Buon viaggio Benedetto! - I viaggi apostolici del Papa

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Paparatzifan
00domenica 14 settembre 2008 18:17
Dal blog di Lella...

PAPA/FRANCIA: IN 200MILA A MESSA LOURDES IN TUTTE LE LINGUE DEL MONDO

(ASCA) - Roma, 14 set

Sono state circa duecentomila le persone che hanno partecipato questa mattina alla messa celebrata da papa Benedetto XVI in occasione dei 150 anni delle apparizioni della Vergine a Bernardette Soubirous nella Prairie di Lourdes.
Una messa ''poliglotta', celebrata in tutte le lingue comunemente usate nei santuari di Lourdes. Diverse parti del rito sono state celebrate in francese, italiano, spagnolo, inglese, tedesco e olandese, il ''Credo', e' stato cantato in latino, e le preghiere dei fedeli sono state pronunciate, tra l'altro, in francese, tamil, arabo, portoghese, polacco, cinese e nella lingua africana more'. A concelebrare con il pontefice c'erano il vescovo di Tarbes e Lourdes, mons. Jacques Perrier, il Segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, insieme ai porporati francesi del seguito papale, card. Roger Etchegaray, card. Jean-Louis Tauran, card. Paul Poupard e a tutti i vescovi francesi, che questo pomeriggio incontreranno papa Ratzinger. Da Lourdes, ha detto il pontefice nel corso dell'omelia, la missione della Chiesa ''riceve un soffio nuovo'', un nuovo ''spirito missionario'' sulla scia dei ''grandi evangelizzatori del vostro Paese''. Il messaggio della Vergine, secondo il papa, sta nel suo presentarsi ''in una dipendenza totale da Dio'' che ''esprime in realta' un atteggiamento di piena liberta', fondata sul pieno rispetto della sua dignita'''. ''Siete venuti in grande numero a compiere questo pellegrinaggio giubilare con me e ad affidare le vostre famiglie, i vostri parenti ed amici, e tutte le vostre intenzioni a Nostra Signora'', ha detto ancora papa Ratzinger. ''Gesu' ha preso su di se' il peso di tutte le sofferenze e le ingiustizie della nostra umanita'. Egli - ha concluso - ha portato le umiliazioni e le discriminazioni, le torture subite in tante regioni del mondo da innumerevoli nostri fratelli e nostre sorelle per amore di Cristo''.

PAPA: DA LOURDES UNA PREGHIERA PER L'ITALIA

A conclusione della grande messa di Lourdes, il Papa ha voluto a salutare ''con grande affetto'' i pellegrini italiani presenti. ''Cari amici - ha detto loro - in questa importante ricorrenza, accogliete con gioia e disponibilita' il messaggio della Vergine Immacolata a santa Bernadette: preghiera e conversione del cuore sono la via per rinnovare il mondo. La Madonna vegli sempre su di voi, sulle vostre famiglie, specialmente sui malati e i sofferenti, e sull'intera nazione italiana''. Nel corso del rito, al quale hanno partecipato 200 mila fedeli, si e pregato anche in arabo, cinese, in tamil e in more' (lingua parlata principalmente in Burkina Faso, in Benin, Costa d'Avorio, Ghana, Mali e Togo).

© Copyright Agi


Paparatzifan
00domenica 14 settembre 2008 18:21
Dal blog di Lella...

Papa/ P. Lombardi: E' contento, in Francia grande accoglienza

Con la tappa a Lourdes il viaggio entra nel vivo

Lourdes, 14 set. (Apcom)

"Il Papa è contento e soddisfatto del viaggio in Francia. C'è una grande accoglienza": lo ha detto padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, prima della celebrazione della grande messa, alla presenza di 200mila fedeli, nella spianata del Santuario mariano di Lourdes.

"Siamo finalmente giunti alla tappa di Lourdes - ha detto il portavoce vaticano - che è il culmine spirituale di questo viaggio, ma vi siamo arrivati gradualmente con la splendida esperienza della messa a 'Les invalides' di ieri mattina che come raccoglimento, clima spirituale, qualità liturgica possiamo dire è già stata un'esperienza eccezionale.
Adesso qui vicino alla grotta della Madonna, dopo la bellissima meditazione del Papa di ieri sera - ha proseguito - siamo sicuri che vivremo due giorni di grande profondità spirituale e il clima anche esterno, il sole che ci aiuta, la grande serenità e la gioia che si vede sui volti dei presenti -in particolare dei malati- ci dice che sarà un giorno bellissimo".


+PetaloNero+
00domenica 14 settembre 2008 22:43

Il papa ai vescovi francesi: l'importanza dei sacerdoti, la difesa della famiglia
Scritto da Massimo Federici




Un discorso ai vescovi per incitarli a compiere al meglio i propri doveri e a continuare ad annunciare il Vangelo in ogni occasione: Benedetto XVI incontra i vescovi francesi guidati dal cardinale André Vingt-Trois e li incoraggia a muoversi lungo le coordinate della fede, dell’impegno, dell’attenzione ai propri sacerdoti e ai fedeli tutti, con particolare riferimento alle famiglie. Un discorso incentrato sulle specificità francesi, in cui trovano spazio anche accenni alle questioni dei divorziati risposati, (no alla benedizione di unioni illegittime, fermi restando l’ascolto e l’accoglienza).

Spazio anche alla liturgia in latino, sulla quale Benedetto XVI invita i vescovi a giungere in tempi ragionevoli a soluzioni che siano ragionevoli per tutti, indipendentemente dalle diverse sensibilità che si confrontano sul tema. Dal papa anche una raccomandazione sul fatto che i sacerdoti non possono essere sostituiti dai fedeli laici nei compiti che sono loro propri e un incoraggiamento al favorire le vocazioni sacerdotali e religiose.

Il papa afferma che la catechesi non è innanzitutto una questione di metodo, ma di contenuto, e che deve essere curata in modo particolare la preparazione dei sacerdoti. “Il vescovo e le comunità di fedeli devono favorire, incoraggiare, accogliere le vocazioni sacerdotali e religiose”, e ricordare che “i sacerdoti sono un dono di Dio per la Chiesa” ed essi “non possono delegare le loro funzioni ai fedeli in ciò che concerne i loro propri compiti”. Il papa domanda ai vescovi di essere attenti alla formazione umana, intellettuale e spirituale dei sacerdoti, come anche dei loro mezzi di sussistenza: “Sforzatevi, nonostante il carico delle vostre pesanti occupazioni, di incontrarli regolarmente e sappiate riceverli come dei fratelli ed amici: i sacerdoti hanno bisogno del vostro affetto, del vostro incoraggiamento e della vostra sollecitudine. Siate loro vicini e abbiate un’attenzione particolare per coloro che sono in difficoltà, malati o anziani”.

Quanto alla liturgia e al “Motu proprio” Summorum Pontificum,Benedetto XVI confida che “alcuni frutti di queste nuove disposizioni si sono già manifestati, e spero che l’indispensabile pacificazione degli spiriti sia, per grazia di Dio, in via di realizzarsi: misuro le difficoltà che voi incontrate, ma non dubito che potrete giungere, in tempi ragionevoli, a soluzioni soddisfacenti per tutti, così che la tunica senza cuciture del Cristo non si strappi ulteriormente”. “Nessuno – precisa il papa - è di troppo nella Chiesa: ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire “a casa sua”, e mai rifiutato”.

Quanto al contesto nazionale, il papa ricorda la situazione della famiglia, il fatto che le leggi cerchino “più di adattarsi ai costumi e alle rivendicazioni di particolari individui o gruppi, che non di promuovere il bene comune della società” e invita a conservare la capacità di attenersi con fermezza, anche a costo di andare controcorrente, ai principi che fanno la forza e la grandezza del Sacramento del matrimonio. “Nessuno può negare l’esistenza di prove, a volte molto dolorose, che certi focolari attraversano – riconosce il papa – e sarà necessario allora – spiega - accompagnare le famiglie in difficoltà, aiutarle a comprendere la grandezza del matrimonio, e incoraggiarle a non relativizzare la volontà di Dio e le leggi di vita che Egli ci ha dato”. Quanto alla “questione particolarmente dolorosa dei divorziati risposati, la Chiesa, che non può opporsi alla volontà di Cristo, conserva con fedeltà il principio dell’indissolubili¬tà del matrimonio, pur circondando del più grande affetto gli uomini e le donne che, per ragioni diverse, non giungono a rispettarlo: non si possono dunque ammettere – è il monito del papa - le iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime”.

E con il ricordo per la capacità dei giovani di comprendere che “la permissività morale non rende l’uomo felice”, il papa affronta anche il tema della cultura nazionale, che ogni paese deve preservare e sviluppare. E quanto alle radici cristiane della Francia, dice il papa che “nel quadro istituzionale esistente e nel massimo rispetto delle leggi in vigore, occorrerebbe trovare una strada nuova per interpretare e vivere nel quotidiano i valori fondamentali sui quali si è costruita l’identità della Nazione: il vostro Presidente – afferma il papa riferendosi a Sarkozy - ne ha evocato la possibilità: i presupposti socio-politici dell’antica diffidenza o persino ostilità svaniscono poco a poco. La Chiesa non rivendica per sé il posto dello Stato, essa non vuole sostituirglisi, parla con libertà e dialoga con altrettanta libertà nel desiderio di giungere alla edificazione della libertà comune. Ad essere auspicata è allora una “sana collaborazione tra la Comunità politica e la Chiesa, realizzata nella consapevolezza e nel rispetto dell’indipendenza e dell’autonomia di ciascuna nel proprio campo, per rendere all’uomo un servizio che mira al suo pieno sviluppo personale e sociale”.

Ai vescovi francesi il papa ricorda anche che la “costruzione di ponti tra le grandi tradizioni ecclesiali cristiane e il dialogo con le altre tradizioni religiose esigono un reale impegno di conoscenza reciproca, perché l’ignoranza distrugge più che costruire”. “Sono convinto – suggerisce Benedetto XVI - che convenga cominciare con l’ascolto, per poi passare alla discussione teologica ed arrivare infine alla testimonianza e all’annuncio della fede stessa”. Al giorno d’oggi, “la società globalizzata, pluriculturale e plurireligiosa nella quale viviamo è un’opportunità che il Signore ci offre di proclamare la Verità e di esercitare l’Amore, nell’intento di raggiungere ogni essere umano senza distinzione, anche al di là dei limiti della Chiesa visibile”. L’invito è a ricordare che “l’uomo ha sempre bisogno di essere liberato dalle sue paure e dai suoi peccati, deve senza sosta imparare o re-imparare che Dio non è suo nemico, ma suo Creatore pieno di bontà”.


www.korazym.org




Nell'anno del suo Giubileo, Lourdes riceverà 10 milioni di pellegrini

Il Vescovo locale, monsignor Perrier, collega Québec, Sydney e Lourdes


di Anita S. Bourdin


LOURDES, domenica, 14 settembre 2008 (ZENIT.org).- Nell'anno giubilare per i 150 anni delle apparizioni della Vergine Maria, i santuari di Lourdes riceveranno circa 10 milioni di pellegrini, ha rivelato il Vescovo della Diocesi, monsignor Jacques Perrier.

Si tratta di quattro milioni in più della media annuale, che è in genere di sei, secondo quanto ha spiegato il presule ai giornalisti in un incontro svoltosi questo sabato sera.

Il Vescovo di Tarbes e Lourdes, incaricato di dare il benvenuto al Papa nella località dei Pirenei, ha stabilito un legame tra questo Giubileo e gli altri due grandi avvenimenti che la Chiesa universale ha vissuto quest'anno: il Congresso Eucaristico Internazionale a Québec, a giugno, e la Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney, a luglio.

Il collegamento tra i tre eventi implica il fatto che nella tradizionale processione eucaristica di questa domenica pomeriggio a Lourdes, che in questa occasione è stata conclusa da Benedetto XVI, il Santissimo Sacramento sia stato portato sull'Arca della Nuova Alleanza, che gli organizzatori del Congresso di Québec hanno portato in processione nelle parrocchie del Canada per preparare l'evento.

In questi giorni, a Lourdes è stata anche presente la Croce della Giornata Mondiale della Gioventù, affidata da Giovanni Paolo II ai giovani alla fine del Giubileo della Redenzione (1983-1984) perché la portassero in tutto il mondo.

Parlando del legame tra i tre avvenimenti, celebrati in tre luoghi e momenti differenti della vita della Chiesa universale nel 2008, monsignor Perrier ha constatato che “c'è una coerenza nella Chiesa, da un luogo a un altro, ma anche da un tempo a un altro”.




Il Papa: il Vescovo insegni a fare della vita "un'offerta a Dio"

Incontra a Lourdes la Conferenza Episcopale Francese



LOURDES, domenica, 14 settembre 2008 (ZENIT.org).- Incontrando questa domenica pomeriggio a Lourdes la Conferenza Episcopale Francese, Benedetto XVI ha ricordato ai suoi membri la loro missione: insegnare ai fedeli a "fare della loro vita un'offerta a Dio".

Erano presenti nell'Emiciclo di Santa Bernadette, dove l'episcopato francese si riunisce abitualmente due volte all'anno - in primavera e in autunno -, più di cento Vescovi, tra ordinari, ausiliari ed emeriti.

Anche se le visite quinquennali "ad limina" consentono ai presuli di incontrare regolarmente il Successore di Pietro a Roma, il Pontefice ha confessato che la riunione di questa domenica ha rappresentato "una grazia per confermare i legami stretti che ci uniscono nella partecipazione al medesimo sacerdozio direttamente derivante da quello di Cristo redentore".

"La Chiesa - Una, Santa, Cattolica e Apostolica - vi ha generati mediante il Battesimo", ha ricordato. "Essa vi ha chiamati al suo servizio; voi le avete donato la vostra vita, prima come diaconi e sacerdoti, poi come Vescovi".

"Vi esprimo tutto il mio apprezzamento per questo dono delle vostre persone: nonostante l'ampiezza del compito, che ne sottolinea l'onore - honor, onus! - voi adempite con fedeltà e umiltà il triplice vostro compito, nei confronti del gregge che vi è affidato, di insegnare, governare, santificare".

La missione episcopale, "soprattutto spirituale", sta nel creare le condizioni necessarie perché i fedeli possano "fare della loro vita un'offerta a Dio", ha aggiunto.

Allo stesso modo, ha incoraggiato i presuli "a continuare a lavorare nell'unità e nella fiducia, in piena comunione con Pietro che è venuto per confermare la vostra fede".

Benedetto XVI ha quindi sottolineato che i Vescovi sono successori degli Apostoli e rappresentanti di Cristo a capo delle Diocesi che sono state loro affidate, e li ha esortati a realizzare in esse l'immagine del presule tracciata da San Paolo per "essere sempre più 'ospitali, amanti del bene, assennati, giusti, pii, padroni di voi stessi, attaccati alla dottrina sicura, secondo l'insegnamento trasmesso' (Tt 1,8-9)".

"Il popolo cristiano deve guardarvi con affezione e rispetto", ha affermato.

Ricordando il suo viaggio in Francia nel 2004 per presiedere le cerimonie commemorative del sessantesimo anniversario dello sbarco in Normandia, il Papa ha spiegato che "la Francia celebrava allora la sua liberazione temporale, al termine di una guerra crudele che aveva fatto innumerevoli vittime".

"Ora - ha dichiarato -, è soprattutto per una vera liberazione spirituale che conviene lavorare".

L'uomo, infatti, "ha sempre bisogno di essere liberato dalle sue paure e dai suoi peccati" e "deve senza sosta imparare o re-imparare che Dio non è suo nemico, ma suo Creatore pieno di bontà".

Accanto a questo, "ha bisogno di sapere che la sua vita ha un senso e che egli è atteso, al termine della sua permanenza sulla terra, a prendere parte senza fine alla gloria di Cristo nei cieli".

La missione dei Vescovi, ha riconosciuto il Pontefice, è quindi anche condurre "la porzione di Popolo di Dio" affidata alle sue cure "a riconoscere questo termine glorioso".

"Vogliate accogliere qui l'espressione della mia ammirazione e della mia gratitudine per tutto quel che fate nell'intento di progredire in questo senso - ha detto il Papa ai Vescovi di Francia -. Siate certi della mia preghiera quotidiana per ciascuno di voi. Vogliate credere che non cesso di domandare al Signore e alla sua Madre di guidarvi sulla vostra strada".

"Il Cristo Salvatore, che ha voluto fare di noi strumenti di comunicazione del suo amore agli uomini, non cesserà mai di farvi crescere nella fede, nella speranza, nella carità, per darvi la gioia di condurre a Lui un numero crescente di uomini e di donne del nostro tempo".



Il Papa ai Vescovi francesi all'Hémicycle Sainte Bernadette

LOURDES, domenica, 14 settembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato dal Papa, questa domenica, nell'incontrare presso l’Hémicycle Sainte Bernadette, a Lourdes, la Conferenza Episcopale Francese.



* * *

Signori Cardinali,

carissimi Fratelli nell’Episcopato!

È la prima volta dall’inizio del mio Pontificato che ho la gioia di incontrarvi tutti insieme. Saluto cordialmente il vostro Presidente, il Cardinale André Vingt-Trois, e lo ringrazio delle profonde parole che mi ha rivolto a vostro nome. Saluto anche con piacere i Vice-Presidenti, così come il Segretario Generale e i suoi collaboratori. Un saluto caloroso rivolgo a ciascuno di voi, miei Fratelli nell’Episcopato, che siete venuti dai quattro angoli della Francia e d’oltremare. Il mio pensiero

va anche a Mons. François Garnier, Arcivescovo di Cambrai, che celebra oggi a Valenciennes il Millenario di “Notre-Dame du Saint-Cordon”. Mi rallegro di essere stasera tra voi in questo emiciclo intitolato a “Sainte Bernadette”, che è il luogo ordinario delle vostre preghiere e dei vostri incontri, luogo nel quale esponete le vostre preoccupazioni e le vostre speranze, luogo anche delle vostre discussioni e delle vostre riflessioni. Questa sala è posta in un punto privilegiato presso la grotta e le basiliche mariane.

Certo, le visite “ad limina” vi consentono di incontrare regolarmente il Successore di Pietro a Roma, ma il momento che noi ora viviamo ci è dato come una grazia per confermare i legami stretti che ci uniscono nella partecipazione al medesimo sacerdozio direttamente derivante da quello di Cristo redentore. Vi incoraggio a continuare a lavorare nell’unità e nella fiducia, in piena comunione con Pietro che è venuto per confermare la vostra fede. Sono tante, l'avete detto voi, Eminenza, le vostre e le nostre attuali preoccupazioni! So che intendete impegnarvi con entusiasmo a lavorare entro il nuovo quadro definito con la riorganizzazione della carta delle province ecclesiastiche, e me ne rallegro vivamente. Vorrei profittare di questa occasione per riflettere con voi su qualche tema che so essere al centro della vostra attenzione. La Chiesa – Una, Santa, Cattolica e Apostolica - vi ha generati mediante il Battesimo. Essa vi ha chiamati al suo servizio; voi le avete donato la vostra vita, prima come diaconi e sacerdoti, poi come Vescovi. Vi esprimo tutto il mio apprezzamento per questo dono delle vostre persone: nonostante l’ampiezza del compito, che ne sottolinea l’onore – honor, onus ! – voi adempite con fedeltà e umiltà il triplice vostro compito, nei confronti del gregge che vi è affidato, di insegnare, governare, santificare, alla luce della Costituzione Lumen gentium (nn.25-28) e del Decreto Christus Dominus. Successori degli Apostoli, voi rappresentate il Cristo a capo delle diocesi che vi sono state affidate, e vi sforzate di realizzare in esse l’immagine del Vescovo tracciata da san Paolo; dovete crescere senza posa in questa via, nell’intento di essere sempre più “ospitali, amanti del bene, assennati, giusti, pii, padroni di voi stessi, attaccati alla dottrina sicura, secondo l’insegnamento trasmesso” (cfr Tt 1,8-9).

Il popolo cristiano deve guardarvi con affezione e rispetto. Fin dalle origini la tradizione cristiana ha insistito su questo punto: “Tutti quelli che sono per Dio e per Gesù Cristo, sono con il Vescovo” scriveva sant’Ignazio di Antiochia (Ai Filad., 3,2), il quale aggiungeva pure: “Colui che il padrone di casa invia per amministrare la sua casa, noi dobbiamo accoglierlo come accoglieremmo colui che lo ha inviato” (Agli Efes. 6,1). La vostra missione, soprattutto spirituale, sta dunque nel creare le condizioni necessarie perché i fedeli possano, per citare di nuovo Sant'Ignazio, “cantare ad una sola voce mediante Cristo un inno al Padre” (Ibid. 4,2) e in tal modo fare della loro vita un’offerta a Dio. Voi siete giustamente convinti che per far crescere in ogni battezzato il gusto di Dio e la comprensione del senso della vita, la catechesi riveste un’importanza fondamentale. I due strumenti principali di cui disponete, il Catechismo della Chiesa Cattolica e il Catechismo dei Vescovi di Francia, costituiscono mezzi preziosi. Offrono infatti una sintesi armoniosa della fede cattolica e consentono di annunciare il Vangelo con fedeltà reale alla sua ricchezza. La catechesi non è innanzitutto una questione di metodo, ma di contenuto, come indica il suo stesso nome: si tratta di un’assimilazione organica (katechein) dell’insieme della rivelazione cristiana, capace di mettere a disposizione delle intelligenze e dei cuori la Parola di Colui che ha dato la sua vita per noi. In questo modo, la catechesi fa risuonare nel cuore di ciascun essere umano un unico appello rinnovato senza posa: “Seguimi” (Mt 9,9).

Una accurata preparazione dei catechisti consentirà la trasmissione integrale della fede, secondo l’esempio di san Paolo, il più grande catechista di tutti i tempi, al quale guardiamo con un’ammirazione particolare in questo bimillenario della sua nascita. In mezzo alle cure apostoliche egli esortava così: “Verrà giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole” (2 Tm 4,3-4). Consapevoli del grande realismo delle sue previsioni, con umiltà e perseveranza voi vi sforzate di corrispondere alle sue raccomandazioni:

“Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna … con ogni magnanimità e dottrina” (2 Tm 4,2). Per realizzare efficacemente questo compito, voi avete bisogno di collaboratori. Per questo motivo le vocazioni sacerdotali e religiose meritano più che mai di essere incoraggiate. Sono stato informato delle iniziative che con fede vengono prese in questo settore e ci tengo a recare tutto il mio sostegno a coloro che non hanno paura, come ha fatto Cristo, di invitare giovani e meno giovani a mettersi al servizio del Maestro che è qui e chiama (cfr Gv 11,28).

Vorrei ringraziare calorosamente e incoraggiare tutte le famiglie, tutte le parrocchie, tutte le comunità cristiane e tutti i Movimenti di Chiesa, che sono il terreno fertile capace di dare il buon frutto (cfr Mt 13, 8) delle vocazioni. In questo contesto, non posso tralasciare di esprimere la mia riconoscenza per le innumerevoli preghiere dei veri discepoli di Cristo e della sua Chiesa. Vi sono tra loro sacerdoti, religiosi e religiose, persone anziane o malate, anche prigionieri, che per decenni hanno fatto salire a Dio le loro suppliche per dar compimento al comando di Gesù: “Pregate il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe”(Mt 9,38). Il Vescovo e le comunità di fedeli devono, per quel che le riguarda, favorire ed accogliere le vocazioni sacerdotali e religiose, poggiando sulla grazia che dona lo Spirito Santo in vista di porre in atto il discernimento necessario. Sì, carissimi Fratelli nell’Episcopato, continuate a chiamare al sacerdozio e alla vita religiosa, così come Pietro gettò le sue reti in adempimento dell’ordine del Maestro, pur avendo passato la notte a pescare senza prendere nulla (cfr Lc 5,5).

Non si ripeterà mai abbastanza che il sacerdozio è indispensabile alla Chiesa, nell’interesse dello stesso laicato. I sacerdoti sono un dono di Dio per la Chiesa. I sacerdoti non possono delegare le loro funzioni ai fedeli in ciò che concerne i loro propri compiti. Cari Fratelli nell’Episcopato, vi esorto a perseverare con ogni premura nell’aiutare i vostri sacerdoti a vivere in intima unione con Cristo. La loro vita spirituale è il fondamento della loro vita apostolica. Li esorterete pertanto con dolcezza alla preghiera quotidiana e alla degna celebrazione dei Sacramenti, soprattutto dell’Eucaristia e della Riconciliazione, come faceva san Francesco di Sales con i suoi preti. Ogni sacerdote deve potersi sentire felice di servire la Chiesa. Alla scuola del Curato d’Ars, figlio della vostra Terra e patrono di tutti i parroci del mondo, non cessate di ridire che un uomo non può far nulla di più grande che donare ai fedeli il Corpo e il Sangue di Cristo e perdonare i peccati. Cercate di essere attenti alla loro formazione umana, intellettuale e spirituale, come anche ai loro mezzi di sussistenza. Sforzatevi, nonostante il carico delle vostre pesanti occupazioni, di incontrarli regolarmente e sappiate riceverli come dei fratelli ed amici (cfr LG 28, CD 16). I sacerdoti hanno bisogno del vostro affetto, del vostro incoraggiamento e della vostra sollecitudine. Siate loro vicini e abbiate un’attenzione particolare per coloro che sono in difficoltà, malati o anziani (cfr CD 16). Non dimenticate che essi sono, come dice il Concilio Vaticano II riprendendo la stupenda espressione usata da sant’Ignazio di Antiochia nella Lettera ai cristiani di Magnesia, “la corona spirituale del Vescovo”(cfr LG 41). Il culto liturgico è l’espressione più alta della vita sacerdotale ed episcopale, come anche dell’insegnamento catechetico. Il vostro compito di santificazione del popolo dei fedeli, cari Fratelli, è indispensabile alla crescita della Chiesa.

Nel “Motu proprio” Summorum Pontificum sono stato portato a precisare le condizioni di esercizio di tale compito, in ciò che concerne la possibilità di usare tanto il Messale del Beato Giovanni XXIII (1962) quanto quello del Papa Paolo VI (1970). Alcuni frutti di queste nuove disposizioni si sono già manifestati, e io spero che l’indispensabile pacificazione degli spiriti sia, per grazia di Dio, in via di realizzarsi. Misuro le difficoltà che voi incontrate, ma non dubito che potrete giungere, in tempi ragionevoli, a soluzioni soddisfacenti per tutti, così che la tunica senza cuciture del Cristo non si strappi ulteriormente. Nessuno è di troppo nella Chiesa. Ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire “a casa sua”, e mai rifiutato. Dio, che ama tutti gli uomini e non vuole che alcuno perisca, ci affida questa missione facendo di noi i Pastori delle sue pecore. Non possiamo che rendergli grazie per l’onore e la fiducia che Egli ci riserva. Sforziamoci pertanto di essere sempre servitori dell’unità! Quali sono gli altri campi che richiedono maggiore attenzione? Le risposte possono differire da una diocesi all’altra, ma vi è un problema che appare dappertutto di una particolare urgenza: è la situazione della famiglia. Sappiamo che la coppia e la famiglia affrontano oggi delle vere burrasche. Le parole dell’evangelista a proposito della barca nella tempesta in mezzo al lago possono applicarsi alla famiglia: “Il vento gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena” (Mc 4, 37). I fattori che hanno generato questa crisi sono ben conosciuti, e non mi soffermerò perciò ad elencarli. Da vari decenni le leggi hanno relativizzato in molti Paesi la sua natura di cellula primordiale della società. Spesso le leggi cercano più di adattarsi ai costumi e alle rivendicazioni di particolari individui o gruppi, che non di promuovere il bene comune della società. L’unione stabile di un uomo e di una donna, ordinata alla edificazione di un benessere terreno, grazie alla nascita di bambini donati da Dio, non è più, nella mente di certuni, il modello a cui l’impegno coniugale mira. Tuttavia l’esperienza insegna che la famiglia è lo zoccolo solido sul quale poggia l’intera società. Di più, il cristiano sa che la famiglia è anche la cellula viva della Chiesa. Più la famiglia sarà imbevuta dello spirito e dei valori del Vangelo, più la Chiesa stessa ne sarà arricchita e risponderà meglio alla sua vocazione.

Conosco, per altro, ed incoraggio vivamente gli sforzi che fate per recare il vostro sostegno alle diverse associazioni che operano per aiutare le famiglie. Avete ragione di attenervi con fermezza, anche a costo di andare controcorrente, ai principi che fanno la forza e la grandezza del Sacramento del matrimonio. La Chiesa vuol restare indefettibilmente fedele al mandato che le ha affidato il suo Fondatore, il nostro Maestro e Signore Gesù Cristo. Essa non cessa di ripetere con Lui: “Ciò che Dio ha unito l’uomo non lo separi!” (Mt 19,6). La Chiesa non si è data da sola questa missione: l’ha ricevuta. Certo, nessuno può negare l’esistenza di prove, a volte molto dolorose, che certi focolari attraversano. Sarà necessario accompagnare le famiglie in difficoltà, aiutarle a comprendere la grandezza del matrimonio, e incoraggiarle a non relativizzare la volontà di Dio e le leggi di vita che Egli ci ha dato. Una questione particolarmente dolorosa, lo sappiamo, è quella dei divorziati risposati. La Chiesa, che non può opporsi alla volontà di Cristo, conserva con fedeltà il principio dell’indissolubilità del matrimonio, pur circondando del più grande affetto gli uomini e le donne che, per ragioni diverse, non giungono a rispettarlo. Non si possono dunque ammettere le iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime. L’Esortazione apostolica Familiaris consortio ha indicato il cammino aperto da un pensiero rispettoso della verità e della carità.

I giovani, lo so bene cari Fratelli, sono al centro delle vostre preoccupazioni. Voi dedicate loro molto tempo, e avete ragione. Come avete potuto constatare, ne ho appena contattato una moltitudine a Sydney, nel corso della Giornata Mondiale della Gioventù. Ho potuto apprezzarne l’entusiasmo e la capacità di consacrarsi alla preghiera. Pur vivendo in un mondo che li corteggia e blandisce i loro bassi istinti, e portando essi pure il fardello pesante di eredità difficili da assimilare, i giovani conservano una freschezza d’animo che ha suscitato la mia ammirazione. Ho fatto appello al loro senso di responsabilità, invitandoli a far leva sempre sulla vocazione che Dio ha loro donato nel giorno del Battesimo. “La nostra forza sta in ciò che Cristo vuole da noi”, diceva il Cardinal Jean-Marie Lustiger. Nel corso del suo primo viaggio in Francia, il mio venerato Predecessore rivolse ai giovani del vostro Paese un discorso che non ha perduto nulla della sua attualità e che ricevette allora un’accoglienza di indimenticabile calore. “La permissività morale non rende l’uomo felice”, proclamò nel Parco dei Principi sotto un uragano d’applausi. Il buon senso che ispirava la sana reazione del suo uditorio non è morto.

Prego lo Spirito Santo di voler parlare al cuore di tutti i fedeli e, più generalmente, di tutti i vostri compatrioti, per dare loro – o per loro restituire – il gusto di una vita condotta secondo i criteri di una vera felicità. All’Eliseo ho evocato l’altro giorno l’originalità della situazione francese, che la Santa Sede desidera rispettare. Sono convinto, in effetti, che le Nazioni non devono mai accettare di veder sparire ciò che costituisce la loro specifica identità. In una famiglia, il fatto che i diversi membri abbiano lo stesso padre e la stessa madre non comporta che essi siano soggetti tra loro indifferenziati: sono in realtà persone con una propria individualità. La stessa cosa avviene per i Paesi, che devono vegliare a preservare e a sviluppare la loro specifica cultura, senza lasciarla mai assorbire dalle altre o affogare in una spenta uniformità. “La Nazione è, in effetti, per riprendere le parole del Papa Giovanni Paolo II, la grande comunità degli uomini uniti tra loro da legami diversi, ma soprattutto precisamente dalla cultura. La Nazione esiste ‘mediante’ la cultura e ‘per’ la cultura, ed essa è perciò la grande educatrice degli uomini perché, nella comunità, possano ’essere ancora di più’” (Discorso all’UNESCO, 2 giugno 1980, n.14).

In questa prospettiva, il porre in evidenza le radici cristiane della Francia permetterà ad ogni abitante di questo Paese di meglio comprendere da dove egli venga e dove egli vada. Di conseguenza, nel quadro istituzionale esistente e nel massimo rispetto delle Leggi in vigore, occorrerebbe trovare una strada nuova per interpretare e vivere nel quotidiano i valori fondamentali sui quali si è costruita l’identità della Nazione. Il vostro Presidente ne ha evocato la possibilità. I presupposti socio-politici dell’antica diffidenza o persino ostilità svaniscono poco a poco. La Chiesa non rivendica per sé il posto dello Stato. Essa non vuole sostituirglisi. E’ infatti una società basata su convinzioni, che si sente responsabile dell’insieme e non può limitarsi a se stessa. Essa parla con libertà e dialoga con altrettanta libertà nel desiderio di giungere alla edificazione della libertà comune. Grazie ad una sana collaborazione tra la Comunità politica e la Chiesa, realizzata nella consapevolezza e nel rispetto dell’indipendenza e dell’autonomia di ciascuna nel proprio campo, si rende all’uomo un servizio che mira al suo pieno sviluppo personale e sociale. Numerosi punti, primizie di altri che vi si aggiungeranno secondo le necessità, sono già stati esaminati e risolti in seno alla “Istanza di Dialogo tra la Chiesa e lo Stato”. Di questa fa naturalmente parte, in virtù della missione sua propria e in nome della Santa Sede, il Nunzio Apostolico, che è chiamato a seguire attivamente la vita della Chiesa e la sua situazione nella società.

Come sapete, i miei Predecessori, il Beato Giovanni XXIII, antico Nunzio a Parigi, e il Papa Paolo VI hanno costituito dei Segretariati che sono divenuti, nel 1988, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Vi si aggiunsero ben presto la Commissione per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo e la Commissione per i Rapporti religiosi con i Musulmani. Questa strutture sono in qualche modo il riconoscimento istituzionale e conciliare di innumerevoli iniziative e realizzazioni anteriori. Commissioni e Consigli simili si trovano del resto nella vostra Conferenza Episcopale e nelle vostre diocesi. La loro esistenza e il loro funzionamento dimostrano la volontà della Chiesa di andare avanti sviluppando il dialogo bilaterale. La recente Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha messo in evidenza che il dialogo autentico richiede, come condizioni fondamentali, una buona formazione per coloro che lo promuovono e un discernimento illuminato per avanzare poco a poco nella scoperta della Verità. L’obiettivo dei dialoghi ecumenico e interreligioso, differenti naturalmente nella loro natura e nelle finalità rispettive, è la ricerca e l’approfondimento della Verità. Si tratta di un compito nobile e obbligatorio per ogni uomo di fede, perché Cristo stesso è la Verità. La costruzione di ponti tra le grandi tradizioni ecclesiali cristiane e il dialogo con le altre tradizioni religiose esigono un reale impegno di conoscenza reciproca, perché l’ignoranza distrugge più che costruire. D’altra parte, non v’è che la Verità che permetta di vivere autenticamente il duplice comandamento dell’amore che ci ha lasciato il nostro Salvatore. Certo, è necessario seguire con attenzione le diverse iniziative intraprese e discernere quelle che favoriscono la conoscenza e il rispetto reciproci, così come la promozione del dialogo, ed evitare quelle che conducono in vicoli ciechi. La buona volontà non basta. Sono convinto che convenga cominciare con l’ascolto, per poi passare alla discussione teologica ed arrivare infine alla testimonianza e all’annuncio della fede stessa (cfr Nota dottrinale su certi aspetti dell’evangelizzazione, n.12: 3 dicembre 2007).

Lo Spirito Santo vi doni il discernimento che deve caratterizzare ogni Pastore. San Paolo raccomanda: “Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono” (1 Ts 5,21). La società globalizzata, pluriculturale e plurireligiosa nella quale viviamo, è un’opportunità che il Signore ci offre di proclamare la Verità e di esercitare l’Amore, nell’intento di raggiungere ogni essere umano senza distinzione, anche al di là dei limiti della Chiesa visibile. Nell’anno che precedette la mia elezione alla Sede di Pietro, ebbi la gioia di venire nel vostro Paese per presiedervi le cerimonie commemorative del sessantesimo anniversario dello sbarco in Normandia. Raramente ho avvertito come allora l’attaccamento dei figli e delle figlie di Francia alla terra dei loro antenati. La Francia celebrava allora la sua liberazione temporale, al termine di una guerra crudele che aveva fatto innumerevoli vittime. Ora, è soprattutto per una vera liberazione spirituale che conviene lavorare. L’uomo ha sempre bisogno di essere liberato dalle sue paure e dai suoi peccati. L’uomo deve senza sosta imparare o re-imparare che Dio non è suo nemico, ma suo Creatore pieno di bontà. L’uomo ha bisogno di sapere che la sua vita ha un senso e che egli è atteso, al termine della sua permanenza sulla terra, a prendere parte senza fine alla gloria di Cristo nei cieli. Vostra missione è di condurre la porzione di Popolo di Dio affidata alle vostre cure a riconoscere questo termine glorioso. Vogliate accogliere qui l’espressione della mia ammirazione e della mia gratitudine per tutto quel che fate nell’intento di progredire in questo senso. Siate certi della mia preghiera quotidiana per ciascuno di voi. Vogliate credere che non cesso di domandare al Signore e alla sua Madre di guidarvi sulla vostra strada.

Con gioia ed emozione vi affido, carissimi Fratelli nell’Episcopato, a Nostra Signora di Lourdes e a santa Bernadette. La potenza di Dio si è sempre manifestata nella debolezza. Lo Spirito Santo ha sempre lavato ciò che era sordido, irrigato ciò che era arido, raddrizzato ciò che era sviato. Il Cristo Salvatore, che ha voluto fare di noi strumenti di comunicazione del suo amore agli uomini, non cesserà mai di farvi crescere nella fede, nella speranza, nella carità, per darvi la gioia di condurre a Lui un numero crescente di uomini e di donne del nostro tempo. Nell’affidarvi alla sua forza di Redentore, imparto a voi tutti dal profondo del cuore un’affettuosa Benedizione Apostolica.

Grazie!

[Traduzione dal francese distribuita dalla Santa Sede. Aggiunte a braccio a cura di ZENIT

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana]
+PetaloNero+
00lunedì 15 settembre 2008 01:13
Omelia del Papa al termine della processione eucaristica a Lourdes

LOURDES, domenica, 14 settembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'omelia pronunciata da Benedetto XVI, questa domenica, al termine della processione eucaristica a Lourdes.




* * *

Signore Gesù, Tu sei qui! E voi, miei fratelli, mie sorelle, miei amici, voi pure siete qui, con me, davanti a Lui! Signore, duemila anni or sono, Tu hai accettato di salire su di una croce d’infamia per poi risuscitare e restare sempre con noi, tuoi fratelli, tue sorelle. E voi, miei fratelli, mie sorelle, miei amici, voi accettate di lasciarvi afferrare da Lui. Noi Lo contempliamo. Noi L’adoriamo. Noi L’amiamo. E cerchiamo di amarLo di più. Noi contempliamo Colui che, nel corso della cena pasquale, ha donato il suo Corpo e il suo Sangue ai discepoli, per essere con loro “tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).

Noi adoriamo Colui che è all’inizio e alla fine della nostra fede, Colui senza il quale noi non saremmo qui sta sera. Colui senza il quale noi non ci saremmo per nulla. Colui senza il quale nulla vi sarebbe, nulla, assolutamente nulla! Lui, per mezzo del quale “tutto è stato fatto” (Gv 1,3), Lui nel quale noi siamo stati creati, per l’eternità, Lui che ci ha donato il suo Corpo e il suo Sangue, Lui è qui, questa sera, davanti a noi, offerto ai nostri sguardi. Noi amiamo – e cerchiamo di amare di più – Colui che è qui, davanti a noi, offerto ai nostri sguardi, alle nostre domande forse, al nostro amore. Sia che camminiamo o siamo inchiodati su di un letto di dolore - che camminiamo nella gioia o siamo nel deserto dell’anima (cfr Num 21,5), Signore, prendici tutti nel tuo Amore: nell’amore infinito, che è eternamente quello del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre, quello del Padre e del Figlio per lo Spirito e dello Spirito per il Padre e per il Figlio. L’Ostia Santa, esposta ai nostri occhi, dice questa potenza infinita dell’Amore manifestata sulla Croce gloriosa.

L’Ostia Santa ci dice l’incredibile abbassamento di Colui che s’è fatto povero per farci ricchi di Sé, Colui che ha accettato di perdere tutto per guadagnarci al Padre suo. L’Ostia Santa è il Sacramento vivo ed efficace della presenza eterna del Salvatore degli uomini alla sua Chiesa. Fratelli miei, sorelle mie, amici miei, accettiamo, accettate di offrirvi a Colui che ci ha donato tutto, che è venuto non per giudicare il mondo, ma per salvarlo (cfr Gv 3,17), accettate di riconoscere nelle vostre vite la presenza attiva di Colui che è qui presente, esposto ai nostri sguardi. Accettate di offrirGli le vostre proprie vite! Maria, la Vergine santa, Maria, l’Immacolata Concezione, ha accettato, duemila anni or sono, di donare tutto, di offrire il suo corpo per accogliere il Corpo del Creatore. Tutto è venuto da Cristo, anche Maria; tutto è venuto mediante Maria, lo stesso Cristo. Maria, la Vergine santa, è con noi questa sera, davanti al Corpo del Figlio suo, centocinquant’anni dopo essersi rivelata alla piccola Bernadette. Vergine santa, aiutaci a contemplare, aiutaci ad adorare, aiutaci ad amare, ad amare di più Colui che ci ha tanto amato, per vivere eternamente con Lui.

Una folla immensa di testimoni è invisibilmente presente accanto a noi, vicino a questa grotta benedetta e davanti a questa chiesa voluta dalla Vergine Maria; la folla di tutti gli uomini e di tutte le donne che hanno contemplato, venerato, adorato la presenza reale di Colui che si è donato a noi fino all’ultima goccia di sangue; la folla degli uomini e delle donne che hanno passato ore ad adorarLo nel Santissimo Sacramento dell’altare. Questa sera, noi non li vediamo, ma li sentiamo dire a ciascuno e a ciascuna di noi: «Vieni, lasciati attrarre dal Maestro! Egli è qui e ti chiama! (cfr Gv 11,28). Egli vuol prendere la tua vita e unirla alla sua. Lasciati afferrare da Lui! Non guardare più alle tue ferite, guarda alle sue. Non guardare ciò che ti separa ancora da Lui e dagli altri; guarda l’infinita distanza che Egli ha cancellato nell’assumere la tua carne, nel salire sulla Croce che gli hanno preparato gli uomini e nel lasciarsi mandare a morte per mostrarti il suo amore. Nelle sue ferite Egli ti accoglie; nelle sue ferite Egli ti nasconde. Non rifiutarti al suo amore!». La folla immensa di testimoni che s’è lasciata afferrare dal suo amore è la folla dei santi del cielo che non cessano di intercedere per noi. Erano peccatori e lo sapevano, ma hanno accettato di non guardare le loro ferite, di non guardare ormai che le ferite del loro Signore, per scoprirvi la gloria della Croce, per scoprirvi la vittoria della Vita sulla morte. San Pier-Giuliano Eymard ci dice tutto, quando esclama: “La Santa Eucaristia è Gesù Cristo passato, presente e futuro” (Prediche e istruzioni parrocchiali dopo il 1856, 4 - 2,1. Sulla meditazione).

Gesù Cristo passato, nella verità storica della sera nel cenacolo, ove ci conduce ogni celebrazione della santa Messa. Gesù Cristo presente, perché Egli ci dice: “Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”. “Questo è”, al presente, qui e ora, come in tutti i “qui e ora” della storia umana. Presenza reale, presenza che supera le nostre povere labbra, i nostri poveri cuori, i nostri poveri pensieri. Presenza offerta ai nostri sguardi come qui, stasera, presso questa grotta ove Maria s’è rivelata come Immacolata Concezione. L’Eucaristia è anche Gesù Cristo futuro, il Gesù Cristo che verrà. Quando contempliamo l’Ostia Santa, il suo Corpo di gloria trasfigurato e risorto, contempliamo ciò che contempleremo nell’eternità, scoprendovi il mondo intero sostenuto dal suo Creatore in ogni istante della sua storia. Ogni volta che ce ne cibiamo, ma anche ogni volta che lo contempliamo, noi l’annunciamo fino a che Egli ritorni: “donec veniat”. Proprio per questo noi lo riceviamo con infinito rispetto. Alcuni tra noi non possono o non possono ancora riceverLo nel Sacramento, ma possono contemplarLo con fede e amore, ed esprimere il desiderio di potersi finalmente unire a Lui. E’ un desiderio che ha grande valore davanti a Dio: essi attendono con maggior ardore il suo ritorno; attendono Gesù Cristo che deve venire.

Quando un’amica di Bernadette, all’indomani della sua prima comunione, le chiese: “Di che cosa sei stata più felice: della prima comunione e delle apparizioni?”, Bernadette rispose: “Sono due cose che vanno insieme, ma non possono essere confrontate. Io sono stata felice in ambedue” (Emmanuélite Estrade, 4 giugno 1958). Il suo parroco testimoniò al Vescovo di Tarbes riguardo alla sua prima comunione: “Bernadette si comportò con grande raccoglimento, con un’attenzione che non lasciava nulla a desiderare … Appariva profondamente consapevole dell’azione santa che stava compiendo. Tutto si svolge in lei in maniera stupefacente”. Con Pierre-Julien Eymard e con Bernadette, noi invochiamo la testimonianza di tanti e tanti santi e sante che hanno avuto per l’Eucaristia il più grande amore. Nicolas Cabasilas esclama e dice a noi stasera: «Se Cristo dimora in noi, di che cosa abbiamo ancora bisogno? Che cosa ci manca? Se rimaniamo in Cristo, che cosa possiamo desiderare di più? Egli è nostro ospite e nostra dimora. Felici noi che siamo la sua abitazione! Che gioia essere proprio noi la dimora di un tale Inquilino!» (La vie en Jésus-Christ, IV, 6). Il Beato Charles de Foucauld nacque nel 1858, lo stesso anno delle apparizioni di Lourdes. Non lontano dal suo corpo irrigidito dalla morte fu trovata, come il chicco di frumento gettato nella terra, la lunetta contenente il Santissimo Sacramento, che fratel Carlo adorava ogni giorno per lunghe ore.

Il P.de Foucauld ci affida la preghiera scaturita dall’intimità del suo cuore, una preghiera rivolta al Padre celeste, ma che, con Gesù, possiamo in piena verità fare nostra davanti all’Ostia Santa: «’Padre mio, affido il mio spirito nelle Vostre mani’. E’ l’ultima preghiera del nostro Maestro, del nostro Diletto…Possa diventare la nostra, e che essa sia non solo quella del nostro ultimo istante, ma quella di tutti i nostri istanti: «Padre mio, mi rimetto nelle Vostre mani; Padre mio, mi affido a Voi; Padre mio, mi abbandono a Voi; Padre mio, fate di me ciò che vi piacerà; qualunque cosa facciate di me, vi ringrazio: grazie di tutto; sono pronto a tutto, accetto tutto; Vi ringrazio di tutto. Supposto che la Vostra volontà si compia in me, o mio Dio, supposto che la Vostra volontà si compia in tutte le Vostre creature, in tutti i Vostri figli, in tutti coloro che il vostro cuore ama, non desidero null’altro, mio Dio; rimetto la mia anima nelle Vostre mani; Ve la dono, mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore, perché Vi amo ed è un bisogno del mio cuore donarmi, rimettermi nelle Vostre mani, senza misura, con infinita confidenza, perché Voi siete il Padre mio».

Diletti fratelli e sorelle, pellegrini di un giorno e abitanti di queste vallate, fratelli Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, voi tutti che vedete davanti ai vostri occhi l’infinito abbassamento del Figlio di Dio e la gloria infinita della risurrezione, restate in silenzio e adorate il vostro Signore, il nostro Maestro e Signore Gesù Cristo. Restate in silenzio, poi parlate e dite al mondo: non possiamo più tacere ciò che sappiamo. Andate a dire al mondo intero le meraviglie di Dio, presente in ogni momento delle nostre vite, in ogni luogo della terra. Che Dio ci benedica e ci protegga, ci conduca sul cammino della vita eterna, Lui che è la Vita, per i secoli dei secoli. Amen.

[© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana]
Paparatzifan
00lunedì 15 settembre 2008 07:28
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Il Papa: «Basta polemiche sulla messa in latino»

di Andrea Tornielli

nostro inviato a Lourdes

La Chiesa, pur «circondando del più grande affetto» i divorziati risposati non può venir meno al principio dell’indissolubilità del matrimonio e non può ammettere «iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime».
Lo ha detto ieri pomeriggio Benedetto XVI ai vescovi francesi riuniti a Lourdes, parlando della situazione della famiglia e denunciando le leggi che equiparano coppie di fatto e unioni gay alla famiglia fondata sul matrimonio.
È un discorso articolato quello che Ratzinger pronuncia nell’incontro con l’intero episcopato francese, il primo da quando è diventato Papa.

Chi si attendeva una dura reprimenda all’irrequieta Chiesa d’Oltralpe è rimasto deluso: Benedetto XVI ha parlato dei principali problemi, mettendo alcuni puntini sulle «i», ma sempre incoraggiando i vescovi.

Sulla crisi della famiglia spiega: «Da vari decenni le leggi hanno relativizzato in molti Paesi la sua natura di cellula primordiale della società. Spesso le leggi cercano più di adattarsi ai costumi e alle particolari rivendicazioni di particolari individui o gruppi che non di promuovere il bene comune della società», notando come l’unione «stabile tra un uomo e una donna», aperta alla trasmissione della vita, «non è più, nella mente di certuni, il modello a cui l’impegno coniugale mira». Poi ha spiegato che la Chiesa non può non essere fedele al mandato ricevuto da Cristo: «Ciò che Dio ha unito l’uomo non separi».

«Certo – ha detto ancora Ratzinger – nessuno può negare l’esistenza di prove, a volte molto dolorose», che certe famiglie attraversano, invitando i vescovi ad accompagnarle e aiutarle. Sui divorziati risposati, ha affermato che vanno «circondati del più grande affetto», ma senza «ammettere le iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime».

In Francia c’è la tendenza ad ammettere alla comunione i divorziati risposati e anche a fare «benedizioni» o preghiere collettive per le nuove unioni, come avviene nelle Chiese ortodosse.

Il Papa ha poi invitato i vescovi francesi ad accogliere i tradizionalisti facendo tutto il possibile per evitare divisioni, per far sì che la «tunica di Cristo» non «si strappi ulteriormente», e ha citato il motu proprio con il quale ha liberalizzato l’antico rito preconciliare: «Alcuni frutti di queste nuove disposizioni si sono già manifestati, e io spero – ha detto – che l’indispensabile pacificazione degli spiriti sia, per grazia di Dio, in via di realizzarsi. Misuro le difficoltà che voi incontrate, ma non dubito che potrete giungere in tempi ragionevoli, a soluzioni soddisfacenti per tutti». «Nessuno – ha aggiunto – è di troppo nella Chiesa. Ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire a casa sua, e mai rifiutato».

Ratzinger ha anche chiesto ai vescovi di curare la preparazione dei catechisti per una «trasmissione integrale della fede», ha ribadito che «i sacerdoti non possono delegare le loro funzioni ai fedeli» laici, ha spiegato che nel dialogo ecumenico e in quello interreligioso «la buona volontà non basta» e si deve mirare alla ricerca della verità.
In mattinata, nella grande spianata della Prairie di Lourdes, Benedetto XVI aveva celebrato la messa per i 150 anni dalle apparizioni, davanti a duecentomila fedeli, tra i quali la moglie dell’ex presidente Jacques Chirac e l’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio.
Il Papa ha detto che la Madonna è venuta a rivelare qui che «la potenza dell’amore è più forte del male» e che «la fede cristiana non è un peso, ma è come un’ala che ci permette di volare più in alto per rifugiarci nelle braccia del Signore». Ratzinger, che oggi incontrerà i malati prima di far ritorno a Roma, ha infine presieduto l’adorazione eucaristica.

© Copyright Il Giornale, 15 settembre 2008


Paparatzifan
00lunedì 15 settembre 2008 19:54
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Lourdes Benedetto XVI conclude la visita in Francia con un invito rivolto alla società globalizzata

L'opportunità di una vera liberazione spirituale

Un invito a lavorare per "una vera liberazione spirituale", nella consapevolezza che i tempi sono favorevoli per "un ritorno a Dio". Papa Ratzinger ha lasciato la Francia dopo quattro giorni di incontri e celebrazioni con un incoraggiante messaggio di speranza. Perché - ha confessato lunedì mattina prima di imbarcarsi sull'aereo che lo riporta a Roma - a Parigi e a Lourdes ha trovato "un popolo vivo", col quale è possibile sperimentare concretamente nuove opportunità di incontro e di dialogo tra fede e ragione.
Nella certezza - come aveva ricordato poco prima nella messa celebrata con i malati sul sagrato del santuario mariano - che dalla "gratuità dell'amore" di Dio l'uomo può sempre attingere "una speranza invincibile" per costruire il futuro.
Dopo le giornate parigine di venerdì e sabato - segnate dal confronto aperto e senza pregiudizi con il mondo politico, sociale e culturale d'oltralpe - quelle conclusive di Lourdes sono state vissute soprattutto all'insegna della spiritualità. Il Papa ha parlato al cuore di un popolo che da sempre rappresenta la riserva naturale del cristianesimo francese.
Lo ha fatto senza tuttavia sminuire l'universalità del suo messaggio, rivolto a ogni uomo e a ogni donna disposti a dare credito a un Dio - ha ricordato all'episcopato del Paese - che "non è nemico" ma "Creatore pieno di bontà".
Del resto, tra Parigi e Lourdes non c'è stata soluzione di continuità.
Il Pontefice stesso, ripercorrendo brevemente le tappe del viaggio nell'ultimo discorso durante la cerimonia di congedo, ha parlato di due "pannelli" che hanno composto un unico "dittico". Caratterizzato dal filo conduttore della ricerca di punti d'incontro, di occasioni di "dialogo autentico e cordiale" col mondo.

Profondo conoscitore ed estimatore della cultura francese, Ratzinger non ha scelto di salire in cattedra ma di mettersi in cammino da semplice pellegrino. L'immagine del Papa che ripercorre i luoghi spogli e umili della vita di Bernadette ha sintetizzato ancor più delle parole questo atteggiamento pastorale di fondo.

E così anche nei momenti più intimi di preghiera - come nella toccante processione aux flambeaux di sabato sera - lo sguardo del Pontefice non si è mai staccato dall'evidenza del male che percorre la storia. Cosicché il suo pensiero è andato costantemente ai deboli e agli ultimi: alle vittime di violenze, di guerre, di carestie, a coloro che subiscono ingiustizie e oppressioni, a chi vive sulla propria pelle condizioni di disoccupazione, malattia, emarginazione, sradicamento dalla propria terra e dai propri affetti.
Anche nel discorso rivolto ai vescovi - dove più chiare sono emerse luci e ombre della situazione religiosa della Francia - le preoccupazioni del Papa sono state rivolte soprattutto all'incoraggiamento, all'accoglienza, alla "pacificazione degli spiriti".
Da parte di Benedetto XVI, nessuna ritrosia nel mettere sul tappeto le questioni pastorali più urgenti: dalla crisi delle vocazioni alla tutela della famiglia e del matrimonio, dalla valorizzazione della catechesi alla promozione del dialogo ecumenico e interreligioso, dalla corretta applicazione del recente motu proprio sulla liturgia alla "sana collaborazione" tra comunità politica e Chiesa. Ma, ancora una volta, attenzione sincera alle opportunità che "la società globalizzata, pluriculturale e plurireligiosa" offre alla Chiesa per "proclamare la verità e esercitare l'amore".
Nell'intento - sintesi efficace dell'autentico spirito ratzingeriano - di "raggiungere ogni essere umano senza distinzione, anche al di là dei limiti della Chiesa visibile".

(©L'Osservatore Romano - 15-16 settembre 2008)


Paparatzifan
00lunedì 15 settembre 2008 20:41
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A Parigi ressa ed entusiasmo per il Papa

Ratzinger: «Fuggite gli idoli del denaro e del potere». Poi il pellegrinaggio a Lourdes

In mattinata Ratzinger, il primo Papa della storia ad essere anche accademico di Francia, ha reso omaggio alla cultura d'Oltralpe

Luigi Accattoli

DAL NOSTRO INVIATO

PARIGI

L'entusiasmo della folla di Parigi e la commozione di quella di Lourdes: ieri il Papa è passato dalla «Città dei Lumi» alla cittadella della pietà popolare, toccando due luoghi simbolo della Francia e ricevendo la stessa calorosa accoglienza in ognuno dei due. Oggi resterà ancora a Lourdes e domani rientrerà a Roma, al termine di uno dei più brevi e più intensi tra i dieci viaggi internazionali che ha compiuto fino a oggi.
La scena di Parigi — dove ha celebrato la messa nella Esplanade des Invalides, davanti a 260 mila persone — è stata sorprendentemente viva, come già l'incontro con i giovani che il Papa aveva avuto la sera di venerdì a Notre Dame e alla Nunziatura, dove li aveva salutati dalla finestra alle dieci di sera.
Colpiva l'osservatore soprattutto la passione e il chiasso con cui i duemila sacerdoti che avevano partecipato alla celebrazione si sono stretti attorno al Papa alla fine del rito, mentre scendeva dal palco ancora vestito dei paramenti. Gli uomini della sicurezza vaticana e i due cerimonieri hanno dovuto fare argine per trattenere soprattutto i preti più giovani che tendevano le mani e volevano prendere quelle del Papa, o almeno toccarlo.
Commentando un testo dell'apostolo Paolo che invitava i cristiani di Corinto a «fuggire l'idolatria», il Papa teologo ha rivolto a quella folla metropolitana e cosmopolita un appassionato monito contro gli idoli della nostra epoca: «Il denaro, la sete dell'avere, del potere e persino del sapere non hanno forse distolto l'uomo dal suo fine vero?».
L'idolo— ha spiegato — è «ciò che mettiamo al primo posto» e dunque al posto di Dio. Tra le «tentazioni della nostra epoca » che «ingannano» l'uomo Benedetto ha elencato «la tentazione di idolatrare un passato che non esiste più, dimenticandone le carenze; la tentazione di idolatrare un futuro che non esiste ancora, credendo che l'uomo, con le sole sue forze, possa realizzare la felicità eterna sulla terra».
La giornata era iniziata con una visita all'Institut de France, dove ha sede l'Accademia delle scienze morali e politiche della quale Ratzinger è membro dal 1992.
«Non potevo venire a Parigi senza salutarvi » ha detto ai «colleghi» il primo Papa della storia che sia anche accademico di Francia: «Nel mio percorso intellettuale il contatto con la cultura francese ha avuto una particolare importanza. Colgo quindi l'occasione per esprimere la mia gratitudine verso di essa, sia a titolo personale che come successore di Pietro».
Benedetto è arrivato a Lourdes alle sei del pomeriggio e ha iniziato a compiere il «Cammino del Giubileo», ha percorso cioè le prime tre tappe legate alla vita di Bernadette (la veggente di Lourdes), che sono proposte ai pellegrini nel 150˚ delle apparizioni: ha visitato il «fonte» dove è stata battezzata, la casa dove visse e la grotta dove vide la Madonna.
Quando il Papa è entrato nella grotta, una bambina vestita con il costume contadino ottocentesco — sul tipo di quello che Bernadette indossa nelle foto d'epoca — gli ha offerto un bicchiere d'acqua della «fonte miracolosa » e il Papa l'ha bevuta. Ha poi acceso un cero e pregato in ginocchio proprio come fanno i sei milioni di persone che qui vengono ogni anno.
Il tutto è terminato con la processione serale, detta «Aux Fambeaux», cioè delle candele, nella quale ogni partecipante alla recita del rosario porta una candela accesa.
Al termine Benedetto ha invitato la folla a vivere il pellegrinaggio in «profonda comunione con tutti gli esseri che soffrono: le vittime innocenti che subiscono la violenza, la guerra, il terrorismo, la carestia, o che portano le conseguenze delle ingiustizie, dei flagelli e delle calamità, dell'odio e dell'oppressione».

© Copyright Corriere della sera, 14 settembre 2008


Paparatzifan
00lunedì 15 settembre 2008 20:54
Dal blog di Lella...

«Diverso dalla sua caricatura»

nostro servizio

Marta Teitelbaum

Parigi

Il viaggio di Benedetto XVI in Francia è stato preceduto dalle consuete polemiche sulla laicità, sul rapporto Chiesa-Stato e da una certa inquietudine da parte delle autorità cattoliche che non sapevano quale accoglienza avrebbero riservato i francesi al Papa.
L'influenza della Chiesa cattolica Oltralpe è in continuo calo e solo il 4,5 per cento del 65 per cento della popolazione che si dichiara di fede cattolica, va regolarmente a Messa. Malgrado questa disaffezione, l'arrivo di Benedetto XVI ha suscitato grande interesse nei media e tra i fedeli.
La stampa scritta, le radio e le televisioni hanno seguito e commentato con attenzione i suoi spostamenti e i suoi discorsi mentre decine di migliaia di persone si sono radunate a Parigi e a Lourdes per partecipare alle Messe.

Quartieri invasi dai giovani

Tra venerdì e sabato, alcuni quartieri della capitale sono stati invasi da fedeli, soprattutto giovani. I loro canti e le loro insegne hanno creato un'atmosfera festiva che ricordava le Giornate mondiali della Gioventù del 1997. In questi tre giorni, Benedetto XVI è riuscito a sovvertire alcuni dei pregiudizi riguardo la sua immagine in Francia. Difatti, i media transalpini parlano principalmente di «scoperta» e di «sorpresa».
«Parigi ha scoperto un Papa che, agli antipodi della sua caricatura, non polemizza e disinnesca le mine delle polemiche. E questo grazie alla dolcezza della sua voce, a un gesto contenuto, allo slancio di un discorso», ha scritto il quotidiano «Le Monde» dopo l'intervento di Benedetto XVI al Collège des Bernardins.
Per «Le Parisien», il Papa è riuscito a sedurre i francesi. «In occasione del suo primo viaggio in Francia, il Sovrano Pontefice seduce e impone il proprio stile», scrive il giornale nella sua edizione di domenica. Dello stesso avviso è il «Journal de Dimanche». Il settimanale parigino della domenica, titola «Lo stile Benedetto XVI seduce i cattolici francesi».
Nel suo commento, non manca il paragone con Giovanni Paolo II. «Benedetto XVI preferisce un metodo diverso da quello di Giovanni Paolo II», scrive il «Journal de Dimanche». «Questo Papa non rimprovera i giovani per i loro comportamenti sessuali ma li invita a un miglioramento di se stessi… Non rimprovera i politici per gli scontri sulla laicità, ma sottolinea i progressi realizzati sulla concordia nazionale». Insomma, si tratta di un Papa che «semina carità e speranza».

«Impronta di rispetto»

Sul giornale «La Croix», Bruno Frappat, figura di punta della stampa cattolica francese scrive «Benedetto XVI è a Lourdes. Cosa ha lasciato a Parigi? Un'impronta d'intelligenza e di rispetto. Un sorriso timido. Una folla fervente che non è arrivata all'eccesso del "culto della personalità". E soprattutto una scia di parole che meritano di restare. Dalle più complesse (come al Collège des Bernardins) fino alle più semplici (all'Eliseo e agli Invalides )».

Le polemiche politiche

La «scoperta sorprendente» di Papa Benedetto XVI non ha tuttavia spento le polemiche intorno alla sua visita e alla questione della laicità. I socialisti non hanno partecipato al ricevimento organizzato dal presidente Nicolas Sarkozy all'Eliseo e solo il sindaco socialista di Parigi, Bertrand Delanoe, ha assistito alla conferenza nel Collège des Bernardins. Le critiche più dure sono state indirizzate contro Sarkozy per le sue parole sulla «laicità positiva».
La posizione del presidente è stata interpretata dall'opposizione come una violazione della legge del 1905 che regge il principio di separazione tra lo Stato e la Chiesa in Francia. Ma, aldilà delle polemiche, il viaggio di Benedetto XVI sarà servito sicuramente a far scoprire ai francesi un Papa finora poco conosciuto.

Copyright Eco di Bergamo, 15 settembre 2008


Paparatzifan
00lunedì 15 settembre 2008 20:57
Dal blog di Lella...

PAPA: CHIESA E' FERMA SU FAMIGLIA E VALORI MA RISPETTA TUTTI

(AGI) - Lourdes, 14 set.

(dall'inviato Salvatore Izzo)

La Chiesa deve opporsi alle leggi che favoriscono le unioni civili, attenendosi ''con fermezza, anche a costo di andare controcorrente, ai principi che fanno la forza e la grandezza del sacramento del matrimonio''.
Lo ha ricordato Benedetto XVI lodando i vescovi francesi per la coerenza delle loro posizioni.
''Spesso - ha spiegato nell'incontro di questa sera a Lourdes con l'intero Episcopato di Francia - le leggi cercano piu' di adattarsi ai costumi e alle rivendicazioni di particolari individui o gruppi, che non di promuovere il bene comune della societa'''.
''Per alcuni - ha lamentato Papa Ratzinger - l'unione stabile di un uomo e di una donna, ordinata alla edificazione di un benessere terreno, grazie alla nascita di bambini donati da Dio, non e' piu' il modello a cui l'impegno coniugale mira. Tuttavia - ha spiegato - l'esperienza insegna che la famiglia e' lo zoccolo solido sul quale poggia l'intera societa'''.
La stessa fermezza i vescovi debbono utilizzarla riguardo all'esclusione dei divorziati risposati dalla comunione e all'ipotesi di cerimonie di tipo penitenziale che, come avviene invece nella Chiesa Ortodossa, possano reintrodurli nella pienezza della vita sacramentale. Si tratta di ''una questione particolarmente dolorosa'', ha spiegato questa sera ai vescovi francesi, ribadendo che ''la Chiesa, che non puo' opporsi alla volonta' di Cristo, conserva con fedelta' il principio dell'indissolubilita' del
matrimonio''.

E tuttavia Papa Ratzinger ha esortato a circondare ''del piu' grande affetto gli uomini e le donne che, per ragioni diverse, non giungono a rispettare'' gli impegni assunti con il matrimonio, arrivando in serata, nel discorso rivolto alle decine di migliaia di fedeli che hanno partecipato alla processione eucaristica da lui presieduta nel Santuario, ad affermare che il loro desiderio di ricevere l'Eucaristia ''ha grande valore davanti a Dio: essi attendono con maggior ardore il suo ritorno; attendono Gesu' Cristo che deve venire''.

Insomma, per il Papa la privazione della comunione alla quale la dottrina della Chiesa condanna i divorziati risposati, per la grande sofferenza che provoca nei loro cuori, diventa per essi, agli occhi di Dio, una via verso la santita'.

E' questo, del resto, lo stile del Papa teologo, che governa la Chiesa con ''mite fermezza'', come hanno rilevato in questi giorni i principali quotidiani francesi che, da Le Monde a Le Figaro', traboccano tutti di ammirazione per lui.

Ha colpito soprattutto il suo grande rispetto per la laicita' della Francia, ribadito anche stasera nel discorso ai vescovi, quando ha assicurato che ''la Santa Sede desidera rispettare l'originalita' della situazione francese''.

''Sono convinto - ha spiegato - che le Nazioni non devono mai accettare di veder sparire cio' che costituisce la loro specifica identita'. In una famiglia, il fatto che i diversi membri abbiano lo stesso padre e la stessa madre non comporta che essi siano soggetti tra loro indifferenziati: sono in realta' persone con una propria individualita'. La stessa cosa avviene per i Paesi, che devono vegliare a preservare e a sviluppare la loro specifica cultura, senza lasciarla mai assorbire dalle altre o affogare in una spenta uniformita'''.
Da parte sua, ha aggiunto Benedetto XVI, ''la Chiesa non rivendica per se' il posto dello Stato. Essa non vuole sostituirglisi. E' infatti una societa' basata su convinzioni, che si sente responsabile dell'insieme e non puo' limitarsi a se stessa.
Essa parla con liberta' e dialoga con altrettanta liberta' nel desiderio di giungere alla edificazione della liberta' comune. Grazie ad una sana collaborazione tra la Comunita' politica e la Chiesa, realizzata nella consapevolezza e nel rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia di ciascuna nel proprio campo, si rende all'uomo un servizio che mira al suo pieno sviluppo personale e sociale''.

Il Papa - questo e' chiaro - non fa concessioni sulla dottrina ma e' disponibile ad un dialogo con tutti.

''La societa' globalizzata, pluriculturale e plurireligiosa nella quale viviamo, e' un'opportunita' che il Signore ci offre di proclamare la Verita' e di esercitare l'Amore, nell'intento di raggiungere ogni essere umano senza distinzione, anche al di la' dei limiti della Chiesa visibile'', ha ricordato ad esempio riguardo ai rapporti con le altre religioni, ribadendo pero' che ''la ricerca e l'approfondimento della Verita', restano un compito nobile e obbligatorio per ogni uomo di fede''.

E che ''Cristo stesso e' la Verita'''. Come dire che insomma il rispetto per le altrui convinzioni religiose non implica per i cattolici la rinuncia alle proprie, come rimproverano i tradizionalisti seguaci di mons. Lefebvre. A questi ultimi, con lo stesso atteggiamento ha rivolto un appello alla pacificazione con la Chiesa Francese.
''Occorre giungere in tempi ragionevoli - ha detto ai vescovi - a soluzioni soddisfacenti per tutti, cosi' che la tunica senza cuciture del Cristo non si strappi ulteriormente.

Nessuno e' di troppo nella Chiesa. Ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire 'a casa sua', e mai rifiutato. Dio, che ama tutti gli uomini e non vuole che alcuno perisca, ci affida questa missione facendo di noi i Pastori delle sue pecore''.

Le parole del Papa sono state pronunciate nel discorso ai vescovi francesi riuniti a Lourdes. Ai presuli il Papa ha ricordato che contribuire all'unita' e' stato l'intento da lui seguito nel motu proprio Summorum Pontificum (il documento che liberalizza la nmessa in latino ed e' stato contestato dai progressisti). ''Ho voluto precisare - ha detto - le condizioni di esercizio di tale compito, in cio' che concerne la possibilita' di usare tanto il Messale del Beato Giovanni XXIII del 1962, quanto quello del Papa Paolo VI del 1970.
Alcuni frutti di queste nuove disposizioni si sono gia' manifestati, e io spero che l'indispensabile pacificazione degli spiriti sia, per grazia di Dio, in via di realizzarsi. Capisco le difficolta' che voi incontrate, ma dobbiamo sforzarci - ha concluso - di essere sempre servitori dell'unita'''.

Copyright (AGI)


Paparatzifan
00lunedì 15 settembre 2008 20:59
Dal blog di Lella...

RATZINGER HA SORPRESO I FRANCESI

COMMENTO

Grande entusiasmo

La laica Francia affascinata dal Pontefice

Giovanni Serafini

Chi l'avrebbe mai detto? La laica Francia ha accolto a braccia aperte Benedetto XVI, tributandogli, oltre agli onori dovuti al personaggio politico e al capo religioso, manifestazioni di affetto e di simpatia che sono andati ben al di là di qualsiasi previsione.
Tutta la stampa transalpina ne ha reso conto, non senza manifestare una certa sorpresa per l'accoglienza riservata al Pontefice.
«Benedetto XVI: l'amico della Francia ha sedotto Parigi»: è il titolo di un inserto speciale di quattro pagine pubblicato l'altro ieri dal quotidiano «Figaro».
«A Parigi il Pontefice ha suscitato un fervore inatteso», ha incalzato il quotidiano popolare «Le Parisien».
Che ha aggiunto: «È stato davvero un grande successo, sia all'Eliseo, dove Benedetto XVI è stato ricevuto in pompa magna, che nelle strade, dove migliaia di persone, in particolare giovani, lo hanno acclamato».
Giornali, radio e televisioni hanno dedicato le prime pagine e numerosi articoli, editoriali e reportages al viaggio papale. Tutti hanno constatato la gioia e la commozione espressi dalla gente.
Perfino il quotidiano di sinistra «Liberation» – che non è mai stato tenero con Ratzinger, e che nei giorni scorsi aveva addirittura pubblicato un'inchiesta volta a sapere se il Papa ha avuto un passato nazista e se ha pulsioni islamofobe e antisemite (la risposta è stata "no" in tutti e tre i casi) – ha dovuto dargli atto del successo.
Lo ha fatto a modo suo, ironizzando sul presidente Sarkozy «toccato dalla grazia» e sul nuovo odore di santità che «si respira nel palazzo presidenziale».
Più duro, è stato invece il quotidiano del partito comunista «L'Humanité» che ha criticato il «ripensamento sulla laicità che si vorrebbe avviare in Francia»: ma il Papa – ha obiettato il quotidiano cattolico «La Croix» – «non ha imposto nulla, ha solo difeso la sua visione aperta della laicità, insistendo sulla distinzione fra politico e religioso».

Copyright Il Resto del Carlino, 14 settembre 2008


Paparatzifan
00lunedì 15 settembre 2008 21:04
Dal blog di Lella...

Un uomo che va più ascoltato che visto

Marta Teitelbaum

«Professore e pastore, timido, intellettuale». È così che viene definito Benedetto XVI dai media francesi, che in questi giorni stanno scoprendo il Papa.
I due discorsi pronunciati venerdì a Parigi sono stati seguiti e commentati con grande attenzione in Francia e gli spostamenti del Papa accompagnati da centinaia di migliaia di fedeli. Ne abbiamo parlato con il filosofo Rémi Brague, docente all'Université Paris I Panthéon-Sorbonne, specialista delle filosofie medievali ebrea e araba e della storia del cristianesimo europeo.

Prima dell'arrivo in Francia, Benedetto XVI è stato presentato come un personaggio freddo e lontano. Qual è la sua impressione?

«Qualcuno ha detto, in modo a mio avviso perspicace, che la gente andava a vedere Giovanni Paolo II e va ad ascoltare Benedetto XVI. Credo che questa espressione corrisponda effettivamente alla realtà. L'immagine che avevamo in Francia di Benedetto XVI, veicolata dai media, era completamente erronea. Nell'immagine presentata finora si mescolavano i cattivi ricordi che hanno i francesi dei tedeschi e il vecchio gallicanesimo francese, cioè l'antico risentimento che nutrono i miei concittadini nei confronti di Roma. Per i francesi, dunque, difficilmente si poteva trovare qualcosa di peggio che un tedesco a Roma.

Questa immagine falsa sta oggi scomparendo. Perfino nei giornali che a priori non sono favorevoli al Papa i commenti sono piuttosto positivi. Potrei prendere come esempio "Le Monde", dove ho trovato in questi giorni un atteggiamento assai ben disposto».

Come è avvenuto questo cambiamento?

«Penso che anche i critici siano stati obbligati ad arrendersi all'evidenza che non si tratta di un personaggio altezzoso e lontano, ma di una figura timida che non si sente a suo agio quando deve essere in prima fila, come richiede il suo ruolo. Se questo viaggio è servito a distruggere l'idea di un Papa distaccato e freddo, è già una buona cosa».

In un sondaggio realizzato dal quotidiano «Le Parisien» prima dell'arrivo del Papa, il 76% ha definito Benedetto XVI in primo luogo come un «conservatore». Cosa ne pensa?

«Preferisco evitare di parlare in termini di categorie che, tra l'altro, potrebbero prestarsi a malintesi. Rimproverare a qualcuno di non essere progressista quando si sa quanti milioni di morti il progressismo ha sulla propria coscienza mi sembra qualcosa di osceno. Se invece lo ascoltiamo senza voler progettare su di lui un'immagine, scopriremo che si tratta di qualcuno che dice cose interessanti».

A proposito delle cose interessanti che Benedetto XVI ha da dire, i due discorsi di venerdì, il primo giorno della visita in Francia, hanno suscitato molto interesse. Tuttavia, il secondo discorso è apparso difficilmente comprensibile.

«Il discorso è stato pronunciato in un ambito molto particolare, nel Collège des Bernardins, un antico convento dei cistercensi, recentemente comprato dalla Chiesa di Parigi, restaurato e trasformato in un centro culturale, un luogo d'incontro tra la fede e la cultura d'oggi. Il punto di partenza del discorso di Benedetto XVI è stato il senso della vita monastica come un modo di vivere più semplice che però non riguarda soltanto i monaci, ma tutti. Attraverso i tre punti della vita monastica, il Papa ha fatto riferimento ai problemi della nostra vita attuale: all'arte, al lavoro e all'ascolto. Ma l'ha fatto in modo indiretto, senza dirlo chiaramente e forse per questo il senso del suo discorso è apparso a molti un po' oscuro. Ma ciò che è stato affermato è enorme e molto profondo».

© Copyright Eco di Bergamo, 14 settembre 2008


+PetaloNero+
00lunedì 15 settembre 2008 22:27
Da Petrus

Vivo compiacimento in Vaticano per la riuscita del viaggio apostolico Oltralpe: “Missione compiuta”. Il Cardinale Vingt-Trois: “Dal Pontefice forza e serenità”




CITTA’ DEL VATICANO - "Un bilancio molto positivo" della visita del Papa in Francia e' stato tracciato dal portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, per il quale "anche gli echi molto positivi che si sono sentiti in Francia e dappertutto confermano che il viaggio ha raggiunto pienamente i suoi scopi". "Mi pare - ha sottolineato il gesuita - che questo viaggio in Francia si inserisca nella serie di quelli di quest'anno, a partire dai viaggi negli Stati Uniti e in Australia, in cui abbiamo notato una grande accoglienza, un'accoglienza molto disponibile, aperta, senza pregiudizi, in cui il Papa ha potuto dare il suo messaggio con serenita', sia per la Chiesa sia per la società". Secondo padre Lombardi, "il tema della laicita' positiva, che e' stato un po' il segno sotto cui la visita si e' aperta con l'incontro all'Eliseo, ed e' sembrato ad alcuni piuttosto nuovo" testimonia "un clima di serenita', costruttivita', capacita' di dialogo per collaborare a dare, da parte delle diverse istituzioni, sia lo Stato, sia la Chiesa, il contributo migliore per il bene comune dei cittadini". Nell'intervista alla Radio Vaticana, il portavoce della Santa Sede ha definito di "grande serenita' e costruttività" anche il discorso del Papa ai vescovi francesi riuniti a Lourdes: "dal Papa come pastore universale, ci si attende - ha rilevato - che dia una guida, un orientamento". "Quelli che parlavano di una situazione della Chiesa francese in difficolta' - ha detto ancora Lombardi - certamente trovano da parte del Papa una fiducia, un'iniezione di fiducia, perche' quando ci si ricollega alle sorgenti della spiritualita' cristiana, della fede, si possono affrontare anche situazioni difficili, guardando in avanti con la convinzione di dare un contributo positivo". Del resto, ha aggiunto padre Lombardi, "anche il grande discorso sulla cultura, quello fatto al College des Bernardins, ha dato molto chiaramente la sensazione che il discorso sulle radici cristiane, su cui i Papi hanno tanto insistito, non e' un discorso di slogan, ma e' uno con contenuti ricchi e precisi". "Il Papa -ha spiegato- ha fatto vedere molto bene come proprio a partire dalla ricerca di Dio, a partire da una vita religiosa, si sviluppino tante dimensioni della cultura, quella delle lettere, delle arti, della musica, della interpretazione dei testi, della operosita', della laboriosita' pratica che sono dimensioni assolutamente fondamentali della nostra cultura europea". Infine, l'invito ai malati a "non voltare le spalle alla vita", lanciato questa mattina a Lourdes. "Mi pare - ha concluso Lombardi - che il tema del sorriso di Maria e della speranza sia stato il termine quasi naturale di questo viaggio, che indica il grande tesoro che la Chiesa ha di poter aiutare a trovare il senso della vita anche nelle situazioni piu' difficili". "Il Papa ha lasciato un messaggio di forza, di serenita', di fiducia e di amicizia alla Francia e ai cattolici francesi e piu' in generale, al popolo francese tutto", ha affermato invece il presidente dei vescovi francesi, Cardinale Andre' Vingt-Trois. "Siamo stati felici - ha detto il porporato alla Radio Vaticana - di aver potuto vivere questi giorni con lui, di ricevere il suo incoraggiamento ed il suo sostegno per le nostre iniziative pastorali ed apostoliche". Secondo l'Arcivescovo di Parigi, "la visita del Papa ci ha aiutato a riprendere nuovo dinamismo", ma "questo non cambiera' le strutture dei rapporti con lo Stato, che sono definiti dalla legge".






Terminato il pellegrinaggio in Francia - Scambio di telegrammi tra il Pontefice e Napolitano

CITTA’ DEL VATICANO - Durante il suo viaggio di ritorno da Lourdes, il Papa ha espresso al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel consueto telegramma di saluto inviato dall'aereo, la sua gratitudine per ''coloro che, anche in Italia, con la loro professionalita' e dedizione rendono un prezioso servizio ai malati e ai sofferenti''. ''Al rientro dalla Francia, dove ho potuto compiere un solenne pellegrinaggio al santuario di Lourdes incontrando anche malati di vari Paesi, tra cui una significativa rappresentanza del popolo italiano - si legge nel testo diffuso dalla sala stampa vaticana -, esprimo a Lei, signor Presidente, il mio cordiale saluto”. ''Con tali sentimenti - si legge ancora nel messaggio - assicuro una speciale preghiera per il bene e la concordia della diletta nazione italiana alla quale impartisco la mia benedizione''. Il Capo dello Stato, a sua volta, ha inviato a Benedetto XVI il seguente messaggio: "Santita', al rientro dal suo viaggio apostolico in Francia, desidero rivolgerle un cordiale saluto di benvenuto. Ella ha trovato nel corso della sua visita e degli incontri avuti piena condivisione dei valori irrinunciabili del rispetto dei diritti fondamentali a salvaguardia della dignita' umana e dell'impegno a operare per la pacifica convivenza fra i popoli. Con profonda considerazione e nell'attesa di poterla nuovamente incontrare in occasione della sua prossima visita ufficiale al Quirinale, le rivolgo il mio affettuoso pensiero".




Il Cardinale Vingt-Trois spiega la “laicità aperta” promossa dal Papa

Non è un “crimine” essere credente o vivere la solidarietà cristiana


di Anita S. Bourdin

LOURDES, lunedì, 15 settembre 2008 (ZENIT.org).- La storia religiosa dell'Europa e della Francia giustifica il fatto che Benedetto XVI abbia promosso la “laicità aperta”, ha spiegato il Cardinale André Vingt-Trois, Arcivescovo di Parigi.

In un'intervista concessa a vari giornalisti, tra cui il corrispondente di ZENIT, domenica sera a Lourdes, il presidente della Conferenza Episcopale Francese è entrato nel dibattito sociale che ha luogo in questi giorni in Francia, in cui alcune voci politiche si sono opposte all'intervento del Presidente Nicolas Sarkozy – che ha chiesto una “laicità positiva” – affermando che la laicità non ha aggettivi.

Secondo il Cardinale Vingt-Trois, alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX sia in Francia che in Europa, ad esempio in Polonia, è nato un movimento che aveva l'obiettivo di “combattere il cattolicesimo”.

Il Kulturkampf o battaglia culturale, conflitto che vide affrontarsi Otto von Bismarck e la Chiesa cattolica tra il 1871 e il 1880, come diceva lo stesso cancelliere dell'Impero tedesco “non era rivolto contro l'islam o contro l'ebraismo”, ha ricordato il porporato.

“E nel titolo della legge francese chiamata di 'separazione tra Chiesa e Stato', se tutti sapevano qual era lo Stato, la Chiesa dalla quale doveva separarsi era quella cattolica”, ha constatato.

“La questione della laicità del sistema politico e dello Stato è stata vissuta in modo polemico e in una prospettiva militante, ma lo Stato non esaurisce le espressioni della società”, ha osservato l'Arcivescovo della capitale francese.

Le “peripezie storiche” in riferimento alla storia del Paese a partire dalla Prima Guerra Mondiale, che ha fatto “considerare le cose da un altro punto di vista”, hanno portato “a progredire in una pratica pragmatica della laicità, smettendo di essere militante per portare piuttosto a una convivenza che possiamo chiamare pacifica”.

“Il passo compiuto dal Presidente Sarkozy” nella sua conferenza nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, il 20 dicembre 2007, e a Riad (Arabia Saudita) il 14 gennaio 2008 ha permesso di “presentare un'analisi del funzionamento sociale in cui l'appartenenza religiosa ha smesso di essere un tabù, per considerarsi come un contributo specifico, utile per la vita della società”.

“Dire che ciò rappresenta una 'laicità aperta' significa che non ci troviamo più in una situazione in cui si poteva collaborare con le attività collettive a condizione di non dire i motivi per i quali lo si faceva. Si poteva essere un buon cittadino 'pur essendo credente'. Oggi si può dire che non sarebbe impossibile essere 'un buon cittadino perché si è un buon credente'. Non è la stessa cosa”, ha affermato.

“Ciò significa che molti uomini e donne che si sono impegnati in attività collettive non confessionali, come i 'Restos du Cœur' (Ristoranti del Cuore, attività caritatevoli promosse da star della musica e del mondo dello spettacolo in Francia, ndt.), ad esempio, possono esprimere almeno una parte dei motivi per i quali lo fanno e di cui non ci si deve vergognare”.

Le attività cattoliche, compiute per motivi religiosi, secondo alcune visioni della laicità non potrebbero però manifestarsi.

“Non è una vergogna che un cristiano cerchi di mettere in pratica la solidarietà, non è un 'crimine' che deve essere punito dai tribunali”, ha affermato il Cardinale Vingt-Trois alludendo ai processi ai quali sono state sottoposte le congregazioni religiose all'inizio del XX secolo in Francia.

Come punto di riferimento, il porporato ha citato la lettera scritta da Giovanni Paolo II alla Conferenza Episcopale Francese per ricordare l'anniversario della legge che nel 1905 ha stabilito la separazione tra Stato e Chiesa.

Il defunto Pontefice, ha ricordato il Cardinale, invitava a “riflettere sulla storia religiosa in Francia durante il secolo scorso” e concludeva: “Che nessuno abbia paura del cammino religioso delle persone e dei gruppi sociali! Vissuto nel rispetto della sana laicità, esso non può che essere fonte di dinamismo e di promozione dell'uomo”.




Primo Ministro francese: il Papa ha dato “una speranza condivisa”

Il discorso di François Fillon nella cerimonia di congedo


LOURDES, lunedì, 15 settembre 2008 (ZENIT.org).- La visita di Benedetto XVI in Francia ha dato al Paese “una speranza condivisa”, ha constatato il Primo Ministro francese nella cerimonia di congedo di Benedetto XVI al termine della sua visita apostolica nel Paese.

Nella sala dell'aeroporto di Tarbes-Lourdes-Pirenei, François Fillon ha confessato: “Questi quattro giorni trascorsi tra noi rimarranno nello spirito di molti Francesi come un grande e bel momento in cui hanno condiviso emozioni, riflessioni e speranza”.

“La sua visita ha suscitato un impulso popolare”, ha aggiunto.

Il viaggio del Papa ha ricevuto un'ampia copertura su tutti i mezzi di comunicazione e ha mobilitato dal 12 al 15 settembre centinaia di migliaia di persone.

“Dalla Cattedrale di Notre-Dame di Parigi alla spianata des Invalides, da lì a Lourdes, la sua bontà si è diffusa su un'immensa folla gioiosa e attenta al suo messaggio – ha detto Fillon al Papa –. Con la comunità cattolica, i nostri cittadini di tutte le età, di tutti gli ambienti sociali, di tutte le origini e di tutte le confessioni si sono riuniti con fervore”.

Fillon, 54 anni, membro del partito al Governo, l'Unione per un Movimento Popolare (UMP), e Primo Ministro dal 2007, dopo la vittoria delle elezioni presidenziali da parte di Nicolas Sarkozy, ha partecipato personalmente all'Eucaristia che il Papa ha presieduto nella spianata des Invalides.

Dopo aver constatato la lunga amicizia che unisce la Francia a Joseph Ratzinger, il Primo Ministro ha ricordato la conversazione con i giornalisti che il Papa ha avuto venerdì scorso durante il suo viaggio verso Parigi, nella quale ha spiegato che “la separazione fondamentale tra la Chiesa e lo Stato non impedisce di dialogare, né di arricchirsi reciprocamente”.

In seguito ha menzionato il discorso al mondo della cultura, pronunciato nel Collegio dei Bernardini, per constatare che “la sua irradiazione intellettuale ha dato al suo messaggio di speranza e vigilanza una portata universale”.

“Lei ci ha invitati a intraprendere la via della ragione e della parola per progredire a livello umano e spirituale”, ha detto Fillon.

“Lei ha messo in guardia la nostra civiltà di fronte alle debolezze materialiste, di fronte ai suoi impulsi guerrieri, di fronte ai suoi fantasmi – ha aggiunto –. Ha rivolto un appello all'Europa umanista e alla sua eredità cristiana”.

Secondo il Primo Ministro, il Papa ha approfondito “il nostro sguardo sulla condizione umana, sui suoi doveri etici, sul suo mistero”.

Nel pieno del dibattito sociale suscitato dalla visita del Papa, Fillon ha spiegato che “la Repubblica, profondamente laica, rispetta l'esistenza del fatto religioso. Apprezza la parte della tradizione cristiana nella sua storia e il suo patrimonio culturale e immateriale”.

“Credo che quanti l'hanno ascoltata abbiano sperimentato un affetto molto sincero, che evoca la semplicità con cui ha invitato ciascuno a tornare al meglio di sé”, ha riconosciuto.

Per tutti questi motivi, Fillon ha spiegato che “la Francia si congeda con emozione e gratitudine”.

“Tra crisi e inquietudini, la sua visita è stata un momento di pace e di fraternità. Tra le tensioni internazionali, è stata l'opportunità per ricordare la nostra opposizione comune ai fantasmi, alle violenze e alle discriminazioni”.

“All'alba del nuovo secolo – ha concluso il Primo Ministro –, la sua visita ci invita a superare le nostre paure e a mobilitare il meglio della nostra umanità al servizio del futuro. Santo Padre, i Francesi la ringraziano per aver contribuito in questo modo a mantenere una speranza condivisa”.





Il Papa invia telegrammi al Presidente francese e a quello italiano

Per la fine del viaggio in Francia e il rientro a Roma


CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 15 settembre 2008 (ZENIT.org).- In occasione della fine della sua visita pastorale in Francia e del suo rientro a Roma, Benedetto XVI ha inviato due telegrammi, rispettivamente al Presidente della Repubblica Francese Nicolas Sarkozy e a quello della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano.

Il Papa è partito nel primo pomeriggio di lunedì dall'aeroporto di Tarbes-Lourdes-Pyrénées ed è atterrato a quello di Roma-Ciampino, per trasferirsi poi alla residenza estiva di Castel Gandolfo.

Nel suo messaggio a Nicolas Sarkozy, il Papa assicura al Presidente, alle autorità e a tutti i Francesi la sua “gratitudine per la calorosa accoglienza” che gli è stata riservata.

“Custodirò di queste giornate un grande ricordo della generosità e della benevolenza del popolo francese”, ha aggiunto.

“Affidando la Nazione all'intercessione di Nostra Signora di Lourdes, chiedo a Dio di effondere su tutti l'abbondanza delle sue benedizioni”, termina il testo.

Benedetto XVI ha quindi inviato un messaggio di “cordiale saluto” al Presidente Napolitano, ricordando di aver potuto compiere in Francia “un solenne pellegrinaggio al santuario di Lourdes incontrando anche malati di vari Paesi, tra cui una significativa rappresentanza del caro popolo italiano”.

“Mentre ricordo con viva riconoscenza al Signore questa significativa esperienza spirituale penso con gratitudine a coloro che anche in Italia con la loro professionalità e dedizione rendono un prezioso servizio ai malati e ai sofferenti”, ha scritto il Pontefice.

“Con tali sentimenti assicuro una speciale preghiera per il bene e la concordia della diletta Nazione italiana, alla quale imparto la mia Benedizione”.

Hanno salutato il Pontefice al suo arrivo, tra gli altri, il Cardinale Agostino Vallini, suo Vicario generale per la Diocesi di Roma; gli Arcivescovi Giuseppe Bertello, Nunzio Apostolico in Italia, e James Michael Harvey, prefetto della Casa Pontificia; il Vescovo di Albano Marcello Semeraro e il reggente della Prefettura, il Vescovo Paolo De Nicolò; i monsignori Gabriele Caccia, assessore della Segreteria di Stato, Pietro Parolin, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, e Fortunatus Nwachukwu, capo del Protocollo.

In rappresentanza del Governo italiano, era presente il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi.




Lourdes: il Papa amministra il sacramento dell'Unzione a dieci malati

Nella Messa conclusiva del suo viaggio pastorale in Francia


LOURDES, lunedì, 15 settembre 2008 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha fatto culminare la sua visita pastorale in Francia con una Messa durante la quale ha amministrato il sacramento dell'Unzione degli Infermi a dieci persone nella Spianata del Rosario a Lourdes.

I malati, alcuni dei quali in sedia a rotelle, provenivano da Francia, Germania e Irlanda.

Hanno ricevuto l'Unzione, tra gli altri, un bambino della Diocesi di Tarbes e Lourdes, una ragazza della Diocesi tedesca di Münster, una donna che appartiene a una famiglia di impiegati dei santuari di Lourdes, un ragazzo con una malattia psichica di Aigues Vives (Gard, Francia), una malata pellegrina di Meath (Irlanda) e padre Joseph Bordes, ex rettore dei santuari di Lourdes.

Benedetto XVI ha unto la fronte e le mani dei malati dicendo: “Per questa santa Unzione e per la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo e, liberandoti dai peccati, ti salvi e nella sua bontà ti sollevi” (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1513).

Tra i 15.000 pellegrini che hanno partecipato all'Eucaristia, molti erano malati, accompagnati da familiari, amici o dai volontari ospedalieri di Lourdes. Il Papa stesso ha dato la Comunione agli infermi.

“Cristo dispensa la sua salvezza attraverso i Sacramenti e, in modo speciale, alle persone che soffrono di malattie o che sono portatrici di un handicap, attraverso la grazia dell’Unzione degli infermi”, ha affermato.

Nella sua omelia, il Vescovo di Roma ha constatato che “per ciascuno la sofferenza è sempre una straniera. La sua presenza non è mai addomesticabile. Per questo è difficile sopportarla, e più difficile ancora – come hanno fatto certi grandi testimoni della santità di Cristo – accoglierla come parte integrante della propria vocazione”. Per questo motivo, il Santo Padre ha proposto di affrontare il dolore e la malattia accogliendo “in sé Cristo medico”.

“Cristo tuttavia non è medico alla maniera del mondo – ha spiegato –. Per guarirci, egli non resta fuori della sofferenza che si sperimenta; la allevia venendo ad abitare in colui che è colpito dalla malattia, per sopportarla e viverla con lui”.

“La presenza di Cristo viene a rompere l’isolamento che il dolore provoca – ha aggiunto –. L’uomo non porta più da solo la sua prova ma, in quanto membro sofferente di Cristo, viene conformato a Lui che si offre al Padre, e in Lui partecipa al parto della nuova creazione”.

“Senza l’aiuto del Signore, il giogo della malattia e della sofferenza è crudelmente pesante. Nel ricevere il Sacramento dei malati, noi non desideriamo portare altro giogo che quello di Cristo, forti della promessa che Egli ci ha fatto, che cioè il suo giogo sarà facile da portare e il suo peso leggero”.

Il Papa ha affermato che era proprio questa la speranza che egli stesso voleva offrire ai malati che hanno ricevuto questo sacramento.

Secondo quanto spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica, gli effetti della celebrazione del sacramento dell'Unzione dei Malati sono “un dono particolare dello Spirito Santo”, “l'unione alla Passione di Cristo”, una grazia ecclesiale” e “una preparazione all'ultimo passaggio” (n. 1520-1523).

Il sacramento dell'Unzione dei Malati può essere ricevuto varie volte nel corso della vita per malattie diverse o per differenti tappe di una stessa malattia.




Il Papa esorta i Vescovi francesi a essere araldi della famiglia

Per annunciare "con fedeltà il principio dell'indissolubilità del matrimonio"


LOURDES, lunedì, 15 settembre 2008 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha constatato questa domenica insieme ai Vescovi francesi che la crisi della famiglia è una delle preoccupazioni principali della Chiesa e ha invitato i presuli a essere araldi dell'indissolubilità del matrimonio, trattando con affetto anche i divorziati risposati.

Nel suo lungo discorso, pronunciato di fronte a più di cento Vescovi, ordinari, ausiliari ed emeriti, analizzando i punti più salienti dell'attualità ecclesiale, il Papa ha prestato particolare attenzione alla complicata situazione che riguarda la cellula fondamentale della società.

Il Pontefice ha letto questo passaggio con calma e delicatezza, manifestando sempre un'attenta comprensione nei confronti dei Vescovi per le difficoltà a cui devono far fronte nella loro opera pastorale.

"Sappiamo che la coppia e la famiglia affrontano oggi delle vere burrasche", ha affermato, sottolineando che "i fattori che hanno generato questa crisi sono ben conosciuti".

Secondo il Papa, "da vari decenni le leggi hanno relativizzato in molti Paesi la sua natura di cellula primordiale della società".

Spesso, infatti, "le leggi cercano più di adattarsi ai costumi e alle rivendicazioni di particolari individui o gruppi, che non di promuovere il bene comune della società".

"L'unione stabile di un uomo e di una donna, ordinata alla edificazione di un benessere terreno, grazie alla nascita di bambini donati da Dio, non è più, nella mente di certuni, il modello a cui l'impegno coniugale mira", ha indicato, ribadendo che "tuttavia l'esperienza insegna che la famiglia è lo zoccolo solido sul quale poggia l'intera società".

Oltre a questo, "il cristiano sa che la famiglia è anche la cellula viva della Chiesa. Più la famiglia sarà imbevuta dello spirito e dei valori del Vangelo, più la Chiesa stessa ne sarà arricchita e risponderà meglio alla sua vocazione".

Benedetto XVI ha quindi riconosciuto e incoraggiato gli sforzi dei Vescovi per sostenere le varie associazioni che operano per aiutare le famiglie e il loro attenersi "con fermezza, anche a costo di andare controcorrente, ai principi che fanno la forza e la grandezza del Sacramento del matrimonio".

"La Chiesa vuol restare indefettibilmente fedele al mandato che le ha affidato il suo Fondatore, il nostro Maestro e Signore Gesù Cristo. Essa non cessa di ripetere con Lui: 'Ciò che Dio ha unito l'uomo non lo separi!' (Mt 19,6)", ha constatato.

Per questo, "la Chiesa non si è data da sola questa missione: l'ha ricevuta".

"Certo, nessuno può negare l'esistenza di prove, a volte molto dolorose, che certi focolari attraversano - ha riconosciuto Benedetto XVI -. Sarà necessario accompagnare le famiglie in difficoltà, aiutarle a comprendere la grandezza del matrimonio, e incoraggiarle a non relativizzare la volontà di Dio e le leggi di vita che Egli ci ha dato".

"Una questione particolarmente dolorosa", ha ricordato il Papa, è quella dei divorziati risposati.

"La Chiesa, che non può opporsi alla volontà di Cristo, conserva con fedeltà il principio dell'indissolubilità del matrimonio, pur circondando del più grande affetto gli uomini e le donne che, per ragioni diverse, non giungono a rispettarlo".

Per questo, ha concluso, "non si possono dunque ammettere le iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime. L'Esortazione apostolica Familiaris consortio ha indicato il cammino aperto da un pensiero rispettoso della verità e della carità".






Benedetto XVI: non c'è nulla di più grande del sacerdozio

Incontra a Lourdes i Vescovi di Francia


LOURDES, lunedì, 15 settembre 2008 (ZENIT.org).- Incontrando questa domenica i Vescovi della Conferenza Episcopale Francese nell'Emiciclo di Santa Bernadette a Lourdes, Benedetto XVI ha ricordato il valore inestimabile del sacerdozio e ha esortato a promuovere "più che mai" le vocazioni.

"Non cessate di ridire che un uomo non può far nulla di più grande che donare ai fedeli il Corpo e il Sangue di Cristo e perdonare i peccati", ha chiesto agli oltre cento Vescovi tra ordinari, ausiliari ed emeriti presenti nel luogo in cui l'episcopato francese si riunisce abitualmente due volte all'anno.

"Non si ripeterà mai abbastanza che il sacerdozio è indispensabile alla Chiesa, nell'interesse dello stesso laicato", ha aggiunto.

Benedetto XVI ha spiegato che il presbiterato è un supporto fondamentale per il ministero episcopale, perché i Vescovi hanno bisogno di validi collaboratori per poter "realizzare efficacemente" il loro compito di guida del Popolo di Dio.

Per questo motivo, "le vocazioni sacerdotali e religiose meritano più che mai di essere incoraggiate" e vanno sostenuti "coloro che non hanno paura, come ha fatto Cristo, di invitare giovani e meno giovani a mettersi al servizio del Maestro che è qui e chiama".

A tale proposito, il Pontefice ha voluto "ringraziare calorosamente e incoraggiare tutte le famiglie, tutte le parrocchie, tutte le comunità cristiane e tutti i Movimenti di Chiesa, che sono il terreno fertile capace di dare il buon frutto delle vocazioni", esprimendo la propria riconoscenza anche "per le innumerevoli preghiere dei veri discepoli di Cristo e della sua Chiesa".

Il Vescovo e le comunità di fedeli, ha sottolineato, devono "favorire ed accogliere le vocazioni sacerdotali e religiose, poggiando sulla grazia che dona lo Spirito Santo in vista di porre in atto il discernimento necessario".

Considerando che "i sacerdoti sono un dono di Dio per la Chiesa" e, come affermò Sant'Ignazio di Antiochia nella Lettera ai cristiani di Magnesia, "la corona spirituale del Vescovo", il Papa ha affidato ai presuli l'incarico di "perseverare con ogni premura" nell'aiutarli "a vivere in intima unione con Cristo".

"La loro vita spirituale è il fondamento della loro vita apostolica. Li esorterete pertanto con dolcezza alla preghiera quotidiana e alla degna celebrazione dei Sacramenti, soprattutto dell'Eucaristia e della Riconciliazione, come faceva san Francesco di Sales con i suoi preti".

"Cercate di essere attenti alla loro formazione umana, intellettuale e spirituale, come anche ai loro mezzi di sussistenza - ha chiesto ai Vescovi francesi -. Sforzatevi, nonostante il carico delle vostre pesanti occupazioni, di incontrarli regolarmente e sappiate riceverli come dei fratelli ed amici".

"I sacerdoti hanno bisogno del vostro affetto, del vostro incoraggiamento e della vostra sollecitudine".

"Un'attenzione particolare" è stata richiesta dal Papa nei confronti dei presbiteri "che sono in difficoltà, malati o anziani", perché "nessuno è di troppo nella Chiesa" e "ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire 'a casa sua', e mai rifiutato".

"Ogni sacerdote - ha affermato - deve potersi sentire felice di servire la Chiesa".






Perché Lourdes continua ad attirare le folle

Una giornalista e scrittrice condivide il suo pensiero


di Karna Swanson

COLUMBUS (Ohio, Stati Uniti), lunedì, 15 settembre 2008 (ZENIT.org).- Il mondo odierno potrebbe imparare molto dalla veggente Bernadette Soubirous di Lourdes, afferma l'autrice di un nuovo libro sulle apparizioni mariane alla ragazza francese.

Elizabeth Ficocelli, giornalista e autrice di “Lourdes: Font of Faith, Hope and Charity” (Lourdes: Fonte di Fede, Speranza e Carità) (Paulist Press), ha confessato la sua speranza che Benedetto XVI presenti al mondo l'esempio della Santa durante la sua visita a Lourdes, da questo sabato al 15 settembre.

In questa intervista concessa a ZENIT, la Ficocelli commenta le ragioni per le quali è in continuo aumento la popolarità di questa meta di pellegrinaggi, racconta la sua esperienza personale a Lourdes e confessa ciò che spera che il Papa sottolinei nel corso della sua visita.

Cosa attira di Lourdes, soprattutto per quanto riguarda gli stranieri che la visitano?

Ficocelli: Ci sono molti fattori che attirano la gente a Lourdes, anche a costo di attraversare oceani e continenti. Sicuramente si spera nei miracoli fisici, com'è avvenuto fin dai primi giorni delle apparizioni. Ciò si evidenzia nel numero di pellegrini malati e handicappati a livello fisico che visitano ogni anno la cappella provenendo da ogni parte del mondo – più di 70.000 – e nei 100.000 volontari che viaggiano con loro per assisterli durante il loro pellegrinaggio.

Meno visibili, ma non per questo meno importanti, sono i pellegrini che vanno a Lourdes sperando in una guarigione mentale ed emotiva. Questo può includere il fatto di guarire dalla depressione, dalla malattia bipolare e dalle dipendenze di ogni tipo.

Ovviamente, la gente si sente attratta da Lourdes anche per ragioni spirituali. Alcuni vengono per ringraziare per le grazie che hanno ricevuto, altri per rispetto per la Madonna e per i messaggi di preghiera e penitenza che ha lanciato nella grotta.

Molti pellegrini di Lourdes – me compresa – sono rimasti sorpresi dalla conversione spirituale che si sperimenta nel santuario in momenti commoventi come la partecipazione alle processioni, l'immersione o una confessione profonda e sentita.

Lei ha avuto la possibilità di parlare con alcuni dei personaggi chiave di Lourdes. Come è avvenuto e in cosa ha aiutato il suo libro?

Ficocelli: Devo ringraziare Dio per ogni aspetto di questo libro, dall'invito a scriverlo alla mia esperienza di pellegrinaggio e all'accesso davvero senza precedenti. Sono stata a Lourdes con personaggi fondamentali. Marlene Watkins è stata la prima porta importante che Dio mi ha aperto. Questa “veterana” di Lourdes mi ha presentato padre Regis-Marie de La Teyssonniere, una fonte inestimabile.
Padre Regis-Marie è stato padre generale a Lourdes per 10 anni. E' uno dei massimi esperti, scrittore e conferenziere delle apparizioni, secondo solo al grande teologo mariano padre René Laurentin. Per mia fortuna, padre Regis-Marie parlava inglese. Si è offerto molto gentilmente di rivedere il mio manoscritto per evitare qualunque inesattezza nel racconto della storia delle apparizioni. Ha anche ottenuto per me interviste con alcune importanti figure del santuario, come il Vescovo di Tarbes e Lourdes, monsignor Jacques Perrier; padre Patrick-Louis Desprez, cappellano generale; il dottor Patrick Theillier, direttore medico, Gabriel Barbry, ex responsabile dell'accoglienza; Philippe Tardy-Joubert, coordinatore della Conferenza dell'Ospitalità Internazionale; padre Raymond Zambelli, rettore; Pierre Adias, direttore di comunicazione, e numerosi cappellani, volontari e altri ancora.

Queste affascinanti interviste mi hanno permesso di presentare un punto di vista unico del santuario oggi e della sua importanza per il futuro. In particolare, ho potuto analizzare per i miei lettori il complesso processo di autenticazione dei miracoli di Lourdes, la potente conversione spirituale che ha luogo ogni giorno nei confessionali, come testimoniano i cappellani, la rete ineguagliabile di volontari del santuario e l'effetto notevole su tutti i pellegrini, i ricordi personali dei testimoni delle storiche visite di Papa Giovanni Paolo II a Lourdes, come il santuario sia qualificato e preparato per contribuire agli sforzi della Chiesa universale per evangelizzare il mondo.

In quali false idee sul santuario si è imbattuta nel corso delle sue ricerche per scrivere questo libro?

Ficocelli: Ci sono dei cattolici che vorrebbero catalogare Lourdes come una “spiritualità pre-Vaticano II” - in altre parole, qualcosa di pittoresco e che forse sa di superstizione, ma che in realtà non ha rilevanza per il mondo moderno.

Ho constatato che niente potrebbe essere più lontano dalla realtà. La mia esperienza al momento di effettuare le ricerche e di scrivere questo libro mi ha convinto del fatto che Lourdes è un importante centro del cattolicesimo, un luogo in cui la nostra fede è viva, vibrante e attraente per le persone di ogni età, stile di vita e anche credo religioso.

Ad esempio, se la propria idea di Lourdes è quella di un luogo per piccole signore anziane che sgranano rosari, si rimarrà sorpresi dalla presenza dei giovani che visitano il santuario e vi lavorano. Lourdes è una calamita per i giovani di tutto il mondo. Si possono davvero identificare con Bernadette Soubirous, che al momento delle apparizioni aveva 14 anni.

Bernadette è un'icona per i giovani cattolici, che possono essere anche strumenti potenti per cambiare il mondo quando dicono “sì” a Dio. I giovani non solo sono i benvenuti nel santuario, ma sono anche necessari, perché molti degli incarichi come volontari richiedono la forza fisica, il vigore e l'esuberanza tipici dei giovani.

In secondo luogo, Lourdes non è un fenomeno meramente cattolico. E' certo che la gran parte dei pellegrini è di fede cattolica, ma il santuario attira anche protestanti, musulmani e buddisti – anche lo stesso Dalai Lama –, che considerano Lourdes un importante centro spirituale per il mondo odierno. Si sa che giungono al santuario anche persone atee, la maggior parte per curiosità, per cercare di comprendere la potente forza d'attrazione esercitata dai luoghi di questo tipo. Molte persone si sono convertite in seguito alla loro esperienza positiva a Lourdes.

Lourdes ha infine una grande importanza non solo per l'attualità, ma anche per il futuro della nostra Chiesa. Non è, insiste monsignor Jacques Perrier, un museo storico per commemorare un evento del passato, ma un santuario vivo che continua a condurre la gente verso una spiritualità più profonda. E' per questo che ho lavorato intensamente con i leader delle organizzazioni di pellegrinaggi di tutta Europa per discernere le aree specifiche in cui Lourdes può offrire alla Chiesa universale idee ed esperienza. Queste aree includono la missione della Chiesa con i malati, gli handicappati, i giovani, la pace, Maria, la promozione dell'Eucaristia, il servizio al prossimo, agli emarginati, alle Nazioni, l'unità dei cristiani e il dialogo interreligioso.
Sembra ci siano state delle conversazioni per proporre una nuovo modo di giudicare i miracoli che si verificano nel santuario. Può spiegarci meglio?

Ficocelli: Da quando hanno avuto luogo le apparizioni, 150 anni fa, milioni di persone hanno visitato Lourdes. Generazioni di persone hanno dato credito ai risultati miracolosi del santuario e delle sue acque guaritrici. Però se si guarda al numero dei miracoli approvati dalla Chiesa, si vede una storia diversa. Sono solamente 67. Come mai così pochi?

Secondo il dottor Patrick Theillier, Direttore medico a Lourdes, questa disparità è il risultato di tre fattori. In primo luogo, i criteri utilizzati per valutare i miracoli – gli stessi criteri utilizzati oggi per dichiarare autentici i miracoli nel processo canonico – furono stabiliti nel 1734. Questi criteri escludono le guarigioni spirituali e psicologiche, poiché non possono essere misurate da un punto di vista scientifico. Ciò elimina automaticamente un significativo numero di guarigioni a Lourdes

In secondo luogo, non tutti i pellegrini che guariscono improvvisamente si sottopongono al lungo e intenso processo di esame richiesto per l'autenticazione della guarigione – o alla pubblicità che normalmente l'accompagna. Ci si attende, per esempio, che colui che è guarito inspiegabilmente torni all'ufficio medico di Lourdes alcune volte nel corso di cinque o più anni per provare che la guarigione è avvenuta in maniera permanente. Questo semplicemente non è possibile per tute le persone, specialmente per quelle che vengono da molto lontano.

In terzo luogo, il processo richiede il consenso e la cooperazione del personale medico di origine dell'individuo e, cosa più importante, del suo Vescovo. In alcune occasioni, medici e Vescovi non vogliono o non possono farsi coinvolgere in questi temi. Secondo il dottor Theillier, ci sono più di 7.000 dossier riguardanti guarigioni scientificamente inspiegabili nell'archivio dell'uficio medico ai quali mancano alcuni requisiti che gli consentano di arrivare alla fase finale prima di essere considerati miracolosi.

Affinché Lordes possa presentare al mondo una immagine più equilibrata di ciò che avviene attualmetne nel santuario, il Vescovo e il direttore medico hanno fatto appello a Roma. La loro intenzione non è quella di cambiare il modo in cui la Chiesa riconosce l'autenticità dei miracoli. Cercano, per meglio dire, di creare una nuova categoria di “guarigioni autentiche”.

La nuova categoria non ridurrà in alcun modo il rigore del processo di valutazione. Continuerà ad essere necessario l'accertamento medico della grave situazione della persona e del cambiamento occorso in maniera inspiegabile dal punto di vista scientifico. Verrà offerta, tuttavia, per la prima volta la possibilità di valutare i benefici spirituali delle guarigioni e permetterà alle persone di testimoniare la loro guarigione e conversione spirituale nelle loro parrocchie, una prassi attulmente non approvata dalla Chiesa.

Un altro importante passo è che Lourdes, attraverso il suo Comitato Medico Internazionale che si riunisce annualmente a Parigi, sta riflettendo seriamente di considerare anche le guarigioni legate a infermità psicologiche e mentali, e sul modo di valutarle e presentarle.



[Adattamento di Mirko Testa. Traduzione di Roberta Sciamplicotti]





Un tempo propizio per ritornare a Dio

Il Direttore de “L'Osservatore Romano” sul viaggio in Francia del Papa


CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 15 settembre 2008 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l'editoriale di Gian Maria Vian apparso su “L'Osservatore Romano” (15-16 settembre 2008) a commento della recente visita del Papa in Francia, in occasione dei 150 anni delle apparizioni della Vergine a Lourdes.



* * *

Benedetto xvi è convinto che i tempi sono propizi per un ritorno a Dio, e il suo viaggio in Francia è stata una nuova occasione per ripetere questa sua convinzione. Ai cattolici, in primo luogo, ma, al di là dei confini visibili della Chiesa, anche agli altri cristiani, ai credenti di religioni diverse, a quanti non si riconoscono in alcuna di esse. E questa fiducia il Papa ha ripetuto sin dal suo arrivo a Parigi, e poi nei giorni che ha trascorso a Lourdes, secondo elemento di questo dittico francese. E qui ha detto di essere venuto come un pellegrino tra i tanti, tantissimi che vi si affollano in questo anno che celebra il secolo e mezzo di uno dei fenomeni più toccanti della modernità di Maria. A mostrare l'urgenza di Dio che dal cuore dell'Ottocento ha poi attraversato tutti i drammi e le tragedie della contemporaneità novecentesca e resta un segno, forse trascurato dalla disattenzione mediatica ma non per questo meno reale, per chi sa guardare al di là delle apparenze.

E non è stato certo un caso che proprio qui — dove, in modo speciale, la più alta tra le creature persuade donne e uomini innumerevoli a rivolgere il loro cuore a Dio, come Benedetto xvi ha sottolineato nelle sue meditazioni e omelie, nelle quali ha parlato in modo nuovo del tema della luce o del sorriso di Maria — il vescovo di Roma abbia voluto incontrare i vescovi di Francia, per incoraggiare il loro servizio, certo non facile, ai cattolici e a tutto il Paese. Dimostrando di condividere le loro preoccupazioni, assunte in nome di Cristo stesso: per la trasmissione della fede, per le vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa, per la liturgia che non deve essere segno di divisione o di frattura con la tradizione autentica, per il sostegno alla famiglia finalizzato senza esclusività al bene dell'intera società, per una nuova collaborazione con la comunità politica grazie anche alla disponibilità coraggiosa e cordiale dimostrata dal presidente francese con l'insistenza sulla «laicità positiva», per approfondire infine la conoscenza e il confronto con gli altri credenti.

Proprio la conferma di questa apertura nei confronti dei cristiani di altre confessioni e delle diverse religioni è stato un segno non appariscente ma importante di questo viaggio francese, grazie anche alla partecipazione di molti non cattolici e non cristiani a diversi momenti della visita papale. In questo senso, rilevanti sono stati l'incontro con alcuni rappresentanti della comunità ebraica (la più numerosa d'Europa) — durante il quale il Papa ha confermato, in continuità con l'insegnamento di Pio xi e con l'opera di Pio xii, il legame con l'ebraismo e il rifiuto radicale dell'antisemitismo — e il discorso al mondo della cultura, alla presenza anche di autorevoli esponenti musulmani, dove Benedetto xvi ha ribadito, grazie a un testo che resterà fondamentale, la dimensione profondamente umana, e quindi la necessità, della ricerca di Dio.

Nel sessantesimo dello sbarco in Normandia Joseph Ratzinger aveva partecipato, come decano del collegio cardinalizio, alle solenni celebrazioni della liberazione della Francia. Tornato oggi come Romano Pontefice in un Paese al quale si sente particolarmente legato, ha voluto affermare senza timidezze che è venuto il momento di operare in vista di una vera liberazione spirituale. Con una consegna che Benedetto xvi lascia ai cattolici e a tutti i cittadini francesi, ma che è rivolta a ogni donna e uomo del nostro tempo. Un tempo propizio per ritornare a Dio.

g. m. v






Discorso del Papa all'aeroporto di Tarbes-Lourdes-Pyrénées

LOURDES, lunedì, 15 settembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato questo lunedì da Benedetto XVI in occasione della cerimonia di congedo all'aeroporto di Tarbes-Lourdes-Pyrénées prima di far ritorno a Roma.






* * *

Signor Primo Ministro,

cari Fratelli Cardinali e Vescovi,

Autorità civili e politiche presenti,

Signore, Signori!

Nel momento di lasciare – non senza rincrescimento – il suolo di Francia, vi sono molto grato per essere venuti a salutarmi, offrendomi così l’occasione di esprimere ancora una volta quanto questo viaggio nel vostro Paese abbia rallegrato il mio cuore. Attraverso di Lei, Signor Primo Ministro, saluto il Signor Presidente della Repubblica e tutti i membri del Governo, così come le Autorità civili e militari, che non hanno risparmiato gli sforzi per contribuire al regolare svolgimento di queste giornate di grazia. Desidero esprimere la mia sincera gratitudine ai miei Fratelli nell’Episcopato, al Cardinal Vingt-Trois e a Mons. Perrier in particolare, così come a tutti i membri e al personale della Conferenza dei Vescovi di Francia. È cosa buona ritrovarsi tra fratelli. Ringrazio anche calorosamente i Signori Sindaci e i Consigli comunali di Parigi e di Lourdes. Non dimentico le Forze dell’Ordine e gli innumerevoli volontari che hanno messo a disposizione il loro tempo e la loro competenza. Tutti hanno lavorato con dedizione e slancio per la buona riuscita dei miei quattro giorni nel vostro Paese. Grazie di cuore. Il mio viaggio è stato come un dittico, il cui primo pannello è stata Parigi, città che io conosco piuttosto bene e luogo di molteplici incontri importanti. Ho avuto l’opportunità di celebrare l’Eucaristia nel contesto prestigioso della Spianata degli Invalidi.

Vi ho incontrato un popolo vivo di fedeli, fieri e forti della loro fede, che sono venuto ad incoraggiare perché perseverino decisamente nel vivere gli insegnamenti di Cristo e della sua Chiesa. Ho potuto anche celebrare i Vespri con i sacerdoti, con i religiosi e le religiose e con i seminaristi. Ho voluto confermarli nella loro vocazione al servizio di Dio e del prossimo. Ho passato pure un momento, troppo breve ma veramente intenso, con i giovani sul sagrato di Notre-Dame. Il loro entusiasmo e il loro affetto mi sono di conforto. Come non ricordare anche il prestigioso incontro con il mondo della cultura presso l’Institut de France e i Bernardins? Come sapete, io ritengo che la cultura e i suoi interpreti siano un tramite privilegiato nel dialogo tra la fede e la ragione, tra Dio e l’uomo. Il secondo pannello del dittico è stato un luogo emblematico, che attira ed affascina ogni credente: Lourdes è come una luce nell’oscurità del nostro brancolare verso Dio. Maria vi ha aperto una porta verso un al-di-là che ci interroga e ci seduce. Maria, porta caeli ! Mi sono messo alla sua scuola durante questi tre giorni. Il Papa aveva il dovere di venire a Lourdes per celebrarvi il 150° anniversario delle Apparizioni. Davanti alla Grotta di Massabielle ho pregato per tutti voi.

Ho pregato per la Chiesa. Ho pregato per la Francia e per il mondo. Le due Eucaristie celebrate a Lourdes mi hanno permesso di unirmi ai fedeli pellegrini. Divenuto uno di loro, ho seguito l’insieme delle quattro tappe del cammino del Giubileo, visitando la chiesa parrocchiale, poi il cachot e la Grotta, e infine la cappella dell’Ospizio. Ho anche pregato con e per i malati che vengono a cercare sollievo fisico e speranza spirituale. Dio non li dimentica, e la Chiesa neppure. Come ogni fedele in pellegrinaggio, ho voluto partecipare alla processione “aux flambeaux” e alla processione eucaristica. Esse fanno salire verso Dio suppliche e lodi. Lourdes è anche il luogo in cui si incontrano regolarmente i Vescovi di Francia per pregare insieme e per celebrare l’Eucaristia, riflettere e scambiarsi idee sulla loro missione di pastori. Ho voluto condividere con loro la mia convinzione che i tempi siano favorevoli a un ritorno a Dio. Signor Primo Ministro, Fratelli Vescovi e cari amici, che Dio benedica la Francia! Che sul suo suolo regni l’armonia e il progresso umano e che la Chiesa vi sia come lievito nella pasta per indicare con saggezza e senza timore, secondo il suo dovere, chi è Dio! È giunto il momento di lasciarvi. Potrò tornare ancora nel vostro bel Paese? Ne ho il desiderio, un desiderio tuttavia che affido a Dio. Da Roma vi resterò vicino e quando sosterò davanti alla riproduzione della Grotta di Lourdes, che da oltre un secolo si trova nei Giardini Vaticani, penserò a voi. Che Dio vi benedica! Grazie!


[Traduzione del testo in francese distribuita dalla Santa Sede. Aggiunte a braccio a cura di ZENIT

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana]






Omelia di Benedetto XVI nella Messa con i malati a Lourdes

Maria con il suo sorriso mostra la dignità che mai li abbandona


LOURDES, lunedì, 15 settembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'omelia pronunciata questo lunedì da Benedetto XVI nel presiedere la Santa Mesa con i malati nel piazzale del Rosario di Lourdes.



* * *

Cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari malati, cari accompagnatori e infermieri,
cari fratelli e sorelle!

Abbiamo celebrato ieri la Croce di Cristo, strumento della nostra salvezza, che ci rivela in pienezza la misericordia del nostro Dio. La Croce è, in effetti, il luogo in cui si manifesta in modo perfetto la compassione di Dio per il nostro mondo. Oggi, celebrando la memoria della Beata Vergine Addolorata, contempliamo Maria che condivide la compassione del Figlio per i peccatori. Come affermava san Bernardo, la Madre di Cristo è entrata nella Passione del Figlio mediante la sua
compassione (cfr Omelia per la Domenica nell’Ottava dell’Assunzione). Ai piedi della Croce si realizza la profezia di Simeone: il suo cuore di Madre è trafitto (cfr Lc 2,35) dal supplizio inflitto all’Innocente, nato dalla sua carne. Come Gesù ha pianto (cfr Gv 11,35), così anche Maria ha certamente pianto davanti al corpo torturato del Figlio. La sua riservatezza, tuttavia, ci impedisce di misurare l’abisso del suo dolore; la profondità di questa afflizione è soltanto suggerita dal simbolo tradizionale delle sette spade. Come per il suo Figlio Gesù, è possibile affermare che questa sofferenza ha portato anche lei alla perfezione (cfr Eb 2, 10), così da renderla capace di accogliere la nuova missione spirituale che il Figlio le affida immediatamente prima di “emettere lo spirito” (cfr Gv 19,30): divenire la Madre di Cristo nelle sue membra. In quest’ora, attraverso la figura del discepolo amato, Gesù presenta ciascuno dei suoi discepoli alla Madre dicendole: “Ecco tuo figlio” (cfr Gv 19, 26-27).

Maria è oggi nella gioia e nella gloria della Risurrezione. Le lacrime versate ai piedi della Croce si sono trasformate in un sorriso che nulla ormai spegnerà, pur rimanendo intatta la sua compassione materna verso di noi. L’intervento soccorrevole della Vergine Maria nel corso della storia lo attesta e non cessa di suscitare verso di lei, nel Popolo di Dio, una confidenza incrollabile: la preghiera del Memorare (“Ricordati”) esprime molto bene questo sentimento. Maria ama ciascuno dei suoi figli, concentrando in particolare la sua attenzione su coloro che, come il Figlio suo nell’ora della Passione, sono in preda alla sofferenza; li ama semplicemente perché sono suoi figli, secondo la volontà di Cristo sulla Croce. Il Salmista, intravedendo da lontano questo legame materno che unisce la Madre di Cristo e il popolo credente, profetizza a riguardo della Vergine Maria: “i più ricchi del popolo cercheranno il tuo sorriso” (Sal 44,13). Così, sollecitati dalla Parola ispirata della Scrittura, i cristiani da sempre hanno cercato il sorriso di Nostra Signora, quel sorriso che gli artisti, nel Medioevo, hanno saputo così prodigiosamente rappresentare e valorizzare. Questo sorriso di Maria è per tutti: esso tuttavia si indirizza in modo speciale verso coloro che soffrono, affinché in esso possano trovare conforto e sollievo.

Cercare il sorriso di Maria non è questione di sentimentalismo devoto o antiquato; è piuttosto la giusta espressione della relazione viva e profondamente umana che ci lega a Colei che Cristo ci ha donato come Madre. Desiderare di contemplare questo sorriso della Vergine non è affatto un lasciarsi dominare da una immaginazione incontrollata. La Scrittura stessa ci svela tale sorriso sulle labbra di Maria quando ella canta il Magnificat: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore” (Lc 1,46-47). Quando la Vergine Maria rende grazie al Signore, ci prende a suoi testimoni. Maria condivide, come per anticipazione, con i futuri figli che siamo noi la gioia che abita nel suo cuore, affinché tale gioia diventi anche nostra. Ogni proclamazione del Magnificat fa di noi dei testimoni del suo sorriso. Qui a Lourdes, nel corso dell’apparizione del 3 marzo 1858, Bernadette contemplò in maniera del tutto speciale questo sorriso di Maria. Fu questa la prima risposta che la Bella Signora diede alla giovane veggente che voleva conoscere la sua identità. Prima di presentarsi a lei, qualche giorno dopo, come “l’Immacolata Concezione”, Maria le fece conoscere innanzitutto il suo sorriso, quasi fosse questa la porta d’accesso più appropriata alla rivelazione del suo mistero. Nel sorriso della più eminente fra tutte le creature, a noi rivolta, si riflette la nostra dignità di figli di Dio, una dignità che non abbandona mai chi è malato. Quel sorriso, vero riflesso della tenerezza di Dio, è la sorgente di una speranza invincibile. Lo sappiamo purtroppo: la sofferenza prolungata rompe gli equilibri meglio consolidati di una vita, scuote le più ferme certezze della fiducia e giunge a volte a far addirittura disperare del senso e del valore della vita. Vi sono combattimenti che l’uomo non può sostenere da solo, senza l’aiuto della grazia divina. Quando la parola non sa più trovare espressioni adeguate, s’afferma il bisogno di una presenza amorevole: cerchiamo allora la vicinanza non soltanto di coloro che condividono il nostro stesso sangue o che ci sono legati con i vincoli dell’amicizia, ma la vicinanza anche di coloro che ci sono intimi per il legame della fede. Chi potrebbe esserci più intimo di Cristo e della sua santa Madre, l’Immacolata? Più di chiunque altro, essi sono capaci di comprenderci e di cogliere la durezza del combattimento ingaggiato contro il male e la sofferenza. La Lettera agli Ebrei afferma, a proposito di Cristo, che egli non è incapace di “compatire le nostre debolezze, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa”(Eb 4,15).Vorrei dire, umilmente, a coloro che soffrono e a coloro che lottano e sono tentati di voltare le spalle alla vita: volgetevi a Maria! Nel sorriso della Vergine si trova misteriosamente nascosta la forza per proseguire il combattimento contro la malattia e in favore della vita. Presso di lei si trova ugualmente la grazia di accettare senza paura né amarezza il congedo da questo mondo, nell’ora voluta da Dio.

Quanto era giusta l’intuizione di quella bella figura spirituale francese che fu Dom Jean-Baptiste Chautard, il quale ne L’anima di ogni apostolato proponeva al cristiano fervoroso frequenti “incontri di sguardo con la Vergine Maria” ! Sì, cercare il sorriso della Vergine Maria non è un pio infantilismo; è l’ispirazione, dice il Salmo 44, di coloro che sono “i più ricchi del popolo”(v. 13). “I più ricchi”, s’intende, nell’ordine della fede, coloro che hanno la maturità spirituale più elevata e sanno per questo riconoscere la loro debolezza e la loro povertà davanti a Dio. In quella manifestazione molto semplice di tenerezza che è il sorriso, percepiamo che la nostra unica ricchezza è l’amore che Dio ha per noi e che passa attraverso il cuore di colei che è diventata nostra Madre. Cercare questo sorriso significa innanzitutto cogliere la gratuità dell’amore; significa pure saper suscitare questo sorriso col nostro impegno di vivere secondo la parola del suo Figlio diletto, così come il bambino cerca di suscitare il sorriso della madre facendo ciò che a lei piace. E noi sappiamo ciò che piace a Maria grazie alle parole che lei stessa rivolse ai servi di Cana: “Fate quello che vi dirà” (cfr Gv 2,5).

Il sorriso di Maria è una sorgente di acqua viva. “Chi crede in me, ha detto Gesù, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7,38). Maria è colei che ha creduto e, dal suo seno, sono sgorgati fiumi d’acqua viva che vengono ad irrigare la storia degli uomini. La sorgente indicata, qui a Lourdes, da Maria a Bernadette è l’umile segno di questa realtà spirituale. Dal suo cuore di credente e di madre sgorga un’acqua viva che purifica e guarisce. Immergendosi nelle piscine di Lourdes, quanti sono coloro che hanno scoperto e sperimentato la dolce maternità della Vergine Maria, attaccandosi a lei per meglio attaccarsi al Signore! Nella sequenza liturgica di questa festa della Beata Vergine Addolorata, Maria è onorata sotto il titolo di “Fons amoris”, “Sorgente d’amore”. Dal cuore di Maria scaturisce, in effetti, un amore gratuito che suscita una risposta filiale, chiamata ad affinarsi senza posa. Come ogni madre, e meglio di ogni madre, Maria è l’educatrice dell’amore. E’ per questo che tanti malati vengono qui, a Lourdes, per dissetarsi a questa “Sorgente d’amore” e per lasciarsi condurre all’unica sorgente della salvezza, il Figlio suo, Gesù Salvatore. Cristo dispensa la sua salvezza attraverso i Sacramenti e, in modo speciale, alle persone che soffrono di malattie o che sono portatrici di un handicap, attraverso la grazia dell’Unzione degli infermi. Per ciascuno la sofferenza è sempre una straniera. La sua presenza non è mai addomesticabile. Per questo è difficile sopportarla, e più difficile ancora – come hanno fatto certi grandi testimoni della santità di Cristo – accoglierla come parte integrante della propria vocazione, o accettare, secondo l’espressione di Bernadette, di “tutto soffrire in silenzio per piacere a Gesù” Per poter dire ciò è necessario aver già percorso un lungo cammino in unione con Gesù. In compenso, è possibile già subito rimettersi alla misericordia di Dio così come essa si manifesta mediante la grazia del Sacramento dei malati. Bernadette stessa, nel corso di un’esistenza spesso segnata dalla malattia, ricevette questo Sacramento quattro volte. La grazia propria del Sacramento consiste nell’accogliere in sé Cristo medico. Cristo tuttavia non è medico alla maniera del mondo. Per guarirci, egli non resta fuori della sofferenza che si sperimenta; la allevia venendo ad abitare in colui che è colpito dalla malattia, per sopportarla e viverla con lui. La presenza di Cristo viene a rompere l’isolamento che il dolore provoca. L’uomo non porta più da solo la sua prova ma, in quanto membro sofferente di Cristo, viene conformato a Lui che si offre al Padre, e in Lui partecipa al parto della nuova creazione.

Senza l’aiuto del Signore, il giogo della malattia e della sofferenza è crudelmente pesante. Nel ricevere il Sacramento dei malati, noi non desideriamo portare altro giogo che quello di Cristo, forti della promessa che Egli ci ha fatto, che cioè il suo giogo sarà facile da portare e il suo peso leggero (cfr Mt 11,30). Invito le persone che riceveranno l’Unzione dei malati nel corso di questa Messa a entrare in una simile speranza. Il Concilio Vaticano II ha presentato Maria come la figura nella quale è riassunto tutto il mistero della Chiesa (cfr LG, 63-65). La sua vicenda personale ripropone il profilo della Chiesa, che è invitata ad essere attenta quanto lei alle persone che soffrono. Rivolgo un saluto affettuoso ai componenti del Servizio sanitario e infermieristico, come pure a tutte le persone che, a titoli diversi, negli ospedali e in altre istituzioni, contribuiscono alla cura dei malati con competenza e generosità. Ugualmente al personale di accoglienza, ai barellieri e agli accompagnatori che, provenendo da tutte le diocesi di Francia ed anche da più lontano, si prodigano lungo tutto l’anno intorno ai malati che vengono in pellegrinaggio a Lourdes, vorrei dire quanto il loro servizio è prezioso. Essi sono le braccia della Chiesa, umile serva. Desidero infine incoraggiare coloro che, in nome della loro fede, accolgono e visitano i malati, in particolare nelle cappellanie degli ospedali, nelle parrocchie o, come qui, nei santuari. Possiate sentire sempre in questa importante e delicata missione il sostegno efficace e fraterno delle vostre comunità! E, in questo senso, saluto e ringrazio in modo particolare anche i miei Fratelli nell'Episcopato, i Vescovi francesi, i Vescovi stranieri e i sacerdoti, poiché tutti loro sono accompagnatori dei malati e degli uomini nella sofferenza di questo mondo. Grazie per il vostro servizio al Signore che soffre! Il servizio di carità che voi rendete è un servizio mariano. Maria vi affida il suo sorriso, affinché diventiate voi stessi, nella fedeltà al Figlio suo, sorgenti di acqua viva. Quello che voi fate, lo fate a nome della Chiesa, di cui Maria è l’immagine più pura. Possiate voi portare il suo sorriso a tutti!

Concludendo, desidero unirmi alla preghiera dei pellegrini e dei malati e riprendere insieme con voi uno stralcio della preghiera a Maria per la celebrazione di questo Giubileo: “Poiché tu sei il sorriso di Dio, il riflesso della luce di Cristo, la dimora dello Spirito Santo, poiché tu hai scelto Bernadette nella sua miseria, tu che sei la stella del mattino, la porta del cielo e la prima creatura risorta, Nostra Signora di Lourdes”, con i nostri fratelli e le nostre sorelle i cui cuori e i cui corpi sono dolenti, noi ti preghiamo!

[© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana]


www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?vaiflv=0000473.flv&vaiserver=A&vai=ctv_frame00473.jpg&var1=15/09/2008&var2=CTV&var3=Benedetto%20XVI:%20collaborazione%20tra%20Stato%20e%20Chiesa%20in%20Francia&settimana=38&anno_perlinknav=2008&dal=14/09&...

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+PetaloNero+
00martedì 16 settembre 2008 14:58
Il Papa ha concluso il viaggio pastorale in Francia: "I tempi sono favorevoli per un ritorno a Dio"


Benedetto XVI ha concluso ieri il suo viaggio pastorale in Francia, compiuto in occasione dei 150 anni dalle apparizioni della Vergine a Lourdes. La cerimonia di congedo si è svolta all'aeroporto di Tarbes-Lourdes, presente il premier francese Fillon. Il Papa è rientrato nel primo pomeriggio nella sua residenza di Castel Gandolfo. Sulla cerimonia di congedo il servizio della nostra inviata Francesca Sabatinelli:

Un dittico: è così che Benedetto XVI, lasciando la Francia, ha definito questo suo decimo viaggio internazionale che lo ha portato a Parigi e a Lourdes. Nel saluto alle autorità, alla partenza, ha ripercorso le tappe di questa visita pastorale, sottolineandone uno degli obiettivi: “Incoraggiare il popolo di fedeli, fieri e forti della loro fede, affinché perseverino decisamente nel vivere gli insegnamenti di Cristo e della sua Chiesa”. Nella capitale lo ha fatto con la Messa all’Esplanade des Invalides, durante i suoi incontri con i giovani, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi, così come con il mondo della cultura, i cui interpreti, ha spiegato, “sono un tramite privilegiato nel dialogo tra la fede e la ragione, tra Dio e l’uomo”. E da Parigi a Lourdes, secondo pannello del dittico, per la ragione principale di questo viaggio, il 150mo anniversario delle apparizioni della Vergine a Bernadette Soubirous. “Lourdes è come una luce nell’oscurità del nostro brancolare verso Dio – ha detto – Maria vi ha aperto una porta verso un al-di-là che ci interroga e ci seduce”. E il Papa “per tre giorni si è messo alla sua scuola”:

"Le Pape se devait de venir à Lourdes pour célébrer le 150e anniversaire...
Il Papa aveva il dovere di venire a Lourdes per celebrarvi il 150mo delle apparizioni. Davanti alla grotta di Massabielle ho pregato per tutti voi. Ho pregato per la Chiesa. Ho pregato per la Francia e per il mondo".

Il Papa a Lourdes si è fatto pellegrino celebrando due Eucaristie, partecipando alla processione aux flambeaux e alla processione eucaristica, seguendo le quattro tappe del cammino del Giubileo. Ha pregato con e per i malati “che vengono a cercare sollievo fisico e speranza spirituale”, ha incontrato i vescovi del Paese per “riflettere e scambiare idee sulla loro missione di pastori”, e per condividere con loro la sua “convinzione che i tempi siano favorevoli a un ritorno a Dio”. Benedetto XVI ha quindi salutato i fedeli francesi, sottolineando come anche da Roma continuerà a star loro vicino:

"Lorsque je m'arrêterai devant la réplique de la Grotte de Lourdes ...
Quando sosterò davanti alla riproduzione della Grotta di Lourdes, che da oltre un secolo si trova nei Giardini Vaticani, penserò a voi".


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+PetaloNero+
00martedì 16 settembre 2008 14:59
Il cardinale Tauran: un successo il viaggio del Papa in Francia


Benedetto XVI è rientrato ieri pomeriggio nella sua residenza di Castel Gandolfo a conclusione della visita pastorale in Francia compiuta in occasione del 150.mo anniversario delle apparizioni di Lourdes. Un viaggio molto intenso: ma che bilancio fare? Romilda Ferrauto lo ha chiesto al cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso:
R. – C’est un bilan extrêmement positif…
Il bilancio è assolutamente positivo. Intanto, mi ha colpito molto la confidenza tra questo Papa e la gioventù: il Santo Padre ha suscitato un grande entusiasmo quando, in particolare, ha affidato loro i suoi due tesori, la Croce e lo Spirito Santo, è stato molto coraggioso da parte sua ed è stato commovente vedere la risposta. Il Papa ha visto la Chiesa di Francia così com’è, e dall’altro canto, la Francia ha visto chi è questo Papa. Qualcosa di nuovo è apparso davanti agli occhi di tutti: una comunità cattolica in Francia molto viva, che non ha paura di mostrarsi così com’è, che è serena di fronte alle difficoltà. Poi, c’è un'altra cosa che mi ha molto colpito ed è stata l’alta qualità delle liturgie, soprattutto quella di Parigi, che penso sia stata praticamente perfetta, e questo dimostra che si sta facendo il meglio in materia di liturgia dopo il Concilio.

D. – Era stato detto che sarebbe stato un viaggio difficile, la Francia è un Paese secolarizzato, i vescovi hanno grandi preoccupazioni a livello pastorale, Benedetto XVI non era ben conosciuto dai francesi che avevano anche dei pregiudizi nei suoi riguardi … Ora, tirando le somme, una gran parte della stampa francese parla di successo. Lei condivide questa impressione?

R. – Oui. Oui, je pense oui, effectivement. D’ailleurs, c’est ce que je le lui ai dit…
Sì. Sì, penso proprio di sì. Peraltro, è quello che gli ho detto quando l’ho salutato. Gli ho detto: “Santo Padre, ha conquistato la Francia”. Nel discorso al Collegio dei Bernardini, egli ha chiaramente ribadito la fecondità dell’incontro tra la fede e la ragione: questo è importante per la Francia che ha un’eredità “anticlericale” …

D. – Uno dei discorsi più forti di questo viaggio è senza alcun dubbio quello che il Papa ha rivolto ai vescovi, riuniti domenica pomeriggio a Lourdes. Benedetto XVI non ha eluso nessuno degli argomenti spinosi, compreso il noto Motu Proprio Summorum Pontificum e la situazione dei divorziati risposati. Il Papa ha rivolto ai vescovi una serie di raccomandazioni: cosa pensa lei del tono di questo discorso?

R. – C’est un message fraternel. Plusieurs fois il a félicité les évêques pour leurs efforts …
E’ un messaggio fraterno. Più di una volta, si è compiaciuto con i vescovi per il loro impegno apostolico, ha detto loro che conosce le loro fatiche, che la situazione non è facile ma che li sostiene. C’è un appello forte per la pastorale delle vocazioni – è stato uno dei temi più importanti, ed i vescovi sono stati molto colpiti da questo messaggio.

D. – Eppure, alcuni giornalisti hanno detto che abbia voluto riprendere i vescovi …

R. – Comme vous dites, ce sont les journalistes…
Come ha detto bene lei, sono stati i giornalisti, ma questa non è l’impressione dei vescovi : nessun vescovo ha detto qualcosa del genere. E’ stato il Pastore della Chiesa universale che ha condiviso con i pastori di una Chiesa locale le loro preoccupazioni e le loro priorità pastorali, come le vocazioni, la catechesi, la liturgia e la famiglia.

D. – Benedetto XVI e Nicolas Sarkozy: c’era tanta attesa per le loro considerazioni sulla laicità…

R. – Alors, vous le savez, c’est un sujet que j’ai traité pendant des années quand j’étais …
Lei sa che questo è un argomento che ho trattato per anni, quando ero in Segreteria di Stato, incaricato dei Rapporti con gli Stati, e al quale ho riservato grande attenzione. Vorrei sottolineare una cosa: il Papa non ha parlato di separazione né di distinzione, e in realtà è giusto perché non si può separare la Chiesa dalla società; ha detto anche che c’è ancora molto terreno aperto per il dialogo ed ha auspicato ancora una nuova riflessione sul vero senso della laicità. Credo effettivamente – è una questione che mi sta molto a cuore – che il Papa abbia affrontato il problema molto bene!

D. – Lei si aspetta un’evoluzione in questo campo?

R. – Ça dépendra de la procédure du dialogue …
Questo dipenderà dalla procedura del dialogo tra il governo e la Chiesa, con questa commissione presieduta dal nunzio apostolico. Credo che veramente il clima sia cambiato, ma quello che serve ora è raggiungere dei risultati concreti, perché la teoria va bene, ma poi bisogna “atterrare”, come si suol dire …


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Paparatzifan
00venerdì 19 settembre 2008 21:03
Dal blog di Lella...

E sottovoce Ratzinger conquista la roccaforte del laicismo

di Andrea Tornielli

In quattro giorni sono caduti i pregiudizi sul Pontefice
È bastato un fine settimana perché Benedetto XVI stupisse la Francia e la Francia stupisse Benedetto XVI.

Quello che è accaduto nei quattro giorni appena trascorsi era inimmaginabile anche nelle previsioni più rosee: la nazione un tempo definita «figlia prediletta della Chiesa» trasformatasi nella patria dell’anticlericalismo, il Paese delle stupende cattedrali medievali diventato l’emblema della laicità e della secolarizzazione galoppante, dove appena l’otto per cento della popolazione va a messa almeno una volta al mese, ha scoperto il vero volto di Papa Ratzinger.

La copertura mediatica del viaggio papale, nelle sue tappe di Parigi e Lourdes, è stata eccezionale. Ore e ore di dirette televisive e radiofoniche, la messa celebrata nell’Esplanade des Invalides, a pochi metri di distanza dalla tomba di Napoleone, è stata trasmessa da ben tre delle sei grandi reti televisive francesi.

I cittadini di questo grande Paese conoscevano poco Papa Ratzinger e quel poco che conoscevano era per lo più filtrato attraverso commenti giornalistici ostili o al meglio freddi nei confronti del pontefice tedesco, anche nei media cattolici.

Sentire parlare il Papa in francese - lingua che padroneggia alla perfezione - sentirlo predicare e farsi capire sia al mondo degli intellettuali come a quello dei semplici pellegrini alla grotta di Massabielle, ha colpito positivamente molti, credenti e no. Lo dimostrano le reazioni positive e i commenti della stampa.
A Parigi e Lourdes non è arrivato un conquistatore, nemico della laicità; non è arrivato un retrogrado conservatore attaccato agli antichi merletti dei paramenti; non è arrivato il soffocatore della libertà di un cattolicesimo sempre più minoritario ma vivo.

È arrivato un uomo umile, pellegrino tra i pellegrini, venuto innanzitutto a confermare dei fratelli nella fede e poi dialogare con il mondo delle istituzioni e della cultura francesi, cosciente di una «funzione insostituibile della religione per la formazione delle coscienze» e del contributo che la Chiesa «può apportare, insieme ad altre istanze» a creare un «consenso etico di fondo nella società».

Anche con la Chiesa francese, travagliata da tensioni e colpita da una preoccupante emorragia di vocazioni, il Papa ha preferito usare la medicina della misericordia e mostrarsi come un padre premuroso e un fratello, non un sovrano venuto a bacchettare i suoi vassalli. Ha parlato chiaro, ma sempre incoraggiando.

Ha spiegato il senso profondo della decisione di liberalizzare la messa secondo l’antico rito, invitando i vescovi ad accogliere e fare ogni sforzo perché i tradizionalisti - gli unici qui a non soffrire della crisi di vocazioni - non si sentano rifiutati.

Ha sollecitato un’attenzione particolare alla catechesi chiedendo che la fede cattolica sia trasmessa nella sua integralità, ha spiegato che il dialogo con le altre confessioni cristiane e con le altre fedi religiose deve mirare alla verità.
Ma anche la Francia laica, come quella cattolica, hanno stupito il Papa. L’accoglienza del presidente Sarkozy ha testimoniato un’innegabile sintonia, e le folle che hanno accolto Ratzinger con vivacità ed entusiasmo, hanno mostrato come la fiammella della fede non si sia spenta in questo Paese, nonostante le difficoltà. C’è una Chiesa viva, minoritaria, ma convinta. I cattolici francesi hanno accolto il Papa con un calore e una capacità di ascolto che hanno sorpreso non poco il pellegrino tedesco venuto da Roma. Le polemiche da parte dei socialisti che hanno criticato Sarkozy per l'accoglienza fatta a Benedetto XVI all'Eliseo, e poi hanno criticato lo stesso pontefice per il discorso ai vescovi, giudicato troppo «integralista» non incidono sul giudizio globalmente positivo di un'opinione pubblica che si aspettava un Papa completamente diverso da quello che hanno visto.

© Copyright Il Giornale, 16 settembre 2008


Paparatzifan
00domenica 21 settembre 2008 18:07
Dal blog di Lella...

L'amore del Papa per la Sardegna

Domani, in un Dvd, la visita a Cagliari di Benedetto XVI

Con L'Unione Sarda domani in edicola il Dvd che ripercorre tutte le fasi della storica visita a Cagliari del Santo Padre.
Una giornata indimenticabile.
Per i centocinquantamila fedeli che hanno seguito dal vivo nelle strade, nella piazza davanti a Bonaria o nel Largo Carlo Felice le fasi più importanti della visita papale, ma anche per i tanti che sono rimasti a casa che ugualmente hanno potuto partecipare all'evento storico.
Grazie alla diretta televisiva di Videolina Papa Benedetto XVI è entrato nelle case dei sardi, «sardo tra i sardi», come ha detto lo stesso Pontefice salutando un popolo storicamente e radicalmente legato alla Chiesa.
Secondo i rilevamenti degli ascolti sono state 690 mila le persone che hanno seguito nel corso della giornata la diretta televisiva, con una punta di 250 mila (pari al 58,1 per cento dello share) durante il discorso del pomeriggio. Un record che testimonia l'interesse e il coinvolgimento dei sardi per un avvenimento preparato con cura per tutto un anno.

L'EVENTO

Domenica 7 settembre è entrata nel calendario delle giornate storiche per la Sardegna, al pari delle precedenti visite di Paolo VI (24 aprile 1970) e di Giovanni Paolo II (18-20 ottobre 1985). Una folla straripante, l'intero corpo del clero sardo con in testa i vescovi delle dieci diocesi, persino una dozzina di ultracentenari hanno fatto festa al Papa tedesco in una calda e afosa giornata, segnata da qualche nuvola e anche qualche spruzzo di pioggia. A due settimane dall'evento, nell'ambito della collana dell'identità, L'Unione Sarda presenta ai suoi lettori il dvd "Il Papa in Sardegna", con tutte le immagini più emozionanti della visita di Benedetto XVI e dei fedeli.

GRANDE IMPEGNO

Il filmato, della durata di un'ora e mezza, riassume le dieci ore della diretta televisiva di Videolina con un avvincente montaggio che dà ritmo e drammaticità alla sequenza cronologica. Realizzato e commentato dal giornalista Paolo Matta che ha condotto, da uno studio all'aperto dietro il palco di Bonaria, la maratona televisiva. Il montaggio è del tecnico Simone Serra, le riprese delle diverse troupe della prima tv della Sardegna diretta da Bepi Anziani che, per l'occasione, ha schierato tutti i suoi giornalisti, registi e operatori per un impegno davvero eccezionale. Oltre alle postazioni fisse, che hanno inviato le immagini dai luoghi principali, telecamere mobili al seguito del corteo papale e tra la folla hanno ripreso ogni istante della visita.

IL DVD

Il video ripercorre cronologicamente tutte le tappe del viaggio cagliaritano: dall'arrivo all'aeroporto militare di Elmas, alle 9,30 con il saluto delle autorità regionali, cittadine e del premier Berlusconi, alla partenza delle 19 a conclusione di una giornata segnata da bagni di folla, riti religiosi, incontri ufficiali e momenti più riservati. Ogni sequenza, scandita da una colonna sonora originale, riflette suoni e musiche che hanno segnato ogni evento: la messa solenne sul sagrato di Bonaria con la partecipazione di un coro di 800 voci, le campane a festa, i canti festosi dei giovani che hanno accolto e accompagnato il Papa durante l'incontro del pomeriggio, sul palco del largo Carlo Felice.

EMOZIONI

«Questo video - spiega Paolo Matta - è la sintesi di un'intera giornata ricca di avvenimenti e soprattutto di emozioni. Più che le parole del commento parlano le immagini che fissano momenti storici come l'omelia e l'Angelus dal sagrato di Bonaria, o raccontano altri aspetti più intimi e persino più toccanti come la benedizione ai malati e ai centerari all'interno della basilica». L'occhio indiscreto della telecamera riprende il saluto del Papa all'anziano francescano fra Lorenzo, personaggio mitico della carità in Sardegna, o le affettuose carezze ai bambini malati tra le braccia di madri commosse. L'effetto ralenty, le luci e i colori, rendono il quadro emozionante, come tutto il dvd che da domani farà parte dei ricordi dei nostri lettori e dei tanti fedeli sardi, testimoni di una giornata davvero straordinaria.

© Copyright L'Unione Sarda, 20 settembre 2008


+PetaloNero+
00lunedì 22 settembre 2008 00:56
Il portavoce vaticano vede nella Francia una speranza per la Chiesa

Padre Lombardi tira le conclusioni del viaggio di Benedetto XVI


CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 settembre 2008 (ZENIT.org).- La Francia, in particolare per i suoi giovani, è motivo di speranza per la Chiesa nel mondo, spiega il portavoce vaticano dopo il viaggio di Benedetto XVI nel Paese, del 12 al 15 settembre.

Padre Federico Lombardi, S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha compiuto un'analisi del decimo viaggio internazionale di questo pontificato nell'editoriale dell'ultimo numero di Octava Dies, settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano, di cui è direttore.

"Il viaggio del Papa in Francia è stato certamente benedetto da risultati largamente positivi, come viene riconosciuto dalla massima parte degli osservatori", constata.

"Ma mentre era prevedibile che la tappa di Lourdes si svolgesse in un clima sereno di intensa spiritualità, non era così scontato che la tappa parigina fosse accompagnata da tanta rispettosa attenzione della società francese e che la Chiesa locale riuscisse a dare una dimostrazione di tanta vitalità e larga partecipazione - ha riconosciuto -. Così è stato. Non vi è motivo di trionfalismi, ma di fiducia e di speranza".

"Il Papa ha proposto con la sua abituale lucidità e coerenza in due grandi discorsi la sua visione del rapporto fra laicità e fede: 'Autentica laicità non è prescindere dalla dimensione spirituale, ma riconoscere che proprio questa è garante della nostra libertà e dell'autonomia delle realtà terrene'".

E ancora, sul rapporto fra cultura e fede: "Cercare Dio, essere in cammino verso Dio, resta oggi come ieri la via maestra ed il fondamento di ogni vera cultura".

"Il fatto che si possano fare queste affermazioni oggi in luoghi altamente rappresentativi della vita politica e culturale europea, trovando attenzione e apprezzamento invece che pregiudiziale opposizione, incoraggia a pensare che anche nella mutata situazione storica la fede cristiana e la Chiesa cattolica siano chiamate a dare il loro contributo preziosissimo - diciamo pure necessario - alla costruzione della civiltà del nuovo millennio", ha osservato padre Lombardi.

"La Chiesa in Francia - in particolare i giovani che hanno accolto il Papa con tanto entusiasmo - vi si prepara. E' un incoraggiamento anche per tanti altri Paesi", ha concluso.


Paparatzifan
00giovedì 25 settembre 2008 22:00
Dal blog di Lella...

POMPEI: GIOIA E PREPARATIVI PER L’ARRIVO DEL PAPA

Gran lavoro in questi giorni per organizzare in maniera perfetta la visita di Benedetto XVI: il suo elicottero potrebbe atterrare allo stadio ’’Bellucci’’.

Autore: Francesco Rossi

La città mariana è in pieno fermento a poco più di tre settimane dal giorno della visita del Santo Padre.
Numerose gigantografie sorrette da strutture d’acciaio sono state allestite nei punti focali del territorio comunale e nei pressi delle stazioni delle FS, Circumvesuviana ed uscite autostradali. Molteplici sono state invece le manifestazioni di gioia provenienti da singoli residenti, associazioni e dai rappresentanti del Santuario.
Primo fra tutte un messaggio scritto dall’Arcivescovo Prelato Carlo Liberati che, rivolgendosi ai cittadini di Pompei e a tutti i devoti della Vergine del Santuario, dichiara di "voler condividere con voi la gioia e il rendimento di grazie al Signore per il prossimo pellegrinaggio che Sua Santità Benedetto XIV farà al nostro Santuario il prossimo 19 ottobre 2008".

"Il Papa", continua Mons. Liberati, "viene per incoraggiarci a riscoprire il ruolo della parola di Dio nella vita, nella missione della Chiesa e nella nostra esistenza personale. Benedetto XVI giunge inoltre per confermare la nostra Comunità ecclesiale nella sua particolare vocazione scaturita dalla spiritualità del Rosario e della intensa esperienza caritativa del Beato Bartolo Longo".
Intanto fervono i preparativi per il 19 ottobre: saranno più di 200 gli agenti, di tutte le forze dell’ordine, che sorveglieranno il regolare svolgimento della giornata e la fiumana di persone che invaderà le piazze e le vie di Pompei.
Non è invece ancora certo il luogo dove l’elicottero del Vaticano atterrerà; per ora l’ipotesi più probabile rimane il campo sportivo "Bellucci", ma un’alternativa potrebbe essere anche l’area Meeting.
Incerto anche il percorso, al quale un team di esperti del Santuario e del Vaticano sta lavorando in sinergia. Tuttavia il programma del soggiorno rimane grosso modo deciso: il Santo Padre arriverà a Pompei alle 10:00 circa, mentre per le 11:00 è prevista la Santa Messa e un’ora dopo la recita della Supplica.
Al pomeriggio Papa Ratzinger reciterà il Rosario e lascerà la città intorno alle 18:00.

© Copyright Il Meridiano.it, 25 settembre 2008


+PetaloNero+
00lunedì 13 ottobre 2008 15:10
VISITA PASTORALE DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI AL PONTIFICIO SANTUARIO DI POMPEI (19 OTTOBRE 2008) - PROGRAMMA

Domenica 19 ottobre 2008 Roma

09.00 Partenza in elicottero dall’eliporto del Vaticano per Pompei.

Pompei

10.00 Arrivo nell’Area Meeting del Pontificio Santuario di Pompei.

10.30 CELEBRAZIONE EUCARISTICA nella Piazza del Pontificio Santuario di Pompei. Omelia del Santo Padre.

SUPPLICA ALLA MADONNA DI POMPEI.

OFFERTA DELLA "ROSA D’ORO" ALLA MADONNA DI POMPEI.

RECITA DELL’ANGELUS DOMINI. Parole del Santo Padre.

13.00 Pranzo con i Vescovi della Campania nel Palazzo della Delegazione Pontificia di Pompei.

17.00 RECITA DEL SANTO ROSARIO nel Pontificio Santuario di Pompei. Meditazione del Santo Padre.

18.00 Partenza in elicottero dall’Area Meeting del Pontificio Santuario di Pompei per il Vaticano.

Roma

19.00 Arrivo all’eliporto del Vaticano.
+PetaloNero+
00lunedì 13 ottobre 2008 17:45
Il Papa consegnerà una “rosa d'oro” alla Madonna di Pompei


Diffuso il programma ufficiale della visita





CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 13 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Benedetto XVI consegnerà una “rosa d'oro” alla Madonna di Pompei durante la sua visita pastorale di domenica al Santuario, rende noto il programma diffuso questo lunedì dalla Santa Sede.

E' previsto che il Papa si rechi a Pompei in elicottero dal Vaticano per la celebrazione eucaristica che avrà luogo nella piazza esterna al Santuario.

Il Pontefice rivolgerà poi una supplica alla Madonna e le offrirà una “rosa d'oro”. In seguito avrà luogo la recita dell'Angelus, sempre nella piazza del Santuario.

A pranzo incontrerà i Vescovi della Campania, tra cui il Cardinale Crescenzio Sepe, che pochi giorni fa si è recato a Mosca in visita ufficiale al Patriarca Alessio II, al quale ha consegnato un messaggio papale.

Benedetto XVI tornerà poi nella piazza del Santuario per recitare il Rosario, e al termine di questo farà ritorno in Vaticano in elicottero.

Secondo quanto ha reso noto l'Arcivescovo-Prelato di Pompei, monsignor Carlo Liberati, “il Santo Padre affiderà all’intercessione della Madre del Signore e nostra le riflessioni e le conclusioni della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si terrà in Vaticano dal 5 al 26 ottobre sul tema: ‘La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa’”.

Il Santuario di Pompei è stato costruito nel 1876 dal beato Bartolo Longo, grande diffusore della devozione al Santo Rosario e promotore delle “suppliche”, un tipo di preghiera mariana che ha avuto una rapida diffusione. Il Santuario ospita un'immagine della Madonna alla quale sono attribuiti centinaia di miracoli e guarigioni.

L'ultima visita papale è stata quella di Giovanni Paolo II il 7 ottobre 2003, in occasione del 125° anniversario della consacrazione del tempio.

Per ulteriori informazioni, www.santuario.it

+PetaloNero+
00sabato 18 ottobre 2008 15:32
Domattina, Benedetto XVI sarà al Santuario mariano di Pompei. L'arcivescovo, Carlo Liberati: la sua visita sia un forte impulso di novità per la nostra vita cristiana



Benedetto XVI si recherà domani al Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei per il suo dodicesimo viaggio apostolico in Italia. Benedetto XVI partirà alle 9 in elicottero dall’eliporto del Vaticano per arrivare verso le 10 nella cittadina campana, dove celebrerà la Messa nella Piazza del Santuario. Guiderà quindi la Supplica alla Madonna di Pompei, seguita dall’offerta della “Rosa d’oro” alla Vergine e dalla recita dell’Angelus. Nel pomeriggio, dopo il pranzo con i vescovi della regione, Benedetto XVI presiederà alle 17 la recita del Santo Rosario, accompagnandolo con una meditazione, e alle 18 ripartirà per il Vaticano. Il servizio del nostro inviato a Pompei, Sergio Centofanti:

Benedetto XVI è il secondo Papa che si fa pellegrino a Pompei. Prima di lui, Giovanni Paolo II che visitò il Santuario nel 1979 e nel 2003, suo penultimo viaggio in Italia seguito da un’altra città di Maria, Loreto. Papa Wojtyla prese spunto allora dalla devastante eruzione del Vesuvio che, nel 79 dopo Cristo, trasformò in un deserto di cenere una fiorente e ricca città romana: una tragedia umana - disse - che pone con forza “la decisiva domanda su quale sia il destino dell’uomo”. Una domanda - aggiunse - "che trova risposta solo nel Cristo morto e risorto". E infatti quel deserto è rifiorito, dopo 1800 anni, grazie alla fede, la fede di un uomo: Bartolo Longo, un avvocato pugliese, già preda dello spirito anticlericale e positivista della seconda metà dell’‘800: passeggiava nella campagna desolata di Pompei quando sentì una voce: “Diffondi il Rosario e sarai salvo!”. Quella voce ha cambiato la sua vita e trasformato una valle abbandonata di poveri contadini in una cittadina vivente della preghiera e della carità, dove gli orfani, i giovani disagiati, i figli dei carcerati, le donne in difficoltà, gli ultimi insomma, sono diventati i primi. Tutta la storia di Pompei è una vicenda impossibile diventata realtà grazie all’abbandono totale a Maria, grazie alla semplice e profonda preghiera del Rosario. Una preghiera sempre più attuale come ha ricordato Benedetto XVI il 3 maggio scorso nella Basilica di Santa Maria Maggiore:
“Il santo Rosario non è una pia pratica relegata al passato, come preghiera di altri tempi a cui pensare con nostalgia. Il Rosario sta invece conoscendo quasi una nuova primavera. Questo è senz’altro uno dei segni più eloquenti dell’amore che le giovani generazioni nutrono per Gesù e per la Madre sua Maria. Nel mondo attuale così dispersivo, questa preghiera aiuta a porre Cristo al centro, come faceva la Vergine, che meditava interiormente tutto ciò che si diceva del suo Figlio, e poi quello che Egli faceva e diceva”. (Discorso al termine del Rosario nella Basilica di Santa Maria Maggiore, 3 maggio 2008)
La preghiera del Rosario - diceva Giovanni Paolo II - porta la pace nei cuori, la pace nelle famiglie, la pace nel mondo. E attraverso la contemplazione dei suoi misteri - aggiunge Benedetto XVI - si orienta la vita verso Gesù, nei momenti di gioia e di luce ma anche nel dolore:
“Ci aiuti Maria ad accogliere in noi la grazia che promana da questi misteri, affinché attraverso di noi possa ‘irrigare’ la società, a partire dalle relazioni quotidiane, e purificarla da tante forze negative aprendola alla novità di Dio. Il Rosario, quando è pregato in modo autentico, non meccanico e superficiale ma profondo, reca infatti pace e riconciliazione. Contiene in sé la potenza risanatrice del Nome santissimo di Gesù, invocato con fede e con amore al centro di ogni Ave Maria”. (Discorso al termine del Rosario nella Basilica di Santa Maria Maggiore, 3 maggio 2008)

Bartolo Longo lo aveva detto ai suoi nel lontano 1901: “Vedrete! Il Papa verrà a Pompei!”. Per la terza volta il Successore di Pietro viene. Il fondatore della Nuova Pompei, come tutti i santi, ha portato avanti la sua missione tra mille tribolazioni e calunnie, sempre fiducioso nella provvidenza e obbediente alla Chiesa. A quanti costernati lo invitavano a reagire di fronte ai rovesci, diceva placido, con la corona del Rosario in mano: “Risveglia la tua fiducia nella Santissima Vergine del Rosario. Devi avere la fede di Giobbe! Santa Madre adorata, io ripongo in te ogni mia afflizione, ogni speranza, ogni fiducia”.

(musica) Benedetto XVI torna a Pompei dopo 10 anni. Era il 1998 quando l’allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, si recò in pellegrinaggio al Santuario mariano col fratello Georg e numerosi collaboratori del dicastero. E rimase colpito in particolare dalla pietà popolare di molti pellegrini. Ma quale rapporto c’è tra pietà popolare e fede? Isabella Piro lo ha chiesto a mons. Carlo Liberati, arcivescovo prelato di Pompei e delegato pontificio per il Santuario:

R. - Noi sappiamo che il Verbo si è fatto carne: non può esistere la fede in Dio senza l’incarnazione nella realtà della vita. Gesù ci ha detto che dobbiamo mettere in pratica le sue parole, che la fede non esiste se non si manifesta attraverso le opere della nostra vita personale e poi di quella comunitaria e sociale della Chiesa. Quindi, il rapporto tra la “pietà popolare” e la fede è un rapporto necessario. La mia fede, io la devo non solo far vedere, renderla visibile, ma trasmetterla attraverso le opere della fede. E quali sono i mezzi attraverso i quali io posso rendere la mia fede visibile nel popolo di Dio? Con un’attività straordinaria e indispensabile: la celebrazione dell’Eucaristia, attraverso la quale, con Cristo, noi veniamo presentati al Padre e ci facciamo con lui dono. L’Eucaristia è il sacrificio del Cristo Crocifisso e Risorto con noi Chiesa. E questo miracolo si realizza nella pietà popolare, che è fatta anche da tante preghiere, che nasce dall’Eucaristia. E tra le preghiere più belle c’è il Santo Rosario, la “catena dolce” che ci unisce a Dio, come dice Bartolo Longo, il vincolo di amore che ci fa fratelli e che ci unisce agli angeli del Paradiso, noi peccatori e pellegrini sulla Terra, ma che aspiriamo a diventare Santi.

D. - Il Beato Bartolo Longo è stato il creatore di numerose opere sociali: come le porta avanti, oggi, la Prelatura di Pompei?

R. - Abbiamo creato un Centro polifunzionale per l’educazione, al momento capace di ospitare 150 bambini presi dalla strada. Sono figli di carcerati, di separati, di divisi, di ragazze madri o di famiglie sfortunatissime. E noi diamo loro il cibo, il vestiario, la scuola paritaria, il pranzo, il doposcuola, l’educazione civica e l’educazione religiosa. Insieme con loro, abbiamo creato un gruppo-appartamento per l’accoglienza residenziale delle giovani prossime ai 18 anni; la “Casa Emmanuel” per l’accoglienza di gestanti e madri di bambini in difficoltà; il “Centro di aiuto alla vita”, che sostiene donne in difficoltà che decidono di non abortire. Abbiamo creato anche un centro di ascolto “Miryam”, per l’accoglienza, l’informazione, l’orientamento e l’accompagnamento di persone afflitte da varie emergenze sociali, con particolare riguardo alle necessità delle donne immigrate. Inoltre, abbiamo creato una casa-famiglia, chiamata “Il giardino del sorriso” per l’accoglienza residenziale di minori da zero a dieci anni, e stiamo portando a termine la “Casa della madre del bambino” nelle ex case-operaie di Bartolo Longo, perché noi siamo nati per educare e per l’amore alla vita.

D. - Nell’ambito dell’evangelizzazione, proprio sulla scia di Bartolo Longo, qual è il ruolo che si può attribuire ai laici?

R - Noi risentiamo della crisi generale del laicato, in questo momento. E dobbiamo impegnarci di più. Stiamo cercando di farlo potenziando nelle parrocchie la catechesi, le associazioni, i movimenti di spiritualità, perché non si può donare la fede se non l’abbiamo prima dentro di noi.

D. - Quindi, mons. Liberati, quali aspettative ripone nella visita del Papa a Pompei?

R. - Quelle di un rinnovamento deciso della vita cristiana. Ormai, siamo un popolo da rievangelizzare. Faccio un esempio: ogni giorno, qui vengono persone per farsi benedire la macchina con l’acqua santa. Io ho avuto il coraggio di affrontare quattro-cinque di questi signori e ho detto loro: “State attenti, potrebbe essere una superstizione! Prima di tutto, voi dovete rinnovare il vostro cuore, la vostra coscienza, il vostro comportamento di vita cristiana. Se fate cose contro i Comandamenti, a che serve la nostra Benedizione?” Allora li ho visti impressionati. Ed ho aggiunto: “Non agite per superstizione o per abitudine, ma cercate di cambiare la vostra vita, perché i peccati non li commette la macchina, ma li commettiamo noi”. Ecco: noi, dalla visita del Santo Padre, ci aspettiamo che ci sia un rinnovamento della vita cristiana ed anche una maggiore intensità di fede dei nostri pellegrini che, dall’incontro con Maria Santissima, cerchino sempre di essere oblativi al Signore che li chiama ogni giorno dal profondo del cuore. Spero che la visita del Santo Padre ci aiuti a rinnovare questa spiritualità.


www.radiovaticana.org
Caterina63
00domenica 19 ottobre 2008 00:12
[SM=x40800] Ringraziando Petalo Nero per le notizie del viaggio di domani a Pompei, vi faccio dono di un ritaglio della rivista il Dantuario di Pompei del 2005 che così scrisse per dare il Benvenuto alla elezione di Benedetto XVI [SM=x40803]




[SM=g27811]

Paparatzifan
00domenica 19 ottobre 2008 23:14
Dal blog di Lella...

Papa. Migliaia di fedeli lo accolgono al santuario di Pompei

Visita di un giorno, ad accoglierlo Bassolino e Bondi

Città del Vaticano, 19 ott. (Apcom)

Il Papa è giunto al santuario di Pompei per una visita di un giorno. Benedetto XVI è partito alle ore 9 in elicottero dall'eliporto del Vaticano ed è giunto poco dopo le 10 nell'area meeting del santuario. Il Papa, salutato da migliaia di fedeli, si è poi mosso in 'papamobile' verso il santuario.
Ad accogliere Papa Ratzinger, l'arcivescovo prelato di Pompei e delegato pontificio per il santuario, mons. Carlo Liberati, il ministro per i Beni culturali Sandro Bondi, in rappresentanza del governo, il presidente della Campania, Antonio Bassolino, il prefetto di Napoli, Alessandro Pansa, il sindaco di Pompei, Claudio D'Alessio, e il presidente della provincia di Napoli, Riccardo Di Palma, oltre all'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, Antonio Zanardi Landi, e al nunzio apostolico in Italia, mons. Giuseppe Bertello.
Alle 10.30, nella piazza del santuario, il Papa celebra messa e guiderà la supplica alla Madonna di Pompei, seguita dall'offerta della 'Rosa d'oro' alla vergine. Per mezzogiorno, poi, la consueta recita domenicale dell'angelus.
Nel pomeriggio, dopo il pranzo con i vescovi della regione, Benedetto XVI presiederà alle 17 la recita del rosario, accompagnandolo con una meditazione, e alle 18 ripartirà per il Vaticano.

Apcom


Papa/ Sindaco di Pompei dona a Benedetto XVI chiavi della citta'

Folla lo applaude, sindaco gli dona chiavi della città

Napoli, 19 ott. (Apcom) - Il sindaco di Pompei Claudio D'Alessio ha accolto il Papa, giunto al santuario per una visita di un giorno, e gli ha regalato le chiavi della città.
Benedetto XVI è arrivato in piazza Bartolo Longo in 'papamobile'. Durante il percorso ha benedetto e salutato la folla che lo ha accolto con applausi e sventolìo di bandierine bianche e gialle. Molte le persone affacciate ai balconi sulla piazza. Arrivato sul palco ha allargato le braccia per ringraziare i pellegrini. Il Pontefice ha poi benedetto e salutato un gruppo di anziani, bambini e malati accolti nelle prime file dinanzi la palco.

Apcom


+PetaloNero+
00lunedì 20 ottobre 2008 02:42
VISITA PASTORALE DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI AL PONTIFICIO SANTUARIO DI POMPEI (19 OTTOBRE 2008) (II)


LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS NELLA PIAZZA DEL PONTIFICIO SANTUARIO DI POMPEI

Al termine della Santa Messa celebrata nella Piazza del Pontificio Santuario di Pompei il Papa guida la recita dell’Angelus con i fedeli presenti.

Queste le parole del Santo Padre nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

dopo la solenne celebrazione eucaristica e la tradizionale Supplica alla Madonna di Pompei, come ogni domenica, volgiamo ancora una volta il nostro sguardo verso Maria con la recita dell’Angelus, e a Lei affidiamo le grandi intenzioni della Chiesa e dell’umanità. In modo particolare, preghiamo per l’Assemblea ordinaria del Sinodo del Vescovi, che sta svolgendosi a Roma e che ha come tema: "La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa", perché possa portare frutti di autentico rinnovamento in ogni comunità cristiana. Un’altra speciale intenzione di preghiera ci viene offerta dall’odierna ricorrenza della Giornata Missionaria Mondiale che, in questo Anno Paolino, propone alla nostra meditazione una celebre espressione dell’Apostolo delle genti: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1 Cor 9,16). In questo mese di ottobre, mese missionario e del Rosario, quanti fedeli e quante comunità offrono il santo Rosario per i missionari e per l’evangelizzazione! Sono pertanto lieto di trovarmi proprio oggi, in questa ricorrenza, qui a Pompei, nel più importante Santuario dedicato alla Beata Vergine del Santo Rosario. Ciò infatti mi dà modo di sottolineare con maggior forza che il primo impegno missionario di ciascuno di noi è proprio la preghiera. E’ innanzitutto pregando che si prepara la via al Vangelo; è pregando che si aprono i cuori al mistero di Dio e si dispongono gli animi ad accogliere la sua Parola di salvezza.

Vi è poi, in questo giorno, un’altra felice coincidenza: proprio oggi, a Lisieux, vengono proclamati beati Louis Martin e Zélie Guérin, genitori di santa Teresa di Gesù Bambino, dichiarata da Pio XI patrona delle missioni. Questi nuovi Beati hanno accompagnato e condiviso, con la loro preghiera e con la loro testimonianza evangelica, il cammino della figlia chiamata dal Signore a consacrarsi a Lui senza riserve tra le mura del Carmelo. Fu lì, nel nascondimento della clausura, che Santa Teresina realizzò la sua vocazione: "Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore" (Manuscrits autobiographiques, Lisieux 1957, 229). Pensando alla beatificazione dei coniugi Martin, mi è caro richiamare un’altra intenzione, che mi sta tanto a cuore: la famiglia, il cui ruolo è fondamentale nell’educazione dei figli ad uno spirito universale, aperto e responsabile verso il mondo e i suoi problemi, come pure nella formazione delle vocazioni alla vita missionaria. Ed allora, quasi proseguendo idealmente il pellegrinaggio che tante famiglie hanno compiuto un mese fa a questo Santuario, invochiamo la materna protezione della Madonna di Pompei su tutti i nuclei familiari del mondo, pensando già al VI Incontro Mondiale delle Famiglie, in programma a Città del Messico nel gennaio 2009.

En cette Journée mondiale des Missions, nous nous unissons particulièrement aux pèlerins réunis à Lisieux pour la béatification de Louis et de Zélie Martin, parents de sainte Thérèse de l’Enfant Jésus, la patronne des Missions. Par leur vie de couple exemplaire, ils ont annoncé l’Évangile du Christ. Ils ont vécu ardemment leur foi et l’ont transmise dans leur famille et dans leur entourage. Que leur prière commune soit source de joie et d’espérance pour tous les parents et toutes les familles.


Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre si reca nel Palazzo della Delegazione Pontificia dove pranza con i Vescovi della Campania.

Nel pomeriggio, prima di lasciare il Palazzo, il Papa saluta alcuni benefattori del Santuario.





Il Papa invoca la protezione della Madonna di Pompei sulle famiglie del mondo


Intervento in occasione dell'Angelus domenicale





POMPEI, domenica, 19 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole pronunciate da Benedetto XVI questa domenica in occasione della recita della preghiera mariana dell'Angelus sulla piazza del Pontificio Santuario di Pompei.






* * *

Cari fratelli e sorelle,

dopo la solenne celebrazione eucaristica e la tradizionale Supplica alla Madonna di Pompei, come ogni domenica, volgiamo ancora una volta il nostro sguardo verso Maria con la recita dell'Angelus, e a Lei affidiamo le grandi intenzioni della Chiesa e dell'umanità. In modo particolare, preghiamo per l'Assemblea ordinaria del Sinodo del Vescovi, che sta svolgendosi a Roma e che ha come tema: "La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa", perché possa portare frutti di autentico rinnovamento in ogni comunità cristiana. Un'altra speciale intenzione di preghiera ci viene offerta dall'odierna ricorrenza della Giornata Missionaria Mondiale che, in questo Anno Paolino, propone alla nostra meditazione una celebre espressione dell'Apostolo delle genti: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1 Cor 9,16). In questo mese di ottobre, mese missionario e del Rosario, quanti fedeli e quante comunità offrono il santo Rosario per i missionari e per l'evangelizzazione! Sono pertanto lieto di trovarmi proprio oggi, in questa ricorrenza, qui a Pompei, nel più importante Santuario dedicato alla Beata Vergine del Santo Rosario. Ciò infatti mi dà modo di sottolineare con maggior forza che il primo impegno missionario di ciascuno di noi è proprio la preghiera. E' innanzitutto pregando che si prepara la via al Vangelo; è pregando che si aprono i cuori al mistero di Dio e si dispongono gli animi ad accogliere la sua Parola di salvezza.

Vi è poi, in questo giorno, un'altra felice coincidenza: proprio oggi, a Lisieux, vengono proclamati beati Louis Martin e Zélie Guérin, genitori di santa Teresa di Gesù Bambino, dichiarata da Pio XI patrona delle missioni. Questi nuovi Beati hanno accompagnato e condiviso, con la loro preghiera e con la loro testimonianza evangelica, il cammino della figlia chiamata dal Signore a consacrarsi a Lui senza riserve tra le mura del Carmelo. Fu lì, nel nascondimento della clausura, che Santa Teresina realizzò la sua vocazione: "Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore" (Manuscrits autobiographiques, Lisieux 1957, 229). Pensando alla beatificazione dei coniugi Martin, mi è caro richiamare un'altra intenzione, che mi sta tanto a cuore: la famiglia, il cui ruolo è fondamentale nell'educazione dei figli ad uno spirito universale, aperto e responsabile verso il mondo e i suoi problemi, come pure nella formazione delle vocazioni alla vita missionaria. Ed allora, quasi proseguendo idealmente il pellegrinaggio che tante famiglie hanno compiuto un mese fa a questo Santuario, invochiamo la materna protezione della Madonna di Pompei su tutti i nuclei familiari del mondo, pensando già al VI Incontro Mondiale delle Famiglie, in programma a Città del Messico nel gennaio 2009.

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+PetaloNero+
00lunedì 20 ottobre 2008 02:43
Il Papa a Pompei: questa cittadella di Maria e della carità dimostra che la fede trasforma il mondo


Benedetto XVI affida la Chiesa e il mondo intero alla Vergine del Rosario di Pompei: ma pensa in particolare al Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, alle famiglie e, nell’odierna Giornata Missionaria Mondiale, a quanti sono impegnati nell’annuncio del Vangelo. Giunto in elicottero dal Vaticano, è stato accolto alle 10.00 di questa mattina da 50 mila fedeli in festa per la terza visita di un Successore di Pietro nella città rifondata dal Beato Bartolo Longo. Ha quindi presieduto la Messa nel Piazzale antistante il Santuario della Beata Vergine del Rosario in una splendida giornata di sole. Il servizio del nostro inviato Sergio Centofanti.

(musica)


Benedetto XVI prosegue il suo pellegrinaggio mariano nel mondo: dopo i santuari di Lourdes, Loreto, Częstochowa, Aparecida ed Efeso, è giunto a Pompei per venerare la Vergine Maria, Regina del Santo Rosario. Nel suo indirizzo di saluto l’arcivescovo prelato Carlo Liberati elenca al Papa le opere nate grazie all’amore di un laico per Maria: scuole, convitti e centri di accoglienza per orfani, figli di carcerati, emarginati, poveri, tossicodipendenti, alcolizzati, donne in difficoltà, immigrate. Ma nessun vanto – precisa : “il Rosario è la nostra forza!”. Il sindaco Claudio D’Alessio parla della gente del Sud: “Viviamo in una terra a volte martoriata, eppure bella e ricca di bene”. Il Papa affida tutti a Maria e pensa in particolare alle persone che soffrono e a quanti sono abbandonati ai loro drammi di solitudine, di miseria. Li esorta a confidare sempre nel sostegno materno della Vergine. Il Vangelo è davvero la buona notizia perché ci annuncia che Dio è con noi e viene a liberarci: “Dove c’è Lui, il male è vinto e trionfano la vita e la pace” e tutto è rinnovato dal suo amore:


“Sì, l’amore di Dio ha questo potere: di rinnovare ogni cosa, a partire dal cuore umano, che è il suo capolavoro e dove lo Spirito Santo opera al meglio la sua azione trasformatrice. Con la sua grazia, Dio rinnova il cuore dell’uomo perdonando il suo peccato, lo riconcilia ed infonde in lui lo slancio per il bene”.

Certo – prosegue il Papa – occorre “rinnovarsi continuamente” per “non ricadere nel conformismo della mentalità mondana”. L’amore infatti deve essere il programma costante di una comunità cristiana. E "la nuova Pompei, pur con i limiti propri di ogni realtà umana, è un esempio” di quella nuova civiltà dell’amore “sorta e sviluppatasi sotto lo sguardo materno di Maria”:


“Una cittadella di Maria e della carità, non però isolata dal mondo, non, come si suol dire, una ‘cattedrale nel deserto’, ma inserita nel territorio di questa Valle per riscattarlo e promuoverlo. La storia della Chiesa, grazie a Dio, è ricca di esperienze di questo tipo, e anche oggi se ne contano parecchie in ogni parte della terra. Sono esperienze di fraternità, che mostrano il volto di una società diversa, posta come fermento all’interno del contesto civile. La forza della carità, infatti, è irresistibile: è l’amore che veramente manda avanti il mondo!”

Il Papa ricorda la storia di Pompei: una città distrutta da una eruzione vulcanica devastante che riprende vita per la conversione di un uomo, che, come San Paolo, aveva perseguitato la Chiesa, “diventando un militante anticlericale e dandosi anche a pratiche spiritistiche e superstiziose”. Si parla di tendenze – precisa - presenti anche nei nostri giorni. Un uomo lontano dalla fede che cambia radicalmente perché incontra il “vero volto di Dio” trasformando il deserto in cui abita:


“Dove arriva Dio, il deserto fiorisce! Anche il beato Bartolo Longo, con la sua personale conversione, diede testimonianza di questa forza spirituale che trasforma l’uomo interiormente e lo rende capace di operare grandi cose secondo il disegno di Dio”.


“Questa città, da lui rifondata – ha aggiunto il Papa - è dunque una dimostrazione storica di come Dio trasforma il mondo: ricolmando di carità il cuore dell’uomo e facendone un “motore di rinnovamento religioso e sociale” al servizio degli ultimi:


“Qui a Pompei si capisce che l’amore per Dio e l’amore per il prossimo sono inseparabili. Qui il genuino popolo cristiano, la gente che affronta la vita con sacrificio, trova la forza di perseverare nel bene senza scendere a compromessi. Qui, ai piedi di Maria, le famiglie ritrovano o rafforzano la gioia dell’amore che le mantiene unite”.

Il segreto di Pompei è il Rosario: “Questa preghiera – ha affermato Benedetto XVI - ci conduce, attraverso Maria, a Gesù”:


“Il Rosario è preghiera contemplativa accessibile a tutti: grandi e piccoli, laici e chierici, colti e poco istruiti. E’ vincolo spirituale con Maria per rimanere uniti a Gesù, per conformarsi a Lui, assimilarne i sentimenti e comportarsi come Lui si è comportato. Il Rosario è ‘arma’ spirituale nella lotta contro il male, contro ogni violenza, per la pace nei cuori, nelle famiglie, nella società e nel mondo”.

Al termine della Messa il Papa ha guidato la Supplica alla Beata Vergine del Rosario, scritta da Bartolo Longo nel 1883: una preghiera commovente innalzata alla Madre che Gesù ci ha donato sulla Croce per implorare “misericordia per tutti”.


(musica)


All’Angelus Benedetto XVI affida a Maria il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio perché “possa portare frutti di autentico rinnovamento in ogni comunità cristiana” e ricorda l’odierna Giornata Missionaria Mondiale esortando ad offrire il Rosario per i missionari e l’evangelizzazione. “Il primo impegno missionario di ciascuno di noi – sottolinea con forza - è proprio la preghiera”:


“E’ innanzitutto pregando che si prepara la via al Vangelo; è pregando che si aprono i cuori al mistero di Dio e si dispongono gli animi ad accogliere la sua Parola di salvezza”.


Quindi ha ricordato la Beatificazione oggi a Lisieux, in Francia, dei coniugi Martin, genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni:


“Pensando alla Beatificazione dei coniugi Martin, mi è caro richiamare un’altra intenzione, che mi sta tanto a cuore: la famiglia, il cui ruolo è fondamentale nell’educazione dei figli ad uno spirito universale, aperto e responsabile verso il mondo e i suoi problemi, come pure nella formazione delle vocazioni alla vita missionaria”.

Il Papa invoca infine “la materna protezione della Madonna di Pompei” sulle famiglie di tutto il mondo.


(musica)



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?vaiflv=0000518.flv&vaiserver=A&vai=ctv_frame00518.jpg&var1=19/10/2008&var2=CTV&var3=Benedetto%20XVI:%20il%20Rosario%20arma%20spirituale%20nella%20lotta%20contro%20il%20male&settimana=43&anno_perlinknav=2008&dal=19/10&...
+PetaloNero+
00lunedì 20 ottobre 2008 02:45
Benedetto XVI a Pompei mette il mondo nelle mani di Maria


Visita la città ricostruita dalle ceneri dal beato Bartolo Longo




POMPEI, domenica, 19 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha posto questa domenica il mondo nelle mani di Maria visitando il Santuario mariano di Pompei (Napoli).

Uno dei momenti culminanti del 12° viaggio pastorale in Italia è stato vissuto quando, dopo aver celebrato l'Eucaristia nella piazza del Santuario, il Papa ha guidato la Supplica alla Beata Vergine del Rosario, scritta dal beato Bartolo Longo nel 1883.

"Pietà oggi imploriamo per le Nazioni traviate, per tutta l'Europa, per tutto il mondo, perché pentito ritorni al tuo Cuore", afferma la preghiera.

Con le parole del beato, il Pontefice si è rivolto a Maria dicendo: "Se tu non volessi aiutarci, perché figli ingrati ed immeritevoli della tua protezione, non sapremmo a chi rivolgerci".

In seguito, come gesto d'amore filiale, ha offerto alla Madonna una Rosa d'oro.

Il Papa, giunto sul posto in elicottero dal Vaticano, è stato accolto alle dieci del mattino nel Santuario da 50.000 fedeli in festa per la terza visita di un Successore di Pietro.

Pompei è stata distrutta dalla lava e dalla pioggia di cenere il 24 agosto del 79 d.C., durante l'eruzione del Vesuvio.

La nuova Pompei è sorta 1796 anni dopo, rispondendo alla promessa fatta nel 1872 dall'avvocato laico Bartolo Longo di costruire una chiesa dedicata a Nostra Signora del Rosario.

Il Santuario ospita un'immagine della Madonna alla quale sono attribuite centinaia di miracoli e guarigioni.

Nell'omelia della celebrazione eucaristica, il Papa ha evocato la figura del beato Longo, che, come San Paolo, aveva perseguitato la Chiesa, "diventando un militante anticlericale e dandosi anche a pratiche spiritistiche e superstiziose".

Un uomo lontano dalla fede che cambia radicalmente perché incontra il "vero volto di Dio" trasformando il deserto in cui abita, ha detto.

"Dove arriva Dio, il deserto fiorisce! Anche il beato Bartolo Longo, con la sua personale conversione, diede testimonianza di questa forza spirituale che trasforma l'uomo interiormente e lo rende capace di operare grandi cose secondo il disegno di Dio".

"Questa città, da lui rifondata è dunque una dimostrazione storica di come Dio trasforma il mondo: ricolmando di carità il cuore dell'uomo", ha spiegato.

"Qui a Pompei si capisce che l'amore per Dio e l'amore per il prossimo sono inseparabili", "qui, ai piedi di Maria, le famiglie ritrovano o rafforzano la gioia dell'amore che le mantiene unite".

Il segreto di Pompei, ha concluso il Papa, è il Rosario: "Questa preghiera ci conduce, attraverso Maria, a Gesù".

"Il Rosario è preghiera contemplativa accessibile a tutti: grandi e piccoli, laici e chierici, colti e poco istruiti".

"Il Rosario è 'arma' spirituale nella lotta contro il male, contro ogni violenza, per la pace nei cuori, nelle famiglie, nella società e nel mondo", dijo.

Tras la misa y el Ángelus, el Papa almorzó con los obispos de Campania (la región italiana de Nápoles). Después visitó los restos de Bartolo Longo, y dirigió, en torno a las 17.00, el rezo del Rosario en el santuario, ofreciendo una meditación en la que propuso a los presentes, entre quienes había numerosos religiosos y religiosas, ser apóstoles del Rosario.

Posteriormente subió a la escalerilla del helicóptero para regresar a Roma cuando el sol se ponía en la Ciudad Eterna.




Il Papa presenta l'esempio dei genitori di Santa Teresina


Nel giorno della loro beatificazione




POMPEI, domenica, 19 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha presentato questa domenica l'esempio d'amore e di fede che offrono ancora oggi i genitori di Santa Teresina del Bambin Gesù, Louis Martin e Zélie Guérin.

La seconda coppia della storia elevata agli onori degli altari - Zélie visse tra il 1831 e il 1877 e Louis tra il 1823 e il 1894 - è stata beatificata durante una cerimonia presieduta nella Basilica di Lisieux dal Cardinale José Saraiva Martins, legato pontificio.

La data della beatificazione, la Giornata Mondiale delle Missioni (DOMUND), è significativa perché la figlia dei nuovi beati, Santa Teresa di Lisieux, è stata dichiarata da Pio XI patrona delle missioni.

"Questi nuovi Beati hanno accompagnato e condiviso, con la loro preghiera e con la loro testimonianza evangelica, il cammino della figlia chiamata dal Signore a consacrarsi a Lui senza riserve tra le mura del Carmelo", ha spiegato il Papa nel Santuario di Pompei, vicino Napoli.

"Con la loro vita di coppia esemplare hanno annunciato il Vangelo di Cristo - ha aggiunto parlando in francese -. Hanno vissuto ardentemente la loro fede e l'hanno trasmessa in famiglia e intorno a loro".

"La loro preghiera comune sia fonte di gioia e di speranza per tutti i genitori e tutte le famiglie", ha auspicato.

L'esempio d'amore dei nuovi beati è stato sintetizzato dal Papa con un'espressione scritta dalla loro figlia: "Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore".

Pensando alla beatificazione dei coniugi Martin, Benedetto XVI ha ricordato "un'altra intenzione, che mi sta tanto a cuore: la famiglia, il cui ruolo è fondamentale nell'educazione dei figli ad uno spirito universale, aperto e responsabile verso il mondo e i suoi problemi, come pure nella formazione delle vocazioni alla vita missionaria".


Il Papa ha quindi invocato “la materna protezione della Madonna di Pompei su tutti i nuclei familiari del mondo, pensando già al VI Incontro Mondiale delle Famiglie, in programma a Città del Messico nel gennaio 2009”.






Il Pontefice esorta a partecipare all'Incontro delle Famiglie in Messico


Si celebrerà dal 13 al 18 gennaio 2009




POMPEI, domenica, 19 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha esortato questa domenica a partecipare al VI Incontro Mondiale delle Famiglie, che si celebrerà a Città del Messico nel gennaio 2009.

Il Papa ha menzionato questo vertice mondiale, che egli stesso ha convocato a Valencia (Spagna) il 9 luglio 2006, visitando il Santuario di Pompei (Napoli).

Ricordando che in questo giorno sono venivano beatificati a Lisieux (Francia) i genitori di Santa Teresina del Bambin Gesù, Louis Martin e Zélie Guérin, ha confessato che nelle sue intenzioni di preghiera ce n'è una che occupa un luogo particolare: "la famiglia".

Il suo ruolo, ha affermato, è "fondamentale nell'educazione dei figli ad uno spirito universale, aperto e responsabile verso il mondo e i suoi problemi, come pure nella formazione delle vocazioni alla vita missionaria".

"Ed allora, quasi proseguendo idealmente il pellegrinaggio che tante famiglie hanno compiuto un mese fa a questo Santuario, invochiamo la materna protezione della Madonna di Pompei su tutti i nuclei familiari del mondo, pensando già al VI Incontro Mondiale delle Famiglie, in programma a Città del Messico nel gennaio 2009", ha aggiunto.

L'Incontro, programmato dal 13 al 18 gennaio, ha per tema "La famiglia, formatrice ai valori umani e cristiani".

Il Cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha annunciato che il Papa non potrà presiedere alla celebrazione per ragioni di salute, visto che i suoi medici gli hanno sconsigliato di recarsi in una città situata a più di 2.000 metri di altezza.

Come hanno spiegato gli organizzatori dell'incontro, il Santo Padre sta studiando altri modi per manifestare la sua vicinanza e il suo entusiasmo per questo Incontro.

Per ulteriori informazioni, www.emf2009.com


Ogni cristiano può essere missionario con la preghiera, afferma il Papa


Nella Giornata Mondiale delle Missioni (DOMUND)




POMPEI, domenica, 19 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Benedetto XVI è convinto che ogni cristiano, anche se è costretto a vivere in solitudine, possa essere un autentico missionario con la preghiera.

Recitando questa domenica a mezzogiorno la preghiera mariana dell'Angelus nella piazza del Santuario di Pompei, il Pontefice ha spiegato che il primo impegno missionario è la preghiera.

In questo giorno la Chiesa celebrava la Giornata Mondiale delle Missioni (DOMUND), che in quest'anno dedicato a San Paolo ha per tema una delle sue espressioni più famose: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1 Corinzi 9, 16).

"In questo mese di ottobre, mese missionario e del Rosario, quanti fedeli e quante comunità offrono il santo Rosario per i missionari e per l'evangelizzazione!", ha riconosciuto il Papa.

Per questo motivo, ha confessato, "sono lieto di trovarmi proprio oggi, in questa ricorrenza, qui a Pompei, nel più importante Santuario dedicato alla Beata Vergine del Santo Rosario".

"Ciò infatti mi dà modo di sottolineare con maggior forza che il primo impegno missionario di ciascuno di noi è proprio la preghiera".

"E' innanzitutto pregando che si prepara la via al Vangelo; è pregando che si aprono i cuori al mistero di Dio e si dispongono gli animi ad accogliere la sua Parola di salvezza", ha osservato.





Nel pomeriggio il Rosario presieduto da Benedetto XVI nel Santuario di Pompei: intervista con padre De Fiores


Questo pomeriggio alle 17.00, Benedetto XVI guiderà nel Santuario la preghiera del Rosario e terrà una meditazione. Il rito sarà seguito in diretta dalla nostra emittente. Saranno presenti in particolare i sacerdoti della Prelatura e le Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, congregazione fondata dal Beato Bartolo Longo. Al termine della preghiera, verso le 18.00, il Papa farà rientro, sempre in elicottero, in Vaticano, dove l’arrivo è previsto per le 19.00. Ma sulla primavera che sta vivendo oggi il Rosario, come ha ricordato più volte Benedetto XVI, ascoltiamo, al microfono di Sergio Centofanti, la riflessione del padre monfortano Stefano De Fiores:

R. – Dobbiamo a Giovanni Paolo II questo rinnovamento del Rosario attraverso la sua Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, dove richiama il contenuto essenziale del Rosario che è una contemplazione dei misteri di Cristo, con il cuore di Maria, quindi è tutt’altro che solo una pratica devozionale: è qualche cosa che incide per il profondo legame che ha con la liturgia e quindi anche con la Parola di Dio.


D. – Ecco: il Rosario è detto “Compendio del Vangelo”…


R. - … proprio perché i misteri della vita di Cristo passano sotto gli occhi di chi prega come in una sequenza – potremmo dire – “cinematografica”, per cui il cuore è fissato su quei misteri da cui scaturisce la nostra salvezza. Noi, contemplando, per esempio, la nascita di Gesù non possiamo che ricevere messaggi di gioia e di pace. Per questo Giovanni Paolo II ha affidato due intenzioni molto grandi al Rosario: la pace e la famiglia.


D. – Come pregare con il Rosario?


R. – Il Rosario ha un corpo e un’anima. Il corpo è la recita – diciamo – vocale; l’anima è la meditazione del Rosario. Quindi, un Rosario senza meditazione, un Rosario solamente come recita meccanica di preghiere, non ha valore religioso e – come diceva Luigi Maria Grignion de Montfort – è come un corpo senza anima.


D. – Alcuni trovano questa preghiera un po’ meccanica e ripetitiva, e trovano qualche difficoltà …


R. – La ripetizione fa parte del Rosario, è una sua caratteristica, perché l’unico modo, per noi, di assimilare una verità è quella di meditarci sopra, di ritornarci sopra, di ripetere. La ripetizione non è un esercizio meccanico, ma è un modo per assimilare – oggi diremmo: metabolizzare – il messaggio che viene dal Rosario, appunto attraverso la ripetizione delle parole. Anche se – come dice ancora il Papa – noi troviamo in questa ripetizione un esercizio di amore, perché quando uno ama, ama ripetere anche le stesse parole.


D. – Giovanni Paolo II invitava ad un ritmo tranquillo della preghiera del Rosario, che porta la pace nel cuore, diceva …


R. – Sì, questo appartiene alla contemplazione. Per noi, è sempre uno sforzo perché sembra che, neanche a fare apposta, mentre ci apprestiamo a recitare il Rosario, vengono fuori tutte le nostre distrazioni. In quel momento non dobbiamo perdere la pace ma dobbiamo ritornare al mistero soprattutto se l’Ave Maria finisce con la clausola cristologica, che è molto importante per il richiamo al mistero che si celebra, al mistero che si sta meditando. E dobbiamo anche dire una cosa, che il Rosario non è una pratica qualsiasi ma è una preghiera unica, perché in tutta la spiritualità occidentale non troviamo un’altra forma di preghiera che ci faccia meditare quei misteri che la Bibbia proclama, la liturgia celebra e il Rosario – appunto – medita e personalizza. Quindi è di grande importanza il Rosario proprio per realizzare nella vita il mistero che celebriamo nella liturgia e che Gesù, insieme con Maria, ha realizzato nell’arco della sua vita terrena.


D. – Il Rosario, preghiera di contemplazione che porta all’azione: noi vediamo infatti che dalla preghiera del Rosario è sbocciata a Pompei una vera cittadella della carità …


R. – Eh sì, qui c’è veramente un grande legame tra la carità e la meditazione del Rosario. La meditazione del Rosario sfocia in opere di carità come dimostra tutta l’esperienza del Beato Bartolo Longo che un po’ alla volta ha capito la forza del Rosario e si è battuto per renderla una preghiera sempre più universale e i frutti non sono mancati. Lui ha sentito vivamente l’ansia di riscattare gli ultimi, soprattutto gli orfani dei carcerati, sfatando anche i pregiudizi che li marchiavano come delinquenti nati. Bartolo Longo ha combattuto proprio queste idee mostrando come questi ragazzi, educati cristianamente, umanamente, sono poi diventati degli ottimi padri di famiglia che hanno lasciato un buon esempio.


D. – Nella mentalità odierna, però, il Rosario è visto spesso come una preghiera per suore e vecchiette …


R. – Sì, perché non si è capito il nucleo fondamentale del Rosario. E’ una preghiera meravigliosa, una preghiera con i suoi silenzi, con la proclamazione della Parola di Dio, con la meditazione. Non ci si rende veramente conto di quello che voleva appunto Giovanni Paolo II: far risplendere il Rosario ancora nella Chiesa, non come una preghiera per quelli che non hanno niente da fare, ma una preghiera del cristiano che viene aiutato ad assimilare nella propria vita quei misteri da cui è dipesa la redenzione dell’umanità, dall’Annunciazione fino alla Glorificazione finale della Vergine.


D. – Cosa direbbe per invitare i fedeli a pregare con il Rosario?


R. – La cosa migliore è quella di sperimentare il Rosario per ritrovare questo spazio di contemplazione nell’ambito della nostra vita così spesso movimentata e intensa.


Bartolo Longo ha fondato a Pompei una vera e propria cittadella della carità, con centri per orfani, figli di carcerati, giovani disagiati, donne in difficoltà. Ascoltiamo l’esperienza di suor Maria Neve, responsabile di alcune di queste opere sociali nate sulla scia del Rosario. L’intervista è di Sergio Centofanti:

R. – La mia esperienza è quella di vedere sul volto di questi bambini, quando ci vengono affidati, anche le stesse ragazze madri, o mamme già con qualche bambino in difficoltà, e notare in loro tanta tristezza, tanta solitudine e tanta paura. E poi, nel momento in cui arrivano nella nostra struttura, noi siamo solamente dei canali, dei mezzi, ma chi opera è la Madonna e il beato Bartolo Longo. E quindi, loro riescono a ritrovare pace, serenità.


D. – Quale messaggio vuole dare Pompei al mondo intero?


R. – Penso che sia quello dell’amore, perché se ci manteniamo uniti a Maria, attraverso la preghiera del rosario, che non è altro che la contemplazione dell’amore tra Lei e il suo Figlio, della vita di Gesù, noi ci impegniamo sul loro esempio, nonostante tutte le difficoltà. Se abbiamo Maria – diceva Bartolo Longo – con la corona tra le mani e con l’Eucaristia nel cuore, noi faremo cose grandi.



www.radiovaticana.org

+PetaloNero+
00lunedì 20 ottobre 2008 16:46
Il Papa a Pompei: il Santuario sia aperto al mondo come centro di irradiazione del Rosario e di intercessione per la pace tra i popoli. La testimonianza di mons. Carlo Liberati


Il Santuario di Pompei sia “aperto al mondo intero quale centro di irradiazione della preghiera del Rosario e luogo di intercessione per la pace tra i popoli”: con queste parole, pronunciate ieri pomeriggio durante la recita del Rosario, Benedetto XVI ha concluso la sua visita a Pompei. Particolarmente calorosa l’accoglienza dei tanti fedeli accorsi per pregare insieme al Successore di Pietro. Il servizio del nostro inviato, Sergio Centofanti:

(Canto)

Il Papa prima di entrare nel Santuario prega davanti alla tomba del Beato Bartolo Longo. Quindi, presiede la preghiera mariana davanti all’Immagine della Madonna del Rosario: un’icona del 1600 dalla storia imprevedibile come quella di Pompei. Bartolo Longo s’imbatte in questo dipinto ad olio a Napoli nel 1875: è abbandonato, logoro e divorato dalla tignola. Non vorrebbe prenderlo, è troppo rovinato, ma ha promesso ai contadini della campagna di Pompei che la sera avrebbero recitato il Rosario davanti ad un quadro della Vergine. L’icona è troppo grande per viaggiare in treno, così viene trasportata su un carro di letame. Non c’è altro mezzo. Ma potrà essere esposta alla venerazione pubblica solo un anno dopo, una volta effettuato un primo restauro: è il 13 febbraio 1876. Quel giorno, una bimba epilettica, giudicata inguaribile dal celebre professore Antonio Cardarelli, affidata dalla zia alla Madonna, guarisce miracolosamente. Inizia così la storia della Nuova Pompei, una storia - afferma Benedetto XVI nella sua meditazione - resa possibile grazie al Rosario, preghiera che fa “crescere nell’intimità con Gesù” insegnando “alla scuola della Vergine Santa a compiere sempre la volontà divina”. Il Papa esorta a diffondere questa preghiera, anzi ad essere “autentici apostoli del santo Rosario”:

“Ma per essere apostoli del Rosario, occorre fare esperienza in prima persona della bellezza e della profondità di questa preghiera, semplice ed accessibile a tutti. E’ necessario anzitutto lasciarsi condurre per mano dalla Vergine Santa a contemplare il volto di Cristo: volto gioioso, luminoso, doloroso e glorioso. Chi, come Maria e insieme con Lei, custodisce e medita assiduamente i misteri di Gesù, assimila sempre più i suoi sentimenti e si conforma a Lui”.

“Il Rosario - spiega Benedetto XVI - è scuola di contemplazione e di silenzio”:

“A prima vista, potrebbe sembrare una preghiera che accumula parole, difficilmente quindi conciliabile con il silenzio che viene giustamente raccomandato per la meditazione e la contemplazione. In realtà, questa cadenzata ripetizione dell’Ave Maria non turba il silenzio interiore, anzi, lo richiede e lo alimenta”.

Un silenzio che lascia affiorare, attraverso le nostre parole, l’unica Parola necessaria, quella di Dio:

“Così, recitando le Ave Maria occorre fare attenzione a che le nostre voci non ‘coprano’ quella di Dio, il quale parla sempre attraverso il silenzio, come ‘il sussurro di una brezza leggera’ (1 Re 19,12). Quanto è importante allora curare questo silenzio pieno di Dio sia nella recita personale che in quella comunitaria!”

Il Papa richiama quindi “la dimensione apostolica del Rosario, una dimensione che il Beato Bartolo Longo ha vissuto intensamente, traendone ispirazione per intraprendere in questa terra tante opere di carità e di promozione umana e sociale”:

“Inoltre, egli volle questo Santuario aperto al mondo intero, quale centro di irradiazione della preghiera del Rosario e luogo di intercessione per la pace tra i popoli. Cari amici, entrambe queste finalità: l’apostolato della carità e la preghiera per la pace, desidero confermare e affidare nuovamente al vostro impegno spirituale e pastorale”.


Poi, tra gli applausi, il Papa in segno di devozione e affidamento ha offerto alla Madonna una Rosa d’oro. Infine, ha rivolto un ultimo saluto ai fedeli dal sagrato del Santuario: “Rimango sempre con il cuore vicino a voi, a questo bellissimo Santuario, a questa gente di fede, piena di fede, di entusiasmo e di carità. Grazie! Siamo fedeli alla Madonna e così siamo fedeli alla pace e alla carità”.
(Canto)

Pompei “cittadella di Maria e della carità” non è “una cattedrale nel deserto”, “isolata dal mondo” ma piuttosto è “inserita nel territorio per riscattarlo e promuoverlo”: lo ha affermato Benedetto XVI all'omelia della Messa nel Santuario campano, situato nella martoriata terra di Campania, afflitta dalla povertà e dalla diffusione del crimine organizzato. Roberta Gisotti ha intervistato l’arcivescovo Carlo Liberati, delegato pontificio per il Santuario:

D. - Eccellenza, qualcuno ha osservato che il Papa non ha parlato direttamente di camorra: ma qual è stato il cuore del suo messaggio?


R. - Il Papa non ha parlato di camorra, ma il popolo che viene a Pompei è il popolo dei cattolici praticanti, il popolo degli onesti, le famiglie autentiche, vere, genuine, che compongono lo ‘zoccolo duro’, possiamo dire, del popolo italiano e della Chiesa italiana. Il Papa ha voluto incoraggiare coloro che credono, che soffrono per credere. E’ chiaro che il Papa guarda lontano anche a quelli che possono essere recuperati. Noi, nel Battesimo, abbiamo ricevuto un germe: il germe del bene, dell’amore, quindi della bontà condivisa e che deve diventare crescente. Il Papa ha voluto incoraggiarci ad ascoltare questo messaggio divino, a praticarlo nella nostra vita, ad essere testimoni di un nuovo mondo di amore.
D. - Non ci sarebbe dunque motivo di delusione per i campani: il Papa è senz’altro loro vicino, vicino alle sofferenze anche nel loro quotidiano...


R. - Certamente. Non solo non c’è stata nessuna delusione, ma c’è stato un corale applauso di ringraziamento, di riconoscenza, di benevolenza verso il Papa.


D. - Eccellenza, a questo proposito, quale sprone si attende dalla visita del Papa, per lei che nell’esperienza quotidiana di pastore vive il diffuso degrado sociale di questa regione ma anche - dobbiamo sottolineare - lo scoramento diffuso tra le gente perbene?

R. - Noi dobbiamo essere seminatori di speranza ma non solo predicatori di speranza, perché tante volte - anche nelle nostre omelie, forse pur con le intenzioni più belle - ci perdiamo in vaghe esortazioni e in generici incoraggiamenti a fare il bene. Noi tutti ci dobbiamo rimboccare le maniche e adesso, qui, subito, dobbiamo ricostruire il Regno di Dio, coalizzando gli onesti. Anche la Campania è piena di questo popolo di Dio buono, sincero, vero, che cerca il bene e che lo vuole costruire. E noi dobbiamo essere gli organizzatori di questa bontà e questo avviene nel cuore della Chiesa, questo avviene nel cuore di Pompei. Il Papa ieri ci ha detto delle espressioni che mi commuovono ancora: “Lascio qui il mio cuore”, tre volte l’ha detto.

D. - E’ tempo che il bene torni a riemergere in Campania?


R. - Il bene non è mai stato assente in Campania, ma lei sa che a volte i giornalisti inventano le notizie perché vogliono creare il "prurito" negli occhi e nelle orecchie delle persone che leggono e che ascoltano, per fare notizia, per vendere i loro giornali. Facciamo attenzione che non diventi anche questo un degrado ed una degenerazione della democrazia. In fondo, lo Stato è quello che noi vogliamo che sia e per fare questo dobbiamo ascoltare i buoni, e dare a loro la possibilità di esprimersi, di fare opinione pubblica. Allora credo che i giornali, i settimanali, le radio, le televisioni, devono smetterla di interessarsi di tante sciocchezze, di tante superficialità, per ritornare ai valori veri, a quelli dei Comandamenti, delle Beatitudini, soprattutto a quelli dell’amore e della solidarietà tra noi.


D. - E’ giusto, eccellenza, che il bene si coalizzi da un angolo all’altro del mondo, da una regione all’altra dell’Italia?


R. - Ma che cos’è la Chiesa, come comunità, se non un’immensa coalizione di amore che noi ogni giorno cerchiamo di organizzare così da combattere, quotidianamente, la battaglia contro il male, contro tutte le morti, spirituali e fisiche, contro tutte le ingiustizie? Abbiamo bisogno di cambiare tante cose. Ma come si fa a costruire una pace se non c’è la giustizia? Anzi, se vige l’ingiustizia, la sperequazione? Allora dobbiamo tornare a sentirci e a predicare, a vivere, a soffrire, per poterci sentire tutti fratelli e sorelle, figli di Dio. Allora avremo, nell’amore reciproco, il risultato della pace.


www.radiovaticana.org


Paparatzifan
00lunedì 20 ottobre 2008 20:38
Dal blog di Lella...

«Con il cuore resterò vicino a questa terra»

Il saluto alla folla in un fuori programma

DALL’INVIATO

DONATELLA TROTTA

Pompei.

Un pellegrinaggio di preghiera. Una visita pastorale dalla forte valenza spirituale. Ma anche un incontro di amore e attenzione per la realtà campana dalle molteplici implicazioni simboliche: «È giunto il momento del mio congedo, ma con il cuore rimango sempre vicino a voi, a questa terra, a questa gente piena di fede e di carità. Ringrazio la vostra comunità, che è fedele alla Madonna, e dunque seguace della pace e dell’amore. Arrivederci!».
È un piccolo fuori programma spontaneo intriso di tenerezza il saluto, ieri, di Benedetto XVI a Pompei, a braccia tese sul sagrato del santuario della Beata Vergine del Rosario: quasi ad abbracciare i fedeli che fino all’ultimo lo acclamano, raccolti nella piazza intitolata a Bartolo Longo, fondatore della «città nuova» sorta sulle ceneri di quella romana antica, sito archeologico meta di 3 milioni di visitatori annui che convive con il più importante santuario mariano d’Italia, con un flusso di 4 milioni di pellegrini.
Sono le 18 passate: mentre il sole - che ha illuminato e riscaldato tutta la giornata del dodicesimo viaggio del suo pontificato - tramonta, il Papa in partenza per Roma esce dalla basilica dove ha appena recitato il rosario, sostato in raccoglimento - dopo un incontro ristretto con alcuni benefattori del santuario - davanti alle spoglie del Beato Bartolo Longo, donato una grande rosa d’oro alla Madonna e letto una meditazione sul senso profondo di questa orazione, potente «arma spirituale nella lotta contro il male, contro ogni violenza», come in mattinata la definisce nella sua omelia.
Perché la preghiera è, per Benedetto XVI, «primo impegno missionario» - lo ribadisce nell’Angelus a mezzogiorno - oltre che veicolo privilegiato «per la pace nei cuori, nelle famiglie, nella società e nel mondo». Una preghiera, il rosario, rilanciata e resa celebre dal Beato Bartolo Longo a fine Ottocento a Pompei - non a caso chiamata da Leone XIII «parrocchia del mondo» - con un apostolato la cui attualità viene sottolineata con forza da papa Ratzinger, che paragona la figura di questo avvocato laico, convertito dopo una crisi spirituale sulla via del culto mariano e motore di opere di bene tuttora operanti, a quella di Paolo di Tarso, apostolo della Parola. Il pontefice torna a Pompei - dove è già stato da cardinale, nel 1998 - a un anno esatto dalla sua visita pastorale a Napoli: «Segno di una particolare predilezione di Benedetto XVI per la nostra terra» ma anche un segnale di attenzione per un luogo paradigmatico che «la Madonna ha saputo trasformare da zona di paludi in città di fede e di amore, dimostrando che l’aiuto dall’alto serve, ma con l’impegno di tutti, perché le paludi sono sempre in agguato», dice il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e presidente dei vescovi campani che ha concelebrato, sul sagrato della basilica, la messa presieduta dal papa con tutti i vescovi campani e con i cardinali Michele Giordano, Renato Raffaele Martino e Camillo Ruini (tutti commensali del Papa nel Palazzo della Delegazione Pontificia, con un menu dal sapore mediterraneo). Ad accogliere Benedetto XVI, atterrato poco dopo le 10 in elicottero sul piazzale dell’area Meeting del santuario, poi raggiunto in papamobile tra ali di folla festante, l’arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio di Pompei, Carlo Liberati, che in apertura della messa sul grande palco allestito con i colori biancogialli del vaticano ha ricordato al pontefice la storia, l’evoluzione e le attuali opere pie del santuario, pur nella consapevolezza, ha aggiunto, di «trovarci al guado in un tempo di rapide trasformazioni sociali e di grandi pericoli per l’infanzia, l’adolescenza, la famiglia insidiata da ogni dove», ha sottolineato Liberati. Con lui, nel parterre di accoglienza - tra gli altri - il ministro per i Beni culturali, Sandro Bondi, il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, quello della provincia di Napoli, Dino Di Palma, il prefetto di Napoli Alessandro Pansa e il sindaco di Pompei, Claudio D’Alessio, che ha voluto consegnare al papa le «chiavi d’oro» della città: «Siamo gente del sud, viviamo in una terra a volte martoriata, eppure bella e ricca di bene», ha detto il sindaco ribadendo il bisogno della gente di Pompei di ascoltare, dal pontefice, «la voce della ragione etica dell’umanità».
Erano migliaia (circa 20mila) i fedeli provenienti non solo dalla Campania ma anche dalla Puglia, dalla Calabria, dal Lazio, dal Veneto, riuniti con entusiasmo, raccoglimento e momenti di commozione per ascoltare quella voce autorevole, e condividere poi la recita della Supplica alla Vergine, preghiera scritta dallo stesso Bartolo Longo. «L’unico beato laico dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro», sottolinea con malcelato orgoglio il delegato Luigi Ramunno, docente universitario impegnato in quel volontariato laico che è l’altro volto, quello luminoso, che ieri ha voluto stringersi intorno al papa teologo autore delle encicliche Deus caritas est e Spe salvi.

© Copyright Il Mattino, 20 ottobre 2008


Paparatzifan
00lunedì 20 ottobre 2008 21:27
Dal blog di Lella...

Benedetto XVI lascia Pompei
Senza citare la camorra

Per scelta di campo, il Pontefice ha detto che non citerà mai la camorra né le altre piaghe della Campania

di Conchita Sannino

Li lascia con un´esortazione che per scelta di campo non citerà mai la camorra né le altre piaghe della Campania, ma che sprona più di molte denunce.
«Non lasciatevi cadere le braccia, ma lavorate. Non smettete - esorta Papa Benedetto XVI nella sua visita a Pompei, la seconda in Campania - di perseverare nel bene senza scendere a compromessi» per la giustizia. «Non stancatevi mai di impegnarvi - aggiunge ancora il Pontefice - di lavorare con passione in questa parte della vigna del Signore che la Madonna ha mostrato di prediligere».
Perché «la carità che a Pompei si incarna in tante opere, è il volto di una società diversa, cristiana, posta come fermento all´interno del contesto civile». Sono le 18.45, già buio e quasi un´ora di ritardo sulla tabella di marcia, quando si chiude la lunga giornata del Papa tra i 50 mila pellegrini accorsi a Pompei intorno al tempio per eccellenza consacrato alla Madonna del Rosario.
«Ora devo andare, ma il mio cuore rimane vicino a questa terra e a questa comunità», mormora Ratzinger dall´altare del santuario di Pompei alla fine della recita del Rosario. Scatta un lungo applauso con la gente che grida "Viva Benedetto". Da Pompei il Papa rilancia il «dono della preghiera del Rosario: potente e semplice, profonda e accessibile a tutti», e quindi « «arma spirituale nella lotta contro il male e contro ogni violenza, per la pace nei cuori, nelle famiglie, nelle società».
Non è affatto un caso se il Pontefice non chiama per nome le numerose ferite aperte di questa terra. Tanto che, di fronte alle domande di qualche cronista, sarà padre Ciro Benedettini, il vice direttore della Sala stampa della Santa Sede, a precisare: «La parola camorra è stata esclusa di proposito dai discorsi del Papa perchè ne ha parlato altre volte, anche l´anno scorso a Napoli».
Ma soprattutto per due motivi che padre Benedettini illustra: «Per una forma di rispetto per le persone per bene, che in Campania sono la maggior parte. E perché questo viaggio aveva il carattere di un pellegrinaggio». La Campania - aggiunge ancora il religioso - «non è solo questo e il Papa ha inteso incoraggiare l´impegno delle persone per bene nella difesa dei valori e nella solidarietà accanto a chi soffre, a chi è nel disagio sociale o economico». Una lunga giornata all´insegna della forza «salvifica di Maria», e del «ruolo della famiglia, cellula fondamentale nell´educazione dei figli».
Ce ne sono a migliaia, di famiglie, in piazza Bartolo Longo, fin dalle prime ore del mattino. Papa Ratzinger viene accolto, al suo arrivo, dall´arcivesovo della Prelatura di Pompei Carlo Liberati e dal ministro Sandro Bondi, con il governatore Bassolino e il presidente della Provincia Di Palma. Arrivano una cinquantina tra cardinali e vescovi, voci autorevoli come il cardinale Camillo Ruini e il cardinale Martino per il Consiglio Pontificio Pace e giustizia, e gli alti prelati di tutta la Campania, a cominciare dal cardinale Sepe. Nel parterre anche i coniugi Clemente e Sandra Mastella e un confuso Vittorio Sgarbi.

Il momento più commovente è quello dell´incontro del Papa con i bambini. Luigi D´Amora, 6 anni, di Scafati, lo chiama a squarciagola «Ehi, Papa, vieni», fino a quando non riceve il suo abbraccio. Così con Gabriella Rainone e Ciro Scarico quando si inginocchiano dinanzi al Pontefice, accompagnati da padre Filippo: sono due degli oltre 150 bambini accolti e assistiti nel centro diurno gestito dai Fratelli delle scuole cristiane. E sono, come dice don Filippo al Papa, «il volto vero della Chiesa a Pompei, i poveri che possono sorridere e cambiare vita».
È lo stesso don Filippo che alle 18.30 bloccherà, non senza qualche secondo di sgomento, la Papamobile che sta portando Benedetto XVI verso l´elicottero. «No, dovete sentire la banda Bartolo Longo. È un lungo giorno che vi aspettano». Ratzinger sorride e ascolta O sole mio.

© Copyright Repubblica (Napoli), 20 ottobre 2008


Paparatzifan
00lunedì 20 ottobre 2008 21:30
Dal blog di Lella...

POMPEI, LA VISITA DEL PAPA SI CHIUDE CON UN BOATO DI GIOIA

Benedetto XVI si è concesso ai fedeli, ma non ha dimenticato i temi caldi del territorio: "Vi lascio, ma il mio cuore resta vicino a questa terra".

Autore: Francesco Rossi

È stata una giornata intensa, quella vissuta da Benedetto XVI a Pompei, anche nella sua parte conclusiva. Dopo una breve pausa di ristorazione, il Papa ha recato visita alla salma del Beato Bartolo Longo, dedicandole alcuni momenti di intensa preghiera. È seguita poi la celebrazione del Rosario nella cornice prestigiosa di un Santuario naturalmente gremitissimo.
È stato alla fine della celebrazione, però, che il legame tra fedeli e Papa si è manifestato con maggior veemenza: il Santo Padre infatti, prima di recarsi alla papa-mobile e quindi all’elicottero, ha voluto effettuare un lungo percorso tra le file dei sedili, intrattenendosi a baciare bambini e sfiorare le mani di tutti coloro che sempre più insistentemente si protendevano verso di lui.
Grande trasporto inoltre per il discorso che ha chiuso il Rosario, riproposto da Ratzinger come "preghiera contemplativa" e per cui "si deve riscoprire l’importanza del silenzio interiore". "Cari amici”, ha poi conclamato prima di lasciare il Santuario, “desidero confermare e affidarmi al vostro impegno spirituale e pastorale; non stancatevi di lavorare con passione. Ma è giunto ora il momento di congedarmi da voi e dal resto del Santuario, vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza e soprattutto per le vostre preghiere. Devo lasciarvi ma il mio cuore rimane vicino a questa terra".
Accompagnato dall’applauso forse più sentito della giornata, il Papa ha donato una rosa d’oro alla Basilica della Vergine, simbolo di grande devozione e al tempo stesso "griffe" del magistero di Benedetto XVI.
Un dono, quella della rosa, che si aggiunge agli altri simboli e fulcri tematici di questa giornata pastorale, tra cui è emersa evidente la mancata argomentazione di un tema caldo come la camorra, tra l’altro già ampiamente sottolineato in sede della visita a Napoli. Molto apprezzato dai fedeli inoltre un inconsueto atteggiamento caloroso del Papa, un’espansività che l’ha improvvisamente distanziato dall’archetipo di pontefice distaccato, sintetizzata in una frequente apertura delle braccia, quasi ad indicare un ideale abbraccio a tutti i presenti.
Un momento molto intenso, infine, all’esterno della Cattedrale, dove il Pontefice ha voluto dare un ultimo saluto con un "Arrivederci!", accompagnato da un boato assordante della folla. Alle 18:40 circa l’elicottero dell’Aeronautica Militare si è poi alzato in volo dirigendosi spedito verso il Vesuvio e quindi verso Roma.

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