Andrea Giardina

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sergio.T
00venerdì 26 giugno 2009 11:24
Andrea Giardina (Palermo, 1949) è uno storico italiano. Si occupa prevalentemente di storia sociale, amministrativa e politica del mondo romano e della fortuna dell'antico nel mondo contemporaneo.[1]

Nato a Palermo nel 1949, si è laureato nel 1970 presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Roma La Sapienza con il professor Santo Mazzarino. Ha insegnato storia antica e storia romana presso l'Università degli Studi "Gabriele D'Annunzio" di Chieti, l'Università degli Studi di Firenze, l'Università degli Studi di Palermo, l'Università degli Studi di Bari - "Aldo Moro" e l'Università di Roma La Sapienza. È attualmente professore ordinario di storia romana presso l'Istituto Italiano di Scienze Umane. Ha insegnato anche presso l'École Normale Supérieure e l'École pratique des hautes études di Parigi.[1]

È membro corrispondente dell'Istituto archeologico germanico, membro dell'Accademia dei Lincei e presidente dell'Istituto italiano per la storia antica.]

sergio.T
00lunedì 29 giugno 2009 14:55
Il primo volume Roma antica completa una triologia dedicata a Roma:
Roma antica
Roma Medievale
Roma Rinascimentale.

Da leggere in rigorosa successione.
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 09:47
Romani: indifferenti al problema straniero.
I Romani non conoscevano assolutamente nessun tipo di pregiudizio contro lo straniero.
Il problema immigrazione a Roma, non esisteva.
Una multietnicita' ed un miscuglio di razze non comportava per i Romani nessun tipo di difficolta' e questo fenomeno era vissuto con estrema facilita' e semplicita'.
I Greci, invece, erano contrariamente a quanto si puo' pensare, piu' chiusi e piu' xenofobi-

sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 10:07
Ecco i Romani: un miscuglio di razze
Le prime pagine del bellissimo volume di Giardina presentano il modello romano antico come il piu' importante modello di civilta' della storia umana.
Perche'?
Innanzitutto perche' e' l'unico modello che offre il requisito della continuita'.
Un modello di dieci secoli che nell'interpretazione classica moderna vive ancora come modello di esempio e paragone.
Ma chi erano in fondo i Romani?
Discendenti di Enea, con sangue troiano. Questo dice la leggenda e probabilmente gode di un pizzico di verita'.
In generale, pero', i romani erano un miscuglio di razze.
Si, un miscuglio.
La cosa straordinaria e' che tutto ci si poteva aspettare tranne questo.
La civilta Romana, modello di razza forte dura e superiore ( interpretazione meno banale di quanto si possa pensare), presupponeva l'inesistenza stessa del concetto di razza.
Per i Romani non esistevano ne' razza ne' sangue: erano astrazioni che non concepivano nemmeno.
Tutti i cittadini , sia Romani sia stranieri, godevano della stessa considerazione: era il merito e il talento a fare di un cittadino un Romano.
Dunque: si diveniva Romano se si interpretava la vita e la relazione sociale in un certo modo e non in un altro.
Romano era colui che acquisiva il "carattere" romano, perche' quest'ultimo consisteva non dall'etnia di provenienza ( moltissimi gli uomini di colore che vivevano a Roma) ma dal modo con cui ci si rapportava alla vita e alla tradizione.
Era, in poche parole, come si "leggeva" il mondo a fare di uno, un Romano.
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 10:12
A Roma vivevano uomini di ogni razza e di ogni etnia.
I Romani non s'incrudelirono mai contro gli stranieri che arrivavavo a Roma. Li accoglieva tranquillamnte e leggere questo in un momento di decreto sicurezza italiano ( con risvolti molto piu' profondi) lascia interdetti.
Come? un italia democratica e globale che ricorre alle ronde e alle espulsioni di massa e una civilta' di guerra , profondamente imperialista, che accettava gli stranieri come cosa naturale.
Come si spiega tutto questo?

sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 10:28
I Romani non soffrivano di due mali tipicamente moderni: la massificazione pregiudiziale e la spersonalizzazione di ogni individuo.
A Roma l'individuo laziale, latino, italico, ligure, numide, africano, persiano, marocchino, tunisino, godevano dello status di individuo. In loro non veniva identificata tutta una razza, ma rimanevano singoli individui che soggiornavano a Roma. Tutto dipendeva dal loro " singolo" comportamento, dal loro individuale merito e dal loro personale talento.
Se un marocchino, per fare un esempio, si distingueva per una dote, gli veniva riconosciuto lo stesso merito che sarebbe stato riconosciuto ad un Romano di nascita. Non c'era nessunissima differenza.
I Romani nel corso di dieci secoli (dicasi dieci secoli) ricorsero solo un paio di volte alle espulsioni di massa degli stranieri: ma ammisero tranquillamente che questo era dovuto a forti crisi economiche momentanee dello stato e a momenti particolari di equilibrio nella politica estera( guerra).
Mai , in altre occasioni, costrinsero gli stranieri ad abbandonare Roma.
Se si girava per le strade della citta' lo spettacolo era ammirevole e tutto diverso da oggi: cittadini romani e cittadini stranieri di tutte le razze interagivano quotidianamente tra loro, vivevano a spalla a spalla, lavoravano insieme, si divetivano insieme, formavano un tutt'uno senza nessuna distinzione. Lo straniero godeva dello stesso diritto sociale del Romano.

Leggere queste cose in questi giorni fa riflettere: oggi da noi si decretano le espulsioni di massa, le ronde, le leggi molto vicino a quelle razziali.
Se si gira per strada si notano i quartieri ghetto degli stranieri; si notano le lontananze, i pregiudizi; gli asti tra italiani e non italiani sono vivissimi.

Perche' un cittadino di Roma non aveva paura di un numide e un cittadino italiano ha paura di un tunisino?
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 10:36
Due cose chiare.
Chiariamo subito due cose:
innanzitutto , come ricorda Giardina un po' di volte, la virtu' d'eccellenza Romana era la disciplina.
Tu parli di Roma e cosa ti viene in mente come prima cosa? la disciplina, dice Giardina, perche' questa e' una caratteristica tipicamente Romana.
A Roma non tutto andava bene: avevano gli stessi problemi di ogni grande citta' moderna. Delinquenti, criminali, sfaccendati, ubriaconi, risse, malaffare.
Come noi, ma non come noi risolvettero le cose.

Non diedero mai la colpa agli stranieri: mai. Se uno commetteva un reato criminale grave se era straniero era straniero se era romano era romano. Tutto finiva li'.
Naturalmente mai propagandarono una cultura colpevolista di massa: era il " singolo" a rispondere della sua azione perche' l'individuo faceva e l'individuo pagava o dimostrava la sua estraneita' ai fatti.
Tutto molto chiaro, pulito; tutto molto semplice in una civilta' imperialista e non democratica come quella di oggi.
Un caso, forse?
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 10:57
Pomerio
Lo straniero a Roma poteva arrivare, viverci, lavorare. Poteva fare ogni cosa.
Poteva mantenere il suo culto, la sua tradizione, la sua vocazione. Poteva frequentare la sua comunita' o i romani; poteva girare, frequentare tutti i posti, tutti gli spettacoli, tutti i ritrovi.
Lo straniero a Roma non veniva ghetizzato.
Perche'?
perche' era individuo come gli altri e non razza, non idea di sangue, non un diverso. Semplicemente non era Romano, ma questo non era una pregiudiziale ( per la cittadinanza era molto piu' delicato, pero').
Lo straniero a Roma doveva solo rispettare il " luogo". A Roma non c'erano razze ma c'era il luogo. E il luogo era sacro per i Romani.
Un posto non vale l'altro posto. Un "luogo" non e' come tutti i luoghi: a Roma il "luogo" era un destino. Si nasceva il quel luogo perche' in quel luogo si era destinati.
Il modello antico Romano del luogo e' il Pomerio. Il Pomerio e' il solco antico dell'aratro che segno' il " primo segno" di Roma.
E' il confine, perche' esistono confini ed esiste per Roma la tradizione.
E' un confine trascendentale: l'aratro nel segnare la terra riversa questa verso l'esterno e mai verso l'interno. L'interno rimane puro e intoccabile: li' nasce il " luogo" del destino e quel luogo e' assolutamente intoccabile.
Nemmeno l'esercito puo' entrare simbolicamente nel Pomerio unico e immutabile.
Il Pomerio dunque in senso piu' largo rappresenta tutta la tradizione dei Romani e del " loro" luogo.
Gli stranieri se ne devono ricordare.
A Roma uno straniero viveva bene se rispettava il Pomerio nel suo significato piu' profondo e metaforico; e cosa straordinaria e paritaria gli stessi Romani dovevano ricordarsene.
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 11:12
Quindi il Pomerio come luogo dove nasce una cultura e una tradizione: dove nasce una citta' aperta a tutti ma da tutti rispettata.
Una cultura multiforme, multilingua: un organismo vivo, collaborativo, intersecato in una miriade di possibilita' diverse.
E' il luogo di tutti e non del tutti contro tutti.
E' il luogo dove l'individuo si rispecchia nell'altro, romano o no; dove l'individuo viene chiamato a vivere la sua vita e la sua possibile direzione.
Tutta questa concezione della polis romana e' piu' moderna di quella attuale: molto piu' moderna se ci si pensa bene.
Roma e' stata la prima citta' globale della storia dell'uomo: in un certo senso la citta' ideale di oggi e' gia' stata due milleni fa.
E' una modernita' passata se questa non fosse una contraddizione.
Il progresso dell'intermediazione culturale ( tra razze ed etnie) tanto anelato oggi, nacque cosi', forse per caso, in una civilta' imperialista, schiavista e profondamente di guerra.
Mi viene da ridere a pensarci e mi viene da ridere quando parlando dei Romani si pensa sempre in modo didattico.
Lo dice anche Giardina:" rimane assodato che a distanza di due mila anni nel pensiero moderno si faccia sempre riferimento ai Romani. Sono l'esempio, sono il modello antico per gli studiosi e per ognuno di noi. Dal loro comportamento possiamo capire chi siamo noi e in cosa siamo cambiati. Soprattutto cambiati"
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 12:31
Naturalmente c'era il risvolto della medaglia.
Lo straniero accusato di reato veniva immediatamente espulso dai confini territoriali Romani o condannato secondo le leggi Romane. E si sa bene che non erano particolarmente morbide.
Laddove non si formentava una cultura anti straniero ( e la vita dell'urbe lo dimostra come lo dimostrano tutte le testimonianze degli storici dell'epoca) pero' si determinava un rispetto della legge inviolabile e non derogabile.
Insomma, per dirla in termini moderni, non esistevano sanatorie, deroghe, regolarizzazioni retroattive. Non esistevano condoni o flussi migratori regolati dallo stato.
Non contava tanto il numero degli stranieri ma come si comportavano.
Come si vede una cosa molto semplice e lineare.

Oggi, invece, il problema della badanti ad esempio.
500.000 irregolari e dunque poste fuori legge.
Bene: mettiamo il caso che di queste 500.000, 499.000 siano persone onestissime. Perche' dichiararle fuori legge?
Fuori legge tanto per cominciare sarebbero le famiglie italiane che non pagano i contributi per questo tipo di lavoranti.
Oppure: fuorilegge uno stato italiano che impone una soglia impositiva previdenziale troppo alta.
Infine: fuorilegge l'ennesimo pasticcio italiano che disegna una legge ed apre subito una deroga e una regolarizzazione ( guarda caso di pecunia) per rimediare a quella legge.

In piu': le badanti accomunate ad un discorso molto piu' generale e piu' profondo.
Il problema sicurezza.
La sicurezza del cittadino dalle sue paure ed angoscie ( anche immaginarie) non nasce da una demonizzazione del problema ma da una risoluzione del problema stesso.
Dire: tutti gli stranieri sono pericolosi non risolve niente, anzi peggiora tutto.
All'inverso non ascoltare una angoscia collettiva e sostenere che il problema non c'e' e' altrettanto pericoloso.

A Roma, il problema delle ipotetiche badanti non regolari come lo avrebbero risolto?
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 16:52
Sentimento Romano
" Questo luogo era questo luogo prima che Roma fosse Roma"

Virgilio
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 17:02
Forestiero in territorio Romano
Peregrinus (aspetto giuridico)

Il sostantivo peregrinus entrò a far parte del linguaggio giuridico, con il significato di "forestiero domiciliato nel territorio romano". I peregrini erano liberi ma non godevano del diritto di cittadinanza né di alcun diritto civile (voto, assemblea popolare, cariche politiche, magistrature) I loro rapporti con i cittadini romani erano regolati dal praetor peregrinus, un magistrato incaricato di arbitrare le vertenze che li riguardano e di risolvere i problemi posti dalla loro presenza.
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 17:09
Lo stato Romano, dunque, non esercito' mai una massificante propaganda contro gli stranieri. Raramente ( un paio di volte)esercitarono espulsioni di massa.
Non erano cittadini di Roma, ma erano liberi di rimanerci come uomini liberi.
E' questo l'aspetto piu' importante: la civilta' romana , infatti, non aveva il criterio della razza e tanto meno dell'etnia, ma misurava gli uomini con altro metro: in liberi e schiavi.
Era questa la grande suddivisione della loro filosofia.
Gli stranieri, a tutti gli effetti, erano considerati uomini liberi come i cittadini Romani.

La cittadinanza , aspetto spinoso della questione, aveva come requisito primo la nascita in territorio Romano, ma in seguito in proporzione ai meriti e al lavoro ( durata annua) la si concedeva anche a cittadini stranieri o di colonie sotto il dominio Romano.

sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 17:23
I Latini, a Roma, erano considerati stranieri.
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 17:27
Mai la cittadinanza Romana
A tutti coloro che facevano parte delle popolazioni entrate in guerra con Roma, e dunque diventate almeno una volta nemiche di Roma, non si concedeva mai la cittadinanza Romana.
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 17:30
Strumento di potere.
A chi solleva il problema del diritto di cittadinanza di una comunita' come un diritto umano, va' ricordato che i Romani, per fare un esempio, nel momento di massima estensione militare e politica, concessero cittadinanze a popolazioni straniere solo per potere avere in mano uno strumento di controllo maggiore.
LA cittadinanza puo' dunque diventare un vincolo fastidioso.
sergio.T
00lunedì 6 luglio 2009 17:31
Civis Romanus sum. [SM=g10765]

mujer
00lunedì 6 luglio 2009 21:57
veramente molto interessante
soprattutto il concetto di cittadinanza, studierò quello che scrive Giardina sugli stranieri a Roma.
grazie Se'
sergio.T
00martedì 7 luglio 2009 09:06
Il luogo e la religione
Il culto Romano religioso presupponeva che i riti avessero luogo solo in un determinato luogo dove ebbe inizio la tradizione religiosa di quel Dio.
I Lupercali, ad esempio, non potevano nemmeno essere immaginati in un altro luogo che non fosse dove abitualmente venivano svolti.
Ogni culto era di " quel luogo e non di altro"
Ecco perche' l'avvento del cristianesimo fu visto dai Romani come nefasto: non solo per la degenerazione filosofica ma anche perche' il cristianesimo era una religionne universale che si poteva esercitare ovunque.
Una religione che non aveva un " proprio luogo": per i Romani era cosa inconcepibile.
sergio.T
00martedì 7 luglio 2009 09:10
Anedotti
" Impensabile violare la sacralita' della figura degli Ambasciatori Romani in territorio nemico. Chiunque recasse un minimo gesto di violenza contro un Ambasciatore Romano determinava con cio' l'immediata fine di ogni rapporto diplomatico"
sergio.T
00martedì 7 luglio 2009 09:14
Anedotti. La distanza.
" Quando a Roma si recavano Ambasciatori di popolazioni o nemiche o verso le quali i Romani nutrivano una profonda diffidenza, perche' la distanza tra loro e gli altri fosse notata e percepita, gli Ambasciatori stranieri dovevano sostare fuori dal Pomerio. Non potevano oltrepassarlo di un solo passo di piede.
I Senatori si alzavano e si recavano loro al confine del Pomerio stesso: ne uscivano e ascoltavano le missive dei diplomatici stranieri.
Il messaggio era cosi' mandato: Voi non potete avvicinarvi a noi Romani"

sergio.T
00mercoledì 8 luglio 2009 09:25
Anedotti
Le abitazioni private si trasformarono sempre piu' in appartamenti come li concepiamo noi moderni.
I Romani sacrificavano spesso le domus private per la monumentalizzazione della citta': cosi' facendo avevano poco spazio per le abitazioni private.
Abbattevano i quartieri per costruire i templi e le grandi architetture: quartieri popolari ma anche aristocratici. Non guardavano in faccia a nessuno. [SM=g8455]
sergio.T
00mercoledì 8 luglio 2009 09:28
Anedotti
Come si sa i Romani amavano molto passeggiare parlando tra amici: provavano un gran diletto.
I cortili delle ville private contemplavano i famosi portici rettangolari proprio per questa funzione: passeggiare.
Ma c'era un problema d'estate: faceva troppo caldo.

E allora che fare, si chiesero i Romani? Per coloro che poterono si ricorse a un diversivo: si costruirono portici rettangolari sotterranei e se ne andavano la' sotto all'ombra.
sergio.T
00mercoledì 8 luglio 2009 09:31
Anedotti: Centri commerciali
La prima forma di centro commerciale fu Romana: le terme.
Le terme erano anche i centri benessere di oggi.
C'era tutto.
Locali, lupanari, campi per lo sport, massaggiatori, sale riposo, spazi per l'abbronzatira e tutto e di piu'.
Costo in sesterzi? non si sa, ma era roba da ricchi.
sergio.T
00lunedì 13 luglio 2009 09:58
Pensiero Romano
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