abbandonati, fate di tutto per presentare nella sua interezza il messaggio vivificante del Vangelo, compresi quegli elementi che sfidano le diffuse convinzioni della cultura odierna. Come sapete, è stato di recente costituito un Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione dei Paesi di lunga tradizione cristiana, e desidero incoraggiarvi ad avvalervi dei suoi servigi per affrontare i compiti che vi stanno innanzi. Inoltre, molti dei nuovi movimenti ecclesiali hanno un carisma particolare per l’evangelizzazione e son certo che continuerete ad esplorare vie appropriate ed efficaci per coinvolgerli nella missione della Chiesa.

Dalla vostra visita a Roma, i cambiamenti politici nel Regno Unito hanno concentrato l’attenzione sulle conseguenze della crisi finanziaria, che ha causato tante privazioni ad innumerevoli persone e tante famiglie. Lo spettro della disoccupazione sta stendendo le proprie ombre sulla vita di molta gente, ed il costo a lungo termine di pratiche d’investimento dei tempi recenti, mal consigliate, sta diventando quantomai evidente. In tali circostanze, vi saranno ulteriori appelli alla caratteristica generosità dei cattolici britannici, e sono certo che voi sarete in prima linea per esortare alla solidarietà nei confronti dei bisognosi. La voce profetica dei cristiani ha un ruolo importante nel mettere in evidenza i bisogni dei poveri e degli svantaggiati, che possono così facilmente essere trascurati nella destinazione di risorse limitate. Nel documento magisteriale Choosing the Common Good, i Vescovi d’Inghilterra e del Galles hanno sottolineato l’importanza della pratica della virtù nella vita pubblica. Le circostanze odierne offrono una buona opportunità per rafforzare quel messaggio, e certamente per incoraggiare le persone ad aspirare ai valori morali più alti in ogni settore della loro vita, contro un retroterra di crescente cinismo addirittura circa la possibilità di una vita virtuosa.

Un altro argomento che ha ricevuto molta attenzione nei mesi trascorsi e che mina seriamente la credibilità morale dei responsabili della Chiesa è il vergognoso abuso di ragazzi e di giovani da parte di sacerdoti e di religiosi. In molte occasioni ho parlato delle profonde ferite che tale comportamento ha causato, anzitutto nelle vittime ma anche nel rapporto di fiducia che dovrebbe esistere fra sacerdoti e popolo, fra sacerdoti e i loro Vescovi, come pure fra le autorità della Chiesa e la gente. So bene che avete fatto passi molto seri per portare rimedio a questa situazione, per assicurare che i ragazzi siano protetti in maniera efficace da qualsiasi danno, e per affrontare in modo appropriato e trasparente le accuse quando esse sorgono. Avete pubblicamente fatto conoscere il vostro profondo dispiacere per quanto accaduto e per i modi spesso inadeguati con i quali, in passato, si è affrontata la questione. La vostra crescente comprensione dell’estensione degli abusi sui ragazzi nella società, dei suoi effetti devastanti, e della necessità di fornire adeguato sostegno alle vittime, dovrebbe servire da incentivo per condividere, con la società più ampia, la lezione da voi appresa. In realtà, quale via migliore potrebbe esserci se non quella di fare riparazione per tali peccati avvicinandovi, in umile spirito di compassione, ai ragazzi che soffrono anche altrove per gli abusi? Il nostro dovere di prenderci cura della gioventù esige proprio questo e niente di meno.

Mentre riflettiamo sulla fragilità umana che questi tragici eventi rivelano in maniera così dura, ci viene ricordato che, per essere guide cristiane efficaci, dobbiamo vivere nella più alta integrità, umiltà e santità. Come scrisse una volta il beato John Henry Newman: "Che Dio ci doni dei sacerdoti che sappiano sentire la propria debolezza di peccatori, e che il popolo li sappia compatire ed amare e pregare per la loro crescita in ogni buon dono di grazia" (Sermon, 22 marzo 1829). 191). Prego che fra le grazie di questa visita vi sia un rinnovato impegno da parte delle guide cristiane alla vocazione profetica che hanno ricevuto, e un nuovo apprezzamento da parte del popolo per il grande dono del ministero ordinato. Sgorgheranno così spontaneamente le preghiere per le vocazioni, e possiamo esser fiduciosi che il Signore risponderà inviando operai che raccolgano l’abbondante messe che ha preparato in tutto il Regno Unito (cfr Mt 9,37-38). A tale proposito sono lieto di avere l’opportunità di incontrare fra poco i seminaristi dell’Inghilterra, della Scozia e del Galles per rassicurarli delle mie preghiere, mentre si preparano a far la loro parte per raccogliere quella messe.

Infine vorrei parlarvi di due materie specifiche che riguardano in questo tempo il vostro ministero episcopale. Una è l’imminente pubblicazione della nuova traduzione del Messale Romano. In questa circostanza desidero ringraziare tutti voi per il contributo dato, con così minuziosa cura, all’esercizio collegiale nella revisione e nell’approvazione dei testi. Ciò ha fornito un immenso servizio ai cattolici di tutto il mondo anglofono. Vi incoraggio a cogliere l’occasione che questa nuova traduzione offre, per una approfondita catechesi sull’Eucaristia e per una rinnovata devozione nei modi in cui essa viene celebrata. "Quanto più viva è la fede eucaristica nel popolo di Dio, tanto più profonda è la sua partecipazione alla vita ecclesiale che Cristo ha affidato ai suoi discepoli" (Sacramentum caritatis, 6). L’altro punto lo sollevai in febbraio con i Vescovi dell’Inghilterra e del Galles, quando vi chiesi di essere generosi nel porre in atto la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus. Questo dovrebbe essere considerato un gesto profetico che può contribuire positivamente allo sviluppo delle relazioni fra anglicani e cattolici. Ci aiuta a volgere lo sguardo allo scopo ultimo di ogni attività ecumenica: la restaurazione della piena comunione ecclesiale nel contesto della quale il reciproco scambio di doni dai nostri rispettivi patrimoni spirituali, serve da arricchimento per noi tutti. Continuiamo a pregare e ad operare incessantemente per affrettare il lieto giorno in cui quel traguardo potrà essere raggiunto.

Con tali sentimenti vi ringrazio cordialmente per la vostra ospitalità durante questi ultimi quattro giorni. Nell’affidare voi e il popolo che servite all’intercessione di sant’Andrea, san Davide e san Giorgio, volentieri imparto la Benedizione Apostolica a voi, al clero, ai religiosi e ai laici dell’Inghilterra, della Scozia e del Galles.

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Il Papa: la diversità della Gran Bretagna, sfida e opportunità di crescita
Benedetto XVI si congeda dal Regno Unito




BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- La diversità della Gran Bretagna moderna è una “sfida” ma anche una “grande opportunità”, ha affermato Benedetto XVI questa domenica pomeriggio congedandosi dal Regno Unito al termine della sua visita pastorale di quattro giorni.

Il Papa è stato salutato all'aeroporto internazionale di Birmingham dal Primo Ministro britannico, David Cameron, al quale ha espresso la propria riconoscenza “per tutto l’impegnativo lavoro di preparazione da parte sia dell’attuale che del precedente Governo, da parte degli impiegati civili, delle autorità locali e della polizia, come pure da parte dei molti volontari che con tanta pazienza son venuti in aiuto per preparare gli eventi di questi quattro giorni”.

“Grazie per il calore della vostra accoglienza e per l’ospitalità che ho potuto gustare”, ha esclamato.

Il Pontefice ha osservato che nei quattro giorni della sua visita ha potuto incontrare “i rappresentanti delle molte comunità, culture, lingue e religioni che formano la società britannica”.

“Proprio la diversità della Gran Bretagna moderna è una sfida per il suo Governo e per il popolo, ma rappresenta anche una grande opportunità per ulteriore dialogo interculturale e interreligioso per l’arricchimento dell’intera comunità”, ha constatato.

Ringraziando per l’opportunità di incontrare la Regina Elisabetta II, Cameron e altri politici e di aver potuto discutere “materie di comune interesse”, il Vescovo di Roma ha confessato di sentirsi “particolarmente onorato di essere invitato a rivolgermi ad entrambe le Camere del Parlamento nello storico ambiente di Westminster Hall”.

“Spero davvero che queste occasioni possano contribuire a confermare e a rafforzare le eccellenti relazioni fra la Santa Sede e il Regno Unito, specialmente nella collaborazione per lo sviluppo internazionale, nella cura per l’ambiente naturale e nella edificazione di una società civile con un rinnovato senso di valori condivisi ed uno scopo comune”, ha auspicato.

“È stato inoltre un piacere compiere una visita a Sua Grazia l’Arcivescovo di Canterbury ed ai Vescovi della Chiesa d’Inghilterra, e successivamente pregare con loro e con fedeli cristiani nell’evocativo spazio di Westminster Abbey, un luogo che parla così eloquentemente delle nostre tradizioni religiose e culturali condivise”.

“Poiché la Gran Bretagna è casa di moltissime tradizioni religiose, sono stato lieto di aver avuto l’opportunità di incontrare i loro rappresentanti e di condividere con loro qualche pensiero circa il contributo che le religioni possono offrire allo sviluppo di una società sana e pluralistica”, ha aggiunto.

Benedetto XVI ha sottolineato che, “naturalmente”, la sua visita era rivolta in modo speciale ai cattolici del Regno Unito.

“Ricordo con intima gioia il tempo trascorso con i Vescovi, il clero, i religiosi ed i laici, come pure quello con gli insegnanti, gli studenti e gli anziani – ha detto –. E’ stato commovente in maniera speciale celebrare con loro, qui a Birmingham, la beatificazione di un grande figlio dell’Inghilterra, il Cardinale John Henry Newman”.

“Con la sua vasta eredità di scritti accademici e spirituali, sono certo che egli abbia ancora molto da insegnarci sulla vita e la testimonianza cristiane tra le sfide del mondo contemporaneo, sfide che egli previde con eccezionale chiarezza”, ha concluso.

Nel suo discorso al Papa, il Primo Ministro Cameron ha affermato che i quattro giorni della visita papale sono stati “incredibilmente toccanti”.

“Lei ha parlato a una Nazione di sei milioni di cattolici ma è stato ascoltato da una Nazione di più di 60 milioni di cittadini e da molti altri milioni in tutto il mondo”, ha aggiunto, sottolineando che Benedetto XVI ha offerto “un messaggio non solo alla Chiesa cattolica, ma a ciascuno di noi, di qualsiasi fede o di nessuna”.

Cameron ha quindi ricordato il Cardinale Newman e la sua convinzione che nella società tutti condividano un “legame di unità comune”, e ha sottolineato che questo legame “è stato una parte incredibilmente importante” del messaggio del Papa ai britannici, che vogliono costruire su questa base “una nuova cultura della responsabilità sociale”.

“Le persone di fede sono grandi architetti di questa nuova cultura”, ha aggiunto.

“La fede fa parte del tessuto del nostro Paese”, ha continuato Cameron. “E' stato sempre così e così sarà sempre”.

“Lei ha veramente sfidato l'intero Paese a sedersi e pensare, e questo può essere solo un bene”, ha concluso rivolgendosi al Pontefice.

Quello in Gran Bretagna è stato il 17° viaggio internazionale del pontificato di Benedetto XVI.






Il Papa dona una nuova pagina alla Chiesa cattolica nel Regno Unito
La visita porta a un inedito riconoscimento dei cattolici da parte di istituzioni e società

di Edward Pentin


LONDRA, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Dopo le prime due giornate della visita papale in Gran Bretagna centrate soprattutto su questioni Chiesa-Stato, gli ultimi due giorni sono diventati molto più personali e pastorali.

La dimensione istituzionale del viaggio ha avuto tappe poco commentate questo sabato mattina, quando nella casa dell'Arcivescovo di Westminster il Papa ha ricevuto in udienza privata il Primo Ministro britannico, David Cameron, il suo vice Nick Clegg e il leader dell'opposizione Harriet Harman.

Il Santo Padre ha porto le proprie condoglianze a Cameron per la morte recente del padre, ha parlato con ciascun politico per circa 20 minuti e ha consegnato come ricordo una medaglia del suo pontificato.

Cameron, anglicano, ha donato al Papa una copia della prima edizione del libro del nuovo beato John Henry Newman “Apologia Pro Vita Sua”, stampata nel 1864, e un ritaglio di giornale che descrive un servizio religioso presieduto dal Cardinale a Edgbaston, Birmingham.

Un momento significativo delle relazioni istituzionali che ha aperto la visita ha avuto luogo venerdì sera, quando si è svolta una cena di lavoro tra il Governo del Regno Unito e la delegazione papale nella Lancaster House di Londra. Il tema è stato la lotta comune contro la fame e il sottosviluppo.

Il resto delle attività del sabato, a partire dalle 10.00, ha dato il via a una maratona di celebrazioni liturgiche e incontri pastorali, iniziati con la Messa nella Cattedrale del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo a Westminster. La liturgia di questa Cattedrale di stile bizantino, consacrata nel 1910, è stata così impressionante che alcuni fedeli si sono commossi fino alle lacrime.

Il Santo Padre ha espresso il suo “profondo dolore” per gli abusi sessuali commessi dai sacerdoti, e li ha definiti “inqualificabili crimini” che hanno provocato “la vergogna e l’umiliazione” della Chiesa.

Il Pontefice ha inquadrato questi crimini nel contesto della sofferenza di Cristo: “Nella vita della Chiesa, nelle sue prove e tribolazioni, Cristo continua, secondo l’incisiva espressione di Pascal, ad essere in agonia fino alla fine del mondo”.

Padre Jonathan How, portavoce della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles, ha spiegato a ZENIT che il Papa ha dato un senso trascendente, alla luce della sofferenza di Cristo, allo scandalo degli abusi commessi da sacerdoti.

“Se ci vergogniamo e siamo umiliati per gli abusi, non facciamo altro che condividere ciò che le vittime e Cristo hanno sperimentato”, ha detto.

Conferma nella fede

Venivano da tutte le parti della Gran Bretagna i pellegrini che hanno partecipato alla Messa di sabato e alla veglia di Hyde Park. Dan Williams, di Cardiff, ha detto a ZENIT che è un avvenimento che accade “solo una volta nella vita” e che spera che serva per “rafforzare la fede” nel Paese.

Billy Macauley, che ha seguito il Santo Padre da Glasgow, ha riconosciuto che la visita papale è stata una grande benedizione “e la Messa a Bellahouston Park è stata molto potente”.

“E' difficile immaginare che le parole possano avere tanto significato per la gente, per questo preghiamo che il Santo Padre, guidato dallo Spirito Santo, continui a confermare nella fede”, ha dichiarato.

Dopo la Messa, circa 2.500 giovani delle Diocesi di Inghilterra, Galles e Scozia si sono riuniti nella piazza di fronte alla Cattedrale per salutare il Vescovo di Roma.

“Chiedo ad ognuno di voi, prima di tutto, di guardare dentro al proprio cuore. Pensate a tutto l’amore, per ricevere il quale il vostro cuore è stato creato e a tutto l’amore che esso è chiamato a donare”, ha detto il Pontefice ai giovani.

Come si pensava, Benedetto XVI ha in seguito incontrato a Westminster cinque persone che hanno subito abusi da parte di chierici: tre delle vittime erano dello Yorkshire, una di Londra e una della Scozia.

Una fonte vicina alle vittime ha rivelato alla BBC che hanno trascorso tra i 30 e i 40 minuti con il Papa, “un buon periodo di tempo”, “più lungo di quello che ha concesso al Primo Ministro”.

Il centro di Londra trasformato

Quando il sole è tramontato alle 18.30 di questo sabato, si è svolto un momento che molti britannici e il Papa ricorderanno per sempre: il viaggio in papamobile per il cuore di Londra. Il Mall, il grande viale che conduce al Palazzo di Buckingham, sinonimo di impero, splendore e momenti cruciali per la storia del Paese, era decorato da enormi bandiere britanniche e vaticane.

Tutti hanno applaudito, anche se con la tipica aria riservata britannica, al passaggio della papamobile, circondata da un gruppo di guardie del corpo che camminavano in fretta. Tra la folla, molti hanno corso per seguire il ritmo del veicolo fino ad arrivare a un chilometro da Hyde Park, dove il Papa ha presieduto una veglia alla vigilia della beatificazione del Cardinale John Henry Newman.

Il Pontefice ha guidato decine di migliaia di fedeli in una bella cerimonia di veglia di preghiera e adorazione. Purtroppo, a causa delle disposizioni di sicurezza, hanno potuto entrare solo coloro che avevano il biglietto, mentre altre migliaia di persone sono rimaste all'esterno, costrette a seguire la cerimonia sui maxischermi collocati dall'altro lato della parete che era stata eretta per l'occasione.

Nel suo discorso, il Papa ha illustrato tutto ciò che i giovani cattolici possono imparare dal Cardinale Newman e si è riferito all'esempio dei martiri cattolici, aggiungendo che, anche se i cattolici di oggi non sono impiccati o squartati per la loro fede, spesso sono “ridicolizzati o fatti segno di parodia”.

Bisogna sopportare questo, ha aggiunto, convinti che la “luce gentile” della fede ci mostrerà la via.

Anche in questa occasione erano presenti persone di ogni età e cultura, e anche i più giovani si sono raccolti in profonda preghiera.

Per me personalmente, come cattolico britannico, vedere il vicario di Cristo che passa davanti a luoghi tanto familiari come il Palazzo di Buckingham e dà la benedizione a Hyde Park è stato un'esperienza quasi surreale, una cosa che non avrei mai pensato di poter testimoniare.

Forse più che nel discorso nella Westminster Hall di venerdì, in quei momenti ho avuto l'impressione che la Chiesa cattolica è davvero riuscita ad essere accettata in Gran Bretagna. In quei momenti è iniziato un nuovo capitolo per i cattolici britannici, lasciando indietro i problemi passati con la Chiesa cattolica, a cui questo Paese deve le sue più profonde radici culturali.







Benedetto XVI: la lezione di Newman? “Il cuore parla al cuore”
La “vita cristiana come chiamata alla santità”




BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Nel beatificare questo domenica il Cardinale John Henry Newman (1801-1890), Benedetto XVI ha indicato nel motto scelto per la sua visita nel Regno Unito - “Il cuore parla al cuore” - la lezione lasciata ai cristiani di oggi da questo teologo, che fu fondatore degli Oratori di San Filippo Neri, in Inghilterra.

Il motto ricalca le parole che il Cardinale Newman scelse per il suo stemma quando divenne porporato nel 1879 e sono di san Francesco di Sales, del quale era molto devoto.

Parlando ai settanta mila pellegrini riunitisi nel Cofton Park de Rednal, a Birmingham, il Papa ha osservato che questo insegnamento “ci permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio del cuore umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio”


La preghiera eleva l'anima

“Egli – ha aggiunto – ci rammenta che la fedeltà alla preghiera ci trasforma gradualmente nell’immagine divina”. La preghiera scrisse in uno dei suoi sermoni, “ha ciò che può essere chiamato un effetto naturale nello spiritualizzare ed elevare l’anima”.


Con la preghiera, ha sottolineato, “un uomo non è più ciò che era prima; gradualmente… ha interiorizzato un nuovo sistema di idee ed è divenuto impregnato di freschi principi”.

La missione del cristiano

Newman seppe soprattutto incarnare una ricerca della verità dove fede e ragione si fondono insieme, ha affermato il Pontefice che ha indicato in questo aspetto l'eredità principale per i cristiani di tutto il mondo di questo teologo britannico che fu un pastore angicano prima di convertirsi al cattolicesimo.

"Voglio un laicato non arrogante – scriveva Newman –, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene dove si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il proprio credo così bene da dare conto di esso, che conoscono così bene la storia da poterlo difendere".

In un altro dei suoi famosi discorsi sulla vita sacerdotale disse invece: "Se gli angeli fossero stati i vostri sacerdoti, cari fratelli, non avrebbero potuto partecipare alle vostre sofferenze, né compatirvi, né aver compassione per voi, né provare tenerezza nei vostri confronti e trovare motivi per giustificarvi, come possiamo noi; non avrebbero potuto essere modelli e guide per voi, ed avervi condotto dal vostro uomo vecchio a vita nuova, come lo possono quanti vengono dal vostro stesso ambiente”.

Alla fine della Messa e prima della preghiera mariana dell'Angelus, il Pontefice ha approfondito il rapporto filiale che legava il neo beato alla Vergine Maria, ricordando che quando Newman venne a vivere a Birmingham, diede il nome di “Maryvale” alla sua prima casa, mentre l’Oratorio da lui fondato venne dedicato all’Immacolata Concezione.

“Chi può valutare la santità e la perfezione di lei – si chiedeva Newman –, che fu scelta per essere la Madre di Cristo? Quali avrebbero dovuto essere i suoi doni, lei che fu scelta per essere l’unica familiare terrena del Figlio di Dio, l’unica che egli fu obbligato per natura a riverire e alla quale rivolgersi; l’unica incaricata di guidarlo ed educarlo, di istruirlo giorno dopo giorno, mentre cresceva in sapienza e grandezza?”.










Incarnare “integrità, umiltà e santità”, chiede il Papa ai Vescovi britannici


BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Integrità, umiltà e santità” sono le tre caratteristiche che Benedetto XVI ha chiesto ai Vescovi di Scozia, Inghilterra e Galles di incarnare nell'esercizio del ministero che è stato loro affidato.

Il Pontefice si è rivolto ai presuli nella Cappella della Francis Martin House presso il Seminario di Oscott a Birmingham questa domenica pomeriggio, dopo aver beatificato in mattinata il Cardinale John Henry Newman.

“Che Dio ci doni dei sacerdoti che sappiano sentire la propria debolezza di peccatori, e che il popolo li sappia compatire ed amare e pregare per la loro crescita in ogni buon dono di grazia”, scrisse il porporato beatificato.

Il Papa ha tratto spunto da questa riflessione di Newman per ricordare la necessità di un clero santo soprattutto dopo che negli ultimi mesi l'opinione pubblica e la Chiesa stessa hanno dibattuto un tema grave e delicato, il “vergognoso abuso di ragazzi e di giovani da parte di sacerdoti e di religiosi”.

Una realtà così drammatica, ha ammesso, “mina seriamente la credibilità morale dei responsabili della Chiesa”.

Il Pontefice ha sottolineato di aver parlato in molte occasioni “delle profonde ferite che tale comportamento ha causato, anzitutto nelle vittime ma anche nel rapporto di fiducia che dovrebbe esistere fra sacerdoti e popolo, fra sacerdoti e i loro Vescovi, come pure fra le autorità della Chiesa e la gente”.

“So bene che avete fatto passi molto seri per portare rimedio a questa situazione, per assicurare che i ragazzi siano protetti in maniera efficace da qualsiasi danno, e per affrontare in modo appropriato e trasparente le accuse quando esse sorgono”, ha detto ai Vescovi, ricordando che questi hanno espresso pubblicamente il loro “profondo dispiacere per quanto accaduto e per i modi spesso inadeguati con i quali, in passato, si è affrontata la questione”.

“La vostra crescente comprensione dell’estensione degli abusi sui ragazzi nella società, dei suoi effetti devastanti, e della necessità di fornire adeguato sostegno alle vittime, dovrebbe servire da incentivo per condividere, con la società più ampia, la lezione da voi appresa”.

“Quale via migliore potrebbe esserci se non quella di fare riparazione per tali peccati avvicinandovi, in umile spirito di compassione, ai ragazzi che soffrono anche altrove per gli abusi? - ha chiesto -. Il nostro dovere di prenderci cura della gioventù esige proprio questo e niente di meno”.

“Mentre riflettiamo sulla fragilità umana che questi tragici eventi rivelano in maniera così dura, ci viene ricordato che, per essere guide cristiane efficaci, dobbiamo vivere nella più alta integrità, umiltà e santità”, ha proseguito il Papa.

“Prego che fra le grazie di questa visita vi sia un rinnovato impegno da parte delle guide cristiane alla vocazione profetica che hanno ricevuto, e un nuovo apprezzamento da parte del popolo per il grande dono del ministero ordinato”, ha confessato.

“Sgorgheranno così spontaneamente le preghiere per le vocazioni, e possiamo esser fiduciosi che il Signore risponderà inviando operai che raccolgano l’abbondante messe che ha preparato in tutto il Regno Unito”.

A questo proposito, il Papa si è detto lieto di incontrare, dopo i Vescovi, i seminaristi di Inghilterra, Scozia e Galles, per rassicurarli delle sue preghiere, “mentre si preparano a far la loro parte per raccogliere quella messe”.







Il Papa ai Vescovi britannici: “Offrite l'acqua viva del Vangelo”
Discorso al Seminario di Oscott a Birmingham




BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Incontrando questa domenica pomeriggio nella Cappella della Francis Martin House presso il Seminario di Oscott a Birmingham i Vescovi di Scozia, Inghilterra e Galles, Benedetto XVI ha chiesto loro di non stancarsi mai di offrire alla società del loro Paese “l'acqua viva del Vangelo”.

In quello che ha definito “un giorno di grande gioia per la comunità cattolica in queste isole” per la beatificazione del Cardinale John Henry Newman, “esempio di fedeltà eroica al Vangelo” e “intercessore per la Chiesa” in Gran Bretagna, il Papa ha ricordato che nel 1852, proprio nella Cappella della Francis Martin House, il porporato “diede voce alla nuova fiducia e vitalità della comunità cattolica in Inghilterra e Galles, dopo la restaurazione della gerarchia”.

“Le sue parole possono essere applicate pure alla Scozia, venticinque anni dopo”, ha aggiunto.

Per il Papa, la beatificazione del Cardinale è “un ricordo della continua azione dello Spirito Santo nell’elargire doni di santità su tutta la gente della Gran Bretagna, così che da est ad ovest e dal nord al sud, sia elevata una perfetta oblazione di lode e di ringraziamento alla gloria del nome di Dio”.

Offrire Cristo

In questa visita nel Regno Unito, il Pontefice confessa che gli “è apparso chiaro come, fra i britannici, sia profonda la sete per la buona novella di Gesù Cristo”.

“Siete stati scelti da Dio per offrire loro l’acqua viva del Vangelo, incoraggiandoli a porre le proprie speranze non nelle vane lusinghe di questo mondo, bensì nelle solide rassicurazioni del mondo futuro”, ha detto ai Vescovi.

“Mentre annunciate la venuta del Regno, con le sue promesse di speranza per i poveri ed i bisognosi, i malati e gli anziani, i non ancora nati e gli abbandonati, fate di tutto per presentare nella sua interezza il messaggio vivificante del Vangelo, compresi quegli elementi che sfidano le diffuse convinzioni della cultura odierna”, ha esortato.

Allo stesso modo, ha incoraggiato i presuli a servirsi del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, di recente istituzione, e a “esplorare vie appropriate ed efficaci” per coinvolgere nella missione della Chiesa i nuovi movimenti ecclesiali, molti dei quali hanno “un carisma particolare per l'evangelizzazione”.

Vicinanza a chi soffre

Il Pontefice ha quindi affrontato alcune delle sfide più pressanti per la società britannica, come le conseguenze della crisi finanziaria, “che ha causato tante privazioni ad innumerevoli persone e tante famiglie”.

“Lo spettro della disoccupazione sta stendendo le proprie ombre sulla vita di molta gente, ed il costo a lungo termine di pratiche d’investimento dei tempi recenti, mal consigliate, sta diventando quantomai evidente”.

In queste circostanze, ha chiesto ai Vescovi di esortare i cattolici britannici, dalla “caratteristica generosità”, alla solidarietà nei confronti dei bisognosi.

“La voce profetica dei cristiani ha un ruolo importante nel mettere in evidenza i bisogni dei poveri e degli svantaggiati, che possono così facilmente essere trascurati nella destinazione di risorse limitate”.

Messale Romano

Un'altra questione affrontata dal Papa nel suo discorso ai Vescovi è stata l’imminente pubblicazione della nuova traduzione del Messale Romano.

“Desidero ringraziare tutti voi per il contributo dato, con così minuziosa cura, all’esercizio collegiale nella revisione e nell’approvazione dei testi”, ha affermato il Pontefice, sottolineando che “ciò ha fornito un immenso servizio ai cattolici di tutto il mondo anglofono”.

“Vi incoraggio a cogliere l’occasione che questa nuova traduzione offre, per una approfondita catechesi sull’Eucaristia e per una rinnovata devozione nei modi in cui essa viene celebrata”.

“Quanto più viva è la fede eucaristica nel popolo di Dio, tanto più profonda è la sua partecipazione alla vita ecclesiale che Cristo ha affidato ai suoi discepoli”, ha aggiunto citando l'Esortazione Apostolica Sacramentum caritatis.

Gesto profetico

Riferendosi infine alla Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, che permette a gruppi di anglicani di entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica prevedendo l'istituzione di Ordinariati personali, Benedetto XVI ha indicato che “dovrebbe essere considerato un gesto profetico che può contribuire positivamente allo sviluppo delle relazioni fra anglicani e cattolici”.

“Ci aiuta a volgere lo sguardo allo scopo ultimo di ogni attività ecumenica: la restaurazione della piena comunione ecclesiale nel contesto della quale il reciproco scambio di doni dai nostri rispettivi patrimoni spirituali serve da arricchimento per noi tutti”.

“Continuiamo a pregare e ad operare incessantemente per affrettare il lieto giorno in cui quel traguardo potrà essere raggiunto”, ha concluso.









Il Papa ricorda gli inglesi che spesero la loro vita contro il nazismo
A settant’anni dalla Battaglia d'Inghilterra




BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Nella domenica in cui la Gran Bretagna celebra il settantesimo anniversario della Battaglia d'Inghilterra (1940), il Papa tedesco ha voluto rendere omaggio a tutti quei britannici che lottarono contro il nazismo a costo della loro vita.

“Per me, che ho vissuto e sofferto lungo i tenebrosi giorni del regime nazista in Germania – ha detto Benedetto XVI –, è profondamente commovente essere qui con voi in tale occasione, e ricordare quanti dei vostri concittadini hanno sacrificato la propria vita, resistendo coraggiosamente alle forze di quella ideologia maligna”.

Le sue parole sono state ascoltate dai circa settanta mila pellegrini riuniti per la Messa di beatificazione del Cardinale John Henry Newman (1801-1890), nel Cofton Park di Rednal, a Birmingham.

Il Pontefice ha salutato in particolare gli abitanti della vicina Coventry, “che ebbe a soffrire un così pesante bombardamento e una grave perdita di vite umane nel novembre del 1940”.

“Settant’anni dopo – ha aggiunto –, ricordiamo con vergogna ed orrore la spaventosa quantità di morte e distruzione che la guerra porta con sé al suo destarsi, e rinnoviamo il nostro proposito di agire per la pace e la riconciliazione in qualunque luogo in cui sorga la minaccia di conflitti.”

La Battaglia d'Inghilterra è legata alla campagna aerea che l'aviazione tedesca sferrò contro quella britannica nel 1940, nel corso della seconda guerra mondiale, al fine di ottenere la supremazia sui cieli della Manica e dell'Inghilterra meridionale indispensabile per l'invasione dell'isola.

Il bilancio dei terribili scontri fu di 300 mila morti, molti dei quali civili, mentre due milioni di case furono rase al suolo. Secondo le cifre ufficiali, l'aviazione britannica perse 900 aeroplani, mentre quella tedesca ne perse circa 1.700.








Padre Lombardi: il Papa e Newman, due ricercatori della verità


ROMA, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI e il Cardinale John Henry Newman sono accomunati dallo stesso tipo di esperienza della fede e dalla ricerca della verità. E' quanto ha detto ai microfoni della Radio Vaticana il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.

Secondo il sacerdote gesuita la figura del neo beato sintetizza molti dei temi affrontati durante il viaggio dal Papa nel suo incarnare “la bellezza e la gioia della fede in Cristo come fondamento di un servizio positivo per la società in cui si vive, come fondamento di una testimonianza efficace di grande carità per la comunità in cui si vive”.

Allo stesso tempo, per Newman la fede cristiana è “un cammino di ricerca della verità sempre più profondo che giunge sempre più pienamente all’incontro con Cristo e quindi alla santità”.

“E’ una personalità – ha continuato il direttore della Sala Stampa vaticana – che ha una profonda sintonia con quella del Santo Padre per l’unione fra esperienza di cultura ed esperienza di fede, per la profonda spiritualità per il senso di ricerca della verità”.

“Quindi – ha aggiunto –, capiamo anche perché il Papa ha desiderato di fare lui stesso questa Beatificazione. Si è sentita una sintonia profonda di sensibilità, di impostazione dell’esperienza di fede”.

Nel ripercorrere poi alcuni dei momenti più toccanti della visita papale, il portavoce vaticano ha richiamato l’incontro con le vittime degli abusi, “che è stato significativo del modo in cui il Santo Padre affronta questa questione così delicata per la Chiesa oggi”.

In particolare, ha spiegato, in questo viaggio il Papa ha voluto affrontare tale questione in tre modi diversi: “con le parole dell’omelia, con l’incontro con le vittime e con l’incontro con le persone impegnate nella salvaguardia, nella tutela dei giovani e dei bambini”.

“Quest’ultimo aspetto – ha evidenziato – è un po’ una novità rispetto ad altri viaggi e dimostra la completezza degli approcci con cui la Chiesa deve affrontare questa situazione guardando anche in avanti e mettendo proprio tutte le premesse perché la testimonianza sia credibile e ci sia la garanzia di poter evitare per sempre il ripetersi di errori e di crimini”.









Festa della fede a Birmingham per la beatificazione di Newman
70.000 i fedeli presenti alla cerimonia

di Carmen Elena Villa



BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Questa domenica il Cofton Park di Rednal si è tramutato in un gigantesco luogo di preghiera, che ha riunito circa 70.000 fedeli provenienti dall'Inghilterra e da diverse diocesi di tutto il mondo desiderosi di essere presenti a un evento senza precedenti nella storia britannica: la beatificazione di uno dei suoi figli in una messa presieduta dal Papa Benedetto XVI.

Alle 10 del mattino il Papa ha fatto il suo ingresso in processione mentre il coro intonava la canzone Praise to the holiest in the heights, il cui testo è stato ispirato da alcuni scritti del Cardinale Newman e che è stata eseguita anche sabato notte in occasione della vigilia di preparazione alla sua beatificazione.

Accanto al Papa decine di Vescovi delle diversi diocesi del Regno Unito così come decine di sacerdoti.

Nel suo indirizzo di saluto al Pontefice l'Arcivescovo di Birghiman, mons. Bernard Longley, ha detto: "Negli ultimi giorni lei è stato fra noi come un pellegrino che condivide la propria ricerca della verità e della bontà di Dio. Come nostro Pastore Supremo lei ci ha condotti più vicini a Gesù Cristo per essere rinfrescati dalle 'sorgenti della Trinità'".

“Ora Santo Padre – ha proseguito – siamo uniti con lei in preghiera in questa città che è stata la casa d'elezione del venerabile John Henry Newman”.

“Le chiediamo, Santo padre, di farci avvicinare nuovamente alla presenza eucaristica del Signore”, ha continuato l'Arcivescovo “così che possiamo presto acclamare il Venerabile John Henry tra i beati”.

Al termine del suo breve discorso mons. Longley ha consegnato al Pontefice una edizione del libro Apologia pro vita sua, che l'autobiografía nonché una delle opere più importanti del neo beato.

Subito dopo un gruppo composto per la maggior parte da laici ha consegnato al Papa le reliquie del

Cardinale Newman. Tra questi erano presenti il postulatore della Causa, l'avvocato Andrea Ambrosi, così come John (Jack) Sullivan, il diacono che ha ricevuto il miracolo decisivo per la beatificazione.

Ha quindi avuto inizio il rito di beatificazione durante il quale è stata letta una breve biografia del Cardinale. Benedetto XVI ha pronunciato la formula di beatificazione, accolta con un applauso entusiasta da parte dei fedeli mentre veniva svelato l'arazzo con il volto di Newman. Gli assistenti hanno quindi cominciato ad abbassere in segno di rispetto le bandiere dei diversi paesi di provenienza compresa quella vaticana.

Allegria tra i fedeli

ZENIT ha potuto parlare con alcuni delle migliaia di partecipanti alla cerimonia tra cui Vicky Birmingham, una delle componenti del coro che ha cantato durante la celebrazione: “Ci siamo preparati per questo appuntamento a partire da maggio, facendo le prove con i cori in tutta la diocesi”.

I membri del coro, diretto da padre Peter Jones, musicista e compositore, provenivano da diverse parrocchie dell'Inghilterra, comprese l'oratorio di Birmingham e di Londra. Sono giunti qui alle 4:30 ed hanno potuto ammirare il sole sorgere mentre eseguivano le prove.

Nello spiegare ciò che rappresenta per lei il nuovo beato Vicky ha detto: “è qualcuno che ammiro perché ha abbandonato la pace dei chiostri di Oxford per una città frenetica e per mettere in pratica la sua fede".

Ha poi confessato che è stato meraviglioso “partecipare a una beatificazione presieduta dal Papa in persona, e alla prima beatificazione in Gran Bretagna. Finalmente il cattolicesimo inglese ha ricevuto il suo giusto riconoscimento”.

Elizabeth Flynn, un'altra fedele inglese presente alla cerimonia, ha espresso così la sua gioia al temine della preghiera dell'Angelus: "È bello stare con tanti inglesi. Regna un'atmosfera sana, tranquilla. Ho percepito lo stesso silenzio di una messa domenicale ma al contempo una grande gioia”.

Per Cecilia Wain, un'altra partecipante proveniente da Manchester, “questo evento porterà molta Grazia nel Paese”.

"Gesù ha detto che avrebbe rinnovato ogni cosa, ed io credo che la visita e la beatificazione costituiscano realmente l'inizio di qualche cosa di nuovo", ha concluso.












Le liturgie per la visita nel Regno Unito, veicolo di nuova evangelizzazione
Distribuito un milione di copie della rivista di liturgia e preghiera “Magnificat”

di Jesús Colina


BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Le celebrazioni liturgiche che Benedetto XVI ha presieduto durante la sua visita nel Regno Unito sono diventate grandi momenti di nuova evangelizzazione, secondo quanto hanno testimoniato i partecipanti e le stesse immagini televisive.

Per vivere in modo più profondo questi momenti di preghiera, è stato distribuito un milione di copie della rivista “Magnificat” - che presenta i testi degli atti pubblici di preghiera a cui il Papa ha partecipato – non solo ai pellegrini presenti, ma anche nelle parrocchie di Scozia, Inghilterra e Galles.

Romain Lizé, direttore aggiunto di “Magnificat”, che ha seguito il Papa nel suo viaggio nel Regno Unito, ha spiegato a ZENIT che l'iniziativa ha avuto luogo perché “era molto importante per le Conferenze Episcopali britanniche associare il maggior numero possibile di persone a questa visita storica, in particolare quanti non si potevano spostare”.

“Presente da alcuni anni in Gran Bretagna, era naturale per 'Magnificat' investire nella preparazione della visita del Papa a livello sia finanziario che spirituale – ha riconosciuto Lizé –. Questa visita è per la rivista l'opportunità di mettere a disposizione dei fedeli una versione completamente britannica, con il calendario liturgico e la traduzione biblica appropriati”.

“L'insediamento duraturo di 'Magnificat' in Gran Bretagna riflette anche la volontà di sostenere la comunità cattolica inglese e di esortare la 'seconda primavera' auspicata dal Cardinale John
Henry Newman, beatificato questa domenica”, ha aggiunto Lizé.

La celebrazione eucaristica della beatificazione del porporato è diventata per i 70.000 pellegrini presenti un momento unico per la loro vita come cattolici britannici, di cui la copia di “Magnificat” diventerà un ricordo permanente.

La rivista “Magnificat”, nata in Francia nel 1992, riunisce circa un milione di lettori che ogni giorno pregano insieme.

Ci sono 500.000 magnificaters (come vengono definiti) negli Stati Uniti e 200.000 in Francia. Il fenomeno si sta estendendo anche in America Latina, Spagna, Germania, Lituania, Irlanda e Gran Bretagna.

Questa rivista mensile è un compagno di vita spirituale. Ogni giorno presenta una preghiera mattutina e una vespertina, ispirate alla Liturgia delle Ore, i testi della Messa, meditazioni, vita dei santi e commenti a opere d'arte. Di recente è stata lanciata un'applicazione Iphone.


L'archivio di “Magnificat” con i testi di tutti gli atti di preghiera ai quali ha partecipato Benedetto XVI nella sua visita al Regno Unito può essere scaricato in formato PDF su: www.thepapalvisit.org.uk/content/download/9844/63860/file/UK-Magnif...

Per ulteriori informazioni, www.magnificat.com/
+PetaloNero+
00martedì 21 settembre 2010 00:20
Il Regno Unito in tripudio per la beatificazione del Cardinale Newman
L'ultimo giorno della visita papale abbraccia realtà spirituali e secolari

di Edward Pentin


BIRMINGHAM, lunedì, 20 settembre 2010 (ZENIT.org).- Un arcobaleno è apparso su Cofton Park mentre Papa Benedetto XVI arrivava questa domenica mattina per la Messa di beatificazione del Cardinale John Henry Newman, il teologo inglese del XIX secolo che ha avuto un'influenza significativa sulla vita del Santo Padre.

Moltissimi fedeli di tutto il Paese e stranieri avevano sfidato la pioggia e si erano riuniti fin dalle prime ore del mattino nel luogo vicino Birmingham in cui si sarebbe celebrata la beatificazione, non lontano da Rednal, dove riposano i resti del porporato.

E' stata una Messa di beatificazione molto speciale: non solo è stata l'unica Messa di questo tipo celebrata da Benedetto XVI, ma è stata anche la prima beatificazione di un inglese da secoli.

Il Santo Padre è arrivato in papamobile e, come giovedì a Glasgow, è stato condotto attraverso una folla di 70.000 pellegrini entusiasti. Da un lato dell'altare costruito per l'occasione spiccavano le parole “Il cuore parla al cuore”, il tema scelto dal Papa per la sua visita, tratto dai pensieri del Cardinale Newman.

Hanno assistito alla cerimonia Vescovi di Inghilterra, Galles e Scozia e membri della Famiglia reale e del Governo. C'erano anche dei parenti del Cardinale Newman – discendenti di suo cugino – e il diacono Jack Sullivan, la cui guarigione inspiegabile da un problema alla schiena è stata attribuita lo scorso anno all'intercessione del Cardinale Newman. Il decreto ha portato alla beatificazione, ponendo fine a un caso su cui si indagava dal 1958.

Nella sua omelia, il Santo Padre ha lodato la spiritualità e la santità del teologo inglese, sottolineando il suo pensiero circa l'educazione, “fermamente contrario ad ogni approccio riduttivo o utilitaristico”, e rimarcando il famoso appello del beato a un laicato intelligente e ben istruito.

Allo stesso modo, ha riflettuto anche sulla sua vita sacerdotale, ricordando la “visione profondamente umana del ministero sacerdotale nella devota cura per la gente di Birmingham durante gli anni spesi nell’Oratorio da lui fondato, visitando i malati ed i poveri, confortando i derelitti, prendendosi cura di quanti erano in prigione”.

“'Il cuore parla al cuore' ci permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio del cuore umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio”, ha detto il Santo Padre. “Ci rammenta che la fedeltà alla preghiera ci trasforma gradualmente nell’immagine divina”.

Il Papa ha iniziato la sua omelia ricordando che il Regno Unito questa domenica commemorava il 70° anniversario della “Battle of Britain”, durante la quale, contro ogni previsione, la Royal Air Force vinse una famosa battaglia aerea contro i nazisti.

“Per me, che ho vissuto e sofferto lungo i tenebrosi giorni del regime nazista in Germania, è profondamente commovente essere qui con voi in tale occasione, e ricordare quanti dei vostri concittadini hanno sacrificato la propria vita, resistendo coraggiosamente alle forze di quella ideologia maligna”, ha detto Benedetto XVI.

“Settant’anni dopo, ricordiamo con vergogna ed orrore la spaventosa quantità di morte e distruzione che la guerra porta con sé al suo destarsi, e rinnoviamo il nostro proposito di agire per la pace e la riconciliazione in qualunque luogo in cui sorga la minaccia di conflitti”.

La nota giusta

Per padre Richard Duffield, prevosto dell'Oratorio di Birmingham che ha anche letto la Dichiarazione di Beatificazione durante la Messa, la celebrazione è stata “splendida” ed è andata “estremamente bene”.

Padre Duffield ha detto a ZENIT che la decisione del Santo Padre di concentrarsi sugli aspetti spirituali e pastorali del beato Newman “ha toccato proprio la nota giusta”.

Dopo la Messa, il Santo Padre è stato condotto all'Oratorio di Birmingham, dove ha visto i luoghi in cui ha vissuto il Cardinale Newman e ha visitato la biblioteca in cui ha studiato. “Ha visto i libri e le carte di Newman e noi abbiamo dato al Santo Padre uno dei suoi rosari”, ha detto padre Duffield. “Ci ha detto che avrebbe voluto poter trascorrere più tempo nella biblioteca”.

Irena Sani, pellegrina originaria dell'Albania e che ora vive a Londra, mi ha detto prima della beatificazione che si aspetta che produrrà “molti frutti”. Newman è un “grande esempio” di anglicano “che conosce la Chiesa cattolica e può aiutare altri anglicani a tornare alla Chiesa”, ha detto.

“Non è una coincidenza che si sia convertito perché ha riconosciuto la Verità quando l'ha vista, e la gente che conosce la Verità non può fare altro che essere accolta nella Chiesa”. La beatificazione, ha detto, è importante non solo per il Regno Unito, ma per tutto il mondo.

Il Papa ha poi pranzato con i Vescovi di Inghilterra, Galles e Scozia al St. Mary's College di Oscott, prima di incontrare i seminaristi. Nel suo discorso ai Vescovi, nella stanza in cui il Cardinale Nicholas Wiseman incontrò i Vescovi inglesi nel 1852 per discutere la restaurazione della gerarchia, il Papa ha pronunciato schiette parole di guida.

Ha esortato la Chiesa in Gran Bretagna a “presentare nella sua interezza il messaggio vivificante del Vangelo, compresi quegli elementi che sfidano le diffuse convinzioni della cultura odierna”, e ha incoraggiato i Vescovi ad avvalersi del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, che il Papa ha istituito di recente.

Allo stesso modo, ha esortato i cattolici britannici a mostrare solidarietà con le vittime della crisi economica, e ha fatto appello ai Vescovi affinché incoraggino la gente ad “aspirare ai valori morali più alti”.

Ha anche lodato il modo in cui la Chiesa nel Paese ha affrontato i casi di abuso sessuale da parte di chierici, incoraggiando a condividere ciò che è stato appreso. Ha inoltre ricordato che i leader cristiani devono vivere in “integrità, umiltà e santità”.

Parlando di due questioni relative al ministero episcopale, ha chiesto ai Vescovi di “cogliere l'occasione” di usare la nuova traduzione inglese del Messale Romano per avvalersi di una catechesi approfondita sull'Eucaristia, e ha affermato che la “Anglicanorum Coetibus”, la Costituzione Apostolica che permette agli anglicani di essere accolti in gruppo nella Chiesa, è uno strumento per la comunione.

Quest'ultima iniziativa, non sempre pienamente sostenuta dalla gerarchia di Inghilterra e Galles, dovrebbe essere considerata “un gesto profetico che può contribuire positivamente allo sviluppo delle relazioni fra anglicani e cattolici”, ha detto.

“Ci aiuta a volgere lo sguardo allo scopo ultimo di ogni attività ecumenica: la restaurazione della piena comunione ecclesiale nel contesto della quale il reciproco scambio di doni dai nostri rispettivi patrimoni spirituali, serve da arricchimento per noi tutti”.

Dopo aver salutato un folto gruppo di seminaristi e aver percorso un breve tratto verso l'aeroporto, il Papa si è congedato, dopo un discorso del Primo Ministro David Cameron.

Grande onore

Nel suo discorso di congedo al Papa, Cameron ha detto che è stato un “grande onore” averlo in visita, e che il messaggio che il Santo Padre ha portato non era “solo per la Chiesa, ma per ciascuno di noi, di qualsiasi fede o di nessuna”. Ha anche lodato l'opera del Cardinale Newman e la sua visione di “un'educazione più ampia”.

Cameron ha detto che il messaggio del Papa è andato “al cuore della nuova cultura e responsabilità sociale” che il nuovo Governo desidera costruire in Gran Bretagna, e ha assicurato al Pontefice che la fede “è sempre stata e sarà sempre” parte del tessuto della società britannica. Le parole del Santo Padre hanno “sfidato l'intero Paese a sedersi e a pensare”, e a lavorare per il bene comune, ha detto.

“Pensi al nostro Paese come a uno che non solo conserva la fede, ma è anche profondamente compassionevole”, ha aggiunto Cameron, concludendo col dire che auspica “una cooperazione sempre più stretta” con la Santa Sede.

Nel suo discorso, Benedetto XVI ha espresso la propria gratitudine per l'organizzazione della visita e per l'opportunità di incontrare la regina Elisabetta II e di poter discutere questioni di interesse comune. Ha detto di essersi sentito “particolarmente onorato” di essere stato invitato a rivolgersi a entrambe le Camere del Parlamento nella Westminster Hall, e di sperare che la sua visita confermi e rafforzi le “eccellenti relazioni” tra la Santa Sede e il Regno Unito su questioni comuni.

La diversità della Gran Bretagna di oggi è una sfida, ha detto, ma offre anche una “grande opportunità” per un ulteriore dialogo interculturale e interreligioso. Il Pontefice ha concluso dicendo che è stato “commovente in maniera speciale” celebrare la beatificazione “di un grande figlio dell'Inghilterra, il Cardinale John Henry Newman”.

“Con la sua vasta eredità di scritti accademici e spirituali, sono certo che egli abbia ancora molto da insegnarci sulla vita e la testimonianza cristiane tra le sfide del mondo contemporaneo, sfide che egli previde con eccezionale chiarezza”, ha confessato.

“Nel congedarmi da voi, permettetemi ancora una volta di formulare i migliori voti e le mie preghiere per la pace e la prosperità della Gran Bretagna – ha concluso –. Grazie molte e Dio vi benedica tutti!”.

[Traduzione dall'inglese di Roberta Sciamplicotti]
+PetaloNero+
00mercoledì 22 settembre 2010 00:07
I quotidiani inglesi moderano i toni dopo la visita papale
di Inma Álvarez


LONDRA, martedì, 21 settembre 2010 (ZENIT.org).- La rivista satirica britannica Private Eye pubblica spesso ipotetiche lettere di scusa della stampa quando l'opinione che questa ha trasmesso su una persona viene smentita dai fatti.

“Potrebbe applicarsi alla visita di Stato di Papa Benedetto XVI”, ha affermato Dominic Lawson, editorialista del The Independent, nella sua rubrica di questo martedì Pope Benedict... an apology.

“Il Papa. Una scusa. Vogliamo chiedere scusa per aver descritto Sua Santità come il leader tirannico con gli stivali militari di un'istituzione corrotta impegnata nella violenza sui bambini e nello sterminio di tutto il continente africano. Ora accettiamo che è un uomo anziano e dolce, mai più felice di quando bacia i bambini, e che questo Paese ha molto da imparare dalla sua umanità e dalla sua preoccupazione per i più deboli della società”.

Con questo tono ironico, Lawson constata il cambiamento di tono generale della stampa inglese dopo la visita del Papa. Lo stesso Independent, osserva, ha pubblicato commenti editoriali che “sarebbero stati impensabili una settimana prima”.

“Quando qualcuno viene definito un mostro (o 'un vecchio villano lascivo in sottana', come ha detto Richard Dawkins) ed emerge come una modesta figura accademica visibilmente a disagio con la magniloquenza politica di una visita di Stato, i commentatori comprendono che i loro lettori preferirebbero un tono più gentile”, afferma Lawson.

“Sospetto che sia proprio il carattere apolitico di Papa Benedetto XVI a dargli una certa attrattiva popolare, anche da parte di coloro che non sono membri della Chiesa cattolica, e che senza dubbio non si sentono costretti a seguire i suoi inamovibili pronunciamenti dottrinali”.

L'articolista, che è stato direttore dello Spectator, conclude: “L'umiltà è forse la più difficile delle virtù; i più presuntuosi critici laicisti del Papa potrebbero imparare da lui”.

Non è l'unico commento al riguardo. Nel “giorno dopo” della visita, come constata un rapporto di Catholic Voices, è evidente la moderazione della stampa inglese di ogni settore d'opinione, così come è unanime il riconoscimento del successo della visita, contro quasi tutti i pronostici.

Ripercorrendo una per una le cinque maggiori testate inglesi nella loro edizione di lunedì 20 settembre, il rapporto mostra come è stata la copertura della beatificazione del Cardinale Newman a Cofton Park.

La sinistra

The Guardian, rappresentante della sinistra liberale, dedica una doppia pagina a un reportage sulla beatificazione, firmato dal suo corrispondente religioso Stephen Bates.

Un'altra corrispondente, Riazat Butt, afferma che “il vero successo di questo viaggio storico non è stato Benedetto XVI, ma il suo gregge, che ha sfidato le aspettative e la pubblicità negativa per dare il benvenuto al Papa in Gran Bretagna”.

Nella sezione del quotidiano dedicata ai commenti, un dirigente ricorda ai lettori perché The Guardian ha sostenuto la visita “nonostante il conservatorismo intransigente e a volte crudele di Benedetto XVI”, perché “si trattava di una questione diplomatica seria”.

L'editoriale non crede che il Papa abbia superato “la divisione religiosa-laica”, ma ha alcune parole critiche contro i manifestanti, che “forse non vedono alcun legame tra loro e le torme antipapiste del passato, ma c'è un fallimento nel dare alla fede il rispetto sincero che le è dovuto”.

Nella sezione della difesa del lettore, spicca la critica di molti lettori verso quella che considerano l'“ostilità istintiva nei confronti della religione” da parte del quotidiano, anche se l'ombudsman ricorda l'estesa copertura data dal Guardian alla visita.

Forse il cambiamento più sintomatico è stato, come riferiva l'inizio di questa notizia, il caso del The Independent, quotidiano che nel periodo precedente la visita si era fatto portavoce del settore laicista più aggressivo.

Nel suo editoriale di questo lunedì,Benedict spoke to Britain, il quotidiano ammetteva che la visita è “andata meglio, anche molto meglio di quanto ci si poteva aspettare”, grazie soprattutto “a ciò che il Papa ha detto e a come l'ha detto”, mostrando “che ha un lato molto più caldo, più umano e meno rigido di quanto può sembrare da lontano”.

“Quanto alle sue allusioni su quanto sia rischioso per la tolleranza relegare la religione ai margini, forse ha lasciato una Gran Bretagna con la mente un po' più aperta di quando l'ha trovata”, conclude sorprendentemente l'editoriale.

Conservatori

Dal canto suo, il Daily Mail, conservatore, pubblica un commento firmato da Stephen Glover in cui si afferma che la visita “è andata molto al di là” di un successo che la stessa gerarchia cattolica non si aspettava. “Il Papa ha parlato all'anima del nostro Paese, affermando le verità morali eterne che i nostri leader politici e religiosi preferiscono evitare”.

Uno dei successi sorprendenti sottolineati da Glover è il “volto giovane” della Chiesa cattolica britannica. Si criticano poi gli atei radicali contrari alla visita: “non hanno niente da offrire né ai giovani né agli altri come via di speranza”.

The Times non ha dedicato un editoriale, ma ha pubblicato un reportage di Richard Owen, il suo corrispondente a Roma, che si sorprende dell'enfasi del Papa sul “sano pluralismo” e sulle “diverse tradizioni religiose” della società britannica, affermando che “questo non è l'uomo che è stato eletto Papa cinque anni fa”.

Il Daily Thelegraph, infine, riporta un Papa sorridente in prima pagina e afferma che il Pontefice “sembrava molto più preoccupato di riconstruire il dialogo tra la Chiesa e la società civile che di convertire”, criticando allo stesso tempo le “esagerazioni laiciste”.

Il rapporto può essere letto sul blog di Catholic Voices.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]










Molti britannici colpiti da "post papal depression”
Il “perché” di un così grande successo di Benedetto XVI nel Regno Unito

di Luis Badilla*



ROMA, martedì, 21 settembre 2010 (ZENIT.org).- Anna Arco, vaticanista britannica, collaboratrice di numerose pubblicazioni specializzate, ha confessato di soffrire di "ppd", e cioè "post papal depression".

Forse, nella gigantesca mole di articoli scritti in queste ore per fare un bilancio dei quattro giorni di Benedetto XVI nel Regno Unito, non c'è battuta migliore per dare una misura, seppur immediata, di quanto sia la dimensione del successo pastorale, ecclesiale, spirituale e umano della visita del Papa.

I primi sorpresi di un così grande successo, come scrive oggi Fiona Ehlers su “Der Spiegel” (online), non sempre tenero con Benedetto XVI, sono i cittadini del Regno Unito. Da un estremo all'altro del tessuto sociale britannico serpeggia, anche tra i critici (e nonostate i loro "però") una sola idea, quella di Damian Thompson su “The Telegraph”: "Un vero trionfo personale".

Perché? Le ragioni sono molte, ma la prima è una sola: i britannici hanno visto "le cose come sono", la verità, e non più ciò che un giornalismo molto forbito, acculturato e griffato ha visto per alcuni mesi; a volte contro ogni evidenza e non sempre rispettando la verità.

Hanno "visto" il Papa (centinaia di migliaia da vicino e un bel po' di milioni atraverso la tv). Hanno "sentito parlare" il Papa, in diverse circostanze, e su molti temi che stanno a cuore alle persone semplici che hanno sete di pensiero e di serietà. Poi, c'è anche un'altra ragione da non sottovalutare: la società britannica, come tutte le altre società europee, attraversa un periodo, ormai troppo lungo e devastante, di superficialità esistenziale e sente profondamente, con dolore e lacerazione, la mancanza di progetto, di futuro, di utopia, in un sola parola: di umanità (e di umanesimo), all'interno della quale ciascuno è persona e non solo cittadino, elettore, utente o consumatore.

Benedetto XVI non è andato a conquistare voti; a vendere profumi o macchina di grossa cilindrata; a promuovere un improbabile format televisivo o a dire il contrario di ciò che pensa.

Infine, come ha detto il suo portavoce, padre Federico Lombardi, è andato a proporre "il messaggio della fede come un qualche cosa di positivo", a proporre "delle riflessioni per poter discernere, per poter capire la situazione in cui noi ci troviamo oggi storicamente come società, come mondo, di fronte alle grandi sfide dell’oggi e del futuro, a quali valori possiamo orientarci, ai rischi anche di perdere l’orientamento ai valori essenziali".

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*Luis Badilla è creatore e curatore di Il Sismografo.
+PetaloNero+
00mercoledì 22 settembre 2010 15:31
VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A PALERMO IN OCCASIONE DEL RADUNO ECCLESIALE REGIONALE DELLE FAMIGLIE E DEI GIOVANI (3 OTTOBRE 2010) - PROGRAMMA

Domenica 3 ottobre 2010

08.15
Partenza in aereo dall’’Aeroporto di Roma Ciampino per Palermo.

09.15
Arrivo all’’Aeroporto ""Falcone e Borsellino"" di Punta Raisi a Cinisi.

10.00
SALUTO DELLA CITTADINANZA al Foro Italico di Palermo.

10.30
CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA al Foro Italico di Palermo. Omelia del Santo Padre.


RECITA DELL’’ANGELUS DOMINI al Foro Italico di Palermo. Saluto del Santo Padre.

13.15
Pranzo con i Vescovi della Sicilia nel Palazzo Arcivescovile di Palermo.

17.00
INCONTRO CON I SACERDOTI, I RELIGIOSI, LE RELIGIOSE E I SEMINARISTI nella Cattedrale di Palermo. Discorso del Santo Padre.

18.00
INCONTRO CON I GIOVANI in Piazza Politeama di Palermo. Discorso del Santo Padre.

19.15
Partenza in aereo all’’Aeroporto ""Falcone e Borsellino"" di Punta Raisi a Cinisi per Ciampino.

20.45
Arrivo all’’Aeroporto di Roma Ciampino.




Documentazione logistica

La Documentazione logistica riguardante la Visita Pastorale del Santo Padre a Palermo si trova nel sito Internet curato dagli organizzatori locali: www.ilpapaapalermo.it
+PetaloNero+
00giovedì 23 settembre 2010 00:40
Pubblicato il programma della visita del Papa a Palermo
Il 3 ottobre prossimo, per il raduno regionale delle famiglie e dei giovani




ROMA, mercoledì, 22 settembre 2010 (ZENIT.org).- La Sala Stampa vaticana ha pubblicato mercoeldì il programma dettagliato della visita pastorale che Benedetto XVI compirà domenica 3 ottobre prossimo a Palermo, in occasione del raduno ecclesiale regionale delle famiglie e dei giovani.

Il Papa partirà alle 8.15 in aereo dall’aeroporto di Roma Ciampino e atterrerà circa un’ora dopo allo scalo palermitano “Falcone e Borsellino”. Alle 10 è previsto il saluto alla città al Foro Italico di Palermo, dove alle 10.30 il Pontefice presiederà la Messa conclusa dalla recita dell’Angelus.

Dopo il pranzo con i Vescovi della Sicilia, Benedetto XVI si intratterrà alle 17 con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi nella Cattedrale cittadina, quindi – alle 18 – sarà la volta dell’incontro con i giovani in Piazza Politeama. Conclusi gli appuntamenti, alle 19.15 l’aereo papale ripartirà per Roma-Ciampino, dove l’arrivo è previsto per le 20.45.

In un comunicato i Vescovi di Sicilia fanno sapere che “di questa Terra si vuole far conoscere al Successore di Pietro non solo la storia ma anche l'attuale impegno comune delle diciotto Diocesi per la costruzione del Regno di Dio e per un servizio concreto a favore dell'uomo, radicato nel tessuto vitale dell'intero territorio dell'Isola”.

Con riferimento alla pastorale per le famiglie e i giovani, continua la nota, “le Chiese di Sicilia sono già fortemente impegnate per riaffermare la dignità e il valore unico e insostituibile della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita, e hanno a cuore la sorte delle giovani generazioni spesso lasciate in balia di se stesse e bisognose di una specifica attenzione educativa”.

“I Vescovi – si legge infine –, interpretando le attese dei fedeli delle Chiese di Sicilia, hanno chiara consapevolezza che la Visita del Santo Padre e il Suo luminoso insegnamento potranno aiutare a dare un rinnovato slancio missionario alle Comunità cristiane spingendole all'arduo compito dell'evangelizzazione e della trasmissione della fede alle nuove generazioni in un tempo così complesso e difficile in cui gli stessi credenti sentono forte il bisogno di essere confermati nella loro fede per rinnovare gioiosamente la loro testimonianza del Signore risorto”.
+PetaloNero+
00venerdì 24 settembre 2010 15:50
DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

Nei giorni 6 e 7 novembre 2010 Sua Santità Benedetto XVI compirà un Viaggio Apostolico in Spagna recandosi a Santiago de Compostela, in occasione dell’Anno Giubilare Compostelano, e a Barcelona per la dedicazione del Tempio della Sagrada Familia.






VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A SANTIAGO DE COMPOSTELA E BARCELONA (6 - 7 NOVEMBRE 2010) - PROGRAMMA



Sabato, 6 novembre 2010 Roma

08.30
Partenza in aereo dall’Aeroporto di Roma Fiumicino per Santiago de Compostela.

Santiago de Compostela

11.30
Arrivo all’Aeroporto Internazionale di Santiago de Compostela.


CERIMONIA DI BENVENUTO nell’Aeroporto Internazionale di Santiago de Compostela. Discorso del Santo Padre.


INCONTRO PRIVATO CON LE LORO ALTEZZE REALI I PRINCIPI DELLE ASTURIE nella Sala de Autoridades dell’Aeroporto Internazionale di Santiago de Compostela.

13.00
VISITA ALLA CATTEDRALE di Santiago de Compostela. Saluto del Santo Padre.

13.45
Pranzo con i Cardinali spagnoli, con i Membri del Comitato Esecutivo della Conferenza Episcopale della Spagna e con il Seguito Papale nell’Arcivescovado di Santiago de Compostela.

16.30
SANTA MESSA in occasione dell'Anno Santo Compostelano nella Plaza del Obradoiro a Santiago de Compostela. Omelia del Santo Padre.

19.15
Partenza in aereo dall’Aeroporto Internazionale di Santiago de Compostela per Barcellona.

Domenica, 7 novembre 2010 Barcelona

09.30
INCONTRO PRIVATO CON LE LORO MAESTÀ I REALI DI SPAGNA nella Sala Museale della Chiesa della Sagrada Familia a Barcelona.

10.00
SANTA MESSA con dedicazione della Chiesa della Sagrada Familia e dell’altare a Barcelona. Omelia del Santo Padre.


RECITA DELL’ANGELUS DOMINI nella Piazza della Chiesa della Sagrada Familia a Barcelona. Parole del Santo Padre.

13.00
Pranzo con i Cardinali e i Vescovi presenti, e con il Seguito Papale nell’Arcivescovado di Barcelona.

16.30
Congedo dall’Arcivescovado di Barcelona.

17.15
VISITA ALL’"OBRA BENEFICO-SOCIAL NEN DÉU" a Barcelona. Saluto del Santo Padre.

18.30
CERIMONIA DI CONGEDO nell’Aeroporto Internazionale di Barcelona. Discorso del Santo Padre.

19.15
Partenza in aereo dall’Aeroporto Internazionale di Barcelona per Roma.

Roma

20.55
Arrivo all’Aeroporto di Roma Ciampino.


Fuso orario
Roma e Spagna: + 1 UTC

+PetaloNero+
00domenica 26 settembre 2010 00:22
In viaggio con il beato Newman
La visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna



www.zenit.org/article-23839?l=italian
+PetaloNero+
00domenica 26 settembre 2010 15:18
Il programma della visita papale a Santiago de Compostela e Barcellona
Dal 6 al 7 novembre prossimi




ROMA, domenica, 26 settembre 2010 (ZENIT.org).- Nei giorni 6 e 7 novembre prossimi, Benedetto XVI compirà un viaggio apostolico in Spagna recandosi a Santiago de Compostela, in occasione dell’Anno Giubilare Compostelano, e a Barcellona per la dedicazione del Tempio della Sagrada Familia.

Il Papa, informa una nota della Sala Stampa vaticana, arriverà a Santiago alle 11.30 di sabato 6 novembre, dove incontrerà la famiglia reale.

Quindi, alle 13 visiterà la Cattedrale dove rivolgerà un saluto ai pellegrini. Nel pomeriggio, il Papa celebrerà la Santa Messa dell’Anno Compostelano nella Plaza del Obradoiro a Santiago de Compostela.

In serata, poi, si trasferirà a Barcellona, dove domenica, alle 10, presiederà una Messa nella Chiesa della Sagrada Familia.

Dopo il pranzo con i Cardinali e i Vescovi spagnoli, il Papa visiterà una struttura cattolica per l’infanzia bisognosa.

La partenza del Papa è prevista per le ore 19.15 dall’aeroporto internazionale di Barcellona.

Si tratta del secondo viaggio di Benedetto XVI in Spagna, dopo quello a Valencia, nel 2006, in occasione del V Incontro mondiale delle Famiglie. Il terzo è previsto per l'agosto 2011, quando il Papa presiederà la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid.
+PetaloNero+
00sabato 2 ottobre 2010 00:31
La visita del Papa a Palermo, un impulso alla responsabilità


ROMA, venerdì, 1° ottobre 2010 (ZENIT.org).- “La visita del Papa darà un impulso a tutti a prendere un impegno per risvegliare un forte senso di responsabilità” e servirà come “incoraggiamento a guardare con speranza e con volontà di ripresa”: è quanto ha detto questo venerdì mattina mons. Mariano Crociata, Segretario generale della Conferenza episcopale italiana (CEI).

A margine della conferenza stampa per la presentazione del comunicato finale del Consiglio episcopale permanente, tenutasi a Roma presso la Radio Vaticana, il presule ha detto a questo proposito di pensare soprattutto “ai giovani e alle famiglie tentate tante volte dal pessimismo e dallo scoraggiamento”.

Nell'editoriale del settimanale della diocesi “Settegiorni dagli Erei al Golfo”, ripreso dall'agenzia SIR, mons. Michele Pennisi, Vescovo di Piazza Armerina, ha scritto che Benedetto XVI “viene per rinsaldare e purificare da incrostazioni la nostra tradizione religiosa che si esprime attraverso le varie forme di pietà popolare e per incitare a una nuova evangelizzazione”.

“Papa Benedetto – ha scritto il presule – sfida i giovani a porsi le domande sul senso della vita e sulla possibilità di trovare risposta alle urgenze di verità, di bene, di felicità e di giustizia proprie del cuore di ogni uomo, nell’incontro personale con Gesù Cristo presente nella Chiesa”.

“Egli incita i giovani e le famiglie ad aprirsi alla speranza cristiana e li sprona a una responsabile testimonianza cristiana da dare in tutti gli ambienti di vita”.

“Benedetto XVI – continua mons. Pennisi – ci ricorda il grido accorato di Giovanni Paolo II ad Agrigento il 9 maggio 1993: ‘Nel nome di Cristo, crocifisso e risorto, che è Via, Verità e Vita convertitevi, un giorno arriverà il giudizio di Dio’”.

“Al rifiuto di ogni compromissione della comunità ecclesiale col fenomeno mafioso – ha continua – , la Chiesa siciliana non può non sentirsi legata, anche perché questo cammino storico è stato suggellato dalla splendida testimonianza del martirio di don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia solo perché fedele al suo ministero”.

In merito alle aspettative per la visita del Papa a Palermo, che avrà luogo domenica 3 ottobre in occasione del raduno ecclesiale regionale delle famiglie e dei giovani, mons. Mario Russotto, Vescovo di Caltanissetta, ha detto alla Radio Vaticana che i giovani oggi “chiedono di non sentirsi più soli dinanzi alle sfide della vita” e “vogliono ritrovare anche la fiducia nella Chiesa”.

Per questo, ha continuato il delegato della pastorale per la Famiglia e per i Giovani, occorre “alimentare in loro il desiderio di futuro”, perché “la nostra società consumistica, anche le istituzioni spesso parlano dei giovani senza mai parlare con i giovani, senza mai lasciar parlare i giovani”.

“Poi – ha proseguito –, bisogna anche educare i nostri giovani a sapere inventare lavoro, a non accontentarsi di fare i portaborse di questo o di quel politico, a non cercare il posto di lavoro dietro una scrivania”.

“Devono smarcarsi da ogni tipo di compromesso assistenzialista e clientelare – ha continuato mons. Mario Russotto –. Devono riuscire loro a edificare una civiltà dell’amore, una nuova società libera, una società fondata sulla fede, una società fondata sulla solidarietà”.

Riguardo, invece, all’incontro che Benedetto XVI avrà in Cattedrale con i sacerdoti, i religiosi e i seminaristi, il rettore del Seminario arcivescovile maggiore di Palermo, mons. Raffaele Mangano, ha detto che la situazione in Sicilia sul fronte delle vocazioni sta sperimentando “una ripresa”.

“Si è avuta una ripresa in questi ultimi anni, nelle Chiese di Sicilia, nei vari seminari – ha detto ai microfoni di Radio Vaticana –. Per quanto riguarda Palermo, attualmente, i numeri ci dicono che dal primo al sesto anno sono 35 i giovani in formazione e quest’anno 12 giovani hanno fatto richiesta di iniziare il cammino di discernimento nella comunità del propedeutico”.

“Possiamo dire – ha concluso – che siamo in questi giorni in ritiro e abbiamo anche guardato ai discorsi fatti dal Papa in questo ultimo periodo, ci siamo soffermati anche a riflettere su questi testi. Certamente – lei si può immaginare – c’è una grande gioia. Per molti di essi sarà la prima volta che avranno l’opportunità di vivere questo grande evento e, soprattutto, viverlo qui nella nostra città di Palermo”.

[Per maggiori informazioni: www.ilpapaapalermo.it]
+PetaloNero+
00domenica 3 ottobre 2010 15:21
VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A PALERMO IN OCCASIONE DEL RADUNO ECCLESIALE REGIONALE DELLE FAMIGLIE E DEI GIOVANI (3 OTTOBRE 2010) - I




INCONTRO CON LA CITTADINANZA AL FORO ITALICO


Alle ore 8.15 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI parte in aereo dall’aeroporto di Ciampino per la Visita Pastorale a Palermo, in occasione del Raduno ecclesiale regionale delle Famiglie e dei Giovani.

All’arrivo - previsto per le ore 9.15 - all’aeroporto "Falcone e Borsellino" a Punta Raisi nel comune di Cinisi, il Papa è accolto dall’Arcivescovo Metropolita di Palermo, S.E. Mons. Paolo Romeo, dall’Arcivescovo di Monreale, S.E. Mons. Salvatore Di Cristina e dall’ On. Angelino Alfano, Ministro della Giustizia, Rappresentante del Governo Italiano, insieme alle altre Autorità politiche, civili ed ecclesiastiche.

Il Santo Padre raggiunge Palermo in auto dove - al Foro Italico Umberto I - lo attendono i fedeli per la Celebrazione Eucaristica e riceve il saluto del Sindaco di Palermo, On. Diego Cammarata e dell’Arcivescovo Metropolita di Palermo, Presidente della Conferenza Episcopale Siciliana, S.E. Mons. Paolo Romeo.





CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA AL FORO ITALICO

Alle ore 10.30, al Foro Italico Umberto I di Palermo, il Papa presiede la Santa Messa nel corso della quale pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

E’ grande la mia gioia nel poter spezzare con voi il pane della Parola di Dio e dell’Eucaristia. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza! Saluto in particolare il vostro Pastore, l’Arcivescovo Mons. Paolo Romeo; lo ringrazio per le espressioni di benvenuto che ha voluto rivolgermi a nome di tutti, e anche per il significativo dono che mi offerto. Saluto anche gli Arcivescovi e i Vescovi presenti, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i rappresentanti delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali. Rivolgo un deferente pensiero al Sindaco, On. Diego Cammarata, grato per il cortese indirizzo di saluto, al Rappresentante del Governo ed alle Autorità civili e militari, che con la loro presenza hanno voluto onorare questo nostro incontro. Un ringraziamento speciale a quanti hanno generosamente offerto la loro collaborazione per l’organizzazione e preparazione di questa giornata.

Cari amici! La mia Visita avviene in occasione di un importante raduno ecclesiale regionale dei giovani e delle famiglie, che incontrerò nel pomeriggio. Ma sono venuto anche per condividere con voi gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni di questa comunità diocesana. Quando gli antichi Greci approdarono in questa zona, come ha anche ricordato il Sindaco nel suo saluto, la chiamarono "Panormo", cioè "tutto porto": un nome che voleva indicare sicurezza, pace e serenità. Venendo per la prima volta fra di voi, il mio augurio è che veramente questa Città, ispirandosi ai valori più autentici della sua storia e della sua tradizione, sappia sempre realizzare per i suoi abitanti, come pure per l’intera Nazione, l’auspicio di serenità e di pace sintetizzato nel suo nome.

So che a Palermo, come anche in tutta la Sicilia, non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni: penso, in particolare, a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale e, come ha ricordato l’Arcivescovo, a causa della criminalità organizzata. Oggi sono in mezzo a voi per testimoniare la mia vicinanza ed il mio ricordo nella preghiera. Sono qui per darvi un forte incoraggiamento a non aver paura di testimoniare con chiarezza i valori umani e cristiani, così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione.

Cari fratelli e sorelle, ogni assemblea liturgica è spazio della presenza di Dio. Riuniti per la santa Eucaristia, i discepoli del Signore sono immersi nel sacrificio redentore di Cristo, proclamano che Egli è risorto, è vivo e datore di vita, e testimoniano che la sua presenza è grazia, forza e gioia. Apriamo il cuore alla sua parola ed accogliamo il dono della sua presenza! Tutti i testi della liturgia di questa domenica ci parlano della fede, che è il fondamento di tutta la vita cristiana. Gesù ha educato i suoi discepoli a crescere nella fede, a credere e ad affidarsi sempre di più a Lui, per costruire sulla roccia la propria vita. Per questo essi gli chiedono: «Accresci in noi la fede» (Lc 17,6). E’ una bella domanda che rivolgono al Signore, è la domanda fondamentale: i discepoli non chiedono doni materiali, non chiedono privilegi, ma chiedono la grazia della fede, che orienti e illumini tutta la vita; chiedono la grazia di riconoscere Dio e di poter stare in relazione intima con Lui, ricevendo da Lui tutti i suoi doni, anche quelli del coraggio, dell’amore e della speranza.

Senza rispondere direttamente alla loro preghiera, Gesù ricorre ad un’immagine paradossale per esprimere l’incredibile vitalità della fede. Come una leva muove molto più del proprio peso, così la fede, anche un pizzico di fede, è in grado di compiere cose impensabili, straordinarie, come sradicare un grande albero e trapiantarlo nel mare (Ibid.). La fede - fidarci di Cristo, accoglierlo, lasciare che ci trasformi, seguirlo fino in fondo - rende possibili le cose umanamente impossibili, in ogni realtà. Ne dà testimonianza anche il profeta Abacuc nella prima lettura. Egli implora il Signore a partire da una situazione tremenda di violenza, d’iniquità e di oppressione; e proprio in questa situazione difficile e di insicurezza, il profeta introduce una visione che offre uno spaccato del progetto che Dio sta tracciando e sta attuando nella storia: «Soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede» (Ab 2,4). L’empio, colui che non agisce secondo Dio, confida nel proprio potere, ma si appoggia su una realtà fragile e inconsistente, perciò si piegherà, è destinato a cadere; il giusto, invece, confida in una realtà nascosta ma solida, confida in Dio e per questo avrà la vita.

Nei secoli passati la Chiesa che è in Palermo è stata arricchita ed animata da una fede fervida, che ha trovato la sua più alta e riuscita espressione nei Santi e nelle Sante. Penso a santa Rosalia, che voi venerate e onorate e che, dal monte Pellegrino, veglia sulla vostra Città, di cui è Patrona. E penso ad altre due grandi sante della Sicilia, Agata e Lucia. Né va dimenticato come il vostro senso religioso abbia sempre ispirato e orientato la vita familiare, alimentando valori, quali la capacità di donazione e di solidarietà verso gli altri, specialmente i sofferenti, e l’innato rispetto per la vita, che costituiscono una preziosa eredità da custodire gelosamente e da rilanciare ancor più ai nostri giorni. Cari amici, conservate questo prezioso tesoro di fede della vostra Chiesa; siano sempre i valori cristiani a guidare le vostre scelte e le vostre azioni!

La seconda parte del Vangelo odierno presenta un altro insegnamento, un insegnamento di umiltà, che tuttavia è strettamente legato alla fede. Gesù ci invita ad essere umili e porta l’esempio di un servo che ha lavorato nei campi. Quando torna a casa, il padrone gli chiede ancora di lavorare. Secondo la mentalità del tempo di Gesù, il padrone aveva tutto il diritto di farlo. Il servo doveva al padrone una disponibilità completa; e il padrone non si riteneva obbligato verso di lui perché aveva eseguito gli ordini ricevuti. Gesù ci fa prendere coscienza che, di fronte a Dio, ci troviamo in una situazione simile: siamo servi di Dio; non siamo creditori nei suoi confronti, ma siamo sempre debitori, perché dobbiamo a Lui tutto, perché tutto è suo dono. Accettare e fare la sua volontà è l’atteggiamento da avere ogni giorno, in ogni momento della nostra vita. Davanti a Dio non dobbiamo mai presentarci come chi crede di aver reso un servizio e di meritare una grande ricompensa. Questa è un’illusione che può nascere in tutti, anche nelle persone che lavorano molto al servizio del Signore, nella Chiesa. Dobbiamo, invece, essere consapevoli che, in realtà, non facciamo mai abbastanza per Dio. Dobbiamo dire, come ci suggerisce Gesù: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10). Questo è un atteggiamento di umiltà che ci mette veramente al nostro posto e permette al Signore di essere molto generoso con noi. Infatti, in un altro brano del Vangelo egli ci promette che «si cingerà le sue vesti, ci farà mettere a tavola e passerà a servirci» (cfr Lc 12,37). Cari amici, se faremo ogni giorno la volontà di Dio, con umiltà, senza pretendere nulla da Lui, sarà Gesù stesso a servirci, ad aiutarci, ad incoraggiarci, a donarci forza e serenità.

Anche l’apostolo Paolo, nella seconda lettura odierna, parla della fede. Timoteo è invitato ad avere fede e, per mezzo di essa, ad esercitare la carità. Il discepolo viene esortato a ravvivare nella fede anche il dono di Dio che è in lui per l’imposizione delle mani di Paolo, cioè il dono dell’Ordinazione, ricevuto per svolgere il ministero apostolico come collaboratore di Paolo (cfr 2Tm 1,6). Egli non deve lasciar spegnere questo dono, ma deve renderlo sempre più vivo per mezzo della fede. E l’Apostolo aggiunge: «Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza» ( v. 7).

Cari Palermitani e cari Siciliani! La vostra bella Isola è stata tra le prime regioni d’Italia ad accogliere la fede degli Apostoli, a ricevere l’annunzio della Parola di Dio, ad aderire alla fede in modo così generoso che, anche in mezzo a difficoltà e persecuzioni, è sempre germogliato in essa il fiore della santità. La Sicilia è stata ed è terra di santi, appartenenti ad ogni condizione di vita, che hanno vissuto il Vangelo con semplicità ed integralità. A voi, fedeli laici, ripeto: non abbiate timore di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell’esistenza umana, soprattutto in quelle difficili! La fede vi dona la forza di Dio per essere sempre fiduciosi e coraggiosi, per andare avanti con nuova decisione, per prendere le iniziative necessarie a dare un volto sempre più bello alla vostra terra. E quando incontrate l’opposizione del mondo, sentite le parole dell’Apostolo: «Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro» (v. 8). Ci si deve vergognare del male, di ciò che offende Dio, di ciò che offende l’uomo; ci si deve vergognare del male che si arreca alla Comunità civile e religiosa con azioni che non amano venire alla luce! La tentazione dello scoraggiamento, della rassegnazione, viene a chi è debole nella fede, a chi confonde il male con il bene, a chi pensa che davanti al male, spesso profondo, non ci sia nulla da fare. Invece, chi è saldamente fondato sulla fede, chi ha piena fiducia in Dio e vive nella Chiesa, è capace di portare la forza dirompente del Vangelo. Così si sono comportati i Santi e le Sante, fioriti, nel corso dei secoli, a Palermo e in tutta la Sicilia, come pure laici e sacerdoti di oggi a voi ben noti, come, ad esempio, Don Pino Puglisi. Siano essi a custodirvi sempre uniti e ad alimentare in ciascuno il desiderio di proclamare, con le parole e con le opere, la presenza e l’amore di Cristo. Popolo di Sicilia, guarda con speranza al tuo futuro! Fa’ emergere in tutta la sua luce il bene che vuoi, che cerchi e che hai! Vivi con coraggio i valori del Vangelo per far risplendere la luce del bene! Con la forza di Dio tutto è possibile! La Madre di Cristo, la Vergine Odigitria da voi tanto venerata, vi assista e vi conduca alla profonda conoscenza del suo Figlio. Amen!













VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A PALERMO IN OCCASIONE DEL RADUNO ECCLESIALE REGIONALE DELLE FAMIGLIE E DEI GIOVANI (3 OTTOBRE 2010) - II


RECITA DELL’ANGELUS AL FORO ITALICO


Al termine della Celebrazione Eucaristica al Foro Italico a Palermo, il Papa introduce la preghiera mariana dell’Angelus con le seguenti parole:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

In questo momento di profonda comunione con Cristo, presente e vivo in mezzo a noi e in noi, è bello, come famiglia ecclesiale, rivolgerci in preghiera alla sua e nostra Madre, Maria Santissima Immacolata. La Sicilia è costellata di Santuari mariani, e da questo luogo, mi sento spiritualmente al centro di questa "rete" di devozione, che congiunge tutte le città e tutti i paesi dell’Isola.

Alla Vergine Maria desidero affidare tutto il popolo di Dio che vive in questa amata terra. Sostenga le famiglie nell’amore e nell’impegno educativo; renda fecondi i germi di vocazione che Dio semina largamente tra i giovani; infonda coraggio nelle prove, speranza nelle difficoltà, rinnovato slancio nel compiere il bene. La Madonna conforti i malati e tutti i sofferenti, e aiuti le comunità cristiane affinché nessuno in esse sia emarginato o bisognoso, ma ciascuno, specialmente i più piccoli e deboli, si senta accolto e valorizzato.

Maria è il modello della vita cristiana. A Lei chiedo soprattutto di farvi camminare spediti e gioiosi sulla via della santità, sulle orme di tanti luminosi testimoni di Cristo, figli della terra siciliana. In questo contesto desidero ricordare che oggi, a Parma, è proclamata beata Anna Maria Adorni, che nel secolo XIX fu sposa e madre esemplare e poi, rimasta vedova, si dedicò alla carità verso le donne carcerate e in difficoltà, per il cui servizio fondò due Istituti religiosi. Madre Adorni, a motivo della sua costante preghiera, veniva chiamata "Rosario vivente". Mi piace rilevarlo all’inizio del mese dedicato al santo Rosario. La quotidiana meditazione dei misteri di Cristo in unione con Maria, Vergine orante, ci fortifichi tutti nella fede, nella speranza e nella carità.

Angelus Domini…


Conclusa la Santa Messa, il Papa raggiunge in auto il Palazzo Arcivescovile di Palermo per il pranzo con i Vescovi Siciliani e per una sosta di riposo.

Alle 16.30, prima di lasciare il Palazzo Arcivescovile, il Santo Padre saluta gli Organizzatori della Visita pastorale nel Salone del Palazzo.

Al termine il Papa esce dal Palazzo Arcivescovile e raggiunge a piedi la Cattedrale, dedicata alla Vergine Assunta, per l’Incontro con i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose e i Seminaristi. All’ingresso della Cattedrale il Santo Padre è accolto dai Membri del Capitolo.








Benedetto XVI: l'umiltà, chiave per ricevere le grazie di Dio
Omelia al Foro Italico Umberto I di Palermo


PALERMO, domenica, 3 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Se ci si accosta a Dio con umiltà, sarà Egli stesso a servirci.

Benedetto XVI lo ha affermato questa domenica mattina presiedendo la celebrazione eucaristica al Foro Italico Umberto I di Palermo durante la sua visita pastorale nel capoluogo siciliano in occasione del Raduno ecclesiale regionale delle Famiglie e dei Giovani.

Gesù, ha spiegato, ci fa prendere coscienza che “siamo servi di Dio”, che “non siamo creditori nei suoi confronti, ma siamo sempre debitori, perché dobbiamo a Lui tutto, perché tutto è suo dono”.

“Accettare e fare la sua volontà è l’atteggiamento da avere ogni giorno, in ogni momento della nostra vita”, ha avvertito.

“Davanti a Dio non dobbiamo mai presentarci come chi crede di aver reso un servizio e di meritare una grande ricompensa. Questa è un’illusione che può nascere in tutti, anche nelle persone che lavorano molto al servizio del Signore, nella Chiesa. Dobbiamo, invece, essere consapevoli che, in realtà, non facciamo mai abbastanza per Dio”.

“Se faremo ogni giorno la volontà di Dio, con umiltà, senza pretendere nulla da Lui, sarà Gesù stesso a servirci, ad aiutarci, ad incoraggiarci, a donarci forza e serenità”.

Accrescere la fede

L'umiltà, ha proseguito il Papa, consiste anche nell'essere consapevoli della necessità di approfondire sempre il rapporto con il Signore.

“Gesù ha educato i suoi discepoli a crescere nella fede, a credere e ad affidarsi sempre di più a Lui, per costruire sulla roccia la propria vita. Per questo essi gli chiedono: 'Accresci in noi la fede'”, ha sottolineato citando il Vangelo del giorno (Lc 17, 5-10).

“E’ la domanda fondamentale: i discepoli non chiedono doni materiali, non chiedono privilegi, ma chiedono la grazia della fede, che orienti e illumini tutta la vita; chiedono la grazia di riconoscere Dio e di poter stare in relazione intima con Lui, ricevendo da Lui tutti i suoi doni, anche quelli del coraggio, dell’amore e della speranza”.

La fede, ha proseguito il Pontefice, ha un'“incredibile vitalità”.

“Come una leva muove molto più del proprio peso, così la fede, anche un pizzico di fede, è in grado di compiere cose impensabili, straordinarie, come sradicare un grande albero e trapiantarlo nel mare”.

“Fidarci di Cristo, accoglierlo, lasciare che ci trasformi, seguirlo fino in fondo” “rende possibili le cose umanamente impossibili, in ogni realtà”.

“L’empio, colui che non agisce secondo Dio, confida nel proprio potere, ma si appoggia su una realtà fragile e inconsistente, perciò si piegherà, è destinato a cadere; il giusto, invece, confida in una realtà nascosta ma solida, confida in Dio e per questo avrà la vita”.

Incoraggiamento

Il Papa si è quindi detto consapevole del fatto che “a Palermo, come anche in tutta la Sicilia, non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni”.

A questo proposito, si è riferito in particolare “a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale” e “della criminalità organizzata”.

“Oggi sono in mezzo a voi per testimoniare la mia vicinanza ed il mio ricordo nella preghiera – ha affermato –. Sono qui per darvi un forte incoraggiamento a non aver paura di testimoniare con chiarezza i valori umani e cristiani, così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione”.

Il Pontefice ha infatti ricordato che “nei secoli passati la Chiesa che è in Palermo è stata arricchita ed animata da una fede fervida, che ha trovato la sua più alta e riuscita espressione nei Santi e nelle Sante”, e ha esortato a non dimenticare come il senso religioso locale “abbia sempre ispirato e orientato la vita familiare, alimentando valori, quali la capacità di donazione e di solidarietà verso gli altri, specialmente i sofferenti, e l’innato rispetto per la vita, che costituiscono una preziosa eredità da custodire gelosamente e da rilanciare ancor più ai nostri giorni”.

“Cari amici, conservate questo prezioso tesoro di fede della vostra Chiesa; siano sempre i valori cristiani a guidare le vostre scelte e le vostre azioni!”, ha esortato i presenti.

Nel suo saluto al Papa, anche il Sindaco di Palermo, Diego Cammarata, ha sottolineato come la città e tutta la terra siciliana vivano ancora “tante sofferenze”, ma ha segnalato che il “patrimonio di fede” “sa infondere coraggio e speranza”.

“Palermo continua a credere”, “ciascuno di noi è pronto a dare il proprio contributo”, ha aggiunto donando al Pontefice il carro di Santa Rosalia, patrona della città.

L'Arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, ha ringraziato dal canto suo il Pontefice per la sua “dottrina luminosa e ispirata che conferma e amplia lo sguardo della fede”.

Pur tra le difficoltà della regione, che a volte rappresentano un “humus” di cui la criminalità organizzata approfitta facilmente, il presule ha ricordato che i fedeli sono pronti a seguire le parole del Papa, forza che fa “guardare al futuro con occhi nuovi e pieni di speranza”.









Il Papa ai laici: “Non abbiate timore di vivere e testimoniare la fede!”
Nell'omelia pronunciata a Palermo




PALERMO, domenica, 3 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Non avere paura di vivere e testimoniare la fede è l'invito che Papa Benedetto XVI ha rivolto questa domenica mattina alle migliaia di persone accorse al Foro Italico Umberto I di Palermo, città a cui il Pontefice ha voluto dedicare una visita pastorale in occasione del Raduno ecclesiale regionale delle Famiglie e dei Giovani.

Il Pontefice è giunto sul luogo della celebrazione sulla papamobile fendendo la folla che lo salutava e lo applaudiva sventolando bandiere in una splendida mattinata di sole.

“Cari Palermitani e cari Siciliani! - ha esclamato nella sua omelia - La vostra bella Isola è stata tra le prime regioni d’Italia ad accogliere la fede degli Apostoli, a ricevere l’annunzio della Parola di Dio, ad aderire alla fede in modo così generoso che, anche in mezzo a difficoltà e persecuzioni, è sempre germogliato in essa il fiore della santità”.

“La Sicilia è stata ed è terra di santi, appartenenti ad ogni condizione di vita, che hanno vissuto il Vangelo con semplicità ed integralità”.

“A voi, fedeli laici, ripeto: non abbiate timore di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell’esistenza umana, soprattutto in quelle difficili! La fede vi dona la forza di Dio per essere sempre fiduciosi e coraggiosi, per andare avanti con nuova decisione, per prendere le iniziative necessarie a dare un volto sempre più bello alla vostra terra”.

Quando si incontra “l’opposizione del mondo”, ha commentato il Santo Padre, bisogna ricordare le parole che San Paolo ha rivolto a Timoteo, tratte dalla seconda lettura del giorno (2 Tm 1, 6-8; 13-14): “Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro”.

“Ci si deve vergognare del male, di ciò che offende Dio, di ciò che offende l’uomo; ci si deve vergognare del male che si arreca alla Comunità civile e religiosa con azioni che non amano venire alla luce!”, ha dichiarato il Papa.

“La tentazione dello scoraggiamento, della rassegnazione, viene a chi è debole nella fede, a chi confonde il male con il bene, a chi pensa che davanti al male, spesso profondo, non ci sia nulla da fare”.

Chi invece è “saldamente fondato sulla fede”, chi “ha piena fiducia in Dio e vive nella Chiesa”, “è capace di portare la forza dirompente del Vangelo”.

A questo proposito, il Pontefice ha ricordato “i Santi e le Sante, fioriti, nel corso dei secoli, a Palermo e in tutta la Sicilia”, come Santa Rosalia, patrona del capoluogo siciliano.

Questo, ha aggiunto, è anche l'esempio lasciato ai fedeli da laici e sacerdoti come don Pino Puglisi, assassinato dalla mafia nel 1993.

“Siano essi a custodirvi sempre uniti e ad alimentare in ciascuno il desiderio di proclamare, con le parole e con le opere, la presenza e l’amore di Cristo”, ha augurato Benedetto XVI.

“Popolo di Sicilia, guarda con speranza al tuo futuro! Fa’ emergere in tutta la sua luce il bene che vuoi, che cerchi e che hai! Vivi con coraggio i valori del Vangelo per far risplendere la luce del bene! Con la forza di Dio tutto è possibile!”.










Benedetto XVI: Maria, modello della vita cristiana
Intervento in occasione dell'Angelus a Palermo




PALERMO, domenica, 3 ottobre 2010 (ZENIT.org).- “Maria è il modello della vita cristiana”, ha ricordato Benedetto XVI questa domenica nel suo intervento in occasione dell'Angelus domenicale.

Il Pontefice si è rivolto ai fedeli e ai pellegrini che si erano riuniti nel Foro Italico di Palermo per la celebrazione eucaristica in occasione della sua visita pastorale nel capoluogo siciliano, affidando alla Vergine Maria “tutto il popolo di Dio che vive in questa amata terra”, “costellata di Santuari mariani”.

“La Madonna conforti i malati e tutti i sofferenti, e aiuti le comunità cristiane affinché nessuno in esse sia emarginato o bisognoso, ma ciascuno, specialmente i più piccoli e deboli, si senta accolto e valorizzato”, ha auspicato.

“Sostenga le famiglie nell’amore e nell’impegno educativo; renda fecondi i germi di vocazione che Dio semina largamente tra i giovani; infonda coraggio nelle prove, speranza nelle difficoltà, rinnovato slancio nel compiere il bene”.

“Maria è il modello della vita cristiana”, ha sottolineato il Vescovo di Roma. “A Lei chiedo soprattutto di farvi camminare spediti e gioiosi sulla via della santità, sulle orme di tanti luminosi testimoni di Cristo, figli della terra siciliana”.

In questo contesto, ha ricordato che questa domenica a Parma viene proclamata beata Anna Maria Adorni, “che nel secolo XIX fu sposa e madre esemplare e poi, rimasta vedova, si dedicò alla carità verso le donne carcerate e in difficoltà, per il cui servizio fondò due Istituti religiosi”.

“Madre Adorni, a motivo della sua costante preghiera, veniva chiamata 'Rosario vivente'”.

“Mi piace rilevarlo all’inizio del mese dedicato al santo Rosario”, ha concluso il Pontefice, augurandosi che “la quotidiana meditazione dei misteri di Cristo in unione con Maria, Vergine orante, ci fortifichi tutti nella fede, nella speranza e nella carità”.
+PetaloNero+
00lunedì 4 ottobre 2010 00:29
+PetaloNero+
00lunedì 4 ottobre 2010 00:30
Il Papa ai religiosi: pregare per essere maestri di preghiera
Se non si è interiormente in comunione con Dio non si può dar niente agli altri

di Roberta Sciamplicotti



PALERMO, domenica, 3 ottobre 2010 (ZENIT.org).- La preghiera è il pilastro della vita religiosa, perché se non si è in comunione interiore con Dio non si ha ricchezza da offrire agli altri.

E' il messaggio che Benedetto XVI ha lasciato questa domenica pomeriggio incontrando nella Cattedrale di Palermo i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi in occasione della sua visita nel capoluogo siciliano per il Raduno ecclesiale regionale delle Famiglie e dei Giovani.

Il Papa è giunto alla Cattedrale a piedi per il primo impegno del pomeriggio dopo l'affollatissima Messa del mattino al Foro Italico Umberto I, alla quale hanno assistito più di 200.000 persone.

Ha quindi raggiunto la Cappella di Santa Rosalia, nel transetto destro, dove in un'urna d'argento sono conservate le reliquie della patrona di Palermo, che ottenne il miracolo della liberazione della città dalla peste nel 1624.

Dopo qualche istante di raccoglimento, il Pontefice è stato salutato dall'Arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, che ha presentato i religiosi presenti come “uomini e donne innamorati di Gesù Cristo” che “divengono pietre profetiche capaci di annunziare all'uomo di oggi il Dio dell'amore”.

Il presule ha aggiunto che il dono della vita per amare Cristo e la Chiesa è “l'unica strada maestra per rendere splendente la consacrazione” che i religiosi hanno ricevuto.

Rivolgendosi al Papa, che ha definito “dolce Vicario di Cristo in terra”, l'Arcivescovo gli ha poi chiesto una “parola forte che possa confermare non solo la nostra fede, ma anche il nostro impegno di totale dedizione al Vangelo”.

La preghiera, base della vita religiosa

Il Papa si è rivolto in primo luogo ai sacerdoti, che lavorano “con zelo e intelligenza, senza risparmio di energie”.

“Siate sempre uomini di preghiera, per essere anche maestri di preghiera – ha chiesto loro –. Le vostre giornate siano scandite dai tempi dell’orazione, durante i quali, sul modello di Gesù, vi intrattenete in colloquio rigenerante con il Padre”.

Il Vescovo di Roma ha riconosciuto che “non è facile mantenersi fedeli a questi quotidiani appuntamenti con il Signore, soprattutto oggi che il ritmo della vita si è fatto frenetico e le occupazioni assorbono in misura sempre maggiore”.

“Dobbiamo tuttavia convincerci: il momento della preghiera è fondamentale: in essa, agisce con più efficacia la grazia divina, dando fecondità al ministero. Tante cose ci premono, ma se non siamo interiormente in comunione con Dio non possiamo dare niente neppure agli altri”.

Vero pastore

Il sacerdote, ha aggiunto, deve agire nel “campo immenso del servizio delle anime, per la loro salvezza in Cristo e nella Chiesa”, “un servizio che deve essere completamente ispirato dalla carità di Cristo”, perché “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi, che nessuno si perda”.

“Il sacerdote è per i fedeli: li anima e li sostiene nell’esercizio del sacerdozio comune dei battezzati, nel loro cammino di fede, nel coltivare la speranza, nel vivere la carità, l’amore di Cristo”.

A questo proposito, il Papa ha chiesto “una particolare attenzione” per il mondo giovanile. “Spalancate le porte delle vostre parrocchie ai giovani, perché possano aprire le porte del loro cuore a Cristo! - ha esclamato - Mai le trovino chiuse!”

Se il sacerdote deve essere centrato su Cristo, ha proseguito, non può comunque restare lontano dalle preoccupazioni quotidiane del Popolo di Dio; “anzi, deve essere vicinissimo, ma da sacerdote, sempre nella prospettiva della salvezza e del Regno di Dio”.

Egli, infatti, “è testimone e dispensatore di una vita diversa da quella terrena”, “è portatore di una speranza forte, di una 'speranza affidabile', quella di Cristo, con la quale affrontare il presente, anche se spesso faticoso”.

Il mondo contemplativo

Il Pontefice ha quindi rivolto “un particolare pensiero ai monaci e alle monache di clausura, il cui servizio di preghiera è così prezioso per la Comunità ecclesiale”.

“Continuate a seguire Gesù senza compromessi, come viene proposto nel Vangelo, dando così testimonianza della bellezza di essere cristiani in maniera radicale”, ha chiesto.

“La vostra stessa presenza e il vostro stile infondono alla Comunità ecclesiale un prezioso impulso verso la 'misura alta' della vita vocazione cristiana; anzi potremmo dire che la vostra esistenza costituisce come una predicazione, assai eloquente, anche se spesso silenziosa”.

Quello dei contemplativi, ha sottolineato, “è un genere di vita antico e sempre nuovo, nonostante la diminuzione del numero e delle forze”.

“Abbiate fiducia – ha detto –: i nostri tempi non sono quelli di Dio e della sua provvidenza. E’ necessario pregare e crescere nella santità personale e comunitaria. Il Signore poi provvede!”.

Seminaristi

Il Papa ha quindi salutato “con affetto di predilezione” i seminaristi, esortandoli “a rispondere con generosità alla chiamata del Signore e alle attese del Popolo di Dio, crescendo nell’identificazione con Cristo, il Sommo Sacerdote, preparandovi alla missione con una solida formazione umana, spirituale, teologica e culturale”.

Il seminario, ha dichiarato, è prezioso per il loro futuro, “perché, attraverso un’esperienza completa e un lavoro paziente, vi conduce ad essere pastori d’anime e maestri di fede, ministri dei santi misteri e portatori della carità di Cristo”.

“Vivete con impegno questo tempo di grazia e conservate nel cuore la gioia e lo slancio del primo momento della chiamata e del vostro 'sì', quando, rispondendo alla voce misteriosa di Cristo, avete dato una svolta decisiva alla vostra vita”.

L'esempio di don Puglisi

Il Papa ha quindi ricordato che il 15 settembre la Chiesa di Palermo ha commemorato il “barbaro assassinio” di don Giuseppe Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993.

“Egli aveva un cuore che ardeva di autentica carità pastorale – ha sottolineato –; nel suo zelante ministero ha dato largo spazio all’educazione dei ragazzi e dei giovani, ed insieme si è adoperato perché ogni famiglia cristiana vivesse la fondamentale vocazione di prima educatrice della fede dei figli”.

“Vi esorto a conservare viva memoria della sua feconda testimonianza sacerdotale imitandone l’eroico esempio”, ha concluso, ricordando che è in corso la causa di beatificazione di don Puglisi.

Dopo l'incontro con i religiosi, il Papa si è recato in papamobile dalla piazza della Cattedrale a Piazza Politeama, dove lo attendevano circa 20.000 persone tra giovani e famiglie.









“Dove ci sono giovani e famiglie che scelgono la via del Vangelo, c’è speranza”
Il Papa incontra i partecipanti al Raduno ecclesiale siciliano di Famiglie e Giovani

di Roberta Sciamplicotti


PALERMO, domenica, 3 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Se ci sono giovani e famiglie che seguono la via del Vangelo, la società ha speranza, ha dichiarato Papa Benedetto XVI questa domenica pomeriggio incontrando a Palermo i giovani e le famiglie della Sicilia.

Il Papa è arrivato all'appuntamento in Piazza Politeama in papamobile tra due ali di folla che lo salutavano con enorme entusiasmo sventolando bandierine bianche e gialle. Ad attenderlo c'erano più di 20.000 persone.

Il Pontefice è stato salutato dal Vescovo di Caltanissetta, monsignor Mario Russotto, delegato della Pastorale per la Famiglia e per i Giovani della Conferenza Episcopale Siciliana, che ha affermato che i giovani siciliani hanno accettato di “farsi profeti della sfida del Vangelo nella società, portando la Chiesa fuori dal tempio”, “nella giustizia e nella legalità, nella responsabilità etica e della solidarietà”.

“Gesù si fida dei giovani”, che insieme alle famiglie desiderano “ritrovare lo sguardo del coraggio”, “farsi riflesso della luce di Cristo Signore” ed essere “bussola di orientamento verso il senso alto della vita”, ha aggiunto.

Il Vescovo ha quindi offerto tre doni al Papa: due volumi con le riflessioni regionali degli ultimi anni su gioventù e famiglia, intitolati “I giovani e la sfida della fede in Sicilia” e “Famiglia, luce di Vangelo nella società”, e un quaderno con la descrizione di laici del XX secolo, giovani e sposi, dal titolo “Isola bella”.

Hanno poi salutato il Papa due giovani, Giorgia, studentessa liceale, e David, studente universitario. “Non vogliamo rinunciare al sogno di una Sicilia migliore”, “fecondata dal sangue di tanti martiri”, ha detto David.

“Il vostro, cari amici, è stato più di un saluto: è stata una condivisione di fede e di speranza – ha affermato il Papa –. Vi ringrazio di cuore. Il Vescovo di Roma va dovunque per confermare i cristiani nella fede, ma torna a casa a sua volta confermato!”.

La famiglia, fonte di vita e di fede

L'accostamento tra giovani e famiglie, ha spiegato il Pontefice, “non può essere solamente occasionale, o funzionale”, perché “ha un senso, un valore umano, cristiano, ecclesiale”.

A questo proposito, il Papa ha voluto portare la testimonianza di Chiara Badano, beatificata il 25 settembre a Roma. Nata nel 1971, è morta nel 1990 per una malattia incurabile.

“La sua vita è stata breve, ma è un messaggio stupendo”, ha indicato, ricordandone i “diciannove anni pieni di vita, di amore, di fede. Due anni, gli ultimi, pieni anche di dolore, ma sempre nell’amore e nella luce, una luce che irradiava intorno a sé e che veniva da dentro: dal suo cuore pieno di Dio!”.

“Evidentemente si tratta di una grazia di Dio – ha segnalato –, ma questa grazia è stata anche preparata e accompagnata dalla collaborazione umana: la collaborazione di Chiara stessa, certamente, ma anche dei suoi genitori e dei suoi amici”.

“La famiglia è fondamentale perché lì germoglia nell’anima umana la prima percezione del senso della vita. Germoglia nella relazione con la madre e con il padre, i quali non sono padroni della vita dei figli, ma sono i primi collaboratori di Dio per la trasmissione della vita e della fede”.

In questo contesto, il Papa ha ricordato altri esempi di giovani virtuosi, come la Beata Pina Suriano, le Venerabili Maria Carmelina Leone e Maria Magno, i Servi di Dio Rosario Livatino e Mario
Giuseppe Restivo, e “tanti giovani che voi conoscete! Spesso la loro azione non fa notizia,
perché il male fa più rumore, ma sono la forza, il futuro della Sicilia!”.

“Non abbiate paura di contrastare il male!”, ha chiesto il Papa ai giovani e alle famiglie. “Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo!”

Piccola Chiesa

“Ognuno di noi ha bisogno di un terreno fertile in cui affondare le proprie radici, un terreno ricco di sostanze nutritive che fanno crescere la persona – ha proseguito il Papa –: sono i valori, ma sono soprattutto l’amore e la fede, la conoscenza del vero volto di Dio, la consapevolezza che Lui ci ama infinitamente, fedelmente, pazientemente, fino a dare la vita per noi”.

In questo senso, ha aggiunto, “la famiglia è 'piccola Chiesa', perché trasmette Dio, trasmette l’amore di Cristo, in forza del sacramento del Matrimonio”.

“L’amore divino che ha unito l’uomo e la donna, e che li ha resi genitori, è capace di suscitare nel cuore dei figli il germoglio della fede, cioè la luce del senso profondo della vita”.

Per essere “piccola Chiesa”, ha indicato il Pontefice, la famiglia “deve vivere ben inserita nella 'grande Chiesa', cioè nella famiglia di Dio che Cristo è venuto a formare”, “incontrata e sperimentata nella comunità parrocchiale, nella Diocesi”.

“Ecco il dono più grande che abbiamo ricevuto: essere Chiesa, essere in Cristo segno e strumento
di unità, di pace, di vera libertà. Nessuno può toglierci questa gioia! Nessuno può toglierci questa
forza!”, ha esclamato.

“Coraggio, cari giovani e famiglie di Sicilia! Siate santi! Alla scuola di Maria, nostra Madre, mettetevi a piena disposizione di Dio, lasciatevi plasmare dalla sua Parola e dal suo Spirito, e sarete ancora, e sempre più, sale e luce di questa vostra amata terra”, ha concluso.

Dopo l'incontro con i giovani e le famiglie, il Papa si è diretto all'aeroporto “Falcone e Borsellino” di Punta Raisi per tornare a Roma. Lungo il tragitto, ha voluto che il corteo si fermasse a Capaci, nel punto dove avvenne il tragico attentato contro il giudice Giovanni Falcone e la sua scorta.

Il Pontefice è sceso dalla macchina per deporre un mazzo di fiori presso una delle stele erette in ricordo delle vittime e ha sostato in preghiera silenziosa, ricordando tutte le vittime della mafia e delle altre forme di criminalità organizzata.
















Discorso di Benedetto XVI ai religiosi e alle religiose a Palermo
In occasione della sua visita pastorale nel capoluogo siciliano




PALERMO, domenica, 3 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo il testo del discorso pronunciato questa domenica pomeriggio da Papa Benedetto XVI nella Cattedrale di Palermo incontrando i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi.

* * *


Venerati Fratelli nell’Episcopato,
cari fratelli e sorelle!

In questa mia visita pastorale nella vostra terra non poteva mancare l’incontro con voi. Grazie per la vostra accoglienza! Mi è piaciuto il parallelismo, nelle parole dell’Arcivescovo, tra la bellezza della Cattedrale e quella dell’edificio di “pietre vive” che siete voi. Sì, in questo breve ma intenso momento con voi io posso ammirare il volto della Chiesa, nella varietà dei suoi doni. E, come Successore di Pietro, ho la gioia di confermarvi nell’unica fede e nella profonda comunione che il Signore Gesù Cristo ci ha acquistato. A Mons. Paolo Romeo esprimo la mia gratitudine, e la estendo al Vescovo Ausiliare. A voi, cari presbiteri di questa Arcidiocesi e di tutte le Diocesi della Sicilia, a voi, cari diaconi e seminaristi, e a voi, religiosi e religiose, e laici consacrati, rivolgo il mio saluto più cordiale, e vorrei farlo arrivare a tutti i confratelli e le consorelle della Sicilia, in modo speciale a quelli che sono malati e molto anziani.

L’adorazione eucaristica, che abbiamo avuto la grazia e la gioia di condividere, ci ha svelato e ci ha fatto sentire il senso profondo di ciò che siamo: membra del Corpo di Cristo che è la Chiesa. Prostrato davanti a Gesù, qui in mezzo a voi, gli ho chiesto di infiammare i vostri cuori con la sua carità, così che siate assimilati a Lui e possiate imitarlo nella più completa e generosa donazione alla Chiesa e ai fratelli.

Cari sacerdoti, vorrei rivolgermi prima di tutto a voi. So che lavorate con zelo e intelligenza, senza risparmio di energie. Il Signore Gesù, al quale avete consacrato la vita, è con voi! Siate sempre uomini di preghiera, per essere anche maestri di preghiera. Le vostre giornate siano scandite dai tempi dell’orazione, durante i quali, sul modello di Gesù, vi intrattenete in colloquio rigenerante con il Padre. Non è facile mantenersi fedeli a questi quotidiani appuntamenti con il Signore, soprattutto oggi che il ritmo della vita si è fatto frenetico e le occupazioni assorbono in misura sempre maggiore. Dobbiamo tuttavia convincerci: il momento della preghiera è fondamentale: in essa, agisce con più efficacia la grazia divina, dando fecondità al ministero. Tante cose ci premono, ma se non siamo interiormente in comunione con Dio non possiamo dare niente neppure agli altri. Dobbiamo sempre riservare il tempo necessario per “stare con lui” (cfr Mc 3,14).

Il Concilio Vaticano II a proposito dei sacerdoti afferma: “È nel culto eucaristico o sinassi che essi esercitano soprattutto il loro ministero sacro” (Cost. Dogm. Lumen gentium, 28). L’Eucaristia è la sorgente e il culmine di tutta la vita cristiana. Cari fratelli sacerdoti, possiamo dire che lo è per noi, per la nostra vita sacerdotale? Quale cura poniamo nel prepararci alla santa Messa, nel celebrarla, nel rimanere in adorazione? Le nostre chiese sono veramente “casa di Dio”, dove la sua presenza attira la gente, che purtroppo oggi sente spesso l’assenza di Dio?

Il Sacerdote trova sempre, ed in maniera immutabile, la sorgente della propria identità in Cristo Sacerdote. Non è il mondo a fissare il nostro statuto, secondo i bisogni e le concezioni dei ruoli sociali. Il prete è segnato dal sigillo del Sacerdozio di Cristo, per partecipare alla sua funzione di unico Mediatore e Redentore. In forza di questo legame fondamentale, si apre al sacerdote il campo immenso del servizio delle anime, per la loro salvezza in Cristo e nella Chiesa. Un servizio che deve essere completamente ispirato dalla carità di Cristo. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi, che nessuno si perda. Diceva il Santo Curato d’Ars: “Il sacerdote dev’essere sempre pronto a rispondere ai bisogni delle anime. Egli non è per sé, è per voi”. Il sacerdote è per i fedeli: li anima e li sostiene nell’esercizio del sacerdozio comune dei battezzati, nel loro cammino di fede, nel coltivare la speranza, nel vivere la carità, l’amore di Cristo. Cari sacerdoti, abbiate sempre una particolare attenzione anche per il mondo giovanile. Come disse in questa terra il Venerabile Giovanni Paolo II, spalancate le porte delle vostre parrocchie ai giovani, perché possano aprire le porte del loro cuore a Cristo! Mai le trovino chiuse!

Il Sacerdote non può restare lontano dalle preoccupazioni quotidiane del Popolo di Dio; anzi, deve essere vicinissimo, ma da sacerdote, sempre nella prospettiva della salvezza e del Regno di Dio. Egli è testimone e dispensatore di una vita diversa da quella terrena (cfr Decr. Presbyterorum Ordinis, 3). Egli è portatore di una speranza forte, di una “speranza affidabile”, quella di Cristo, con la quale affrontare il presente, anche se spesso faticoso (cfr Enc. Spe salvi, 1). E’ essenziale per la Chiesa che l’identità del sacerdote sia salvaguardata, con la sua dimensione “verticale”. La vita e la personalità di san Giovanni Maria Vianney, ma anche di tanti Santi della vostra terra, come sant’Annibale Maria di Francia, il beato Giacomo Cusmano o il beato Francesco Spoto, ne sono una dimostrazione particolarmente illuminante e vigorosa.

La Chiesa di Palermo ha ricordato recentemente l’anniversario del barbaro assassinio di Don Giuseppe Puglisi, appartenente a questo presbiterio, ucciso dalla mafia. Egli aveva un cuore che ardeva di autentica carità pastorale; nel suo zelante ministero ha dato largo spazio all’educazione dei ragazzi e dei giovani, ed insieme si è adoperato perché ogni famiglia cristiana vivesse la fondamentale vocazione di prima educatrice della fede dei figli. Lo stesso popolo affidato alle sue cure pastorali ha potuto abbeverarsi alla ricchezza spirituale di questo buon pastore, del quale è in corso la causa di Beatificazione. Vi esorto a conservare viva memoria della sua feconda testimonianza sacerdotale imitandone l’eroico esempio.

Con grande affetto mi rivolgo anche a voi, che in varie forme ed istituti vivete la consacrazione a Dio in Cristo e nella Chiesa. Un particolare pensiero ai monaci e alle monache di clausura, il cui servizio di preghiera è così prezioso per la Comunità ecclesiale. Cari fratelli e sorelle, continuate a seguire Gesù senza compromessi, come viene proposto nel Vangelo, dando così testimonianza della bellezza di essere cristiani in maniera radicale. Spetta in particolare a voi tenere viva nei battezzati la consapevolezza delle esigenze fondamentali del Vangelo. Infatti, la vostra stessa presenza e il vostro stile infondono alla Comunità ecclesiale un prezioso impulso verso la “misura alta” della vita vocazione cristiana; anzi potremmo dire che la vostra esistenza costituisce come una predicazione, assai eloquente, anche se spesso silenziosa. Il vostro, carissimi, è un genere di vita antico e sempre nuovo, nonostante la diminuzione del numero e delle forze. Ma abbiate fiducia: i nostri tempi non sono quelli di Dio e della sua provvidenza. E’ necessario pregare e crescere nella santità personale e comunitaria. Il Signore poi provvede!

Con affetto di predilezione saluto voi, cari seminaristi, e vi esorto a rispondere con generosità alla chiamata del Signore e alle attese del Popolo di Dio, crescendo nell’identificazione con Cristo, il Sommo Sacerdote, preparandovi alla missione con una solida formazione umana, spirituale, teologica e culturale. Il Seminario è quanto mai prezioso per il vostro futuro, perché, attraverso un’esperienza completa e un lavoro paziente, vi conduce ad essere pastori d’anime e maestri di fede, ministri dei santi misteri e portatori della carità di Cristo. Vivete con impegno questo tempo di grazia e conservate nel cuore la gioia e lo slancio del primo momento della chiamata e del vostro “sì”, quando, rispondendo alla voce misteriosa di Cristo, avete dato una svolta decisiva alla vostra vita. Siate docili alle direttive dei superiori e dei responsabili della vostra crescita in Cristo, e imparate da Lui l’amore per ogni figlio di Dio e della Chiesa.

Cari fratelli e sorelle, mentre vi ringrazio ancora per il vostro affetto, vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, perché proseguiate con rinnovato slancio e con forte speranza il cammino di fedele adesione a Cristo e di generoso servizio alla Chiesa. Vi assista sempre la Vergine Maria, nostra Madre; vi proteggano santa Rosalia e tutti i Santi patroni di questa terra di Sicilia; e vi accompagni anche la Benedizione Apostolica, che imparto di cuore a voi e alle vostre comunità.

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Discorso del Papa ai giovani e alle famiglie a Palermo


PALERMO, domenica, 3 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo del discorso che Papa Benedetto XVI ha pronunciato questa domenica pomeriggio in Piazza Politeama a Palermo incontrando i giovani e le famiglie della Sicilia.

* * *

Cari giovani e care famiglie della Sicilia!

Vi saluto con tanto affetto e tanta gioia e grazie per la gioia della vostra fede! Questo incontro con voi è l’ultimo della mia visita di oggi a Palermo, ma in un certo senso è quello centrale; in effetti, è l’occasione che ha dato il motivo per invitarmi: il vostro incontro regionale di giovani e famiglie. Allora oggi devo iniziare da qui, da questo avvenimento; e lo faccio prima di tutto ringraziando Mons. Mario Russotto, Vescovo di Caltanissetta, che è delegato per la pastorale giovanile e familiare a livello regionale, e poi i due giovani Giorgia e David. Il vostro, cari amici, è stato più di un saluto: è stata una condivisione di fede e di speranza. Vi ringrazio di cuore. Il Vescovo di Roma va dovunque per confermare i cristiani nella fede, ma torna a casa a sua volta confermato dalla vostra fede, dalla vostra speranza!

Dunque, giovani e famiglie. Dobbiamo prendere sul serio questo accostamento, questo trovarsi insieme, che non può essere solamente occasionale, o funzionale. Ha un senso, un valore umano, cristiano, ecclesiale. E voglio partire non da un ragionamento, ma da una testimonianza, una storia vissuta e attualissima. Penso che tutti voi sappiate che sabato 25 settembre scorso, a Roma, è stata proclamata beata una ragazza italiana di nome Chiara, Chiara Badano. Vi invito a conoscerla: la sua vita è stata breve, ma è un messaggio stupendo. Chiara è nata nel 1971 ed è morta nel 1990, a causa di una malattia inguaribile. Diciannove anni pieni di vita, di amore, di fede. Due anni, gli ultimi, pieni anche di dolore, ma sempre nell’amore e nella luce, una luce che irradiava intorno a sé e che veniva da dentro: dal suo cuore pieno di Dio! Com’è possibile questo? Come può una ragazza di 17, 18 anni vivere una sofferenza così, umanamente senza speranza, diffondendo amore, serenità, pace, fede? Evidentemente si tratta di una grazia di Dio, ma questa grazia è stata anche preparata e accompagnata dalla collaborazione umana: la collaborazione di Chiara stessa, certamente, ma anche dei suoi genitori e dei suoi amici. Prima di tutto i genitori, la famiglia. Oggi voglio sottolinearlo in modo particolare. I genitori della beata Chiara Badano sono vivi, erano a Roma per la beatificazione - io stesso li ho incontrati personalmente - e sono testimoni del fatto fondamentale, che spiega tutto: la loro figlia era ricolma della luce di Dio! E questa luce, che viene dalla fede e dall’amore, l’hanno accesa loro per primi: il papà e la mamma hanno acceso nell’anima della figlia la fiammella della fede, e hanno aiutato Chiara a tenerla accesa sempre, anche nei momenti difficili della crescita e soprattutto nella grande e lunga prova della sofferenza, come fu anche per la Venerabile Maria Carmelina Leone, morta a 17 anni. Questo, cari amici, è il primo messaggio che vorrei lasciarvi: il rapporto tra i genitori e i figli – lo sapete – è fondamentale; ma non solo per una giusta tradizione – so che questa è molto sentita dai siciliani. E’ qualcosa di più, che Gesù stesso ci ha insegnato: è la fiaccola della fede che si trasmette di generazione in generazione; quella fiamma che è presente anche nel rito del Battesimo, quando il sacerdote dice: “Ricevete la luce di Cristo … segno pasquale … fiamma che sempre dovete alimentare”.

La famiglia è fondamentale perché lì germoglia nell’anima umana la prima percezione del senso della vita. Germoglia nella relazione con la madre e con il padre, i quali non sono padroni della vita dei figli, ma sono i primi collaboratori di Dio per la trasmissione della vita e della fede. Questo è avvenuto in modo esemplare e straordinario nella famiglia della beata Chiara Badano; ma questo avviene in tante famiglie. Anche in Sicilia ci sono splendide testimonianze di giovani cresciuti come piante belle, rigogliose, dopo essere germogliate nella famiglia, con la grazia del Signore e la collaborazione umana. Penso alla Beata Pina Suriano, alle Venerabili Maria Carmelina Leone e Maria Magno, grande educatrice; ai Servi di Dio Rosario Livatino, Mario Giuseppe Restivo, e a tanti giovani che voi conoscete! Spesso la loro azione non fa notizia, perché il male fa più rumore, ma sono la forza, il futuro della Sicilia! L’immagine dell’albero è molto significativa per rappresentare l’uomo. La Bibbia la usa, ad esempio, nei Salmi. Il Salmo 1 dice: Beato l’uomo che medita la legge del Signore, “è come albero piantato lungo corsi d’acqua, / che dà frutto a suo tempo” (v. 3). Questi “corsi d’acqua” possono essere il “fiume” della tradizione, il “fiume” della fede da cui si attinge la linfa vitale. Cari giovani di Sicilia, siate alberi che affondano le loro radici nel “fiume” del bene! Non abbiate paura di contrastare il male! Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo, come tante volte i vostri Vescovi hanno detto e dicono!

L’apostolo Paolo riprende questa immagine nella Lettera ai Colossesi, dove esorta i cristiani ad essere “radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7). Voi giovani sapete che queste parole sono il tema del mio Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù dell’anno prossimo a Madrid. L’immagine dell’albero dice che ognuno di noi ha bisogno di un terreno fertile in cui affondare le proprie radici, un terreno ricco di sostanze nutritive che fanno crescere la persona: sono i valori, ma sono soprattutto l’amore e la fede, la conoscenza del vero volto di Dio, la consapevolezza che Lui ci ama infinitamente, fedelmente, pazientemente, fino a dare la vita per noi. In questo senso la famiglia è “piccola Chiesa”, perché trasmette Dio, trasmette l’amore di Cristo, in forza del sacramento del Matrimonio. L’amore divino che ha unito l’uomo e la donna, e che li ha resi genitori, è capace di suscitare nel cuore dei figli il germoglio della fede, cioè la luce del senso profondo della vita.

Ed eccoci all’altro passaggio importante, che posso solo accennare: la famiglia, per essere “piccola Chiesa”, deve vivere ben inserita nella “grande Chiesa”, cioè nella famiglia di Dio che Cristo è venuto a formare. Anche di questo ci dà testimonianza la beata Chiara Badano, come tutti i giovani santi e beati: insieme con la famiglia di origine, è fondamentale la grande famiglia della Chiesa, incontrata e sperimentata nella comunità parrocchiale, nella diocesi; per la beata Pina Suriano è stata l’Azione Cattolica - ampiamente presente in questa terra -, per la beata Chiara Badano il Movimento dei Focolari; infatti, anche i movimenti e le associazioni ecclesiali non servono se stessi, ma Cristo e la Chiesa.

Cari amici! Conosco le vostre difficoltà nell’attuale contesto sociale, che sono le difficoltà dei giovani e delle famiglie di oggi, in particolare nel sud d’Italia. E conosco anche l’impegno con cui voi cercate di reagire e di affrontare questi problemi, affiancati dai vostri sacerdoti, che sono per voi autentici padri e fratelli nella fede, come è stato Don Pino Puglisi. Ringrazio Dio di avervi incontrato, perché dove ci sono giovani e famiglie che scelgono la via del Vangelo, c’è speranza. E voi siete segno di speranza non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia. Io vi ho portato una testimonianza di santità, e voi mi offrite la vostra: i volti dei tanti giovani di questa terra che hanno amato Cristo con radicalità evangelica; i vostri stessi volti, come un mosaico! Ecco il dono più grande che abbiamo ricevuto: essere Chiesa, essere in Cristo segno e strumento di pace, di unità, di vera libertà. Nessuno può toglierci questa gioia! Nessuno può toglierci questa forza! Coraggio, cari giovani e famiglie di Sicilia! Siate santi! Alla scuola di Maria, nostra Madre, mettetevi a piena disposizione di Dio, lasciatevi plasmare dalla sua Parola e dal suo Spirito, e sarete ancora, e sempre più, sale e luce di questa vostra amata terra. Grazie!

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+PetaloNero+
00martedì 5 ottobre 2010 15:23
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ DI MADRID 2011




Alle ore 11.30, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid 2011.
Intervengono: l’Em.mo Card. Stanisław Ryłko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici; l’Em.mo Card. Antonio María Rouco Varela, Arcivescovo di Madrid e Presidente della Conferenza Episcopale spagnola; S.E. Mons. Josef Clemens, Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici; S.E. Mons. César Franco Martínez, Vescovo Ausiliare di Madrid e Coordinatore generale della GMG 2011; la Sig.ra Maria de Jaureguizar, Vice-direttore del dipartimento di comunicazione della GMG 2011.
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:


INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. STANISŁAW RYŁKO

Mentre a ritmo serrato procedono i preparativi in vista del prossimo appuntamento mondiale dei giovani con il Successore di Pietro, a Madrid 2011, vale la pena soffermarsi brevemente su questo fenomeno straordinario che, ormai da 25 anni, continua a stupire il mondo: le Giornate Mondiali della Gioventù. L’istituzione delle GMG nella Chiesa è stata, senza alcun dubbio, una delle grandi scelte profetiche di Papa Wojtyła. Nel dicembre 1985, il Pontefice spiegava così i motivi della sua decisione: «Tutti i giovani devono sentirsi seguiti dalla Chiesa: perciò che tutta la Chiesa, in unione con il Successore di Pietro, si senta sempre maggiormente impegnata, a livello mondiale, in favore della gioventù, delle sue ansie e sollecitudini, delle sue aperture e speranze, per corrispondere alle sue attese, comunicando la certezza che è Cristo, la Verità che è Cristo, l’amore che è Cristo, mediante una appropriata formazione - che è forma necessaria e aggiornata di evangelizzazione».1 Così egli ha dato il via a un’avventura spirituale che ha coinvolto, in questi 25 anni, milioni di giovani di tutti i continenti. Quanti cambiamenti di vita ne sono seguiti! Quali importanti e decisive scoperte per la vita dei giovani! La scoperta di Cristo: Via, Verità e Vita; la scoperta della Chiesa come madre e maestra e come "compagnia di amici" (Benedetto XVI) che sostiene nel cammino dell’esistenza; la scoperta del Successore di Pietro come guida sicura e come amico di cui fidarsi. Per tanti giovani la GMG è diventata una specie di "laboratorio della fede" (Giovanni Paolo II), il luogo della riscoperta di una fede e di una religiosità che non sono in contrasto con l’essere giovani. Quante vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata ne sono nate! C’è chi afferma che nel mondo dei giovani è in atto una "rivoluzione silenziosa", il cui potente motore propulsore sono proprio le GMG (F. Garelli). È grazie alle Giornate Mondiali della Gioventù che la Chiesa, alle soglie del terzo millennio, ha ritrovato il suo volto giovane, il volto dell’entusiasmo e di un coraggio rinnovato. La storia delle GMG è la storia affascinante della nascita di una nuova generazione di giovani: giovani del "sì" a Cristo, dell’adesione convinta alla Chiesa e al Papa. Giovanni Paolo II li chiamava "sentinelle del mattino" (Roma, 2000), "popolo delle beatitudini" (Toronto, 2002) e Benedetto XVI, "profeti di nuova era", "messaggeri dell’amore di Dio" (Sydney, 2008). Al tempo stesso è nata anche una nuova generazione di operatori della pastorale giovanile, più sensibili ai veri bisogni dei giovani d’oggi. Si tratta di uomini e di donne che hanno il coraggio di sfidare i giovani con la radicalità proposta dal Vangelo.

Ogni nuova edizione della GMG fa ritornare la domanda su quale sia il "segreto" di questo sorprendente fenomeno che rivela al mondo un volto del tutto inaspettato, non solo della Chiesa, ma degli stessi giovani d’oggi. Le GMG sono un dono che continua a suscitare stupore all’interno della Chiesa e fuori di essa. E sono una fotografia di una gioventù molto diversa dal cliché diffuso dai media, ci mostrano una gioventù assetata di valori autentici e alla ricerca di un senso più profondo della vita. Sì, si tratta di una minoranza, ma di una "minoranza creativa" (A. Toynbee), cioè determinante per il futuro dell’umanità. Nel corso degli ultimi 25 anni, le GMG sono diventate un potente strumento di evangelizzazione del mondo dei giovani e di dialogo con le nuove generazioni perché, come ha scritto Giovanni Paolo II, «la Chiesa ha tante cose da dire ai giovani e i giovani hanno tante cose da dire alla Chiesa».2 Ogni GMG è una grande festa di una fede giovane, l’epifania di una Chiesa che ritrova, sempre nuovamente, la sua straordinaria forza attrattiva e aggregativa anche nei confronti delle giovani generazioni. Il progetto pastorale fondante delle GMG, però, non riguarda solo i giovani, ma tutta la Chiesa che ha costantemente bisogno di essere stimolata dall’entusiasmo e dallo slancio tipici della fede dei giovani. È un forte soffio di speranza di cui la Chiesa - in modo speciale ai nostri giorni - ha tanto bisogno.

Papa Benedetto XVI continua con grande impegno e con tanto amore pastorale l’opera iniziata da Giovanni Paolo II. A Sydney, il Papa confidava: «Per me è una gioia essere con loro (con i giovani), pregare con loro e celebrare l’Eucaristia insieme con loro. La Giornata Mondiale della Gioventù mi riempie di fiducia per il futuro della Chiesa e per il futuro del nostro mondo».3 Il Santo Padre evoca spesso Papa Wojtyła come «geniale iniziatore delle Giornate Mondiali della Gioventù, un’intuizione - ha affermato - che io considero un’ispirazione»4. Il Papa insiste molto sul fatto che la GMG non è riducibile soltanto ad un momento di festa. La preparazione di questo grande evento e il seguito che bisogna dare nella pastorale ordinaria ne costituiscono una parte integrante e decisiva. La festa, l’evento in sè agiscono come una sorta di catalizzatore che facilita un processo educativo già in corso. In tal senso, Papa Benedetto XVI vede nelle GMG una risposta profetica all’emergenza educativa del mondo post-moderno.

E continua ormai da 25 anni questo straordinario pellegrinaggio dei giovani attraverso i continenti, sulle orme del Successore di Pietro. La prossima tappa ci porterà a Madrid, nell’agosto dell’anno prossimo. Per la seconda volta la GMG torna in Spagna, dopo l’indimenticabile appuntamento a Santiago de Compostela nel 1989 e sarà di nuovo Sua Eminenza il Cardinale Antonio Maria Rouco Varela, questa volta come Arcivescovo di Madrid, ad accogliere il Santo Padre e i giovani del mondo intero. I preparativi procedono in maniera intensa sia a livello pastorale sia nell’ambito organizzativo-logistico. L’interesse da parte dei giovani è forte e diffuso. Siamo sicuri che, anche questa volta, i giovani non mancheranno all’invito del Papa e Madrid diventerà luogo di una nuova epifania di una Chiesa giovane, radicata e fondata in Cristo, salda nella fede (cfr Col 2,7) - come dice il tema scelto dal Santo Padre.

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1 Giovanni Paolo II, Allocuzione al Collegio dei cardinali, alla Curia e alla Prelatura romana per gli auguri natalizi, "Insegnamenti" VIII, 2 (1985), pp. 1559-1560.
2 Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Christifideles laici, n.46.
3 Benedetto XVI, Cerimonia di benvenuto alla Government House, "Insegnamenti" IV, 2 (2008), p.4.
4 Benedetto XVI, Ai membri della Conferenza episcopale tedesca, "Insegnamenti" I (2005), p.467.



INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. ANTONIO MARÍA ROUCO VARELA

La Jornada Mundial de la Juventud, un regalo para España

Las Jornadas Mundiales de la Juventud han marcado la historia de la evangelización de los jóvenes en el mundo de los últimos 25 años. Para miles de chicos y chicas, han significado el encuentro o el reencuentro con la fe, otros han descubierto su vocación y todos ellos han vislumbrado que "se puede ser moderno y profundamente fiel a Jesucristo", como recalcó Juan Pablo II en su última visita a España. Las distintas Jornadas Mundiales han dejado un rastro de luz, han cambiado la vida innumerables personas, han dado lugar a incontables familias cristianas, y han renovado a la Iglesia por dentro. La idea providencial del venerado Juan Pablo II se ha demostrado una intuición pastoral de alcance incalculable.

Si cada Jornada Mundial de la Juventud es un regalo para toda la Iglesia, lo es en primer lugar para la Iglesia local que la recibe. En la JMJ de Madrid participarán jóvenes de todo el mundo, pero sin duda muchos cientos de miles serán españoles. Nosotros seremos los primeros beneficiarios de tantas gracias.

Por primera vez la Jornada Mundial de la Juventud regresa a un país en la que ya ha sido acogida anteriormente. Fue precisamente en Santiago de Compostela, en 1989, donde se inició el modelo de lo que son hoy las Jornadas Mundiales de la Juventud, y adquirió la estructura que conserva hasta el día de hoy: catequesis, vigilia de oración y celebración eucarística. Además, en la ciudad donde reposan los restos del Apóstol Santiago, meta multisecular de caminantes, la JMJ adquirió un sentido de peregrinación. No sólo lo hizo en su sentido más literal, sino en su concepción más profunda, como peregrinación hacia la fe y a la renovación interior.

Es fácil comprender, que el hecho mismo de prepararla constituye no sólo un reto sino una enorme responsabilidad. Junto a la alegría que sentimos al conocer en Sidney que la próxima JMJ se celebraría en Madrid, percibimos en ese momento también la urgencia de ponernos en camino. Por ello, el primer paso fue escribir una carta a los monasterios y casas de vida contemplativa de Madrid, para que rezaran por los jóvenes que vendrían a la JMJ.

Enseguida nos pusimos a trabajar, porque organizar una Jornada Mundial – lo sé por experiencia – es una tarea ingente. Pero estoy persuadido de que es esos millones de horas de trabajo están bien empleadas, son la mejor inversión, porque se dedican al corazón de la misión de la Iglesia: presentar a Jesús a las nuevas generaciones. Más aún en las presentes circunstancias: está demostrado que la crisis actual no es una crisis económica, sino una crisis cuya raíz está en la crisis de valores; y que no hay nada más social y asistencial que la JMJ, por el efecto catalizador que tiene en la generosidad y vocación de servicio de la juventud. Las JMJ provocan una gran movilización de jóvenes, que desempolvan su fe y se remangan en servicio de los demás.

La elección de Madrid como sede de la JMJ de 2011 es un verdadero regalo para la Iglesia en España, además de un tesoro y oportunidad que no se puede desaprovechar.

Madrid se convertirá en la capital del mundo joven

Madrid se convertirá entre el 16 y el 21 de agosto del año que viene en la capital del mundo joven: una inmensa multitud de ellos llenarán nuestras calles, plazas, lugares públicos e iglesias con la alegría desbordante de su juventud, esa edad que constituye en sí misma una gran riqueza y que es un tiempo de descubrimiento, de encontrar el sentido de la propia vida, así como buscar la vida en su inmensidad y belleza. La ciudad de Madrid, llamada a abrir las puertas de sus hogares a los participantes venidos de todo el mundo, será una auténtica fiesta.

La Jornada Mundial de la Juventud es una clara propuesta de acercamiento a Cristo, y a su Iglesia para toda la sociedad española. En el lema de la JMJ de Madrid "Arraigados y edificados en Cristo, firmes en la fe" (Col 2,6) descubrimos un verdadero reto de vida cristiana, que invita a poner las bases sólidas para seguir a Cristo. Si conseguimos mostrar la belleza de la fe, muchos jóvenes y no tan jóvenes descubrirán o redescubrirán el orgullo y el privilegio inmerecido de ser católicos, y la responsabilidad que tenemos de transformar este mundo nuestro en un lugar mejor para todos.

No se trata de inventar nada, sino de proponer el tesoro de la Iglesia (la Palabra de Dios, los sacramentos – en particular modo, la Eucaristía y la Reconciliación – y el servicio a los hermanos) a las nuevas generaciones con renovado entusiasmo. En una palabra: decir a los jóvenes que pueden y deben ser santos, que no se conformen con la mediocridad. Como ha dicho el Papa Benedicto XVI a la gente joven en su reciente viaje al Reino Unido, ""Lo que Dios desea más de cada uno de vosotros es que seáis santos. Él os ama mucho más de lo jamás podríais imaginar y quiere lo mejor para vosotros. Y, sin duda, lo mejor para vosotros es que crezcáis en santidad".

Con la ayuda de muchos

La JMJ será posible gracias a la ayuda de muchos. En primer lugar, de numerosísimas personas, que colaboran con su trabajo generoso y abnegado: el Comité Organizador, en primer término, decenas de voluntarios permanentes, y – cuando se acerque la semana crucial – hasta 20.000 voluntarios, españoles e internacionales, que serán la columna vertebral de la JMJ, su cara y sus espaldas.

Además, muchas familias madrileñas acogerán a peregrinos, y darán vida a un intercambio de dones, materiales y espirituales, que beneficiará tanto a los que acogen como a los venidos de lejos.

También desde el punto de vista económico, la JMJ se apoya en una vasta plataforma cívica, hecha de numerosísimos donativos pequeños, y de aportaciones de empresas e instituciones, en dinero y en especie, que han aceptado ser patrocinadores y se han sumado a la responsabilidad de organizar la JMJ en beneficio de la juventud del mundo.

No quiero dejar de mencionar el positivo clima de colaboración que, desde el principio, se ha entablado con las administraciones públicas españolas. La acogida de la JMJ por parte del Gobierno de la nación, de la Comunidad Autónoma y del Ayuntamiento de Madrid ha sido favorable y operativa desde el primer momento. El Gobierno colabora activamente al haber declarado la JMJ como "Acontecimiento de Excepcional Interés Público", lo cual facilita que empresas de todo tipo patrocinen la Jornada al poder beneficiarse de deducciones fiscales sobre las ayudas que aporten. El Ayuntamiento de la capital y el gobierno autonómico también nos han mostrado su máxima colaboración al ofrecernos las instalaciones públicas para los actos culturales, los alojamientos de los jóvenes, y la organización de los actos centrales. Las autoridades públicas entienden que la JMJ es un escaparate de Madrid al mundo entero, y quieren que la JMJ sea todo un éxito.

Quisiera terminar con la invitación de Benedicto XVI a todos los jóvenes, en su hermoso mensaje para este Jornada: "Con profunda alegría, os espero a cada uno personalmente en la Jornada Mundial de la Juventud en Madrid. Quisiera que todos los jóvenes, tanto los que comparten nuestra fe, como los que vacilan, dudan o no creen, puedan vivir esta experiencia, que puede ser decisiva para la vida: la experiencia del Señor Jesús resucitado y vivo, y de su amor por cada uno de nosotros".



INTERVENTO DI S.E. MONS. JOSEF CLEMENS

Gentili Signori e Signore,

il mio intervento di presentazione del Messaggio della GMG 2011 di Madrid si divide in due parti: nella prima, richiamerò la funzione dei Messaggi delle GMG in genere, nella seconda parte cercherò di evidenziare alcuni elementi particolari del Messaggio della prossima GMG.1 Ho scelto come chiave di lettura alcune annotazioni autobiografiche del Santo Padre.

Vorrei paragonare i Messaggi delle GMG a delle banconote di grande taglio che devono essere cambiate nel tempo della preparazione e dello svolgimento delle GMG in tante medie e piccole monete. Questo vuol dire che il tema e le grandi linee del Messaggio danno uno «specifico contenuto di valore» alle GMG e offrono un’impronta unica e inconfondibile, non paragonabile con altri grandi eventi per giovani.

Accanto alla preparazione della GMG nelle diocesi, il grande «cambio» del «valore» in unità più accessibili avviene nelle tre catechesi e celebrazioni eucaristiche guidate e presiedute dai vescovi, provenienti da tutto il mondo2, e nei discorsi e omelie del Santo Padre, durante la Cerimonia di accoglienza, la Veglia di preghiera e la S. Messa di chiusura. Anche gli altri eventi della GMG sono permeati dal tema generale dell’avvenimento.

Il tema della GMG di Madrid 2011«Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede» (cfr. Col 2, 7) ci chiama a confrontarci con la «quaestio quaestionum», la «domanda delle domande», cioè la domanda di Dio, la domanda della fede.3 Questo tema s’inserisce nell’iter spirituale di preparazione di tre anni. Vorrei ricordare brevemente i tre temi, presentati dopo la GMG di Sydney del 2008.

2009: Speranza - «Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente» (1Tm 4,10)4; 2010: Carità - «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» (Mc 10,17)5; 2011: Fede - «Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede» (cfr. Col 2,7).

Passiamo allora ad esaminare alcuni elementi specifici del Messaggio, servendoci come chiave di lettura dei riferimenti autobiografici del Santo Padre: Papa Benedetto XVI tre volte richiama sue esperienze personali. In questo modo il Papa rivela - come già in alcuni incontri con bambini e giovani nel passato - una grande vicinanza e sensibilità per le specifiche sfide e difficoltà dell’età giovanile.6 Nelle sue parole e gesti si nota il desiderio di una sincera condivisione con i giovani, si manifesta un grande tatto e un linguaggio attento e realistico.

1. La gioventù - il tempo della grande ricerca e della ricerca del grande

Il primo riferimento autobiografico del Santo Padre muove dall’esperienza della propria gioventù come tempo di grande ricerca, ma anche della ricerca del grande. Dopo aver parlato dell’aspirazione ad un lavoro e ad un futuro personale che preoccupa tanti giovani di oggi, il Papa indirizza lo sguardo al sottostante desiderio di una vita più grande. Dice testualmente Benedetto XVI:

"Se penso ai miei anni di allora: semplicemente non volevamo perderci nella normalità della vita borghese. Volevamo ciò che è grande, nuovo. Volevamo trovare la vita stessa nella sua vastità e bellezza. Certamente, ciò dipendeva anche dalla nostra situazione. Durante la dittatura nazionalsocialista e nella guerra noi siamo stati, per così dire, "rinchiusi" dal potere dominante. Quindi, volevamo uscire all’aperto per entrare nell’ampiezza delle possibilità dell’essere uomo."7

Questi riferimenti autobiografici sono certamente determinati dalla situazione politica di allora in Germania, ma allo stesso tempo vediamo che sono trasferibili alla situazione dei giovani di oggi, che, pur in diversa modalità, fanno esperienza dell’essere «rinchiusi», in un mondo in cui spesso prevalgono il consumismo e le relazioni personali d’interesse. Così il Papa arriva al centro della questione e dice:

"Ma credo che, in un certo senso, questo impulso di andare oltre all’abituale ci sia in ogni generazione. È parte dell’essere giovane desiderare qualcosa di più della quotidianità regolare di un impiego sicuro e sentire l’anelito per ciò che è realmente grande. Si tratta solo di un sogno vuoto che svanisce quando si diventa adulti? No, l’uomo è veramente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Qualsiasi altra cosa è insufficiente. Sant’Agostino aveva ragione: il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te."8

Di conseguenza, si tratta di un progetto irresponsabile voler eliminare ogni riferimento «visibile» a Dio, volerlo escludere dalla vita pubblica e rinchiuderlo nella sfera del puramente privato.

2. La gioventù - il tempo delle grandi decisioni

Il secondo riferimento autobiografico si trova nel contesto dell’esperienza della gioventù come tempo delle grandi decisioni, come la scelta della professione e dello stato di vita, la scelta della persona «giusta» per il matrimonio.

In questa ricerca «esistenziale» il giovane Joseph Ratzinger non partiva dalle proprie capacità o talenti, o dalle necessità del mercato di lavoro, ma partiva dalla ricerca della volontà di Dio: "Che cosa vuole Dio da me?" Dice a riguardo:

"In qualche modo ho avuto ben presto la consapevolezza che il Signore mi voleva sacerdote. Ma poi, dopo la Guerra, quando in seminario e all’università ero in cammino verso questa mèta, ho dovuto riconquistare questa certezza. Ho dovuto chiedermi: è questa veramente la mia strada? È veramente questa la volontà del Signore per me? Sarò capace di rimanere fedele a Lui e di essere totalmente disponibile per Lui, al Suo servizio? Una tale decisione deve anche essere sofferta. Non può essere diversamente. Ma poi è sorta la certezza: è bene così! Sì, il Signore mi vuole, pertanto mi darà anche la forza. Nell’ascoltarLo, nell’andare insieme con Lui divento veramente me stesso. Non conta la realizzazione dei miei propri desideri, ma la Sua volontà. Così la vita diventa autentica."

Nelle parole del Papa si riflette l’esperienza di tanti giovani che sanno bene che le grandi decisioni, spesso sofferte, devono essere poi riconquistate e difese. Conosciamo tutti la difficoltà diffusa nel nostro tempo di prendere e rimanere fedeli alle grandi decisioni, di legarsi per la durata di tutta una vita. E in questo contesto il Papa indica le virtù e gli atteggiamenti della fedeltà e della coerenza, della disponibilità e del servizio, come presupposti indispensabili per una vita «autentica», degna di questo attributo. Nello stesso tempo il Papa ci ricorda che ogni sforzo umano è portato e accompagnato da un aiuto più grande, cioè la forza di Dio.

3. La persona di Gesù - la risposta e la guida per tutta la vita

Il Santo Padre non si ferma all’esposizione delle difficoltà e dei problemi, ma offre alle grandi domande dell’età giovanile una grande risposta. Una risposta che proviene dal profondo del suo cuore e dall’esperienza di una lunga vita. La sua grande risposta è Dio, è la fede in Lui, è l’incontro con Gesù Cristo!

Qui si colloca il terzo riferimento autobiografico del Santo Padre, quando trova nella persona di Gesù la grande risposta e la guida sicura, ma non omette le difficoltà a riguardo proprie del nostro tempo. Cito le parole del Papa:

"Oggi per molti, l’accesso a Gesù si è fatto difficile. Circolano così tante immagini di Gesù che si spacciano per scientifiche e Gli tolgono la sua grandezza, la singolarità della Sua persona. Pertanto, durante lunghi anni di studio e meditazione, maturò in me il pensiero di trasmettere un po’ del mio personale incontro con Gesù in un libro: quasi per aiutare a vedere, udire, toccare il Signore, nel quale Dio ci è venuto incontro per farsi conoscere."9

Di fronte a queste odierne difficoltà con la persona di Gesù, il Papa con il suo libro «Gesù di Nazareth» intende "fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale"10, non il Gesù di un’ipotesi o di una teoria scientifica. Come base «esistenziale» offre l’esperienza della sua "ricerca personale del «volto del Signore»"11, che si è realizzata ed è maturata in lunghi anni di studio, di preghiera e di meditazione.

Così nel Messaggio invita i giovani dall’intimo del suo cuore a un incontro personale con Gesù: "Gesù stesso si presenta come nostra vita (cfr Gv 14,6). Perciò la fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l’incontro con il Figlio di Dio, che dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo. Quando entriamo in rapporto personale con Lui, Cristo ci rivela la nostra identità e, nella sua amicizia, la vita cresce e si realizza in pienezza."12

Ci sarebbero ancora molti altri elementi del Messaggio di grande attualità da presentare - come per esempio l’ecclesialità della fede, l’importanza dei sacramenti, il ruolo dei giovani nella trasmissione della fede, la riscoperta delle radici cristiane d’Europa, l’esclusione di Dio dalla vita pubblica, l’equiparazione di tutti i «valori» e possibili «modelli di vita» -, ma mi devo fermare qui, a causa del tempo limitato a mia disposizione.

Gentili Signori e Signore,

vorrei riassumere le mie brevi annotazioni con il motto del recente viaggio del Papa nel Regno Unito nella seconda metà di settembre. Il Messaggio della GMG 2011 di Madrid testimonia ancora una volta l’intento del Papa: «Cor ad cor loquitur» - «Il cuore del Papa parla al cuore dei giovani!»

Grazie per la loro attenzione.

_______________________________

1 Pontificio Consiglio per i Laici, Giornata mondiale della Gioventù. Memorandum per gli Organizzatori, Città del Vaticano, Luglio 2005, 6: "E’ il Papa che sceglie il tema della Giornata Mondiale della Gioventù e lo spiega autorevolmente in un apposito Messaggio, orientando così il cammino di preparazione che la celebrazione stessa, in cui scopi prioritari sono la catechesi, l’evangelizzazione e il pellegrinaggio nella fede."
2 Cfr. PCPL, Memorandum 10.
3 Benedetto XVI, Messaggio in occasione della Giornata della Gioventù di Madrid 2011, in: O.R., n. 203, 4 settembre 2010, 8; cfr. anche Benedetto XVI, Discorso ai giovani dell’Arcidiocesi di Madrid (Spagna) venuti a Roma per la consegna della Croce per la Giornata Mondiale della Gioventù, Aula Paolo VI, 6 aprile 2009, in: O.R., n. 80, 6-7 aprile 2009, 7.
4 Cfr. O.R. n. 53, 5 marzo 2009, 8.
5 Cfr. O.R. n. 62, 15-16 marzo 2010, 8.
6 Cfr. Benedetto XVI, Incontro di catechesi con i bambini di Prima Comunione, Piazza San Pietro, 15 ottobre 2005, in: Benedetto XVI, Insegnamenti, I (2005), Libreria Editrice Vaticana, Citta del Vaticano, 661-665; Benedetto XVI, Incontro con i giovani della diocesi di Roma per i 25 anni della Giornata mondiale, Piazza San Pietro, 26 marzo 2010, in: O.R., n. 71, 27 marzo 2010, 7.
7 Benedetto XVI, Messaggio 8; cfr. J. Ratzinger, La mia vita. Autobiografia, Edizioni San Paolo 1997, 11-39; P Pfister (ed.) Joseph Ratzinger und das Erzbistum München und Freising. Dokumente und Bilder aus kirchlichen Archiven, Beiträgen und Erinnerungen, Collana: Schriften des Archivs des Erzbistums München und Freising, vol. 10, Casa Editrice Schnell & Steiner, Regensburg 2006, 34-46.
8 Ibidem.
9 Ibid.; cfr. J. Ratzinger/Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, Libreria Editrice Vaticana/RCS Libri, Città del Vaticano/Milano 2007.
10 J. Ratzinger/Benedetto XVI, Gesù, 18.
11 Ibid. 20
12 Benedetto XVI, Messaggio, 8.



INTERVENTO DI S.E. MONS. CÉSAR FRANCO MARTÍNEZ

GMG Madrid 2011: programma e aspetti organizzativi

1. Dimensioni dell’evento

Secondo i dati che ci arrivano dalle diverse conferenze episcopali, la GMG 2011 promette di essere una delle GMG più numerose fra quelle che si sono tenute in Europa (Colonia, 1.700.000; Roma (2.100.000), poiché molti paesi ci hanno informato che le loro delegazioni di giovani saranno in media il 15% più numerose delle precedenti. Il successo non è nel numero né nella logistica, ma ambedue sono fattori importanti per far sì che i giovani traggano profitto spirituale dalla GMG.

2. Contesto di Madrid 2011

Il contesto sociale vede una diminuzione della pratica religiosa fra i giovani. Gli ultimi dati elaborati dall’Istituto Statistico ufficiale segnalano che tra i minori di 25 anni gli indici di pratica religiosa cattolica sono al di sotto del 10%, e che il 48,1% di giovani si riconosce cattolico non praticante. Vogliamo arrivare proprio a questi.

Il contesto economico è veramente problematico: la crisi ha colpito il Paese in maniera dura. Quindi, sarà una GMG caratterizzata dalla sobrietà. Infatti, i contributi dei giovani (i cosiddetti "pacchetti") sono il 20% più economici di quanto costarono a Sydney 2008.

3. Obiettivi della GMG

Il nostro obiettivo principale è il rilancio dell’attività pastorale con i giovani. Le GMG sono diventate un’opportunità veramente preziosa per far arrivare ai giovani il messaggio cristiano, non solo durante il loro svolgimento ma anche nella fase propedeutica. I frutti si moltiplicano quanto maggiore è la preparazione. In questo senso, consideriamo la GMG un regalo alla Chiesa in Spagna da parte di Papa Benedetto, perché siamo consapevoli del fatto che i principali beneficiari di questi frutti spirituali siamo noi. Quindi i milioni di ore di lavoro sono un buon investimento.

Il piano pastorale è imperniato sui sacramenti (in particolare modo, sull’Eucarestia e sulla Riconciliazione) e sulla Parola di Dio, e nella testimonianza della carità verso i poveri, i malati e i più bisognosi, come ci ha segnalato Papa Benedetto nel Suo messaggio di preparazione alla GMG di Madrid.

4. Programma

11-15 agosto: giorni delle diocesi. Partecipano praticamente la totalità delle diocesi spagnole.

16 martedì: Messa di inaugurazione a Plaza de Cibeles, il centro nevralgico della capitale spagnola

17-19: catechesi la mattina (350), programma culturale il pomeriggio e la sera

18 giovedì: arrivo del Santo Padre, benvenuto a Plaza de Cibeles

19 venerdì: Via Crucis, con 15 "pasos" della Settimana Santa spagnola, convenuti da 11 città, tra la Plaza de Cibeles e la Plaza de Colón

20 sabato: veglia all’aerodromo di Cuatro Vientos, un aeroporto a 8 chilometri e mezzo dal centro di Madrid, scenario di un indimenticabile incontro di Giovanni Paolo II con la gioventù spagnola, nel 2003.

21 domenica: Messa di invio e annuncio della prossima GMG.

5. Sarà una GMG molto "spagnola"

Il Pontificio Consiglio per i Laici ci ha ricordato che le Giornate non hanno un modello unico indipendente dal luogo dove si realizzano (come se fosse un "franchising" internazionale) bensì si devono radicare nel Paese organizzatore. Quindi, ci ha chiesto che ci sia una speciale presenza della cultura e della storia spagnole. Così avverrà in molte delle manifestazioni culturali quali il teatro sacro (gli autos sacramentales), la musica (quarto centenario di Tomás Luis de Vitoria), ecc... E anche con gli orari notturni e la festa... Ma certamente accettiamo volentieri molte proposte venute anche da fuori, per assicurare che la Giornata sia veramente Mondiale.

6. Preparazione pastorale

Come ci ha detto il Santo Padre, «la qualità del nostro incontro dipenderà soprattutto dalla preparazione spirituale". Infatti, il piano pastorale con i giovani è iniziato subito, con la messa a disposizione di materiali catechetici per gli operatori pastorali della provincia ecclesiastica di Madrid e per tutti coloro che li vogliano usare. Queste catechesi riuniscono testi per aiutare a pregare, a conoscere meglio la Bibbia e a sviluppare le verità contenute nel Credo.

Poi, il piano pastorale di tutta l’arcidiocesi durante l’anno 2010-2011, presentato lo scorso 14 settembre, è imperniato sulla GMG.

7. Aspetti organizzativi

Le iscrizioni, iniziate il primo luglio, sono già 170.000. Aspettiamo intorno a 600.000 iscritti (come si sa, di solito, si iscrivono il 25-30% dei partecipanti). Tutto il processo si fa online.

Gli alloggi saranno scuole pubbliche, cattoliche e private, centri polisportivi, palestre, ecc., per cui i giovani sono incoraggiati a venire con il sacco a pelo e la stuoia. Si allestiranno anche due tendopoli.

Abbiamo nominato un’agenzia ufficiale di viaggi per gestire le prenotazioni alberghiere, per chiunque desideri avere un letto vero. Comunque, stiamo per lanciare la campagna di famiglie di accoglienza, per riuscire ad avere 100.000 persone con le famiglie (garantendo di offrire un ambiente sicuro).

Infine, vorrei sottolineare la grande importanza delle reti sociali, per la sensibilizzazione, la mobilitazione, la comunicazione e il finanziamento della GMG, anche se lascio un commento più concreto alla dott.ssa Maria Dolores Jaureguizar.

8. Aspetti economici

Il preventivo è ancora provvisorio, perché stiamo gestendo i grandi contratti tramite concorsi pubblici, e questo – oltre al ritorno di immagine e alla sicurezza futura – sta riducendo notevolmente le cifre di ogni voce principale: catering, allestimenti, ecc. Ma sarà simile a quello di Roma e di Sydney.

Il programma di sponsorizzazione va bene: molte delle grandi aziende spagnole si sono unite all’evento: Banco de Santander (iscrizioni e commissioni), Bankinter (pagina web), El Corte Inglés (elettronica), Telefónica (telefono e internet), Endesa (elettricità), Iberia, ecc.; e dei grandi gruppi mediatici che ci regalano spazio pubblicitario per rendere nota la GMG in Spagna.

Ma non vogliamo che gli aiuti vengano solo dalle aziende. Abbiamo altri due canali: gli sms e il portale www.muchasgracias.info, lanciato ieri, che consente a chi vuole aiutare di decidere la quantità e anche la destinazione del suo contributo.

Infine, a tutti coloro che si iscrivono viene chiesto un contributo di 10 al Fondo di Solidarietà. I ricavi provenienti da fuori della Spagna saranno distribuiti dal PCL in favore dell’Europa, l’Asia, l’Africa e l’Oceania mentre il COL distribuirà i contributi degli spagnoli verso i gruppi dall’America Latina. Oltre a questi contributi, ci sono diverse iniziative per aumentare questi fondi.




INTERVENTO DELLA SIG.RA MARIA DE JAUREGUIZAR

Participación de los jóvenes en los preparativos de la JMJ 2011

Para mí es un honor poder estar aquí hoy para contar mi experiencia trabajando en los preparativos como responsable de prensa de la JMJ 2011, pero podría estar cualquier otro joven de entre los muchos que trabajan en la organización en todas las aéreas. Es imposible dar testimonio de todos, pero me gustaría intentarlo y poner voz a cada uno de ellos.

Desde los voluntarios que están empezando a formarse para trabajar en diferentes cometidos durante el evento (ya son más de 7000 y queda casi un año), como los jóvenes que se están ofreciendo para acoger en sus casas, o trabajan en sus parroquias o movimientos para llegar a otros jóvenes.

O como los más de 70 Community managers que traducen las novedades de la JMJ en 18 lenguas para lleguen a jóvenes de todo el mundo en su idioma, el idioma de las redes sociales. La JMJ se encuentra online como en su propio elemento, y en distintas redes sociales más de 200.000 "admiradores" siguen el día a día y nos permiten estar en su "muro", dando testimonio de fe ante sus amigos, compañeros y familiares, y nos mandan todo tipo de sugerencias: desde cómo diseñarían la gorra del peregrino (que realmente creo que hará falta con el calor de agosto en Madrid), hasta propuestas de actividades culturales de todo tipo.

Cada uno de los voluntarios de redes sociales trabaja desde su propio país. Se puede decir que la JMJ no duerme nunca, siempre hay alguien despierto trabajando para la JMJ. Será una JMJ volcada en Internet, el lugar donde ahora se encuentran los jóvenes: toda la información y todos los materiales promocionales se pueden encontrar en la web oficial, la interacción en las redes sociales y los vídeos en YouTube.

Otros muchos jóvenes colaboran como actores, sin serlo profesionalmente, en cualquiera de las campañas de promoción, pasando por duros casting a los que se presentan cientos de jóvenes sin cobrar, cediendo su imagen y tiempo, solo por poner su granito de arena y apoyar la JMJ. Y otros muchos jóvenes, desde el otro lado de la cámara o en el ordenador de montaje de agencias de publicidad, han producido estas campañas con toda la ilusión del mundo, sin pagarles siquiera los gastos de rodaje.

O como los que hacen llegar a las universidades de toda España información de la JMJ, para animar a inscribirse a otros jóvenes y explican que es una JMJ a amigos, que quizá ni siquiera tiene fe.

Pasado, por supuesto, por los tantos y tantos jóvenes que hacen que cada parada de los miles de kilómetros que está recorriendo la Cruz y el Icono por todas las diócesis de España a través de tierra, aire y mar, sea una fiesta, un momento de encuentro con Cristo y de verdadera preparación espiritual para la JMJ. La misma Cruz y el icono de la Virgen que han recorrido todo el mundo desde hace 25 años se encuentran desde hace un año entre nosotros. Un signo que entró en nuestras tierras hace casi 2.000 años para quedarse. Jóvenes de toda España la reciben con emoción y veneración en sus parroquias, en sus colegios, en sus santuarios. La marca de la cruz está dejando una estela que alimenta la fe de miles de personas.

No puedo no mencionar el testimonio de los jóvenes reclusos de una Cárcel en las afueras de Madrid, que tras portar la Cruz y el Icono por su patio la pasada Navidad, me decían que ellos, privados de libertad, querían estar presentes en la JMJ con sus oraciones y que contáramos con ellos.

O como los que han participado y participan en las campañas para "llenar" el Fondo de Solidaridad, y en sus fiestas piden a los participantes que donen 1,2 euros enviando un sms, para que puedan venir jóvenes de países menos favorecidos o donde la Iglesia sufre por cualquier causa. Saben que muchos pocos hacen mucho, y quieren ser parte de la JMJ contribuyendo en la medida de sus posibilidades.

Y los que dan el tiempo que no tienen. Jóvenes que tras salir de sus trabajos comienzan su jornada laboral con la JMJ aportando su granito de arena robándoselo a sus aficiones, a su familia o a sus amigos.

O tantos otros que nos han llamado desde diferentes puntos del mundo que quieren ayudar y regalar un año de su vida para trabajar en los preparativos JMJ, pagándose todos sus gastos. Y que siguen con nosotros meses después, a pesar del fortísimo ritmo de trabajo que supone organizar un evento de este nivel.

También ejemplares son las personas que se están preparando para adecuar la logística de la JMJ a personas con discapacidad física o intelectual, con un grupo de jóvenes discapacitados completamente volcados para que llegar, estar y vivir la JMJ no sea un problema para nadie.

Podría seguir horas poniendo ejemplos... Solo quiero transmitirles como los jóvenes de Madrid, de España y de muchos países del mundo se están volcando para la próxima Jornada Mundial de la Juventud en Madrid sea una experiencia inolvidable para los que vengan. Y para los que no puedan venir, lo vivan lo más cercanamente posible a través de la web TV, las redes sociales y por supuesto de los medios de comunicación.

Dicen que el éxito de una fiesta consiste en acertar con los invitados. Los jóvenes de Madrid que colaboramos en la organización, nos consideramos los camareros de una gran fiesta multitudinaria. Sabemos que estamos para servir y atender a todos los jóvenes que vengan de todas las partes del mundo. Y tenemos una gran responsabilidad.

Pero ese reto, esa responsabilidad, no es solo nuestra como organizadores, sino de todos y cada uno de los jóvenes madrileños, españoles, que vengan al encuentro con el Santo Padre en Madrid y que hagan sentir a nuestros invitados, como en familia. En una gran familia que va a compartir unos días con el objetivo de acercarse al mensaje de Cristo a través de unos días de convivencia con el Santo Padre. Y no me cabe ninguna duda por las experiencias y testimonios que veo cada día en la sede de la organización, que así será. Madrid y sus jóvenes están deseando acoger la JMJ en su ciudad.

Para terminar, me gustaría ponerles un video: "EL ALMA DE MADRID" (que es un claro ejemplo de lo que antes les mencionaba, creativos jóvenes trabajando desinteresadamente, actores no profesionales que han cedido su imagen y su tiempo para la JMJ).

Como dice el video "El Alma de Madrid les está esperando" y espero verles a todos en Madrid el próximo día 16 de Agosto en la Jornada Mundial de la Juventud.

+PetaloNero+
00mercoledì 6 ottobre 2010 00:13
Giornata della Gioventù in Spagna: da Santiago de Compostela a Madrid
Presentazione ufficiale dell'evento nella Sala Stampa della Santa Sede

di Carmen Elena Villa


CITTA' DEL VATICANO, martedì, 5 ottobre 2010 (ZENIT.org).- “Se ogni Giornata Mondiale della Gioventù è un dono per tutta la Chiesa, lo è in primo luogo per la Chiesa locale che la accoglie”, ha affermato questo martedì mattina il Cardinale Antonio María Rouco Varela, Arcivescovo di Madrid.

Il porporato ha partecipato a una conferenza stampa presso la Santa Sede in occasione della presentazione della Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà nella capitale spagnola dal 16 al 21 agosto 2011.

“Parteciperanno giovani di tutto il mondo, ma senza dubbio molte centinaia di migliaia saranno spagnoli”, ha detto. “Noi saremo i primi beneficiari di tante grazie”.

In Spagna

La Spagna è il primo Paese ad accogliere per la seconda volta la Giornata Mondiale della Gioventù. Nel 1989 l'evento si è infatti svolto a Santiago de Compostela, quando il Cardinale Rouco era l'Arcivescovo titolare. “Era la gioventù degli anni '80”, ha ricordato il porporato. “Erano molto vicini alla generazione del 1968. Alcuni perché l'avevano vissuta, altri perché erano stati educati da professori che l'avevano vissuta”.

L'Arcivescovo di Madrid ha affermato che per i giovani di 21 anni fa “rivoluzione era una parola che riscuoteva molto successo”, e ha detto che nelle nuove generazioni vede un atteggiamento più speranzoso: “cercano un senso per la loro vita, chiedono di essere trattati in modo personale”.

Questa esperienza, ha aggiunto, permetterà ai giovani “una storia di continuità cattolica e un'esperienza di missione, di grandi radici e un'attualità non perduta”.

Le Giornate Mondiali della Gioventù permettono di vedere anche le ricchezze del Paese organizzatore. Per questo, la prossima versione prevede molte manifestazioni di teatro sacro e musica (con un omaggio a Tomás Luis de Vitoria, di cui il prossimo anno si commemorerà il quarto centenario della morte).

Nei giorni precedenti a questo evento si celebreranno piccole Giornate nelle varie Diocesi spagnole. Il 16 agosto ci sarà la Messa di inaugurazione nella Plaza de Cibeles di Madrid. Dal 17 al 19 agosto si svolgeranno le catechesi in varie parrocchie della capitale spagnola. Il 18 i giovani daranno il benvenuto al Papa. Il 19 ci sarà la Via Crucis, e il 20 la veglia nell'aerodromo Cuatro Vientos. L'evento terminerà il 21 agosto, con la Messa di chiusura e l'annuncio della sede della GMG del 2014.

Storia

Quella delle Giornate Mondiali della Gioventù, che si celebrano ogni tre anni dal 1985, “è la storia affascinante della nascita di una nuova generazione di giovani”, ha affermato il Cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. “Giovani del 'sì' a Cristo, dell’adesione convinta alla Chiesa e al Papa”, ha detto.

Il porporato ha aggiunto che l'evento è “una fotografia di una gioventù molto diversa dal cliché diffuso dai media”, perché mostra una gioventù “assetata di valori autentici e alla ricerca di un senso più profondo della vita”.

Per monsignor César Franco Martínez, Vescovo ausiliare di Madrid e coordinatore generale della GMG, l'entusiasmo e la fede di tanti giovani riuniti è un fatto che “suscita in noi pastori il desiderio di essere integri, coerenti, per poter portare loro in modo più chiaro il messaggio di Cristo”.

Durante questi 25 anni di storia, la GMG è diventata “un potente strumento di evangelizzazione del mondo dei giovani e di dialogo con le nuove generazioni”, ha detto il Cardinale Rylko.

“Siamo sicuri che, anche questa volta, i giovani non mancheranno all’invito del Papa e Madrid diventerà luogo di una nuova epifania di una Chiesa giovane, radicata e fondata in Cristo, salda nella fede”, ha concluso.

+PetaloNero+
00mercoledì 6 ottobre 2010 15:26
La parola del Papa, piccolo seme gettato in terra di Sicilia
di Giuseppe Adernò*



CATANIA, mercoledì, 6 ottobre 2010 (ZENIT.org).- La visita del Santo Padre a Palermo non può essere considerata una data del calendario di ottobre già trascorsa e dimenticata, ma deve lasciare un segno e sul solco della sua parola costruire azioni di apostolato e di presenza cristiana.

Il Pap ha incontrato la Chiesa di Sicilia e i siciliani e tra i tanti commenti ed interviste è stata significativa la considerazione che se tutti i giovani e i siciliani presenti al Foro Italico e in Piazza Politeama dessero concretezza alla parola del Papa mediante una significativa azione di volontariato e di servizio nella Chiesa, il volto della Sicilia sarebbe totalmente rinnovato.

Quello di Benedetto XVI è stato un invito pressante a non avere paura di “vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell’esistenza umana, soprattutto in quelle difficili! La fede vi dona la forza di Dio per essere sempre fiduciosi e coraggiosi, per andare avanti con nuova decisione, per prendere le iniziative necessarie a dare un volto sempre più bello alla vostra terra”.

La nostra bella Isola è stata tra le prime regioni d’Italia ad accogliere la fede degli Apostoli, a ricevere l’annunzio della Parola di Dio, ad aderire alla fede in modo così generoso che, anche in mezzo a difficoltà e persecuzioni, è sempre germogliato in essa il fiore della santità”, rendendola appunto “ terra di santi, che hanno vissuto il Vangelo con semplicità ed integralità”.

Con queste motivazioni il Papa ha spronato tutti laici e clero : “Ci si deve vergognare del male, di ciò che offende Dio, di ciò che offende l’uomo; ci si deve vergognare del male che si arreca alla Comunità civile e religiosa con azioni che non amano venire alla luce!”, ha dichiarato il Papa e mai vergognarsi di dare testimonianza al Signore nostro.


“La tentazione dello scoraggiamento, della rassegnazione, viene a chi è debole nella fede, a chi confonde il male con il bene, a chi pensa che davanti al male, spesso profondo, non ci sia nulla da fare”. Chi invece è “saldamente fondato sulla fede”, chi “ha piena fiducia in Dio e vive nella Chiesa”, “è capace di portare la forza dirompente del Vangelo”.


Risuona ancora nei nostri cuori e ci dà forza la voce solenne del Santo Padre: “Popolo di Sicilia, guarda con speranza al tuo futuro! Fa’ emergere in tutta la sua luce il bene che vuoi, che cerchi e che hai! Vivi con coraggio i valori del Vangelo per far risplendere la luce del bene! Con la forza di Dio tutto è possibile!”.

Da Maestro e Pastore ha inoltre tracciato una via da seguire, quella dell’umiltà: se ci si accosta a Dio con umiltà, sarà Egli stesso a servirci. Gesù, ha spiegato, ci fa prendere coscienza che “siamo servi di Dio”, che “non siamo creditori nei suoi confronti, ma siamo sempre debitori, perché dobbiamo a Lui tutto, perché tutto è suo dono”. “Accettare e fare la sua volontà è l’atteggiamento da avere ogni giorno, in ogni momento della nostra vita”.

Nella catechesi domenicale ci ha insegnato che “davanti a Dio non dobbiamo mai presentarci come chi crede di aver reso un servizio e di meritare una grande ricompensa. Questa è un’illusione che può nascere in tutti, anche nelle persone che lavorano molto al servizio del Signore, nella Chiesa. Dobbiamo, invece, essere consapevoli che, in realtà, non facciamo mai abbastanza per Dio”. “Se faremo ogni giorno la volontà di Dio, con umiltà, senza pretendere nulla da Lui, sarà Gesù stesso a servirci, ad aiutarci, ad incoraggiarci, a donarci forza e serenità”.


L’umiltà, ha proseguito il Papa, consiste anche nell’essere consapevoli della necessità di approfondire sempre il rapporto con il Signore. “Gesù ha educato i suoi discepoli a crescere nella fede, a credere e ad affidarsi sempre di più a Lui, per costruire sulla roccia la propria vita. Per questo essi gli chiedono: ‘Accresci in noi la fede’”, ha sottolineato citando il Vangelo del giorno (Lc 17, 5-10)
“E’ la domanda fondamentale: i discepoli non chiedono doni materiali, non chiedono privilegi, ma chiedono la grazia della fede, che orienti e illumini tutta la vita; chiedono la grazia di riconoscere Dio e di poter stare in relazione intima con Lui, ricevendo da Lui tutti i suoi doni, anche quelli del coraggio, dell’amore e della speranza”.

La fede, ha proseguito il Pontefice, ha un’“incredibile vitalità”, è “come una leva che muove molto più del proprio peso. Basta un pizzico di fede, per poter compiere cose impensabili, straordinarie, come sradicare un grande albero e trapiantarlo nel mare”.


Rileggere e quasi riascoltare a distanza di giorni queste sagge parole, lezioni di vita che penetrano e lasciano il segno significa concretamente “fidarci di Cristo, accoglierlo, lasciare che ci trasformi, seguirlo fino in fondo”, “rende possibili le cose umanamente impossibili, in ogni realtà” ed ecco la “conversione” la “metanoia” che apre a cieli nuovi e terra nuova.

La parola del Papa, piccolo seme gettato in terra di Sicilia attende il suo germoglio in primavera, ma occorre che venga adeguatamente coltivato e custodito.

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*Il prof. Giuseppe Adernò è preside dell’Istituto “G. Parini” di Catania.
+PetaloNero+
00giovedì 7 ottobre 2010 15:42
Il Papa a Barcellona: 1.100 concelebranti, 150 milioni di telespettatori
Quasi 7.000 persone all'interno della Sagrada Familia e più di 40.000 all'esterno




BARCELLONA, giovedì, 7 ottobre 2010 (ZENIT.org)-. Quasi 7.000 persone potranno assistere alla dedicazione della Sagrada Familia dall'interno del tempio di Barcellona, attorno al quale verranno collocate 40.000 sedie.

L'organizzazione calcola che più di 150 milioni di persone vedranno in televisione la dedicazione di questo tempio da parte del Papa il 7 novembre.

Lo ha annunciato l'Arcivescovo di Barcellona, il Cardinale Lluís Martínez Sistach, questo mercoledì durante una conferenza stampa celebrata nella città catalana, durante la quale ha anche reso noti l'itinerario che il Pontefice percorrerà in papamobile dal Palazzo episcopale al tempio di Gaudí e altri dettagli della visita papale.

La cerimonia sarà concelebrata da 1.100 sacerdoti, tra cui numerosi Cardinali, Vescovi e abati.

Tra le 6.900 persone che potranno celebrare l'atto all'interno del tempio ci saranno 2.100 fedeli delle parrocchie di Barcellona, 180 dei quali provenienti dai Vescovadi della Catalogna, 450 religiosi e religiose e 800 cantori.

Ci saranno anche autorità, giovani, famiglie, lavoratori del tempio della Sagrada Familia, malati, giornalisti e rappresentanti di associazioni di malati, nonché rappresentanti di sordi e di associazioni religiose.

Finora per coprire la visita papale a Santiago de Compostela e a Barcellona si sono accreditati più di 2.000 giornalisti dei cinque continenti.

La televisione pubblica autonomica Televisió de Catalunya trasmetterà in diretta l'evento di Barcellona e offrirà il segnale a tutte le televisioni interessate alle immagini di questo evento.

Gli atti potranno essere seguiti anche via Internet attraverso varie pagine web, tra cui quella predisposta dall'Arcivescovado di Barcellona per la visita papale.

800 persone di parrocchie, scuole, movimenti e facoltà di comunicazione si sono offerte come volontarie per collaborare.

Sono già state ricevute più di 40.000 domande per seguire l'atto dall'esterno del tempio della Sagrada Familia, dove verranno collocati anche dei maxischermi, oltre alle sedie.

La preparazione della zona attigua al tempio perché la cittadinanza possa vivervi l'evento costerà circa mezzo milione di euro, 300.000 dei quali sono già arrivati attraverso donazioni.

Il Cardinale Martínez Sistach ha auspicato che “tutti possano scendere in strada per ringraziare il Santo Padre per aver lasciato Roma per venire a farci visita”.

Papa Benedetto XVI percorrerà il cuore dell'Ensanche barcellonese in papamobile per giungere alla Sagrada Familia dal Palazzo Episcopale, situato nel Quartiere Gotico.

La papamobile uscirà alle 9.00 per Via Laietana-Pau Claris, girerà per la calle Diputación e avanzerà per calle Marina per arrivare alla Sagrada Familia verso le 9.30, quando ci sarà un incontro con i Reali di Spagna.

Giungendo al tempio, la papamobile farà tutto il giro della chiesa fino alla facciata della Gloria.

Il coordinatore generale della visita, padre Enric Puig, ha spiegato che tutti riceveranno indicazioni e suggerimenti per accedere ai luoghi dai quali seguiranno l'atto, sia all'interno della chiesa che nella zona circondata all'esterno.

Il Cardinale ha affermato che una volta che il Papa avrà recitato l'Angelus alla facciata del Nacimiento rientrerà nella Sagrada Familia per scoprire una targa commemorativa con la dichiarazione del tempio espiatorio Basilica, mentre il coro delle voci bianche di Montserrat interpreterà il canto del Virolai.

Le monache benedettine del monastero barcellonese di San Pedro de las Puellas stanno preparando le tovaglie per l'altare che verrà consacrato quel giorno.

Le benedettine di Montserrat stanno anche preparando le oltre 300 semplici pissidi di ceramica che verranno usate per distribuire la Comunione.

Il pranzo del Papa nel Palazzo episcopale sarà a base di alimenti tipici della cucina della Catalogna, e non mancherà la famosa crema catalana.

La corporazione dei pasticceri di Barcellona sta inoltre preparando una “mona” (un tipo di brioche) di cioccolata della Sagrada Familia perché il Santo Padre possa conoscere la tradizione catalana di queste figure di cioccolato tipiche della Pasqua.

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