Ciao a tutti,
senza alcuna vena polemica riporto l’articolo apparso su “L’Espresso” n.4 dell’1 febbraio 2007.
L’Europaradiso può attendere.
Un progetto da 5 miliardi. Ora ridotto a 150 milioni. Il fratello del plenipotenziario arrestato per traffico di droga. Così svanisce il polo turistico di Crotone.
di Peter Gomez
Dicono che il paese dei balocchi sorgerà la in fondo, tra il verde intenso dei prati, a volte punteggiato dal giallo delle canne di bambù, e prima del bosco di eucalipti, ultima barriera tra il sogno e il mare. Chiudi gli occhi e già vedi gli alberghi, tanti alberghi. Immagini i turisti: inglesi, tedeschi, francesi, israeliani, gente di tutto il mondo che arriva qui in aereo per occupare una delle 40 camere acquistate per vent’anni secondo il sistema della multiproprietà. Ancora uno sforzo ed ecco le piscine che s’inseguono lungo la foce del fiume Neto, il villaggio Disney, i campi da golf, lo stadio, i bar, i ristoranti, le palestre. Poi, di colpo, ti svegli e guardi a sud.
Crotone e lì: a separarla dai paese dei balocchi ci pensano sette chilometri di costa e una tetra quinta di fabbriche dimesse, impianti per la chimica che hanno avvelenato il territorio. E allora Europaradiso, il polo turistico-alberghiero più grande del mondo che il discusso finanziere israeliano Dudi Appel ha detto di voler costruire investendo 5 miliardi di euro, si 1.200 ettari di macchia mediterranea, diventa un’altra cosa. Una via di mezzo tra una grande truffa mediatico politica e l’apertura di un canale sicuro attraverso il quale far transitare capitali di dubbia provenienza.
Oggi, come l’Espresso è in grado di rivelare, agli interrogativi sulla figura di Appel si aggiungono quelli sul suo “consulente turistico” Salvatore Aracri, l’esperto di ristorazione originario di Papanice, una frazione di Crotone dominata dalla ‘ndrangheta. Tre anni fa, dopo un lunghissimo periodo di lavoro trascorso in Germania, Aracri è tornato in Calabria e ha cominciato a darsi da fare per ottenere l’approvazione del mega-progetto. Poi, il 12 dicembre 2006, a Munster, su richiesta dei pm di Napoli, è stato arrestato suo fratello Francesco, accusato di aver tentato di ripulire, per conto della camorra, soldi frutto del traffico di centinaia di chili di cocaina.
A Crotone Salvatore Aracri protesta la sua innocenza. Giura che Francesco, non appena sarà trasferito in Italia, spiegherà tutto. I
Intanto Europaradiso si allontana sempre più. Diventa una sorta d’illusione collettiva che, negli ultimi tre anni, ha portato i 180 mila abitanti di una provincia, dove gli occupati rappresentano meno del 40 per cento della forza lavoro, a pensare che la soluzione di tutti i problemi fosse nascosta dietro a quello che Legambiente chiama solo e semplicemente l’ecomostro. Un’utopia fantastica o spaventosa, a seconda dei punti di vista, che il 21 giugno 2005 aveva anche spinto l’intero consiglio comunale, da destra a sinistra, a votare sì a una delibera con cui l’amministrazione si impegnava ad avviare l’iter per rendere interamente edificabile una zona coperta da vincoli di tipo ambientale.
Il sogno dunque sta sfumando. Ma non da adesso. Europaradiso ha cominciato a svanire ancora prima che le manette scattassero ai polsi del fratello del consulente di Appel. Lo raccontano le carte depositate in Municipio dalle quali risulta che per ora gli israeliani puntano a tirar su “solo” 13 hotel per un totale di 7.570 stanze, investendo un miliaro e 200 milioni di euro dopo aver opzionato 140 ettari di terreno già edificabile. Ma poi, se scavi più a fondo, come ha fatto il bisettimanale “il Crotonese”, scopri altri documenti: i progetti presentati da Europaradiso International spa a Sviluppo Italia per chiedere un finanziamento di 59 milioni di euro sul primo lotto di lavori (150 milioni la spesa prevista). E allora ti accorgi che gli alberghi si riducono a quattro, altri tre piani, che ci sarà un campo da golf e che verrano aperti un centinaio di negozi. Per tutto il resto, si vedrà. Dipende “dall’eventuale successo commerciale del primo modulo”.
“Abbiamo chiesto alla società di scegliere dei tecnici che si possano interfacciare con i nostri uffici, stiamo aspettando”, spiega il sindaco di Crotone, Peppino Vallone (Margherita). “Comunque”, aggiunge, “quella di Europaradiso è una opportunità. Ma noi abbiamo coinvolto il governo. E’ stato istituito un tavolo e abbiamo chiesto notizie ai ministeri dell’Interno e degli Esteri: il sindaco di una città di 50 mila abitanti non ha in mano gli strumenti per stabilire se un investimento che, secondo Appel, dovrebbe essere pari a quello per il ponte di Messina, sia valido o meno. A Roma ci dovrebbero di re chi è Appel e quali rischi ci sono”.
Alt, ribatte Pasquale Senatore, primo cittadino fino al 2005, la “M” di Mussolini spesso al bavero della giacca, ora consigliere An: “Un sindaco non può fare l’esame del sangue a chi ha i quattrini e comunque deve sapersi assumere le sue responsabilità. Sul territorio decide lui, poi il governo dice quello che deve dire”.
Nel 2001 Senatore era stato riconfermato primo cittadino con quasi il 70 per cento dei voti, poi Crotone è andata al suo amico di centrosinistra Vallone con l’80 per cento dei consensi: segno tangibile di come il capoluogo, un tempo considerato la Stalingrado del Sud, stia da 15 anni aspettando l’uomo della provvidenza. E quell’uomo sembrava essersi materializzato quando, quasi tre anni fa, nell’ufficio di Senatore, l’allora assessore al Bilancio e poi direttore generale del Comune, Francesco Sulla (un Udc che oggi lavora per Europaradiso), accompagna Salvatore Aracri, originario del suo stesso paese e cugino di sua madre. Senatore, già in caduta di consensi, annuncia che Appel, l’amico di Sharon, aveva deciso di investire una montagna di denaro proprio lì, in una zona umida e in buona parte protetta a nord della città. Una zona che rappresenta l’unico pezzo di terra rimasto miracolosamente immune dalle speculazioni edilizie che a sud di Crotone hanno falcidiato una costa altrimenti bellissima. L’entusiasmo è generale. Durante una visita, anche l’allora ministro delle Telecomunicazioni, Maurizio Gasparri, appare favorevole. Ma al megaprogetto si accodano tutti: Ds, Rifondazione, persino i Verdi che a pochi giorni dalla conclusione della campagna per le comunali del 2006 tappezzano la città con un manifesto su cui si legge a caratteri cubitali: “Si a Europaradiso”. Vallone, il futuro sindaco di centrosinistra, inserisce la sua questione nel suo programma, i sindacati rispondono all’appello, le tv locali non parlano d’altro, i costruttori edili e la Confcommercio gettano il cuore oltre l’ostacolo. Ancora il 13 dicembre 2006, quando ormai era scattato il contrordine compagni e in Regione Rifondazione aveva subordinato al no a europaradiso il proprio appoggio alla giunta di Agazio Loiero, la Confcommercio firma un protocollo d’intesa con gli israeliani.
A sostenere l’iniziativa c’è poi il gruppo di cittadini, il comitato Europaradiso, in grado di portare in piazza migliaia di crotonesi fiduciosi di avere un giorno almeno 4 mila nuovi posti di lavoro. Lo dirigono dei ragazzi, un ragioniere, un disegnatore di fumetti, un acquacultore: chiedono sviluppo. “Qui da mesi la politica non risponde più”, protesta uno di loro, Enzo Filareto, “non ci dicono ne s’, ne no. C’era stato un tavolo con il viceministro D’Antoni in cui si era stabilito che entro lo scorso ottobre ci avrebbero fatto sapere qualcosa. Invece non si è fatto vivo nessuno”. E le domande sull’origine dei capitali? “Se ci dimostreranno che Appel è un truffaldino saremo noi i primi a denunciarlo”. Anche se, non privo di coerenza, Pino Pontisano, l’acquacultore, fa notare: “da noi tutti fanno le madonnine infilzate, ma intanto abbiamo Alì Babà e i 40 ladroni. Quasi la metà del consiglio regionale è sotto inchiesta”.
Di Salvatore Aracri, il consulente degli israeliani, e delle accuse di riciclaggio mosse a suo fratello, non sanno niente. E comunque per Appel e Aracri il problema è un altro: i soldi già spesi. “Per opzionare i terreni”, spiega Aracri, “abbiamo versato 7 milioni di euro, 2,8 dei quali sono andati ai proprietari del latifondo già edificabile secondo il piano regolatore. Altri 7 milioni sono stati spesi in progetti e viaggi”. Delle accuse mosse dai pm di Napoli a suo fratello, in passato segnalato dalla polizia come in collegamento con il clan della ‘ndrangheta Grande-Aracri di Cutro, non si preoccupa. Francesco è coinvolto in una delle maggiori inchieste sul traffico di droga degli ultimi anni, ma lui spiega: “Mio fratello in Germania fa il grossista alimentare, fornisce più di 600 ristoranti. La sua sfortuna è stata che nel 2003 si è messo a comprare pomodori in Campania. Le telefonate erano intercettate ed è nato l’equivoco. Se dietro Europaradiso ci fosse la mafia, il progetto sarebbe stato già realizzato”. E così Appel per ora ha opzionato solo dei campi coltivati a finocchi. A Crotone i suoi uomini, Salvatore Aracri in testa, tuonano contro la politica. Spiegano che Appel, essendo considerato di destra, ha problemi con le amministrazioni di sinistra. Ma siamo in Calabria. Le cose sono più complicate. Pensate, l’intera area era stata dichiarata zona a protezione speciale (Zps) dalla giunta regionale. Ma a Catanzaro la commissione Ambiente, presieduta da un ds crotonese, Ciccio Sulla, ha bocciato la decisione: “Francesco Sulla, il mio omonimo che ora lavora per Europaradiso? No, non è mio parente. E’ solo un amico perché prima era assessore, e comunque il voto che ha cancellato la Zps riguardava tutte le zone della regione. Non era la giunta a doverle decidere, ma il consiglio. Europaradiso non c’entra proprio. Ovviamente.
Il venditore di sogni.
In Israele ha costruito interi quartieri. Ma oggi la sua società è in crisi. E lui processato per corruzione. La parabola di David Appel.
Di Meron Rapoport da Tel Aviv
Quando è sbarcato in Calabria, due anni fa, non lo conosceva nessuno. Eppure quell’imprenditore israeliano portava con sè una proposta da fare girare la testa: costruire proprio li, a Crotone, il più grande villaggio turistico nel mondo con almeno 40 mila appartamenti, decine di alberghi, campi da golf, parco acquatico, ristoranti, un treno diretto verso il centro della città e varie altre meraviglie. Un investimento da 5 miliardi di euro, la promessa di 15 mila posti di lavoro.
Dudi Appel non è l’uomo più ricco di Israele. La sua non è mai stata una delle 18 famiglie che oggi controllano più della metà dell’economia locale. Anche nel campo dell’edilizia, dove ha fatto la sua fortuna, Appel non è considerato uno dei primi. La sua opera più grande (un quartiere popolare) l’ha terminata quasi dieci anni fa. E in una recente intervista si lamentava per la crisi dell’edilizia in Israele: “Qui è tutto morto”. Malgrado tutto, Appel è uno dei personaggi più noti in Israele e la sua figura massiccia è diventato un simbolo: il simbolo del legame problematico e a volte oscuro fra politica e business. E l’interesse che la magistratura e il pubblico israeliano hanno manifestato verso di lui negli ultimi anni preannunciava l’onda delle indagini contro uomini di potere che Israele sta attraversando in questi mesi, una versione locale di mani pulite in cui sono sotto processo o sospettati di corruzione il primo ministro Olmert, il ministro della Finanza Hirshzon e il ministro della Giustizia Ramon. Tutti amici di Appel in un momento o l’altro delle loro carriere politiche.
Nato a Tel Aviv nel 1950, Appel proviene da una famiglia impegnata politicamente nella destra israeliana. Suo padre militava in Herut, il partito-madre del Likud. Negli anni ’50 il governo israeliano era in mano alla sinistra, e la vita di un uomo di destra non era facile. Così a otto anni David Appel – che tutti chiamavano Dudi – fu mandato a Binyamina, un paesino a 80 chilometri da Tel Aviv, dove molti fedeli di Herut trovavano riparo. E’ l’ che Appel ha studiato e si è fatto i primi amici: fra cui il giovane Ehud Olmert ed altri che più tardi, col nuovo corso politico, sarebbero diventati ministri e uomini del nuovo potere.
Data infatti al 1977, con la vittoria del Likud, l’inizio dell’ascesa di Appel nel mondo degli affari. Fino ad allora “Dudi” gestiva un piccolo negozio di abiti per neonati a Tel Aviv. Dopo la vittoria elettorale del Likud cominciò invece la sua attività imprenditoriale. Il progetto più importante del primo governo Begin (Appel era stato il suo autista nel 1973) fu il rinnovamento dei quartieri popolari e delle borgate di periferia dove il Likud godeva di un supporto immenso. Appel vinse vari appalti per la demolizione e costruzione di alcuni quartieri nella vicinanza di Tel Aviv. La sua amicizia con l’allora ministro dell’Edilizia certo non lo danneggiò.
Ma anche i problemi con la giustizia non tardarono ad arrivare: Appel fu processato, e poi assolto, con l’accusa di aver ingannato i residenti di una borgata, mettendosi in tasca soldi che il governo aveva loro destinato. In un altro caso fu sospettato di aver gonfiato il prezzo dei lavori effettuati in un’altra borgata di Tel Aviv, ma anche in questo caso uscì indenne. Altre inchieste finirono ugualmente nel nulla. Tra appalti e sospetti, Appel intanto diventava famoso: per alcuni era il simbolo vivente della corruzione, per altri rappresentava la persecuzione ingiusta delle vecchie èlite contro i “nuovi arrivati” del Likud.
I Novanta sono stati gli anni d’oro. Gli affari procedevano, mentre Appel diventava l’uomo forte della sezione di Tel Aviv nel Likud: amico di tutti, uomo chiave del partito. “La vita politica in Israele è una piramide”, spiegò in un’intervista: “C’è solo un ministro, c’è solo un sindaco, ma ci sono tanti militanti in piazza. Hanno bisogno di punti di collegamento, di un indirizzo per arrivare a questi funzionari. Io sono quel indirizzo”. La forza di Appel era strettamente legata al Centro del Likud, un organismo da cui passavano le decisioni più importanti: dalle liste elettorali alle nomine degli appalti. Appel era il re del Centro. Secondo quanto emerso da un’inchiesta della magistratura, persino un ministro, coinvolto in un’indagine per aver ricevuto tangenti, si rivolse ad Appel per chiedergli indicazioni sulla nomina di un procuratore generale che fosse meno duro con lui.
Intanto, accanto all’attività politica, Appel faceva soldi, e in abbondanza. Il suo più grande affare era a Lod, una cittadina a 30 chilometri da Tel Aviv. Lì ha costruito un quartiere residenziale con oltre 5.500 appartamenti. Appel comprava terre agricole che miracolosamente diventavano zone edificabili e cominciava i lavori anche prima di avere avuto i permessi. In pochi anni, grazie a quel progetto, da ricco che era è diventato ricchissimo. Per gli abitanti del quartiere le cose non sono andate altrettanto bene: stanno ancora aspettando la stazione e il centro sportivo che nelle foto delle brochure distribuite dalla società di Appel sembravano già costruite. Un quartiere che doveva essere destinato a una borghesia agiata e che oggi invece è una periferia operaia, mentre il valore degli appartamenti si è ridotto del 50 percento in dieci anni.
Per l’intrapendente uomo d’affari la svolta negativa arriva nel 1999, con la sconfitta elettorale del Likud: gli appalti d’oro finiscono mentre crescono i problemi con la giustizia. La procura di Tel Aviv sospetta che i finanziamenti di Appel alla campagna elettorale del sindaco di Lod fossero versati per ottenere in cambio l’aiuto a costruire il quartiere senza i permessi dovuti. Un affare per cui oggi sia Appel che il sindaco sono sotto processo per corruzione (tre i capi d’imputazione di cui l’imprenditore deve rispondere, gli altri per presunta corruzione di funzionari di altre due città).
In declino gli affari di Israele, Appel si è messo alla ricerca di nuovi spazi. Nasce da qui, probabilmente, il progetto faraonico che lo ha portato in Grecia. Su un’isola disabitata non lontano da Atene, Appel progettava di costruire un mega-villaggio turistico, che assomigliava molto all’attuale Europaradiso a Crotone. “Ho dato il via al progetto più incredibile e più necessario all’umanità”, ha spiegato Appel in un’intervista al quotidiano israeliano “Haaretz”: “le proiezioni sui profitti si aggiravano intorno alle centinaia di miliardi. Il guadagno previsto sin dall’avvio del progetto raggiungeva i 150 milioni di dollari”. Ma i greci non condividevano tanto entusiasmo, anche perché l’isola è un sito archeologico su cui vige il divieto di costruzione. Appel pensò di rivolgersi ai vecchi amici in Israele. Telefonò alla segreteria di Ehud Olmert, allora sindaco di Gerusalemme, e qualche tempo dopo Olmert invitò il sindaco di Atene in Israele ed Appel ebbe l’opportunità di ncontrarlo. Gilad Sharon, uno dei figli di Sharon, anche lui un vecchio amico e allora ministro degli Esteri, fu assunto da Appel come consulente per centinaia di migliaia di dollari. Ma a parte un’inchiesta giudiziaria per presunta corruzione contro Sharon, Olmert ed Appel, che si è chiusa all’ultimo momento, l’impresa greca non ha prodotto nulla.
“Adesso sono rimasto solo”, raccontò nell’intervista ad “Haaretz”, “questo telefono, che prima squillava 500 volte al giorno, suona non più di 5 volte”. Eppure non si è dato per vinto e ha comprato dei terreni in Spagna per costruire lì il sogno che era andato fallito in Grecia. Anche la seconda avventura però è finita nel nulla, con in più strascichi giudiziari per certi soldi avuti in prestito in nero. Appel ha così cominciato a lavorare nell’Europa dell’est, soprattutto in Romania. Poi, due anni fa, lo sbarco a Crotone, Lui racconta che è stato l’imprenditore locale Salvatore Aracri a introdurlo. Il progetto calabrese era quasi identico a quello dell’isola greca. Ma questa volta il sindaco in carica, Senatore, e dopo di lui la giunta comunale, lo hanno preso sul serio. Forse credendo che Appel sia un magnate capace di investire miliardi di euro di tasca sua mentre la sua società edilizia in Israele ha debiti per decine di milioni di euro; o che abbia esperienza in campo turistico, mentre non ha mai costruito un solo albergo; o ancora che possa contare sull’aiuto di importanti finanziatori e vecchi amici politici, mentre la maggior parte dei nomi da lui fatti circolare o non sapevano nulla dell’affare o hanno preso le distanze.
Appel stesso credeva o forse crede ancora che il progetto sia realizzabile. Poco più di un mese fa faceva sfoggio di grande ottimismo durante il matrimonio di sua figlia: ricevimento in grande stile con centinaia di invitati compresi ministri, ex ministri e l’ex direttore dei servizi segreti militari. L’imprenditore si aggirava sorridendo fra i tavoli e parlava del progetto: “Farò un annuncio, renderò pubblica la cosa entro un mese. I calabresi mi sostengono molto. Europaradiso sarà più grande di Las Vegas o dell’isola cinese di Macao”. Ma forse il sogno di Europaradiso, ancora una volta, è destinato a rimanere sulla carta.
[Modificato da celeste.basta 09/02/2007 19.07]