Emergono responsabilità sempre più estese in Cina nello scandalo del latte in polvere contaminato con melamina, dopo la scoperta che fin dal dicembre scorso almeno un'azienda era a conoscenza dei primi reclami, mentre aumenta il numero dei paesi importatori del prodotto che hanno imposto divieti e limitazioni.
Gli inquirenti, scrivono i media cinesi, hanno rivelato che la Sanlu, principale azienda sul banco degli accusati, aveva ricevuto reclami e notizie sugli effetti dannosi del prodotto già nel dicembre 2007. L'incuria della Sanlu fu favorita da quella dei responsabili locali del partito nella città di Shijiazhuang, nella regione dello Hebei, che avrebbero taciuto per non turbare le Olimpiadi.
La Sanlu aveva condotto i primi test in giugno, decidendo di informare le autorità il 2 agosto (i Giochi olimpici sono durati dall'8 al 24). I responsabili locali non trasmisero immediatamente l'informazione alle autorità centrali superiori, aspettando più di un mese, fino al 9 settembre. Lo scandalo è scoppiato infine l'11 settembre.
Ieri si era dimesso il direttore dell'Amministrazione cinese per il controllo di qualità, Li Changjiang. Oggi il primo ministro della Nuova Zelanda, Helen Clark, ha detto senza mezzi termini che le intenzioni iniziali delle autorità cinesi erano "di nascondere la situazione".
In Cina, il latte in polvere contaminato ha provocato la morte di quattro neonati. I bimbi ammalati sono 53'000, 13'000 i ricoverati, di cui 104 in gravi condizioni. Ad Hong Kong sono quattro i bambini malati.
Intanto aumentano i paesi che hanno vietato la circolazione di prodotti lattiero-caseari cinesi. In Africa, la Tanzania ha deciso il blocco delle importazioni di latte dalla Cina, e posto sotto sequestro 34 tonnellate di prodotto in polvere. In Vietnam, le autorità hanno avviato controlli a tappeto dopo la scoperta che alcuni prodotti con melamina potrebbero essere stati venduti in alcune regioni del Paese: è stato già ordinato il ritiro immediato di 16'700 litri di latte prodotti dall'Inner Mongolia Yili Industrial Group.
L'Indonesia si è aggiunta oggi ai Paesi asiatici che hanno già bloccato le importazioni: tra questi Cambogia, Singapore, Malaysia e Taiwan, che Pechino considera come una provincia ribelle. Provvedimenti preventivi di vario tipo sono stati asottati anche in Giappone, Australia, Corea del Sud, Thailandia, Bangladesh.
L'attenzione è alta anche in Europa: nelle prossime 48 ore è atteso il parere scientifico dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sui rischi che la presenza di latte contaminato in prodotti come merendine potrebbe porre alla salute. L'Ue, infatti, non importa latte e prodotti lattiero-caseari dalla Cina ed ha precisato oggi che non ci sono nuovi divieti: "Abbiamo chiesto alle autorità cinesi di fornire la conferma che i prodotti esportati non sono contaminati", ha ribadito la portavoce della Commissione europea Nina Papadoulaki. Le misure adottate finora "sono sufficienti per far fronte alla situazione", ha sottolineato la portavoce della commissaria Ue alla salute Androulla Vassiliou che, ieri ad Annecy (Alta Savoia), aveva detto che in Europa non c'è nulla da temere.
Sulla questione è intervenuta oggi anche l'Oms: la crisi del latte contaminato potrebbe non aver raggiunto l'apice in Cina, ha ammonito oggi a Ginevra la portavoce Fadela Chaib.
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