Berlusconi salva la Mondadori con la legge ad aziendam: la maxicausa chiusa con una transazione

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angelico
00mercoledì 11 agosto 2010 11:11
Tasse evase, si conclude una vicenda iniziata nel 1991 con una plusvalenza da 173 milioni. Sono bastati 8,6 milioni
CONFLITTO INTERESSI
La legge ad aziendam salva la Mondadori
la maxicausa chiusa con una transazione
Tasse evase, si conclude una vicenda iniziata nel 1991 con una plusvalenza da 173 milioni. Una cifra su cui per il fisco andavano pagati Ilor e Irpeg. Sono bastati 8,6 milioni
di SARA BENNEWITZ ed ETTORE LIVINI
La sede della Mondadori a Segrate
MILANO - Legge salva-Mondadori doveva essere e legge salva-Mondadori è stata. La casa editrice controllata dalla Fininvest si avvia a chiudere con una mini-transazione da 8,6 milioni un contenzioso quasi ventennale in cui l'agenzia delle entrate le contestava il mancato pagamento di 173 milioni di tasse evase nel '91, in occasione della fusione tra Amef e Arnoldo Mondadori. Segrate ha già contabilizzato a tempo di record nella sua semestrale il versamento della sanzione per calare il sipario sulla partita con l'amministrazione finanziaria "grazie al decreto legge 25 marzo 2010 n. 40 sulla chiusura delle liti pendenti". Si tratta - in soldoni - del cosiddetto "Lodo Cassazione", un provvedimento contestato dall'opposizione per il macroscopico conflitto d'interessi del premier che consente di archiviare i processi tributari arrivati in Cassazione con due sentenze favorevoli al contribuente mediante il pagamento del solo 5% del valore della lite.

La società di Marina Berlusconi - che aveva vinto in primo e secondo grado le cause con il fisco - ha colto subito la palla al balzo archiviando questo delicatissimo caso giudiziario prima della decisione della Corte suprema. I vertici di Segrate hanno confermato nella relazione di bilancio "la convinzione della correttezza" del proprio operato ma hanno preferito metter mano al portafoglio per "non esporre l'azienda a una situazione di incertezza ulteriore". Anche perché negli ultimi mesi il contenzioso con l'erario aveva causato più di un attrito tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini.

Il presidente della Camera negli ultimi due anni si è messo di traverso per ben due volte alla norma salva-Mondadori che la maggioranza ha provato a far approvare a più riprese: in una prima occasione facendo cancellare la cosiddetta "definizione agevolata delle liti" dal pacchetto giustizia per il processo breve messo a punto da Angelino Alfano e poi costringendo il governo a sfilarla lo scorso novembre dalla finanziaria 2010 dopo essere stato avvisato in extremis della presenza del decreto tra le pieghe della legge di bilancio dal relatore al Senato Maurizio Saia (Pdl).

L'ennesima legge ad personam, però, una volta uscita dalla porta, è rientrata dalla finestra ben mimetizzata all'interno del Dl incentivi. E a questo punto, nella scorsa primavera, anche Fini ha ceduto, dando luce verde al provvedimento che ha consentito tra l'altro alla società di casa Berlusconi di evitare un imbarazzante braccio di ferro con il ministero dell'economia di Giulio Tremonti. La controllata Fininvest a dicembre 2009 aveva accantonato in bilancio solo 1,8 milioni a fronte delle liti pendenti con l'erario.

Il vecchio contenzioso fiscale di Segrate era un serio cruccio pure per lo stesso presidente del consiglio che in una conversazione telefonica intercettata con l'ex consigliere Agcom Giancarlo Innocenzi si lamentava delle richieste per il divorzio di Veronica Lario - "mia moglie vuole 45 milioni" - paragonandole alla voracità di un fisco che gliene chiedeva 900 milioni. In realtà la cifra richiesta dalle Entrate alla Mondadori (tecnicamente legata al disavanzo di fusione con Amef) era di soli 173 milioni dell'epoca destinati a salire con gli interessi a 350 milioni. Una cifra comunque molto importante per la casa editrice di Segrate che ha chiuso l'esercizio 2009, un anno difficile per tutta l'editoria, con 34 milioni di utile netto e un giro d'affari di 1,5 miliardi di euro.
(11 agosto 2010)

www.repubblica.it/politica/2010/08/11/news/mondadori_tasse-6213685/?ref...
angelico
00mercoledì 11 agosto 2010 18:03
Rischia la “Salva-Mondadori” La Cassazione ricorre alla Corte di Giustizia. Tutta colpa di un vecchio guaio fiscale di De Benedetti La guerra di Segrate per il controllo della Mondadori continua, ma è durata così a lungo – vent’anni – che ormai assume forme sempre più strane. Per un caso del destino, un vecchio guaio fiscale di Carlo De Benedetti è diventato l’occasione per bloccare il regalo del governo Berlusconi alla Mondadori (che è della Fininvest, cioè la holding che fa capo proprio a Silvio Berlusconi). I giudici della Cassazione, partendo dal procedimento che riguarda gli ex partner di De Benedetti della 3M Italia, fanno ricorso alla Corte di Giustizia europea, per bloccare la norma “ad aziendam” che permette alla Mondadori di risolvere un contenzioso con il fisco da 200 milioni pagandone solo 10. E tutto questo mentre la Cassazione – e proprio il procedimento Mondadori – sono al centro dell’inchiesta sulla cosiddetta P3. Ma partiamo dall’inizio.

DOPO SEGRATE. Nel 1991 la Fininvest di Silvio Berlusconi riesce a sottrarre la Mondadori a Carlo De Benedetti grazie a una sentenza che tre gradi di giudizio hanno stabilito essere stata comprata, con i giudici corrotti da Cesare Previti nell’interesse della Fininvest. Grazie all’imprenditore Giuseppe Ciarrapico, mandato da Giulio Andreotti, si trova una mediazione: a De Benedetti restano L’espresso, Repubblica e i quotidiani locali, in quel momento parte della Mondadori, a Berlusconi tutto il resto. Vent’anni dopo non è ancora finita, pende ancora un risarcimento da 750 milioni di euro che la Fininvest potrebbe dover pagare alla Cir di De Benedetti. Una vicenda marginale di quello scontro riguarda un contenzioso della Mondadori con il fisco, derivante da una fusione interna al gruppo seguita alla guerra di Segrate. Lo Stato chiede alla Mondadori 200 milioni di euro per plusvalenze non contabilizzate in una fusione tra due holding (operazione preliminare al passaggio delle testate giornalistiche a De Benedetti). Mondadori vince il primo e il secondo grado di giudizio, ma lo Stato non si arrende, nel 2000 la vicenda finisce in Cassazione: a firmare il ricorso per conto della Mondadori è un famoso fiscalista, l’avvocato Giulio Tremonti. Dieci anni dopo Tremonti è ministro dell’Economia; mentre sta approvando la Finanziaria 2010 compare un emendamento che si presenta come un condono mirato: i soggetti che hanno contenziosi aperti con il fisco, hanno vinto i primi due gradi e sono in Cassazione, possono sanare la propria posizione pagando solo il 5 per cento del dovuto. E’ l’identikit della Mondadori, che se la caverebbe con 10 milioni. Il blitz salta, lo ferma Gianfranco Fini, presidente della Camera. La Procura di Roma, nelle carte dell’inchiesta sulla nuova loggia P3 ipotizza che a quel punto un gruppo di soggetti che agisce nell’interesse di Berlusconi sceglie un’altra strada. I pm attribuiscono il trasferimento (28 ottobre 2009) dal giudice competente alle sezioni unite alle pressioni su Vincenzo Carbone, primo presidente della Cassazione fino a gennaio e quindi presidente delle sezioni unite, fatte da Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, due degli esponente più attivi della cosiddetta P3. In cambio a Carbone sarebbe stato promesso uno slittamento di tre anni della pensione (obbligatoria a 75 anni). Per Berlusconi era anche il candidato ideale alla presidenza della Consob. Se le cose sono andate come dice l’accusa, la norma serve a guadagnare tempo. In primavera i parlamentari Pdl tornano all’assalto e la norma salva-Mondadori diventa legge a maggio, come emendamento al decreto sugli incentivi.

TUTTO INUTILE? Ma forse è stato tutto inutile. Il primo ad approfittarne non è però Berlusconi, bensì un partner d’affari di De Benedetti negli anni Novanta, 3M Italia. Lo si apprende solo ora perché il 4 agosto la Cassazione, presieduta da Ernesto Lupo, ha depositato un’ordinanza con cui si chiede alla Corte di Giustizia europea di pronunciarsi sulla norma “salva-Mondadori”, per stabilire se è compatibile con la normativa comunitaria. La storia comincia nel 1996. La Procura di Ivrea chiede il rinvio a giudizio di varie persone, tra cui Carlo De Benedetti allora alla testa dell’Olivetti, per una presunta elusione fiscale da 43 miliardi di lire dell’epoca. La debenedettiana Olivetti, secondo l’accusa, si era prestata a una complessa operazione finanziaria con la quale due società americane, la 3M e la Shearson Lehman usavano una filiale italiana, la 3M Italia, per pagare meno tasse sui dividendi. L’Olivetti incassava i dividendi della 3M Italia, controllata della 3M, per conto della Sherman. Si chiama dividend washing. La vicenda penale si chiude per De Benedetti nel 1997, quando viene prosciolto “perché il fatto non sussiste”. Ma il fisco la pensa diversamente. Nel 2005 la sezione tributaria della Cassazione stabilisce che ha ragione lo Stato a chiedere indietro i soldi alla Olivetti, nel 2010 è ancora in pista il contenzioso tra il Tesoro e la 3M: lo Stato reclama 43 milioni di euro. I vecchi partner di De Benedetti nell’operazione considerata legittima dalla giustizia penale ma truffaldina dal fisco erano stati fulminei: a meno di una settimana dall’entrata in vigore della “salva-Mondadori” stavano già approfittandone per chiudere il contenzioso pagando soltanto 1,1 milioni su 43.

IL DIRITTO UE. Ma la Cassazione protesta. Secondo i magistrati della sezione contabile, il regalo governativo alla Mondadori si configura come un abuso di uno dei principi su cui si regge il mercato unico europeo, cioè la libertà di movimento dei capitali. In pratica, dicono i giudici, l’Italia rinuncia all’impegno di “reprimere pratiche abusive”, rinunciando quasi del tutto alle “pretese impositive”. E questo, stando al testo della legge, non è motivato da ragioni di politica economica, ma è una resa di fronte ai tempi lunghi della giustizia. Se la Corte di Strasburgo darà ragione alla Cassazione, il condono pensato e approvato per la Mondadori non sarà applicabile. E De Benedetti, che ancora aspetta i 750 milioni di euro di risarcimento dalla Fininvest, avrà almeno un’occasione di esultare in questa ennesima puntata della guerra iniziata a Segrate vent’anni fa.

Da Il Fatto Quotidiano del 11 agosto 2010


www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/11/rischia-la-%E2%80%9Csalva-mondadori%E2%80%9...
angelico
00sabato 7 maggio 2011 01:57
Marina Berlusconi attacca Repubblica
la replica: Mondadori presa con la frode
Il presidente di Fininvest sulle "leggi ad aziendam". Ezio Mauro: "Create dal premier per usufruirne"
Marina Berlusconi
ROMA - "La signora Berlusconi ha lo spazio di un'intera pagina, ma non affronta mai il problema capitale. La sedia su cui è seduta alla Mondadori è stata ottenuta fraudolentemente con la corruzione dei magistrati, strappando l'azienda al legittimo proprietario, attraverso la frode e la corruzione dei magistrati. Tutto questo certificato da tre gradi di giudizio e da una sentenza passata in giudicato. Di che cosa stiamo parlando?". Il direttore de La Repubblica, Ezio Mauro, risponde così alla figlia del premier che, in un'intervista al Corriere della Sera, ha sollevato "una questione di coerenza" a proposito della "polemica avviata e cavalcata da Repubblica sulla presunta "legge ad aziendam" per un contenzioso fiscale che riguardava la Mondadori". Secondo Marina Berlusconi, oltre alla Mondadori altre centosette aziende hanno usato la legge e, tra queste, "il gruppo di De Benedetti con l'editrice di Espresso e Repubblica. In silenzio hanno usato quella stessa norma che pubblicamente li ha fatti gridare allo scandalo". Il presidente della Mondadori, peraltro, ha accusato Repubblica di essere "la vera Formula uno del fango".

"Mi dispiace dovermi occupare per un minuto di una miseria italiana - ha replicato Mauro nel corso di "Repubblica domani" 1 in onda su "Repubblica Tv" -. Io non ho mai tirato in causa Marina Berlusconi, ma lei tira in causa impropriamente e maldestramente Repubblica. Merita non una risposta, ma un richiamo ai fatti. Il nostro gruppo usufruisce delle leggi della Repubblica italiana, diverso è costruirsi le leggi per poterne usufruire. E' una differenza che capisce chiunque, meno la signora Berlusconi. Un conto è muoversi nella legalità - ha aggiunto Mauro -, un conto è intervenire su quella legalità forzandola al punto da costruire strumenti di cui poi si usufruisce, come dimostra la legislazione ad personam, ancor più di quella ad aziendam".

Marina Berlusconi, dopo l'intervento del direttore de La Repubblica, è tornata di nuovo sulla polemica: "Il signor Ezio Mauro - ha affermato il presidente della Mondadori in una nota - non trova di meglio che dare "maldestramente" lezioni di legalità e arrivare alla totale manipolazione dei fatti. Un ottimo esempio, questo sì, di assoluta coerenza rispetto alla linea editoriale e ai comportamenti suoi e del suo giornale".
(06 maggio 2011)

www.repubblica.it/economia/2011/05/06/news/marina_berlusconi-1...
angelico
00lunedì 4 luglio 2011 18:18
Nella manovra un comma
per bloccare risarcimento a Cir
Prevista la sospensione delle maxicondanne in sede civile. Il Pd: "Una vergogna, lacrime e sangue per il paese, e protezione ai più ricchi"
Carlo De Benedetti

ROMA - Nelle pieghe della manovra un'altra norma ad personam per il presidente del Consiglio e le sue aziende. Viene infatti deciso lo stop in appello all'esecuzione delle condanne civili che superino i dieci milioni di euro e stop in Cassazione per quelle che vanno oltre i 20 milioni, in cambio di una idonea cauzione. Due modifiche al codice di procedura civile che potrebbero influire anche sull'attesa sentenza d'appello per il Lodo Mondadori, prevista per la fine di questa settimana. Mediaset in primo grado era stata condannata a risarcire la Cir con 750 milioni di euro.

La bozza aggiunge infatti un comma all'articolo 283 del codice di procedura civile che parla dei provvedimenti sull'esecuzione provvisoria in appello e che prevede che il giudice dell'appello, "su istanza di parte quando sussistono gravi e fondati motivi sospende in tutto o in parte l'efficacia esecutiva o l'esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione". Il comma aggiuntivo che sarebbe spuntato nella manovra economica recita: "La sospensione prevista dal comma che precede è in ogni caso concessa per condanne di ammontare superiore a dieci milioni di euro se la parte istante presta idonea cauzione".

LE TAPPE DEL PROCESSO MONDADORI 1

IL TESTO PROVVISORIO DELLA FINANZIARIA 2

La capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, ha duramente criticato la norma. "Sono senza vergogna, è scandaloso che in una finanziaria che prefigura lacrime e sangue per il paese sia contenuta una norma di classe, che consente ai più ricchi dilatare il regolare corso della giustizia e che, guarda caso, molto probabilmente farà tirare un sospiro di sollievo alle aziende del presidente Berlusconi", ha dichiarato in una nota. "Si tratta di una norma nascosta alla fine dell'articolo 37 della manovra che modificando l'articolo 373 del codice di procedura civile, guarda caso, interviene sul processo Fininvest-Cir, quello sulla vicenda del Lodo Mondadori imponendo l'automatica esecuzione della sentenza che ha condannato Fininvest a risarcire Cir con 750 milioni di euro. Siamo davanti ad una norma 'pro Berlusconi', altro che partito degli onesti, anche in momenti così difficili il premier non dimentica gli interessi delle proprie imprese", ha spiegato.


(04 luglio 2011)


www.repubblica.it/politica/2011/07/04/news/nella_manovra_un_comma_per_bloccare_il_risarcimento-18652993/?re...
angelico
00lunedì 4 luglio 2011 18:18
Norma pro Berlusconi nella manovra
Il governo blocca il Lodo Mondadori Una norma inserita nella manovra economica potrebbe sospendere l’esecutività del mega risarcimento da 750 milioni di euro a carico della Fininvest e a favore della Cir di Carlo De Benedetti, se fosse confermato in appello dai giudici di Milano il verdetto di primo grado sul Lodo Mondadori.

Si tratta di una modifica di due articoli del codice di procedura civile che obbliga il giudice, a differenza di quanto accadeva sinora, a sospendere l’esecutività della condanna nel caso di risarcimenti superiori ai 20 milioni di euro (10 in primo grado) dietro il pagamento di “idonea cauzione”, in attesa che si pronunci in via definitiva la Cassazione. Insomma, una vera e propria norma a favore di Silvio Berlusconi che proprio in questi giorni sta attendendo di sapere se, quando e quanto dovrà pagare a De Benedetti.



www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/04/manovra-confermata-la-stretta-sulle-pensioni-risbuca-il-taglio-alle-rinnovabili...
angelico
00lunedì 4 luglio 2011 18:41
Accordi, retromarce, processi
le tappe del Lodo Mondadori
Dall'accordo del 1988 fra Cir e Formenton alla mediazione di Ciarrapico. La battaglia nelle aule giudiziarie fino alla storica sentenza che chiude la "guerra di Segrate"ROMA - La vicenda giudiziaria dello scontro fra la Cir di Carlo De Benedetti e la Fininvest di Silvio Berlusconi ha origine nel lontano 1988 quando l'Ingegnere, Berlusconi, Mondadori e Formenton erano soci nella società che controllava la Arnoldo Mondadori editore. Quell'anno, infatti, venne siglato un accordo Formenton-Cir che portava l'Ingegnere ad avere la maggioranza nella Amef società controllante il grande gruppo editoriale. Accordo che però, dopo le pressioni della Fininvest i Formenton vollero disdire. Perso un primo giudizio arbitrale la famiglia Formenton chiese alla corte d'Appello di Roma, sezione civile, l'annullamento del cosidetto Lodo Mondadori. Annullamento concesso dal giudice Vittorio Metta nel 1991. La Cir, sconfitta in tribunale, si trovò dunque costretta ad accettare una compromesso: con la mediazione di Giuseppe Ciarrapico, la casa editrice fu spartita. A De Benedetti conservò Espresso, Repubblica e Finegil mentre alla Mondadori, ovvero a Berlusconi, i libri e i settimanali (fra cui Panorama). Cir, debole nella trattativa dopo la sentenza del giudice Metta si trovò a pagare un conguaglio di 365 miliardi di lire.

Sembrava tutto finito quando, il 29 aprile 2003, il tribunale di Milano dopo una lunga e complessa vicenda giudiziaria nata dalle dichiarazioni nel 1995 di Stefania Ariosto, condannò il giudice Vittorio Metta (colui che diede al Cavaliere la vittoria in quella che è passata alla storia come "la battaglia di segrate) a 13 anni con l'accusa di aver ricevuto
soldi da uomini Fininvest per aggiustare la vicenda. Sentenza ribadita in Cassazione nel 2007. Il tribunale riconosce infine alla parte civile Cir il diritto ai danni morali e patrimoniali, da quantificare in separata sede civile: "Tanto il danno emergente quanto il lucro cessante, sotto una molteplicità di profili relativi non solo ai costi effettivi di cessione della Mondadori, ma anche ai riflessi della vicenda sul mercato dei titoli azionari".

Dalla sentenza penale prende le mosse la causa civile promossa da Cir contro Fininvest. Il 3 ottobre 2009 il Tribunale di Milano (giudice Raimondo Mesiano pesantemente "molestato" dalle telecamere di Canale 5) emette la sentenza di primo grado secondo cui Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest del danno patrimoniale da "perdita di chance" che viene quantificato in 749.955.611,93 euro oltre al risarcimento di danni non patrimoniali. Il Tribunale, in pratica, accoglie per l'80% la richiesta di risarcimento presentata da Cir. Fininvest annuncia lo stesso giorno la presentazione di un ricorso in Corte d'Appello.

Il 1 dicembre, davanti alla Corte, le parti raggiungono un accordo che prevede la sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado in cambio del rilascio da Fininvest a Cir di una fideiussione a prima richiesta da 806 milioni di euro comprensiva di interessi e accessori. La Corte, inoltre, si impegna con le parti a concludere l'appello in tempi rapidi. Il 23 febbraio 2010 inizia il processo d'Appello. Fininvest chiede di riformare la sentenza di primo grado poiché, a suo giudizio, la Cir non subì alcun danno nella vicenda Mondadori. Diversa la posizione dei legali di Cir, che ribadiscono la richiesta di risarcimento poiché, a loro dire, la corruzione del giudice Metta ha alterato i rapporti di forza tra le due società, indebolendo la posizione negoziale di Cir nelle trattative per la spartizione della Mondadori.

Nella prima udienza d'appello, i legali di Fininvest (che in secondo grado rafforzano il pool dei legali composto dagli avvocati Vaccarella, De Nova, Lombardi) chiedono alla Corte di effettuare una perizia per determinare la congruità con i prezzi di mercato del valore delle azioni nella spartizione della Mondadori dell'aprile 1991. Il 4 marzo 2011 la Corte, presieduta dal giudice De Ruggero, concede una perizia (consulenza tecnica d'ufficio) ma su un quesito diverso rispetto a quello chiesto da Fininvest. Ai tre consulenti tecnici Guatri, Martellini, Pellicelli, la Corte chiede di verificare "se e quali variazioni dei valori delle società e delle aziende oggetto di scambio tra le parti siano intervenute fra giugno del 1990 e aprile del 1991". I tre consulenti rispondono consulenti rispondono al quesito sottolineando che tra il giugno del 1990 e l'aprile del 1991 il valore delle aziende si era ridotto di circa il 18%.

Il processo va avanti fino all'ultima udienza del 4 marzo. Cir chiede che le venga riconosciuto il 100% del danno (e non l'80%) o, in alternativa, la conferma della sentenza di primo grado. Fininvest chiede di riformare la sentenza di primo grado poiché ritiene che Cir non abbia subito danno. Intanto, fuori dalle aule giudiziarie, in più occasioni, ultima il G8 in Francia, il premier denuncia: "Mi vogliono attaccare anche nel patrimonio".
(04 luglio 2011)


www.repubblica.it/politica/2011/07/04/news/scheda_lodo_mondadori-17046479/?re...
rossijack
00lunedì 4 luglio 2011 19:39
"La signora Berlusconi ha lo spazio di un'intera pagina, ma non affronta mai il problema capitale. La sedia su cui è seduta alla Mondadori è stata ottenuta fraudolentemente con la corruzione dei magistrati, strappando l'azienda al legittimo proprietario, attraverso la frode e la corruzione dei magistrati. Tutto questo certificato da tre gradi di giudizio e da una sentenza passata in giudicato."



Questi sono giudici non comunisti,allora ci sono,non tutti i giudici perseguitano Berlusconi e la sua famiglia!Bisogna che si informi Obama!
angelico
00martedì 5 luglio 2011 14:05
L'ultimo trucco "ad aziendam" di Berlusconi
il 'padrone' del paese corrompe la democrazia
Nelle pieghe della manovra una norma per proteggere la Fininvest del Cavaliere e sospendere il pagamento del risarcimento da 750 milioni di euro per il Lodo Mondadori. È la ventesima legge ad personam del premier
di GIUSEPPE D'AVANZO
Silvio Berlusconi e carlo De Benedetti in una foto degli anni '80

ARTICOLO
Accordi, retromarce, processi le tappe del Lodo Mondadori

ARTICOLO
Un comma pro-Berlusconi per bloccare risarcimento a Cir
CHI SI ERA illuso che Berlusconi, avvilito dagli scandali e depresso per le bocciature elettorali, fosse ormai al capolinea, è servito. L'uomo sarà anche all'ultimo atto - arriva sempre e per tutti un ultimo atto - ma non ha alcuna voglia o possibilità di abbandonare la scena, come lascia intendere con mosse teatrali incoronando capo del suo partito una comparsa, un attor giovane, Angelino Alfano.

LE TAPPE DELLA VICENDA 1

La cruda verità è che Berlusconi non può abbandonare. Deve restare lì, al governo e al potere, al riparo di un macroscopico conflitto d'interessi per proteggere la sua roba e il suo destino.

L'Egoarca non ha altra preoccupazione che se stesso e non è una novità, ma ormai la consapevolezza di ventisette milioni di italiani che hanno cancellato nel voto referendario il "legittimo impedimento", di fatto dicendogli che non avrebbero più tollerato leggi personali. L'Egoarca non se ne dà per inteso. Si fece leader politico per venir fuori dai suoi guai finanziari. Era più o meno alla rovina nel 1994. Aveva debiti a medio-lungo termine per 2927 miliardi di lire e a breve per 1528 miliardi a fronte di un capitale netto di 1053 miliardi. Per non farla lunga, un fallito. Dopo diciassette anni e dopo il suo ennesimo fallimento - questa volta, politico - stiamo ancora qui a parlare dei suoi soldi, delle sue utilità, di che cosa gli conviene, di che cosa non gli conviene.

Così mentre il governo chiede agli italiani - e agli italiani più deboli, i pensionati, i precari, i giovani - di versare lacrime e sangue per riequilibrare i conti dello Stato, Berlusconi si apparecchia il solito codicillo "ad personam" o "ad aziendam" che permetterà a lui - il Tycoon miliardario della Fininvest - di fare festa in tempi di stenti risparmiando di pagare un risarcimento di 750 milioni di euro.

I fatti sono noti e non può far velo a Repubblica prendere posizione anche se il beneficiario di quel risarcimento è l'editore di Repubblica. La ragione di questa serenità è che all'inizio di questa storia c'è un fatto provato, accertato, indiscutibile: la corruzione di un giudice. Quindi, un delitto, un reato. È un "dettaglio" che - per nulla misteriosamente - scompare sempre nelle ipocriti o servili ricostruzioni del caso.

Dunque, due imprenditori, due privati cittadini, Berlusconi e De Benedetti, hanno una contesa d'affari. In gioco è la proprietà della Mondadori. Finiscono in tribunale. Berlusconi si compra chi deve decidere della controversia, il giudice Metta. La corruzione della toga viene accertata al di là di ogni ragionevole dubbio in tre gradi di giudizio. La sentenza è definitiva e ha uno strascico: come risarcire chi si è visto privato di un bene con un crimine? Un altro giudice - un giudice civile, poi aggredito e degradato per vendetta dalla "macchina del fango" - decide che il prezzo giusto per il danno subito da De Benedetti è di 750 milioni di euro.

Berlusconi si appella. La decisione è attesa di qui a qualche giorno, ma l'Egoarca la teme. Se ne lagna, con pose da vittima, appena può. Al funerale del suo miglior amico. Al matrimonio della sua ministra. Tace di aver corrotto il giudice. "Vogliono colpirmi nel patrimonio" dice trascurando di aver colpito il patrimonio altrui. Lavora in silenzio. Non lascia trapelare un sospiro. Anche se qualche traccia rimane nel terreno.

Nei giorni scorsi, quando i manager della Fininvest presentano il bilancio della holding, svelano di non aver messo in conto nessun accantonamento, a copertura dell'eventuale risarcimento alla Cir. Sanno che "il Dottore" si sta muovendo per salvare se stesso e i conti del gioiello di famiglia. Nella bozza di manovra presentata nel pre-consiglio dei ministri il codicillo non c'è. Non c'è nella bozza consegnata ai ministri, giovedì scorso. Appare tra sabato e domenica - dunque quando materialmente il documento è ancora a Palazzo Chigi. Devono averla affatturata gli avvocati del premier. È proprio il tira e molla tra presidenza del Consiglio con i suoi legulei e il ministero del Tesoro con i suoi tecnici deve aver ritardato la trasmissione del documento al Quirinale.

A scrutinare oggi il decreto legge si scorge un metodo rituale: cambio un comma di una legge, neutralizzo la giustizia, incasso il vantaggio privato. In questo caso, si manipolano due commi del codice di procedura civile. Finora il giudice poteva sospendere le pronunce di condanna in attesa della sentenza di Appello o di Cassazione. Ora riformati il primo comma dell'articolo 283 e dell'articolo 373, il giudice deve obbligatoriamente in forza delle legge "ad personam", pensata per proteggere la Fininvest del Cavaliere, sospendere il pagamento del risarcimento.

Così l'Egoarca che nei prossimi giorni - la sentenza era prevista in settimana - avrebbe dovuto sborsare alla Cir di Carlo De Benedetti tra i 750 e i 500 milioni di euro può tenere la borsa chiusa e attendere tempi migliori per cancellare tutto, magari con un'altra legge, con un altro codicillo, con un colpo di mano che - altro che ultimo atto! - lo porti al Quirinale che poi magari dal Colle più alto è più facile ottenere obbedienza dei giudici e sentenze accomodate.

Ora a occhio nudo possiamo vedere quel che accade ancora una volta, per la ventesima volta (tante - venti - sono le leggi ad personam). Berlusconi pretende che il suo destino sia il destino dell'Italia. Con questa convinzione, si è impadronito della "cosa comune" e ne fa una "cosa propria". Impone leggi personali corrompendo la nostra democrazia. Per proteggere la democrazia dalla corruzione esiste la Costituzione. Per dirlo con le parole di Gustavo Zagrebelskj, la funzione della Costituzione "è precisamente di evitare che qualcuno, una parte soltanto, s'impadronisca della "cosa di tutti"". Come si è impadronito Berlusconi deformando a proprio vantaggio addirittura la manovra finanziaria per la quale saremo giudicati dai nostri creditori, dai Paesi con cui condividiamo l'euro, dai mercati.

Declinato così questo nuovo caso di corruzione della democrazia italiana, bisogna allora guardare al Quirinale. Giorgio Napolitano firmerà il decreto legge? Quali sono gli eventi che rendono quel codicillo (il giudice deve sospendere l'esecutività di una condanna di ammontare superiore a venti milioni di euro) "necessario e urgente" come prevede l'articolo 77 della Costituzione? È sufficiente il buon senso per rispondere. Non si avvista alcun fatto nuovo, se non la prossima soluzione di un singolo caso - la contesa Fininvest-Cir, Berlusconi-De Benedetti. Sarà per questo che la firma del decreto, come conferma la presidenza della Repubblica, non c'è stata ieri e non ci sarà oggi perché è ancora in corso un'"attenta e scrupolosa valutazione", formula che lascia trasparire tutte le perplessità di Napolitano.

Il Colle ferma così l'orologio per chiedere al governo, a Berlusconi, a Tremonti, un ripensamento. Questo più o meno il ragionamento: il governo ha inviato soltanto una bozza. Come ogni lavoro provvisorio e non definitivo, è ancora possibile emendarla e correggerla e il testo della manovra va corretto nella forzature privatistiche imposte dagli interessi di un Egoarca attento alla sua roba.

La finestra che ha aperto il capo dello Stato consentirà a molti di mostrare di quale pasta sono fatti e al Paese di apprezzarne responsabilità e senso dello Stato. Potrà Tremonti conservare intatta la credibilità di moralizzatore della finanza pubblica se non si spenderà a favore dei dubbi del Quirinale? E quali parole di sostegno alla "leale collaborazione" di Napolitano sentiremo invece da Angelino Alfano, indicato come il "cuoco della frittata" e l'ambizioso capo di un partito che si vuole "degli onesti"? Ancora poche ore e sapremo.
(05 luglio 2011)

www.repubblica.it/politica/2011/07/05/news/padrone_paese-18672269/?re...
angelico
00martedì 5 luglio 2011 14:06
Mondadori, storia di una sentenza comprata Nel 1991 la Corte d'appello annulla il Lodo arbitrale e sfila il primo gruppo editoriale italiano al patron dell'Espresso. Il corruttore è Cesare Previti che, con gli avvocati Pacifico e Acampora, pagò il giudice Vittorio MettaChe la sentenza Mondadori del 1991 che annullò il Lodo arbitrale e sfilò il primo gruppo editoriale italiano a Carlo De Benedetti consegnandolo a Silvio Berlusconi fosse comprata, dovrebbero saperlo tutti. Il corruttore si chiama Cesare Previti che, assieme agli avvocati Attilio Pacifico e Giovanni Acampora, pagò il giudice Vittorio Metta per conto di B. e con denaro della Fininvest di B., utilizzatore finale del mercimonio criminale. Da vent’anni dunque il presidente del Consiglio possiede abusivamente una casa editrice, con i suoi libri e i suoi settimanali, usandoli per accumulare utili e consensi. Ma non vuole saperne di restituire il maltolto. Un po’ di storia.

IL LODO
Nel 1988 Berlusconi, che già da tempo ha messo un piede nella casa editrice rilevando le azioni di Leonardo Mondadori, annuncia: “Non voglio restare sul sedile posteriore”. De Benedetti, che controlla il pacchetto di maggioranza, resiste all’assalto e si accorda con la famiglia Formenton, erede di Arnoldo, che s’impegna a vendergli il suo pacchetto azionario entro il 30 gennaio 1991. Ma gli eredi cambiano idea e, nel novembre del 1989, fanno blocco con Berlusconi che, il 25 gennaio 1990, si insedia alla presidenza della casa editrice. Oltre a tre tv e al Giornale, dunque, il Cavaliere s’impossessa del gruppo editoriale che controlla Repubblica, Panorama, Espresso, Epoca e i 15 giornali locali Finegil, spostandolo dal campo anti-craxiano a quello filo-craxiano. La “guerra di Segrate”, per unanime decisione dei contendenti, finisce dinanzi a un collegio di tre arbitri, scelti da De Benedetti, dai Formenton e dalla Cassazione. Il lodo arbitrale, il 20 giugno 1990, dà ragione all’Ingegnere: il suo patto con i Formenton resta valido, le azioni Mondadori devono tornare a lui. Berlusconi lascia la presidenza, arrivano i manager della Cir debenedettiana: Carlo Caracciolo, Antonio Coppi e Corrado Passera. Ma il Cavaliere rovescia il tavolo e, assieme ai Formenton, impugna il lodo dinanzi alla Corte d’appello di Roma. Se ne occupa la I sezione civile, presieduta da Arnaldo Valente (secondo Stefania Ariosto, frequentatore di casa Previti). Giudice relatore ed estensore della sentenza: Vittorio Metta, anch’egli intimo di Previti. La camera di consiglio si chiude il 14 gennaio 1991. Dieci giorni dopo, il 24, la sentenza viene resa pubblica: annullato il Lodo, la Mondadori torna per sempre a Berlusconi. L’Ingegnere lo sapeva già: un mese prima il presidente della Consob, l’andreottiano Bruno Pazzi, aveva preannunciato la sconfitta al suo legale Vittorio Ripa di Meana. “Correva voce – testimonierà De Benedetti – che la sentenza era stata scritta a macchina nello studio dell’avvocato Acampora ed era costata 10 miliardi… Fu allora che sentii per la prima volta il nome di Previti, come persona vicina a Berlusconi e notoriamente molto introdotta negli uffici giudiziari romani”. Nonostante il trionfo, comunque, Berlusconi non riesce a portare a casa l’intera torta. I direttori e molti giornalisti di Repubblica, Espresso e Panorama si ribellano ai nuovi padroni. Giulio Andreotti, allarmato dallo strapotere di Craxi sull’editoria, impone una transazione nell’ufficio del suo amico Giuseppe Ciarrapico: Repubblica, Espresso e i giornali Finegil tornano al gruppo Caracciolo-De Benedetti; Panorama, Epoca e il resto della Mondadori rimangono alla Fininvest.

I SOLDI
Indagando dal 1995 sulle rivelazioni della Ariosto sulle mazzette di Previti ad alcuni giudici romani, il pool di Milano scopre un fiume di denaro dai conti esteri Fininvest a quelli degli avvocati del gruppo e da questi, in contanti, a Metta. Il 14 febbraio ‘91 dalle casse All Iberian parte un bonifico di 2.732.868 dollari (3 miliardi di lire) al conto “Mercier” di Previti. Da questo, il 26 febbraio, altro bonifico di 1 miliardo e mezzo (metà della provvista) al conto “Careliza Trade” di Acampora. Questi il 1° ottobre bonifica 425 milioni a Previti, che li dirotta in due tranche (11 e 16 ottobre) sul conto “Pavoncella” di Pacifico. Il quale preleva 400 milioni in contanti il 15 e il 17 ottobre e li fa recapitare in Italia a un misterioso destinatario: secondo l’accusa, Metta. Il giudice, nei mesi successivi, acquista e ristruttura un appartamento per la figlia Sabrina e compra una nuova auto Bmw, il tutto con denaro contante di provenienza imprecisata (circa 400 milioni). Poi lascia la magistratura, diventa avvocato e dove va a lavorare con la figlia Sabrina? Allo studio Previti, naturalmente. Al processo, Previti giustificherà quei 3 miliardi Fininvest in Svizzera come “tranquillissime parcelle”, ma non riuscirà a documentare nemmeno uno straccio di incarico professionale in quel periodo. Mentiranno pure Acampora e Pacifico. E così Metta, che tenterà di spacciare l’improvvisa liquidità per un’eredità. L’ex giudice giurerà di aver conosciuto Previti solo nel ‘94, ma i pm Boccassini e Colombo scopriranno telefonate fra i due già nel 1992-‘93.
Poi ci sono le modalità a dir poco stravaganti della sentenza Mondadori: dai registri della Corte d’appello emerge che Metta depositò la motivazione (168 pagine) il 15 gennaio 1991: il giorno dopo la camera di consiglio. Un’impresa mai riuscita a un giudice, né tantomeno a lui, che impiegava due-tre mesi per sentenze molto più brevi. Evidente che qualcuno l’aveva scritta prima che la Corte decidesse.

IL PROCESSO
Nel 1999 il pool chiede il rinvio a giudizio per Berlusconi, Previti, Metta, Acampora, Pacifico. Nel 2000 il gup li proscioglie tutti con formula dubitativa (comma 2 art. 530 cpp). Ma nel 2001 la Corte d’appello accoglie il ricorso della Procura e li rinvia a giudizio tutti, tranne Berlusconi, appena tornato a Palazzo Chigi e salvato dalla prescrizione: a lui i giudici accordano le attenuanti generiche. Perché a lui sì e agli altri no? Per “le attuali condizioni di vita individuale e sociale il cui oggettivo di per sé giustifica l’applicazione” delle attenuanti. La Cassazione conferma: il Cavaliere non è innocente, anzi è “ragionevole” e “logico” che il mandante della tangente a Metta fosse proprio lui. Ma un fatto tecnico come le attenuanti “per la condotta di vita successiva all’ipotizzato delitto” giustifica le attenuanti ad personam. Anziché rinunciare alla prescrizione per essere assolto nel merito, B. prende e porta a casa. E fa bene: gli altri coimputati, senza le attenuanti, saranno tutti condannati. In primo grado, nel 2003, Metta si prende 13 anni, Previti e Pacifico 11 anni sia per Mondadori sia per Imi-Sir, e Acampora (per la sola Mondadori) 5 anni e 6 mesi. Nel 2005, in appello, tutti condannati per Imi-Sir e tutti assolti (comma 2 art. 530) per Mondadori. Nel 2006 la Cassazione annulla le assoluzioni e ordina un nuovo appello che condanni pure per Mondadori.

LA SENTENZA
Il 23 febbraio 2007, in Corte d’appello, Previti, Pacifico e Acampora si vedono aumentare la pena di un altro anno e 6 mesi e Metta di 1 anno e 9 mesi, “in continuazione” con le condanne ormai definitive per Imi-Sir. Scrivono i giudici che la sentenza Mondadori fu “stilata prima della camera di consiglio”, “dattiloscritta presso terzi estranei sconosciuti” e al di “fuori degli ambienti istituzionali”. Tant’è che al processo ne sono emerse ”copie diverse dall’originale”. B. era all’oscuro dell’attività corruttiva dei suoi legali (che non assistevano la Fininvest nella causa, seguita dagli avvocati Mezzanotte, Vaccarella e Dotti)? Nemmeno per sogno: aveva – scrivono i giudici – “la piena consapevolezza che la sentenza era stata oggetto di mercimonio”. Del resto “l’episodio delittuoso si svolse all’interno della ‘guerra di Segrate’, combattuta per il controllo di noti ed influenti mezzi di informazione; e si deve tener conto dei conseguenti interessi in gioco, rilevanti non solo sotto un profilo meramente economico, comunque ingente, ma anche sotto quello prettamente sociale della proprietà e dell’acquisizione dei mezzi di informazione di tale diffusione”. Quando De Benedetti, sconfitto dalla banda Previti-Metta & C, accettò la transazione Ciarrapico per recuperare almeno parte del maltolto, si verificò un fatto inspiegabile: B. si oppose con foga al tentativo – assolutamente normale – della Cir di accennare, nel preambolo dell’accordo, alla sentenza che aveva appena annullato il lodo. Perché mai non voleva firmare un atto che facesse riferimento alla sentenza Metta? Perché – deduce la Corte – era “a conoscenza dell’inquinamento metodologico a monte determinato dall’intervenuta corruzione del giudice”. Alla fine i giudici citano la testimonianza “pienamente attendibile” della Ariosto, cui Previti aveva confidato “probabilmente nel luglio 1991 di essere stato lui a vincere la guerra di Segrate, e non Dotti”. Anche i giudici d’appello definiscono Berlusconi il “privato corruttore”. Ma, diversamente dai loro colleghi che avevano disposto il rinvio a giudizio, stabiliscono che Previti, Pacifico e Acampora non concorrono nel reato del giudice Metta, bensì in quello del “privato corruttore”, cioè di B.: “L’attività degli extranei nella consegna del compenso illecito si sostituisce a una condotta, che, altrimenti, sarebbe giocoforza posta in essere, in via diretta, dal privato interessato… La retribuzione del giudice corrotto è fatta nell’interesse e su incarico del corruttore”. In pratica i tre avvocati Fininvest agirono come intermediari di B. che li incaricò di pagare Metta e, in seguito alla sentenza comprata, s’intascò la Mondadori. Essi, diversamente da lui, non meritano le attenuanti generiche, “non ravvisandosi alcun elemento positivo per attenuare il trattamento sanzionatorio”. E questo per “l’enorme gravità del reato [e per] la gravità del danno arrecato non solo alla giustizia, ma all’intera comunità, minando i principi posti alla base della convivenza civile secondo i quali la giurisdizione è valore a presidio e a tutela di tutti i cittadini con conseguente ulteriore profilo di gravità per l’enorme nocumento cagionato alla controparte nella causa civile e per le ricadute nel sistema editoriale italiano, trattandosi di controversia (la cosiddetta guerra di Segrate) finalizzata al controllo dei mezzi di informazione; [per] la spiccata intensità del dolo; [per] i motivi a delinquere determinati solo dal fine di lucro e, più esattamente, dal fine di raggiungere una ricchezza mai ritenuta sufficiente”.

I DANNI
La Corte riconosce infine alla parte civile Cir di De Benedetti “tanto il danno emergente quanto il lucro cessante, sotto una molteplicità di profili relativi non solo ai costi effettivi di cessione della Mondadori, ma anche ai riflessi della vicenda sul mercato azionario”. Danni da quantificare in separata sede civile. Il 13 luglio 2007 la II sezione penale della Cassazione mette il timbro finale al caso, confermando in toto la sentenza d’appello-bis. La vicenda – scrivono i giudici – “coinvolgente la Fininvest, fonte della corruzione e pagatrice del pretium sceleris”, cioè del “mercimonio” della sentenza Metta, non ammette attenuanti: per “l’elevata gravità del reato e del relativo danno, l’intensità del dolo, i motivi a delinquere e i comportamenti processuali” caratterizzati da “mendacio”. A quel punto la Cir, con gli avvocati Giuliano Pisapia ed Elisabetta Rubini, chiede alla Fininvest 1 miliardo di euro di danni. Nel 2009 il Tribunale civile di Milano condanna B. e Fininvest a risarcire Cir con 750 milioni. Il giudice Raimondo Mesiano viene pedinato e linciato da Canale5 e dalla stampa Mondadori, addirittura perché porta i calzini turchesi. La Fininvest e B., diversamente da chiunque altro perda una causa civile, ottengono una sospensiva dell’immediata esecutorietà della sentenza: depositano una fidejussione e non pagano, in attesa dell’appello. Ora che la sentenza di secondo grado è alle porte, un codicillo nascosto nella manovra finanziaria li esenta dal pagare anche se perdono in appello. È il “partito degli onesti”.

da Il Fatto Quotidiano del 5 luglio 2011


www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/05/mondadoristoria-di-una-sentenza-comprata...
rossijack
00mercoledì 6 luglio 2011 09:08
A parte la gravita' della faccenda,avendo fatto inserire alla chetichella la norma,non vorrei che questo distogliesse la gente dall'ancor piu' oscena manovra finanziaria che,ancora una volta,va a gravare sulle categorie piu' deboli!Il rimando a dopo la fine della legislazione della parte piu' onerosa dei tagli e' ancora piu' oscena,in quanto studiata per mettere in cattiva luce i prossimi eletti!
angelico
00sabato 9 luglio 2011 12:12
Lodo Mondadori, Fininvest condannata
dovrà pagare 560 milioni alla Cir

I giudici della Corte d'Appello di Milano impongono alla holding del Biscione il risarcimento a favore della holding di Carlo De Benedetti. La sentenza è immediatamente esecutiva. I giudici: "Berlusconi correo di corruzione". La figlia Marina: "Sentenza che sgomenta, aggressione a mio padre. Faremo ricorso in Cassazione"
di EMILIO RANDACIO
Carlo De Benedetti
MILANO - La Fininvest dovrà pagare. I giudici della Corte d'Appello di Milano hanno condannato la holding del Biscione a risarcire Cir per la vicenda del Lodo Mondadori per 540 milioni circa di euro alla data della sentenza di primo grado dell'ottobre 2009, più gli interessi e le spese decorsi da quel giorno. La cifra quindi arriverebbe intorno ai 560 milioni di euro. Un quarto in meno dei 750 milioni stabiliti in primo grado. La sentenza è immediatamente esecutiva. Furiosa la reazione di Marina Berlusconi 1: "E' una sentenza che sgomenta e lascia senza parole. Rappresenta l'ennesimo scandaloso episodio di una forsennata aggressione che viene portata avanti da anni contro mio padre. Gia in queste ore i nostri legali cominceranno a studiare il ricorso in Cassazione"

LA SCHEDA: LE TAPPE DELLA VICENDA 2

La causa non è altro che la conseguenza, in sede civile, di un processo penale finito nel 2007 con le condanne definitive, per corruzione in atti giudiziari, del giudice Vittorio Metta e degli avvocati Cesare Previti 3, Giovanni Acampora e Attilio Pacifico. La Cassazione aveva confermato che la sentenza del 1991 della Corte d'Appello di Roma sfavorevole a Carlo De Benedetti nello scontro con Berlusconi per assicurarsi il controllo della casa editrice fu 'comprata' corrompendo il giudice Metta con almeno 400 milioni di lire provenienti dai conti esteri di Fininvest. Il premier venne prosciolto per prescrizione in modo irrevocabile nel novembre 2001.

Avviato nell'aprile 2004, con la richiesta complessiva di un miliardo di risarcimento da parte di Cir, il procedimento civile il 3 ottobre 2009 ha visto la sentenza di primo grado: il giudice Raimondo Mesiano 4aveva stabilito che la holding di De Benedetti "ha diritto" al risarcimento da parte di Fininvest "del danno patrimoniale da perdita di 'chance'" per "un giudizio imparziale'. Risarcimento 5 che aveva quantificato in 749.995.611,93 euro a cui si aggiungono gli interessi legali, le spese del giudizio e, tra l'altro, due milioni di euro per gli onorari.

Pochi giorni dopo il ricorso in appello, a dicembre, era arriva un accordo tra Finivest e Cir: la prima aveva presentato una fideiussione da 806 milioni 6, rinunciando all'istanza di sospensione mentre la seconda si era impegnata a non chiedere l'esecuzione del maxirisarcimento fino alla sentenza d'appello.

In vista del verdetto di secondo grado, l'anno scorso, i magistrati avevano nominato un pool di esperti per stabilire "se e quali variazioni dei valori delle società e delle aziende oggetto di scambio fra le parti siano intervenuti tra il giugno del 1990 e l'aprile del 1991, con riguardo agli andamenti economici delle stesse e di evoluzione dei mercati dei settori di riferimento".

A settembre 2010 le conclusioni dei consulenti: avevano stabilito che il danno subito dalla holding della famiglia De Benedetti esisteva anche se, a loro avviso, era minore rispetto alla quantificazione del Tribunale. Recentemente Berlusconi aveva definito una sua eventuale condanna "una rapina a mano armata" 7. Mentre è di pochi giorni fa la polemica sulla cosidetta norma salva Fininvest 8 inserita e poi tolta dalla Finanziaria dopo dure polemiche.

La sentenza."Per questi motivi la corte accoglie, per quanto di ragione, sia l'appello principale che quello incidentale e per l'effetto in parziale riforma della sentenza del 2009, determina in euro 540 milioni 141 mila 059,32 centesimi l'importo dovuto dalla convenuta alla data del 3 ottobre 2010 quale risarcimento di danno immediato e diretto, e pertanto condanna Fininvest a pagare in favore di Cir s.p.a. tale somma oltre agli interessi legali da detta data al saldo; dichiara compensate per un quarto tra le parti le spese processuali di entrambi i gradi del giudizio; condanna l'appellante Fininvest a riforndere in favore della Cir i residui tre quarti delle spese processuali dei due gradi, come in motivazione partitamente liquidate, per il primo grado in complessivi euro 3 milioni 296 mila, e per il presente grado in complessivi euro 3 milioni 940 mila oltre, per entrambi i gradi di giudizio, al rimborso per le spese generali del 12,5% su diritti e onorari come per legge; pone definitivamente a carico di ciascuna parte per la metà i già liquidati costi della consulenza tecnica d'ufficio; conferma nel resto la sentenza impugnata". Per il giudici, inoltre, il premier è "correo" nel reato di corruzione.

Che succede ora. A questo Cir può, fin da subito, eseguire il contenuto della sentenza d'Appello: con un 'precetto', e cioè un atto giudiziario ad hoc, intimare il pagamento della somma dovuta. Qualora Finivest non fosse in grado di pagare la cifra stabilita dai giudici, la holding di De Benedetti si potrà rivolgere alle banche, di cui Intesa-Sanpaolo è capofila, garanti di una fideiussione da 806 milioni. Fideiussione bancaria valida per 16 mesi, e rinnovabile, posta alla base dell'accordo del dicembre 2009 tra le sue società. Ci potrebbe essere anche, in via del tutto ipotetica, un accordo tra le parti per congelare l'esecutività della sentenza in attesa della conferma definitiva della Cassazione.

(09 luglio 2011)


www.repubblica.it/economia/2011/07/09/news/sentenza_lodo-18877408/?re...
angelico
00domenica 10 luglio 2011 22:22
LA STORIA
"Berlusconi è il corruttore"
Illegalità per creare un impero
Le motivazioni della sentenza del processo Mondadori: decisioni cambiate a suo favore. Il premier ha voluto, organizzato, finanziato la corruzione di Vittorio Metta che gli consegna la più grande casa editrice del Paese
di GIUSEPPE D'AVANZO
Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti in una foto degli anni 80
Se non si ricorda come sono andate le cose venti anni fa, ci si può lasciare confondere dal frastuono sollevato dai commessi ubbidienti dell'Egoarca. Dunque. Due privati cittadini, capi d'impresa, si trovano in conflitto per la proprietà della Mondadori. Accade che gli eredi del fondatore (Arnoldo Mondadori) pattuiscano con Carlo De Benedetti (editore di questo giornale) la cessione della loro quota entro un termine, 30 gennaio 1991. Tra i soci c'è anche Silvio Berlusconi. Mai schietto, lavora nell'ombra. Traffica. Intriga. Ottiene che gli eredi passino nel suo campo. Nasce una lite. La decidono tre arbitri a favore di De Benedetti.

Berlusconi impugna il lodo dinanzi alla Corte d'appello di Roma. E' qui si consuma il coup de théatre, il crimine, il robo. All'indomani della camera di consiglio, il giudice relatore Vittorio Metta deposita centosessantasette pagine d'una sentenza che dà partita vinta a Berlusconi. Era stata già scritta e non l'ha scritta il giudice e non è stata scritta nemmeno nello studio privato o nell'ufficio del giudice in tribunale. Preesisteva, scritta altrove. Il giudice ha venduto la sentenza per quattrocento milioni di lire - il giudizio è definitivo, è res iudicata (Corte d'appello di Milano, 23 febbraio 2007, respinto il ricorso dalla Cassazione il 13 luglio 2007) .

Il corruttore è Silvio Berlusconi. Ascoltate, perché questo è un brano della storia che solitamente viene trascurato. L'Egoarca porta a casa la ghirba per un lapsus del
legislatore. Il parlamento vuole inasprire la pena della corruzione quando il corrotto vende favori processuali. Ma i redattori della legge dimenticano, compilandola, il "privato corruttore". Così per Berlusconi - è il "privato" che corrompe il giudice - non vale la nuova legge più severa (corruzione in atti giudiziari), ma la norma preesistente più blanda (corruzione semplice). Questa, con le attenuanti generiche, decide della prescrizione del delitto. Un colpo fortunato sovrapposto a un "aiutino" togato. Nel 2001, l'Egoarca è a capo del governo. Per il suo alto incarico gli vanno riconosciute - sostengono i giudici (e poi, irriconoscente, il Cavaliere si lamenta delle toghe) - le attenuanti generiche e quindi la prescrizione e non come sarebbe stato più coerente, proprio in ragione delle pubbliche responsabilità, le aggravanti e quindi la condanna insieme agli uomini (gli avvocati Previti, Acampora e Pacifico) che, nel suo interesse, truccarono il gioco.

Allora, per chi vuole ricordare, le cose stanno così: Berlusconi ha voluto, organizzato, finanziato la corruzione di Vittorio Metta che gli consegna - come il bottino di una rapina - la più grande casa editrice del Paese, ma non può essere punito.
Con buona pace di Marina Berlusconi e dei suoi argomenti ("un esproprio") e arroganza ("neppure un euro è dovuto da parte nostra"), dov'è la politica in questa storia? C'è soltanto la contesa di mercato tra due imprenditori. Uno dei due, Berlusconi, si muove come un pirata della Tortuga. Non gli va bene. Lascia troppe tracce in giro. Lo beccano. La sentenza della Corte d'appello civile è molto chiara in due punti decisivi.

1. Berlusconi è il corruttore. Scrivono i giudici: "Ai soli fini civilistici del giudizio, Silvio Berlusconi è corresponsabile della vicenda corruttiva".
2. Con la corruzione del giudice, Berlusconi non ha soltanto sottratto a De Benedetti la chance di prevalere nella causa sul controllo del gruppo Mondadori-Espresso (come ha sostenuto la sentenza di primo grado), ma gli ha impedito di vincere perché De Benedetti senza la corruzione giudiziaria avrebbe di certo conquistato un verdetto favorevole alle sue ragioni.

Oggi a distanza di venti anni, che non sono pochi soprattutto per chi ha patito l'inganno, Berlusconi - evitato il castigo penale - paga il prezzo della rapina, risarcendone il danno. Tutto qui?
Andiamoci piano. E' un "tutto qui" che ci racconta molte cose di Berlusconi e qualcuna sul berlusconismo.
Si sa, il Cavaliere si lamenta: "Mi trattano come se fossi Al Capone". Lo disse accompagnando la sentenza di primo grado, in questo processo civile. La sentenza di appello ci consente di comprendere meglio che cosa l'Egoarca condivida con Al Capone: il rifiuto delle regole, il disprezzo della legge, l'avidità. Lo abbiamo già scritto in qualche altra occasione. Come Al Capone testimonia simbolicamente la crisi di legalità negli Stati Uniti degli Anni Venti, Berlusconi rappresenta - ne è il simbolo - l'Italia corrotta degli Anni Ottanta e Novanta, la crisi strutturale della sfera pubblica che ancora oggi, nonostante Tangentopoli, comprime il futuro del Paese. E' infatti irrealistico immaginare Berlusconi fuori dal corso di quegli eventi: capitali oscuri, costanti prassi corruttive, liaisons piduistiche, un'ininterrotta presenza nel sottosuolo pubblico dove non esiste un angolo pulito. Berlusconi è quella storia e senza amnistie, senza un incessante e rinnovato abuso di potere, senza riforme del codice e della procedura preparate dai suoi governi, egli sarebbe considerato oggi un "delinquente abituale".

Accostiamo, per capire meglio, la sentenza di ieri della Corte d'appello civile di Milano con gli esiti processuali di un altro processo per corruzione. Questa volta non di un giudice, ma di un testimone, David Mills.
Lo si ricorderà. David Mills, per conto e nell'interesse di Berlusconi e con il suo coinvolgimento "diretto e personale", crea e gestisce "64 società estere offshore del group B very discreet della Fininvest", dove transitano quasi mille miliardi di lire di fondi neri; i 21 miliardi che hanno ricompensato Bettino Craxi per l'approvazione della legge Mammì; i 91 miliardi (trasformati in Cct) destinati non si sa a chi (se non si vuole dar credito a un testimone che ha riferito come "i politici costano molto ed è in discussione la legge Mammì"). E ancora, il controllo illegale dell'86 per cento di Telecinco (in disprezzo delle leggi spagnole); l'acquisto fittizio di azioni per conto del tycoon Leo Kirch contrario alle leggi antitrust tedesche; la risorse destinate poi da Cesare Previti alla corruzione dei giudici di Roma tra i quali (appunto) Vittorio Metta; gli acquisti di pacchetti azionari che, in violazione delle regole di mercato, favorirono le scalate a Standa, Mondadori, Rinascente. In due occasioni (processi a Craxi e alle "fiamme gialle" corrotte), David Mills mente in aula per tener lontano il Cavaliere dai guai, da quella galassia societaria di cui l'avvocato inglese si attribuì la paternità ricevendone in cambio "enormi somme di denaro, estranee alle sue parcelle professionali", come si legge nella sentenza che lo ha condannato.

Sono sufficienti questi due approdi processuali (Mondadori e Mills) per guardare dentro la "scatola degli attrezzi" di Silvio Berlusconi e lasciare senza mistero la sua avventura imprenditoriale. Da quelle ricostruzioni, che non hanno mai incontrato un'alternativa accettabile, ragionevole, credibile nelle parole o nei documenti del Cavaliere, si può comprendere come è nato il Biscione e di quali deformità pubbliche e fragilità private ha goduto per diventare un impero. Se solo la memoria non avesse delle sincopi, spesso determinate dal controllo pieno dell'informazione, che cosa ne sarebbe allora del "corpo mistico" dell'ideologia berlusconiana, della sua agiografia epica? Chi potrebbe credere alla favola del genio, dell'uomo che si fatto da sé con un "fare" instancabile, ottimistico e sempre vincente, ispirato all'amore e lontano dal risentimento?

La verità è che finalmente, dopo un ventennio, comincia a far capolino e - quel che più conta - a diventare consapevolezza anche tra chi gli ha creduto come, al fondo della fortuna del premier, ci sia il delitto e quindi la violenza. Scorriamo i reati che gli sono stati contestati nei dodici processi che ha subito finora. Salta fuori il resoconto degli "attrezzi" del Mago: evasione fiscale; falso in bilancio; manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio; corruzione della politica (che gli confeziona leggi ad hoc); della polizia tributaria (che non vede i suoi conti taroccati); dei giudici (che decidono dei suoi processi); dei testimoni (che lo salvano dalle condanne). Senza il controllo dei "dispositivi della risonanza" - ripeto - sarebbe chiaro da molto tempo come la chiave del successo di Berlusconi la si debba cercare nel malaffare, nell'illegalità, nel pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il figlio più longevo.
Oggi come ieri per far dimenticare la sua storia, per nascondere il passato, salvare il suo futuro, tenere in vita la mitologia dell'homo faber, Berlusconi non inventerà fantasmagoremi. L'Egoarca muove sempre gli stessi passi, ripete sempre le stesse mosse. Come per un riflesso automatico, si esibirà nell'esercizio che gli riesce meglio: posare da vittima "politica", bersaglio di un complotto politico-giudiziario. Confondendo come sempre privato e pubblico, con qualche metamorfismo mediatico - ha degli ordigni e sa usarli - trasformerà la sua personale e privatissima catastrofe di imprenditore, abituato all'imbroglio e al crimine, in affaire politico che decide del destino della Nazione. Ha cominciato la figlia Marina, accompagnata dalla volgarità ingaglioffita e aggressiva dei corifei. Domani - comoda la prognosi - sarà il Cavaliere a menare la danza in prima fila. Con un mantra prevedibile e in attesa di escogitare un qualche sopruso vincente, dirà: "Contro di me tentano un attacco patrimoniale".

Vedremo così allo scoperto il più autentico statuto del berlusconismo: l'affermazione di un potere statale esercitato direttamente da un tycoon che sfrutta apertamente, e senza scrupoli, la funzione pubblica come un modo per proteggere i suoi interessi economici. Ieri, ne abbiamo già avuto un saggio nella tempesta declamatoria dell'intero gruppo dirigente del "partito della libertà" dove si è distinto Maurizio Lupi, che nella settimana che si apre sarà addirittura ministro di Giustizia. Le sue parole sono quasi il paradigma della devastazione della legalità che il berlusconismo ha codificato. L'uomo spesso posa a riformista dialogante, ma nell'ora decisiva mostra il suo volto più reale. Dice: "In qualsiasi Paese una sentenza che intima al leader di maggioranza di risarcire il vero leader dell'opposizione (De Benedetti ha la tessera n. 1 del Pd) avrebbe suscitato unanime condanna". Davvero in qualsiasi Paese, con l'eccezione di un'Italia gobba afflitta da malattie organiche, un imbroglione avrebbe potuto nascondere agli elettori le sue tecniche fino a diventare capo del governo? In quale altro Paese, scoperto l'imbroglio, il neoministro di Giustizia quasi come atto programmatico ne invoca l'impunità pretendendo la severa punizione dell'eretico che, truffato, ha chiesto il rispetto dei suoi diritti? In quale altro Paese un delitto commesso da un privato può essere cancellato in nome della sua funzione pubblica? Nelle poche parole del neoministro si può rintracciare il compendio delle "qualità" del ceto politico berlusconiano, i suoi strumenti, il suo metro: ignoranza, immoralismo cinico, illegalismo istituzionale, chiassosi stereotipi, menzogna sistematica e la totale eclissi dei due archetipi del sentimento morale: la vergogna e la colpa. Con tutta evidenza, siamo soltanto all'inizio del triste spettacolo che andrà in scena nelle prossime settimane perché - è chiaro - Berlusconi può abbozzare sulla manovra fiscale che riguarda gli altri, ma qui parliamo di lui, della sua "roba". E' per la "roba" che si è fatto politico e con la politica che vorrà salvare la sua "roba". Costi quel che costi.
(10 luglio 2011)

www.repubblica.it/politica/2011/07/10/news/mondadori_d_avanzo-18919338/?ref...
rossijack
00lunedì 11 luglio 2011 12:00
E' ovvio che tentera' il tutto per tutto,quasi 600 milioni di euro non sono bruscolini,anche se comunque sono il risultato di imbrogli e corruzioni,ma che lui vive come un diritto inespugnabile.Gia' le prime frasi tra le quali"finanziero' la campagna del Pd con questi soldi"la dicono tutta sulle reazioni dei prossimi giorni,anche la figlia non e' da meno,anche lei preda di un vittimismo ad oltranza ,ereditato dal "nobile"papa'.E noi,noi con pezze al culo,scusatemi la volgarita',dobbiamo ancora una volta essere spettatori e utenti di questi loro malumori,di questi loro lamenti,noi che viviamo ingiustizie vere,angherie di oogni tipo,che offendono la nostra vita ed il nostro senso etico...tutto il Parlamento dovrebbe indignarsi rappresentando il popolo italiano offeso e vilipeso,dicendo BASTA e cacciando a pedate nel sedere chi pretende ancora una volta di avere ragione!!
angelico
00lunedì 11 luglio 2011 14:39
Re:
rossijack, 11/07/2011 12.00:

E' ovvio che tentera' il tutto per tutto,quasi 600 milioni di euro non sono bruscolini,anche se comunque sono il risultato di imbrogli e corruzioni,ma che lui vive come un diritto inespugnabile.Gia' le prime frasi tra le quali"finanziero' la campagna del Pd con questi soldi"la dicono tutta sulle reazioni dei prossimi giorni,anche la figlia non e' da meno,anche lei preda di un vittimismo ad oltranza ,ereditato dal "nobile"papa'.E noi,noi con pezze al culo,scusatemi la volgarita',dobbiamo ancora una volta essere spettatori e utenti di questi loro malumori,di questi loro lamenti,noi che viviamo ingiustizie vere,angherie di oogni tipo,che offendono la nostra vita ed il nostro senso etico...tutto il Parlamento dovrebbe indignarsi rappresentando il popolo italiano offeso e vilipeso,dicendo BASTA e cacciando a pedate nel sedere chi pretende ancora una volta di avere ragione!!




questo e l uomo che si e fatto da solo....

rubando allo stato e corrompendo i giudici, nonche ricevendo soldi della mafia....

siamo tutti bravi cosi....


cmq se fossi un giudice direi che l azienda dovrebbe tornare in mano a DeBenedetti( pagando il corrispettivo del 1991 ), pagare a DeBenedetti il danno ricevuto, nonche pagare sempre a DeBenedetti il mancato guadagno....

ma questo deve essere imputato a Silvio Berlusconi e la sua cricca, non all azienda.....perche ogni azeinda viene mossa da persone....

angelico
00martedì 26 luglio 2011 23:42
Lodo Mondadori, La Fininvest paga
La Cir riceve i 564,2 milioni di euro

In attesa del ricorso annunciato in cassazione di Fininvest, arriva il versamento della cifra disposta dalla corte di appello di Milano. La Borsa, dopo la prima ondata di acquisti, non reagisce. Intanto Marina Berlusconi ribadisce: "E' un esproprio"
MILANO - La Cir, alla quale fa capo anche il Gruppo Editoriale l'Espresso, annuncia in una nota di aver ricevuto oggi da Fininvest il pagamento di circa 564,2 milioni di euro, disposto dalla corte d'appello di Milano sulla vicenda del lodo Mondadori 1. Sentenza che aveva fatto infuriare Marina Berlusconi 2. L'importo è comprensivo di spese legali e interessi dal 3 ottobre 2009.

"Cir e i propri legali, Vincenzo Roppo ed Elisabetta Rubini, preso atto dell'intenzione di Fininvest di presentare ricorso in cassazione - si legge nella nota -, sono pienamente fiduciosi che le buone ragioni della società, già riconosciute da una sentenza penale passata in giudicato e da due gradi di giudizio civile, troveranno in tale sede ulteriore e definitivo riconoscimento".

Dopo l'ufficializzazione del pagamento, il titolo Cir accelera a Piazza Affari. Se ad inizio contrattazioni si muoveva nei pressi della parità, in seguito guadagnava il 2,6 per cento a 1,70 euro per azione, sui massimi di seduta, mentre gli scambi restavano in linea con la media dell'ultimo mese. registrata una discreta. Poi, dopo la corrente di acquisti in concomitanza con l'annuncio dell'avvenuto pagamento, il titolo è tornato verso la parità (+0,12 per cento a 1,659 euro). Non reagiscono alla notizia, preannunciata nei giorni scorsi dalla Fininvest 3, neppure i titoli delle società della famiglia Berlusconi: Mondadori lima lo 0,17 per cento, mentre Mediaset cede il 2,88 per cento, ma era debole fin dalla mattinata.

Commentando il pagamento della somma alla Cir, Marina Berlusconi torna ad attaccare: "Un esproprio, con cui vengono attaccate le aziende per attaccare mio padre". In un'intervista al settimanale Oggi, la presidente di Fininvest ribadisce i concetti già più volte espressi in passato. "Non si tratta più di pensare se ci siano o meno pericoli concreti per le aziende del gruppo. Non stiamo più parlando di pericoli o rischi, purtroppo. Stiamo parlando di fatti, di danni sicuri e di certezze. Ed è vergognoso fingere di non vedere questo".

Per la figlia del presidente del Consiglio, la sentenza ha una gravità "incredibile" e condanna la Fininvest a finanziare "proprio l'editore del gruppo che si è dato la missione quotidiana di cancellare mio padre dalla scena politica di questo Paese". Nonostante questo, ha aggiunto la primogenita del Cavaliere, che ha ribadito la propria fiducia nella magistratura e la convinzione che alla fine "ci verrà resa giustizia". "Le nostre aziende sono ben gestite - ha continuato - e possono contare su una situazione economica e finanziaria solida. Faremo fronte anche a questo ultimo attacco". Marina Berlusconi ha poi smentito nuovamente l'ipotesi di un suo ingresso in politica.


(26 luglio 2011)


www.repubblica.it/economia/2011/07/26/news/lodo_mondadori_la_cir_riceve_i_564_2_milioni_di_euro-1...
rossijack
00martedì 26 luglio 2011 23:53
"Marina Berlusconi torna ad attaccare: "Un esproprio, con cui vengono attaccate le aziende per attaccare mio padre".

Che faccia di c....!Secondo m dovrebbero cedere la Mondadori,non solo pagare,l'azienda e' stata espropriata con la corruzione!


"Nonostante questo, ha aggiunto la primogenita del Cavaliere, che ha ribadito la propria fiducia nella magistratura e la convinzione che alla fine "ci verrà resa giustizia". "


Allora sono o non sono comunisti i giudici?Ma quale giustizia pretendono !
angelico
00giovedì 28 luglio 2011 14:02
DIGITALE TERRESTRE
Mediaset, la Corte Ue conferma:
"Rimborsi gli aiuti per i decoder"
I giudici del Lussemburgo: i contributi italiani per l'acquisto dei dispositivi nel 2004 e 2005 costituiscono aiuti di Stato e quindi vanno rimborsati
Piersilvio Berlusconi, vicepresidente del Gruppo Mediaset
BRUXELLES - Tutto confermato. La Corte di giustizia della Ue ribadisce 1 "che i contributi italiani per l'acquisto dei decoder digitali terrestri nel 2004 e 2005 costituiscono aiuti di Stato e le emittenti radiotelevisive che ne hanno beneficiato indirettamente sono tenute a rimborsarli". Vale quindi la sentenza del tribunale di primo grado contro la quale Mediaset aveva presentato ricorso. Già nella sentenza di primo grado, i giudici europei avevano stabilito che il contributo pubblico all'acquisto dei decoder (150 euro per ogni utente previsti dalla finanziaria 2004 e 70 euro in quella del 2005), attribuiva alle emittenti digitali terrestri "un vantaggio indiretto a danno delle satellitari".

Questo perché, per ottenere il contributo, era necessario acquistare un apparecchio per la ricezione di segnali televisivi digitali terrestri e chi invece ne acquistava uno solo per la ricezione di quelli satellitari non avrebbe potuto beneficiarne. Mediaset aveva quindi fatto ricorso contro la prima sentenza, ed era stato respinto. Aveva quindi impugnato la sentenza di fronte alla Corte Ue (secondo e ultimo grado di giudizio), che oggi ha respinto le sue motivazioni, confermando che gli aiuti di cui hanno beneficiato alcuni operatori economici comportano una "distorsione della concorrenza" e gli Stati devono provvedere a recuperarli.

La Corte ha anche respinto gli argomenti di Mediaset secondo cui la Commissione Ue non avrebbe consentito di stabilire una metodologia adeguata per calcolare le somme che Mediaset deve rimborsare: per la Corte, il diritto dell'Unione non impone alla Commissione di fissare l'importo esatto dell'aiuto da restituire, che deve invece essere stabilito dalle autorità nazionali.

Per David Sassoli, capogruppo PD al Parlamento Europeo, "respingendo il ricorso di Mediaset, i giudici europei confermano definitivamente la decisione della Commissione Europea che aveva contestato al governo Berlusconi di avere avvantaggiato le TV del Biscione incentivando con soldi pubblici l'acquisto di decoder digitali terrestri. Si tratta di una sentenza largamente annunciata vista la palese violazione - da sempre denunciata dagli esponenti del PD - della normativa europea in materia di concorrenza. Ancora una volta questa sentenza dimostra come il conflitto di interessi di Berlusconi abbia causato all'Italia anni di malgoverno e di sprechi economici"
(28 luglio 2011)


www.repubblica.it/economia/2011/07/28/news/mediaset_decoder-1...
visentindenis
00giovedì 28 luglio 2011 14:32
ANGELICO,UNA DETTAGLIATA RELAZIONE?
Stiamo aspettando ancora una dettagliata relazione sul caso tedesco e penati.Tu che sei un difensore della stampa libera e della libertà di parola (visti i precedenti in difesa di giornalisti noti)dimostraci che sei equilibrato e giusto
angelico
00giovedì 28 luglio 2011 16:01
Re: ANGELICO,UNA DETTAGLIATA RELAZIONE?
visentindenis, 28/07/2011 14.32:

Stiamo aspettando ancora una dettagliata relazione sul caso tedesco e penati.Tu che sei un difensore della stampa libera e della libertà di parola (visti i precedenti in difesa di giornalisti noti)dimostraci che sei equilibrato e giusto




apri un post su tedesco e penati...e ti rispondero...


non andare sempre in off topic per quei due....


ciao
angelico
00sabato 1 ottobre 2011 01:29
Per B. due terzi di legge ad personam
E la Mondadori si regala 164 milioni Il ministero del Tesoro rende pubblica una nota che dimostra come la legge che prevede patteggiamenti con il Fisco abbia fatto un bel regalo all'azienda del presidente del Consiglio, ma portato un danno alle casse pubbliche Dall’Agenzia delle Entrate arrivano una smentita e una raffica di conferme. La prima: è falso che il governo non fa nulla per l’azienda come hanno sostenuto oggi gli imprenditori di Confindustria. E’ vero, invece, che l’azienda in questione è quella del presidente del Consiglio. Oggi l’Agenzia ha fornito alla Commissione finanze del Senato una nota che ilfattoquotidiano.it pubblica in esclusiva sull’adesione delle imprese alla “leggina” varata tra tante polemiche a marzo 2010, quella che permette alle imprese con liti pendenti col Fisco da oltre 10 anni di patteggiare pagando soltanto il 5% del valore del contenzioso. E la nota ha confermato quanto si sospettava: che la Mondadori non affronterà il terzo grado di giudizio e non pagherà i 173 milioni di euro pendenti ma soltanto 8,7 milioni. Le altre 66 società aderenti alla procedura di definizione delle controversie, tutte insieme, non totalizzano oltre 4,3 milioni. Briciole rispetto alla Modandori che pesando da sola per 2/3 dell’ammontare condonato, fa la parte.

Ma quel documento è anche l’ennesima conferma che tra il ministro Tremonti e Berlusconi è guerra totale e senza elusione di colpi. Non può sfuggire, infatti, la coincidenza temporale tra l’arrivo del documento dell’Agenzia, che dal ministero dell’Economia dipende, e la deflagrazione dello scontro tra ministro e premier. L’interrogazione in questione è rimasta infatti nel cassetto per un anno. Difficile credere che sia un semplice caso, una coincidenza. Molto più verosimile che si tratti di un segnale del ministro, ormai asserragliato dal Pdl, sul quale la maggioranza sta cercando di scaricare le colpe della crisi e dell’incapacità di tamponarla. Sul piatto, in fila, ci sono le tensioni per la manovra d’agosto che ha prodotto mugugni tra tutti i ministri e la manifesta contrarietà di Berlusconi. C’è il braccio di ferro sul nuovo vertice di Bankitalia, in stallo per i contendenti sponsorizzati da uno o dall’altro. C’è un provvedimento per la crescita che non si vede all’orizzonte perché impelagato in questo gioco delle parti. E allora ecco che arrivano quelle due paginette con il timbro delle Ministero che segnano un duro colpo per l’immagine di Berlusconi. Confermano senza più margini di dubbio e con l’imprimatur dell’Agenzia che Berlusconi tramite i fedeli parlamentari con quella leggina si è fatto un regalo personale di 164,3 milioni di euro. E che allo stesso tempo ha procurato un danno alle casse dello Stato pari a 225.840 milioni di euro. Perché a tanto, si legge nel documento, corrisponde il valore delle controversie che non saranno introitate per effetto del colpo di spugna. E che dietro ci possa essere la manina di Tremonti lo sospetta anche chi quella risposta se l’è vista arrivare come un fulmine a ciel sereno. Giuliano Barbolini è il senatore del Pd che ha sollevato per primo la questione presentando all’Agenzia delle Entrate una specifica interrogazione. Nel merito l’esito in realtà era scontato: “Un bel regalo a Berlusconi, un brutto colpo per gli italiani. E’ la riprova che quel provvedimento era una legge ad aziendam, per il 75% è andata a favore di Berlusconi”, incalza l’ex sindaco di Modena. Perfino a lui è sembrata una coincidenza sospetta che l’Agenzia si sia mossa proprio ora. “Ho pensato subito che si potesse trattare di un dispetto, anche perché la prima interrogazione l’ho presentata un anno”, racconta Barbolini. “Era settembre 2010 perché l’emendamento e il provvedimento approvato a luglio davano tempo fino al 29 agosto di quell’anno per la presentazione dell’istanza di accordo transattivo. E io immediatamente dopo ho presentato l’interrogazione per sapere chi aveva aderito e per quali importi. Nessuna risposta e la faccenda è caduta un po’ nel dimenticatoio. Poi a maggio di quest’anno Marina Berlusconi (presidente di Mondadori, ndr) in un’intervista ha sostenuto che molte aziende avrebbero tratto un gran beneficio e ha accusato gli scettici e i polemici dell’opposizione di essere ipocriti. Solleticato da questa uscita sono andato a sollecitare l’Agenzia con una seconda interrogazione per capire chi davvero ci ha guadagnato. Ma niente. L’ultima volta ho presentato una terza istanza a fine luglio. Insomma, dopo un anno esatto e tre interrogazioni la risposta arriva solo ora. Difficile credere che sia un caso l’improvvisa sollecitudine del Ministero rispetto alla reticenza manifestata per 12 mesi”.


www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/30/per-b-due-terzi-di-legge-ad-personam-e-la-mondadori-si-regala-164-milioni...



st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2011/09/risposta-interrogaz...
rossijack
00sabato 1 ottobre 2011 08:52
Confermano senza più margini di dubbio e con l’imprimatur dell’Agenzia che Berlusconi tramite i fedeli parlamentari con quella leggina si è fatto un regalo personale di 164,3 milioni di euro. E che allo stesso tempo ha procurato un danno alle casse dello Stato pari a 225.840 milioni di euro. Perché a tanto, si legge nel documento, corrisponde il valore delle controversie che non saranno introitate per effetto del colpo di spugna.






E a questa conferma e a questa prova evidente non segue nulla?ne' indignazione(il minimo!!!),ne'una denuncia da parte dell'opposizione e degli altri parlamentari,ne' dei cittadini,nessuno che dica"Adesso e' troppo,te ne vai di corsa!!"
Noi stiamo sempre li' a guardare e a fare sacrifici per fare arricchire sto [SM=g27816] [SM=g27816] [SM=g27816] [SM=g27816]...ma avete visto a Parma,la gente e' scesa in piazza perche' i corrotti andassero via..e ci sono riusciti!!
angelico
00sabato 1 ottobre 2011 10:53
Re:
rossijack, 01/10/2011 08.52:

Confermano senza più margini di dubbio e con l’imprimatur dell’Agenzia che Berlusconi tramite i fedeli parlamentari con quella leggina si è fatto un regalo personale di 164,3 milioni di euro. E che allo stesso tempo ha procurato un danno alle casse dello Stato pari a 225.840 milioni di euro. Perché a tanto, si legge nel documento, corrisponde il valore delle controversie che non saranno introitate per effetto del colpo di spugna.






E a questa conferma e a questa prova evidente non segue nulla?ne' indignazione(il minimo!!!),ne'una denuncia da parte dell'opposizione e degli altri parlamentari,ne' dei cittadini,nessuno che dica"Adesso e' troppo,te ne vai di corsa!!"
Noi stiamo sempre li' a guardare e a fare sacrifici per fare arricchire sto [SM=g27816] [SM=g27816] [SM=g27816] [SM=g27816]...ma avete visto a Parma,la gente e' scesa in piazza perche' i corrotti andassero via..e ci sono riusciti!!



forse perhce gli italiani sono piu democratici....inoltre e il governo centrale, come se nn fosse di nessuno....


non credo sia stato merito dei cittadini, ma dopo l arresto di altri 11 consiglieri, il PDL ha moolato il sindaco che si dimesso a parole....ma la giunta nn ha ratificato le sue dimissioni...


quindi ha 20 gg per ritirarle!

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