Pomerio
Lo straniero a Roma poteva arrivare, viverci, lavorare. Poteva fare ogni cosa.
Poteva mantenere il suo culto, la sua tradizione, la sua vocazione. Poteva frequentare la sua comunita' o i romani; poteva girare, frequentare tutti i posti, tutti gli spettacoli, tutti i ritrovi.
Lo straniero a Roma non veniva ghetizzato.
Perche'?
perche' era individuo come gli altri e non razza, non idea di sangue, non un diverso. Semplicemente non era Romano, ma questo non era una pregiudiziale ( per la cittadinanza era molto piu' delicato, pero').
Lo straniero a Roma doveva solo rispettare il " luogo". A Roma non c'erano razze ma c'era il luogo. E il luogo era sacro per i Romani.
Un posto non vale l'altro posto. Un "luogo" non e' come tutti i luoghi: a Roma il "luogo" era un destino. Si nasceva il quel luogo perche' in quel luogo si era destinati.
Il modello antico Romano del luogo e' il Pomerio. Il Pomerio e' il solco antico dell'aratro che segno' il " primo segno" di Roma.
E' il confine, perche' esistono confini ed esiste per Roma la tradizione.
E' un confine trascendentale: l'aratro nel segnare la terra riversa questa verso l'esterno e mai verso l'interno. L'interno rimane puro e intoccabile: li' nasce il " luogo" del destino e quel luogo e' assolutamente intoccabile.
Nemmeno l'esercito puo' entrare simbolicamente nel Pomerio unico e immutabile.
Il Pomerio dunque in senso piu' largo rappresenta tutta la tradizione dei Romani e del " loro" luogo.
Gli stranieri se ne devono ricordare.
A Roma uno straniero viveva bene se rispettava il Pomerio nel suo significato piu' profondo e metaforico; e cosa straordinaria e paritaria gli stessi Romani dovevano ricordarsene.